Scarica GRATIS un Fascicolo
Transcript
Scarica GRATIS un Fascicolo
Azienda Pubblica Teoria ed esperienze di management 1.2016 Rivista trimestrale anno XXVIII numero 1 gennaio • marzo 2016 Direttore responsabile Paolo Maggioli Direttore Eugenio Anessi Pessina Condirettori Paola Adinolfi Luca Del Bene Ileana Steccolini MariaFrancesca Sicilia Marco Meneguzzo Comitato scientifico (riportato nell’ultima pagina) Antonello Zangrandi Eugenio Caperchione Redazione Comitato di indirizzo Giuseppe Farneti Milano 20136 Riccardo Mussari Stefano Pozzoli Via Röntgen, 1 Eugenio Anessi Pessina Aldo Pavan Tel. 02-5836.2509/5266 Elio Borgonovi Luigi Puddu Fax 02-5836.2598 [email protected] Renato Mele Lidia D’Alessio Luca Anselmi Segreteria di redazione Alice Porto Coordinatore editoriale MariaFrancesca Sicilia [email protected] Condizioni di abbonamento 2015 Il prezzo di abbonamento della rivista “Azienda Pubblica” è di euro: • ANNUALE: euro 153,00 (Iva inclusa) Formato digitale (in formato PDF) è di euro 86,00 + Iva. • TRIENNALE: euro 138,00 all’anno (Iva inclusa) Formato digitale (in formato PDF) è di euro 77,00 all’anno + Iva. Il prezzo di una copia della rivista è di euro 47,00. Il prezzo di una copia arretrata è di euro 49,00. Il pagamento dell’abbonamento deve essere effettuato con bollettino di c.c.p. n. 31666589 intestato a Maggioli s.p.a., Periodici, via del Carpino, 8 – 47822 Santarcangelo di Romagna (RN). La rivista è disponibile anche nelle migliori librerie. In mancanza di esplicita revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il termine di 45 giorni successivi alla scadenza dell’abbonamento, la Casa Editrice, al fine di garantire la continuità del servizio, si riserva di inviare il periodico anche per il periodo successivo. La disdetta non sarà ritenuta valida qualora l’abbonato non sia in regola con tutti i pagamenti. Il rifiuto o la restituzione dei fascicoli della rivista non costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I fascicoli non pervenuti possono essere richiesti dall’abbonato non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo. Collaborazioni Per l’invio di articoli e comunicati si prega di far riferimento al seguente indirizzo e-mail: [email protected] oppure Redazione Azienda Pubblica, Università Bocconi, via Röntgen, 1 – 20136 Milano Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, del materiale pubblicato senza autorizzazione dell’Editore. Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori, dei quali si rispetta la libertà di giudizio, lasciandoli responsabili dei loro scritti. L’autore garantisce la paternità dei contenuti inviati all’Editore manlevando quest’ultimo da ogni eventuale richiesta di risarcimento danni proveniente da terzi che dovessero rivendicare diritti su tali contenuti. Amministrazione e diffusione Maggioli Editore presso c.p.o. Rimini Via Coriano, 58 47924 Rimini Tel. 0541/628111 Fax 0541/622100 Maggioli Editore è un marchio Maggioli s.p.a. Servizio Clienti Tel. 0541/628242 Fax 0541/622595 e-mail: [email protected] www.periodicimaggioli.it PUBBLICITÀ: Publimaggioli Concessionaria di pubblicità per Maggioli s.p.a. Via del Carpino, 8 – 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) Tel. 0541/628736-8531 Fax 0541/624887 e-mail: [email protected] www.publimaggioli.it Filiali Milano Via F. Albani, 21 – 20149 Milano Tel. 02/48545811 Fax 02/48517108 Bologna Piazza VIII Agosto Galleria del Pincio, 1 – 40126 Bologna Tel. 051/229439-228676 Fax 051/262036 Roma Via Volturno, 2/c – 00185 Roma Tel. 06/5896600-58301292 Fax 06/5882342 Registrazione Presso il Tribunale di Rimini il 30 novembre 1996 al n. 28 Maggioli s.p.a. Azienda con Sistema Qualità certificato ISO 9001: 2008 Iscritta al registro operatori della comunicazione Stampa Maggioli s.p.a. Santarcangelo di Romagna (RN) Rivista Accreditata AIDEA Ambiti e missione della rivista Azienda Pubblica Sono sempre più forti le esigenze di modernizzazione e di riforma delle amministrazioni pubbliche e di tutti i soggetti che operano nell’interesse pubblico a seguito di stimoli derivanti dai cambiamenti dei valori individuali e collettivi, dell’apertura della società e dei mercati, della maggiore mobilità delle persone e dei beni, dell’innovazione tecnologica e delle forme organizzative in cui si svolge l’attività sociale ed economica, dei media, ecc. AZIENDA PUBBLICA si propone di contribuire a dare risposte a tali esigenze concentrando l’attenzione sulla migliore utilizzazione delle risorse economiche (dimensione dell’efficienza), per dare risposte di alto livello qualitativo e quantitativo ai bisogni di singoli cittadini, famiglie, imprese e altri corpi intermedi della società (dimensione dell’efficacia e della funzionalità), della soddisfazione, mantenendo condizioni di equilibrio economico di lungo periodo (dimensione dell’economicità). La Rivista intende farlo partendo dal profondo convincimento che solo le persone sono in grado di promuovere e realizzare il cambiamento sostanziale. I metodi, gli strumenti e le tecniche giuridiche, economiche, aziendali e manageriali esistono, sono anche molto affinati. Ma sono i valori, le conoscenze, le motivazioni, i reali comportamenti delle persone che consentono un loro corretto uso con la finalità di migliorare il benessere e la qualità di vita di comunità locali, nazionali, sovranazionali. Occorre aumentare il numero delle persone per le quali esercitare una funzione e garantire i diritti significa acquisire la cultura del “servizio”, inteso sul piano dei valori e sul piano dell’operatività e renderle maggioranza rispetto a quelle che ancora si richiamano a modelli di amministrazione validi nel passato ma non più coerenti con i problemi posti oggi dalla società o rispetto a quelle che difendono privilegi o interessi particolari. Una via efficace per raggiungere questo obiettivo è quella di presentare ad amministratori di carica politica, dirigenti, personale che opera in varie posizioni nel settore pubblico, risultati di ricerche rigorose sul piano scientifico, rilevanti rispetto ai problemi quotidiani dei Lettori, influenti in senso migliorativo sui processi decisionali e operativi. Nella convinzione che non vi sia nulla di più pratico di una buona teoria, a condizione che le teorie siano costruite sui fatti, Azienda Pubblica si caratterizza come una Rivista che accoglie sia articoli di contenuto teorico che aiutino gli operatori a sistematizzare e a consolidare le proprie esperienze e competenze concrete, sia i risultati di ricerche empiriche basate su rigorose metodologie quantitative e qualitative. Una Rivista accademica capace di aprirsi e dialogare con decisori delle politiche, manager e operatori del settore pubblico e dei settori privati che hanno fini di pubblico interesse. Tramite un rigoroso sistema di referaggio secondo gli standard internazionali, la Rivista intende pubblicare contributi di alto valore scientifico che siano comprensibili da chi ogni giorno deve far funzionare al meglio le istituzioni che garantiscono una società libera, in cui siano rispettate le regole, tollerante nei confronti della multiculturalità e della molteplicità di valori ed interessi, democratica in senso sostanziale. 3 Azienda Pubblica 1.2016 Azienda Pubblica 1.2016 Teoria ed esperienze di management Rivista trimestrale anno XXVIII numero 1 gennaio • marzo 2016 Sommario Editoriale Eugeniio Anessi Pessina Editoriale 7 Saggi Franco Ernesto Rubino Pina Puntillo Francesca Pierri La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani. Profili teorici ed evidenze empiriche Luca Bartocci Giuseppe Grossi Daniele Natalizi Stefania Romizi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Nathalie Colasanti Rocco Frondizi Marco Meneguzzo Paola Santini Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa: un modello di classificazione e di benchlearning 11 37 59 Attualità e dibattito Isabella Fadda Paola Paglietti La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti 81 Esperienze innovative Stefano Lorusso La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale 97 Fonti di approfondimento Spoglio riviste 125 Editoriale Editoriale Eugenio Anessi Pessina Il primo numero del 2016 propone articoli differenziati per tematica affrontata, classe di aziende pubbliche indagate e approccio di ricerca utilizzato, ma complessivamente riconducibili alle tematiche di contabilità, finanza e controllo. Oltre alla tradizionale sezione «Saggi», inoltre, contiene due ulteriori contributi: uno nella sezione «Attualità e dibattito», che vorrebbe stimolare un confronto di idee su questioni di immediata attualità e rilevanza; l’altro nella sezione «Esperienze innovative», che intende dare spazio alla presentazione di iniziative innovative, evidenziandone gli aspetti di progettualità, i processi di implementazione, gli impatti sul funzionamento e sulle performance delle aziende coinvolte. Il primo saggio (La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani. Profili teorici ed evidenze empiriche) propone un contributo di carattere quantitativo sul tema del dissesto negli enti locali. Il default dei governi locali può produrre conseguenze sociali, economiche e politiche di particolare gravità. La sua prevenzione è dunque di grande interesse per una vasta platea di stakeholder. A tal fine, sarebbe utile poter disporre di indicatori segnaletici che colgano un’eventuale probabilità di default prima che questo si manifesti in modo conclamato. Il saggio si propone appunto di determinare, attraverso una regressione logistica condizionata per studi caso controllo, la misura in cui gli indicatori proposti in letteratura siano effettivamente in grado di segnalare il rischio di default di un ente locale italiano. Tra i numerosi indicatori proposti in letteratura, in particolare, l’analisi ne individua tre come particolarmente significativi: il rapporto tra entrate e spese correnti, in termini di cassa; l’autonomia finanziaria, espressa come incidenza delle entrate proprie sulle entrate totali; l’indebitamento, espresso in percentuale sulle entrate totali. In termini di policy, è significativo osservare come l’attuale sistema di parametri per l’individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari non comprenda direttamente nessuno di questi indicatori, ma sia comunque orientato a cogliere i medesimi fenomeni, in particolare attraverso il rapporto tra debiti di finanziamento ed entrate correnti, nonché tramite i parametri che riflettono la formazione e lo smaltimento dei residui attivi. Proprio la dubbia esigibilità di molti residui attivi, inoltre, ha contribuito all’introduzione del principio di competenza finanziaria potenziata. I medesimi fenomeni, infine, rientrano tra quelli più volte segnalati come particolarmente critici anche dalla Corte di Conti. I risultati del saggio potranno comunque contribuire a un affinamento degli indicatori in uso, mentre la metodologia proposta potrà essere impiegata per futuri aggiornamenti, che si renderanno necessari anche appunto alla luce della ridefinizione del principio di competen7 Azienda Pubblica 1.2016 Editoriale za finanziaria, nonché delle altre innovazioni apportate dalla normativa sull’armonizzazione contabile. Nel secondo saggio (Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia), l’attenzione resta focalizzata sul sistema di bilancio, ma si sposta dal consuntivo al preventivo, dalla rappresentazione degli effetti di decisioni e operazioni alle modalità di formulazione di alcune decisioni. L’analisi, inoltre, si estende dai soli comuni ad altre classi di amministrazioni territoriali (province, regioni, unioni di comuni) e si avvale di una metodologia qualitativa, riconducibile ai processi di desk analysis. Oggetto specifico sono le esperienze italiane di bilancio partecipativo, che gli autori quantificano in 304 casi. Scopo del bilancio partecipativo è consentire ai cittadini di influenzare l’allocazione di una determinata quota delle risorse disponibili in un bilancio pubblico. Lo strumento si colloca quindi all’interno dei nuovi paradigmi culturali che stanno influenzando il rinnovamento del settore pubblico e che attribuiscono un significato particolare al coinvolgimento dei cittadini nei processi di governo. In letteratura si dibatte sulla possibilità che il bilancio partecipativo riesca effettivamente a consolidarsi e a incidere sui processi decisionali delle amministrazioni pubbliche. I contributi finora esistenti, però, hanno privilegiato alternativamente la riflessione teorica oppure l’analisi empirica di specifici casi. Il saggio proposto, al contrario, prova a mappare l’intero «universo» nazionale. Dall’analisi, in particolare, emergono alcune criticità che sembrano confermare i dubbi e gli interrogativi che si stanno diffondendo anche nella letteratura internazionale. Le esperienze censite, infatti, sono molto numerose, ma hanno raggiunto un picco nel 2008, per poi diventare progressivamente sempre più rare, nonché spesso focalizzate su alcuni orientamenti di policy privi di immediate conseguenze economico-finanziarie, come se il bilancio partecipativo fosse un «lusso» da permettersi solo in condizioni favorevoli e invece da tagliare o rimodulare in periodi di difficoltà. Si rilevano, inoltre, una grande instabilità e una frequente «occasionalità» delle esperienze attivate; una loro scarsa strutturazione (seppur con elementi che lasciano intravvedere il riferimento al modello più noto e apprezzato, quello di Porto Alegre) e un utilizzo ancora limitato delle opportunità offerte dalle tecnologie informatiche; una potenziale «personalizzazione politica», con scarso coinvolgimento della struttura manageriale; una natura spesso più consultiva che deliberativa. Restano, come future linee di approfondimento, la valutazione degli effettivi impatti nonché delle relative determinanti, in termini di condizioni di contesto (per esempio, esistenza di un’adeguata cultura della partecipazione), di condizioni organizzative interne, di caratteristiche tecniche di realizzazione dello strumento. Nel terzo saggio (Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa: un modello di classificazione e di benchlearning), infine, l’attenzione si sposta sul civic crowdfunding. Quest’ultimo, come in generale ogni forma di crowdfunding, è reso possibile dalla diffusione capillare delle Azienda Pubblica 1.2016 8 Editoriale tecnologie web based, che facilitano la creazione di reti informali, sia virtuali sia reali. Riflette, inoltre, il progressivo sviluppo di una cultura imprenditoriale e proattiva, per cui sempre più persone sono in grado di sviluppare idee creative, dar vita a network, portare avanti i propri progetti. Il civic crowdfunding, pertanto, non si limita ai casi di amministrazioni pubbliche che vogliono realizzare iniziative senza disporre di risorse finanziarie sufficienti, ma si estende anche a situazioni in cui sono i cittadini stessi a voler entrare in contatto con le istituzioni, portando alla loro attenzione specifici bisogni sociali e soluzioni per rispondervi. Tipicamente, le esperienze di civic crowdfunding vengono classificate solo in base alle caratteristiche della piattaforma tecnologica adottata. Il saggio, invece, prova a proporre una classificazione multidimensionale in una prospettiva di benchlearning, anche alla luce del crescente interesse manifestato dalle amministrazioni locali e da molte istituzioni pubbliche operanti nei settori sanitario, sociale, educativo e culturale. A tale scopo, utilizza le evidenze emergenti da due progetti ritenuti significativi e accomunati dall’area di intervento, quella culturale: (i) le iniziative lanciate dalla piattaforma Progettiamo.ch, creata in Canton Ticino per ospitare progetti di crowdfunding finalizzati allo sviluppo del territorio; (ii) la campagna «Sabato in Biblioteca!», realizzata dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. In particolare, oltre alla scelta della piattaforma tecnologica (impiego di una piattaforma propria, creata appositamente dal promotore del progetto, oppure di una piattaforma di crowdfunding già esistente e utilizzata per numerosi progetti), il modello proposto evidenzia la rilevanza di altre variabili, tra cui: l’entità del finanziamento richiesto per portare a termine il progetto; gli stakeholder chiave; l’oggetto del finanziamento; i diversi gradi di coinvolgimento dei vari stakeholder nelle fasi di definizione dei progetti, di produzione dei servizi, di valutazione e monitoraggio; il contributo al consolidamento del capitale sociale. Quanto alle altre due sezioni, l’articolo proposto all’interno della sezione «Attualità e Dibattito» (La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti) afferma l’insufficienza degli strumenti di tipo giuridico per l’efficace contrasto alla corruzione, soprattutto se, come in Italia, le norme sono spesso mal correlate e costringono le amministrazioni a dedicare risorse ad attività di mero adempimento. Sostiene, d’altra parte, i benefici che possono derivare, anche in tema di lotta alla corruzione, dallo sviluppo di un adeguato sistema di controllo interno. Segnala, infine, la presenza di consolidati documenti per la pratica che possono rappresentare un primario e immediato punto di riferimento. L’articolo proposto all’interno della sezione «Esperienze innovative» (La revisione del bilancio consolidato del Servizio Sanitario Regionale), invece, presenta l’esperienza di certificazione del bilancio consolidato del Servizio Sanitario della Regione Basilicata. Vengono, così, declinate sul piano operativo tre tematiche particolarmente care agli studiosi di contabilità delle aziende pubbliche: (i) l’introduzione nel contesto pub9 Azienda Pubblica 1.2016 Editoriale blico della contabilità economico-patrimoniale – ormai pienamente affermatasi nel sistema sanitario che, peraltro, rappresenta una quota significativa dell’intera spesa pubblica; (ii) la redazione di bilanci consolidati per «gruppi» di aziende pubbliche – nello specifico, la regione Basilicata e il suo sistema di aziende sanitarie pubbliche ospedaliere e territoriali; (iii) il conseguente ripensamento dei sistemi di controllo contabile – nel caso analizzato, con l’assoggettamento al giudizio professionale di un revisione esterno non solo dei singoli bilanci aziendali, ma anche, prima regione in Italia, del bilancio consolidato. Azienda Pubblica 1.2016 10 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani. Profili teorici ed evidenze empiriche * Franco Ernesto Rubino Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, Università della Calabria Pina Puntillo Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, Università della Calabria – [email protected] Francesca Pierri Dipartimento di Economia, Sezione di Statistica, Università degli Studi di Perugia Sommario: 1. Introduzione – 2. Analisi della letteratura – 3. Definizione delle ipotesi di ricerca – 4. Metodologia e campione – 5. Discussione dei risultati – 6. Implicazioni per la ricerca e per la pratica – 7. Conclusioni Il presente lavoro intende testare l’affidabilità dei modelli econometrici per la previsione del rischio di default degli enti locali. L’obiettivo della ricerca è stato perseguito mediante un approccio metodologico di tipo deduttivo-induttivo. La fase deduttiva ha avuto ad oggetto l’analisi critica della letteratura, nazionale ed internazionale, in materia di crisi finanziaria dell’ente locale e modelli econometrici per la previsione delle crisi aziendali. Nella fase induttiva è stato sviluppato un modello logistico condizionato per studi caso-controllo in cui le variabili esplicative sono costituite da indicatori finanziari costruiti sui dati di bilancio. Il modello è stato testato su un campione casuale stratificato composto da 168 comuni italiani. I risultati dimostrano la validità del Cash Solvency (che misura la capacità di riscossione delle entrate correnti rispetto alle spese correnti), dell’indicatore di Incidenza delle entrate proprie sulle entrate totali e dell’indicatore di Indebitamento (che misura il peso dei debiti sulle entrate totali) come predittori del rischio di default. This paper aims to test the reliability of econometric models for forecasting the default risk of local authorities. The research objective was pursued through methodological approach deductive and inductive. Phase deductive has had to subject the critical analysis of the literature, national, international, in the area of local government financial crisis, and econometric models for forecasting corporate crises. In the induction phase, it has been developed a conditional logistic model for case-control studies in which the explanatory variables consist of financial indicators built on budgetary data. The model was tested on a random stratified sample of 168 Italian municipalities. The results demonstrate the validity of the Solvency Cash (which measures the ability of collection of current revenues over current expenditures), the indicator of the impact of own revenues on total revenues and the indicator of indebtedness (which measures the burden of debts on Total revenue) as the default risk predictors. Sebbene l’articolo sia il frutto dello studio congiunto degli autori i paragrafi 1 e 2 sono attribuibili a Franco Ernesto Rubino, i paragrafi 3, 5, 6 e 7 a Pina Puntillo e il paragrafo 4 a Francesca Pierri. Parole chiave: Enti locali – Default – Indicatori – Regressione logistica Key words: Local authorities – Default – Indicators – Logistic regression 11 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi 1. Introduzione La capacità di un ente locale di evitare il default incide direttamente sulla sua capacità di sostenere il livello dei servizi forniti e le politiche di sviluppo (Honadle et al. 2004, pp. 139-176). Esiste un’ampia condivisione sull’assunto in base al quale le condizioni finanziarie sono importanti per garantire l’erogazione dei servizi pubblici in modo efficiente ed efficace (Wang et al. 2007, pp. 1-21). Il fenomeno del default dei governi locali è pertanto un argomento di grande interesse per un vasto insieme di stakeholder degli enti locali (contribuenti, dipendenti, finanziatori, fornitori, enti sovraordinati ecc.) a causa delle conseguenze sociali, economiche e politiche che produrrebbe (povertà, migrazione, criminalità, fino al collasso dei sistemi) (Carmeli 2003, pp. 1423-1430). Ciò nonostante, esso non è stato indagato in modo adeguato. Le riforme degli anni Novanta, affermando il principio dell’autonomia finanziaria per tutti i livelli di governo, in attuazione dei principi di sussidiarietà, hanno determinato l’evoluzione del sistema di finanza pubblica da un modello decentrato a uno autonomo (Borgonovi 2009, pp. 8-13; D’Alessio 2006, pp. 1-25). Fra le conseguenze di tale evoluzione si può annoverare l’importanza di valutare la meritevolezza di credito degli enti locali (Puntillo e Tenuta 2010, pp. 182-183). Un monitoraggio non adeguato della dinamica finanziaria può condurre, nella peggiore delle ipotesi, a una dichiarazione di default, disciplinata attraverso l’istituto del dissesto finanziario1. Il dissesto finanziario e la conseguente procedura di risanamento sono disciplinati nel Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, (D.lgs. 267/2000). In particolare, l’art. 244 stabilisce che l’ente deve dichiarare dissesto quando: “... non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 193 [Salvaguardia degli equilibri di bilancio], nonché con le modalità di cui all’articolo 194 [Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio] per le fattispecie ivi previste”. Anche la letteratura internazionale definisce lo stato di dissesto di un governo locale come l’incapacità di mantenere il livello preesistente dei servizi erogati alla comunità (Jones e Walker 2007, pp. 396-418). La dichiarazione di dissesto rappresenta la fase iniziale di una serie di procedure finalizzate al risanamento finanziario tramite l’azzeramento dell’indebitamento pregresso e il ripristino delle condizioni di equilibrio finanziario generale. Il fenomeno, in Italia, ha assunto le seguenti dimensioni2: dal 1989 (anno della sua istituzione) fino ad ago1 Per un approfondimento sull’istituto del dissesto si veda Tenuta P., Dissesto e predissesto finanziario negli enti locali. Analisi e confronti in un’ottica economico-aziendale, Milano: Franco Angeli (2015). 2 I dati sono stati elaborati su documenti gentilmente forniti dal dott. Giancarlo Verde, Direzione Centrale della Finanza Locale, Ministero degli Interni. Azienda Pubblica 1.2016 12 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani sto 2014 le dichiarazioni di dissesto sono complessivamente 500, e il numero di enti locali che ha dichiarato dissesto sono 490. Essi rappresentano il 6.05% del totale dei comuni italiani. La maggior parte risulta appartenere alle regioni del sud, dove si contano 367 dissesti, ossia il 73% del totale. Una rappresentazione territoriale del fenomeno è illustrata in Figura 1. Figura 1. Gli enti dissestati per Regione di appartenenza nel periodo 1989-2014 Fonte: Elaborazione propria su dati del Ministero degli Interni La storicità delle dichiarazioni (Figura 2) mostra che il boom dei dissesti si è avuto nei primi anni dall’introduzione dell’istituto. Dei 500 dissesti totali, 394 si sono registrati nei primi sei anni. La ragione è da ricercare nella procedura allora vigente, che prevedeva l’accollo da parte dello Stato del mutuo a ripiano dei debiti (Corte dei Conti 2012, PP. 498-530). Questo avveniva prima dell’entrata in vigore della riforma costituzionale (L.C. 3/2001) con la quale è stato soppresso l’intervento dello Stato in caso di default dichiarato. Il trend si è mantenuto alto fino al 1997, per poi convergere verso il basso nel tempo, fino a toccare la quota minima di un solo ente dissestato per anno nel 2007, segno che comunque, dopo l’elevato numero iniziale di dichiarazioni, si è avuto un decremento del fenomeno. Negli ultimi anni, tuttavia, si è registrata un’inversione di 13 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi tendenza, indice evidente di difficoltà finanziarie non superabili da parte degli enti in modo autonomo. Figura 2. Trend dei dissesti in Italia Fonte: Elaborazione propria su dati del Ministero degli Interni La dichiarazione di default è l’esito conclusivo di difficoltà finanziarie protratte nel tempo e non sanabili. Essa conduce a una gestione straordinaria che comporta un aumento dell’imposizione tributaria nonché diversi vincoli alla gestione corrente e in c/capitale. Il monitoraggio del rischio di default diventa perciò fondamentale per garantire la continuità nell’erogazione dei servizi alla comunità rappresentata. In altri termini, l’attribuzione di una maggiore autonomia finanziaria agli enti locali impone di sviluppare una gestione del rischio finanziario. In Italia, tuttavia, è frequente rilevare un “divario di attuazione” tra ciò che è stato prescritto dalla leggi di riforma e la diffusione effettiva degli strumenti di gestione corrispondenti (Ongaro e Valotti 2008, pp. 174-204). I modelli quantitativi predittivi del rischio di insolvenza sono finalizzati a predire, e pertanto a gestire, tale rischio; essi hanno l’obiettivo di evidenziare, sulla base dell’analisi di alcuni valori di bilancio, se la situazione aziendale è tendenzialmente in una condizione di disequilibrio. L’utilizzo delle informazioni contabili per fini decisionali presuppone una fase di analisi e di interpretazione (Mussari 2003, pp. 596-600). L’impiego dei modelli econometrici per la gestione del rischio finanziario fornisce risultati affidabili in quanto basati sull’evidenza empirica. Dopo aver analizzato la letteratura sui modelli per la previsione delle crisi aziendali, lo studio applica una regressione logistica per testare l’affidabilità degli indici di bilancio per la previsione del rischio di default degli enti locali. Si tratta di una metodologia comunemente utilizzata nella stima della probabilità di difficoltà finanziarie delle imprese (PinAzienda Pubblica 1.2016 14 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani dado et al. 2008, pp. 995-1003), ma non ancora testata nel contesto degli enti locali italiani. 2. Analisi della letteratura I modelli predittivi del rischio di default affondano le proprie radici nei sistemi di credit scoring e di rating di merito creditizio. Gli studi condotti sulla validità di questi sistemi hanno dimostrato l’esistenza di relazioni significative tra rating e variabili quantitative (Cannata 2001: pp. 3765). Anche i modelli di previsione delle insolvenze hanno l’obiettivo di evidenziare, sulla base dell’analisi di alcuni valori di bilancio, se la situazione aziendale sia tendenzialmente in una condizione di disequilibrio. L’assunto di base è che dai valori contabili si possano trarre informazioni di tipo previsionale. In tal senso assumono particolare importanza le analisi di bilancio3, utilizzate sin dagli anni ’60-‘70 per la costruzione di indici in grado di valutare il merito creditizio e di conseguenza prevedere il fallimento delle imprese. Beaver (1966, pp. 71-111) può essere considerato il pioniere nella definizione dei modelli predittivi del rischio di default con indici finanziari, dimostrando la capacità predittiva dei dati contabili (Beaver 1966, pp. 71-111; Beaver et al. 1968, pp. 675-683). Si tratta del primo ricercatore ad applicare un modello univariato su una serie di indici finanziari applicati a un campione di aziende fallite e non fallite. L’analisi univariata è una tecnica molto semplice che classifica una società come sana oppure a rischio a seconda che il valore assunto da un indice finanziario sia superiore o inferiore a un valore critico, chiamato anche punto di cut off4 (Lachenbruch e Goldstein 1979, pp. 69-85). L’analisi discriminante univariata è attraente nella sua semplicità, ma il suo svantaggio principale risiede nella discrezionalità nella scelta sia degli indici che dei parametri di riferimento (Hazak e Männasoo 2010, pp.62-76). È da notare, inoltre, che l’analisi univariata si basa sul presupposto stringente della linearità della relazione tra il valore dell’indice e lo stato di fallimento. Questa ipotesi è spesso violata nella pratica: molti indici, infatti, mostrano una relazione non lineare con lo stato di fallimento (Keasey e Watson 1991, pp. 89-102). Infine, utilizzando un solo indicatore per volta, l’appartenenza dell’azienda all’una o all’altra categoria (rispettivamente fallite o non fallite) cambia in funzione dell’indicatore utilizzato: pertanto, indicatori diversi per la stessa azienda forniscono stime differenti (Altman 1968, pp. 589-609; Zavgren 1983, pp. 1-33). Questo problema è noto come “problema di incoerenza”. Sulla base dei limiti dell’analisi univariata si sono evoluti i modelli discriminanti multivariati (MDA), che si caratterizzano per l’individuazione 3 Sulle potenzialità informative dell’analisi di bilancio si veda Montrone (2005), Il sistema delle analisi di bilancio per la valutazione dell’impresa, Milano: Franco Angeli. 4 Per un approfondimento sul tema cfr. Maddala (1983), Limited-Dependent and Qualitative Variables in Econometrics, New York: Cambridge University Press 15 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi di un indice composto in grado di ponderare, sulla base delle valutazioni dell’analista, diversi indicatori di rischio (Altman 1968, pp. 589-609). L’ipotesi sottostante ai modelli multivariati è che la combinazione lineare (o quadratica) di più variabili quantitative permetta di ottenere un’accuratezza maggiore nella classificazione del campione di stima rispetto a quella conseguibile mediante ogni singolo indicatore utilizzato (Barontini 2000, pp. 15-73). Dopo il 1980, le metodologie MDA sono state frequentemente usate come metodi di base per studi comparativi (Altman et al. 1977, pp. 29-54). Molto utilizzato dalla letteratura empirica è lo “Zscore model” teorizzato da Altman nel 1968. L’approccio MDA è stato a lungo il metodo più utilizzato nei modelli di previsione del rischio di default: Altman et al. (1974, pp. 195-211) (Francia), Taffler e Tisshaw (1977, pp. 50-54) (UK), Ooghe e Verbaere (1982, pp. 245-274) (Belgio), Fernandez (1988, pp. 115-125) (Spagna), Swanson e Tybout (1988, pp. 1-25) (Argentina). Per un’analisi più approfondita si rimanda a Zavgren (1983, pp. 1-33), Altman (1984, pp. 1067-1090), Keasey e Watson (1991, pp. 89-102), Altman e Narayanan (1997, pp. 1-57). Tuttavia, diversi sono i limiti di tale approccio. Lo svantaggio principale è certamente legato all’assunzione di normalità della distribuzione dei regressori: in genere, gli indici di bilancio non sono normalmente distribuiti. Metodi alternativi, come i metodi di massima verosimiglianza e in particolare logit e probit, sono più adatti (Martin 1977, pp. 249-276; Demirgüc-Kunt 1989, pp. 2-18; Lennox 1999, pp. 347-364; Trussel e Patrick 2009, pp. 578-616). In generale, poi, i metodi MDA, come tutti i modelli di scoring soggettivi, presentano limiti che derivano dalla discrezionalità nella scelta delle variabili e dei parametri dimensionali (Ohlson 1980, pp. 109-131). Negli anni ’80, allo scopo di superare i limiti del metodo MDA, sono stati teorizzati e applicati empiricamente i c.d. modelli di probabilità condizionata (Zavgren,1983, pp. 1-33) come il Linear Probability Model (LPM), l’analisi logit (LA) e l’analisi probit (PA). Ohlson (1980, pp. 109-131) può essere considerato il pioniere nell’utilizzo dell’analisi logit nei modelli di previsione del rischio di fallimento delle imprese, mentre Zmijewski (1984, pp. 59-86) è stato il pioniere nell’applicazione dell’analisi probit. A differenza dell’analisi discriminante, che stabilisce a priori, sulla base dei valori assunti dagli indici di bilancio individuati, l’appartenenza dell’impresa a una determinata categoria (fallite o non fallite), con le assunzioni dell’analisi logistica si stima la probabilità che l’evento (il fallimento) si verifichi in futuro. Questo è il principale vantaggio rispetto all’analisi discriminante (Ohlson 1980, pp. 109-131). La metodologia econometrica dell’analisi logit, inoltre, evita alcuni problemi associati con la MDA, come le assunzioni sulla distribuzione dei predittori. La maggior parte delle ricerche che sviluppano modelli predittivi del Azienda Pubblica 1.2016 16 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani rischio di default si sono concentrate, dal punto di vista sia teorico che empirico, sul settore privato, nonostante le ripercussioni del default di un ente pubblico siano più rilevanti di quelli di un’azienda privata (GarcíaSánchez et al. 2012, pp. 739-748). Diversi studi hanno infatti analizzato la sopravvivenza e il fallimento delle piccole-medie imprese in varie nazioni (Pompe e Bilderbeek 2005, pp. 847-868; Pierri et al. 2013, pp. 85-106); una estesa rassegna della letteratura è rinvenibile in Altman e Hotchkiss (2006, pp. 1-368). Analizzando la letteratura in tema di previsione del rischio di default degli enti locali si osserva che le variabili esplicative dei modelli econometrici utilizzate sono costituite anche in questo caso da indicatori finanziari costruiti a partire da dati di bilancio. Secondo Lewis (1994, pp. 3-9) e Carmeli (2003, pp. 1423-1430) l’assunto è che i dati di bilancio riescano a catturare e sintetizzare bene la capacità dell’ente di gestire le proprie risorse. È pacifico, inoltre, che un solo indicatore non sia sufficiente a valutare la situazione finanziaria dei governi locali. Più indicatori che simultaneamente registrano trend negativi (ad esempio riduzione della popolazione, incidenza delle spese sulle entrate, decremento delle entrate fiscali, saldo di parte corrente negativo, incidenza dei debiti ecc.) per più di un anno possono invece segnalare tensioni finanziarie propedeutiche al default (Kloha et al. 2005, pp.236-255). Brown (1993, pp. 21-27; 1996, pp. 30-34) individua 10 indici ugualmente ponderati che forniscono un quadro completo della situazione finanziaria dell’ente. L’autore include in questo set: le entrate pro-capite, l’incidenza delle entrate proprie; l’incidenza delle entrate da altre fonti; l’incidenza delle spese di funzionamento; il rapporto fra entrate e spese totali, l’incidenza del saldo fra entrate e spese sul totale delle entrate, l’incidenza del fondo cassa e della spesa per investimenti sul totale delle passività, l’incidenza delle passività sul totale delle entrate, l’indebitamento a lungo termine pro-capite, l’incidenza del costo dell’indebitamento sul totale delle entrate. Jung (2008, pp.89-116) utilizza le entrate pro-capite, l’incidenza delle spese correnti, dell’indebitamento dei residui passivi correnti e l’equilibrio totale come indici per valutare la situazione finanziaria dei governi locali, mentre Trussel e Patrick (2009, pp. 578-616) utilizzano, fra gli altri, indicatori che pesano il livello dei debiti e la solvibilità a breve termine. Groves et al. (1981, pp. 5-19), individuano, in particolare quattro dimensioni per analizzare compiutamente le condizioni finanziarie dell’ente: cash solvency, budgetary solvency, long-run solvency e service level solvency. La cash solvency misura la capacità dell’ente di generare sufficiente liquidità per pagare i debiti a breve termine. La budgetary solvency misura l’equilibrio complessivo di bilancio, cioè la capacità di generare entrate sufficienti a coprire le spese senza creare deficit di bilancio. La long-run solvency misura la capacità dell’ente di rimborsare i debiti nel medio-lungo periodo. La service level solvency sintetizza l’attitudine a fornire il livello e la qualità dei servi17 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi zi necessari per il benessere della comunità. Short run solvency (misurata da indici di liquidità) e budgetary solvency (misurata da indici di autonomia finanziaria, da indici patrimoniali e da indici di solvibilità) sono invece le dimensioni indagate anche da Zafra Gomez et al. (2009, 175-182). Hendrick (2004, pp. 78-114.), infine, enfatizza il ruolo delle condizioni finanziarie di breve termine nel monitoraggio della salute finanziaria dell’ente, in particolare la capacità di generare cash flow in misura sufficiente a coprire le spese correnti. Per un approfondimento sugli indicatori utilizzati in letteratura negli studi aventi ad oggetto l’analisi finanziaria degli enti locali si rinvia alla Tabella 1. Per quanto concerne l’Italia, esiste un’ampia letteratura in tema di indici di bilancio per le analisi finanziarie negli enti locali (Mazzoleni 1989, pp. 253-300; Farneti, Mazzara e Savioli 1996, pp. 1-424; Ziriuolo 2000, pp. 1-352; Farneti e Padovani 2003, pp. 1-212; Mulazzani 2006, pp. 129-181; Puntillo 2007, pp. 1-177). Si tratta di contributi che individuano gli indici in grado di catturare la situazione finanziaria dell’ente, ma solo nel momento in cui la dinamica finanziaria si è già manifestata e ha prodotto i suoi effetti. Gli studi che sviluppano modelli predittivi del rischio di default dei governi locali sono stati svolti prevalentemente negli USA, in Australia (Cohen et al. 2012, pp. 270-279) e, per quanto riguarda l’Europa, in Grecia e Spagna. In Italia, Capalbo e Grossi (2014, pp. 107-114) hanno testato l’influenza di variabili socio economiche misurate a livello regionale sulle dichiarazioni di default degli enti locali, rilevando una limitata importanza di tali fattori e osservando come il default degli enti locali, molto analizzato negli USA, meriti di essere approfondito anche in Italia. Al meglio della nostra conoscenza non esistono ad oggi, in letteratura, studi empirici che testano la validità di modelli econometrici finalizzati a individuare indici finanziari predittori dello stato di default con riferimento ai governi locali in Italia. È proprio questo gap che intende colmare il presente lavoro di ricerca. 