GPZ 1100 - Autoemotostoriche.it
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due ruote storiche Kawasaki GPZ 1100 • di Francesco Patti C redereste a qualcuno che vi racconta di aver visto volare una Kawasaki? Probabilmente no, e forse la vostra mente vi suggerirebbe di chiamare il reparto di neurologia dell’ospedale più vicino per affidare a sagge cure chi diffonde una simile notizia. Eppure potreste essere mestamente costretti a ricredervi. Nell’accezione generale il nome Kawasaki riflette un affermato costruttore di motociclette, ma le due ruote costituiscono solo una parte dei prodotti sfornati in quel di Akashi, in Giappone. Cielo, mare e terra sono solcati da manufatti realizzati sotto l’egida della Kawasaki Heavy Industries. Per avere un’idea della vastità del colosso 43 nipponico basti dire che le attività intraprese spaziano dalla costruzione di avveniristiche locomotive ferroviarie ad aeroplani ed elicotteri; dai sistemi di generazione di energia per impieghi su vaste proporzioni alla progettazione di robot per l’industria; e ancora, complessi per la fertilizzazione e la cementificazione, imponenti infrastrutture per la viabilità; e in più quad, moto d’acqua e tanto, tanto altro. A dispetto del massiccio impegno su fronti così difformi, le motociclette Kawasaki non hanno affatto patito le cui fanno capo. Anzi, hanno conquistato celebrità in virtù delle prestazioni di rilievo e dell’applicazione di tecnologie sempre al passo con i tempi. La divisione moto è quindi tutt’altro che un’attività di corredo per il gigantesco gruppo imprenditore. Auto & Moto Storiche poliedriche attività dell’enorme compagine industriale In una fredda ma soleggiata giornata di inizio di sterzo insieme ai due potenti clacson. anni Ottanta, un manipolo di ingegneri Kawasaki La moto risulta idealmente divisa in due sezioni: è schierato in perfetto ordine lungo il muretto una superiore evidenziata dal rosso di serbatoio, del per codino e fianchetti (i primi due inframmezzati da svelare una motocicletta che aprirà una strada una banda grigio-blu), e una inferiore avvolta nel tecnica cui prima o poi tutti i costruttori si nero di motore, scarichi, cerchi ruota e piastre accosteranno. portapedane. È la «GPZ 1100», prima moto di serie dotata Già nella seconda metà degli anni Settanta la di iniezione elettronica. Una novità di assoluto Kawasaki rilievo, considerando che fino a quel momento sull’impianto l’alimentazione ad iniezione era stata prerogativa I problemi più grandi da risolvere prima del solo di poche automobili. trasferimento su un modello di serie furono La «GPZ 1100» è nerboruta e possente. Non ha legati soprattutto agli ingombri della centralina alcun supplemento aerodinamico, ma è proprio di gestione e degli iniettori. la sua nudità a metterne in risalto l’aspetto Dopo innumerevoli collaudi e una sorta di impetuoso. preserie di un centinaio di esemplari con motore Il rettilineo motore, dell’autodromo di abbondantemente Monza alettato per via del raffreddamento ad aria, è un fattore primario di caratterizzazione nell’insieme estetico della macchina. Anzi, il linguaggio esteriore del muscoloso quattro cilindri si può dire rimpicciolisca tutte le altre componenti della rivoluzionaria Kawasaki. La forcella sembra quindi esile, i fianchetti minuscoli. 44 Solo il serbatoio appare proporzionato, esteso in lunghezza, acquattato sui tubi del telaio e confluente nella sella a due piani leggermente sfalsati. La maxi Kawasaki domina la vista anteriore con un generoso faro rettangolare sovrastato da un altrettanto voluminoso cruscotto, talmente sviluppato da costituire quasi un cupolino. Fra gli steli della forcella è accavallata un’orgogliosa scritta Kawasaki e in Auto & Moto Storiche basso si evidenzia la ragguardevole estensione laterale del motore. Il parafango corre aderente alla ruota, replicando il suo andamento al retrotreno, dove vi è la sospensione posteriore a doppio ammortizzatore. Particolare è anche il piccolissimo radiatore dell’olio, sotto il cannotto aveva di iniziato le sperimentazioni