OGGETTO: Chiarimenti ed indicazioni operative in materia di

Transcript

OGGETTO: Chiarimenti ed indicazioni operative in materia di
OGGETTO: Chiarimenti ed indicazioni operative in materia di gestione del personale con
minorazioni visive iscritto alle casse gestite dall’ex INPDAP
SOMMARIO: 1) Premessa: Collocamento obbligatorio dei disabili visivi
2) Rapporto di lavoro e norme di tutela dei centralinisti non vedenti
2.1 Collocamento obbligatorio
2.2 Indennità di mansione
3) Stato di handicap e agevolazioni lavorative
3.1 Permessi legge n. 104/1992, articolo 33
3.2 Congedo retribuito di 2 anni per lavoratori che assistono familiari in
situazione di gravità
3.3. Interventi di riabilitazione
4) Diritto al lavoro dei portatori di handicap
4.1 Legge n. 4 del 9 gennaio 2004 (c.d. Legge Stanca)
4.2 Legge n. 113 del 1985, articolo 8 Trasformazione dei centralini
4.3 Legge n. 67 del 1 marzo 2006
5) Conclusioni
1) Premessa: collocamento obbligatorio dei disabili visivi
La normativa di riferimento per l’inserimento lavorativo dei disabili in generale è la legge 12 marzo 1999
n. 68, che prevede la possibilità di avviamento al lavoro mediante chiamata numerica o nominativa
effettuate secondo le quote e le modalità previste dagli articoli 3 e7 o, in alternativa, attraverso lo
strumento della convenzione di cui agli articoli 11, 12 e 12 bis.
L’articolo 1, al comma 3, precisa che, per quanto riguarda l’avviamento al lavoro delle persone non
vedenti, restano ferme le seguenti disposizioni:
− Centralinisti non vedenti: legge 29 marzo 1985 n. 113 Aggiornamento della disciplina del
collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti;
− Massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti: legge 21 luglio 1961 n. 686 Collocamento
obbligatorio dei massaggiatori e terapisti ciechi e legge 19 maggio 1971 n. 403 Nuove norme sulla
professione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi;
− Terapisti della riabilitazione non vedenti: legge 11 gennaio 1994 n. 29 Norme in favore dei
terapisti della riabilitazione non vedenti;
− Insegnanti non vedenti: articolo 61, legge 20 maggio 1982 n. 270.
La legge 17 maggio 1999, n. 144, all’articolo 45, comma 12, ha affidato al Ministro del Lavoro il compito
di individuare con proprio decreto qualifiche equipollenti a quella del centralinista telefonico, idonee al
collocamento dei lavoratori non vedenti in base alla legge n. 113/1985.
Con tale disposizione il legislatore ha voluto estendere ai possessori di qualifica equipollente la stessa
tutela normativa riconosciuta ai centralinisti iscritti all’apposito Albo nazionale, in conformità alle nuove
esigenze del mercato del lavoro, sempre più improntate alla utilizzazione di tecnologie avanzate nel
settore della comunicazione telefonica.
Il Ministro del Lavoro, con decreto 10 gennaio 2000, ha riconosciuto come equipollenti a quella del
centralinista telefonico non vedente le seguenti qualifiche professionali:
o operatore telefonico addetto alle informazioni alla clientela e agli uffici relazioni col pubblico (URP);
o operatore telefonico addetto alla gestione e all’utilizzazione di banche dati;
o operatore telefonico addetto ai servizi di telemarketing e telesoccorso.
Con formula maggiormente agevolativa per la categoria, il decreto del 2000 disciplina la possibilità di
individuare ulteriori qualifiche equipollenti a quella del centralinista non vedente rispetto a quelle già
indicate in elenco.
Il Ministro del Lavoro, con un successivo decreto del giorno 11 luglio 2011, ha stabilito l’equipollenza tra
la figura del centralinista telefonico e quella di operatore amministrativo segretariale assicurando ai
soggetti non vedenti che conseguono il diploma di operatore amministrativo segretariale la medesima
tutela normativa oggi riconosciuta ai centralinisti non vedenti ai sensi della legge n. 113 del 1985.