3. Definizione delle ipotesi di ricerca Lo studio della salute finanziaria dei governi locali è un argomento di discussione importante e attuale. Fondamentalmente concerne la capacità dei governi locali di rispettare una condizione di funzionalità dei servizi forniti alla comunità (Hendrick 2004, pp. 78-114; Ladd e Yinger 1989, pp. 1-341; Mead 2001, pp. 59-76). L’analisi delle condizioni finanziarie locali prospettiche è pertanto rilevante per gli Stati. Come visto, le conoscenze consolidate in tema di indicatori predittivi del rischio di default dei governi locali si sono sviluppate prevalentemente nel contesto americano (Krueathep 2010, pp. 223-239; Capalbo e Grossi 2014, pp. 107-114). In Italia, invece, la letteratura empirica in tale area è ancora in una fase embrionale. Il presente contributo si inserisce in questo filone di ricerca empirica. Allo scopo di individuare quali, fra gli indicatori proposti dalla dottriAzienda Pubblica 1.2016 18 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani na, hanno una maggiore capacità predittiva, questo studio utilizza un modello statistico. Una modellizzazione statistica è considerata tecnicamente preferibile a un approccio euristico (come ad esempio un’analisi di bilancio), perché permette di testare una ipotesi formale e l’impatto di una serie di variabili covariate in un ambiente multivariato (Jones e Walker 2007, pp. 396-418). Non esiste una teoria generalmente accettata alla base della selezione degli indici. Esiste, tuttavia, una letteratura consolidata in merito (Carmeli 2003, pp. 1423-1430). Fra gli indicatori finanziari (misurati a consuntivo, perciò su valori certificati, sulla base dei valori accertati e impegnati, a eccezione degli indicatori basati sulle riscossioni/pagamenti oppure sui residui) che la letteratura ha individuato come segnaletici della situazione finanziaria dell’ente sono considerati utili per questa analisi i seguenti: A)Entrate pro capite (EPC); Incidenza entrate proprie su entrate totali (IEPT); Incidenza spese correnti su spese totali (ISC); Cash Solvency (CS); Budget Solvency (BS); Long–run Solvency (LRS); Service level (SL); Equilibrio corrente (EC); Autonomia finanziaria 1 (AF1); Autonomia finanziaria 2 (AF2); Short-term solvency (STS); Revenue growth (RG); Entità delle entrate (LET); B) Incidenza spese correnti (ISC); Equilibrio totale (ET); Incidenza Indebitamento (II); Debiti a m/l pro capite (DMLC); Incidenza residui passivi correnti (IRPC); Debt level (DL). In questo studio ipotizziamo, pertanto, che la probabilità di default sia funzione dei fattori di rischio sopra evidenziati. Per gli indicatori del gruppo A si ipotizza una correlazione negativa con il rischio di default, per cui se il loro valore aumenta, diminuisce il rischio di default; per gli indicatori del gruppo B si ipotizza invece una correlazione positiva con il rischio di default, per cui se il loro valore aumenta, aumenta anche il rischio di default. Le formule, la correlazione con il rischio di default e la letteratura per ciascun indicatore sono riportati in Tabella 1. Tabella 1. Fattori di rischio finanziario e relazione attesa con la probabilità di default Letteratura Indicatore Acronimo Indicatore Formula Relazione attesa con la probabilità di default Brown 1993; Jung 2008; Entrate pro capite Cohen et al. 2012; Groves et al. 1981; Murray e Dollery 2005; Kloha et al. 2005; Copeland et al. 1982 EPC Totale entrate / popolazione - Brown 1993; Copeland et al. 1982; Ritonga et al. 2012 IEPT Totali entrate proprie / totale entrate - Incidenza entrate proprie totali (segue) 19 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Letteratura Indicatore Acronimo Indicatore Formula Relazione attesa con la probabilità di default Jung 2008; Brown 1993 Incidenza spese correnti ISC Spese correnti / totale spese + Jung 2008; Brown 1993; Copeland et al. 1982; Wang et al. 2007 Equilibrio totale ET Spese totali* / entrate totali* + Jung 2008; Murray e Dollery 2005; Trussel e Patrick 2009; Puntillo e Tenuta, 2010 Incidenza Indebitamento II Totale debiti / totale entrate + Jung 2008; Copeland e Ingram 1982 Debiti a m/l pro capite DMLC Debiti a m/l / popolazione + Jung 2008; Groves et al. 1981 Incidenza residui passivi correnti IRPC Residui passivi correnti / totale residui + Groves et al. 1981; Wang et al. 2007; Puntillo e Tenuta, 2010 Cash Solvency CS Riscossioni entrate correnti/spese correnti - Wang et al. 2007 Budget Solvency1 BS Entrate totali / spese totali - Wang et al. 2007 Long-run Solvency LRS Spese per rimborso mutui e prestiti/ popolazione - Wang et al. 2007 Service level SL Pressione finanziaria2 per abitante - Zafra Gomez 2009; Garcia Equilibrio corrente Sanchez et al. 2012 ; Klola 2005; Farneti et al. EC Entrate correnti/ spese correnti - Zafra Gomez 2009; Garcia Autonomia finanziaSanchez et al. 2012 ria 1 AF1 Entrate proprie / entrate correnti - Zafra Gomez 2009; Trussel e Patrick 2009 Autonomia finanziaria 2 AF2 Entrate tributarie / entrate totali - Ritonga et al. 2012 Short-term solvency STS Pagamenti in c/ competenza correnti/ spese correnti - Trussel e Patrick 2009 Revenue Growth RG (Entrate totali t – Entrate totali t-1) / Entrate totali t-1 - Trussel e Patrick 2009 Debt level DL Ln Debiti + Trussel e Patrick 2009 Entità delle entrate LET Ln Entrate totali - * Comprensivo del ricorso all’indebitamento e del rimborso prestiti 1. L’indicatore BS viene calcolato con la formula inversa rispetto all’indicatore ET; l’utilità dei due valori è connessa alla differente prospettiva di analisi che permettono di cogliere: nel primo caso come segnaletico di un equilibrio di bilancio, nel secondo del grado di copertura finanziaria . 2. La pressione finanziaria è calcolata come rapporto fra la somma delle entrate tributarie e delle entrate ex-tratributarie e la popolazione. Azienda Pubblica 1.2016 20 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Il nostro obiettivo è individuare un insieme di variabili che possa essere utilizzato per prevedere il default; dunque, vogliamo massimizzare il potere predittivo, riducendo al minimo il numero di variabili. È stata effettuata un’analisi logistica univariata allo scopo di individuare, fra gli indicatori descritti in Tabella 1, quali abbiano, in base al test di Wald, una probabilità maggiore del X2 inferiore a 0.25. Le variabili che hanno una probabilità del chi quadro superiore a 0.25 e che pertanto in questa prima fase sono escluse sono: le variabili BS, SL, EC e DL . Vengono invece prese in considerazione tutte le altre. Al fine di individuare le variabili maggiormente predittive dell’evento dissesto si applica una selezione automatica al modello logistico condizionato in base al metodo stepwise (Tabella 2) e backward (Tabella 3). Tabella 2. Stima dei parametri del modello selezionato dal metodo stepwise Parametro DF Stima Standard Error Wald X2 Pr > X2 Incidenza Indebitamento 1 10.3513 3.0618 11.4299 0.0007 Cash Solvency 1 -10.2129 4.3263 5.5729 0.0182 AIC=35.761; –2LOGL=31.761 Tabella 3. Stima dei parametri del modello selezionato dal metodo backward Parametro DF Stima Standard Error Wald X2 Pr > X2 Incidenza entrate proprie totali 1 -7.4262 3.6157 4.2185 0.0400 Cash Solvency 1 -10.0503 3.6528 7.5700 0.0059 AIC= 43.7821; –2LOGL= 39.782 L’analisi ha evidenziato come variabili più significative, da un lato, CS (Cash Solvency) e II (Incidenza Indebitamento), dall’altro, di nuovo CS e IEPT (Incidenza entrate proprie totali). Le ipotesi di ricerca che si intendono quindi testare sono le seguenti: •H1: all’aumentare del Cash Solvency diminuisce la probabilità di default; • H2: all’aumentare dell’Incidenza delle entrate proprie totali diminuisce la probabilità di default; • H3: all’aumentare dell’Incidenza dell’indebitamento aumenta la probabilità di default. 4. Metodologia e campione La presente ricerca si propone di studiare la capacità predittiva della probabilità di dissesto finanziario degli enti locali degli indici di bilancio sopra individuati, attraverso un modello di regressione con variabile dipendente binaria: la Y assume valore 1 se l’ente è dissestato, oppure 0 se l’ente non ha mai dichiarato dissesto. L’inversione di tendenza dei dissesti avvenuta a partire dal 2008, 21 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani come sopra descritto, ha suggerito di verificare, partendo da dati di bilancio opportunamente sintetizzati negli indicatori suggeriti dalla letteratura e testati empiricamente per questo studio, quanti comuni sani (cioè non in stato di dissesto dichiarato) si erano venuti a trovare in situazione di dissesto. Sono stati quindi presi in considerazione i dati di bilancio dei comuni del 2007, verificando al 2012 quali di questi avessero dichiarato dissesto negli ultimi due anni (13 nel 2011 e 15 nel 2012). La fonte dei dati è rappresentata dal data base AIDA PA per i dati di bilancio e da documenti ufficiali della Direzione Centrale della Finanza Locale del Ministero degli Interni per le dichiarazioni di dissesto. Non potendo procedere a un’estrazione di tutti i dati di bilancio per tutti i comuni italiani e sapendo a priori che il nostro sarebbe stato un campione non bilanciato, con un numero di eventi sfavorevoli (dissesto) molto basso rispetto a quelli favorevoli, si è deciso di effettuare un campionamento casuale stratificato: per ciascun comune dissestato si è effettuata un’estrazione di 5 comuni sani sulla base della classe di popolazione di appartenenza. Il campione oggetto di studio è così composto da 168 comuni, di cui 28 dichiarati dissestati fra il 2011 e il 2012 e 140 sani (Tabella 4). Il controllo al 2012 è motivato dall’entrata in vigore della normativa (D.lgs. 149/2011) che attribuisce alla Corte dei conti il potere di far dichiarare il dissesto sulla base della situazione finanziaria dell’ente. Tabella 4. Tabella di frequenza del campione in base alla variabile dissesto e alla classe di popolazione Classe di popolazione Dissesto 0 1 Totale 1 (da 1 a 499 abitanti) 15 3 18 2 (da 500 a 999 abitanti) 20 4 24 3 (da 1000 a 1999 abitanti) 30 6 36 75 15 90 140 28 168 4 (da 2000 a 2999) Totale La fase successiva, inerente la scelta del metodo di previsione, è particolarmente delicata. La domanda su quale metodologia produca i risultati migliori è stata sollevata in molti saggi; diversi sono gli studi empirici che confrontano i risultati e/o l’affidabilità dei modelli di previsione del fallimento secondo diverse tecniche. Tuttavia, nessuno studio confronta sistematicamente tutti i possibili metodi e arriva a identificare quale sia il migliore (Balcaen e Ooghe 2002, pp. 1-33). Lo strumento più adatto è correlato alla struttura e alla disponibilità dei dati, alle caratteristiche utilizzate, all’obiettivo della ricerca. Da un punto di vista empirico, l’analisi discriminante lineare e la regressione logistica sono le tecniche più utilizzate (Zavgren 1983, pp.1-33; Van Wymeersch & Wolf 1996, pp. 1-32; Atiya Azienda Pubblica 1.2016 22 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani 2001, pp. 929-935). Questo studio utilizza la logit analysis in quanto si tratta di una metodologia che non richiede il rispetto dell’ipotesi di normalità della distribuzione delle variabili considerate: se le variabili indipendenti non soddisfano tale condizione, come nel caso di molti indici di bilancio, la logit analysis determina stime consistenti (Maddala 1983, pp. 257-291; 1992, pp. 327-335). Un problema frequente nell’analisi del credit scoring è la presenza di una variabile risposta Y molto sbilanciata a favore delle unità buone. L’impiego di un modello logistico con dati non bilanciati porterebbe a un’alta percentuale di errori di classificazione a sfavore delle unità rare. In questi casi si può utilizzare o un campione bilanciato (Stanghellini 2009, pp. 45-85) o un’estensione del modello logistico tradizionale: il modello logistico condizionato per studi caso-controllo (Hosmer e Lemeshow 2013, pp. 203-248). Il modello logistico condizionato per studi caso-controllo è una metodologia largamente utilizzata nelle scienze epidemiologiche e implementata in altre discipline per lo studio di fenomeni che si verificano con bassa frequenza nella popolazione. Il metodo implica in primo luogo la costruzione di un sotto campione che, rispetto a quello originario, risulta essere bilanciato. Inoltre, la selezione delle unità che entrano a fare parte del campione viene effettuata sulla base dell’appartenenza a classi omogenee, o strati, e ciò tende ad accrescere la capacità predittiva del modello. Le difficoltà computazionali derivanti dall’utilizzo di tale modello, che ne limitavano l’impiego, sono oggi superate, grazie alla implementazione di appositi algoritmi in software statistici di largo uso come SAS, STATA, R. Il modello logistico condizionato per studi caso-controllo associa a ogni unità statistica una variabile casuale binaria Y, che misura l’evento (in questo studio, il dissesto). All’interno di ciascuno strato si individuano i soggetti che rappresenteranno i casi (Y = 1), ovvero gli enti in default, e i controlli (Y = 0), cioè gli enti che non hanno mai dichiarato il dissesto finanziario. In genere si sceglie un numero fisso di controlli che va da 1 a 5, anche se il numero dei controlli può variare all’interno di ciascuno strato. Si indichi con x’=(x1, x2, …, xp) il vettore di p variabili esplicative, si definisca con K il numero di strati, con n1k i casi e con n0k i controlli nello strato k, per k=1,2,...,K. Il modello logistico specifico per ciascuno strato sarà dato da: dove αk rappresenta il contributo di tutti i termini costanti (ovvero le variabili utilizzate per la stratificazione) all’interno del k-esimo strato e β il 23 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi vettore dei p coefficienti, β’=(β1 , β2 , ... , βp). Si verifica agevolmente che il modello impone un effetto lineare delle variabili sul logaritmo dell’odds5 che un ente sia in default. L’interesse conoscitivo risiede nei coefficienti βj che esprimono l’effetto della covariata xj sulla probabilità di default. I parametri αk specifici dello strato sono considerati termini di disturbo privi di interesse conoscitivo ed esclusi dall’insieme dei parametri sui quali si vuole fare inferenza; a questo scopo si utilizzano metodi di inferenza condizionata, che permettono di giungere a stime dei coefficienti di inclinazione βj che sono consistenti e distribuiti in modo asintoticamente normale. I dettagli matematici si trovano in Cox e Hinkley (1974, pp. 276-312), mentre quelli applicativi sono in Hosmer e Lemeshow (2013, pp. 225-231). La verosimiglianza condizionata per il k-esimo strato è ottenuta come la probabilità del verificarsi della configurazione di casi e controlli dello strato, condizionata al numero n1k e n0k di casi e controlli. A titolo esemplificativo si ponga n1k =1 ed n0k=3, si denotino i valori delle covariate nello strato k con xk1 per il caso e con xk2, xk3, xk4 per i controlli. Il contributo alla verosimiglianza dello strato k sarà dato dunque dalla seguente espressione: Dati i valori dei coefficienti, la sopra indicata formula fornisce la probabilità che, condizionatamente a tutte le possibili assegnazioni di 1 caso e 3 controlli all’interno dello strato, il soggetto con i dati osservati xk1 sia il caso rispetto ai tre controlli con covariate xk2 , xk3 , xk4. Si noti che, se le covariate sono identiche per tutti e quattro i soggetti, allora lo strato risulta essere non informativo per la stima dei coefficienti, visto che lk(β)=0.25 per ogni valore di β. Per una singola covariata ci deve essere dunque almeno un controllo che abbia un valore diverso dal caso, altrimenti lo strato non risulterà informativo per quel coefficiente. Maggiori dettagli in Hosmer e Lemeshow (2013, pp. 225-231). Come già anticipato, per tenere conto della bassa frequenza del fenomeno indagato (enti locali in dissesto finanziario) rispetto alla popolazione (totale degli enti locali), si è scelto di utilizzare come metodologia statistica il modello logistico condizionato per studi caso-controllo, dove il caso è rappresentato dagli enti in default e il controllo da un numero di enti sani appartenenti al medesimo strato, in questo caso la classe di popolazione così come definita dall’Istat. La scelta della classe di popolazione come criterio di stratificazione è stata dettata da un’analisi pre5 Si definisce odds di un evento A il rapporto fra la probabilità che A si verifichi (P(A)) e la probabilità che A non si verifichi (1-(P(A)). Azienda Pubblica 1.2016 24 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani liminare dei dati, che aveva accertato, in base alla suddetta variabile, l’esistenza di una differenza significativa fra comuni dissestati e non (c2 di Pearson p=0.0027). In base al valore dell’AIC (35.76), il miglior modello è quello stimato dalla stepwise; si noti che in entrambi i modelli risulta significativa la variabile CS. Come passo successivo, accertata l’assenza di correlazione fra CS ed II, si verifica il presupposto del modello logistico e cioè se queste variabili continue abbiano un effetto lineare sull’odds che un comune sia dissestato. Non potendo accettare l’ipotesi di linearità per nessuna delle due variabili, si procede all’analisi delle rispettive distribuzioni, alla stima di modelli con diverse trasformazioni e, infine, alla seguente categorizzazione delle variabili: II (denominata IIM) ripartita in due classi (0, 1) in base al valore della mediana (0.08); CS (denominata CSM) ripartita in 3 classi, ossia 0 (valori omessi), 1 (valori inferiori alla mediana 1.056921), 2 (valori superiori o uguali alla mediana). La stima del modello è riportata in Tabella 5. Lo stesso procedimento viene seguito per il modello backward e, non risultando la linearità della variabile IEPT, anche questa, dopo aver provato successive trasformazioni, viene ripartita in due classi (0 1) in base al valore della mediana (0.4358); tale variabile è denominata IEPTM. Il valore dell’AIC conferma il modello in Tabella 5 come migliore rispetto a quello in Tabella 6. Considerando che i due modelli differiscono per una sola variabile e che successivamente al processo di selezione si è proceduto a trasformare le variabili prendendo in considerazione per CS anche gli 11 valori omessi, includendoli nella classe 0, si verifica la validità di un modello con le tre variabili trasformate. Tabella 5. Stima dei parametri del modello con CS ed II trasformate in categoriche Parametri DF Stima Standard Error Odds ratio estimate 95% Wald Confidence Limits Test di Wald Pr > ChiSq CSM 1 vs 0 1 1 -3.8618 0.8307 0.021 0.004 0.107 21.6132 <.0001 CSM 2 vs 0 2 1 -6.0522 1.2541 0.002 <0.001 0.027 23.2917 <.0001 IIM 1 vs 0 1 1 2.2821 0.8296 9.798 1.927 49 7.5668 0.0059 AIC= 80.592 -2logL= 74.592 Tabella 6. Stima dei parametri del modello con CS ed IEPT trasformate in categoriche Parametri DF Stima Standard Error Odds ratio estimate 95% Wald Confidence Limits Test di Wald Pr > ChiSq CSM 1 vs 0 1 1 -1.8551 0.5790 0.156 0.050 0.487 10.2667 0.0014 CSM 2 vs 0 2 1 -3.8679 1.1093 0.021 0.002 0.184 12.1586 0.0005 IEPTM 1 vs 0 1 1 -2.5193 1.0935 0.081 0.009 0.687 5.3080 0.0212 AIC= 81.895 -2logL= 75.895 25 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Tabella 7. Stima dei parametri nel modello che include CSM, IEPTM e IIM Parametri DF CSM 1 vs 0 1 1 -3.0443 0.8694 0.048 0.009 0.262 12.2605 0.0005 CSM 2 vs 0 2 1 -4.8875 1.2861 0.008 <0.001 0.094 14.4416 0.0001 IEPTM 1 vs 0 1 1 -2.1688 1.1175 0.114 0.013 1.022 3.7670 0.0523 IIM 1 vs 0 1 1.9677 0.8457 7.154 1.364 37.532 5.4143 0.0200 1 Stima Standard Error Odds ratio estimate 95% Wald Confidence Limits Test di Wald Pr > ChiSq AIC= 77.182 -2LOGL= 69.182 Quest’ultimo modello (Tabella 7), pur avendo un numero di parametri maggiore rispetto ai due precedenti, risulta avere un AIC più basso di quello senza l’indicatore IEPTM; si nota, inoltre, che anche la LogLikelihood è più bassa e che l’andamento delle variabili rispecchia quello del modello più parsimonioso, (ossia con un minor numero di variabili esplicative covariate) che, pertanto, viene scelto per maggiore completezza. In particolare, dai risultati si evince che la probabilità di dissesto aumenta al crescere dell’incidenza dell’indebitamento, mentre diminuisce all’aumentare del Cash solvency e delle entrate proprie totali. Come passo successivo, si verifica la significatività di alcuni confounders, variabili che possono essere utilizzate per aggiustare gli effetti di altre (Hosmer e Lemeshow 2013, pp. 225-231), inserendoli uno alla volta. In particolare, si considera la variabile ANNO, codificata in 1 o 0 a seconda che il dissesto sia avvenuto nel 2011 o 2012, per tenere in considerazione le modifiche normative6; si considerano, inoltre, altre variabili descrittive dei singoli comuni, così come fornite dall’ISTAT, come la zona altimetrica, il comune litoraneo, il comune montano, la classe di altitudine e la classe di superficie. Di queste, le prime 5 non risultano significative né da sole né nelle intersezioni. Per la classe di superficie viene invece evidenziata una dipendenza lineare con gli altri parametri, probabilmente perché correlata alla classe di popolazione utilizzata per la definizione degli strati. Non esistendo confounders, il modello riportato in Tabella 7 viene scelto come predittivo del fenomeno dissesto e si farà riferimento ad esso come Modello 1. A parità di ogni altra condizione, tale modello ci suggerisce che un comune con un CS sopra il valore della mediana ha una più bassa probabilità di dissesto di un comune che ha un valore al di sotto della mediana o un valore nullo (cioè il valore è omesso). Analogamente, ha una più bassa probabilità di default un comune con IEPT al di so6 Ci si riferisce in particolare all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 149 del 2011 che ha attribuito alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti il potere, accertati comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell’ente locale, di trasmettere i relativi atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell’ente. Azienda Pubblica 1.2016 26 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani pra della mediana. Ha invece una più alta probabilità di dissesto chi ha un II al di sopra del valore della mediana (odds ratio 7.154). Le tre ipotesi di ricerca sono pertanto tutte confermate. Prendendo in considerazione le probabilità predette di dissesto (calcolate automaticamente dal software SAS per il modello in Tabella 7), si effettua un cut-off alla probabilità predetta di dissesto pari a 0.65 e si costruisce una variabile (P65) che varrà 0 se la probabilità stimata è inferiore a 0.65, 1 altrimenti. Si costruisce poi una tabella incrociando con P65 la variabile che indica il dissesto effettivamente avvenuto (Tabella 8). La percentuale di successo nella classificazione è pari a 89.88; l’errore di I tipo (classifico come dissestato un comune che non lo è) è pari 4.29; quello di II tipo (classifico come non dissestato chi lo è) 39.28. Abbiamo un errore di I tipo più basso di quello di II tipo. Tabella 8. Tabella dei dissesti verso il cut-off per il Modello 1 DISSESTO P65 0 1 Totale 0 134 6 140 1 11 17 28 Totale 145 23 168 Infine, si è voluto affiancare al modello caso controllo il modello logistico semplice (Modello 2), considerando il nostro come un campione bilanciato con una probabilità di inclusione dei comuni sani inferiore a quella dei dissestati7. In questo caso, tale valore il valore dell’intercetta è negativo il che produce un’over stima della probabilità di default. Pertanto con il modello per dati bilanciati avremo una sovrastima della probabilità di default (Stanghellini 2009, pp. 45-85). Come si può vedere in Tabella 9, le stime sono concordi nel segno e nella magnitudine a quelle ottenute con il modello logistico condizionato (Modello 1); la curva ROC (Figura 3) mostra una buona predittività del modello con un’area sotto la curva pari a 0.9224. Come per il Modello 1, si ricerca la significatività delle variabili definite come confounders, includendo in questo caso anche la classe di popolazione utilizzata precedentemente come strato, ma non si riscontrano risultati accettabili da un punto di vista statistico. Con le stesse modalità utilizzate per la Tabella 8, si costruisce la Tabella 10, la quale mostra una percentuale dei successi nella classificazione pari a 89.28, un errore del I e del II tipo pari rispettivamente a 4.76 e 35.71. Anche in questo caso, si riscontra dunque un errore di I tipo più basso di quello di II tipo, con valori molto simili a quelli del Modello 1. 7 Il modello bilanciato ha gli stessi coefficienti del modello caso controllo ma un’intercetta alla quale é necessario apportare una correzione che tiene conto del rapporto di probabilità di inclusione nel modello da parte delle due popolazioni (sani e dissestati). Il rapporto di tali probabilità è negativo. Il modello bilanciato pertanto sovrastima la probabilità di default. 27 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi Tabella 9. Stima dei parametri per il Modello 2 Parametri DF Stima Standard Error Wald Chi-Square Pr > ChiSq Intercetta 1 0.8109 0.4249 3.6421 0.0563 CSM 1 vs 0 1 1 -3.3145 0.8782 14.2440 0.0002 CSM 2 vs 0 2 1 -5.0859 1.2990 15.3297 <.0001 IEPTM 1 vs 0 1 1 -2.0604 1.1071 3.4639 0.0627 IIM 1 vs 0 1 1 2.0008 0.8502 5.5386 0.0186 AIC= 77.182 -2LOGL= 69.182 Figura 3. Curva ROC per il Modello 2 Tabella 10. Tabella dei dissesti verso il cut-off per il Modello 2 DISSESTO P65 0 1 Totale 140 0 132 8 1 10 18 28 Totale 142 26 168 5. Discussione dei risultati Questo studio ha utilizzato una regressione logistica condizionata per studi caso-controllo per determinare la misura in cui alcuni indicatori proposti in modelli precedenti sono in grado di prevenire il rischio di default di un ente locale. I risultati prodotti dalla regressione logistica soddisfano le ipotesi di Azienda Pubblica 1.2016 28 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani ricerca. Specificamente, i predittori con i coefficienti più significativi sono: il cash solvency (CS), l’incidenza delle entrate proprie sulle entrate totali (IEPT), e l’indice di indebitamento (II). Il CS misura la capacità di riscossione delle entrate correnti rispetto alle spese correnti. L’IEPT è sostanzialmente un indicatore di autonomia finanziaria in quanto misura il peso delle entrate proprie sulle entrate totali. L’II misura il peso delle debiti sulle entrate (totali). Dal modello econometrico applicato emerge che un comune con un CS sopra il valore della mediana ha una più bassa probabilità di dissesto di un comune che ha un valore al di sotto della mediana o un valore nullo. Questo risultato indica che la capacità di riscossione delle entrate correnti è un elemento determinante della valutazione della qualità creditizia degli enti locali (Mussari 2002, pp. 27-77). Un sistema di riscossione poco efficace genera residui attivi. Se non si trasformano in entrate di cassa in tempi ragionevoli, i residui attivi generano residui passivi per la mancanza di liquidità (Puntillo e Tenuta 2010, p. 189). La gestione del servizio di riscossione delle entrate proprie (e l’eliminazione dell’evasione contributiva) diventa fondamentale per prevenire tensioni finanziarie. Considerando che il legislatore ha riconosciuto la potestà regolamentare agli enti locali in tema di gestione delle entrate proprie, questo fattore di rischio può essere considerato sotto il controllo degli enti. Il risultato indica perciò che bisogna ridurre l’aleatorietà fra accertamenti e riscossioni. Ancora, ha una più bassa probabilità di default un comune con IEPT al di sopra della mediana. Ha invece una più alta probabilità di dissesto chi registra un II al di sopra della mediana. È evidente che la massimizzazione delle entrate proprie consentirebbe di aumentare l’IEPT. Tra le entrate proprie effettivamente controllabili dall’Ente rientrano sicuramente le entrate extra-tributarie, che sono principalmente formate da proventi dei servizi pubblici erogati, oltre che da proventi derivanti dai beni di proprietà dell’Ente e da utili delle aziende partecipate. L’indice di indebitamento (all’aumentare del quale aumenta il rischio di default) consente di verificare il complessivo profilo di rischio in relazione al grado di dipendenza dalle fonti di finanziamento esterne. A parità di altre condizioni, un elevato livello di indebitamento rispetto alle entrate correnti implica un maggior livello di rischio per la maggiore rigidità che imprime al bilancio dell’ente e per le maggiori probabilità di dover ricorrere a un rinnovo del prestito. A tal proposito si osserva che la sensibilità degli oneri passivi calcolati sul debito pregresso è funzione dell’ammontare dei mutui contratti a tasso variabile e della tipologia del piano di ammortamento scelto, in particolare è funzione della combinazione tra peso dei mutui indicizzati e volatilità dei tassi. Per tenere sotto controllo tale margine di rischio occorre che le posizioni debitorie siano adeguatamente scelte e graduate fin dalla loro origine, in modo da avere una composizione, in termini percentuali, “ottimale” tra le differenti passività. La diversificazione del passivo può essere realizzata in vari modi, 29 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi rispetto all’Istituto finanziatore, alla scadenza, alla tipologia di prodotto. Tutti perseguono uno stesso obiettivo, non far dipendere le poste passive da un solo parametro (Puntillo e Tenuta 2010, p. 202). I risultati prodotti dall’evidenza empirica sono concordi con i rilievi della Corte dei conti, secondo cui le cause principali e ricorrenti che portano al dissesto dell’ente sono da ricercare nelle seguenti situazioni: squilibri nella gestione dei residui, mantenimento in bilancio di residui attivi sopravvalutati, inesigibili o di difficile e dubbia esigibilità; crisi irreversibile di liquidità con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria di notevole entità, che diventano veri e propri finanziamenti; gravi difficoltà o incapacità nella riscossione delle entrate proprie; ingenti debiti fuori bilancio per i quali l’ente non ha adeguate risorse per ottemperare agli obblighi intrapresi; mancanza di equilibrio di bilancio (Audizione sul DDL Disposizioni urgenti in materia di finanza locale Camera dei Deputati 21 marzo 2014, pp. 1-24). Le analisi della Corte dei conti richiamano poi gli organi politici all’esercizio di una corretta amministrazione e a porre in essere tutti gli adempimenti necessari ed indispensabili per scongiurare situazioni più gravi. I risultati ottenuti trovano conferma negli studi di Groves et al., (1981, pp. 5-19) per quanto concerne l’incidenza delle entrate proprie; di Hendrick (2004, pp. 78-114) e di Trussel e Patrick (2009, pp. 578-616) per quanto concerne il Cash Solvency. Per quanto concerne l’indice di indebitamento, anche Trussel e Patrick (2009 pp. 578-616) rilevano che i governi locali con elevato indice di indebitamento sono più esposti al rischio di insolvenza a causa della rigidità della relativa spesa. A differenza di quest’ultimi autori, invece, non è risultato significativo il tasso di crescita delle entrate totali. Appare interessante notare che, a differenza degli studi in Spagna, in cui le ridotte dimensioni dell’ente sono segnaletiche di un minor rischio finanziario (Cabaleiro et al. 2012 pp. 729-751), in Italia la classe di popolazione, unitamente alla posizione del comune (se in zona altimetrica, litoranea o montana) non producono risultati significativi da un punto di vista statistico. Probabilmente, tale risultato è il frutto dell’omogenea applicazione della normativa giuscontabilistica del nostro paese. 6. Implicazioni per la ricerca e per la pratica Questo studio, che individua attraverso un’analisi empirica tre indicatori segnaletici di tensioni di bilancio e predittivi dello stato di default, ha implicazioni sia teoriche sia pratiche. Da un punto di vista teorico, fornisce un quadro concettuale sistematico per valutare le condizioni finanziarie prospettiche dei governi locali. Per quanto riguarda invece le implicazioni pratiche, esse riguardano innanzi tutto la valenza del modello, che è universale perché semplice da applicare e costruito con indicatori di portata generale che non richiedono calcoli complessi. Il modello formalizzato potrebbe, inoltre, essere Azienda Pubblica 1.2016 30 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani utilmente utilizzato dal governo centrale, oltre che dagli stessi governi locali, come sistema di preallarme finanziario (Jung 2008, pp. 89-116). L’attuale sistema di monitoraggio da parte dello Stato in Italia si basa sui c.d. Parametri di deficitarietà che, non includono i fattori di rischio finanziari emersi da questo studio. Tali parametri, inoltre, sono segnaletici di situazioni di tensione e difficoltà finanziarie soltanto dopo che le stesse si sono manifestate. In accordo con Kloha et al. (2005, pp. 236-255), è molto più utile un sistema di alert. In accordo con Ritonga et al. (2012, pp. 37-50) i risultati di studi simili potrebbero essere utilizzati dai governi locali e dalle parti interessate per migliorare i processi di accountability dei policy maker e per aumentare la competitività dei governi locali. Il default degli enti locali può anche diminuire il rating degli enti stessi e mettere in pericolo la reputazione dei governi statali (Honadle 2003, pp. 1431-1472). Il modello proposto può essere inoltre utilizzato per un’analisi di benchmark sul territorio. Infine, anche la magistratura contabile e gli organi di revisione potrebbero utilizzare il modello nello svolgimento della propria attività di supporto e di collaborazione agli enti locali (Zafra-Gomez et al. 2009, pp. 175-182). 