alimentazione ad iniezione. due ruote storiche ● La moto risulta idealmen- 1000 cm3 venduti negli Stati Uniti tra il 1979 e il 1980, viene scelto il sistema Bosch L-Jetronic te divisa in due sezioni: una cui se ne affida alla Hitachi la realizzazione su licenza. superiore evidenziata dal rosso di serbatoio, codino e fianchetti (i primi due inframmezzati da Il complesso è organizzato con una centralina, montata elasticamente dentro il codino della moto, che dosa la miscela da inviare agli iniettori in base ai parametri forniti da un sensore di temperatura dislocato nei condotti una banda grigio-blu), e una di ammissione. Rispetto all’unità alimentata inferiore avvolta nel nero di benzina, un regolatore della portata d’aria al a carburatori, vengono introdotte una pompa motore e un filtro per garantire combustibile motore, scarichi, cerchi ruota e oltremodo depurato, così da evitare intasamenti ai piccolissimi ugelli degli iniettori. Non occorre lo starter per l’avviamento a freddo e il tirante simile a quello per l’“aria” negli impianti a carburatore serve solamente ad elevare il regime di minimo e a far raggiungere velocemente al motore la temperatura d’esercizio. La modernità della «GPZ» si estrinseca anche nel ponte di comando, suddiviso in due zone e padroneggiato dal grande box degli strumenti. In esso sono ordinatamente distribuiti tachimetro, 45 contagiri, voltmetro e indicatore benzina, oltre alle spie per frecce, olio, abbagliante e folle. Più in basso, a fianco del blocchetto-chiave che comanda anche il bloccasterzo e la luce di parcheggio, si trovano i due contachilometri, curiosamente scorporati dal tachimetro e inseriti in una finestrella trasparente.Da destra e sinistra fanno capolino le valvole per immettere aria negli steli della sospensione anteriore. Subito sotto è il coperchio della scatola portafusibili. Il manubrio sufficientemente largo, la sella ben imbottita e le pedane non troppo arretrate concedono una posizione funzionale sia per la guida impegnata sia per i ritmi turistici. Auto & Moto Storiche piastre portapedane. La tecnica della «GPZ 1100», al di là del della forcella. All’esame in movimento, la «GPZ sofisticato sistema di alimentazione, presenta 1100» si distingue per la regolarità di funziona- altri punti d’interesse. Il telaio tubolare a doppia mento del propulsore, in grado di guadagnare culla sostiene il motore per mezzo di supporti rapidamente la zona alta del contagiri e di espri- elastici, in modo da contenere le vibrazioni. mere una sconosciuta dolcezza d’erogazione I lungo tutto l’arco di giri. La ciclistica accompa- freni sono all’epoca: tre quanto mordaci di meglio pinze disponibile con pastiglie gna degnamente la formazione degli oltre cento sinterizzate stringono altrettanti dischi forati. I destrieri di potenza racchiusi nel quattro cilindri cerchi a sette razze, con l’anteriore da 19” e il di Akashi. La moto è maneggevole e capace di posteriore da 18, sfoggiano il vivo contrasto fra inserirsi in curva con facilità nonostante i 240 il nero generale e l’alluminio lucido lasciato per chilogrammi di peso. I freni si mostrano molto la fascia perimetrale e per i bordi delle razze. I efficaci. La prima pietra è posta. due ammortizzatori posteriori sono registrabili Con l’iniezione elettronica, la Kawasaki si fa pre- in cinque posizioni di precarico. corritrice di un itinerario cui tutti i costruttori Una singolarità riguarda la dotazione di attrez- giungeranno per ragioni di migliore sfruttabilità zi. Oltre alle consuete chiavi e al tradizionale della potenza e per rispettare leggi antinquina- giravi-te è compreso un piccolo manometro te- mento sempre più drastiche. Con larghissimo lescopico per misurare la pressione negli steli anticipo sui tempi, la Casa giapponese mostra Auto & Moto Storiche 46 La prima versione della «GPZ 1100», priva di cupolino due ruote storiche una ragguardevole lungimiranza che le darà ragione incondizionata. Si può dire che la sperimentazione dell’impianto di alimentazione prosegua in corso d’opera. Già nello stesso 1981 il