È stata aggiornata anche la normativa su istruzione e formazione professionale, riconducendo alla nuova
qualifica di operatore amministrativo segretariale i programmi didattici per il conseguimento del diploma
di centralinista telefonico non vedente.
Le qualifiche equipollenti sono, per volontà stessa del legislatore, una estensione della qualifica di
centralinista, al punto da essere inquadrate in apposite sezioni del medesimo albo professionale nazionale,
che serve da base per l’attivazione dei meccanismi di collocamento obbligatorio al lavoro.
Tale riqualificazione tende ad ottemperare non solo al fondamentale presupposto di legge per il
collocamento obbligatorio dei disoccupati minorati visivi ma, contestualmente, anche a dare un forte
segnale di fiducia per un modello vincente, dove il disabile sia protagonista di un processo di
implementazione continua.
2) Rapporto di lavoro e norme di tutela dei centralinisti non vedenti
1. Collocamento obbligatorio
I datori di lavoro pubblici sono tenuti ad assumere, per ogni ufficio, sede o stabilimento dotati di
centralino telefonico, un privo della vista iscritto all’albo professionale di cui all’articolo 1 della legge
n. 113/1985. Se il centralino telefonico abbia più di un posto di lavoro, il 51 per cento dei posti è
riservato ai centralinisti telefonici privi della vista (Ministero del Lavoro, circolare n. 65 del 4 maggio
1985, applicativa della legge n. 113/1985).
Qualora i datori di lavoro non abbiano provveduto all’assunzione entro sei mesi dalla data in cui
sorge l’obbligo, il Centro provinciale per l’Impiego li invita a provvedere. Trascorso un mese il
Centro provinciale per l’Impiego procede all’avviamento d’ufficio.
Le esigenze di snellimento e di ridistribuzione ottimale del personale (processo di spending
review, disciplinato dal decreto legge 6.7.2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge
7.8.2012, n. 135) non possono comunque invalidare la forza delle leggi che tutelano il lavoro dei
portatori di handicap per le varie categorie professionali, disottemperando alla volontà del
legislatore che, con la normativa speciale, ha inteso dare effettività alla tutela materiale e morale dei
disabili e realizzare concretamente il principio di integrazione sociale ed impiegatizio nel rispetto
delle residue potenzialità, senza penalizzare le aspettative dell’azienda o della amministrazione che li
assume (Funzione Pubblica, parere UPPA 29 settembre 2008, n. 52 prot. DFP – 0043068-29/20081.2.3.4 e direttiva n. 10 del 24.09.2012 prot. DFP 0037911 P-4.17.1.7.4 del 24/09/2012; circolare n.
6/09, al punto 4; Ministero Lavoro, nota prot. 13/III/15270/2009; Corte dei Conti a Sezioni Riunite
per la Regione Siciliana, deliberazione n. 49/2011/SS.RR./PAR).
La direttiva n. 10/2012, in particolare, precisa che <è opportuno sottolineare che le amministrazioni
o le categorie di personale escluse dalla misura di riduzione degli assetti organizzativi, sono anche
escluse dal blocco delle assunzioni che interverrà a decorrere dal 1° novembre 2012>. Tali
esclusioni sono molto limitate e la natura speciale delle predette previsioni e la ratio del decreto legge
n. 95/2012 <non consentono alle amministrazioni di invocare interpretazioni estensive o analogiche
delle stesse>.
2. Indennità di mansione
Ai lavoratori non vedenti occupati si applica il normale trattamento economico e normativo previsto
per tutti gli altri dipendenti.
Alla categoria professionale dei centralinisti non vedenti spetta una competenza accessoria aggiuntiva
liquidata in corrispondenza della retribuzione ordinaria, la c.d. indennità di mansione, correlata alla
menomazione e connessa <… alla maggiore gravosità della prestazione che consegue all’esistenza
della cecità> (articolo 9, comma 2, legge n. 113/1985).