7. Conclusioni Lo studio presenta i seguenti limiti: in primo luogo, l’analisi si basa su dati di bilancio e quindi la qualità dell’informazione finanziaria influisce sulla precisione dei risultati. Nell’ambito di questo studio, inoltre, non sono state prese in considerazione variabili sociali e indicatori macroeconomici che avrebbero potuto arricchire l’analisi e i risultati stessi. Di queste variabili si potrebbe tenere conto in futuri sviluppi del presente studio, sebbene in letteratura si riscontrino posizioni differenti sulla loro utilità. Kloha (2005, pp. 236-255), ad esempio, ritiene che, sebbene i fattori socio-economici possano influenzare la situazione finanziaria, tuttavia essi non sono la condizione finanziaria stessa. Inoltre, la letteratura su come i fattori socioeconomici influiscono sulla situazione finanziaria non è ancora consolidata. Pertanto, il loro impiego nei modelli potrebbe essere arbitrario e talvolta errato. Ancora, Hendrick (2004, pp. 78-114.) osserva che sui fattori ambientali, rappresentati dai trend macro economici, politici, sociali e demografici, i governi locali hanno un potere di controllo marginale. Pertanto, è preferibile concentrarsi sui fattori organizzativi, rappresentati dai livelli di entrata e di spesa, che sono invece influenzabili dall’azione dei governi locali. L’apparente oggettività degli indici finanziari quantitativi non cattura le scelte di policy dei governi, in termini soprattutto di equità intergenerazionale e di redistribuzione dei redditi. Pertanto, valori identici degli stessi indicatori potrebbero sottendere scelte di policy differenti che, nel lungo periodo, potrebbero condurre a scenari molto diversi (Murray e Dollery 2007, p. 332-345). 31 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi Ciò nonostante, lo studio fornisce letteratura empirica sui modelli di previsione del rischio di default degli enti locali, contribuendo a colmare un gap in quanto, in Italia, il tema della sostenibilità finanziaria dei governi locali è stato finora analizzato da una prospettiva prevalentemente giuridica (Sargiacomo 1999, 233-257; Capalbo e Grossi 2014, pp. 107-114). Bibliografia Altman E.I. (1968), “Financial Ratios, Discriminant Analysis and the Prediction of Corporate Bankruptcy”, The Journal of Finance, 23, 4, pp. 589-609. Altman E.I. (1984), “A further empirical investigation of the bankruptcy cost question”, The Journal of Finance, 39, pp. 1067-1090. A ltman E.I., H otchkiss E. (2006), Corporate Financial Distress and Bankruptcy: Predict and Avoid Bankruptcy, Analyze and Invest in Distressed Debt, New York: Wiley Finance Series, Hoboken. Altman E.I., Narayanan P. (1997), “An international survey of business failure classification models”, Financial Markets and Institutions, 6(2), pp. 1-57. Altman E.I., Haldeman R., Narayannan P. (1977), “Zeta Analisys. A new model to identify bankruptcy risk of corporations”, Journal of Banking and Finance, 1, pp. 29-54. Altman E.I., Margaine M., Schlosser M., Vernimmen P. (1974), “Statistical credit analysis in the textile industry. A French experience”, Journal of Financial and Quantitative Analysis, 9, pp. 195-211. Atiya A.F. (2001), “Bankruptcy prediction for credit risk using neural networks: a survey and new result”, IEEE Transactions on neural networks, 12(4), pp. 929-935. Balcaen S., Ooghe H. (2004), Alternative methodologies in studies on business failure: do they produce better results than the classical statistical methods?, Working Paper n. 249, Faculteit Economie en Bedrijfskunde, Universiteit Gent, pp. 1-33. Barontini R. (2000), La valutazione del rischio di credito. I modelli di previsione delle insolvenze, Bologna: Il Mulino. Beaver H.W. (1966), “Financial Ratios As Predictors of Failure”, Journal of Accounting Research, 4, pp. 71-111. Beaver H.W., Kennelly J.W., VossSource W.M. (1968), “Predictive Ability as a Criterion for the Evaluation of Accounting Data”, The Accounting Review, 43(4), pp. 675-683. Borgonovi E. (2009), “Il concetto di costo standard: valutazione sui possibili effetti derivanti dalla sua applicazione”, in: Anselmi L. (a cura di), La misurazione delle performance nelle pubbliche amministrazioni, Roma: CNEL. Brown K.W. (1993), “The 10-Point Test of Financial Condition; Toward an Easy-to-Use Assessment Tool for Small Cities”, Government Finance Review, 9(6), pp. 21-27. Brown K.W. (1996), “Trends in Key Ratios Using the GFOA Financial Indicators Databases 1989-1993”, Government Finance Review, 12(6), pp. 30-34. Azienda Pubblica 1.2016 32 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Cabaleiro R., Buch E., Vaamonde A. (2012), “Developing a Method to Assessing the Municipal Financial Health”, The American Review of Public Administration, 43(6), pp. 729-751. Cannata F. (2001), “Rating esterni e dati di bilancio: un’analisi statistica”, Studi e Note di Economia, 3, pp. 37-65. Capalbo E., Grossi G. (2014), “Assessing the influence of socioeconomic drivers on Italian municipal financial destabilization”, Public Money and Management, 34(2), pp. 107-114. Carmeli A. (2003), “Introduction: Fiscal and Financial Crises of Local Governments”, International Journal Of Public Administration, 26(13), pp. 1423-1430. Cohen S., Doumpos M., Neofytou E., Zopounidis C. (2012), “Assessing financial distress where bankruptcy is not an option: An alternative approach for local municipalities”, European Journal of Operational Research, 218, pp. 270-279. Copeland R.H., Ingram R.W. (1982), “The association between municipal accounting information and bond rating changes”, Journal of Accounting Research, 20, pp. 275-289. Corte dei Conti (2012), Relazione Sulla Gestione Finanziaria Degli Enti Locali Esercizi 2011-2012, pp. 498-530. Corte dei Conti (2014), Audizione sul DDL Disposizioni urgenti in materia di finanza locale Camera dei Deputati 21 marzo 2014, disponibile su http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_autonomie/2014/audizione_21_marzo_2014.pdf. Cox D.R., Hinkley D.V. (1974), Theoretical Statistics, London: Chapman and Hall. D’Alessio G. (2006), La disciplina della dirigenza pubblica: profili critici ed ipotesi di revisione del quadro normativo, in LPA, pp. 1-25. Demirgüc-Kunt A. (1989), “Deposit institution failures: A review of the empirical literature”, Economic Review, 25(4), pp. 2-18. Farneti G., Mazzara L., Savioli G. (1996), Il sistema degli indicatori negli enti locali, Torino: Giappichelli Editore. Farneti G., Padovani E. (2003), Il check-up dell’ente locale, Milano: Il Sole 24 Ore. Fernandez A.I. (1988), “A Spanish model for credit risk classification”, Studies in Banking and Finance, 7, pp. 115-125. García-Sánchez I.M., Cuadrado-Ballesteros B., Frías-Aceituno J.V., Mordan V. (2012), “A new predictor of local financial distress”, International Journal of Public Administration, 35(11), pp. 739-748. García-Sánchez I.M., Mordan N., Prado-Lorenzo J.M. (2012), “Effect of the political system on local financial condition: Empirical evidence for Spain’s largest municipalities”, Public Budgeting and Finance, 32, pp. 40-68. Groves S., Godsey W., Shulman M. (1981), “Financial Indicators for local government”, Public Budgeting and Finance, 1(2), pp. 5-19. 33 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi Hazak A., Männasoo K. (2010), “Indicators of Corporate Default – EU Based Empirical Study”, Transformations in Business and Economics, 9(1), pp. 62-76. Hendrick R. (2004), “Assessing and measuring the fiscal health of local government: Focus on Chicago suburban municipalities”, Urban Affairs Review, 40(1), pp. 78-114. Honadle B.W. (2003), “The states’ role in U.S. local government fiscal crises: A theoretical model and results of a national survey”, International Journal of Public Administration, 26(2), pp.1431-1472. Honadle B.W., Costa J.M., Cigler B.A. (2004), Fiscal heath for local governments, San Diego: Elsevier Academic Press. Hosmer D.W., Lemeshow S. (2013), Applied Logistic Regression, New York: John Wiley & Sons. Jones S., Walker R.G. (2007), “Explanators of Local Government Distress”, Abacus, 43(3), pp. 396-418. Jung C. (2008), “Practices of Assessing Financial Conditions and Fiscal Health in Local Governments in the United States”, Government Accounting Research, 6(1), pp. 89-116. Keasey K., Watson R. (1991), “Financial Distress Prediction Models: a review of their Usefulness”, British Journal of Management, 2, pp.89-102. Kloha P., Weissert C. S., Kleine R. (2005), “Someone to watch over me: State monitoring, of local fiscal conditions”, The American Review of Public Administration, 35, pp. 236-255. Krueathep W. (2010), “Measuring Municipal Fiscal Condition: The Application The Application of U.S.-Based Measures to the Context of Thailand”, International Journal of Public Administration, 33, pp. 223-239. Lachenbruch P.A., Goldstein M. (1979), “Discriminant Analysis, Biometrics, 35, pp. 69-85. Ladd H.F., Yinger J. (1989), America’s ailing cities: Fiscal health and the design of urban policy, Baltimore: Johns Hopkins University Press. Lennox C. (1999), “Identifying failing companies: A reevaluation of the logit, probit and DA Approaches”, Journal of Economics and Business, 51, pp. 347-364. Lewis C. (1994), “Municipal Bankruptcy and the States: Authorization to File under Chapter 9”, Urban Affairs Quarterly, 30(1), pp. 3-9. Maddala G.S. (1983), Limited-Dependent and Qualitative Variables in Econometrics, New York: Cambridge University Press, pp. 257-291. Maddala G.S. (1992), Introduction to Econometrics, New York: Maxwell, MacMillan. Martin D. (1977), “Early warning of bank failure”, Journal of Banking and Finance, 1, pp. 249-276. Mazzoleni M. (1989), “L’analisi di bilancio negli enti pubblici territoriali”, Azienda Pubblica, 2, pp. 253-300. Mead D.M. (2001), “Assessing the financial condition of public school district: Some tools of the trade”, In W.J. Fowler Jr. (a cura di), Selected Azienda Pubblica 1.2016 34 Saggi La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani papers in school finance 2000–2001, Washington, D.C.: National Center for Educational Statistics. Montrone A. (2005), Il sistema delle analisi di bilancio per la valutazione dell’impresa, Milano: Franco Angeli. Mulazzani M. (2006), Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, vol. II, Padova: Cedam. Murray D., Dollery B. (2005), “Local government performance monitoring in New South Wales: Are at risk councils really at risk?”, Economic Paper, 24(4), pp. 332–345. Mussari R. (2002), Economia dell’azienda pubblica locale, Padova: Cedam Mussari R. (2003), “La contabilità pubblica locale in Europa: tendenza in atto e difficoltà operative”, Azienditalia, 10(10), pp. 596-600. Ohlson J.A. (1980), “Financial Ratios and the Probabilistic Prediction of Bankruptcy”, Journal of Accounting Research, 18(1), pp. 109-131. Ongaro E., Valotti G. (2008), “Public management reform in Italy: Explaining the implementation gap”, The International Journal of Public Sector Management, 21(2), pp. 150-173. Ooghe H., Balcaen S. (2002), Are Failure Prediction Models Transferable From One Country to Another? An Empirical Study Using Belgian Financial Statements, Working Paper n.132, Gent: Faculteit Economie en Bedrijfskunde, Universiteit Gent. Ooghe H., Verbaere E. (1982), Determinanten van faling: verklaring en predictive, Unpublished paper, Gent: Department of Corporate Finance, Accountancy and Management Information, Gent Universitat, Belgium. Pierri F., Burchi A., Stanghellini E. (2013), “La capacità predittiva degli indicatori di bilancio”, Piccola Impresa, 1, pp. 85-106. Pindado J. Rodrigues L., de la Torre C., (2008), “Estimating financial distress likelihood”, Journal of Business Research, 61, pp. 995-1003. Pompe P. P., Bilderbeek J., (2005), “The prediction of bankruptcy of small- and medium-sized industrial firms”, Journal of Business Venturing, 20(6), pp. 847-868. Puntillo P. (2007), Gli indicatori per l’analisi della dinamica finanziaria degli enti locali, Milano: Franco Angeli. Puntillo P., Tenuta P. (2010), “Le determinanti del financial risk assessment negli enti locali”, Azienda Pubblica, 2, pp. 181-204. Ritonga I., Clark C., Wickremasinghe G. (2012), “Assessing Financial Condition of Local Government in Indonesia: An Exploration”, Public and Municipal Finance, 1(2), pp. 37-50. Sargiacomo M. (1999), “Patologia della funzionalità dell’azienda ‘comune’”, Azienda Pubblica, 12(3), pp. 233-257. Stanghellini E. (2009), Introduzione ai metodi statistici per il credit scoring, Springer Verlag. Swanson E., Tybout J. (1988), “Industrial bankruptcy determinants in Argentina”, Studies in Banking and Finance, 7, pp. 1-25. Taffler R.J., Tisshaw H. (1977), “Going, going, gone – four factors which predict”, Accountancy, 88 (1003), pp. 50-54. 35 Azienda Pubblica 1.2016 La regressione logistica per la previsione del rischio di default degli enti locali italiani Saggi Tenuta P. (2015), Dissesto e predissesto finanziario negli enti locali. Analisi e confronti in un’ottica economico-aziendale, Milano: Franco Angeli. Trussel J.M., Patrick P.A. (2009), “A predictive model of fiscal distress in local governments”, Journal of Public Budgeting, Accounting and Financial Management, 21(4), pp. 578-616. Van Wymeersch C., Wolfs A. (1996), La “trajectoire de faillite” des entreprises: une analyse chronologique sur base des comptes annuels, Papers n. 172, Notre-Dame de la Paix: Sciences Economiques et Sociales, pp. 1-32. Wang X., Dennis L., Tu Y.S. (2007), “Measuring financial condition: A study of U.S. states”, Public Budgeting and Finance, 27, pp. 1-21. Zafra-Gomez J.S., López-Hernández A.M., Hernández-Bastida A. (2009), “Developing an alert system for local governments in financial crisis”, Public Money and Management, 29(3), pp. 175-182. Zavgren C. (1983), “The prediction of corporate failure: the state of the art”, Journal of Accounting Literature, 2, pp. 1-33. Ziriuolo A. (2000), Il supporto informativo-contabile degli enti locali nel processo di programmazione e controllo, Torino: Giappichelli. Ziriuolo A. (2013), Contabilità e bilancio degli enti locali, Rimini: Maggioli Editore. Zmijewski M. (1984), “Methodological Issues Related to the Estimation of Financial Distress Prediction Models”, Journal of Accounting Research, 22(Suppl.), pp.59-86. Azienda Pubblica 1.2016 36 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Luca Bartocci Professore Associato, Università degli Studi di Perugia, [email protected] Giuseppe Grossi Professore Ordinario, Kristianstad University Daniele Natalizi Dottorando di Ricerca, Università degli Studi di Perugia Stefania Romizi Laureata in Amministrazione e Legislazione Aziendale, Università degli Studi di Perugia Sommario: 1. Introduzione – 2. Il BP come strumento di rinnovamento della PA – 3. Il contesto nazionale italiano – 4. Un’analisi sullo stato dell’arte nazionale: la metodologia di ricerca – 5. Le principali evidenze dell’indagine – 6. Il quadro d’insieme: una discussione dei risultati – 7. Riflessioni finali Nell’ambito dei nuovi paradigmi culturali che stanno guidando il rinnovamento del settore pubblico, un significato particolare viene attribuito al tema del coinvolgimento dei cittadini nei processi di governo. Tra gli strumenti più suggestivi è da annoverare il bilancio partecipativo (BP), pratica attraverso cui i cittadini possono influenzare l’allocazione di una determinata quota delle risorse disponibili in un bilancio pubblico. Nella letteratura si dibatte particolarmente sulla portata ed efficacia di tale strumento, interrogandosi sulla possibilità che la sua applicazione possa perdurare nel tempo e contribuire a rinnovare le tradizionali modalità di governo. Il presente contributo intende presentare e discutere una mappatura del fenomeno nel nostro Paese, riportando i dati di una prima ricognizione dei casi di BP attivati fino al 2014, proposti secondo nove distinti profili d’indagine. I risultati costituiscono una preziosa base per successive ricerche che intendano approfondire specifici aspetti messi in luce dallo studio e offrono elementi utili per ipotizzare possibili direttrici di sviluppo della prassi futura. From the new cultural paradigms that are driving the public sector renewal, a relevant topic that is emerging worldwide is the citizens involvement in government. In this frame a special focus has to be paid to Participatory Budgeting (PB), a process through which citizens are actively involved in the public budgeting cycle. Scholars have been widely debating about the scope and effectiveness of PB, especially on its meaning in terms of political, managerial and social relevance. The aim of this study is to map the Italian PB implementations, in order to unveil the concrete features of the phenomenon. The findings, reported according to nine different variables, constitute a useful base for further researches with the purpose to deepen specific issues and to draw possible future scenarios for PB praxis. Parole chiave: Partecipazione Civica – Bilancio Partecipativo – Italia Key words: Citizen Involvement – Participatory Budgeting – Italy 37 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia 1. Introduzione Nell’ampio dibattito sul rinnovamento del settore pubblico un significato particolare viene attribuito al tema del coinvolgimento dei cittadini nei processi di governo. Non a caso la partecipazione civica è considerata in molti approcci come uno dei principali elementi distintivi dei nuovi paradigmi culturali, come quello della Public Governance (Bingham et al. 2005). La letteratura nazionale (Storlazzi 2006; Pillittu 2009) e internazionale (Ebdon e Franklin 2006; Callahan 2007; Skelcher e Torfing 2010) in tema di partecipazione si è soffermata sui suoi significati teorici, le modalità attuative, i benefici potenziali, le condizioni di successo, i limiti e le criticità applicative. Essa è definibile come la effettiva e consapevole possibilità dei cittadini di influenzare le scelte e i comportamenti di un’amministrazione pubblica. Tra le pratiche con un maggior grado di potenzialità inclusiva va annoverato il bilancio partecipativo (BP), che negli ultimi anni ha conosciuto un’importante diffusione nel mondo. L’idea di base è quella di poter costruire il bilancio di previsione di un’amministrazione pubblica (o meglio di decidere dell’allocazione di una sua “fetta”) con la partecipazione dei cittadini. Si tratta di uno strumento nato dalla pratica e non può dirsi che esista un’unica modalità standard di redazione, quanto piuttosto molte versioni, con diverse soluzioni operative, spesso mutanti nel tempo. Il BP è giunto in Europa da altre aree geografiche e la prima applicazione continentale si è avuta proprio in Italia, dove nell’ultimo decennio abbiamo assistito a una non trascurabile proliferazione di nuove sperimentazioni soprattutto a livello locale. Non esiste una vera e propria mappatura nazionale della loro diffusione, malgrado siano presenti studi su specifiche esperienze considerate singolarmente o come insiemi di casi. Uno dei tentativi più rilevanti è quello promosso e coordinato a livello europeo da Sintomer e dal quale è emerso, anche per l’Italia, un quadro molto frammentato e diversificato, caratterizzato da profonda fragilità e volatilità del fenomeno (Sintomer e Allegretti 2009). Lo scopo di questa ricerca è proprio quello di presentare i risultati di una prima ricognizione nazionale dei BP. Lo studio, di per sé, non vuole proporre una mappatura secondo criteri di classificazione predeterminati, né di verificare ipotesi interpretative del fenomeno analiticamente prestabilite. Attraverso un approccio esplorativo, sono riportati i principali risultati di un database costruito mediante la rielaborazione delle informazioni direttamente raccolte dalla documentazione relativa allo svolgimento dell’ultimo ciclo di BP di ognuno dei casi censiti. L’identificazione delle varie esperienze è avvenuta mediante l’utilizzo dei più diffusi motori di ricerca internet e la consultazione della letteratura esistente. L’output ottenuto permette di tracciare un quadro dello stato dell’arte nel nostro Paese, di delineare possibili linee evolutive del fenomeno e di ipotizzare direttrici di ricerca su un tema che è di particolare attualità nel panorama nazionale e internazionale. Azienda Pubblica 1.2016 38 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia L’articolo si sviluppa, dapprima, inquadrando il BP nel contesto nazionale e, poi, esponendo metodologia e risultati della ricerca svolta, proponendo nove distinti profili d’indagine. Il lavoro si chiude con una discussione di tali risultati e alcune riflessioni conclusive. 2. Il BP come strumento di rinnovamento della PA Dall’idea che il cittadino non debba più essere considerato come un mero utente delle attività e dei servizi erogati da un’istituzione di natura pubblica, ma piuttosto come un partner con cui la stessa deve intessere una relazione di tipo bi-direzionale (Vigoda 2002), riacquista vigore il tema non nuovo della partecipazione civica. Già negli anni ’60 e ‘70 esso, soprattutto visto in chiave di legittimazione dell’azione dei public servant, aveva conosciuto un primo sviluppo teorico, anche se con posizioni non sempre concordanti e favorevoli. Cupps (1977), ad esempio, ha denunciato che un eccessivo grado di apertura ai cittadini dei sistemi decisionali politici può risultare pericoloso e poco efficiente. Tuttavia le manifestazioni di contrarietà al fenomeno partecipativo sono rimaste, almeno dal punto vista concettuale, piuttosto isolate, lasciando spazio all’affermazione di significati legati ai temi dello sviluppo della coesione sociale e del miglioramento amministrativo, fino a teorizzare concezioni in cui la partecipazione è vista come meccanismo di “risignificazione” del modello tradizionale rappresentativo di democrazia (Fung e Wright 2001). Il tema, peraltro, rappresenta un crocevia di numerose aree scientifiche: economia politica, sociologia, filosofia, urbanistica, scienza della politica, oltre alle discipline economico-aziendali. Uno dei problemi che attraversa questi diversi ambiti di riflessione teorica è il tentativo di costruire una sorta di “metrica” della partecipazione: essa, infatti, non si dovrebbe misurare solo in termini di quantità dei soggetti coinvolti, ma anche e soprattutto in termini di qualità dei processi attivati (King et al. 1998). In tal senso l’elemento decisivo è individuato nell’effettiva possibilità del cittadino di influire nelle decisioni pubbliche. Partendo da questo punto di vista, Arnstein (1969) ha elaborato una scala della partecipazione composta da otto gradini, a ciascuno dei quali corrisponde un distinto grado di potere decisionale restituito ai cittadini. Si tratta di un contributo, a cui ne sono seguiti altri, che ancora oggi rappresenta una pietra miliare proprio perché offre un punto di riferimento per inquadrare il potenziale delle varie prassi e degli strumenti applicati con funzione inclusiva. Tra questi un significato particolare va riconosciuto alle esperienze di BP. Più che di un semplice strumento di inclusione, esse rappresentano un complesso di pratiche, con il ricorso a più tecniche e procedimenti, volto al coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni di allocazione delle risorse pubbliche. Si tratta di applicazioni nate dalla prassi, più che “a tavolino”, e sen39 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia za un modello unico di riferimento. La loro stessa origine è incerta, seppure sia possibile individuare tre principali “aree d’incubazione”. All’esperienza della cittadina neozelandese di Christchurch, che già sul finire degli anni ‘80 aveva promosso un tentativo di BP, è possibile aggiungere alcuni casi del Nord-America e, soprattutto, quello della città brasiliana di Porto Alegre. Quest’ultimo caso, risalente al 1988, ha riscontrato un forte impatto mediatico nel mondo e costituisce ancora oggi una sorta di icona culturale, oltreché un fondamentale modello di riferimento (Wampler 2007). A partire da queste iniziative, anche per la crescente attenzione del mondo accademico e delle istituzioni internazionali (in primis ONU e Banca Mondiale), si sono sviluppati e diffusi molti altri casi in tutti i continenti. L’ampiezza, ma anche l’eterogeneità del fenomeno sono documentate dalla diversità terminologica con cui tali prassi sono state via via identificate, aumentando le difficoltà cognitive da parte degli studiosi coinvolti. Alcuni Autori hanno proposto un insieme di caratteri comuni dei BP con il fine di convergere verso un quadro interpretativo sempre più condiviso. In particolare, Sintomer et al. (2008) ritengono che si possa parlare di BP in compresenza dei seguenti elementi: i) una discussione esplicita della dimensione economico-finanziaria del processo; ii) un riferimento all’intero territorio dell’amministrazione proponente; iii) la ripetizione nel tempo; iv) la previsione di forme di comunicazione e deliberazione pubblica; v) la rendicontazione dei risultati della partecipazione. Bassoli (2012) ha poi proposto di integrare i suddetti criteri con un sesto elemento: l’effettiva possibilità dei singoli cittadini senza interessi particolari (cd. lay citizen) di partecipare direttamente al processo. Un ulteriore aspetto problematico attiene alla diffusione e alla mappatura del fenomeno. Sintomer et al. (2010), facendo riferimento alla criteri identificativi appena riportati, hanno stimato circa 1.500 applicazioni in tutto il mondo. I contributi maggiori arrivano proprio dall’America Latina (920) e dall’Europa (295), ma esperienze riconosciute di BP sono presenti in tutti i continenti. È però da ritenere che i suddetti numeri siano nel frattempo cresciuti, visto che il tema continua ad avere il favore delle più importanti istituzioni internazionali e che continuamente, da tutto il mondo, giungono notizie circa l’attivazione di nuove pratiche (basti pensare alle suggestive sperimentazioni recentemente avviate in megalopoli statunitensi come Chicago, Los Angeles e New York). 3. Il contesto italiano Il tema della partecipazione si è sviluppato nel nostro Paese a partire dalla fine degli anni ’60, quando le proteste dei movimenti studenteschi e operai si sono fatti portatori di forti istanze di cambiamento istituzionale, anche ispirati a principi di maggiore esercizio della democrazia diretta. Nel tempo sono seguiti una serie di interventi legislatiAzienda Pubblica 1.2016 40 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia vi, in verità quasi mai promossi “dal basso”, che hanno disegnato un quadro propizio all’introduzione di strumenti partecipativi. Si segnalano in particolare: •la L. 278/1976, che ha istituito le circoscrizioni comunali, anche se successivamente la L. 42/2010 le ha limitate alle città con una popolazione di almeno 250.000 abitanti; •la L. 241/1990, sul procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi, affrontando il problema della trasparenza delle amministrazioni pubbliche; •la L. 81/1993, sulla riforma elettorale degli enti locali, prevedendo l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della provincia; •il D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), che all’art. 8 ha affermato che “i Comuni, anche su base di quartiere e di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale”. A questi provvedimenti di portata nazionale hanno fatto seguito interventi legislativi di carattere regionale (in particolare in Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Umbria, Puglia e, più recentemente, Sicilia) volti a promuovere in maniera più puntuale logiche e strumenti partecipativi e giungendo a prevedere, in alcuni casi, specifici finanziamenti per l’attuazione di specifiche pratiche1. Va precisato che tali interventi hanno talvolta sofferto di un carattere generalista (si pensi, ad esempio, che in alcuni testi di legge l’utilizzo di termini come “consultazione online” o “discussioni in materia ambientale” sono sufficienti a qualificare l’esperienza come partecipativa), ma va comunque riconosciuto loro il merito di avere favorito la sperimentazione del BP e di aver promosso due importanti elementi. Il primo è la previsione e creazione di organi specializzati nella discussione, informazione e promozione di logiche partecipative (come le assemblee cittadine e i nuclei tecnici di raccordo tra organi politici e cittadinanza), con l’apprezzabile intento di ricondurre la partecipazione in uno spazio concreto e tangibile. Il secondo è rappresentato dalla previsione, almeno in certi casi, di benefici finanziari per quelle amministrazioni che avessero posto in essere processi partecipativi (emblematica, a riguardo, la Legge della Regione Lazio n. 4/2006, con cui sono stati emanati numerosi bandi pubblici di finanziamento). 1 Si sta parlando dei seguenti provvedimenti: i) Toscana: L.R. 69/2007 “Norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali” e L.R. 46/2013 “Dibattito Pubblico regionale e promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche locali e regionali”; ii) Lazio: L.R. 4/2006, art. 44, attuato con Regolamento n. 4 del 28/06/2006 “Disciplina del processo di partecipazione alla formazione delle decisioni in materia di programmazione economico-finanziaria e di bilancio della Regione”; iii) Emilia Romagna: L.R. 3/2010 “Norme per la definizione, riordino e promozione delle procedure di consultazione e partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”; iv) Umbria: L.R. 14/2010 “Disciplina degli istituti di partecipazione alle funzioni delle Istituzioni Regionali”; v) Puglia: Delibera n. 1976 del 22/10/2013 “Dichiarazione di intenti sui processi partecipativi”; vi) Sicilia: L.R. 15/2015 “Disposizioni in materia di liberi consorzi comunali e città metropolitane” 41 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia È poi da notare che, accanto ai suddetti provvedimenti, si è progressivamente sviluppato un intenso dibattito sociale e scientifico anche per gli effetti prodotti da alcuni eventi internazionali, come il primo Forum sociale mondiale svoltosi a Porto Alegre nel 2001, e dall’azione promossa da organizzazioni e network come la Rete Nuovo Municipio. L’attenzione di numerosi amministratori locali ha così cominciato a considerare anche il tema della partecipazione, che ha finito per trovare sempre maggiore spazio nei programmi elettorali. Dalla prima iniziativa di BP italiana e europea, risalente al 1994 ad opera del Comune di Grottammare, che a tutt’oggi rimane un importante modello di riferimento, nell’ultimo decennio sono state registrate numerose sperimentazioni. Alcune di queste sono state oggetto di specifiche analisi, o come casi esaminati singolarmente o come piccoli insiemi di casi2. L’impressione ricavabile da tali studi è di un quadro estremamente dinamico: la situazione del nostro Paese appare in continua evoluzione, una sorta di cantiere aperto connotato da “caos creativo” (Sintomer e Allegretti 2009: p. 127). Peraltro, elementi di forte instabilità e volatilità del fenomeno emergono anche da ricerche condotte in altri Paesi (Lopes Alves e Allegretti 2012) e la stessa esperienza di Porto Alegre, vista come la “madre” di molte sperimentazioni, si è modificata nel tempo e oggi è oggetto di critiche per l’“ambiguità” dei processi inclusivi attuati (Ganuza e Baiocchi 2012; Baiocchi e Ganuza 2014). Tutto il “mondo” del BP, e non solo quello italiano, appare dunque interessato da una stagione di cambiamento e forti interrogativi sorgono sulle effettive possibilità di sopravvivenza di questo particolare strumento di governo. 4. Un’analisi sullo stato dell’arte nazionale: la metodologia di ricerca Alla luce di quanto detto, l’acquisizione di elementi che permettano una ricostruzione della situazione in cui versano le esperienze attive di BP costituisce un tassello importante di un percorso conoscitivo volto a capirne la reale portata e i possibili sviluppi nel nostro Paese. In tal senso lo scopo di questo lavoro è quello di presentare i risultati di una prima ricognizione sistematica e analitica dei casi italiani, risultati che sono il frutto della creazione di un apposito database informativo. L’idea è di offrire alla comunità scientifica e a quella dei practitioner un quadro tentativamente completo delle applicazioni promosse, evidenziandone le principali caratteristiche. La metodologia seguita è di tipo qualitativo e riconducibile ai processi di desk analysis (Webb et al. 1999; Van Thiel 2014). Sono state utilizzate sia le fonti primarie disponibili (sostanzialmente la documentazio2 In proposito si segnalano i seguenti lavori: Amura (2003), D’Albergo et al. (2005), Mariani (2006), Ravazzi (2007), Agostinelli et al. (2008), Sintomer e Allegretti (2009), Canafoglia (2010), Putini (2011), Bartocci (2012), Bassoli (2012), Fanesi (2014), Tonella (2015). Azienda Pubblica 1.2016 42 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia ne direttamente prodotta dalle amministrazioni per decidere, disegnare, gestire e rendicontare i cicli di BP) che quelle di tipo secondario (come la letteratura di riferimento, gli archivi informatici, gli articoli di stampa e altre forme di diffusione di notizie). L’utilizzo di queste ultime è stato fondamentale per la prima identificazione dei casi; per la successiva analisi delle caratteristiche dei processi di BP ci si è avvalsi soprattutto delle fonti di tipo primario, facendo riferimento all’ultimo ciclo attivato, considerato come il più maturo. La ricerca delle informazioni è stata condotta prevalentemente online servendosi dei tre principali motori di ricerca: Google, Yahoo e Bing. Il ricorso alla rete è giustificato dai seguenti fattori: •il web rappresenta uno dei canali comunicativi più utilizzato nell’epoca della digitalizzazione della PA, come promosso da vari provvedimenti normativi, in particolare da quelli che disciplinano l’“amministrazione trasparente” (Manes Rossi e Aversano 2015); • esiste autorevole letteratura (Hewson et al. 2003; Van Thiel 2014) che considera gli observation study condotti online come soddisfacenti i criteri di affidabilità e validità necessari per la robustezza di un metodo di ricerca; • è ragionevole ipotizzare che una pratica facoltativa e inclusiva come il BP sia stata promossa dalle amministrazioni interessate dandone adeguata pubblicità, anche attraverso i più moderni canali di informazione. Attraverso il processo di analisi e revisione delle informazioni raccolte, integrate con quelle rivenienti dalla letteratura, sono state individuate 304 amministrazioni italiane in cui il BP è stato potenzialmente attivato. Si noti, in proposito, che non è stata fatta nessuna scelta in termini di definizione teorica di BP, raccogliendo e riportando dati di tutte le iniziative autodichiaratesi come tali. Consultando il materiale messo a disposizione da ogni amministrazione, utilizzando un’apposita scheda di rilevazione, è stato alimentato un database che raccoglie informazioni riguardanti nove distinti profili d’indagine (Bartocci 2012): • livello istituzionale coinvolto e distribuzione geografica del fenomeno; • periodo di realizzazione, con riferimento a tutto l’arco temporale interessato dalle varie edizioni; • soggetto promotore dell’iniziativa; • organizzazione del processo, in relazione alla strutturazione (istituti e strumenti) della partecipazione; • temi oggetto della co-decisione; • esplicitazione delle risorse a copertura delle spese co-decise; • grado di formalizzazione del processo; • estensione della partecipazione, con riferimento alla tipologia dei soggetti partecipanti; • rendicontazione del processo. 43 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Le osservazioni risultate incomplete per la maggior parte delle variabili analizzate sono state eliminate, giungendo così ad un ammontare complessivo di 261 casi mappati e schedati. 