Costruire in pietra - Collegio Geometri di Brescia
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Costruire in pietra - Collegio Geometri di Brescia
PROGETTI Costruire in pietra di Alfonso Acocella Professore ordinario di Tecnologia dell’architettura presso la Facoltà di Architettura di Ferrara, Acocella è titolare dell’insegnamento di “Costruzioni in pietra” nel Corso di laurea in Architettura e del “Laboratorio di metodologie per definizione di progetto” nel Corso di laurea in Design del prodotto industriale. È Vicepresidente di SITdA (Società Italiana Tecnologia dell’Architettura) ed autore di numerose pubblicazioni editoriali tra le quali “L’architettura di pietra” (Firenze, Alinea-Lucense, 2004). Nel 2005 ha fondato il blog tematico www.architetturadipietra.it. (vedi box a pag. 29). Le presentazioni dei progetti “Cappella funeraria a Castelmorrone”, “Casa bifamiliare a Pozzovetere (Caserta)” e “Piazza San Fermo ad Almé” (Bergamo) proposte nell’articolo sono a cura dell’architetto Alberto Ferraresi. Per capire la pietra nel suo millenario rapporto con l’atto della costruzione dobbiamo innanzitutto chiederci cos’è la pietra in quanto materia della natura e cos’è la pietra che diventa materiale per l’architettura. Pressoché onnipresente è la roccia intorno a noi in quanto crosta terrestre ed ossatura del mondo intero. Emergendo a formare rilievi montuosi, stabilizzandosi sotto le pianure, inabissandosi a creare scoscendimenti e faglie, tiene insieme ogni cosa e conferisce alla terra il suo profilo generale. Ci siamo chiesti più volte, lungo la nostra riflessione sul tema, come ha preso avvio l’utilizzazione della pietra per le esigenze della costruzione; quando - soprattutto - le rocce staccate dal banco di cava e sagomate secondo precise e definite configurazioni geometriche, sono passate dall’informalità della natura agli artifici dell’Arte e dell’Architettura. L’uomo, indubbiamente, ha iniziato a confrontarsi con l’universo litico sin dal suo primordiale essere sulla terra, per proseguire attraverso manifestazioni più coscienti, mirate e 26 intenzionalizzate, soprattutto soppesando ed intravedendo in questa materia - offerta dalla natura in una assai ampia varietà di tipi, di durezze, di configurazioni - le condizioni propizie per farne arma, monile, strumento di lavoro, recinto, ricovero, monumento. In molti sono a sostenere che le origini dell’uso della pietra nelle costruzioni sono da collegare alla semplice ed intuitiva pratica della raccolta e valorizzazione dei frammenti staccati dalle masse rocciose dei monti per effetto di fenomeni naturali quali fratture della crosta terrestre, frane, alluvioni, depositi morenici, erosioni, ecc. Costruzioni litiche ottenute attraverso selezione ed accumulazione-composizione, quindi, di pietre erratiche: macigni, massi, pietre stratificate, schegge informi a spigoli vivi, ma anche grandi e piccoli ciottoli (fluviali e marini) dalle superfici morbide e levigate sia pur più difficili da “stabilizzare” - nell’opera muraria - a causa della loro “rotondità” che ne impedisce la messa in opera a secco. È la primitiva ricerca e valorizzazione delle pietre come si trovano in natura sulla superficie terrestre: “brutali”, non “raffinate”, affatto “geometrizzate” dall’uomo, e tuttavia già inscritte all’interno di un progetto, di una logica costruttiva. Questi elementi litici, di dimensione e forma eterogenea, permettono la sola costruzione di opere rudimentali a secco (muri, sostruzioni, argini di campo, tombe) la cui stabilità è assicurata da strutture resistenti a forte spessore con i massi più grandi che fungono, normalmente, da paramento esterno rispetto al riempimento interno di pietrame più minuto. Il permanere della pietra nella lunga durata temporale indurrà ben presto l’uomo a cimentarsi e perfezionare il magistero del tagliare e del configurare le pietre (stereotomia) di cui il nostro Paese ci ha lasciato testimonianze e permanenze monumentali ammirate da secoli da visitatori di tutto il mondo. Alfonso Acocella Cimitero Militare Germanico Della Futa, Firenzuola (FI) Realizzato a partire dal 1961 su progetto dell'architetto tedesco Dieter Oesterlen e dei paesaggisti Walter Rossow ed Helmut Bournot Casa delle Guide Alpine in Valmasino (SO), progettata dagli architetti Gianmatteo e Roberto Romegialli Scorcio della facciata principale verso il torrente Calandoci nel quadro geo-morfologico dell’Italia è evidente, come ci precisa Francesco Rodolico nel suo bellissimo libro “Le pietre delle città d’Italia”, che: «anche fra le pietre che da sole improntano l’aspetto edilizio di qualche città, le differenze sono tali da colpire il viaggiatore più distratto: i calcari compatti di Trento o di Brescia, d’Assisi o di Sulmona, quelli teneri di Lecce o di Noto; il travertino di Ascoli Piceno; l’arenaria grigia di Cortona o quella giallastra di Volterra; gli gneiss di Bellinzona; il tufo vulcanico di Viterbo; la lava etnea di Randazzo. Né differenze di tanto rilievo si notano solo tra città lontane; l’accennato frazionamento geologico agisce anche sul breve spazio, differenziando città vicine, almeno, sotto questo particolare aspetto.» (1) La tradizione del costruire in pietra, con il passare del tempo ma sostanzialmente a seguito dell’accelerazione dello sviluppo tecnologico e produttivo registratosi con la civiltà industriale degli ultimi cinquant’anni - ha subìto un forte ridimensionamento applicativo, fino a specializzarsi in direzione dell’uso della pietra in forma ornamentale, di puro rivestimento sottile (sia esso parietale che pavimentale). Salvo pochi casi, ogni regione d’Italia possiede ancora integro un rilevante patrimonio di materiali lapidei da costruzione che è pensabile - a fronte di nuove tecnologie di estrazione e lavorazione - poter rivalorizzare. Oggi, nelle numerose realizzazioni contemporanee che hanno riadottato tali materiali, si avverte la ripresa di una cultura (1) Francesco Rodolico, “Introduzione” p. 20 in Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1964 (ed. or. 1953), pp. 492. specifica di costruzione, di un linguaggio architettonico attualizzato, capace di riproporre un rapporto non nostalgico (ovvero di “tipo storicistico”) fra pietra e architettura. Respingendo l’attuale moda indirizzata alla promozione della pietra nell’architettura come semplice rivestimento (nella fattispecie di lastre di pochi centimetri di spessore, quale surrogato dell’antico muro in conci lavorati) non poche proposte sono indirizzate a sfruttare la suggestione corposa e massiccia dei vari strati di pietra murati in masse tali da mostrare la natura più autentica del materiale. D’altronde se si escludono i materiali di pregio (quali sono i marmi e le pietre ornamentali rare) rimangono di potenziale utilizzo architettonico - a fini strutturali o quantomeno collaborativi alla costituzione dell’involucro murario - i vari e diffusi travertini che, unitamente all’ampia famiglia delle pietre da costruzione, si offrono attraverso un’ampia distribuzione geografica e una relativa facilità di lavorazione. Insieme all’onerosità di estrazione e di trasporto della pietra, è sempre stata rilevante l’incidenza del costo di trasformazione. Per questo motivo in aree ricche di pietre “tenere”, facili da lavorarsi con mezzi non sofisticati, si è diffuso storicamente con permanenza fino all’oggi l’uso di blocchi squadrati e pezzi modellati. Si pensi soprattutto ai materiali lapidei “correnti” dell’Italia centro-meridionale che, oltre ad essere contraddistinti da parametri di economicità per il modellamento e per la posa in opera, posseggono considerevoli requisiti di resistenza, di compattezza, di buon aspetto. È il caso, ad esempio, di tante rocce tenere come i tufi che si possono facilmente lavorare in blocchi regolari, ancora oggi usati in diverse regioni quali l’Umbria, il Lazio, la Campania, la Puglia. È la stessa consistenza e lavorabilità di queste rocce tenere ad indirizzare la produzione di cava verso formati regolari e pareggiati di una certa dimensione. Insieme alle qualità tettoniche delle pietre è possibile riscoprire e rivalorizzare anche quelle cromatiche (con