L’indennità di mansione viene erogata per tutti i giorni di effettivo servizio prestato e non si
corrisponde durante i giorni di assenza, fatte salve alcune eccezioni (Ministero del Tesoro, circolare
n. 84 del 4.11.1992):
• assenza per ferie
• assenza per malattia dipendente da causa di servizio
• cure necessarie per infermità contratte in guerra
• assenza per infortunio sul lavoro
• frequenza corsi professionali previsti a livello datoriale
• donatori di sangue
• motivi sindacali
• beneficiari della legge n. 104/1992, articolo 33, comma 6 (Funzione Pubblica, nota 27 maggio
1999, Prot. 2207/10.2/15181; Tribunale del Lavoro di Reggio Calabria, sentenza 21 marzo 2006,
n. 782/2005 R.G.A)
• congedo di maternità, compresa l’interdizione anticipata dal lavoro, e congedo di paternità
(astensioni obbligatorie)
• assenze per permessi lutto
• assenze dovute alla fruizione di permessi per citazione a testimoniare e per espletamento delle
funzioni di giudice popolare
• assenze previste dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 53/2000
L’indennità di mansione non rientra nella fattispecie di <… indennità od emolumenti, comunque
denominati avente carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio>
indicati dall’articolo 71 del decreto legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, nella legge n.
133/2008.
3) Stato di handicap e agevolazioni lavorative
1. Permessi legge n. 104/1992, articolo 33
Permessi per lavoratori disabili in condizione di gravità. Il lavoratore disabile in situazione di
gravità può usufruire alternativamente dei permessi di tre giorni mensili o di due ore al giorno,
senza alcun tetto massimo di ore fruibili, come disciplinato dal comma 6, articolo 33 della legge n.
104/1992.
Se previsto dal CCNL di comparto, i permessi a giorni possono essere frazionati in mezze giornate
prendendo a riferimento per il calcolo della mezza giornata l’orario di lavoro giornaliero di fatto
osservato, nel limite massimo però di 18 ore mensili.
I permessi presi dai lavoratori disabili gravi per se stessi sono equiparati alla presenza in servizio in
termini di percezione di ogni indennità o emolumento nonché di ogni altro accessorio collegato alla
presenza effettiva in attività.
La fruizione dei permessi non comporta la riduzione delle ferie e della tredicesima mensilità, in
quanto, operando tale riduzione, si verrebbe a concretizzare una inosservanza del principio di parità di
trattamento applicabile a tutti i lavoratori dipendenti ed una illegittima discriminazione a danno dei
disabili e di chi li assiste (D.lgs n. 216/2003, in recepimento della Direttiva 2000/78/CE; Funzione
Pubblica, nota circolare 8 marzo 2005).
2. Permessi per lavoratori che assistono familiari in situazione di gravità. Come previsto
dall’articolo 33, comma 3, legge n. 104/1992, possono fruire dei permessi i parenti e gli affini entro il
secondo grado di parentela (nonché il coniuge) di una persona disabile riconosciuta in situazione di
gravità. Tali permessi sono estendibili ai familiari entro il terzo grado, solo nel caso in cui i genitori o
il coniuge abbiano compiuto 65 anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o
siano deceduti o mancanti (articolo 24, legge n. 183/2010 e articolo 6, comma 1, lett b) del Dlgs n.
119/2011).
In caso di assistenza a disabile che usufruisce per se stesso dei benefici in quanto lavoratore, i giorni
di permesso dei due soggetti interessati vanno fruiti nelle stesse giornate e se il lavoratore disabile
usufruisce dei permessi ad ore, la persona che assiste può usufruire di 6 mezze giornate. (sempreché
l’orario di lavoro di chi presta assistenza comprenda le ore di permesso fruite dal portatore di
handicap).