5. Le principali evidenze dell’indagine In questa sezione sono illustrati in maniera sintetica i principali risultati della ricerca, articolati secondo i novi profili prima esposti. a) Il livello istituzionale coinvolto e la distribuzione geografica Il BP in Italia è adottato prevalentemente a livello comunale: dei 261 casi presi in esame, 233 sono stati realizzati da comuni. Un solo caso è stato realizzato a livello regionale (Lazio), 5 casi a livello provinciale (Ancona, Cagliari, Bologna, Pesaro-Urbino e Potenza), 3 casi a livello di Unioni dei Comuni (Unione Montana dei Comuni della Lunigiana, Unione Montana dei Comuni del Mugello, Unione dei Comuni della Valle dell’Olio), 19 casi a livello sub-comunale (municipi o circoscrizioni). Tabella 1. Distribuzione per livello istituzionale Livello istituzionale Frequenza assoluta Frequenza relativa 19 7,28 % 154 59,00 % Comuni tra 15.000 e 50.000 ab. 59 22,61 % Comuni superiori a 50.000 ab. 20 7,66 % Unioni di Comuni 3 1,15 % Province 5 1,92 % Regioni 1 0,38 % TOTALE 261 100 % Municipi e circoscrizioni Comuni entro i 15.000 abitanti Entrando nel merito della distribuzione per dimensione demografica, si osserva che tale pratica è utilizzata maggiormente nei comuni di piccole e medio-piccole dimensioni, che complessivamente non superano i 15.000 abitanti (154 casi su 261). Questo tipo di comuni, oltre ad essere il livello dimensionale più diffuso tra le nostre istituzioni territoriali, è anche quello in cui il processo partecipativo può essere organizzato con più facilità e con un contatto più diretto tra cittadini e amministratori. Azienda Pubblica 1.2016 44 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Figura 1. Distribuzione geografica Dalla Figura 1 emerge che le esperienze di BP in Italia si sono diffuse maggiormente nelle regioni del centro-nord (91% dei casi), anche per la spinta dovuta a specifici provvedimenti legislativi regionali volti a promuovere lo sviluppo locale di pratiche partecipative. Un ulteriore aspetto da considerare, a questo proposito, è il peso di alcune variabili socioeconomiche territoriali (in particolare, il livello medio di reddito pro-capite, la qualità della vita, la sensibilità verso l’impegno civico) che, come osservato da Donovan e Bowler (2004), sono in grado di influire sulla nascita dei processi partecipativi. b) Il periodo di realizzazione A tale riguardo si riportano i risultati relativi a tre distinti aspetti: – la frequenza del fenomeno nel tempo, considerando per ogni anno i cicli di BP attivi; – l’ultimo anno di realizzazione; – la durata dell’esperienza, verificando l’occasionalità o la capacità di perdurare dei singoli casi. 45 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Figura 2. Frequenza per anno La storia del BP in Italia comincia con Grottammare nel 1994, che per lungo tempo rimane un caso isolato. A partire dal 2002 inizia una serie crescente di sperimentazioni che tocca il suo picco nel 2008, quando sono attive ben 125 esperienze (dato che rafforza la correlazione tra gli interventi normativi regionali, promossi in particolare dalla Regione Lazio e dalla Regione Toscana, che hanno previsto specifici meccanismi di supporto finanziario e la nascita di nuove esperienze). A partire dall’anno successivo si ha una progressiva caduta della frequenza dei casi attivi, fino ad arrivare a 25 applicazioni riferite al 2014. È comunque bene tenere presente che il ciclo di svolgimento del BP non è sempre allineato con quello della programmazione di bilancio e non sempre viene contenuto in un anno solare3. Figura 3. Ultimo anno di realizzazione 3 Alla luce delle numerose esperienze censite, per uniformità dei criteri utilizzati, si è scelto di riferire l’anno di implementazione del ciclo di BP a quello in cui lo stesso si è concluso. Azienda Pubblica 1.2016 46 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia La fragilità del fenomeno trova conferma nella Figura 3 dove il trend negativo è confermato: emblematico il fatto che il 2008 sia stato l’ultimo anno di realizzazione del BP in ben 88 osservazioni. Figura 4 – Ripetizione del processo In oltre la metà dei casi (133 dei 261) i cicli di BP hanno assunto carattere occasionale: dopo un solo anno l’esperienza è definitivamente cessata. L’analisi mostra anche come 63 amministrazioni (il 24,14% del totale) abbiano ripetuto più di due cicli di BP. Al di là del più volte richiamato effetto di spinta, poi conclusosi, prodotto da apposite politiche regionali, occorre citare anche altre possibili cause di fragilità del fenomeno: un’eccessiva identificazione con il proponente politico del BP, con conseguente interruzione dell’esperienza alla sua sostituzione (nel 2009 in molti comuni si sono svolte le elezioni amministrative); l’impatto della crisi finanziaria e la conseguente politica dei tagli alle amministrazioni locali promossa dal governo; la difficoltà a superare diffidenza e resistenza culturale interne alle organizzazioni pubbliche interessate. c) Il soggetto promotore Nell’indagine sono stati ipotizzati diversi promoter dell’iniziativa. I soggetti di tipo politico, siano essi organi individuali (Sindaco e singoli Assessori) o collegiali (Giunta e Consiglio) sono risultati essere i patrocinatori dalla maggior parte delle iniziative di BP italiane, coprendo il 90,8 % dei casi censiti. 47 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Tabella 2. Soggetto promotore Soggetto promotore Frequenza assoluta Frequenza relativa Organo politico collegiale 123 47,13 % Organo politico individuale 114 43,68 % Organo tecnico 0 0,00 % Iniziativa “dal basso” 6 2,30 % Informazione non disponibile TOTALE 18 6,90 % 261 100 % In pochissimi casi (6 in tutto) l’iniziativa è stata promossa “dal basso” (cioè da movimenti civici, comitati di cittadini, ecc.) e addirittura in nessuno è stato possibile attribuire la paternità dell’iniziativa al livello dirigenziale e tecnico. Tale dato può presentare legami con l’annoso tema del problematico rapporto tra politica e amministrazione nel nostro Paese e con quello del difficile processo di managerializzazione della nostra dirigenza pubblica, da tempo messi in evidenza negli studi (Grossi e Mussari 2008, Di Mascio 2012). È peraltro possibile ipotizzare che iniziative di genesi manageriale siano poi state patrocinate e fatte proprie dai soggetti politici di riferimento. Si noti che tale forte matrice politica del BP è riscontrabile anche in altri contesti (Baiocchi e Ganuza 2014) e secondo alcuni (Marino 2006; Ravazzi 2007) contribuirebbe a rendere i cicli estremamente fragili nella loro durata, non permettendone una strutturazione sistematica nei livelli tecnico-operativi degli enti coinvolti. d) L’organizzazione del processo Tale profilo di analisi si riferisce alle modalità tecniche in cui il ciclo è strutturato. L’indagine ha potuto costatare una grande varietà di meccanismi e di strumenti utilizzati, accorpati nelle categorie riportate nella Tabella 3. Tabella 3. Organizzazione del processo Canali partecipativi Frequenza assoluta Frequenza relativa Assemblee 115 44,06 % Assemblee e altri strumenti 110 42,15 % 31 11,88 % Information technology tools 3 1,15 % Informazione non disponibile 2 0,77 % 261 100 % Solo altri strumenti TOTALE Il metodo assembleare è in assoluto il più utilizzato: in 115 casi esso è implementato in via esclusiva, per quanto articolato in uno o più adunanze, a loro volta diversamente organizzate (di tipo territoriale o tematico); in altre 110 esperienze esso è combinato con altri strumenti di inclusione (tavoli tecnici, focus group, workshop, seminari, questionari e Azienda Pubblica 1.2016 48 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia moduli di proposta, ecc.). D’altra parte il modello di riferimento è spesso quello di Porto Alegre, ispirato alle logiche di democrazia partecipativa, che vede nel ricorso a luoghi di confronto e dialettica lo strumento necessario per pervenire ad una “volontà collettiva” che non è vista solo come somma di opzioni individuali (Wampler 2012). Stentano, forse per motivi culturali e anche per i ritardi del processo di digitalizzazione della nostra PA, a diffondersi pratiche partecipative di “nuova generazione”, come il forum telematico o il voto online. e) I temi I dati circa i temi dichiarati come oggetto della co-decisione lasciano intravedere il riferimento a modelli di BP che potremmo definire classici. Le prime esperienze internazionali di BP hanno infatti riguardato soprattutto scelte legate alla soluzione di problemi urbanistici (Sintomer et al. 2012). Pur con una certa diversificazione, anche nel nostro Paese è possibile riconoscere una netta prevalenza di tematiche legate ai lavori pubblici; trova anche spazio la trattazione delle problematiche ambientali e delle politiche sociali, culturali e giovanili. Figura 5. Temi della partecipazione Un aspetto particolare che emerge dall’analisi, forse innescato anche dai crescenti vincoli di spesa pubblica e dai ridotti spazi in termini di discrezionalità allocativa, è un progressivo spostamento verso pratiche inclusive aventi oggetto politiche di regolazione (come la definizione di piani urbanistici, piani sociali di zona, ecc.), che non comportano esborsi finanziari. Mancano del tutto, invece, tentativi di attuazione di processi condivisi di decisione sull’entrata, sulle modalità di co49 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia pertura delle spese oggetto del BP o, possibilità segnalata dalla letteratura internazionale (Sintomer et al. 2008), sulla copertura di eventuali disavanzi di bilancio. Altro elemento da osservare è il fatto che in 42 casi si dichiara che il BP abbia comportato una discussione dell’intero budget disponibile. Tale impostazione appare poco realistica e disallineata con la prassi internazionale; è lecito pensare che in questi casi il processo abbia avuto una natura consultiva piuttosto che rappresentare un effettivo meccanismo di co-decisione. Figura 6. Tipologia di discussione In aggiunta si consideri che in più della metà delle esperienze (176 sui 261 casi complessivi) la discussione è stata di tipo multitematica. Ciò segnala un trend evolutivo rispetto alla prima stagione maggiormente focalizzata sulla realizzazione di opere urbanistiche. Il BP è sempre più utilizzato, almeno in potenza, a largo spettro per percepire bisogni e necessità di cittadini o gruppi organizzati, piuttosto che essere focalizzato sulla possibilità esclusiva di effettuare specifici piani d’investimento. f) L’esplicitazione delle risorse Ulteriori indicazioni si hanno esaminando i dati circa la preventiva esplicitazione delle risorse messe “in palio”. Azienda Pubblica 1.2016 50 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Figura 7. Esplicitazione delle risorse Solo in un terzo delle applicazioni i partecipanti hanno avuto modo di conoscere, all’inizio del processo, il budget disponibile per la co-decisione. Il dato è rilevante perché può segnalare un basso livello di trasparenza dei cicli di BP, con il rischio di creare nella cittadinanza la percezione di una “illusione partecipativa”. È anche vero che tale scelta può invece essere interpretata come una sorta di garanzia del processo, per non influenzare i partecipanti e lasciarli liberi di formulare qualsiasi tipo di proposta; ciò non scioglie comunque i dubbi sulla effettiva natura deliberativa della partecipazione nei casi analizzati. g) La formalizzazione del processo La formalizzazione delle modalità di svolgimento del ciclo di BP può essere vista sotto due accezioni: da una parte essa può essere assunta come un indicatore della volontà di stabilizzare il BP e di favorirne l’interiorizzazione da parte della struttura organizzativa; dall’altra emerge il rischio di irrigidire un’esperienza che, almeno in questa fase, non può che essere il frutto di una scelta “libera” e creativa per evolversi e per adattarsi alle future esigenze che potranno manifestarsi (in altri termini, il rischio è quello del formalismo). Le vie perseguibili per la formalizzazione sono diverse e con differente grado di istituzionalizzazione: modifiche statutarie, emanazione di specifici regolamenti amministrativi, adattamento del regolamento di contabilità, produzione di linee-guida, ecc. 51 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Tabella 4. Formalizzazione del processo Grado di formalizzazione del processo Frequenza assoluta Frequenza relativa Nessuna formalizzazione 66 25,29 % Linee guida 36 13,79 % Regolamento su BP 29 11,11 % Delibera di Giunta/Consiglio 27 10,34 % Modifica Statuto dell’ente 3 1,15 % Modifica Regolamento di contabilità 1 0,38 % 99 37,93 % 261 100 % Informazione non disponibile TOTALE Nel 25% dei casi analizzati non è stato promosso nessun intervento di formalizzazione, mentre nel 38% non è stato dichiarato nulla e forse è possibile ritenere che non siano state prese iniziative in tal senso. Resta comunque significativo il fatto che nel 37% delle applicazioni si sia deciso di intervenire per assicurare argini formalizzati al processo, rivelando anche un certo “investimento” politico-istituzionale nello strumento. h) I soggetti partecipanti Nell’indagine sono state individuate quattro distinte categorie di destinatari/beneficiari del BP: – cittadini non qualificati, cioè non organizzati e privi di interessi particolari (lay citizen); – cittadini qualificati, in quanto appartenenti a categorie particolarmente interessate (per esempio, qualificati come stakeholder di riferimento); – gruppi organizzati d’interesse; – cittadini, organizzazioni formalizzate e non formalizzate, quando il BP è espressamente rivolto indistintamente a tutte le categorie di soggetti appena definiti. Tabella 5. Soggetti partecipanti Soggetti partecipanti Frequenza assoluta Frequenza Relativa Singoli cittadini, organizzazioni formalizzate e non formalizzate 127 48,66 % Singoli cittadini non qualificati 117 44,83 % 12 4,60 % Singoli cittadini qualificati Gruppi d’interesse Totale Azienda Pubblica 1.2016 52 5 1,92 % 261 100 % Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Dai risultati emerge che le esperienze in cui sono stati coinvolti i soli cittadini qualificati o organizzati non sono numerose (circa il 6,5 %). Nella maggior parte dei casi il BP si rivolge al “generico” cittadino singolarmente inteso o è aperto a tutte le formulazioni, rivelando l’assenza di una scelta ex ante in termini di target. i) La rendicontazione del processo Un momento rilevante riguarda la fase di comunicazione dei risultati, soprattutto nella prospettiva tipica dell’accountability. Nei casi esaminati le modalità abitualmente utilizzate per la rendicontazione sono: – le udienze pubbliche; – la pubblicazione di volantini, brochures e/o articoli di giornale; – la collocazione dell’informazione sul sito internet istituzionale. A questo proposito è da rilevare che nel 65% dei casi la rendicontazione è stata effettuata mediante pubblicazione sul sito istituzionale: non sono state trovate informazioni relativamente al rimanente 35% dei casi. Da notare anche il fatto che la “resa del conto” riguarda il percorso di inclusione nella scelta di bilancio e, molto raramente, si estende alla fase d’implementazione delle politiche o di attuazione degli interventi oggetto della co-decisione. 6. Il quadro d’insieme: una discussione dei risultati Dai risultati appena esposti emerge un quadro che, per quanto frammentario, permette di ricavare alcune evidenze empiriche utili per avanzare spunti di riflessione e possibili direttrici di ricerca futura. I dati forniscono l’immagine di un Paese che, oltre a essere stato il primo in Europa in cui è stato adottato il BP, ne ha anche conosciuto una rilevante diffusione. Se è vero che sono complessivamente 304 i casi censiti, seppure quelli che è stato possibile analizzare sono solo 261, e che essi rappresentano solo una piccola parte degli oltre 8.000 enti locali italiani, tale numero, rapportato alla stima di circa 1.500 casi su scala mondiale fatta da Sintomer et al. (2010), dimostra una non trascurabile sensibilità verso il BP, almeno come possibile sperimentazione. Non sono stati dunque pochi gli enti italiani che in questi anni hanno provato ad implementare almeno un ciclo di BP. Il problema vero è piuttosto rappresentato dalla capacità di tali esperienze di perdurare nel tempo. Non a caso la curva della frequenza temporale mostra un andamento parabolico, con una forte concentrazione negli anni 2005-2010 e con un picco nel 2008. Nell’interpretazione del dato vanno considerati almeno due importanti aspetti: in alcune regioni – lo si è ripetuto più volte – gli aiuti finanziari concessi ad hoc hanno influenzato significativamente prima la nascita e poi l’interruzione delle pratiche di BP; è poi possibile ipotizzare che la crisi della nostra finanza pubblica abbia svolto un ruolo di 53 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia deterrente verso la sperimentazione di nuove pratiche. In verità politiche di austerity potrebbero e dovrebbero stimolare la ricerca di strumenti innovativi di scelta e di amministrazione, anche in un’ottica di maggiore legittimazione nei confronti dei cittadini. L’impressione avuta, anche da colloqui diretti con figure politiche e manageriali implicate nelle esperienze esaminate, è che in taluni casi i nostri amministratori pubblici abbiano considerato il BP come un “lusso” da permettersi in condizioni favorevoli e da tagliare o rimodulare, riducendone l’impatto finanziario, in periodi di difficoltà. La scelta da alcuni operata di puntare sull’inclusione nella definizione di alcuni orientamenti di policy a “costo zero” (come la definizione di piani urbanistici e sociali) pare andare nella stessa direzione. Il livello istituzionale di riferimento è l’ente locale, soprattutto di dimensioni piccole e medie. I dati internazionali non sempre confermano questo dato: dobbiamo infatti registrare diverse esperienze di BP in grandi città o addirittura in metropoli (come Buenos Aires, Chicago, Denver e New York), casi a livello regionale (soprattutto in Sudamerica) e statale, anche se dietro la spinta di istituzioni internazionali come la Banca Mondiale (Goldfrank 2012). La promozione del BP nelle piccole realtà si può facilmente spiegare con il fatto che si tratta di contesti in cui è più facile promuovere e organizzare la partecipazione. È pur vero, però, che può trattarsi di iniziative più estemporanee, meno strutturate e lasciate all’improvvisazione – o, se si preferisce, alle capacità personali – del soggetto promotore. Da questo punto di vista è molto interessante notare che nella stragrande maggioranza dei casi il patrocinio dell’iniziativa è di matrice politica. È stato già osservato come tale carattere possa, almeno secondo alcuni, favorire la fragilità del BP. Tale elemento interpretativo potrebbe essere rafforzato dal fatto che i processi di BP tendono a essere scarsamente interiorizzati, quanto meno poco formalizzati. In realtà, la nostra impressione è che il tema della “capacità di resilienza” del BP e delle condizioni che ne favoriscono l’assimilazione da parte di un’organizzazione coinvolga uno spettro più ampio di variabili e meriterebbe specifiche e più approfondite analisi. Ciò che risulta con maggiore evidenza dall’analisi è l’utilizzo più consultivo che vincolante dei cicli di BP. I dati sulla scarsa propensione a definire ed esplicitare in anticipo il budget delle risorse “in palio”, quelli sulla mancanza di un target specifico di riferimento del processo; quelli sulla molteplicità dei temi trattati (fino ai casi in cui si dichiara che la discussione riguarda l’intero bilancio preventivo) spingono ulteriormente a pensare alla promozione di meccanismi lontani dalle logiche proprie della democrazia deliberativa. Un ulteriore aspetto di criticità da considerare riguarda l’accountability del processo, perché focalizzata solo sulle modalità di svolgimento del ciclo per la formazione della scelta pubblica e carente nel coinvolgere il cittadino nella fase di esecuzione e rendicontazione della co-decisione. Azienda Pubblica 1.2016 54 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia 7. Riflessioni finali Il BP è considerato come uno degli strumenti partecipativi con maggiore potenziale inclusivo e, per questo, ha conosciuto una certa diffusione a livello mondiale e continua ancora oggi a catturare l’attenzione di diversi operatori. Gli studi finora condotti evidenziano l’esistenza di un insieme di prassi che presentano un elevato grado di differenziazione (Sintomer et al. 2008). È emersa, inoltre, una tendenza all’instabilità delle pratiche di BP, che si manifesterebbe sia in termini di fragilità (tendenza a non ripetersi) sia come volatilità (sensibilità ai cambiamenti) (Lopes Alves e Allegretti 2012). La stessa esperienza di Porto Alegre, assunta come modello-icona per molte delle successive applicazioni, ha subito mutazioni e oggi sembra riscontrare minor consenso, inducendo alcuni studiosi a supporre se non sia arrivato “a time of clousure” (Melgar 2014: p. 121). Si rafforzano, così, gli interrogativi sul futuro di questa pratica e sui reali significati della sua diffusione. Per provare a rispondere a questi interrogativi, che coinvolgono appieno le esperienze italiane, occorre innanzitutto osservare la fenomenologia del BP, anche perché sinora la letteratura si è concentrata soprattutto sui significati teorici della partecipazione o sull’analisi di pochi casi concreti. La nostra ricerca ha tentato di offrire elementi in tal senso, cercando di delineare un primo quadro generale nazionale da cui emergono alcune conferme rispetto ai profili caratteristici emersi negli studi internazionali. I dati mostrati permettono di cogliere: – una grande instabilità delle esperienze finora attivate; – una loro scarsa strutturazione, seppure con elementi che lasciano intravvedere il riferimento al modello di Porto Alegre; – una potenziale “personalizzazione politica” del BP; – una possibile ambiguità dovuta al fatto che in molti casi la natura del processo pare essere più consultiva che deliberativa. L’immagine che ne risulta è dunque un po’ diversa da quel “caos creativo” italiano descritto da Sintomer e Allegretti (2009) solo qualche anno fa. Al fine di fugare i dubbi sulla reale portata che hanno accompagnato la nascita e la diffusione del BP – alla pari di molti altri strumenti introdotti nel mondo pubblico in queste ultime decadi per migliorare e incrementare il rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni – è necessario approfondire ulteriormente le cause sottostanti i suddetti caratteri. Un primo aspetto che merita attenzione è relativo alle condizioni esterne di successo del BP. Ci si riferisce in particolare all’esistenza o meno di un’adeguata “cultura” della partecipazione tra i cittadini e alla possibilità di promuovere un’“educazione” partecipativa. Si tratta di un tema cruciale, che si intreccia con quello della crisi del modello tradizionale di democrazia rappresentativa. Un secondo profilo di approfondimento è relativo alle condizioni interne all’ente che promuove il BP. Come si è visto, può esistere un pro55 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia blema di eccessivo patronage politico dello strumento, quando lo stesso viene a essere identificato con uno schieramento partitico o, ancora peggio, con una singola figura politica. La matrice politica di un BP non è di per sé un fatto negativo, ma vanno ulteriormente indagati i motivi per cui l’esperienza non viene assimilata internamente. In tal senso, andrebbero anche meglio esplorate le valenze e le implicazioni manageriali che lo stesso può avere; da questo punto di vista, ci sono importanti variabili di tipo culturale e organizzativo da considerare. In terzo luogo occorre insistere nelle analisi delle diverse modalità tecniche di realizzazione dei cicli di BP e della loro influenza nei casi di crisi o successo. La co-decisione è frutto di un processo che è fortemente condizionato dalle modalità attraverso cui esso è strutturato. A questo proposito entrano in gioco visioni della società e del ruolo del settore pubblico che inevitabilmente condizionano il modello teorico di partecipazione e le scelte attuative relative al BP (si pensi alla diversità tra la visione neoliberista fondata sulla public choice theory e quella sottostante l’idea di democrazia deliberativa). In ultimo si segnala l’assoluta necessità di cominciare a far luce sugli impatti della partecipazione sulla qualità delle decisioni e dei risultati prodotti. Forse si tratta della frontiera più impegnativa, viste le difficoltà di considerare nelle valutazioni aspetti che hanno natura estremamente eterogenea e tempi di manifestazione molto lunghi. Forse già un’indagine analitica delle esperienze più recenti (anni 2013 e 2014) e potenzialmente ancora attive potrebbe fornire alcune indicazioni significative con riferimento alle problematiche appena esposte. Bibliografia Agostinelli A., Martini C., Serni C. (2008), Via La Marmora, Follonica. Manuale di partecipazione per progettare insieme ai cittadini, Firenze: Alinea Editrice. Amura S. (2003), La città che partecipa, Roma: Ediesse. Arnstein S. (1969), “A Ladder of Citizen Participation”, Journal of the American Institute of Planners, 35(4), pp. 216-224. Baiocchi G., Ganuza E. (2014), “Participatory Budgeting as if Emancipation Mattered”, Politics & Society, 42(1), pp. 29-50. Bartocci L. (2012), Il bilancio partecipativo negli enti locali. Evidenze e riflessioni in una prospettiva economico-aziendale, Torino: Giappichelli. Bassoli M. (2012), “Participatory Budgeting in Italy: An Analysis of (Almost Democratic) Participatory Governance Arrangements”, International Journal of Urban and Regional Research, 26(6), pp. 1183-1203. Bingham L., Nabatchi T., O’leary R. (2005), “The New Governance: Practices and Processes for Stakeholder and Citizen Participation in the Work of Government”, Public Administration Review, 65(5), pp. 547-558. Callahan K. (2007), “Citizen Participation: Models and Methods”, International Journal of Public Administration, 30(11), pp. 1179-1196. Azienda Pubblica 1.2016 56 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Canafoglia V. (2010), “Cicli procedurali dei bilanci partecipativi: alcuni esempi italiani”, in Allegretti U. (a cura di), Democrazia partecipativa. Esperienze e prospettive in Italia e in Europa, Firenze: Firenze University Press. Cupps S. (1977), “Emerging Problems of Citizen Participation”, Public Administration Review, 37(5), pp. 478-487. D’Albergo E., Lotrecchiano D., Moini G. (2005), Pratiche partecipative a Roma, Roma: Dies. Di Mascio F. (2012), “Changing Political Parties, Persistent Patronage: The Italian Case in Comparative Perspective”, Comparative European Politics, 10(4), pp. 377-398. Donovan T., Bowler S. (2004), Reforming the Republic: Democratic Institutions for the New America, Riverside: Pearson. Edbon C., Franklin A. (2006), “Citizen Participation in Budgeting Theory”, Public Administration Review, 66(3), pp. 437-447. Fanesi P.P. (2014), “Il bilancio partecipato di Grottammare”, in Grazzini E., Manifesto per la democrazia economica, Roma: Castelvecchi Editore. Fung A., Wright E. (2001), “Deepening Democracy: Innovation in Empowered Participatory Governance”, Politics & Society, 29(1), pp. 5-41. Ganuza E., Baiocchi G. (2012), “The Power of Ambiguity: How Participatory Budgeting Travels the Globe”, Journal of Public Deliberation, 8(2), Article 8. Goldfrank B. (2012), “The World Bank and the Globalization of Participatory Budgeting”, Journal of Public Deliberation, 8(2), Article 7. Grossi G. Mussari R. (2008), “The Effects of Outsourcing on Performance Reporting: The Experience of Italian Local Governments”, Public Budgeting & Finance, 28(1), pp. 22-38. Hewson C., Yule P., Laurent D., Vogel C. (2003), Internet Research Methods, London: Sage. King C., Feltey K., Susel B. (1998), “The Question of Participation: Toward Authentic Public Participation in Public Administration”, Public Administration Review, 58 (4), pp. 317-326. Lopes Alves M., Allegretti G. (2012), “(In)stability, a Key Element to Understand Participatory Budgeting: Discussing Portuguese Cases”, Journal of Public Deliberation, 8(2), Article 3. Manes Rossi F., Aversano N. (2015), “Partecipazione democratica: quale ruolo per la trasparenza? Un’analisi dei siti web dei comuni italiani”, Azienda Pubblica, 28(2), pp.117-131. Mariani V. (2006), Il bilancio partecipativo, Seconda edizione, Roma: Aracne. Marino N. (2006), Il ritorno della partecipazione nell’agenda politica: dai Bilanci Partecipativi alle elezioni Primarie, Dossier Ferrari, Modena: Centro Culturale Francesco Luigi Ferrari. Melgar T.R. (2014), “A Time of Closure? Participatory Budgeting in Porto Alegre, Brazil, After the Workers’ Party Era”, Journal of Latin American 57 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Lo stato dell’arte del bilancio partecipativo in Italia Studies, 46(1), pp. 121-149. Pillittu D. (2009), La partecipazione civica alla creazione di valore pubblico, Milano: Franco Angeli. Putini A. (2011), Esperimenti di democrazia. I bilanci partecipativi in Italia, Roma: Aracne. Ravazzi S. (2007), Civicrazia. Quando i cittadini decidono, Roma: Aracne. Sintomer Y., Allegretti G. (2009), I bilanci partecipativi in Europa. Nuove esperienze democratiche nel vecchio continente, Roma: Ediesse. Sintomer Y., Herzberg C., Röcke A. (2008), “Participatory Budgeting in Europe: Potentials and Challenges”, International Journal of Urban and Regional Research, 32(1), pp. 164-178. Sintomer Y., Herzberg C., Allegretti G., Röcke A. (2010), Learning from the South: Participatory Budgeting Worldwide: An Invitation to Global Cooperation, Bonn: GIZ. Sintomer Y., Herzberg C., Röcke A., Allegretti G. (2012), “Transnational Models of Citizen Participation: The Case of Participatory Budgeting”, Journal of Public Deliberation, 8(2), Article 9. Skelcher C., Torfing J. (2010), “Improving Democratic Governance Through Institutional Design: Civic Participation and Democratic Ownership”, Regulation & Governance, 1(4), pp. 71-91. Storlazzi A. (2006), “Verso una governance dei cittadini. Quali le traiettorie di partecipazione innovativa?”, Azienda Pubblica, 19(4), pp. 505-521. Tonella G.(2015), “Esperienze di integrazione del bilancio partecipativo ed e-democracy in Italia e Germania. Aspetti teorici e casi empirici”, in Gangemi A. (a cura di), Dalle pratiche di partecipazione all’e-democracy. Analisi di casi concreti, Roma: Gangemi Editore. Van Thiel S. (2014), Research Methods in Public Administration and Public Management, London: Routledge. Vigoda E. (2002), “From Responsiveness to Collaboration: Governance, Citizens, and the Next Generation of Public Administration”, Public Administration Review, 62(5), pp. 527-540. Wampler B. (2007), Participatory Budgeting in Brazil: Contestation, Cooperation, and Accountability, Pennsylvania Park: The Pennsylvania State University Press. Wampler B. (2012), “Participatory Budgeting: Core Principles and Key Impact”, Journal of Public Deliberation, 8(2), Article 12. Webb E., Campbell D., Schwartz R., Sechrest L. (1999), Unobtrusive Measures: Nonreactive Research in the Social Sciences, London: Sage. Azienda Pubblica 1.2016 58 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa: un modello di classificazione e di benchlearning Nathalie Colasanti Dottoranda di Ricerca in Economia Aziendale, Dipartimento di Management e Diritto, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – [email protected] Rocco Frondizi Dottorando di Ricerca in Economia Aziendale, Dipartimento di Management e Diritto, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Marco Meneguzzo Professore Ordinario di Economia delle aziende ed amministrazioni pubbliche, Dipartimento di Management e Diritto, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Professore Ordinario di Management pubblico e non-profit, Coordinatore del Laboratorio Management pubblico e sanitario CORE, Università della Svizzera Italiana Paola Santini Collaboratrice Scientifica, Laboratorio di Management Pubblico e Sanitario CORE, Università della Svizzera Italiana Sommario: 1. Introduzione 2. Il crowdfunding: un’analisi della letteratura 3. La metodologia utilizzata nell’analisi 4. Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Svizzera 5. Applicabilità del modello, prime conclusioni e prospettive di ricerca futura La società è oggi caratterizzata dalla diffusione capillare delle tecnologie web based, che facilitano la creazione di reti informali, sia virtuali che reali, e da una crescente ricerca di soluzioni che soddisfino i bisogni sociali e creino nuove relazioni. Il crowdfunding si inserisce in questo contesto come strumento al servizio delle comunità di utenti e dei cittadini. Una sua particolare applicazione, il civic crowdfunding, permette di finanziare progetti pubblici con la collaborazione della società civile e del settore privato. Nel contributo verranno analizzate alcune esperienze di civic crowdfunding a livello europeo, di cui verrà offerta una classificazione e una valutazione multidimensionale delle caratteristiche e delle performance nell’ottica di confrontare le esperienze e le buone pratiche, favorendo processi di apprendimento (benchlearning). Web-based technologies are widely used in today’s society and foster the creation of virtual and real-life informal networks. Society is also characterized by an increasing search for solutions that satisfy social needs and create new relationships. Within this context, crowdfunding can be a tool for such communities of citizens and users. Civic crowdfunding, in particular, allows to finance public projects with the cooperation of the civil society and the private sector. In this article, two international crowdfunding experiences will be analyzed, classified into a matrix, and evaluated in terms of features and performances through a multidimensional model, in a benchmarking and benchlearning perspective. Parole chiave: Crowdfunding, Innovazione Sociale, Governance pubblica locale Key words: Crowdfunding, Social Innovation, Local public governance 59 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa 1. Introduzione La nostra società è spesso caratterizzata da una forte frammentazione, visibile non solo nei rapporti tra individui, ma anche tra questi e le istituzioni, che non sembrano più in grado di perseguire politiche collettive adeguate ai bisogni sociali. Allo stesso tempo, lo sviluppo di nuove tecnologie e la diffusione capillare di Internet hanno permesso a singoli e comunità di creare reti informali, tanto esclusivamente virtuali quanto radicate nella vita quotidiana, in opposizione alla frammentazione (Kleeman et al. 2008). Si diffonde, così, un concetto più ampio di innovazione, l’innovazione sociale (non più esclusivamente tecnologica ed economica), che può essere definita come la ricerca di nuove soluzioni a bisogni sociali, caratterizzate da una migliore capacità di risposta rispetto a quelle esistenti, generando contemporaneamente nuove relazioni all’interno della società (Noya et al. 2009; Mulgan et al. 2010; Howaldt e Schwarz 2010). L’innovazione sociale si sostanzia in numerose pratiche, quali il microcredito, il crowdfunding, la condivisione di risorse (car sharing, bikesharing etc.), l’incubazione di imprese e il coworking, solo per nominarne alcune. In aggiunta a ciò, negli ultimi anni si è osservato uno sviluppo della cultura imprenditoriale, per cui sempre più persone sono in grado di sviluppare idee creative, dare vita a network e portare avanti il proprio progetto, anche con il supporto di chi è geograficamente lontano, ma vicino in termini di interessi e idee (crowdsourcing). Il crowdfunding si inserisce in questo contesto come uno strumento importante sia per chi crea sia per chi vuole far parte di una comunità informale: esso permette, infatti, agli innovatori di raccogliere fondi per sostenere il proprio progetto tramite canali diversi da quelli tradizionali e a tutti gli altri individui di sostenere questi progetti, diventando parte di un network (De Buysere et al. 2012). Il successo del crowdfunding nel settore privato ha spinto diverse istituzioni pubbliche a impiegare questo strumento per finanziare alcuni dei propri progetti grazie ai contributi dei cittadini: si parla quindi di civic crowdfunding, che riguarda progetti il cui risultato sia un impatto sociale positivo. Il civic crowdfunding può essere utile non solo alle amministrazioni che vogliono realizzare iniziative senza disporre di risorse sufficienti, ma anche ai cittadini che desiderino entrare maggiormente in contatto con le istituzioni, eventualmente anche portando alla loro attenzione i bisogni sociali maggiormente percepiti e le soluzioni per rispondervi. Negli ultimi anni, quindi, si sono osservati numerosi esempi di progetti virtuosi di civic crowdfunding (Castrataro e Barollo 2013), che verranno illustrati nelle sezioni successive. Recentemente il crowdfunding ha trovato ampio utilizzo nel settore delle organizzazioni non-profit e delle imprese sociali; un recente contributo ha evidenziato, nel nostro paese, la presenza di 82 piattaforme di crowdfunding (69 attive e 13 in fase di lancio) e il crescente interesse Azienda Pubblica 1.2016 60 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa delle imprese sociali a utilizzare questo strumento (Balboni et al. 2015): solo nel biennio 2011-2013, sono stati registrati più di 250 progetti condotti da imprese sociali italiane. Il secondo pilastro dell’analisi è la considerazione di come la cultura sia uno dei settori che più hanno risentito della crisi e dei tagli alla spesa pubblica (Bruton et al. 2015): da un lato i decisori pubblici non offrono un programma culturale all’altezza delle aspettative, dall’altro i cittadini sono sempre più insoddisfatti di questa situazione. Si è venuto così a creare il clima ideale per l’impiego del civic crowdfunding nel settore artistico e culturale, non solo per realizzare concretamente progetti meritevoli con il supporto della comunità interessata, ma anche con lo scopo, da parte dei cittadini, di inviare un segnale alle istituzioni stesse, dimostrando la propria disponibilità a pagare. Il successo di una campagna di civic crowdfunding in ambito culturale, dunque, non si ferma all’effettivo raggiungimento dell’obiettivo monetario, ma si riferisce anche alla pressione che viene automaticamente esercitata sulle istituzioni dal successo stesso della campagna. Nell’articolo si è cercato di rispondere alla seguente domanda di ricerca: è possibile individuare e selezionare un insieme di variabili significative, in base alle quali confrontare le esperienze di civic crowdfunding in atto a livello nazionale ed europeo? Più specificamente, si è cercato in primo luogo di verificare la possibilità di confrontare le esperienze di civic crowdfunding in atto, per poi classificarle in base a un modello di analisi di tipo multidimensionale basato sull’utilizzo di differenti variabili in una prospettiva di benchlearning. Si è, infatti, ritenuto opportuno innovare rispetto al modello tradizionale, che confronta le esperienze di crowdfunding, e di conseguenza di civic crowdfunding, solo in base alle caratteristiche delle diverse piattaforme utilizzate (Balboni et al. 2015). Il benchlearning rappresenta un’evoluzione delle modalità di benchmarking e ha registrato un’elevata diffusione all’interno dei processi di autovalutazione della qualità (modello EFQM – European Foundation for Quality Management e modello CAF - Common assessment framework sviluppato dallo European Institute of Public Administration). Dopo le prime sperimentazioni in imprese private e amministrazioni pubbliche dei paesi scandinavi negli anni ‘90 (si vedano www.karlofconsulting.se e www.benchlearning.com), si sono sviluppate numerose esperienze grazie al finanziamento (programma Leonardo CEE/UE) di progetti nel Regno Unito, Svezia, Norvegia e Finlandia. Il benchlearning attribuisce particolare rilievo al processo di apprendimento ed è articolato su sette fasi. Il suo obiettivo non è semplicemente rapportarsi alle “buone pratiche”, quanto imparare dalle altre imprese, istituzioni e organizzazioni, selezionate attraverso prassi di benchmarking, punti di forza e aree di eccellenza con l’obiettivo di replicabilità e adattamento critico (Meneguzzo et al. 2004). 