colori articolati in una gamma ampissima di toni e sfumature), di grana, di disegno delle superfici dove granulometria, venature ed irregolarità (siano esse naturali o conferite attraverso i particolari utensili di lavorazione impiegati) contribuiscono a rendere tipica, unica, ogni opera d’architettura. La costruzione in pietra, riteniamo, è ancora possibile (e auspicabile) per riconferire un’identità all’architettura italiana senza rinunciare ai nuovi linguaggi contemporanei come le opere presentate di seguito da Alberto Ferraresi, insieme a quelle più numerose della lunga ricerca da noi promossa sull’architettura di pietra, testimoniano in modo evidente. (2) (2) Si veda per ogni approfondimento Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze Alinea-Lucense, 2004, pp. 624 (ed. inglese Stone architecture, Milano, Skira, 2006, pp. 624) e la prosecuzione del progetto di ricerca in forma di social networking nel sito architetturadipietra.it 27 ANNO II | n. 7 | GENNAIO - FEBBRAIO 2010 Progetto architettonico e direzione lavori: Beniamino Servino Collaborazioni: Barbara Cimino, Giovanni Ambrosio Progetto 1999 Realizzazione 2000/2001 Struttura e rivestimenti: Impresa Ferraro di Casagiove, Caserta Superficie lotto mq 27.5 Superficie coperta mq 22.5 Volume mc 102.00 Fotografie di Luigi Spina ed Archivio Studio Servino. Sopra, l’opera all’interno dello spazio cimiteriale A destra, una veduta ravvicinata della cappella funeraria Nella storia dell’architettura la cappella funeraria ed il tempietto privato costituiscono spesso per il progettista occasioni per affinare tecniche ed approcci. Essi frequentemente si ripropongono in opere immediatamente successive. Dalla scheda di progetto della cappella funeraria leggiamo che «Castelmorrone è un piccolo centro della fascia pedemontana a nord di Caserta. La cappella è costruita su un lotto di testata dell’ampliamento del vecchio cimitero. La pianta è organizzata concentrando i loculi su una sola parete, lasciando libera la parte restante. Il vano d’ingresso corrisponde all’incrocio di due percorsi che delimitano i lotti. Le pareti sono rivestite, all’esterno, di tufo giallo trachitico di Quarto (Napoli). Le dimensioni di cava della “pietra” di 12 x 25 x 40 cm sono state ridotte a 10 x 23 x 38 cm per poter avere i lati regolari e lisci per la messa in opera 28 senza malta nei giunti (la malta è applicata solo sul retro; ogni pietra è assicurata al supporto anche con delle graffe metalliche). Il paramento di tufo è registrato da ricorsi di travertino levigato di 3 cm di spessore. Le bucature sono lasciate senza infissi. La porta di ingresso (ad L) è realizzata con lastre di alluminio naturale di 1 cm di spessore, vincolate con due cerniere di acciaio inox. Lo zoccolo e la pavimentazione interna sono ancora di travertino.» Specialmente il tufo giallo napoletano ed il travertino Luigi Spina Cappella funeraria a Castelmorrone, Caserta Architetturadipietra.it Il progetto dei quattro affacci E’ un progetto culturale di terzo millennio sviluppato in forma di social networking. Dall’interazione lungo la rete di internet, ma anche dalle frequentazioni e dai progetti svolti sul territorio nazionale, è nato un Network che mette in contatto le diverse realtà - individui, centri di studi e di ricerca, associazioni, aziende, media ecc - che si riconoscono nel progetto partecipato di Architetturadipietra.it interessato ai processi di social networking nel tentativo di attrarre (e di “trarre”) i lettori verso una condivisione e collaborazione attiva. Architetturadipietra.it risulta composto dalle aree tematiche di Blog, Lithospedia, Libro. studio Servino Blog L’idea di un blog nasce dalla volontà di trascinamento ed espansione nel web dei contenuti del volume di Alfonso Acocella “L’architettura di pietra” (Alinea, 2004), tradotto in inglese nel 2006 col titolo “Stone Architeture” dalla Skira, promosso dalla LUCENSE di Lucca, condividendoli ed evolvendoli in forma cooperativa attraverso l’editazione istantanea e partecipata resa possibile da internet. Con il blog si punta a valorizzare