leggi - Chiesa battista Cagliari
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SermoneinoccasionedellaSettimanadipreghieraper l’unitàdeicristiani Che cosa hanno in comune i due brani che abbiamo letto? (Genesi 32,24-33,12 e Rom 5,111) Da una parte, la storia dell'incontro di Giacobbe con Dio e Esau e, dall'altra, gli effetti della giustificazione secondo l'apostolo Paolo? Troviamo la risposta alla fine del brano di Romani, “ci gloriamo in Dio per mezzo del nostro Signore, Gesù Cristo, mediante il quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione”. Ambedue brani raccontano d'una riconciliazione. Riconciliazione che sarà il tema della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani la cui celebrazione principale sarà tenuta nella nostra chiesa. Sì, perché nell'anniversario dei 500 anni della Riforma protestante la preparazione della settimana è stata affidata al paese che diede inizio alla Riforma protestante, la Germania. Scopriamo che “dopo ampi dibattiti, talvolta difficili” le chiese in Germania incluse le chiese battiste, “si sono trovate d'accordo sul fatto che il modo per commemorare ecumenicamennte l'evento della riforma” fosse quella d'incentrarlo su Cristo e la sua opera di redenzione”. Così il testo che è stato scelto proviene da 2 Cor 5 “l'amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione”. Nell'introduzione alla settimana si legge che “distinguendo gli aspetti polemici dagli stimoli teologici della Riforma” i cattolici sono in grado di ascoltare la sfida di Lutero. Distinguere gli aspetti polemici della Riforma dai suoi stimoli teologici non riguarda solo i cattolici ma anche i protestanti. Riguarda noi, quindi. Abbiamo già cominciato a farlo con la visita del prof Rubboli e continueremo a farlo nel corso dell'anno . Il prossimio appuntamento è a marzo con il prof Rostagno. E' in questo spirito, dunque, che stamattina vogliamo addentrarci nella storia di riconciliazione tra due fratelli, in lotta tra di loro dalla nascita. Giacobbe, vi ricordate, dopo aver defraudato il fratello della sua primogenitura e ingannato il padre anziano è fuggito da Esau che lo voleva uccidere. Ne è stato lontano quasi vent'anni. Nemici da una vita, è giunta l'ora di ricucire il loro rapporto. Per Giacobbe questo significa lasciare il suocero e tornare a suo paese. Come in tutti i racconti della Genesi, a mettere in moto la storia è Dio stesso. Qualche capitolo fa “Il Signore disse a Giacobbe: Torna al paese dei tuoi padri, dai tuoi parenti, e io sarò con te”. Giacobbe, però, ha paura. E' scappato da Esau che cercava di ucciderlo e ora sa che gli viene incontro con quattrocento uomini. Prega “Liberami dalle mani di mio fratello … perché ho paura di lui e temo che venga e mi assalga, non risparmiando né madre e figli” . Giacobbe ha paura che l'incontro con Esau metterà a repentaglio tutto ciò che in questi anni è riuscito a costruire, la sua famiglia, la sua prosperità, la sua storia. Come il cielo che sovrasta Giacobbe, Dio è sempre presente in questa storia portandola avanti. Eccolo velato in quella strana figura con cui Giacobbe lotta presso il torrente di notte. Anche questa lotta gira intorno alla benedizione. “Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto”. Da quella lotta Giacobbe uscirà cambiato, diverso dall'uomo che era quando è partito. Innanzitutto avrà un nuovo nome, una nuova identità: “Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con gli uomini e con Dio e hai vinto”. Avrà sì la benedizione agognata ma insieme alla benedizione porterà per sempre una ferita, conseguenza della lotta: “e Giacobbe zoppicava dall'anca”. Non sapremo mai con certezza con chi Giacobbe abbia lottato, i suoi demoni interiori, il fantasma di suo fratello che lo ossessionava, le proprie paure. Tuttavia, per Giacobbe quello episodio è stato un incontro davvero rivelatore “Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata”. Ora e solo ora, dopo questa lotta faticosa e dolorosa è pronto ad incontrare Esau. Con quale mezzo? In che modo Giacobbe, ormai zoppicante, si presenterà davanti a suo fratello? La riconciliazione messa in moto da Dio, non può prescindere dal dono; anzi avviene per mezzo del dono. Un dono che viene minuziosamente preparato da Giacobbe e che portato dai servi lo precede nell'incontro: “Duecento capre e venti becchi, duecento pecore e venti montoni, trenta cammelle che allattavano i loro piccoli, quaranta vacche e dieci tori, venti asine e duieci puledri” Dice ai servi “Quando mio fratello Esaù t'incontrerà e ti chiederà “Di chi sei? Dove vai? E a chi appartiene questo gregge? Tu risponderai