61 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa 2. Il crowdfunding: un’analisi della letteratura Il crowdfunding nasce all’interno del fenomeno del crowdsourcing, ovvero l’assegnazione al pubblico, da parte di un’impresa for profit, di compiti fondamentali per la realizzazione o la vendita del proprio prodotto, solitamente tramite Internet, con l’obiettivo di spingere gli individui a contribuire al processo produttivo gratuitamente o a fronte di una remunerazione inferiore al valore del contributo che essi apportano all’impresa (Kleeman et al. 2008). Lo sviluppo del web 2.0 è uno dei motivi principali alla base dello sviluppo del crowdsourcing online, poiché permette a chiunque di comunicare e creare contenuti superando le distanze geografiche e di interagire con reti virtuali per realizzare progetti di crowdsourcing (Kleeman et al. 2008; Hammon e Hippner 2012; Schwienbacher e Larralde 2012). Il crowdsourcing non prevede che i partecipanti forniscano risorse finanziarie all’impresa, eppure in alcuni casi si è registrata la partecipazione della “massa” al finanziamento di progetti specifici. Il primo uso del crowdfunding come strumento di finanziamento è stato registrato nel settore artistico culturale (Aitamurto 2011) con l’impiego della piattaforma Sellaband, fondata nel 2006; il termine “crowdfunding”, invece, è stato utilizzato per la prima volta da Michael Sullivan sul suo sito web, Fundavlog, sempre nel 2006. La crisi economico-finanziaria ha senz’altro contribuito alla diffusione del crowdfunding, poiché le forme di finanziamento tradizionali per le imprese innovative si sono fortemente ridotte (Bruton et al. 2015). Il settore culturale continua a fare un uso intenso del crowdfunding e molti professionisti in questo ambito lo considerano una possibile soluzione ai problemi finanziari delle organizzazioni culturali (Morfoot 2011; Boeuf et al. 2014). D’altra parte, però, l’impiego del crowdfunding nel settore culturale rischia di allontanare i fund-seeker da reti e risorse più stabili (Bannerman 2013). De Buysere et al. (2012) definiscono il crowdfunding come “lo sforzo collettivo di numerosi individui che creano una rete e uniscono le proprie risorse per sostenere progetti portati avanti da altri individui o organizzazioni”. Di norma, questo processo avviene per mezzo di Internet; i progetti vengono finanziati grazie a moltissimi piccoli contributi individuali. Belleframme et al. (2010) sottolineano che il crowdfunding si basa su un appello aperto per raccogliere risorse finanziarie a sostegno di iniziative specifiche; i contributi dei partecipanti possono costituire donazioni (quindi non sono previste ricompense), oppure dare il diritto a ricevere ricompense di vario tipo. Il crowdfunding, quindi, si basa su due elementi principali: l’interesse dei singoli per un progetto specifico e l’uso di Internet, il quale differenzia il crowdfunding dalla tradizionale attività di fundraising, permettendo alle organizzazioni e agli individui di richiedere e fornire capitale tramite un intermediario virtuale (Macht e Weatherston 2015). Il successo di Sellaband, infatti, ha portato alla creazione di numerose piattaforAzienda Pubblica 1.2016 62 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa me online dedicate ad argomenti specifici, quali i progetti imprenditoriali (Macht e Weatherston 2015), il giornalismo (Aitamurto 2011), la ricerca scientifica (Wheat et al. 2013), le esplorazioni nello spazio (Harris e Russo 2015), i progetti scolastici (Meer 2014), la musica e le arti (Agrawal et al. 2013), lo sviluppo di medicinali (Dragojlovic e Lynd 2014). I principali attori coinvolti nel crowdfunding sono tre: (i) gli individui che cercano di ottenere fondi per il proprio progetto, detti fund-seeker; (ii) i crowdfunder, cioè coloro che contribuiscono a finanziare tale progetto con una somma relativamente contenuta di denaro; (iii) l’intermediario, di norma una piattaforma online di crowdfunding, che permette ai due attori di incontrarsi (Valanciene e Jegeleviciute 2013; Tomczak e Brem 2013; Macht e Weatherston 2015). Il crowdfunding può avvenire in modo diretto, quando il fund-seeker si rivolge direttamente a un pubblico selezionato per mezzo della propria piattaforma, oppure indiretto, cioè quando viene lanciata una campagna rivolta al pubblico per mezzo di una piattaforma gestita da terzi (Tomczak e Brem 2013). Nel processo di raccolta fondi, il fund-seeker registra il proprio progetto su una piattaforma online, che seleziona i contenuti e in seguito li pubblica (Collins e Pierrakis 2012); solitamente le piattaforme si basano sulla “saggezza della folla” affinché i progetti ritenuti più validi vengano sostenuti e abbiano successo (Bruton et al. 2015). Per quanto riguarda i sostenitori e la loro partecipazione, Van Wingerden e Ryan (2011) hanno individuato l’intervallo medio delle singole donazioni tra i 6 e i 50 dollari, in linea con il principio secondo cui ogni partecipante contribuisce con una piccola somma di denaro. Allo stesso tempo, il limite minimo per le donazioni è basso, proprio per permettere a un maggior numero di investitori di prendere parte alla campagna (Bruton et al. 2015). La distanza in termini geografici tra fund-seeker e sostenitori non è significativa ai fini del successo o meno del progetto, nonostante le prime donazioni in termini temporali tendano a provenire da investitori locali (Agrawal et al. 2013). La piattaforma può adottare la modalità all-or-nothing o quella keepit-all: nel primo caso, il fund-seeker può ricevere i fondi solo se raggiunge l’obiettivo prefissato, mentre nel secondo gli verrà consegnata la somma raccolta indipendentemente dal raggiungimento dell’obiettivo (Kappel 2009; Collins e Pierrakis 2012; Tomczak e Brem 2013). Nella fase finale del processo di crowdfunding, il fund-seeker deve portare a termine il progetto e consegnare le ricompense, ove previste, ai partecipanti. Se il progetto si conclude con successo, le piattaforme trattengono una quota del totale raccolto: sono quindi motivate ad attrarre ampie comunità di fund-seeker e sostenitori (Agrawal et al. 2013). I progetti non-profit hanno maggiori probabilità di successo rispetto a quelli for profit, ma sono sostenuti da un minor numero di finanziatori e di norma il loro obiettivo finanziario è più basso (Pitschner e Pitschner-finn 2014). 63 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Il successo di una campagna di crowdfunding dipende dal capitale sociale che i fund-seeker riescono a costruire e sviluppare intorno alla piattaforma, la quale non costituisce quindi solamente un intermediario, ma anche un locus di relazioni sociali (Colombo et al. 2015); ricevere contributi nelle prime fasi della campagna spesso ne anticipa il successo (Agrawal et al. 2013; Ordanini et al. 2011). I modelli di crowdfunding si sono evoluti rapidamente, passando dall’offrire ricompense materiali e diritti d’autore per arrivare a corrispondere prestiti strutturati e investimenti equity (Bruton et al. 2015). Tabella 1. Le principali tipologie di crowdfunding Tipologia Descrizione Donation-based I contributi rappresentano mere donazioni per iniziative non a scopo di lucro, a fronte delle quali non sono corrisposte ricompense. Reward-based I partecipanti prendono parte al finanziamento di progetti con l’aspettativa di ricevere una ricompensa o un premio a fronte del proprio contributo. Lending-based Le somme rappresentano forme di prestito collettivo da privati verso altri privati (P2P) o imprese (P2B) e devono essere restituite ad un tasso di interesse più conveniente rispetto al prestito tradizionale. Equity-based I partecipanti all’iniziativa vengono remunerati con partecipazioni delle società di nuova creazione finanziate con questo strumento. Fonte: Nostra elaborazione Il crowdfunding di tipo equity si è sviluppato più lentamente rispetto alle altre modalità, tranne che nel Regno Unito, dove è cresciuto rapidamente grazie a Crowdcube e piattaforme simili. I modelli di crowdfunding che prevedono donazioni e ricompense non hanno conseguenze in termini di governance e proprietà delle nuove imprese che vengono costituite, così come il crowdfunding lending-based, che riguarda principalmente l’indebitamento a breve termine; il crowdfunding equity, invece, amplia il bacino degli azionisti, nonostante non tutti abbiano diritto di voto, quindi l’effetto sui processi di governance possa essere contenuto (Bruton et al. 2015). Un’altra classificazione è quella che vede le modalità di crowdfunding distinte in “passive” e “attive”: nel primo caso si fa riferimento al crowdfunding reward-based, definito passivo poiché l’interazione tra il fund-seeker e i sostenitori è limitata alla somministrazione delle ricompense; nel secondo caso, invece, l’idea di fondo è che i sostenitori non stiano solamente fornendo mezzi finanziari, ma si stiano anche impegnanAzienda Pubblica 1.2016 64 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa do ad avere un rapporto più approfondito con il fund-seeker, ad esempio collaborando alla creazione di nuovi prodotti (Schwienbacher e Larralde 2012; Lehner 2013). Le teorie sulla psicologia di massa (Le Bon 1985; Freud 1921; Turner e Killian 1972) e sul fenomeno della psicologia della “folla” online (Russ 2007; Surowiecki 2004) sono utili a comprendere i fattori motivanti all’opera nei processi di crowdfunding. Gerber et al. (2011) analizzano le ragioni per cui gli individui decidono di dar vita a progetti di crowdfunding e per cui vi partecipano. Cumming e Johan (2013) individuano il principale motivo di partecipazione nel desiderio di sostenere l’imprenditorialità e di ottenere un contatto diretto con l’imprenditore. I crowdfunder, inoltre, sono più motivati a donare quando il progetto è descritto come un’opportunità di aiutare gli altri che quando è rappresentato come una mera opportunità di business (Allison et al. 2015). Un aspetto particolarmente interessante del crowdfunding è quello che ha per oggetto i beni pubblici, chiamato civic crowdfunding, ovverosia il finanziamento collettivo di opere e progetti pubblici, in aggiunta ai fondi pubblici, o in loro sostituzione, effettuato da cittadini e organizzazioni della società civile, anche in partnership con le amministrazioni pubbliche. Il civic crowdfunding si riferisce a progetti finanziati collettivamente al fine di offrire servizi alla comunità, e ha come risultato la produzione di beni non rivali e non escludibili (che siano tali per l’intera comunità o per la maggior parte di essa), dunque, come da definizione, beni pubblici. Per quanto riguarda gli attori coinvolti nel processo di finanziamento, i risultati migliori si ottengono quando si genera una collaborazione tra la società civile, il settore pubblico, il settore privato e quello non-profit (Davies 2014): questa condizione permette di assicurare la partecipazione democratica della comunità ad alcuni processi di gestione pubblica, dando vita a forme di public governance a livello locale e riconducibili alle principali riflessioni presenti in letteratura su questa tematica (Osborne 2010). Dal 2010, sono stati lanciati negli Stati Uniti oltre 1.200 progetti di civic crowdfunding, dei quali più di 770 sono stati finanziati con successo; l’obiettivo mediano della raccolta è di 8.000 dollari e la mediana delle donazioni è 62 dollari (Davies 2014). Davies (2014) individua alcuni tratti “tipici” dei progetti di civic crowdfunding: la scala finanziaria ridotta (inferiore ai 2.100$) e la realizzazione in grandi città, con lo scopo di produrre un bene pubblico per una comunità che non è servita al meglio dall’amministrazione pubblica. È possibile impiegare tre diverse teorie per descrivere il civic crowdfunding (Davies 2014). La prima lo vede come espressione di community agency, mettendo in rilievo l’impatto finanziario dell’orientamento della comunità a partecipare democraticamente alla pianificazione pubblica. 65 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa La seconda, al contrario, lo considera il successo dell’agire a livello individuale, per cui i singoli sono disposti ad accettare maggiori livelli di rischio in cambio di un accesso a un ventaglio più ampio di opportunità. La terza, infine, si basa sull’erosione delle istituzioni pubbliche e sulla ridotta produzione di beni pubblici, che dà origine al civic crowdfunding come risposta contingente di breve periodo. Il campo del civic crowdfunding è piuttosto recente: basti pensare che il termine stesso è stato impiegato per la prima volta nel 2012 (Davies 2014). A partire dal 2012 si sono infatti sviluppate numerose iniziative che hanno portato alla creazione di piattaforme dedicate (Spacehive nel Regno Unito, Citizinvestor e Ground up negli Stati Uniti, Urbankit in Cile). Le origini del civic crowdfunding “moderno” possono essere fatte risalire alla crisi e alle politiche di austerity, nonché al sentimento generale di solidarietà e cooperazione tra cittadini (Giannola e Riotta 2013); esso nasce dall’identificazione dei cittadini con il proprio territorio e dalla conseguente volontà di migliorarne le condizioni: in questo caso, il web rappresenta un connettore, uno strumento di sostegno alle comunità locali, ma non costituisce necessariamente il fattore chiave del processo. L’aspetto relativo alla motivazione a partecipare è particolarmente interessante nel caso di progetti di civic crowdfunding, poiché di norma le donazioni sono effettuate in aggiunta a tasse e contributi che vengono già pagati alle amministrazioni pubbliche e questo potrebbe generare resistenza da parte dei cittadini a finanziare servizi che dovrebbero essere offerti con il pagamento dei tributi. Le esperienze che saranno illustrate di seguito evidenziano bene che il coinvolgimento dei cittadini nei vari progetti sia stato determinato dal “valore pubblico” attribuito al legame con il territorio e con la comunità di appartenenza. 3. La metodologia utilizzata nell’analisi L’approccio adottato in questo contributo è quello del multiple case study, poiché si tratta del metodo più in linea con le domande di ricerca e con l’impostazione dell’analisi in senso qualitativo. I case study, infatti, sono particolarmente adatti in situazioni nelle quali l’oggetto di analisi è un fenomeno contemporaneo e caratterizzato da un contesto ancorato al “mondo reale”: queste condizioni si ritrovano nello studio del crowdfunding. L’analisi di case study consente di comprendere le motivazioni sottostanti ai processi di formulazione e messa in atto delle decisioni e il rapporto tra decisioni e risultati. Dall’analisi della letteratura esistente, è possibile notare che, ad oggi, i progetti sono stati classificati principalmente in base al tipo di piattaforma impiegata (Balboni et al. 2015). Sicuramente la piattaforma tecnologica adottata rappresenta una dimensione rilevante; non è però sufficiente a confrontare tra loro progetti diversi. Per questo abbiamo scelto di introdurre una seconda variabile, tratta dall’analisi di Davies (2014), Azienda Pubblica 1.2016 66 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa ovvero l’entità del finanziamento richiesto1 per portare a termine il progetto. Queste due dimensioni ci permetteranno di effettuare un primo confronto tra le esperienze di civic crowdfunding. Figura 1. Un modello di classificazione delle esperienze di civic crowdfunding Fonte: Nostra elaborazione Successivamente, abbiamo deciso di introdurre una serie di variabili che meglio descrivono le specificità dei progetti di civic crowdfunding che, come più volte richiamato, sono destinati al finanziamento o co-finanziamento di progetti finalizzati alla salvaguardia, miglioramento e valorizzazione dei beni pubblici e dei beni comuni. Le variabili possono essere ricondotte all’ampia letteratura sul ruolo e la gestione degli stakeholder nelle attività di progettazione di interventi e azioni, del rapporto tra pianificazione e gestione strategica di politiche, programmi e azioni pubbliche e project management. Ricordiamo semplicemente, a questo proposito, i numerosi contributi su stakeholder management (da ultimo Freeman 2010) e il ruolo assunto dallo stakeholder management nei processi di pianificazione e gestione strategica nel settore pubblico (Bryson 2011; Joyce e Drumaux 2014; Joyce 2015). Abbiamo scelto di inserire le seguenti variabili: – Attori coinvolti, ovvero gli attori (stakeholder chiave) a cui attribuire l’idea progettuale di civic crowdfunding; 1 Il finanziamento richiesto può rappresentare un importo “modesto” oppure “elevato”: in base ai casi analizzati, abbiamo definito “modesti” gli importi inferiori agli 8.000€, ovvero l’importo mediano individuato da Davies (2014) nella sua analisi. 67 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa – Oggetto del finanziamento; – Stakeholder engagement nella fase di definizione dei progetti, ovvero il grado di coinvolgimento dei diversi stakeholder nei vari aspetti da affrontare (dall’idea al progetto, alla scelta della piattaforma, alle modalità di comunicazione e social media strategy); – Stakeholder engagement nella fase di produzione dei servizi, ovvero il grado di coinvolgimento degli attori interessati attivamente alle politiche di offerta dei servizi, finanziati o cofinanziati grazie ai progetti di civic crowdfunding; – Stakeholder engagement nella fase di valutazione e monitoraggio dei progetti, ovvero il grado di partecipazione a tale fase di gruppi di interesse, forme associative, comunità di utenti e cittadini; – Contributo al consolidamento del capitale sociale. Con riferimento allo stakeholder engagement, intensità e livello di coinvolgimento sono stati valutati attraverso l’analisi delle esperienze che, riteniamo importante sottolineare, si è caratterizzata come osservazione partecipata, dato che siamo stati parte attiva nei diversi progetti. In prospettiva, l’intensità di coinvolgimento potrà essere direttamente valutata attraverso specifiche metodologie (pensiamo alla social network analysis). Quanto al capitale sociale, si ritiene che i progetti di civic crowdfunding debbano rappresentare un fattore di spinta al consolidamento del capitale sociale nel territorio e nelle comunità di riferimento e contribuire alla creazione di valore pubblico2. Nonostante un’ampia e approfondita letteratura sul tema del valore pubblico, a livello internazionale e nazionale, sviluppata a partire dal lavoro di Moore (1995), ancora oggi non sono stati, a parere di chi scrive, proposti convincenti e sistematici sistemi di misurazione e valutazione del valore pubblico. Si è quindi scelto di inserire come variabile proxy (sempre a livello qualitativo) il contributo al consolidamento del capitale sociale nelle due esperienze prese in considerazione. Si ottiene così un modello che permette in primo luogo di classificare le esperienze in base a due dimensioni rilevanti per i progetti di questo tipo, e in secondo luogo di paragonarle in un’ottica di benchlearning, con particolare attenzione, quindi, come già anticipato, alle condizioni di riproducibilità e replicabilità. Verranno quindi prese in considerazione due esperienze di civic crowdfunding particolarmente significative a livello italiano ed europeo, per poi posizionarle all’interno della matrice. Le due esperienze sono state selezionate per la loro comune appartenenza all’ambito culturale, il quale emerge come campo di intervento prediletto per le iniziative di crowdfunding (Bruton et al. 2015; Morfoot 2011; Boeuf et al. 2014). Verrà dedicata una particolare attenzione all’esperienza di civic 2 Sulla distinzione e sul collegamento tra i due concetti, si vedano le considerazioni di Meneguzzo (2007). Azienda Pubblica 1.2016 68 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa crowdfunding dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, trattandosi di uno dei primi esperimenti italiani di crowdfunding nel settore universitario, rientrante nel più ampio quadro dellaTerza Missione dell’università. In questo esperimento, due degli autori hanno svolto un ruolo di “osservatori partecipanti” o, meglio, di osservatori leader del progetto. 4. Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Svizzera Sono stati selezionati due progetti di civic crowdfunding ritenuti significativi e accomunati dall’area di intervento, quella culturale: (i) le iniziative lanciate dalla piattaforma Progettiamo.ch, creata in Canton Ticino per ospitare progetti di crowdfunding finalizzati allo sviluppo del territorio; (ii) la campagna “Sabato in Biblioteca!”, realizzata dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Le informazioni in merito ai progetti sono state reperite intervistando direttamente i responsabili. La piattaforma Progettiamo.ch e il progetto “Museo del Legno Xiloteca” In Svizzera, tra i numerosi progetti in atto nei vari Cantoni, il più significativo è quello di Progettiamo.ch, la piattaforma di civic crowdfunding nata in Canton Ticino nel 2014 per iniziativa dei quattro Enti di Sviluppo Regionale (ERS), che rappresentano agenzie operative con l’obiettivo di promuovere e valorizzare il potenziale economico e territoriale della propria regione attraverso una collaborazione con soggetti pubblici e privati. La piattaforma è stata realizzata secondo una logica di co-progettazione (co-design) e co-finanziamento dei risultati, e ospita progetti che abbiano come obiettivo lo sviluppo socio-economico del territorio. Il modello di riferimento adottato dagli ERS del Canton Ticino e finalizzato a valorizzare la co-progettazione, la co-realizzazione e il co-finanziamento di microprogetti pubblici è riconducibile all’evoluzione delle logiche di public governance (Osborne 2010) e alle principali best practice di amministrazioni pubbliche europee, identificate e riconosciute nei premi all’innovazione (European Public Sector Award, promosso dallo European Institute of Public Administration). Molto interessante, in una prospettiva di ricerca futura, è il fatto che alcuni progetti vedano come promotore i Patriziati, i quali si occupano della gestione dei beni comuni (laghi, boschi, beni artistici e monumentali). Progettiamo.ch opera secondo una logica di coinvolgimento attivo di numerosi stakeholder (multistakeholder engagement) (Freeman 2010): nella rete dei partner sono presenti pubbliche amministrazioni (Cantone, Municipi e Consorzi di Comuni), associazioni non-profit e organizzazioni non governative, fondazioni miste pubblico-private, agenzie di media e comunicazione, Camere di Commercio e agenzie per lo sviluppo di micro imprese. Inoltre, la piattaforma beneficia del sostegno della Banca dello Stato e di Swiss Lotteries. La Tabella 2 presenta alcuni tra i principali promotori della piattaforma Progettiamo.ch. 69 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Tabella 2. I promotori di Progettiamo.ch Enti Pubblici Istituzioni non profit Imprese Dipartimento delle Finanze e dell’Economia – Canton Ticino Fondazione Agire TimeRepublik Osservatorio culturale del Canton Ticino Federazione delle Associazioni di Artigiani del Ticino TiPiù Infogiovani – Dipartimento della sanità e della socialità Associazione Microcredito Svizzera Italiana TIO.ch Parc Adula Sostegno Fondounimpresa.ch Città di Lugano Parco Nazionale del Locarnese Agenda Lugano Lugano Network Fonte: Nostra elaborazione La piattaforma ha conseguito, dopo un anno e mezzo di attività, risultati molto significativi: 80.000 utenti/visitatori su una popolazione residente di circa 330.000 persone, 45 progetti presentati, un tasso di successo del 58%, una donazione media di 259 CHF (quasi il triplo della mediana delle donazioni registrata nel contesto statunitense) e una raccolta complessiva di donazioni pari a 110.000 CHF (dati aggiornati a Maggio 2016). Particolarmente vivace è l’attività di crowdfunding sviluppata nel settore artistico e culturale: dal rilancio della biblioteca municipale di Brissago, a progetti sicuramente più impegnativi quali le processioni storiche di Mendrisio (che costituiscono la prima candidatura del Canton Ticino ai beni immateriali dell’UNESCO), l’attivazione di corsi di arte terapia, il finanziamento della rassegna MAT (spettacoli teatrali) e la creazione del Museo del Legno Xiloteca. Quest’ultimo progetto si caratterizza come particolarmente significativo per l’obiettivo della raccolta fondi, pari a 75.000 CHF e conseguito con successo, e prevede la costruzione di una struttura specifica che permetterà di scoprire le tecniche di lavorazione del legno, ospitandone l’intera filiera. all’interno del comprensorio del Parco Nazionale del Locarnese e soprattutto un modello di gestione che vede coinvolti numerosi attori pubblici e privati, dallo stesso Parco nazionale, alle aziende forestali ed un modello di gestione che integra attività museale vera e propria (visite ed informazione sui legni indigeni e fauna) con la lavorazione dei prodotti in legno e vendita dei manufatti artigianali. Queste attività assicureran- Azienda Pubblica 1.2016 70 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa no, a conclusione della campagna di crowdfunding, la sostenibilità economico finanziaria del progetto. La campagna “Sabato in Biblioteca!” dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, convergenza di civic crowdfunding e Terza Missione In un contesto di crisi economica e necessità di contenimento della spesa pubblica, le università si trovano ad affrontare la riduzione dei fondi ad esse destinati, con la conseguenza che alcuni servizi “accessori” alla didattica e alla ricerca vengono ridimensionati, generando insoddisfazione tra gli studenti e il personale docente. La biblioteca della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, per esempio, ha visto i propri fondi ridursi da 250.000€ nel 2010 a 100.000€ nel 2015: si è trattato di un taglio consistente, che ha impedito alla biblioteca di incrementare il proprio organico al fine di prolungare l’orario di apertura, nonostante ormai siano sempre più comuni le biblioteche aperte nel weekend e durante la notte. Il progetto “Sabato in Biblioteca!” aveva l’obiettivo di raccogliere fondi per permettere l’apertura della biblioteca anche il sabato, affinché gli studenti e gli abitanti del territorio potessero godere di un luogo di aggregazione culturale e di studio anche durante il weekend. Il progetto si è svolto in diverse fasi, come illustrato nella Figura 2. Figura 2. Fasi del progetto di civic crowdfunding “Sabato in Biblioteca!” Mar-Apr 2014 Mag-Dic 2014 Gen 2015 Feb-Mar 2015 Identificazione del bisogno Scelta del progetto e piano di fattibilità Scelta della piattaforma Campagna di crowfundig Apr-Dic 2015 Implementazione del progetto e valutazione ex post Fonte: Nostra elaborazione Sulla base delle richieste degli studenti di un’estensione dei giorni di apertura della biblioteca, è stato somministrato un questionario a tutti gli stakeholder rilevanti all’interno dell’università (studenti, docenti e personale amministrativo), per comprendere il loro interesse per il crowdfunding e la loro disponibilità a partecipare al progetto specifico. I risultati del questionario hanno evidenziato un interesse diffuso (circa il 65% degli intervistati) per il progetto, e dunque la disponibilità a partecipare attivamente donando una somma di denaro per permetterne la realizzazione (Figura 3). 71 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Figura 3. Disponibilità a partecipare a progetti di civic crowdfunding per migliorare i servizi universitari Sì No Non so Fonte: Nostra elaborazione La maggior parte dei partecipanti si è dichiarata disposta a donare una somma tra i 5 e i 10€ (Figura 4), in linea con quanto emerso dall’analisi della letteratura. Figura 4. Che somma saresti disposto a donare per un progetto di crowdfunding a favore della biblioteca di facoltà? 121 78 75 68 22 1-2 euro 2-5 euro 5-10 euro 10-20 euro più di 20 euro Fonte: Nostra elaborazione Per quanto riguarda la scelta della piattaforma, sono stati privilegiati gli aspetti relativi alla facilità d’uso, all’entità delle commissioni trattenute, Azienda Pubblica 1.2016 72 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa alla disponibilità di vari sistemi di pagamento, alla reputazione e visibilità della piattaforma. La scelta è così ricaduta su Eppela, una delle piattaforme più note nel panorama del crowdfunding italiano. Il budget per l’iniziativa è stato fissato a 2.500€ (equivalenti a sei mesi di aperture aggiuntive nel weekend), in modo da stabilire un obiettivo realistico e raggiungibile. Ciò è in linea con quanto emerso dall’analisi della letteratura, che individua nei progetti a scala ridotta, realizzati all’interno di grandi città, il principale “tipo” di progetto di civic crowdfunding (Davies 2014). La campagna di raccolta fondi ha avuto luogo principalmente all’interno della facoltà perché, almeno in questa prima fase, il coinvolgimento degli “interni” (studenti, docenti e personale amministrativo) era ritenuto senz’altro maggiore di quello degli “esterni” (i cittadini). La comunicazione della campagna è avvenuta sia tramite l’impegno in prima persona dei promotori che attraverso i canali social, personali e istituzionali. La campagna ha avuto successo, con il superamento dell’obiettivo prima della scadenza, segnale dell’interesse che essa ha generato all’interno dell’università (Figura 5). Figura 5. Risultati del progetto di civic crowdfunding “Sabato in Biblioteca!” Fonte: Nostra elaborazione Al termine della campagna è stato somministrato un secondo questionario ai partecipanti, dal quale è emerso che l’interesse per il progetto è la motivazione che ha spinto il 52% dei rispondenti a donare, mentre il 38% era guidato dalla volontà di incoraggiare le iniziative di civic crowdfunding all’interno dell’università; è interessante notare che il 9% degli intervistati abbia partecipato a causa della pressione sociale legata all’atto stesso della partecipazione (peer pressure). Il dato più incoraggiante è quello per cui il 97% dei partecipanti prenderebbe di nuovo parte a un progetto simile e il 95% pensa che il civic crowdfunding possa essere impiegato utilmente nelle università: ciò rafforza l’intuizione alla base del progetto e spinge a ideare altre iniziative simili proprio perché la risposta della comunità è stata estremamente positiva. In questa prospettiva, il progetto sta innescando all’interno dell’Ateneo e nell’area di riferimento (Roma Sud, Castelli Romani, Tor Bella Monaca) un circolo virtuoso di micro-iniziative, dalla tutela del verde pubblico e delle aree giochi, alle scuole di musica (VivaMusica), a progetti 73 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa imprenditoriali legati al riciclo dei rifiuti, collegati ai Laboratori di Nuova Economia (www.next.org). Infine, il successo dell’iniziativa, in termini sia di finanziatori sia di partecipazione alle aperture della biblioteca nei sei mesi di sperimentazione, ha portato le istituzioni dell’Università di Tor Vergata a dedicare fondi specifici per garantire tali aperture per tutto l’anno e prolungarle fino alle ore serali, nelle sei diverse facoltà dell’Ateneo. Come già anticipato, questo progetto si allaccia al concetto di Terza Missione delle università (Novelli e Talamo 2014), ovvero il ruolo di creazione, consolidamento e diffusione di conoscenza all’interno del territorio e della comunità. 5. Applicabilità del modello, prime conclusioni e prospettive di ricerca futura I due casi considerati consentono di affermare l’applicabilità dei due modelli di classificazione delle esperienze, dalla matrice di posizionamento, più consolidata e riconducibile alla letteratura sviluppata nel contesto statunitense, a quello più legato alle specificità dei sistemi di governance pubblica a livello locale e al ruolo assunto dai diversi stakeholder, di particolare rilevanza nelle amministrazioni locali europee, che prevede l’utilizzo di un insieme di variabili che possono in prospettiva essere utilizzate in logica di benchlearning. Le dimensioni rilevanti della matrice sono rappresentate dall’impiego di una piattaforma propria (creata appositamente dal promotore del progetto) o di una piattaforma di crowdfunding già esistente e utilizzata per numerosi progetti, e dall’importo del finanziamento richiesto, che può essere modesto o elevato a seconda che sia superiore o inferiore a 8.000€ (Figura 6). Figura 6. Matrice di posizionamento delle esperienze Fonte: Nostra elaborazione Azienda Pubblica 1.2016 74 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Nel caso di Progettiamo.ch, gli importi richiesti sono elevati e la piattaforma è stata creata appositamente: si può pensare che, trattandosi quasi esclusivamente di iniziative dedicate allo sviluppo socio-economico e alla promozione del territorio del Canton Ticino, fosse preferibile adottare una piattaforma dedicata a livello territoriale, che agisse come contenitore e catalizzatore per tutte le iniziative di questo tipo. Nel caso dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, invece, l’obiettivo finanziario del progetto era modesto, ma è stato preferito l’impiego di una piattaforma già esistente e specializzata nella promozione di progetti di crowdfunding: la ragione di questa scelta, secondo i promotori, stava nella necessità di incrementare al massimo la visibilità del progetto, nel tentativo di allargare la comunità di interesse ed eventualmente di attirare sostenitori esterni. La seconda componente del modello è rappresentata dall’insieme di variabili che consentono di confrontare le iniziative di civic crowdfunding in ottica di benchlearning. La Tabella 3 presenta il risultato dell’applicazione di tali variabili ai due progetti presi in considerazione. Tabella 3. Variabili di confronto Variabili “Sabato in Biblioteca!” Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Progettiamo.ch Canton Ticino Attori coinvolti Stakeholder interni all’università (studenti, docenti, personale amministrativo) Cittadini, Comuni/ Municipi, Enti di Sviluppo Regionale, Banca dello Stato, associazioni non profit e ONG, fondazioni, imprese, microimprese, Patriziati Oggetto del finanziamento Bene pubblico (biblioteca di facoltà) Beni pubblici (settore culturale), beni comuni (es. Ponte tibetano Valle Maggia), partenariato pubblico-non profit Stakeholder engagement nella definizione dei progetti Media intensità: Co-design dell’iniziativa tra Biblioteca e Associazioni studenti Elevata intensità: Co-design (definizione congiunta dei progetti tra i diversi soggetti) Stakeholder engagement Bassa intensità: l’apertura è nella produzione dei servizi stata gestita da un’associazione non profit promossa dal personale docente strutturato e non (Fund Raising Lab) Elevata intensità: servizi realizzati in una logica di co-produzione con cittadini, istituzioni e comunità locali Stakeholder engagement nella fase di valutazione e monitoraggio dei progetti Media intensità: molte iniziative promosse da Municipi, Patriziati e forme di partenariato pubblico non profit prevedono forme di co-valutazione delle modalità realizzative Bassa intensità: non è stato previsto un monitoraggio dei risultati da parte della biblioteca e del SBA (sistema bibliotecario di Ateneo) - segue - 75 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Variabili “Sabato in Biblioteca!” Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Contributo al consolidamen- Fattore di accelerazione per to del capitale sociale iniziative didattiche (Laboratori di Nuova Economia) e per altri microprogetti di civic crowdfunding in ambito culturale e musicale Progettiamo.ch Canton Ticino Significativo nelle iniziative promosse da Patriziati e Municipi (manutenzione e miglioramento dei beni comuni e beni pubblici) Fonte: Nostra elaborazione Possono poi effettuarsi due considerazioni aggiuntive sulla tabella di confronto: “Sabato in Biblioteca!” e Progettiamo.ch presentano un sistema di attori molto differenziato; sicuramente le esperienze di civic crowdfunding rispondono maggiormente all’esigenza di mobilitare un elevato numero di fund-seeker; le iniziative analizzate permettono un rafforzamento delle logiche di stakeholder engagement in diversi momenti, dall’idea progettuale, alla definizione delle modalità di offerta, al monitoraggio e alla co-valutazione dei risultati conseguiti grazie ai progetti, rafforzando la capacità di pianificazione e gestione strategica delle amministrazioni pubbliche (Bryson 2011). Il coinvolgimento di una pluralità di stakeholder nelle diverse fasi in cui si articola un progetto di civic crowdfunding (dall’idea, alla formulazione del progetto, alla concreta realizzazione) può fornire idee, spunti e indicazioni per lo sviluppo di iniziative a livello locale. Testimonianza significativa di una crescente attenzione della pubblica amministrazione locale, in una prospettiva di sviluppo di partnership con il settore non-profit e con gli intermediari finanziari etici, è la ricerca recentemente condotta da IFEL ANCI e Università di Roma “Tor Vergata” sul tema della finanza sociale: in tale ricerca, il civic crowdfunding viene collegato a strumenti quali obbligazioni etiche e social impact bond, micro finanza e microcredito (http://www.fondazioneifel.it/direttastreaming-ifel.html). Il modello multidimensionale di analisi e lettura delle esperienze in atto di civic crowdfunding si è rivelato applicabile a progetti con caratteristiche molto diversificate. Le due esperienze analizzate rappresentano rispettivamente un’iniziativa governata e promossa dalle amministrazioni locali (i quattro ERS del Canton Ticino) e ispirata a logiche di public governance, e un’iniziativa bottom-up, promossa da un gruppo di stakeholder attivi all’interno della comunità universitaria senza una specifica regia o coordinamento da parte dell’Università pubblica in cui è stata sviluppata l’iniziativa. In prospettiva, visto il crescente interesse delle amministrazioni locali e di molte istituzioni pubbliche operanti nel settore sanitario (Aziende Sanitarie Locali ed Aziende Ospedaliere), sociale ed educativo (istituzioAzienda Pubblica 1.2016 76 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa ni scolastiche ed Università) a progetti di civic crowdfunding, numerosi possono essere gli ambiti di applicazione ed utilizzo del modello, che sarà destinato ad essere affinato e integrato. Riteniamo importante sviluppare alcune ulteriori riflessioni sulle caratteristiche dei due casi analizzati e sugli elementi di convergenza; questi ultimi sono rappresentati da: L’originalità delle iniziative, ossia la capacità dei promotori di cogliere gli elementi distintivi del crowdfunding, ormai consolidato per il finanziamento di progetti imprenditoriali e start up, e sperimentarlo per progetti di pubblico interesse, collegati alle logiche di public governance. Le traiettorie di sviluppo: entrambe le esperienze sono partite da progetti di civic crowdfunding pilota e hanno scelto o di istituzionalizzare le iniziative (caso Canton Ticino) o di promuovere l’iniziativa stessa come catalizzatore di altre future iniziative (caso Tor Vergata). L’utilizzo del civic crowdfunding per il co-finanziamento di investimenti e spese di gestione legate ai beni pubblici (Sabato in Biblioteca, specifici progetti in Canton Ticino) e di beni comuni (progetti in corso di avvio nel territorio dell’Ateneo di Roma “Tor Vergata”, numerosi progetti lanciati dai Patriziati in Svizzera). Ovviamente vi sono anche, come l’articolo evidenzia nella presentazione dei casi di studio, significativi elementi di differenziazione, legati prevalentemente alla piattaforma tecnologica adottata e alla verifica preliminare di fattibilità dei progetti. In conclusione, occorre sottolineare che iniziative di civic crowdfunding possono aiutare a mobilitare attori della società civile per la co-progettazione e il co-finanziamento dei progetti, nonché diventare laboratorio per il progressivo consolidamento di una cultura (o meglio di più culture) finalizzata a identificare modalità innovative di finanziamento dei progetti di interventi pubblico o di interesse pubblico. Il successo del civic crowdfunding, come bene illustrano le esperienze analizzate, non è riconducibile alla piattaforma tecnologica adottata o all’utilizzo intelligente dei social media; come per altre modalità di finanziamento alternativo, legate alla finanza sociale e al partenariato pubblico-privato (donazioni, fundraising, progetti delle fondazioni comunitarie), credibilità del progetto, fiducia delle comunità di riferimento, radicamento nelle comunità e nei territori sono fattori critici di successo che devono essere tenuti in considerazione dal sistema delle amministrazioni pubbliche interessate a esplorare le opportunità offerte dal civic crowdfunding. Bibliografia Agrawal A., Catalini C., Goldfarb A. (2013), “Some Simple Economics of Crowdfunding”, in Lerner J., Stern S. (a cura di), Innovation Policy and the Economy, Volume 14, Chicago, IL: University of Chicago Press, pp. 63-97. 77 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Aitamurto T. (2011), “The impact of crowdfunding on journalism: case study of Spot.Us, a platform for community-funded reporting”, Journalism Practice, 5(4), pp. 429-445. Allison T., Davis B., Short J., Webb J. (2015), “Crowdfunding in a prosocial microlending environment: examining the role of intrinsic versus extrinsic cues”, Entrepreneurship Theory and Practice, 39(1), pp. 53-73. Balboni B., Kocollari U., Pais I. (2015), “I segreti del successo delle campagne di crowdfunding delle imprese sociali italiane”, Impresa Sociale, 6, pp. 1-11. Bannerman S. (2013), “Crowdfunding culture”, Wi: Journal of Mobile Media, 7(1), pp. 1-30. Belleflamme P., Lambert T., Schwienbacher A. (2010), “Crowdfunding: an industrial organization perspective”. Available at: http://economix.fr/ pdf/workshops/2010_dbm/Belleflamme_al.pdf Boeuf B., Darveau J., Legoux R. (2014), “Financing creativity: crowdfunding as a new approach for theatre projects”, International Journal of Arts Management, 16(3), pp. 33-48. Bruton G., Khavul S., Siegel D., Wright M. (2015), “New financial alternatives in seeding entrepreneurship: microfinance, crowdfunding, and peer-to-peer innovations”, Entrepreneurship: Theory and Practice, 39(1), pp. 9-26. Bryson J. (2011), Strategic planning for public and nonprofit organizations: a guide to strengthening and sustaining organizational achievement, 4th ed., San Francisco: Jossey-Bass. Castrataro D., Barollo A. (2013), Il crowdfunding civico: una proposta. Available at: https://issuu.com/alessiobarollo/docs/civic-crowdfunding Collins L., Pierrakis Y. (2012), The venture crowd: crowdfunding equity investment into business, London: NESTA. Colombo M., Franzoni C., Rossi-Lamastra C. (2015), “Internal social capital and the attraction of early contributions in crowdfunding”, Entrepreneurship: Theory and Practice, 39(1), pp. 75-100. Cumming D., Johan S. (2013), “Demand-driven securities regulation: evidence from crowdfunding”, Venture Capital, 15(4), pp. 361-379. Davies R. (2014), “Civic crowdfunding: participatory communities, entrepreneurs and the political economy of place”. Available at: http://dx.doi. org/10.2139/ssrn.2434615. De Buysere K., Gajda O., Kleverlaan R., Marom D. (2012), “A framework for European crowdfunding”. Available at: http://www.fundraisingschool. it/wp-content/uploads/2013/02/European-Crowdfunding-FrameworkOct-2012.pdf Dragojlovic N., Lynd L. (2014), “Crowdfunding drug development: the state of play in oncology and rare diseases”, Drug Discovery Today, 19(11), pp. 1775-1780. Freeman R.E. (2010), Strategic management: a stakeholder approach, Cambridge: Cambridge University Press. Azienda Pubblica 1.2016 78 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Freud S. (1921), Group psychology and the analysis of the ego, Wien: Internationaler Psychoanalytischer Verlag. Gerber E., Hui J., Kuo P. (2011), “Crowdfunding: Why People Are Motivated to Post and Fund Projects on Crowdfunding Platforms”, Seattle, WA: The ACM SIGCHI Conference on Computer Supported Cooperative Work and Social Computing (CSCW), Workshop on Design, Influence, and Social Technologies. Giannola E., Riotta F. (2013), “Crowdfunding Civico: Finanziamento Collettivo come Strategia di Innovazione Sociale”, XXVIII Congresso Nazionale, Istituto Nazionale di Urbanistica, Salerno. Hammon L., Hippner H. (2012), “Crowdsourcing.”, Business and Information Systems Engineering, 4(3), pp. 163-166. Harris H.E., Russo P. (2015), “The influence of social movements on space astronomy policy: the cases of ‘Hubble Huggers’, JWST’s ‘Science Warriors’ and the ISEE-3 ‘Reboot Team’”, Space Policy, 31, pp. 1-4. Howaldt J., Schwarz M. (2010), Social innovation: concepts, research fields and international trends, Dortmund: IMO international monitoring. Kappel T. (2009), “Ex ante crowdfunding and the recording industry: a model for the U.S.”, Loyola of Los Angeles Entertainment Law Review, 29(3), pp. 375-385. Kleeman F., Voss G., Rieder K. (2008), “Un(der)paid innovators: the commercial utilization of consumer work through crowdsourcing”, Science, Technology and Innovation Studies, 4(1), pp. 5-26. Joyce P. (2015), Strategic Management in the public sector, Abingdon: Routledge. Joyce P., Drumaux A. (2014), Strategic Management in Public Organizations: European Practices and Perspectives, Abingdon: Routledge. Le Bon G. (1985), Psychology of crowds, Southampton: Sparkling Books Ltd. Lehner O. (2013), “Crowdfunding social ventures: a model and research agenda”, Venture Capital, 15(4), pp. 289-311. Macht S., Weatherston J. (2015), “Academic research on crowdfunders: what’s been done and what’s to come?”, Strategic Change, 24(2), pp. 191-205. Meer J. (2014), “Effects of the price of charitable giving: evidence from an online crowdfunding platform”, Journal of Economic Behaviour and Organization, 103, pp. 113-124. Meneguzzo M., Senese M.S., Bernhart J., Promberger K. (2004), Orientati alla qualità. Modelli di eccellenza nella gestione dei Comuni, Milano: Guerini e Associati. Meneguzzo M. (2007), “Le prospettive future verso un equilibrio tra valore pubblico, competitività e capitale sociale, valutazione multidimensionale della performance e performance management”, in AA.VV., Misurare per decidere, Soveria Mannelli: Rubbettino. Moore M.H. (1995), Creating public value: strategic management in government, Cambridge: Harvard University Press. 79 Azienda Pubblica 1.2016 Saggi Esperienze di civic crowdfunding in Italia e in Europa Morfoot A. (2011), “Can crowdfunding pay? “You betcha!””, Variety, 424(4), p. 5. Mulgan G., Tucker S., Ali R., Sanders B. (2010), Social innovation: what it is, why it matters and how it can be accelerated, London: Basingstoke Press. Novelli G., Talamo M.(2014), “La Terza Missione per l’Università Italiana: una nuova occasione per crescere?”, Medicina e Chirurgia ,61, pp. 2715-2719. Noya A., Clarence E., Craig G. (2009), Community capacity building. Creating a better future together, Local Economic and Employment Development (LEED), Paris: OECD Publishing. Ordanini A., Miceli L., Pizzetti M., Parasuraman A. (2011), “Crowd-funding: transforming customers into investors through innovative service platforms”, Journal of Service Management, 22(4), pp. 443-470. Osborne S. (2010), The New Public Governance? Emerging perspectives on the theory and practice of Public Governance, London: Routledge. Pitschner S., Pitschner-Finn S. (2014), “Non-profit Differentials in Crowdbased Financing: Evidence from 50.000 Campaigns”, Economic Letters, 123(3), pp. 391-394. Russ C. (2007), “Online crowds: extraordinary mass behavior on the Internet”, Proceedings of I-MEDIA ’07 and I-SEMANTICS ’07. Available at: http://ssrn.com/abstract=1620803 Schwienbacher A., Larralde B. (2012), “Crowdfunding of small entrepreneurial ventures”, in Cummings D. (a cura di), The Oxford Handbook of Entrepreneurial Finance, Oxford, UK: Oxford University Press, pp. 369-391. Surowiecki J. (2004), The Wisdom of Crowds, New York: Anchor. Tomczak A., Brem A. (2013), “A conceptualized investment model of crowdfunding”, Venture Capital, 15(4), pp. 335-359. Turner R., Killian L. (1972), Collective behavior, New Jersey: Prentice-Hall. Valanciene L., Jegeleviciute S. (2013), “Valuation of crowdfunding: benefits and drawbacks”, Economics and Management, 18(1), pp. 39-48. Van Wingerden R., Ryan J. (2011), “Fighting for funds: an exploratory study into the field of crowdfunding”. Available at: http://lup.lub.lu.se/luur/do wnload?func=downloadFile&recordOId=1982630&fileOId=2436193 Wheat R.E., Wang Y., Byrnes J.E., Ranganathan J. (2013), “Raising money for scientific research through crowdfunding”, Trends in Ecology and Evolution, 28(2), pp. 71-72. Azienda Pubblica 1.2016 80 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Isabella Fadda Ricercatore confermato, Università degli studi di Cagliari - [email protected] Paola Paglietti Professore associato, Università degli studi di Cagliari Sommario: 1. Introduzione. – 2. La lotta alla corruzione: il contesto internazionale. – 3. Lo stato dell’arte in Italia. – 4. Il sistema dei controlli interni. – 5. I controlli in Italia: criticità e possibili soluzioni. – 6. Conclusioni La corruzione all’interno delle pubbliche amministrazioni è un fenomeno complesso il cui contrasto richiede l’attivazione di una molteplicità di strumenti aventi tra loro diversa natura: giuridico-legale, economico-aziendale, etico-sociale. Affinché questi strumenti operino in modo sinergico occorre un coordinamento tra gli stessi, in un primo momento, nella fase di loro introduzione nel sistema giuridico e, in un secondo momento, nelle fasi operative di loro concreto utilizzo. Soffermando l’attenzione sugli strumenti gestionali si rileva come, anche di recente, importanti organismi internazionali impegnati nella lotta alla corruzione abbiano sottolineato la funzione essenziale, a tale fine, di sistemi di controllo interno che siano efficacemente integrati nelle attività operative delle amministrazioni pubbliche. Tali constatazioni offrono lo spunto per una riflessione sul sistema dei controlli interni in ambito pubblico, così come previsto dalla legislazione del nostro paese, e sul suo coordinamento con le recenti norme anticorruzione. Corruption is a multifaceted phenomenon which must be tackled using a variety of instruments belonging to different realms: legal, managerial, and socio-ethical. For these tools to operate synergically, they need to be coordinated both when they are initially introduced in the legal system and in the subsequent implementation phase, when they are actually used. Limiting the focus to the managerial tools, some important international institutions which are actively involved in the fight against corruption have recently underlined the primary role to be played by internal control systems, provided that they are effectively integrated into the operating activities of government. This observation triggers some considerations on Italian public-sector internal control systems and on their coordination with the recently issued anticorruption regulations. Parole chiave: corruzione – controlli interni Key words: corruption – internal controls 81 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito 1. Introduzione La corruzione è fenomeno antico che, da sempre, caratterizza le società. Con la globalizzazione dei fenomeni sociali ed economici, tale patologia è diventata anch’essa globale e ha assunto dimensioni prima non conosciute. I danni della corruzione sono da ricondursi prima di tutto alla minaccia allo stato di diritto e alle libertà individuali, ma poi anche al corretto svolgimento degli affari e della concorrenza, alla nascita di nuove imprese e all’attitudine all’innovazione: in sintesi, allo sviluppo economico. La consapevolezza di tale stato di cose e della necessità di un’azione comune e coerente nei diversi paesi si è fatta strada e –come si avrà modo di vedere nel successivo paragrafo – oggi molti accordi sono stati stipulati e molte azioni sono state poste in essere e coordinate a livello internazionale. Gli strumenti a disposizione sono di natura sia squisitamente giuridica sia organizzativa e gestionale. Se occorrono pene e tribunali che le irroghino, occorre prima di tutto che le amministrazioni pubbliche e i sistemi-paese in generale siano strutturati in modo funzionale, che in essi prevalgano atteggiamenti eticamente orientati, che i fenomeni corruttivi siano prevenuti piuttosto che repressi. In Italia, il tema è particolarmente rilevante e sentito, se è vero che il nostro paese è considerato, a torto o a ragione, tra quelli più corrotti nel mondo occidentale – a puro titolo esemplificativo, nell’ultimo report di Transparency International l’Italia si colloca al penultimo posto tra i paesi dell’Unione Europea, seguita solo dalla Bulgaria. Molto si sta facendo per reagire a tale stato di cose, per quanto attiene tanto all’aspetto sostanziale di riduzione di tali patologie, quanto alla percezione che della pervasività della corruzione si ha all’interno e all’estero. In un paese tradizionalmente caratterizzato da formalismo giuridico, il rischio è che si continui a operare con l’emanazione di norme e la previsione di pene sempre più severe, finendo per aggravare l’eccesso di regolazione e confusione normativa, ossia l’esatto contrario di quanto occorre per il buon funzionamento delle amministrazioni e dell’economia. Molti sono i provvedimenti concreti sui quali si sta lavorando: si pensi allo snellimento dei processi civili, penali e amministrativi, alla riforma delle procedure di appalto pubblico, alla vigilanza collaborativa dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Il tema della corretta amministrazione e dell’individuazione e gestione dei rischi che possono minacciarla è da tempo considerato dagli studi teorici e dalla pratica delle imprese private. La struttura concettuale di riferimento e i concreti strumenti di azione sono noti e utilizzati da lungo tempo. Essi costituiscono un riferimento utile per il mondo pubblico, pur nella diversità di soggetti e situazioni. Con il presente scritto si vuole appunto indagare l’utilità dei controlli interni per il buon andamento delle amministrazioni pubbliche e il contrasto a fenomeni corruttivi, con particolare riferimento al nostro paese. A seguire, l’articolo descriverà i principali accordi e iniziative interAzienda Pubblica 1.2016 82 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti nazionali in tema di contrasto alla corruzione e le misure richieste a tale scopo ai paesi che vi aderiscono; particolare attenzione sarà rivolta al sistema dei controlli interni. La trattazione proseguirà con la descrizione del fenomeno della corruzione nel contesto italiano, evidenziando la dimensione del problema e le misure adottate negli ultimi anni per fronteggiarlo. Successivamente, si tratterà il tema dei controlli interni quale misura di contrasto alla corruzione, analizzando prima le prassi internazionali di eccellenza e a seguire il contesto italiano, del quale si evidenzieranno criticità e possibili soluzioni. Infine, le conclusioni esporranno alcune considerazioni finali. 2. La lotta alla corruzione: il contesto internazionale La valenza strategica della lotta alla corruzione e della promozione di iniziative atte a favorire l’integrità dei governi trova i propri fondamenti in motivazioni che sono non solo di ordine etico, ma anche e significativamente di carattere economico e sociale. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), impegnata in tale attività da quasi mezzo secolo, nel 2011 ha dato vita a una nuova iniziativa, la CleanGovBiz, per supportare i governi e la società civile nella promozione dell’integrità e nel contrasto alla corruzione. Proprio nell’ambito di questa iniziativa, nel 2014 l’OECD ha voluto rimarcare l’importanza di queste due attività pubblicando un fascicolo informativo che dalle stesse prende il titolo (OECD 2014). Quest’ultimo, tra le altre cose, sintetizza gli effetti distorsivi della corruzione attraverso alcuni dati piuttosto eloquenti, scaturiti da ricerche condotte da rilevanti istituzioni quali la World Bank e il Fondo Monetario Internazionale: 5% del PIL mondiale, il costo della corruzione; 10%, in media, l’aggravio dei costi per le imprese dovuti alla corruzione; nei paesi a elevato tasso corruttivo, 5% in meno di investimenti e quasi raddoppiati indici di mortalità infantile rispetto a quelli con un basso tasso di corruzione. Gli accordi internazionali stipulati in materia di lotta alla corruzione assumono, in questo contesto, un ruolo chiave. Questi favoriscono una maggiore attenzione nell’agenda politica dei diversi governi nazionali sulle tematiche connesse con l’integrità, la trasparenza e tutte le forme di contrasto alla corruzione, anche grazie alla promozione della cooperazione internazionale fra stati. Inoltre, detti accordi impongono ai paesi che vi aderiscono dei veri e propri vincoli di natura giuridica. Le principali convenzioni internazionali vigenti sono di seguito brevemente ricordate nei loro aspetti essenziali. L’UNCAC (United Nation Convention Against Corruption), stipulato nel 2003 e in vigore dal 2005, è il più largo accordo esistente, con 140 stati firmatari al 2014. I suoi obiettivi sono tre: promuovere e rafforzare le misure atte a combattere e prevenire la corruzione in maniera più efficace ed efficiente; favorire la cooperazione internazionale anche attraverso assistenza tecnica nella lotta alla corruzione, compreso il recupero 83 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito delle risorse; promuovere l’integrità, l’accountability e la corretta gestione degli affari e delle risorse pubbliche (UNCAC, chapter I, art. 1). Per tali fini il trattato prescrive, tra i diversi provvedimenti, una serie di misure preventive riguardanti sia il settore pubblico che quello privato. Con riferimento al primo, appaiono qui di particolare rilievo quelle attinenti ai meccanismi che regolano il pubblico impiego, gli appalti pubblici, la gestione e la rendicontazione delle finanze pubbliche, il coinvolgimento della collettività nella pubblica amministrazione attraverso provvedimenti che favoriscano non solo la trasparenza dell’amministrazione, ma anche e più ampiamente la partecipazione della collettività stessa ai processi decisionali. L’art. 9 del trattato, in maniera specifica, prescrive che gli Stati aderenti adottino misure adeguate a garantire trasparenza e accountability nella gestione delle finanze pubbliche. Tra queste misure, la norma ricomprende (art. 9, comma 2, lettere a-e) la chiara definizione delle procedure per l’adozione del budget; la rendicontazione tempestiva dei proventi e delle spese; un sistema contabile e di standard di revisione nonché un correlato sistema di monitoraggio; efficaci ed efficienti sistemi di gestione del rischio e di controllo interno; un sistema di azioni correttive per il mancato adempimento alle precedenti prescrizioni. L’OECD Anti-Bribery Convention, entrata in vigore nel 1999 e alla quale aderiscono i 34 paesi membri dell’OECD più 7 paesi non membri, è volta a contrastare la corruzione dei pubblici ufficiali stranieri coinvolti nelle operazioni commerciali internazionali, attraverso misure rivolte non agli stessi pubblici ufficiali, ma ai soggetti corruttori. La UN Convention Against Transnational Organized Crime, in vigore dal 2003, riconosce l’importanza del contrasto alla corruzione come misura atta a supportare la lotta contro la criminalità organizzata transnazionale. In questo ambito, ai paesi firmatari si richiede di adottare tutti i provvedimenti necessari alla prevenzione, nonché alla persecuzione legale, della corruzione e del riciclaggio di denaro “sporco”. La Convenzione Penale sulla Corruzione (STCE n. 173) del Consiglio Europeo, stipulata a Strasburgo nel 1999 e aperta sia ai paesi membri UE che ad altri paesi non membri, ha lo scopo di coordinare gli sforzi internazionali in materia di penalizzazione delle pratiche quali la corruzione attiva e passiva, negli ambiti nazionale e internazionale, di pubblici ufficiali, parlamentari, soggetti privati, giudici, il traffico di influenze, il riciclaggio dei proventi della corruzione e i reati contabili (fatture, falso in documenti contabili, ecc.) connessi con reati di corruzione (artt. 2-14). Contro questi reati, gli stati aderenti alla convenzione devono prevedere efficaci sistemi dissuasori e sanzionatori applicabili sia alle persone fisiche che a quelle giuridiche. L’applicazione delle previsioni del trattato è monitorata dal “Gruppo di Stati contro la Corruzione - GRECO”. La Convenzione Civile sulla Corruzione (STCE n. 174) del Consiglio Europeo, anche questa stipulata a Strasburgo nel 1999, obbliga gli stati aderenti a prevedere nei rispettivi ordinamenti giuridici “rimedi giudiziaAzienda Pubblica 1.2016 84 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti li efficaci a favore delle persone che hanno subito un danno risultante da un atto di corruzione, al fine di consentire alle medesime di tutelare i propri diritti e interessi, ivi compresa la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni” (art. 1). Anche per questa convenzione, il gruppo GRECO vigila sul rispetto degli impegni assunti dagli stati aderenti. La Convenzione UE contro la Corruzione dei Pubblici Ufficiali, in vigore dal 2005, è volta a contrastare gli atti corruttivi che coinvolgono pubblici ufficiali dell’Unione Europea o dei singoli stati membri. La convenzione obbliga gli stati aderenti a prevedere nel proprio ordinamento giuridico misure idonee a far sì che gli atti di corruzione attiva o passiva nei confronti di pubblici ufficiali siano considerati illeciti di carattere penale. La Convenzione UE relativa alla tutela degli interessi finanziari comunitari, in vigore dal 1995, impone ai firmatari di stabilire efficaci sanzioni penali a fronte delle frodi a danno degli interessi finanziari dell’UE. La Convenzione provvede, oltre alla definizione di frode – distinguendo tra frodi in materia di entrate e in materia di spese – a definire i concetti di corruzione attiva e corruzione passiva. Rispetto agli accordi predetti, che hanno per gli stati aderenti natura giuridica vincolante, vi sono altre iniziative di non trascurabile importanza, come l’Open Government Partnership (OGP), istituita nel 2011 da 8 nazioni e alla quale attualmente aderiscono 69 paesi1. Per poter entrare a far parte di questa alleanza multinazionale, i singoli governi devono possedere dei requisiti essenziali con riferimento a quattro aree strategiche: trasparenza finanziaria, accesso alle informazioni, pubblicità delle informazioni concernenti i redditi e il patrimonio delle alte cariche pubbliche, partecipazione dei cittadini2. Gli scopi dell’OGP sono quelli di garantire l’impegno da parte dei suoi affiliati nel promuovere la trasparenza e la lotta alla corruzione, il coinvolgimento della società civile nell’amministrazione pubblica, l’utilizzo delle nuove tecnologie a supporto della governance. A tali fini, gli affiliati definiscono piani di azione attraverso i quali stabiliscono i propri impegni relativamente a quattro aree chiave: Accesso alle informazioni, Coinvolgimento della società civile, Accountability pubblica e, strumentale rispetto a queste prime tre, Tecnologia e Innovazione per la trasparenza e l’accountability. L’OGP sottopone a valutazione periodica da parte di valutatori indipendenti – c.d. Independent Reporting Mechanism (IRM) – la validità degli impegni assunti e delle azioni poste in essere per il loro raggiungimento, nonché il relativo stato di attuazione. Da quanto sopra esposto si evince come le misure attivate ai fini del contrasto della corruzione abbiano varia natura. In primo luogo, sono 1 Si visiti, per maggiori informazioni, il seguente indirizzo web: www.opengovpartnership.org/ 2 Il possesso di tali requisiti è valutato attraverso un sistema che misura in scala da 0 a 4 ciascuna delle predette aree e comporta un punteggio massimo finale pari a 16. I paesi che ottengono un punteggio complessivo almeno pari al 75% di detto punteggio massimo sono ammissibili all’OGP. 85 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito utilizzati dispositivi che operano in ambito giuridico-legale – previsioni normative, sanzioni, organi di vigilanza ecc. Inoltre, è fatto ricorso a strumenti che operano in ambito gestionale – sistemi di controllo interno e di audit ecc. – e politico-sociale – tutte quelle misure volte a creare consapevolezza del fenomeno corruttivo nella collettività e a favorire la partecipazione di questa ai processi amministrativi. Delle stesse misure si offre un’esposizione esemplificativa e senza pretesa di esaustività nella Tabella 1. Tabella 1. Esempi di strumenti di contrasto della corruzione Tipologia Giuridico/ legale Istituzione di autorità anticorruzione e altri organismi preposti all’implementazione delle politiche anticorruzione e alla vigilanza sulle attività delle pubbliche amministrazioni. Adozione di strumenti legali volti a prevenire e a contrastare la corruzione (esempi): - obblighi di rendicontazione; - obblighi in materia di pubblicità degli atti e dei procedimenti delle pubbliche amministrazioni; - obblighi di pubblicità in materia di situazione patrimoniale e conflitto di interessi da parte degli amministratori pubblici, - norme in materia di whistleblowing, ecc. Previsione di sanzioni penali in relazione a illeciti riconducibili a fattispecie corruttive quali: - la corruzione di pubblici ufficiali; - la concussione; - l’appropriazione indebita e l’arricchimento illecito da parte di pubblici ufficiali; - il traffico di influenze illecite; - l’abuso di potere da parte di pubblici ufficiali; - la corruzione tra privati. Previsione di misure atte a favorire la confisca e il recupero delle risorse collegate ad attività riconducibili a fattispecie corruttive. Manageriale Sistemi di controllo interno, prevedono l’utilizzo di misure quali: - la diffusione della cultura dei controlli; - i meccanismi di reclutamento, incentivazione e progressione del personale incentrati sul riconoscimento della professionalità e del merito; - le procedure di autorizzazione; - i meccanismi di segregazione dei compiti; - le procedure di rotazione degli incarichi; - i dispositivi di protezione del patrimonio (inventari del patrimonio, verifiche sulle transazioni, riconciliazione tra registri contabili e documenti giustificativi, ecc.). Sistemi di auditing interno ed esterno. Etico-sociale Coinvolgimento delle collettività nei diversi momenti delle attività pubbliche, per esempio attraverso strumenti di: - policy participation; - participatory budgeting and reporting; - richieste di opinioni sui servizi erogati. Sistemi di open data. Fonte: elaborazione propria Azienda Pubblica 1.2016 86 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti In questa sede si vuole concentrare l’attenzione sulla seconda tipologia di misure, la cui utilità è stata ribadita anche in tempi recenti da vari studi promossi e/o condotti dalle diverse organizzazioni internazionali impegnate su questo fronte e dei quali non è qui possibile dare compiuta esposizione. Tuttavia, si ritiene opportuno citarne qualcuno a puro titolo esemplificativo. In una raccolta di studi patrocinata dalla World Bank, Dorotinsky e Pradhan (2007), incrociando i dati sull’indice di corruzione percepita3 – CPI index – con quelli relativi alla qualità dei sistemi di public financial management4 – PFM – mostrano come, per livelli qualitativi superiori a quello mediano, a una più elevata qualità dei sistemi di PFM sono correlati indici di corruzione percepita più bassi. Rispetto agli stessi sistemi di PFM, gli autori individuano cinque aree di vulnerabilità che comportano un aumento del rischio di eventi corruttivi, e tra queste, anche una legata all’inadeguatezza dei sistemi di controllo interno (Dorotinsky e Pradhan 2007, p. 303). L’Ufficio Europeo per la lotta antifrode (OLAF), nella relazione 2013 sulla lotta alla corruzione negli appalti pubblici, richiamandosi al lavoro di Ware et al. (2007) incluso nella raccolta di cui sopra, ha indicato quali principi che reggono una valida attività di public procurement: l’economicità, l’efficienza, la trasparenza e l’accountability. Ai fini di quest’ultima si individua la necessità di istituire un credibile sistema sanzionatorio contro la violazione delle regole, nonché adeguati sistemi di controllo interno e di audit. L’esigenza di controlli che siano integrati nel contesto operativo delle amministrazioni pubbliche è ben evidenziata in uno studio del Fondo Monetario Internazionale (Tanzi 1998) sulle cause e i rimedi contro la corruzione. Tanzi, seguendo l’approccio economico di Becker (1974), sottolinea come la prima linea di difesa contro la corruzione sia proprio la presenza di controlli interni alle istituzioni – institutional controls (Tanzi 1998, p. 575) – tra i quali le attività di auditing e la presenza di codici etici e di condotta. La Commissione Europea (CE), nella relazione 2014 sulla lotta alla corruzione presentata al Consiglio e al Parlamento Europeo, ha evidenziato come i meccanismi di controllo svolgano un ruolo essenziale nell’azione di contrasto al fenomeno corruttivo. In tal senso, accanto alle attività fondamentali svolte dalle diverse autorità di contrasto e anticorruzione, viene ravvisata la necessità di un approccio organico alla lotta alla corruzione, il quale necessita il rafforzamento dei meccanismi di prevenzione e controllo in tutta la pubblica amministrazione. La relazione, per contro, rileva che in molti degli stati membri i controlli interni sono “scarsi e poco coordinati”, soprattutto a livello di governi locali. Per questi ultimi si ravvisa un maggiore rischio di corruzione, proprio a motivo del 3 Il riferimento è al Corruption Perception Index (CPI) sviluppato da Transparency International. 