i contenuti di partenza del libro e quelli del tutto nuovi prodotti lungo l’esecuzione del progetto digitale di natura collaborativa e di intelligenza collettiva. Il blog attualmente è organizzato attraverso le seguenti rubriche tematiche: Appunti di viaggio, Citazioni, Design litico, Distretti lapidei, Elementi di pietra, Eventi, Interviste, Letture, Marmi antichi, News, Opere di Architettura, Opere murarie, Paesaggi di pietra, Pietre artificiali, Pietre d’Italia, Post Scriptum, Progetti, Ri_editazioni, Scultura, Videointerviste. segnano la continuità fisica e tipologica al luogo. La trama dei conci e la riquadratura ordinata affidata al travertino paiono infatti essere reinterpretazione delle murature tipiche, inframmezzate dai corsi di regolarizzazione utili all’assestamento antisismico. E’ infatti questa una zona telluricamente attiva da sempre, di cui le medesime pietre vulcaniche sono oggettiva testimonianza. Il leggero sfalsamento nella concatenazione dei conci si somma all’assenza di malta tra i ricorsi squadrati, ad impreziosire la stoffa litica elegante con cui lo spazio privato è abbracciato. Lithospedia Lithospedia propone un progetto in continuo aggiornamento sotto forma di banca dati che intende ricostruire la vita della pietra: geologia, storia dell’arte, architettura, archeologia, tecnologia ecc. I contenuti iconici e semantici sono archiviati utilizzando procedure e parametri relazionali risultando disponibili per una facile ricerca on line. Lithospedia ha editato ad oggi i progetti Pietre d’Italia (litoteca e banca dati on line sulle pietre italiane), Interior design (repertorio e gallery dei prodotti di design litico per l’architettura d’interni), Marmi antichi (litoteca dei marmi colorati antichi). Libro Il web site Architetturadipietra.it propone al suo interno un’i nedita modalità di condivisione del libro “L’architettura di pietra”. La piattaforma consente di entrare nel libro, sfogliarne ed ingrandirne le pagine, scaricare gratuitamente interi capitoli per leggerli anche off line e maturare un avvicinamento all’opera a stampa. I suoi contenuti sono, così, comunicati lungo la rete per una fruizione gratuita. 29 Progetto archittettonico e direzioni lavori: Beniamino Servino Progetto architettonico e direzioni lavori: Beniamino Servino Collaborazioni: Barbara Cimino, Giovanni Ambrosio, Angelica Di Virgilio, Andrea Piccirillo, Antonio Buonocore Progetto e realizzazione: 2001/2006 Impianti: Enrico Farina Strutture: Enrico Farina, Arcangelo Purgato Superficie lotto mq 1000 Superficie coperta mq 220 Volume mc 1850 Fotografie: Archivio Studio Servino. Casa bifamiliare a Pozzovetere, Caserta Sopra, uno scorcio della residenza entro il suo contesto 30 studio Servino Sempre a firma di Servino è l’intervento (che gli vale il Premio Architettura di Pietra per l’anno 2007 nell’occasione di Marmomacc a Verona) su un edificio esistente modificato non solo nella sua veste esteriore, ma anche nell’organizzazione interna. Servino così descrive il contesto d’inserimento: «Pozzovetere è un piccolo borgo, contiguo a Casertavecchia, a qualche chilometro dal centro di Caserta. Una lottizzazione degli inizi degli anni ’80 ha prodotto una serie di case isolate su lotti di piccole dimensioni, lasciando solo poche tracce dell’edificazione a cortina che caratterizzava il borgo. La casa unifamiliare preesistente è stata oggetto di un intervento di ampliamento (che ha utilizzato al massimo le possibilità urbanistiche del lotto) per trasformarla in una casa bifamiliare». La tessitura tufacea si impreziosisce della lucentezza dei metalli, questa volta in piccole porzioni innestati ai conci; la loro posa, non a semplice sormonto, ma a intraversare la direzione dei corsi e rendere coesi i due affacci dei setti, è ulteriore scatto in avanti nella reinterpretazione delle tecniche costruttive tradizionali. Oltre ai tufi locali trovano spazio applicazioni marmoree, anch’esse con intromissioni di altri materiali rispetto al repertorio litico. Giuseppe Corcione Sotto, uno scatto ravvicinato dell’opera Attilio Stocchi Piazza