sistema, sempre costruito su licenza Bosch, viene siglato DFI (Digital Fuel Injection), e migliorato nella logica di gestione con l’arricchimento di sensori aggiuntivi e polmone di compensazione. Nel contempo il messaggio di avanzata tecnologia della moto viene sottolineato dall’adozione di una nuova strumentazione con display a cristalli liquidi. Al centro del ridisegnato e ridimensionato cruscotto vi è infatti un indicatore di livello del carburante a quadratini luminosi e una colonna di spie fra le quali vi è persino quella del basso livello di elettrolito nella batteria. Ognuna di queste spie (sdoppiate) si accende 47 valori di carica dell’accumulatore. Qualche mese più tardi viene montato un riuscitissimo cupolino che sarà l’elemento distintivo della serie «GPZ» del periodo. Oltre alla colorazione rossa (estesa anche a cerchi ruota ed ammortizzatore), la moto si può avere in tinta oro metallizzato. Altre modifiche sono il vezzo sportivo del manubrio in due pezzi montato in luogo del precedente in tubo unico e il contemporaneamente ad una, generica, di colore del telaio, di un cavo di sicurezza d’acciaio utile rosso. Altra chicca è il voltmetro inglobato nel per legare la moto ad un palo! quadrante del contagiri: premendo un pulsante Le modifiche all’iniezione sortiscono migliori sul cruscotto, la lancetta del contagiri si muove risposte anche quando si usa l’acceleratore all’interno di una scala dove sono riportati i in maniera sconsiderata, forse l’unico neo Auto & Moto Storiche bizzarro inserimento, nella triangolatura sinistra Auto & Moto Storiche 48 imputabile alla prima versione. Brusche aperture motivo a traliccio. La strumentazione è separata e chiusure della manopola non mettono in in tre zone. In alto sono il tachimetro e il contagiri- difficoltà l’elettronica della vigorosa «GPZ» che voltmetro, di diametro differenziato; poco più a fronte di una potenza massima di ben 110 in basso sono addossate le spie, distaccate ai CV accompagna il pilota con estrema grazia lati del blocchetto-chiave; sul serbatoio, infine, d’erogazione a qualunque regime. Si confermano vi è una prominenza che racchiude il display le buone qualità ciclistiche della moto; solo sui per il livello benzina (passato dalla posizione tornanti stretti la rilevante lunghezza del mezzo verticale all’orizzontale) e le spie “rosse”, fra le non consente di essere veloci come nelle curve quali è ora inclusa quella per la segnalazione di raggio appena più ampio. Stabilità, precisione di un’avaria all’impianto di iniezione. A causa di e maneggevolezza rimangono di tutto rispetto questa filante “appendice informativa” è però anche se nella guida veloce è richiesta, come precluso l’utilizzo di una borsa da serbatoio. del resto intuibile, una certa decisione da parte Ad Akashi non erano però probabilmente paghi del pilota. Il consumo di benzina rimane su va- della lori assolutamente contenuti, soprattutto se si l’iniezione elettronica. Ed ecco che dal cappello ha l’accortezza di guidare chiedendo il meglio dei maghi Kawasaki esce una ciclistica altrettanto all’elasticità del motore piuttosto che cercando moderna. Al posto della classica coppia di le massime prestazioni. Medie nell’ordine dei 16 ammortizzatori, km/l sugli orizzonti extraurbani sono la regola. utilizza un elemento singolo con molla coassiale Ulteriori novità rispetto alla serie d’esordio i connesso al forcellone per mezzo di leveraggi, nuovi ammortizzatori posteriori, ora regolabili su secondo lo schema definito “Uni-Trak” dalla sette posizioni di precarico e cinque di velocità Kawasaki. I vantaggi del monoammortizzatore di smorzamento. risiedono nella possibilità di un azionamento Le prestazioni si collocano al vertice della progressivo e di un disegno estetico più “pulito” categoria. La velocità massima supera i 225 nel posteriore della moto. E a proposito di km/h e lo scatto sui 400 metri valica di poco il esteriorità, val la pena sottolineare la pregevole tempo di 11 secondi. fattura La terza serie della “Kawa” vitaminizzata giunge impreziosito dal registro con