4 I dati si riferiscono a World Bank’s Country Policy and Institutional Assessment (CPIA) ratings. 87 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito fatto che i controlli interni sono più deboli rispetto a quelli previsti al livello centrale (Commissione Europea 2014a). 3. Lo stato dell’arte in Italia Con riferimento specifico al nostro paese, la relazione 2014 della CE sulla lotta alla corruzione evidenzia che, nonostante gli sforzi compiuti a partire dall’emanazione della legge anticorruzione nel 2012 (L. 190), tale fenomeno rimane un serio problema. Il sondaggio 2013 dell’Eurobarometro sulla corruzione rileva, infatti, che tale fenomeno è molto diffuso per il 97% dei rispondenti, contro il 42% della media europea (European Commission Directorate-General for Home Affairs 2013, p. 6). Peggio dell’Italia si posiziona solo la Grecia, dove si registra la percentuale più elevata, pari al 99%. Nel rapporto sull’attuazione della legge 190/2012, l’ANAC ritrae un paese con un elevato grado di corruzione, che si colloca a una significativa distanza dagli altri paesi membri dell’Unione Europea, quale che sia l’indicatore utilizzato. Nel rapporto si evidenzia, inoltre, come nelle pubbliche amministrazioni italiane faccia fatica ad affermarsi la cultura dell’integrità. Detto fenomeno è testimoniato dalla scarsa determinazione nel dare attuazione alla legge anticorruzione, dimostrata sia dalla componente politica che da quella amministrativa. Viene constatato come, anche per la legge in discussione, abbia ancora una volta prevalso la logica dell’adempimento formale sulla consapevole attuazione di politiche di contrasto alla corruzione (ANAC 2013, pp. 6-7). In questo quadro poco lusinghiero per il nostro paese, di tutto interesse appaiono le osservazioni formulate dalla Commissione Anticorruzione5 presso il Ministero della Pubblica Amministrazione nel proprio rapporto finale del 2012. Il documento richiama infatti l’attenzione, tra l’altro, sulla necessità che le attività di contrasto alla corruzione facciano perno non solo su misure di natura repressiva, ma anche e primariamente su strumenti di natura preventiva, ricomprendendo tra questi i sistemi di controllo interno. In relazione agli stessi, il rapporto mette in luce la criticità legata alla mancanza nelle pubbliche amministrazioni italiane – salvo alcune buone pratiche – della funzione di internal auditing. In coerenza con quanto sopra, la stessa ANAC, nel rapporto del 2013, mette in evidenza la necessità di un coordinamento tra i vari strumenti di misurazione delle performance, trasparenza e anticorruzione. E con tali osservazioni concordano i risultati dell’analisi condotta, sempre dall’ANAC, sulle relazioni predisposte nel 2014 dai Responsabili per la Corruzione (RPC)6 ai fini della valutazione di efficacia delle misure di preven5 Si tratta della commissione istituita nel 2011 presso il Ministero per la Pubblica Amministrazione dal Ministro Patroni Griffi, per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione. 6 Relazioni predisposte in ottemperanza dell’art. 1, co. 14, L. 190/2012 e del piano nazionale anticorruzione. Azienda Pubblica 1.2016 88 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti zione contenute nei Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione (PTPC). Dall’analisi delle relazioni annuali degli RPC si riscontra, infatti, la frequente constatazione della necessità di una revisione del modello di gestione del rischio, nel senso di una sua integrazione con il sistema dei controlli interni. Detti risultati mostrano come l’esigenza di integrazione delle misure anticorruzione nel sistema dei controlli interni sia sentita non solo dalle varie autorità di contrasto alla corruzione, nazionali e internazionali, ma anche da chi operativamente è chiamato a vigilare sul funzionamento delle stesse. Per contro, finora, il legislatore italiano sembra avere puntato prevalentemente su meccanismi repressivi piuttosto che su misure di natura preventiva; da qui una proliferazione di norme, tra loro scarsamente coordinate, che costringono i dirigenti pubblici a impegnare gran parte del proprio tempo in attività di rendicontazione su ciò che è stato fatto a scapito delle attività operative (Fantigrossi 2014). Dati i ripetuti richiami, sia da parte delle istituzioni internazionali che delle autorità nazionali, sull’importanza di sistemi di controllo interno come misura di prevenzione e di contrasto della corruzione, a seguire si procederà, innanzi tutto, all’individuazione delle prassi ritenute adeguate a tali fini a livello internazionale. Successivamente verrà invece analizzato il contesto Italiano. 4. Il sistema dei controlli interni Su cosa si intenda con il termine controlli interni è necessario a questo punto fare chiarezza. A tal fine, appare utile partire proprio dal significato attribuito a tale termine negli studi citati all’inizio della presente trattazione, per poi allargare la discussione all’ambito più generale delle amministrazioni pubbliche. Nel caso di Dorotinsky e Pradhan, gli autori forniscono un’esplicita definizione di cosa essi intendano per sistema di controllo interno evoluto (Dorotinsky e Pradhan 2007, p. 314), richiamando quella adottata dal framework per i controlli interni del Committee of Sponsoring Organisations of the Treadway Commission (COSO), comitato dal quale lo stesso framework prende il nome. In quest’ultimo, il Sistema di Controllo Interno (SCI) viene definito come l’insieme di tutti quei processi istituiti a presidio del conseguimento degli obiettivi aziendali in termini di efficacia ed efficienza della gestione, correttezza della rendicontazione – interna ed esterna, finanziaria e non finanziaria, conformità alle normative e agli standard ai quali l’organizzazione soggiace. Anche i due studi dell’OLAF e della CE richiamano tale definizione, che viene però dedotta, in via indiretta, attraverso gli orientamenti della stessa CE in materia di controlli interni nel settore pubblico. Questi ultimi trovano un’adeguata rappresentazione nel concetto di controllo interno sul quale si fonda il Public Internal Financial Control (PIfC), l’iniziativa adottata dalla Commissione Europea dalla seconda metà degli anni ’90 per guidare i paesi che richiedono l’adesione all’UE nella riorga89 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito nizzazione dei rispettivi SCI7. Esso si basa sulle linee guida sul controllo interno emanate dall’International Organization of Supreme Audit Institutions (INTOSAI) e sui principi emanati dall’Institute of Internal Auditors (IIA); sia le prime che i secondi fanno riferimento ai principi propri del COSO framework. La definizione di SCI in oggetto, pur non essendo esaustiva delle varie accezioni che la stessa assume nei diversi contesti nazionali8, può essere tuttavia considerata rappresentativa di prassi di controllo interno evolute: in prima istanza, a motivo della rilevanza delle organizzazioni che sponsorizzano l’attività del COSO – per esempio, l’American Accounting Association (AAA); l’American Institute of Certified Public Accountants (AICPA); il Financial Executives International (FEI); l’Institute of Management Accountants (IMA); l’Institute of Internal Auditors (IIA); in seconda istanza, in virtù del riconoscimento internazionale del framework quale standard di qualità – è il framework più largamente utilizzato dalle società quotate degli USA per adempiere alle disposizioni del Sarbanes-Oxley Act (SOX) in materia di controlli interni (McNally 2013)9, nonché quello adottato dall’INTOSAI come riferimento nell’emanazione delle linee guida per i sistemi di controllo interno nel settore pubblico – Public Internal Control (PIC). Queste ultime, in particolare, sono frutto di un adattamento del framework COSO, nella versione del 1992, alle peculiarità del contesto pubblico. Il modello di PIC che viene delineato è incentrato sulla gestione del rischio e sul raggiungimento della missione aziendale, nel rispetto di una serie di obiettivi generali riconducibili a quattro macroaree: – obiettivi gestionali: si riferiscono all’esecuzione ordinata, conforme a principi etici, di economicità, efficienza ed efficacia delle operazioni di gestione; – obiettivi di rendicontazione (finanziaria e non finanziaria): si riferiscono all’adempimento degli obblighi di resa del conto – accountability; – obiettivi di compliance: si riferiscono al rispetto delle normative e dei regolamenti vigenti; – obiettivi di salvaguardia del patrimonio: si riferiscono alla protezione delle risorse aziendali contro perdite, utilizzi impropri e danneggiamenti (INTOSAI, 2004). 7 Per un approfondimento del tema relativo al PIFC si vedano De Koning (2007) e Cohen (2007). 8 Sul concetto di controllo interno nel settore pubblico si vedano tra gli altri OECD (1996), Maijoor (2000), Ruffner e Sevilla (2004), Sterck et al. (2005), Pavan e Fadda (2013), European Commission (2014). 9 Il SOX è stato emanato nel 2002 a seguito degli scandali che avevano travolto alcune grandi compagnie statunitensi come Enron e Arthur Andersen. Il suo obiettivo è quello di eliminare le cause di simili scandali e riconquistare la fiducia degli investitori. A tal fine prevede, tra le altre cose, una serie di misure volte a ridisegnare la Corporate Governance delle società quotate. In particolare la Sezione 404 si occupa del sistema di controllo interno, per il quale richiede anche che il management indichi il framework adottato nella valutazione della relativa efficacia. Azienda Pubblica 1.2016 90 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti È qui utile sottolineare che il modello INTOSAI si differenzia dal framework originale principalmente per la rilevanza attribuita a due aspetti significativi propri dell’amministrazione delle risorse pubbliche. In maniera specifica, mentre il framework COSO, con riferimento agli obiettivi di gestione, prende in considerazione solo gli aspetti relativi all’efficienza e all’efficacia, il modello INTOSAI dà rilievo anche all’aspetto etico, in virtù della sua importanza nell’ottica del contrasto alle frodi e alla corruzione nella pubblica amministrazione. In secondo luogo, il modello INTOSAI considera la salvaguardia delle risorse aziendali un obiettivo in sé, che assume importanza in considerazione del fatto che queste sono finanziate attraverso i denari pubblici. Viceversa, il framework COSO considera la salvaguardia delle risorse aziendali come un di cui dei più generali obiettivi gestionali. Sono invece gli stessi, nei due documenti, i cinque elementi sui quali si basa il sistema di controllo interno: 1) l’ambiente di controllo; 2) l’analisi del rischio; 3) le attività di controllo; 4) i sistemi di informazione e comunicazione; 5) le attività di monitoraggio (INTOSAI, 2004). L’ambiente di controllo è l’elemento portante del SCI in quanto identifica gli standard, i processi e le strutture necessari affinché il controllo interno possa essere realizzato. In questo primo elemento viene posta l’enfasi sull’etica dei comportamenti e sul ruolo guida del top management nell’instaurare un clima organizzativo favorevole ai controlli, anche attraverso la tenuta di una condotta che possa essere considerata esemplare – c.d. tone at the top. Risente, dunque, delle politiche organizzative in materia di condotta, reclutamento e incentivazione del personale, nonché, in linea ancora più generale, dei sistemi adottati per la misurazione della performance organizzativa e individuale, al fine della responsabilizzazione verso il raggiungimento dei risultati. L’analisi del rischio consiste di tutti quei processi che vengono attivati ai fini dell’individuazione e della valutazione dei rischi connessi con gli obiettivi predefiniti ai vari livelli organizzativi. Implica una chiara definizione degli obiettivi nelle diverse macroaree sopra individuate (gestionale, rendicontazione, compliance, salvaguardia del patrimonio) e la definizione di una soglia di tolleranza dei rischi al fine di stabilire come gli stessi debbano essere fronteggiati10. Le attività di controllo consistono in tutte quelle misure che vengono predisposte, per mezzo di politiche e procedure organizzative, affinché le iniziative intraprese dal management per fronteggiare i rischi siano effettivamente realizzate. Possono avere natura preventiva o ispettiva e sono tipicamente rappresentate dalle procedure di rotazione delle mansioni, di segregazione dei compiti, di autorizzazione e approvazione, di revisione delle performance e così via. 10 Per una casistica esemplificativa di rischi del settore pubblico e sulle attività da porre in essere per fronteggiarli si veda INTOSAI (2004, pp. 49-56). 91 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito L’informazione e la comunicazione sono condizioni fondamentali per il corretto funzionamento aziendale in generale e, di conseguenza, anche del SCI. In questo contesto esse assumono una funzione strumentale rispetto agli altri elementi del sistema di controllo. Assumono rilevanza tanto le informazioni interne all’organizzazione, quanto quelle relative all’ambiente esterno. Allo stesso modo rilevano i processi di comunicazione, che nella dimensione interna attengono ai processi che consentono il dispiegarsi delle relazioni tra gli elementi dell’organizzazione. Per contro, nella dimensione esterna consentono, per un verso, alla stessa organizzazione di raccogliere rilevanti informazioni dall’ambiente e, per un altro, di fornire a soggetti terzi quelle informazioni atte a soddisfarne necessità e aspettative. Il monitoraggio si concretizza in tutte le attività poste in essere per verificare la presenza e il funzionamento degli elementi del SCI. Possono consistere in attività di monitoraggio sistematico e continuativo oppure in verifiche occasionali, operate anche a seguito dei risultati dei monitoraggi su base continuativa. Come già accennato, il modello di controllo interno delineato dal framework COSO e ripreso dall’INTOSAI si caratterizza per la strumentalità delle attività alla gestione del rischio. Proprio l’orientamento al rischio ha rappresentato una delle principali tendenze evolutive dei sistemi di PIC nei paesi membri dell’UE del millennio da poco cominciato (European Commission 2014). A tal proposito si osserva che, tra questi ultimi, nazioni quali la Svezia, la Danimarca, i Paesi Bassi e il Regno Unito, che adottano un SCI orientato alla gestione del rischio coerente con il COSO framework, si posizionano nei primi posti della graduatoria di Transparency International sull’indice di corruzione percepita. 5. I controlli in Italia: criticità e possibili soluzioni Si è detto che vari accordi, documenti e azioni internazionali puntano sugli strumenti organizzativi e gestionali per il contrasto alla corruzione. La citata relazione della CE suggerisce, in particolare, di “garantire un quadro uniforme per i controlli interni” (Commissione Europea 2014b, p. 16). Il quadro dei controlli interni in Italia si caratterizza, invece, per la frammentarietà e disorganicità dei molteplici provvedimenti che a questi sono riferibili, tali per cui parlare di sistema di controlli interni appare problematico (Pavan e Fadda 2013). Tali provvedimenti sono solo limitatamente riconducibili a uno specifico corpo normativo esplicitamente riferibile ai controlli interni, mentre in larga parte si riferiscono alla disciplina delle pubbliche amministrazioni in generale (Pavan et al. 2013). I principali riferimenti normativi in materia sono stati emanati durante un arco temporale che parte dagli anni ’90 del secolo scorso per arriva- Azienda Pubblica 1.2016 92 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti re fino al 201111. In questo lasso temporale, i controlli interni nelle pubbliche amministrazioni italiane si sono evoluti, comportando un passaggio da un’impostazione di tipo napoleonico, incentrata sui controlli preventivi di legittimità e sulle verifiche di conformità, a una maggiormente orientata all’accountability, sia interna che esterna. Negli ultimi anni, a complemento delle predette norme, sono poi stati emanati la legge 190/2012 (legge anticorruzione) e il d.lgs. 33/2013 (decreto trasparenza). Questo vasto corpo normativo, pur presentando diversi gradi di analogia con il modello di controllo interno tracciato dai framework COSO/INTOSAI, non è tuttavia in grado di delineare un sistema di PIC che allo stesso framework possa dirsi conforme. La prima ed essenziale motivazione di ciò risiede nel fatto che nel contesto normativo dei controlli interni italiano è del tutto assente – con una parziale eccezione contenuta nell’ultima legge anticorruzione – l’orientamento alla gestione del rischio, che invece costituisce il tratto caratterizzante del modello COSO/INTOSAI12. Nella disorganicità dei provvedimenti si riflette, poi, la mancanza di coordinamento tra i diversi organismi preposti all’espletamento delle varie forme di controllo13, nonché la sovrapposizione tra gli strumenti utilizzati a tali scopi14. A tal proposito la Relazione ANAC sul ciclo della performance 2012-2014 mette in luce tra le criticità: 1) l’incoerenza tra un contesto caratterizzato da riduzione delle risorse disponibili e difficoltà organizzative e gli straordinari risultati positivi nel conseguire gli obiettivi strategici. Siffatti esiti sono ascrivibili piuttosto, in base ai risultati dell’indagine condotta dall’ANAC, alla inadeguata definizione degli obiettivi stessi; 2) le carenze dei sistemi informativi a supporto della misurazione e valutazione della performance, lamentata dalla maggior parte delle amministrazioni, in particolare con riferimento alla mancata integrazione tra i sistemi informatici dedicati al controllo di gestione e al controllo strategico; 3) la debolezza del legame tra ciclo delle performance e ciclo di programmazione economico finanziaria, dovuta a un collegamento tra obiettivi strategici e risorse finanziarie che solo nel 33% dei casi esaminati è completo. Ancora più debole risulta, poi, il collegamento tra le stesse risorse e gli obiettivi operativi sottostanti gli obiettivi stra11 Tali provvedimenti sono la L. 241/1990, la L. 142/1990, il d.lgs. 29/1993; la L. 20/1994; i d.lgs. 286/1999, 150/2009, 196/2009, 123/2011. 12 Per un confronto analitico tra il modello COSO/INTOSAI e la normativa italiana in tema di controlli interni si veda Pavan e Fadda (2013, pp. 440-444). 13 Con riferimento alle amministrazioni statali centrali, per esempio, le attività di controllo di regolarità amministrativo contabile sono svolte dagli Uffici Centrali di Bilancio; il controllo sulla spesa è svolto dai Nuclei di analisi e valutazione della spesa composti da membri del Ministero sottoposto a controllo, del Ministero dell’economia e delle finanze e da un rappresentante della Presidenza del Consiglio; il controllo strategico è svolto dall’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV); alle attività riconducibili al controllo di gestione, così come ridefinito dalla L.150/2009 in termini di valutazione e misurazione della performance, partecipano il Dipartimento della Funzione Pubblica presso il Ministero dell’Interno, l’OIV, l’organo di indirizzo politico amministrativo e i dirigenti dell’amministrazione. 14 Si veda in proposito la Relazione ANAC sulla performance delle amministrazioni centrali 2012. 93 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito tegici, dove nel 72% dei casi lo stesso è del tutto assente (ANAC 2014, pp. 52-53). Per rimediare a tale ultima mancanza la stessa Autorità ha emesso nel 2013 una delibera – la n. 6/2013 – contenente indicazioni sugli elementi da considerare nella predisposizione del Piano triennale della performance. La delibera evidenzia la necessità che vengano creati collegamenti non solo tra ciclo della performance e ciclo di bilancio, ma anche e più ampiamente che si cerchi un coordinamento tra gli ambiti relativi alla performance, alla qualità, alla trasparenza, all’integrità e alla prevenzione della corruzione. 6. Conclusioni La corruzione è un fenomeno diffuso nel mondo che ha effetti negativi sulla qualità della vita sociale e sullo stesso benessere economico. Data la diffusione globale del fenomeno, gli stati stipulano convenzioni atte a coordinare e armonizzare le condotte. Gli strumenti adottati sono in parte di tipo giuridico, ma in larga misura hanno natura organizzativa e attengono in particolare ai sistemi contabile e dei controlli interni. Esistono ricerche che mostrano l’esistenza di correlazioni inverse tra l’utilizzo di tali strumenti gestionali e i livelli di corruzione. In Italia, il tema dell’immoralità dei comportamenti economici è drammaticamente attuale. Diverse disposizioni legislative si sono recentemente succedute; in esse sembra talvolta continuare a prevalere l’approccio giuridico formale e repressivo; le norme sono spesso mal correlate e costringono le amministrazioni a dedicare risorse ad attività di mero adempimento. Diversi documenti di organismi competenti segnalano la necessità di un approccio funzionale e di strumenti gestionali. Il SCI è definito in letteratura e in documenti di riferimento per la pratica – il COSO Report, il Public Internal Control dell’INTOSAI e il PIfC dell’UE – quale insieme di strumenti volti a fronteggiare i rischi aziendali e ad assicurare il corretto svolgimento della gestione; si basa su un ambiente organizzativo eticamente orientato e utilizza strumenti aziendali di organizzazione e comunicazione. Di fronte a un quadro istituzionale burocratico, formale e inefficiente, il rischio che gli obblighi imposti dalle leggi anticorruzione e sulla trasparenza si traducano una volta di più in atti di pura osservanza formale15 e vanifichino gli scopi perseguiti dal legislatore sembra concreto; la necessità di una semplificazione che alleggerisca l’entità degli adempimenti posti a carico delle amministrazioni assume, pertanto, carattere prioritario. In tale ottica, la cultura del controllo fondata sull’etica e sulla condotta esemplare di chi sta al vertice dell’organizzazione, le attività di controllo adottate quale parte integrante dei processi operativi e gli altri strumenti del SCI previsti dal framework COSO/INTOSAI costituiscono un modello al quale occorre fare primario e immediato riferimento. 15 In proposito si vedano per esempio: Anessi Pessina e Steccolini (2005); Ongaro e Valotti (2008); Pavan et al. (2014); Reginato et al. (2011). Azienda Pubblica 1.2016 94 Attualità e dibattito La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Bibliografia Anessi Pessina E., Steccolini I. (2005), “Evolutions and Limits of New Public Management—Inspired Budgeting Practices in Italian Local Governments”, Public Budgeting & Finance, 25(2), pp. 1-14. Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) (2013), Rapporto sul primo anno di attuazione della legge 190/2012. Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) (2014), Relazione sulla performance delle amministrazioni centrali 2012. Becker G.S. (1974), “Crime and punishment: An economic approach”, in G.S. Becker, W.M. Landes (a cura di), Essays in the Economics of Crime and Punishment, Cambridge, MA:NBER, pp. 1-54. Cohen A.G. (2007). Public internal financial control: A new framework for public sector management, Altamonte Springs, FL: IIA Research Foundation. Commissione Europea (2014a). Relazione della Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento Europeo: Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione. Commissione Europea (2014b). Relazione della Commissione Europea al Consiglio e al Parlamento Europeo: Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione. Allegato sull’Italia. De Koning R. (2007), Public Internal Financial Control, Brussels. Dorotinsky W., Pradhan S. (2007), “Exploring corruption in public financial management”, in J.E. Campos, S. Pradhan (a cura di), The many faces of corruption, Washington DC: World Bank Publications. European Commission (2014). Compendium of the Public Internal Control Systems in the EU Member States 2014. DOI:doi:10.2761/43027 European Commission Directorate-General for Home Affairs (2013). Special Eurobarometer 397 - Corruption. Fantigrossi U. (2014), “Trasparenza e controlli alla prova di efficienza: il corto circuito delle regole”, Diritto e Pratica Amministrativa, 10. International Organization of Supreme Audit Institutions (2004), Guidelines for Internal Control Standards for the Public Sector, Vol. INTOSAI GOV 9100. Maijoor S. (2000), “The Internal Control Explosion”, International Journal of Auditing, 4(1), pp. 101-109. DOI: 10.1111/1099-1123.00305 McNally J.S. (2013), The 2013 COSO framework & SOX compliance: one approach to effective transition, Strategic Finance, 6, pp. 45-52. OECD (1996), “Management Control in Modern Government Administration: Some Comparative Practices”, Sigma Papers, 4, Parigi: OECD Publishing. OECD (2014), Boosting integrity and fighting corruption at the OECD, Parigi: OECD Publishing. Ongaro E., Valotti G. (2008), “Public management reform in Italy: explaining the implementation gap”, International Journal of Public Sector Management, 21(2), pp. 174-204. DOI:10.1108/09513550810855654 Pavan A., Fadda I. (2013), “I controlli interni per il buon andamento del settore pubblico Italiano”, Azienda Pubblica, 4, pp. 431-449. 95 Azienda Pubblica 1.2016 La lotta alla corruzione: più controlli interni e meno adempimenti Attualità e dibattito Pavan A., Reginato E., Fadda I. (2014), The implementation gap of NPM reforms in italian local governments. An empirical analysis, Milano: Franco Angeli. Pavan A., Reginato E., Fadda I., Paglietti P., Landis C. (2013), “Il sistema di controllo interno negli Enti Locali Italiani”, In L. Anselmi et al. (a cura di), Il declino del sistema dei controlli manageriali nelle pubbliche amministrazioni. Dal federalismo ai costi standard, Milano: Franco Angeli. Reginato E., Paglietti P., Fadda I. (2011), “Formal or substantial innovation: enquiring the internal control system reform in the italian local government”, International Journal of Business and Management, 6(6), pp. 3-15. Ruffner M., Sevilla J. (2004), “Public Sector Modernisation: Modernising Accountability and Control”, OECD Journal on Budgeting, 4(2), pp. 123-141. Sterck M., Scheers B., Bouckaert G. (2005), The modernization of the control pyramid: international trends, Leuven: Steunpunt bestuurlijke organisatie Vlaanderen. Tanzi V. (1998), Corruption around the world: Causes, consequences, scope, and cures, Staff Papers-International Monetary Fund, 45(4), pp. 559-594. Ware G.T., Moss S., Campos J.E., Noone G.P. (2007), “Corruption in Public Procurement: A Perennial Challenge”, in J.E. Campos, S. Pradhan (a cura di), The Many Faces of Corruption, Washington DC: The World Bank. Azienda Pubblica 1.2016 96 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Stefano Lorusso Dottore di Ricerca in Economia e Management delle Aziende e delle Organizzazioni Sanitarie, Dirigente dell’Ufficio Finanze del SSR della Regione Basilicata – [email protected] Sommario: 1. Introduzione – 2. Il Percorso Attuativo di Certificabilità delle aziende sanitarie – 3. Il Percorso Attuativo in Regione Basilicata – 4. Il Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale – 5. La revisione del Bilancio Consolidato del SSR. Una possibile soluzione di transizione – 6. Conclusioni Il contributo prova ad affrontare, sulla base dell’esperienza maturata nella Regione Basilicata, alcune tematiche inerenti alla certificabilità del bilancio consolidato. Dopo aver inquadrato il Percorso Attuativo di Certificabilità (PAC) della Regione, si propone una riflessione sugli aspetti di tipo sia metodologico sia valutativo e gestionale in merito alla redazione del bilancio consolidato. Il lavoro evidenzia come l’attuale assenza di indicazioni normative e di chiare scelte istituzionali, finalizzate ad affrontare le specificità tipiche del servizio sanitario, renda difficile definire l’oggetto di un’eventuale revisione del bilancio consolidato. Si propongono, al fine di superare queste problematiche, alcune possibili soluzioni. This paper offers, on the grounds of the experience gained within the Basilicata Region, a critical analysis about the external financial audit of Regional Health Service consolidated statements. After a brief description of the process, followed by the Basilicata Region, to prepare health-care organisations for an external financial audit, the article explores the main institutional and methodological issues to be tackled in the preparation of region-wide consolidated financial statements. The findings highlight that the current lack of guidelines and clear institutional choices makes it difficult to properly define the auditor’s engagement for the financial audit of region-wide consolidated financial statements. The paper concludes by suggesting a few possible solutions. Parole chiave: Bilancio Consolidato – SSR – Certificazione – Revisione contabile Key words: Consolidated Financial Statements – Health care Service – Financial Audit 97 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative 1. Introduzione Il lavoro intende proporre una riflessione sulla revisione contabile (cd “revisione legale”) del bilancio negli enti del Servizio Sanitario, con particolare riferimento alle problematiche connesse al bilancio consolidato regionale. Più specificamente, il lavoro discute le principali problematiche inerenti alla predisposizione dei bilancio consolidato del Servizio Sanitario Regionale (SSR) e le implicazioni riguardanti la revisione contabile del bilancio stesso. La revisione contabile costituisce un punto qualificante nell’ambito dei Percorsi Attuativi di Certificabilità (P.A.C.) attivati dalle Regioni alla luce del DM 17 settembre 2012. A tal fine, viene proposta l’analisi di un case study, ossia la Regione Basilicata. La Basilicata è stata, infatti, una delle prime regioni in Italia ad aver avviato, già nel 2009, prima del disposto normativo, un percorso finalizzato alla certificabilità dei bilanci delle aziende del SSR. Rappresenta, quindi, un interessante caso di studio, perché ha dovuto affrontare prima delle altre le problematiche di redazione del bilancio consolidato nonché di sottoposizione dello stesso al processo di revisione. Inoltre, ha ottenuto, nel 2014, la certificazione (seppur con limitazioni) dei bilanci di tutte le aziende sanitarie e (prima in Italia) del consolidato regionale, il che la identifica come una best practice a livello nazionale. Un ulteriore aspetto che caratterizza il caso è la decisione di non attivare la Gestione Sanitaria Accentrata presso la Regione (GSA), avvalendosi della facoltà offerta dal D.lgs. 118/2011. I primi paragrafi descrivono il PAC, le specifiche metodologie disegnate e implementate dalla Regione Basilicata e i risultati raggiunti. Partendo dalle indicazioni normative disponibili, dai contributi del mondo scientifico e professionale, nonché dalle criticità riscontrate in sede applicativa, il contributo focalizza poi l’attenzione sulle specificità del bilancio consolidato del SSR rispetto a quanto previsto dal codice civile per il bilancio dei gruppi di imprese. Le specificità tipiche del sistema sanitario e del contesto normativo di riferimento pongono una serie di questioni di tipo metodologico e valutativo. Tali questioni richiedono uno sforzo interpretativo che tenga conto anche degli aspetti gestionali. Rispetto a tale contesto, l’articolo propone alcune possibili soluzioni di carattere sia metodologico sia operativo. 2. Il Percorso Attuativo di Certificabilità delle aziende sanitarie La revisione contabile, come noto, è l’attività svolta dai revisori che, attraverso analisi e verifiche del bilancio di esercizio, condotte sulla base di tecniche e procedure prestabilite e finalizzate alla formulazione di un giudizio professionale sullo stesso, è volta alla tutela e alla salvaguardia del patrimonio aziendale. L’attività di revisione consente di verificare la veridicità, l’attendibilità e la correttezza delle poste contabili di un bilancio d’esercizio o di un bilancio consolidato (Hinna e Messier 2007 e Marchi 2004). Azienda Pubblica 1.2016 98 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale La revisione si sviluppa nel contesto tipico delle società quotate. Essa consente di assicurare il controllo di realtà aziendali di grandi dimensioni, caratterizzate dalla presenza di numerosi stakeholder e fortemente orientate al mercato. Proprio per questo, non sembra pensabile che tale attività possa essere trapiantata per semplice analogia in realtà connotate da assetti istituzionali e organizzativi del tutto differenti. Le aziende del Servizio Sanitario Regionale (SSR) si caratterizzano per regole di funzionamento e aspetti gestionali che le rendono differenti da qualsiasi altra azienda di produzione. Tale tipicità si riscontra anche nell’adozione di specifici meccanismi di finanziamento (remunerazione a quota capitaria, a tariffa per prestazione o per caso trattato etc.) e nelle regole contabili, formalizzate dal legislatore con il D.lgs. 118/2011, che derogano anche ai postulati contabili quali la competenza (si veda, per esempio, il trattamento contabile previsto dal D.lgs. 118/2011, art. 29, per la contabilizzazione della mobilità sanitaria interregionale e per l’ammortamento dei cespiti acquisiti senza disporre di una fonte di finanziamento dedicata). La necessità di definire un sistema contabile uniforme per le aziende sanitarie pubbliche risponde all’esigenza di armonizzare i sistemi contabili regionali. L’armonizzazione dei sistemi di rilevazione e dei processi di controllo tra le aziende sanitarie, attraverso la predisposizione di omogenei schemi di bilancio e principi contabili, è il presupposto per qualsiasi attività di certificazione (Anessi Pessina, Cantù e Persiani 2011). L’aziendalizzazione della sanità non può prescindere dalla perfetta riconoscibilità e accettabilità, da parte dei diversi interlocutori istituzionali e sociali, dei risultati presentati nei bilanci, vista anche l’entità del finanziamento del servizio sanitario e gli effetti fiscali collegati al raggiungimento o meno del pareggio (Persiani 2008 e 2012). Le aziende sanitarie hanno infatti l’obbligo di rendere pubblici, annualmente, i propri risultati economici. Risulta pertanto evidente che rafforzare i livelli di controllo e individuare un adeguato strumento di lettura e interpretazione dei fenomeni aziendali va nella direzione di rafforzare sia i processi di accountability del management sia i livelli di trasparenza dell’azione amministrativa. In tale contesto è stato, quindi, attivato a livello nazionale un importante percorso di armonizzazione contabile, finalizzato alla certificazione dei bilanci del Servizio Sanitario Nazionale. Il percorso verso la certificazione dei bilanci della sanità pubblica, nel contesto normativo nazionale, si è caratterizzato per le seguenti “tappe” logiche (Gelmetti 2013): – valutazione straordinaria delle procedure amministrativo contabili (D.M. 18 gennaio 2011); – armonizzazione contabile, attraverso l’approvazione del D.lgs. 118/2011 e della sua casistica applicativa (art. 1 D.M. 17 settembre 2012); – percorso attuativo della certificabilità dei bilanci (D.M. 17 settembre 2012, artt. 2 ss.). 