La fruizione dei permessi è coperta dalla retribuzione base, senza gli emolumenti aggiuntivi, e non
comporta la riduzione delle ferie e della tredicesima mensilità (Ministero del Lavoro, parere 5.5.2004,
Prot. 15/0001920).
Come chiarito dal Dipartimento Funzione Pubblica con parere 18.2.2008, n. 13, le amministrazioni,
nell’esercizio della propria discrezionalità datoriale, devono individuare a seconda delle
circostanze che si presentano i presupposti per la concessione dei permessi. Per comprovati
motivi di servizio, il datore di lavoro potrebbe richiedere al lavoratore una diversa articolazione dei
permessi, sempre, si intende, nel rispetto dei bisogni del disabile grave.
Al fine di evitare la compromissione del funzionamento dell’ufficio di appartenenza, le giornate o le
ore di permesso vanno concordate preventivamente dal lavoratore beneficiario con il datore di lavoro.
In ogni caso, non si tratta di mettere in discussione il presupposto della legittimazione dell’interessato
al permesso lavorativo, diritto, questo, inalienabile se sussistono le condizioni medico-legali per
l’assistito, bensì quello di trovare una modalità di fruizione che rispetti le esigenze di entrambi i
soggetti attorei (da qui l’utilità di elaborare un piano per la fruizione dei permessi che sia flessibile
e variabile preventivamente).
3. Congedo retribuito di 2 anni per lavoratori che assistono familiari in situazione di gravità. Il Testo
Unico sulla maternità all’articolo 42, comma 5, prevede la possibilità di fruire di un congedo
straordinario retribuito – con conseguente sospensione del rapporto di lavoro – della durata
complessiva di 2 anni, per i familiari di disabili riconosciuti in situazione di gravità ai sensi
dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992.
I soggetti beneficiari, in ordine di priorità tassativa, sono:
Coniuge (Corte Cost. sentenza n. 158/2007)
Genitori (ex legge)
Figli (Corte Cost. sentenza n. 19/2009)
Fratelli e sorelle (Corte Cost. sentenza n. 233/2005)
Durante il periodo di congedo, il lavoratore ha diritto a percepire un’indennità corrispondente
all’ultima retribuzione, cioè quella percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo
(comprensiva del rateo di emolumenti non riferibili al solo mese considerato, ovvero quelli relativi
alla tredicesima mensilità, altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi, etc), per un importo
rivalutato annualmente.
Le assenze per congedo straordinario e per permessi giornalieri ex legge n. 104 del 1992 possono
essere sommate in capo al medesimo lavoratore avente diritto per l’assistenza al familiare grave,
usufruendone alternativamente.
Qualora, durante il congedo, insorgano altre cause che diano diritto alla sospensione del rapporto
(malattia o maternità), su richiesta del lavoratore beneficiario, si può realizzare la trasformazione del
titolo dell’assenza.
La fruizione del congedo comporta la decurtazione delle ferie e della tredicesima mensilità e la
riduzione dei trattamenti di fine servizio (INPDAP, circolare n. 11 del 2001).
Durante il periodo di congedo, il lavoratore mantiene il diritto agli assegni per il nucleo familiare.
4. Interventi di riabilitazione. La normativa sul pubblico impiego prevede che, in sede di contrattazione
collettiva, possano essere definite modalità di intervento atte a favorire la riabilitazione ed il recupero
di pubblici dipendenti portatori di handicap (articolo 18, DPR n. 395/1988).
I corsi tesi ad ottimizzare l’orientamento e la mobilità dei minorati visivi sono considerati interventi
riabilitativi e di integrazione sociale ampliando una concezione della riabilitazione identificata da
contenuti meramente sanitari, ad una concezione più ampia, estesa anche al recupero sociale
(Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione, Ufficio V, 28 aprile 2003, N.
DPV.5/H-F12/259).