movimento ad nell’anno 1983, dopo la presentazione statica al eccentrico per la regolazione della catena. Salone di Colonia dell’autunno precedente. La Anche l’aventreno si mette al passo con i tempi moto è ridisegnata da capo a fondo. Estetica, e adotta l’antidive, un sistema molto in voga ciclisti-ca e motore sono oggetto di approfonditi in quegli anni. Il movimento dei pistoncini interventi. Il cupolino si dilata sino a prendere delle pinze dei freni mette in pressione un la forma di una vera semicarenatura e il suo circuito idraulico che contrasta l’affondamento tratto esteriore sarà il connotato peculiare della della forcella. In realtà i vantaggi di questa rinnovata gamma «GPZ», che comprende anche soluzione sono sempre stati più teorici che le cilindrate 550 e 750. Il serbatoio è inarcato, i reali, ma i costruttori del Sol Levante hanno fianchetti hanno un andamento sinuoso e il codino spesso sbandierato perle tecniche poi gettate viene affusolato. Linee rinnovate anche per sella, nel dimenticatoio. La forcella dispone sempre specchi retrovisori e piastre portapedane con delle valvoline per l’immissione d’aria, ma dalla supremazia del tecnologica la stabilita sospensione forcellone in lega con posteriore d’alluminio due ruote storiche dotazione di attrezzi sparisce il manometro a Kawasaki GPZ 1100 ’81 stilo. La nuova semicarena attribuisce una linea più filante e moderna, ma ad alta velocità crea un “effetto-vela” che alleggerisce l’avantreno e toglie un po’ di precisione e rigore alla moto. Il motore riceve modifiche finalizzate all’incremento delle doti di potenza pura. I valori di coppia, ritenuti più che sufficienti, vengono leggermente sacrificati in favore di una manciata di cavalli in più. Il quattro cilindri ad motore: Quattro tempi, quattro cilindri Raffreddamento ad aria iniezione perde così qualcosa del suo proverbiale Distribuzione a doppio asse a camme in testa e due valvole tiro a basso numero di giri per esprimere Comando a catena superiore energia in alto. E la cattiveria c’è per cilindro Alesaggio 72,5 mm. Corsa 66 mm. tutta. Grazie alla cavalleria del motore e alla Cilindrata 1089 cm³ curata aerodinamica, la «GPZ 1100» stabilisce Potenza max 108 CV a 8500 giri/min il record di velocità massima per moto di serie, sfiorando i 240 km/h. Nonostante le accresciute Rapporto di compressione 8,9 Coppia max 9,8 kgm a 7000 giri/min Alimentazione ad iniezione elettronica prestazioni, il consumo di carburante resta fermo Trasmissione: su valori parsimoniosi. L’aumento dell’interasse 1,174, V) 1,040; trasmissione finale a catena, rapporto 2,733 fa perdere maneg-gevolezza sulle strade ricche Cambio a cinque marce; I) 2,642, II) 1,833, III) 1,428, IV) (denti 41/15) di curve strette. In compenso la sospensione Uni- Telaio: Trak copia fedelmente ogni asperità del fondo e 120 mm. mantiene ottimamente motricità e confort. Con rinforzi al telaio, una più accurata finitura della faccia interna della carena e nuove A doppia culla, inclinazione cannotto di sterzo 29°, avancorsa Sospensioni: Corsa 145 mm. Retrotreno con ammortizzatori regolabili ed escursione 104 colorazioni, nel 1984 la Kawasaki «GPZ 1100» mm. giunge al termine della sua carriera. Freni: Gli anni Ottanta hanno lasciato il segno sulla 49 Avantreno con forcella telescopica Anteriore a doppio disco Ø 236 mm. Posteriore a disco singolo Ø 236 mm. storia con profondi rivolgimenti politici e sociali. mondo della motocicletta ha incoronato Pneumatici: Anteriore 3,25-19 una moto la cui prerogativa tecnica diverrà la Posteriore 4,25-18 normalità alcuni lustri più avanti. La «GPZ 1100» Dimensioni e peso: ha il merito storico di aver anticipato nettamente i tempi. Non ci sono altre considerazioni da esprimere per motivare l’acquisto di un esemplare. La penuria di ricambi ripagherà con l’esclusività di una moto che ha fatto da apripista. Lunghezza 2265 mm. Altezza 1145 mm. Interasse 1540 mm. Altezza sella 805 mm. Peso a secco 238 kg Prestazioni: Velocità massima 228 km/h, 0-400 m con partenza da fermo in 11,4 sec. Auto & Moto Storiche Il