San Fermo ad Almé, Bergamo Un’idea romantica guida in modo subliminale il pensiero sotteso al progetto di questa piazza italiana, Piazza San Fermo ad Almé in provincia di Bergamo, romantica nei sensi sia più emotivi ed epidermici, sia più storici e filosofici: vale a dire l’immagine inconsciamente diffusa che vuole l’architettura medievale ben accompagnata da una ricca presenza naturale, di vegetazione spontanea e rigogliosa. Sulla piazza spicca infatti la figura della torre medievale, addomesticata agli usi civili nel corso del tempo, i cui caratteri erano come trattenuti, imbavagliati, accostati alle sole essenze arboree puntuali dei cortili limitrofi. L’architetto Attilio Stocchi, il progettista chiamato ad intervenire, in questo caso assieme a Dimitri Chatzipetros, pensa allora ad un prato verde antistante la torre, ma realizzato mediante un materiale tipico degli spazi pubblici italiani, quale quello lapideo. Questa è pertanto la genesi più istintiva dell’intervento, chiamiamola appunto l’idea. Viene poi subito di seguito la traduzione dell’idea in progetto, secondo i dettami della buona tecnica e dell’arte del costruire. Il progettista Stocchi spiega come, in massima sintesi, il suo approccio al progetto per lo spazio pubblico coincida con il rinvenimento di motivi storici attinenti lo spazio specifico – ciò che lui definisce il pretesto – ed in parallelo la percezione dei contenuti geografici, naturali ed ambientali rientranti invece nella sfera del contesto. In questo caso la presenza medievale è al contempo pretestuale e contestuale. Costituisce infatti pretesto per le sensazioni che evoca, mentre costituisce contesto per l’insieme di saperi costruttivi che rappresenta. Nella torre fanno ancora mostra di sé le originarie pietre Progetto e realizzazione: 2005-2006 Progettista: Attilio Stocchi con Dimitri Chatzipetros Collaboratori: Hiroko Ogawa In alto, lo scorcio della piazza verso la torre medievale Sopra, uno scatto fotografico ravvicinato del Serpentino della Val Malenco A sinistra, la seduta pubblica realizzata su disegno 31 ANNO II | n. 7 | GENNAIO - FEBBRAIO 2010 A destra, la tabella guida alla comprensione delle logiche numeriche alla base del progetto angolari: poste alla base dei vertici dei muri correnti sulla base quadrilatera, portano simbolicamente con sé, tradotto in semplici gesti di lavorazione, il sapere stereotomico medievale, e con esso il sapere matematico applicato alla tecnica costruttiva. Inoltre nella costruzione del prato lapideo i progettisti cercano la varietà come in natura, e come in natura la declinano secondo la regola scientifica. Scelgono il Serpentino della Val Malenco, per altro una pietra locale date le brevi distanze dalle cave ugualmente lombarde, nelle tre tipologie: Classico, Vittoria e Giada, a loro volta differentemente trattate secondo le lavorazioni superficiali di sabbiatura, bocciardatura e water-jet. Combinando tipologia e lavorazione contiamo così nove possibili varianti. Tali varianti sono poi moltiplicate incrociando questi due dati con quelli dimensionali delle singole lastre, facenti riferimento per i propri lati alle leggi dei numeri primi. Anche l’alternanza fra le lastre è guidata dalla regola semplice per cui dalla somma di due numeri primi e sottraendo un’unità, si ottiene un nuovo numero primo. Pure il giunto fra gli elementi di posa partecipa dell’insieme di rimandi numerici. Ne scaturiscono 125 lastre diverse, disposte a casellario su di una griglia per ascisse ed ordinate orientata secondo la giacitura dei lati principali della piazza. Le lastre di maggiore dimensione si concentrano al centro dello spazio pubblico; si raffittiscono invece sui lati, in corrispondenza dell’imboccatura dei percorsi. Le sedute realizzate su disegno, sono in legno di iroko e sostegni in bronzo. Completano la superficie pavimentale le caditoie ricavate nel medesimo materiale lapideo, l’illuminazione a raso, le presenze arboree, ed i vari inserti per le manutenzioni delle reti sottostanti. Attilio Stocchi Sotto, la vista dall’alto del calpestio della piazza