4) Diritto al lavoro dei portatori di handicap
La condizione di privo della vista non implica di per sé mancanza del requisito dell’idoneità fisica
all’impiego per l’accesso agli impieghi pubblici, ivi comprese le magistrature ordinaria, militare,
amministrativa e contabile, e per l’ammissione ai concorsi per l’inquadramento in qualifiche
funzionali superiori a quelli di appartenenza o nella qualifica di dirigente, salvo che la qualifica e/o
profilo professionale da ricoprire non prevedano in modo esplicito e motivato che tale condizione
comporti inidoneità fisica alle mansioni ad essi avocati.
Tanto prevede la legge n. 120 del 1991, all’articolo 1.
Più in particolare, si rappresenta quanto segue:
1. Legge n. 4 del 9 gennaio 2004 (c.d. Legge Stanca). Obbligo per i datori di lavoro di messa a
disposizione dei dipendenti disabili di tutta la strumentazione hardware e software e della tecnologia
assistiva rispondente alla propria disabilità (art. 4, comma 4). Infatti, i non vedenti, opportunamente
coadiuvati da idonei ausili tiflotecnici ed informatici diretti a favorire l’autonomia relazionale in senso
lato, sono in grado di esercitare attività diversificate, raggiungendo con successo il livello di
performance e la realizzazione degli obiettivi assegnati all’ufficio.
2. Legge n. 113 del 1985, articolo 8 “Trasformazione dei centralini”. Il datore di lavoro è tenuto ad
assicurare al centralinista telefonico in servizio le trasformazioni tecniche e la fornitura di
strumenti idonei in relazione al deficit soggettivo e alle capacità operative dell’interessato ai fini
dell’espletamento delle mansioni assegnate d’ufficio.
Le spese sono <… a carico della regione competente per territorio, la quale provvede direttamente o
mediante rimborso al datore di lavoro interessato>.
Per le stesse finalità, sulla base di un Fondo a finanziamento statale per il diritto al lavoro dei
disabili istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’articolo 13, comma 1, lett.
d), della legge n. 68 del 1999 prevede <… il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla
trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili …
ovvero anche per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo
l’integrazione lavorativa del disabile>.
Pertanto, nonostante l’intervento delle nuove tecnologie, che hanno modificato sostanzialmente la
struttura e il funzionamento dei centralini telefonici (sistema VOIP), l’introduzione di un qualsivoglia
meccanismo di selezione passante non elimina automaticamente la possibilità di prevedere il posto
operatore. La legge n. 113 del 1985 ha previsto anche questa ipotesi, laddove il testo riporti l’inciso
<…o che comunque siano dotati di uno o più posti-operatore>.
A tale proposito, appare evidente come l’articolo 3, comma 1, riconosca che, per definire se un
impianto telefonico di un ufficio sia o meno idoneo al collocamento obbligatorio di un centralinista
telefonico non vedente, debbano esserne valutate non solo le caratteristiche tecniche, ma anche
l’effettiva presenza di un operatore.
3. Legge n. 67 del 1 marzo 2006. La esclusione di una persona al solo titolo della minorazione visiva
concreta una discriminazione diretta passibile della tutela giurisdizionale ai sensi degli articoli 3 e 4
della legge n. 67 del 2006.
In senso più generale, si ricorda che il rapporto etico-morale tra lavoratore e datore di lavoro deve
essere sempre interpretato in collegamento con gli articoli 1175 e 1375 del codice civile che
affermano i principi di correttezza e buona fede. Ciò comporta che sia il datore di lavoro che i
relativi prestatori debbano astenersi non solo da comportamenti vietati rispettivamente dagli articoli
2087 e 2105 del codice civile, ma anche da qualsiasi altra condotta che, per sua natura e per le sue
possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi all’inserimento dei lavoratori nella
struttura e nell’organizzazione aziendale e causi situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi di
entrambi gli soggetti coinvolti o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto
fiduciario del rapporto di lavoro.
5. Conclusioni
Delle indicazioni sopradescritte sarà data massima diffusione attraverso una campagna informativa
alle istituzioni, agli organismi parastatali, agli Enti di Patronato. Per lo scopo si utilizzeranno tutti i
canali di comunicazione esistenti e disponibili.