al tuo servo Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esau” copo di cui è “trovare grazia agli occhi del mio signore”. Sappiamo che trovare grazia per mezzo del dono fa parte integrante di usanze antiche, e che anche la riconciliazione con Dio avviene per mezzo di un dono. Ma non è un dono che offriamo noi da ciò che lungo gli anni siamo riusciti a racimolare ma un dono che offre lo stesso Dio. Secondo Paolo, quel dono è Cristo Gesù. Nel brano che abbiamo letto è impressionante quante volte appare la preposizione “mediante” o “per mezzo di” . Con queste parole vengono tradotti solo due termini in greco. Nel giro di 5 vv lo troviamo 7 o 8 volte; sentiamole vv. 1,2,9,10, 11. In che modo siamo riconciliati con Dio? “Per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo”. Così Dio mostra la grandezza del proprio amore per noi, che mentre eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi”. Le parole della cena celo ricordano: “questo è il mio corpo che è dato per voi”. Ecco il dono attraverso il quale anche noi abbiamo “l'accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi”. E' ora chiaro perché una commemorazione ecumenica della Riforma, commemorazione all'insegna della riconciliazione non poteva che essere cristocentrica. “Così Dio ha riconciliato il mondo con sé per mezzo di Cristo”. Ora, riconciliato con Dio, può avvenire l'incontro tra Giacobbe e Esau. Reduce dell'incontro con Dio, Giacobbe alza gli occhi e vede avvicinarsi Esau “avendo con se quattrocento uomini”. Viene con intenzioni di pace o di guerra? con l'intenzione di portare avanti il conflitto durato secoli o di metterlo alle spalle? Con voglia di polemiche e rivincite o con spirito di perdono e conciliazione? Giacobbe va davanti “e s'inchinò fino a terra sette volte, finché fu avvicinato a suo fratello”. E in quel momento, senza aspettare altro, Esau gli corre incontro, l'abbraccia, lo bacia e piangono. Questa scena ripresa da Gesù nella parabola del padre misericordioso, è l'emblema della riconciliazione : “Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Giacobbe e Esau si erano perduti, erano morti l'uno all'altro, ora sono vivi l'uno per l'altro, possono accogliersi in un abbraccio. La riconciliazione sta avvenendo. Dio l'ha messo in moto, l'ha fatta andare avanti ed è presente ancora in questa ultima scena. In che modo? Giacobbe dice a Esau “Se ho trovato grazia agli occhi tuoi, accetta il dono dalla mia mano, perché ho visto il tuo volto come uno vede il volto di Dio e tu mi hai fatto buona accoglienza“. La stessa misericordia che Dio aveva mostrato a Giacobbe nella lotta ora gli viene mostrata da Esaù. Giacobbe aveva lottato con Dio. Ma con Esau non deve più lottare. Giacobbe aveva visto Dio faccia a faccia e la sua vita era stata risparmiata; ora Esaù lo accoglie e Giacobbe “vede il suo volto come uno vede il volto di Dio”. Il suo nuovo nome Israele dipende dall'aver lottato con Dio e uscirne vittorioso esige che si vada avanti all' incontro col fratello. Solo, allora, qualcuno ha detto, riusciremo a vedere le proprie ferite come una benedizione. Vedete, è come se il movimento ecumenico, dopo poco più di cent'anni è arrivato al dunque, ponendo sul tappeto questioni fondamentali per le chiese in primis ma anche per il mondo in cui viviamo. Qual è la relazione tra identità e differenza? In che modo possono le differenze non essere più divisioni e fonte di violenza e di guerra? Il cristianesimo offre una risposta a queste domande: attraverso la riconciliazione, la riconciliazione innanzitutto con Dio di ogni uomo e ogni donna, di ogni chiesa, di ogni popolo, riconciliazione che la grazia di Dio rende possibile in Gesù. E' con questo Dio misterioso, nascosto, diverso da noi che dobbiamo lottare. In quella lotta saremo come Giacobbe benedetti e feriti, resi in grado di andare verso l'altro, l'altra, coloro dai quali abbiamo voluto sempre distinguersi, coloro che hanno cercato di distruggerci. La riconciliazione è stata ottenuta a cara prezzo, “mentre noi eravamo senza forza, Cristo a suo tempo, è morto per gli empi” ma tale riconciliazione non può che spingerci verso coloro che abbiamo considerato nemici. Come dimostra l'episodio che abbiamo letto, quell'incontro ci riserverà sicuramente qualche sorpresa: “Io ho visto il tuo volto come uno vede il volto di Dio e tu mi hai fatto buon'accoglienza”. Voglia la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, celebrato in tutto il mondo e a Cagliari nei locali di questo chiesa, non essere un atto formale di diplomazia ecclesiastica Elizabeth Green ma un momento rivelatore del volto di Dio.