99 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative La prima tappa è rappresentata dalla valutazione straordinaria delle procedure amministrativo contabili. Tale attività, formalizzata con D.M. 18 gennaio 2011, ha preso il via con il “Patto per la salute in materia sanitaria per il triennio 2010-2012”, sancito con l’Intesa Stato-regioni del 3 dicembre 2009. In particolare, le regioni e le province autonome hanno attivato un percorso di verifica della qualità delle procedure amministrativo contabili sottostanti alla corretta contabilizzazione dei fatti aziendali, nonché della qualità dei dati contabili. La seconda tappa nel percorso delineato è stata l’emanazione del D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 con il quale, a decorrere dall’esercizio 2012, sono state dettate nuove norme contabili e di bilancio per gli enti coinvolti nella gestione della spesa sanitaria, finanziata con le risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale. Innovativa è stata l’introduzione di una cornice normativa coordinata e organica, su base nazionale, indispensabile per superare la preesistente eterogeneità dei criteri di valutazione che, introdotti nel tempo dalla non uniforme legislazione regionale, aveva impedito una coerente e trasparente comparazione delle risultanze contabili regionali. Infine, con il D.M. 17 settembre 2012, è stato approvato il percorso di certificabilità dei bilanci degli enti del SSN. Innanzi tutto, la “certificabilità” è stata definita come l’applicazione di una regolamentazione della materia contabile e di un sistema di procedure amministrativo contabili che ponga gli enti sanitari nella condizione, in ogni momento, di sottoporsi con esito positivo alle verifiche e alle revisioni contabili stabilite nel decreto stesso. Per raggiungere la condizione di certificabilità, le regioni hanno avviato un percorso attuativo della certificabilità (PAC), al completamento del quale la stessa condizione è verificata con periodicità annuale attraverso la revisione contabile del bilancio delle singole aziende sanitarie pubbliche, nonché del bilancio consolidato del SSR (Gelmetti 2013). L’esigenza di definire dei percorsi attuativi personalizzati per ciascuna regione evidenziava la necessita di partire dal contesto regionale e dalla cultura contabile dei singoli SSR, intesa quale insieme di principi e procedure amministrative contabili (Di Lorenzo 2013). 3. Il Percorso Attuativo in Regione Basilicata La Regione Basilicata, anticipando i tempi previsti dal D.M. 17 settembre 2012, ha sancito l’esigenza di assicurare la certificabilità dei bilanci del SSR già nel 2007. L’art. 18 della L.R. 1/2007 (finanziaria regionale) e s.m.i. dispone, infatti, che “al fine di assicurare condizioni omogenee di significatività delle contabilità aziendali e di rispondenza agli obblighi di equilibrio economico-finanziario previsti dall’Intesa Stato-Regioni 5 ottobre 2005 Rep. 2648, denominata “Nuovo Patto per la Salute”, e dall’Intesa Stato-Regioni 23 marzo 2005 Rep. 2271, nelle more dell’adozione dei provvedimenti per la certificazione dei bilanci delle Aziende Sanitarie, di cui all’art. 1 comma 291 della legge 23 dicembre 2005 n. Azienda Pubblica 1.2016 100 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale 266, le Aziende Sanitarie sono tenute ad introdurre la revisione contabile del bilancio di esercizio attraverso un intervento pluriennale consistente nello svolgimento di un’indagine conoscitiva del patrimonio aziendale e nell’espletamento di limitate procedure di revisione sullo stato patrimoniale dell’esercizio di avvio del processo di revisione contabile, nella revisione contabile dello stato patrimoniale del primo esercizio successivo e nella revisione contabile del bilancio del secondo esercizio successivo”. In virtù di tale disposizione la Regione Basilicata, nel 2008, ha avviato un progetto sperimentale di implementazione della revisione contabile dei bilanci d’esercizio di tutte le aziende sanitarie pubbliche, perseguendo l’obiettivo di individuare standard di riferimento sia per il sistema contabile che per quello di controllo. Si noti, peraltro, che il principale obiettivo del percorso attuativo di certificabilità, attuato in regione Basilicata a partire dal 2008, non è stato la certificazione dei bilanci in quanto tale, ma piuttosto la creazione delle condizioni per sviluppare una cultura amministrativo-contabile che avesse come naturale conseguenza la “certificabilità” dei bilanci aziendali (Lorusso e Giordano 2010). A differenza di altre Regioni, la Basilicata ha da subito ritenuto fondamentale assicurare la certificabilità dei bilanci per il tramite di esperti qualificati, riferendosi per i primi sei anni a società di revisione iscritte nel previgente albo Consob. Pur riscontrando difficoltà oggettive nella definizione delle responsabilità e dei ruoli in materia di verifiche contabili tra collegio sindacale e società di revisione, si è ritenuto opportuno avvalersi di esperti esterni qualificati proprio per ribadire che la terzietà rappresenta elemento qualificante del sistema di controllo. Tale terzietà è stata ulteriormente rafforzata in ragione del fatto che l’interlocutore è stato selezionato tramite procedura a evidenza pubblica dalla Regione e non dalle aziende sanitarie. Per meglio comprendere gli aspetti applicativi del PAC, è opportuno precisare che la Regione Basilicata ha preferito non gestire direttamente alcuna quota del Fondo Sanitario, in quanto il Fondo Sanitario Regionale (FSR) è destinato a garantire l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e i LEA sono assicurati dalle aziende sanitarie quali enti strumentali della Regione. Trasferendo completamente le risorse alle aziende sanitarie, si evita il rischio di utilizzare tali fondi per attività non direttamente correlate ai LEA e, conseguentemente, si assicura una maggiore tracciabilità delle risorse stesse rispetto ai bisogni di salute degli assistiti. In virtù di tale scelta, la regione Basilicata, in conformità a quanto previsto dal D.lgs. 118/2011, non ha attivato la Gestione Sanitaria Accentrata presso la Regione (GSA). 3.1 Obiettivi PAC Gli obiettivi perseguiti dal governo regionale nell’ambito del progetto sono stati, in estrema sintesi, i seguenti: – razionalizzare e, laddove possibile, uniformare le procedure con101 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative tabili, sia sotto il profilo organizzativo che sotto l’aspetto valutativo. Ciò al fine di garantire il processo di lettura dei bilanci da parte di un osservatore esterno e di consentire un’affidabile attività di programmazione e controllo cha,(Megali e Rossi 2005); – accompagnare le aziende sanitarie locali nel processo di accorpamento, in primo luogo, attraverso l’elaborazione di una indagine conoscitiva e, successivamente, attraverso la definizione di adeguate procedure di trasferimento e unificazione; – accompagnare le aziende sanitarie locali nel processo di liquidazione, individuando e quantificando in modo chiaro le partite debitorie; – accompagnare le aziende ospedaliere nel processo di trasformazione, al fine di ridefinire le procedure amministrative anche in ragione delle differenti finalità istituzionali (Gigli, 2014); – favorire la comparabilità tra i bilanci, quale logico presupposto per il consolidamento dei conti delle aziende(Puddu et al 2011); – rafforzare i sistemi di controllo interno, sviluppando una cultura del controllo interno orientata alla qualità del dato quale flusso proceduralizzato di un ciclo gestionale ben individuato (Puddu et al 2011); – accompagnare le aziende sanitarie e ospedaliere verso la certificazione di bilancio quale sistema di garanzia per i diversi stakeholder della sanità. L’obiettivo finale della certificazione di bilancio rappresenta, pertanto, sia il punto di arrivo di un periodo sperimentale che ha consentito di incrementare il livello qualitativo dell’informazione contabile, che il punto di partenza per rafforzare i processi di programmazione e controllo di tipo finanziario ed economico. 3.2 Fasi del progetto, criticità riscontrate e azioni intraprese Il progetto si è articolato in due macro-fasi e in almeno 5 step, con una durata di circa sei anni. La prima macro-fase, tesa alla creazione degli strumenti (principi, procedure amministrativo-contabili, casistica, circolari etc.) ha avuto come obiettivo la certificabilità dei bilanci d’esercizio delle singole aziende. La seconda macro-fase è stata caratterizzata dalle attività di revisione dei bilanci d’esercizio aziendali e del bilancio consolidato. Di norma, la revisione si svolge sull’intero bilancio. Durante la realizzazione dei percorsi attuativi, tuttavia, le regioni hanno richiesto “revisioni limitate” a specifiche poste o aree contabili. L’uso delle revisioni limitate è di fatto sempre un momento di revisione volontaria, mentre solo a un’attività di full audit viene assegnata valenza di revisione legale (Gelmetti 2013). In tale contesto, la scelta operata dalla Regione Basilicata a partire dal 2012 (seconda macro-fase) è stata quella di richiedere revisioni di tipo full audit sui bilanci d’esercizio delle aziende sanitarie. La Tabella 1 riporta gli step del progetto, con indicazione dei provvedimenti e degli atti di riferimento, al fine di meglio esplicitare il percorso logico sottostante. Azienda Pubblica 1.2016 102 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Tabella 1. Fasi del progetto di innovazione contabile e organizzativa per la certificazione dei bilanci del SSR della Regione Basilicata Macro Fase Fase percorso Riferimento L.R. 1/2007- art.18 Step 1 Anno 2007 “Programmazione del DGR 1885/2007 percorso di certificabilità” Step 2 Anno 2008 “Avvio del percorso” Certificabilità Sintesi dell’azione Introduzione della revisione contabile Approvazione del progetto “Innovazione del sistema economico-finanziario e contabile del SSR”. Costituzione del gruppo di lavoro con ruolo di supporto tecnico per la definizione dei principi contabili e l’espletamento della revisione. DGR 1242/2008 Indizione gara per l’affidamento del servizio di organizzazione e revisione contabile dei bilanci delle aziende sanitarie. DGR 2044/2008 Aggiornamento dello schema di nota integrativa. DD 1057/2008 DD 29/2009 Aggiudicazione del servizio di revisione contabile. DGR 1242/2008 Indagine conoscitiva del patrimonio delle aziende sanitarie. Revisione di alcune voci dello Stato Patrimoniale aziendale. DGR 2018/2009 Approvazione principi contabili per la redazione del bilancio di esercizio delle aziende sanitarie. Step 3 Anni 2008-10 DD 178/2010 “Definizione dei Principi e delle Procedure” Approvazione della casistica per l’applicazione dei principi contabili. Le procedure contabili descritte nel Manuale riguardano: Il Ciclo Attivo Manuale delle procedure Il Ciclo Passivo amministrativo contabili Il Ciclo Personale Il Ciclo Magazzino Il Ciclo Patrimonio Il Ciclo Chiusura del Bilancio Revisione Contabile Step 4 Anno 2011 “Valutazione straordinaria delle procedure amministrativo contabili e revisione contabile” DGR 675/2011 Affidamento delle prestazioni complementari relative all’offerta economica di cui alla DGR 1242/2008 al fine di ottemperare alle disposizioni del D.lgs. 118/2011. Valutazione straordinaria delle procedure amministrativo contabili delle aziende del SSR. DGR 1242/2008 Revisione del bilancio d’esercizio 2010 dell’AOR San Carlo e dell’IRCCS CROB – Opinion Positiva. Nota prot. n 111125/7202 Invio della documentazione relativa alla valutazione straordinaria delle procedure amministrativo contabili - Punto AT del Questionario LEA 2010. - segue - 103 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Macro Fase Fase percorso Riferimento Esperienze innovative Sintesi dell’azione DGR 1284/2011 Approvazione del piano dei conti unico della contabilità generale delle Aziende Sanitarie. DGR 273/2012 Indizione gara per l’affidamento triennale del servizio di revisione contabile dei bilanci di esercizio delle aziende sanitarie e del bilancio consolidato del SSR. DGR 709/2012 Individuazione responsabile gestione sanitaria accentrata. Aggiudicazione definitiva del servizio di revisione contabile dei bilanci di esercizio delle aziende sanitarie e del consolidato. Step 5 Anni 2012-15 “Consolidamento e potenziamento del percorso di revisione e certificabilità” DD 501/2012 Revisione da parte di società di revisione indipendenti iscritte all’albo CONSOB dei bilanci d’esercizio 2012-14 delle aziende sanitarie. Verifica corrispondenza modelli CE-SP-LA da parte di società di revisione indipendenti iscritte all’albo CONSOB. Revisione del bilancio d’esercizio consolidato del SSR (esercizio 2014). La completa realizzazione del PAC ha richiesto specifiche azioni per superare le difficoltà emerse nel corso dell’attività di revisione dei bilanci d’esercizio e rilevate al termine della prima macro fase. A tal proposito, il 2011, anche in considerazione delle attività di cui al D.M. 18 gennaio 2011, è stato un anno di transizione e di analisi nel quale si è fatto il punto della situazione. La fase intermedia di check-up, svoltasi nel 2011 in ottemperanza al citato DM, ha rappresentato, infatti, un momento essenziale per fotografare la situazione esistente ed evidenziare le criticità e le lacune organizzativo-contabili su cui era opportuno lavorare per arrivare alla certificazione di bilancio di tutte le aziende del SSR. A conclusione della prima macro-fase sono emerse, in particolare, una serie di aree deboli relative alle procedure in essere e alla governance del percorso che, in estrema sintesi, di seguito si riportano: – è stata ravvisata l’opportunità di rivedere il gruppo di lavoro assicurando un maggior coinvolgimento del vertice strategico; – le procedure amministrativo contabili approvate dalle aziende non erano coerenti con quanto previsto dal D.lgs. 118/2011 e dai relativi decreti attuativi; – il patrimonio netto di alcune aziende non era allineato ai valori contabili di prima dotazione; – mancavano regole che definissero il sistema di relazione/condivisione di informazioni tra regione, società di revisione e collegio sindacale (Devalle e Bava 2014; Mariani, Tettamanzi e Corno 2010). Azienda Pubblica 1.2016 104 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Il progetto regionale di revisione contabile, messo a punto nel primo triennio, è stato quindi ulteriormente potenziato negli anni 2012-14 al fine di risolvere le criticità sopra riportate. Si è provveduto, pertanto, a porre in essere specifiche azioni quali: – l’aggiornamento delle procedure amministrativo-contabili alla luce del D.lgs. 118/2011 e dei relativi decreti attuativi; – l’attivazione di una ricognizione straordinaria del patrimonio netto delle aziende del SSR; – la rivisitazione della governance del PAC. Nello specifico, è stato costituito un gruppo lavoro composto dai direttori amministrativi e si è optato per effettuare una gara con un lotto unico comprensivo dei servizi di revisione contabile di tutte le aziende del SSR e del bilancio consolidato; – una maggiore regolamentazione dei rapporti tra società di revisione e collegio sindacale. Nella prima fase, la Regione Basilicata aveva effettuato una gara suddivisa per lotti (aziende sanitare locali, aziende ospedaliere e consolidato regionale). La gara era stata aggiudicata a due società di revisione. La scelta di avere differenti interlocutori aveva lo scopo di sviluppare procedure e processi differenti rispetto ai diversi contesti aziendali caratterizzati da assetti organizzativi differenti (azienda committente vs azienda di produzione). Durante lo svolgimento del servizio si erano, però, riscontrate alcune criticità, tra cui: – due diversi approcci e interpretazioni rispetto a questioni contabili (ad esempio la contabilizzazione del patrimonio di prima dotazione)1; – differenti valutazione in ordine alla validità di alcuni strumenti (per esempio il sistema informativo contabile); – differenti classificazioni delle partite infragruppo. Con la DGR 273/2012, la Regione Basilicata ha scelto, per il triennio 2012-14, di effettuare una gara a evidenza pubblica e quindi di avvalersi di un’unica società di revisione (unico lotto). Oltre a semplificare i processi operativi, ciò ha evitato differenti interpretazioni sulle modalità applicative di determinati principi contabili e ha facilitato l’attività di revisione del bilancio consolidato, con particolare riferimento alla gestione delle partite infragruppo. Quanto al rapporto tra società di revisione e collegio sindacale, il contratto relativo al triennio 2012-14 ha previsto che la società di revisione affidataria dovrà rendersi disponibile a eventuali incontri periodici con i collegi sindacali delle aziende sanitarie interessate, finalizzati al reciproco scambio di informazioni sull’attività svolta; dovrà inoltre mettere a disposizione delle aziende sanitarie interessate e dell’ente appaltante tut1 Si evidenzia, al riguardo, che tali aspetti sono stati chiariti nella casistica applicativa approvata con DM 17 settembre 2012. 105 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative ta la documentazione cartacea e in formato elettronico utilizzata per la certificazione dei bilanci aziendali. Un aspetto qualificante del progetto, infine, è assicurare l’allineamento e la riconciliazione tra contabilità finanziaria ed economico patrimoniale della regione. La Regione Basilicata, infatti, pur non avendo attivato la GSA, è comunque tenuta all’elaborazione del modello di Stato patrimoniale regionale (SP 000) necessario per assicurare la piena tracciabilità dei flussi finanziari. A tal riguardo, è stato implementato un sistema informatico per la gestione del modello SP 000 che assicura il perfetto allineamento tra le scritture di CO.FI. e le scritture di contabilità economico patrimoniale afferenti al modello SP 000. In pratica, le scritture di contabilità economica sono generate dalle scritture in contabilità finanziaria dall’operatore che effettua l’impegno e la liquidazione o l’accertamento e l’incasso. A fine anno, il responsabile della GSA provvede a effettuare una riconciliazione evidenziando in apposito prospetto, laddove fosse necessario, le scritture di integrazione e rettifica necessarie ai fini di una più corretta rappresentazione economico patrimoniale dei fatti gestionali. Al fine di assicurare la riconciliazione tra i debiti e i crediti infragruppo, con riferimento agli investimenti, è stata, infine, creata una piattaforma informatica di condivisione delle informazioni in merito alle somme assegnate alle singole aziende a titolo di contributo in c/capitale. È stato, infatti, messo a disposizione delle aziende un database che consente alle stesse di verificare in tempo reale tutte le informazioni connesse al singolo progetto di investimento (importo assentito, residuo da erogare, liquidazioni etc.). 3.3 Risultati ottenuti e obiettivi futuri A conclusione del 2014, la Regione Basilicata ha ottenuto un’opinion positiva (revisione full audit) su tutti i bilanci delle aziende sanitarie del SSR e sul bilancio consolidato (Figura 1). Si tratta di un esito storico in quanto Basilicata e Toscana sono le uniche due regioni in Italia in cui tutti i bilanci delle aziende sanitarie pubbliche sono stati certificati da una società di revisione. La Basilicata, inoltre, è la prima regione in Italia ad avere anche il bilancio consolidato certificato da una società di revisione. A tale traguardo si accompagna il risultato ancora più importante conseguito dal SSR nel triennio 201214, ovvero l’equilibrio economico. Le limitazioni che accompagnano l’opinion positiva attengono principalmente l’area dei fondi rischi ed oneri e sono, in generale, attribuibili al mancato riscontro da parte dei legali esterni alle richieste delle aziende circa le valutazioni di soccombenza del contenzioso. Al riguardo, nel corso del 2015, sono stati sensibilizzate le direzioni strategiche aziendali, che sono intervenute anche attraverso la previsione di specifiche clausole contrattuali, inserite nei contratti di patrocinio legale, che obbligano Azienda Pubblica 1.2016 106 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale i legali a effettuare una valutazione annuale circa il grado di soccombenza relativamente alla causa (Lorusso e Cangiano 2013). Figura 1. Risultati del PAC Aziende Revisione Bilancio 2012 Revisione Bilancio 2013 Revisione Bilancio 2014 ASP Impossibilità Opinion positiva con limitazioni Opinion positiva con limitazioni ASM Impossibilità Opinion positiva con limitazioni Opinion positiva con limitazioni AOR Opinion positiva con limitazioni Opinion positiva con limitazioni Opinion positiva con limitazioni IRCCS Opinion positiva con limitazioni Opinion positiva Opinion positiva Consolidato No No Opinion positiva con limitazione Oltre alle citate limitazioni, la certificabilità e la revisione del bilancio consolidato del SSR non hanno potuto prescindere dalla risoluzione di alcune ulteriori criticità connesse anche all’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. Nello specifico, nel corso del triennio il gruppo di lavoro ha individuato alcune aree critiche su cui intervenire già a partire dal 2015: – area dei sistemi informatici. L’aggiornamento del sistema informatico contabile-amministrativo costituisce un ulteriore elemento qualificante del progetto, in grado di semplificare e velocizzare le procedure amministrativo contabili; – area della gestione sanitaria. Riguarda l’attivazione delle procedure connesse all’iscrizione dei fondi da distribuire per i quali nel bilancio regionale non sono stati stanziati specifici capitoli in uscita. Nel caso in cui siano accertate somme in entrata per cui non è stato possibile, nell’anno, istituire il capitolo in uscita o lo stesso non presenti sufficiente disponibilità, occorre individuare specifiche procedure di rilevazione; – area dei crediti verso lo Stato. È opportuno formalizzare un sistema certificato di circolarizzazione dei crediti verso lo Stato. Sarebbe particolarmente opportuno strutturare un sistema di condivi107 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative sione delle informazioni connesse ai rapporti di credito e debito tra Stato e Regione; – area dei controlli interni. Riguarda la necessità di potenziare l’area dei controlli interni sui dati contabili. La risoluzione, seppur non completa, delle criticità sopra elencate ha costituito il presupposto per la certificazione del bilancio consolidato. In risposta alle singole aree critiche, infatti, sono state attivate idonee procedure finalizzate a rafforzare il sistema dei controlli, anche attraverso l’aggiornamento del PAC. Inoltre, sono state realizzate procedure e percorsi di verifica alternativi rispetto agli standard normalmente utilizzati dai revisori di bilancio. Tra queste procedure alternative si segnala quella relativa alle verifiche dei crediti verso lo Stato: in assenza del riscontro da parte dei competenti Ministeri, si è provveduto a una ricostruzione dei relativi provvedimenti amministrativi e della relativa movimentazione finanziaria. Allo scopo, poi, di assicurare la corretta implementazione delle procedure amministrativo contabili e al fine di tener conto dei diversi assetti organizzativi di ciascuna azienda, nel prossimo futuro si provvederà a “personalizzare il manuale operativo delle procedure amministrative contabili” elaborato dalla Regione. Al termine di tale attività, ogni azienda dovrà individuare, al proprio interno, una sorta di internal auditor che avrà il compito di verificare l’effettiva applicazione delle procedure amministrative. Tale attività consentirà, da un lato, di rafforzare il sistema dei controlli interni e, dall’altro, di migliorare gli standard procedurali delle attività amministrativo contabili (Chamber 1981, B.K. 2001). Accanto a tali attività, il servizio sanitario sta provvedendo a dotarsi di adeguate infrastrutture tecnologiche e informatiche integrate in grado di rafforzare e facilitare l’attività di verifica dei dati contabili. Il nuovo sistema sarà dotato, infatti, di un cruscotto regionale finalizzato non solo all’elaborazione del bilancio consolidato regionale, ma anche al rafforzamento del sistema di controllo regionale sulla gestione delle aziende. 4. Il Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Il bilancio consolidato è il bilancio che espone la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico di un gruppo di imprese, considerate come un’unica entità, superando così le distinte personalità giuridiche delle imprese del gruppo. Si definisce gruppo un insieme di imprese delle quali una, la capogruppo, detiene il controllo sulle altre. L’elemento determinante nella configurazione di gruppo è, quindi, il controllo, sia questo esercitabile direttamente dalla controllante o indirettamente tramite sue imprese controllate, persone interposte o società finanziarie. Il bilancio consolidato è il documento che prevede l’aggregazione dei valori corrispondenti alle attività, alle passività e ai componenti del conto economico delle imprese, controllate direttamente e indirettamente Azienda Pubblica 1.2016 108 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale dalla controllante, in base al metodo del consolidamento integrale (OIC 12 e per un approfondimento Montrone 2011, Sotti 2009). Con riferimento al Bilancio consolidato del SSR, si riportano di seguito i principali riferimenti normativi2: – gli articoli 20, 21, 26, 27, 28, 29 e 32 del D.lgs. 118/11, che disciplinano differenti aspetti connessi al bilancio consolidato del SSR; – le linee guida ai modelli SP e CE. Un ulteriore contributo per la corretta rilevazione dei fatti aziendali in bilancio può essere rinvenuto nelle note esplicative e nelle linee guida che accompagnano i nuovi Modelli CE e SP di cui al DM 15 giugno 2012; – la casistica applicativa approvata con DM 17 settembre 2012, che di seguito si riporta: • casistica GSA - Documento n. 1 - La contabilità economico patrimoniale nella GSA; • casistica GSA - Documento n. 2 - Il finanziamento sanitario ordinario corrente; • casistica GSA - Documento n. 3 - Il finanziamento sanitario aggiuntivo corrente; • casistica GSA - Documento n. 4 - Il finanziamento regionale del disavanzo pregresso; • casistica Aziende - Documento n. 1 - La sterilizzazione degli ammortamenti. La casistica applicativa, già approvata in sede di Conferenza dei Presidenti e in corso di approvazione: – casistica Aziende - Documento n. 1 - La sterilizzazione degli ammortamenti (aggiornamento)3; – casistica Aziende - Documento n. 2 - Le immobilizzazioni materiali; – casistica Aziende - Documento n. 3 - Il patrimonio netto; – casistica GSA - Documento n. 6 - La riconciliazione tra contabilità finanziaria e contabilità economico-patrimoniale; – casistica GSA - Documento n. 7 - Lo stato patrimoniale di apertura. La casistica in corso di discussione: casistica GSA - Documento n. 5 - Finanziamento degli Investimenti. Prima dell’introduzione del D.lgs. 118/2011, infine, molte regioni avevano emanato una serie di atti regionali (leggi, decreti, circolari, comunicazioni) in materia contabile, che si sono ripetuti anche successivamente all’entrata in vigore del predetto decreto. In tale contesto, secondo ASSIREVI (2014), il completamento del “Quadro di riferimento contabile” si realizza considerando, ove non in contrasto con il “Quadro di ri2 Per un maggiore approfondimento si veda il Documento n. 13 dell’ASSIREVI (2014). 3 La necessità di modificare e integrare la casistica applicativa allegata al DM 17 settembre 2012 e, in particolare, il Documento n. 1, avente ad oggetto “La sterilizzazione degli ammortamenti”, deriva dalle modifiche apportate all’articolo 29, comma 1, lettera b, del citato D.lgs. 118/2011 ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. 109 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative ferimento generale” e con il “Quadro di riferimento specifico per Enti del SSN”, quanto disposto dalle indicazioni di carattere regionale, nonché dalle istruzioni del responsabile della GSA per il bilancio consolidato che, unitamente, formano il “Quadro di riferimento specifico per Enti del SSR”. Il bilancio d’esercizio consolidato, alla luce della citata normativa, è redatto con riferimento all’anno solare. Si compone dello stato patrimoniale, del conto economico, del rendiconto finanziario e della nota integrativa ed è corredato da una relazione sulla gestione sottoscritta dal responsabile della GSA. La nota integrativa deve contenere anche i modelli analitici CE ed SP di cui al DM 15 giugno 2012, mentre la relazione sulla gestione deve contenere anche il modello di rilevazione dei costi per livello assistenziale (modello LA). Rispetto alla struttura prevista nel 2012 dal codice civile per le società, si introducono almeno tre elementi aggiuntivi che caratterizzano la predisposizione del bilancio consolidato in sanità: – il rendiconto finanziario4; – i modelli analitici di Stato Patrimoniale e Conto economico (modelli SP e CE); – il modello di rilevazione dei costi per livello essenziale di assistenza (modello LA). Tali previsioni normative rispondono a esigenze conoscitive assolutamente condivisibili. Intendono, infatti, fornire informazioni in merito: – alla gestione finanziaria del Servizio Sanitario Regionale, con l’evidenza delle fonti e degli impieghi al fine di verificare la consistenza e l’andamento dei flussi di cassa; – alle attività infragruppo (segnate con la voce R nel modello CE e nel modello SP); – ai costi (standard), attraverso l’evidenza dei costi per singolo livello assistenziale. Con riferimento al rendiconto finanziario, il legislatore nazionale, da sempre molto attento alle dinamiche finanziarie in ambito sanitario, non solo lo ha inserito quale documento di bilancio obbligatorio per gli enti del SSR, già a partire dal 2012, ma ne ha stabilito anche lo schema obbligatorio, dando evidenza delle seguenti grandezze: – il flusso di Capitale Circolante Netto da gestione corrente; – il flusso di cassa generato dalle operazioni di natura reddituale; – il flusso di cassa generato dalle attività di investimento e disinvestimento; – il flusso di cassa generato dalle attività di finanziamento. Quanto al modello LA, si tratta di una rappresentazione dei costi del 4 Con riferimento al rendiconto finanziario, il D.lgs. 139/2015 ha modificato l’art. 2423 del codice civile includendo tale documento come parte integrante e obbligatoria dei bilanci di esercizio (a partire dal 2016). In merito al contenuto e alle modalità di redazione di tale rendiconto conserva piena validità il principio contabile OIC10, pubblicato nel 2014. Azienda Pubblica 1.2016 110 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale SSR per singolo livello assistenziale. Esso assicura una sostanziale coerenza tra i dati di contabilità analitica e quelli rilevati nel sistema di contabilità economico-patrimoniale sulla base delle metodiche di tipo full costing. Tale modello, utilizzato per la determinazione dei costi standard e dei relativi fabbisogni, restituisce informazioni di tipo gestionale in merito all’utilizzo di fattori produttivi per singolo livello assistenziale. 4.1 Aspetti metodologici Da un punto di vista metodologico e sulla base di quanto previsto dal D.lgs. 118/2011 s.m.i., il sistema di consolidamento utilizzato in ambito sanitario potrebbe essere definito di tipo “integrale – aggregato”5. Da un punto di vista concettuale, infatti, si procede come se si utilizzasse il metodo integrale, con queste specificità ed eccezioni che trovano il loro presupposto negli indirizzi normativi e amministrativi ad oggi vigenti: – si procede alla sola somma dei valori contabili risultanti dai bilanci d’esercizio aziendali; – non essendo stato istituzionalizzato un sistema di partecipazioni, il fondo di dotazione consolidato, ai sensi del comma 3 dell’art. 32 del D.lgs. 118/2011, è la somma dei fondi di dotazione delle singole aziende; – si procede all’elisione totale delle partite infragruppo sul presupposto dell’assenza di utile infragruppo. Nel bilancio consolidato non trova, pertanto, evidenza il valore effettivo del patrimonio aziendale. L’assenza poi di un sistema di partecipazioni e l’elisione totale delle partite infragruppo attribuisce allo strumento un significato peculiare che risponde ad esigenze più di tipo finanziario che di tipo economico. Se è vero, infatti, che il consolidato del SSR è uno strumento finalizzato all’analisi della spesa dell’unico soggetto economico “SSR”, esso, in virtù di quanto previsto in particolare dall’art. 20 del D.lgs. 118/2011 s.m.i., risponde anche a un’altra finalità, più di tipo finanziario. Una delle caratteristiche principali del consolidato, così come previsto dal D.lgs. 118 è, infatti, la sua funzione di raccordo tra contabilità finanziaria regionale e contabilità economico patrimoniale delle 5 La redazione del bilancio consolidato comporta la scelta del metodo di consolidamento e la necessità di individuare il trattamento delle interessenze di terzi al patrimonio netto ed al risultato di esercizio, tanto in termini di valore quanto in termini di rappresentazione. I principali metodi di consolidamento, nella disciplina nazionale e secondo i principi internazionali, sono il metodo integrale, il metodo proporzionale ed il criterio del patrimonio netto. Le metodologie di consolidamento sono funzione della teoria prescelta a base della redazione del bilancio consolidato. Nella prassi internazionale si riscontrano due impostazioni (Catuogno e Mauro 2009): l’ottica dell’unità finanziaria (il gruppo è un investimento finanziario della capogruppo e contano solo gli azionisti di maggioranza); l’ottica dell’unità operativa (il gruppo è una entità economica più ampia). All’ottica dell’unità finanziaria corrispondono la Teoria della proprietà e la Teoria della Capogruppo. All’ottica dell’unità operativa corrisponde la Teoria dell’entità economica. In Italia, il D.lgs. 127/1991 prevede poi che, per tutte le società incluse nell’area di consolidamento, si adotti il metodo di consolidamento integrale ossia, tecnicamente, che il consolidamento delle voci di bilancio avvenga, in ogni caso, per il loro importo complessivo, sia quando la controllante detenga tutto il capitale, sia quando detenga una quota di partecipazione inferiore al 100%. 111 Azienda Pubblica 1.2016 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale aziende del SSR. Più specificamente, il bilancio consolidato, così come è concepito, deve dare evidenza della quadratura con la Co.Fi. Tale considerazione trova un suo effettivo riscontro anche nelle verifiche effettuate dal tavolo di monitoraggio degli adempimenti: un debito della GSA verso le aziende del SSR è confermato se esiste, nella contabilità finanziaria regionale, l’impegno e il relativo residuo passivo; un credito della GSA verso lo Stato o verso la gestione “non sanitaria” della Regione è rilevato se esiste, nella contabilità finanziaria regionale, l’accertamento e il relativo residuo attivo. L’idea sottostante è, infatti, quella di comprendere in che termini la contabilità finanziaria della Regione sia rappresentativa dell’effettiva situazione finanziaria del SSR ovvero, viceversa, quella di capire in che modo la situazione debitoria o creditoria delle aziende sanitarie nei confronti della Regione sia allineata a quella rappresentata in contabilità finanziaria. Le domande sottese al processo di allineamento tra contabilità finanziaria e contabilità economico patrimoniale possono essere così rappresentate: – I crediti delle aziende del SSR sono coperti da specifici impegni presenti sul bilancio regionale? – I crediti del SSR verso lo Stato sono coerenti con le iscrizioni del bilancio statale? – La perdita consolidata, laddove evidenziata, è coperta da risorse rinvenienti dal bilancio regionale? Al riguardo, l’art. 20 del D.lgs. 118 individua quattro aree di raccordo tra la contabilità economico patrimoniale e quella finanziaria, come rappresentato in Tabella 2. Tabella 2. Allineamento COFI - COGE Entrate Uscite Ricavi Crediti Finanziamento sanitario ordinario corrente, quale derivante dalle fonti di finanziamento definite nell’atto formale di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle relative fonti di finanziamento intercettate dall’ente regionale, ivi compresa la mobilità attiva programmata per l’esercizio. Spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei LEA, ivi compresa la mobilità passiva programmata per l’esercizio e il pay back. Contributi da Regione o Prov. Aut. per quota F.S. regionale indistinto. Contributi da Regione o Prov. Aut. per quota F.S. regionale vincolato. Pay-back per superamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale. Pay-back per superamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera. Crediti verso Regione, Stato e Diversi (aziende farmaceutiche) per finanziamento corrente - segue Azienda Pubblica 1.2016 112 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Entrate Uscite Ricavi Finanziamento sanitario aggiuntivo corrente, quale derivante dagli eventuali atti regionali di incremento di aliquote fiscali per il finanziamento della sanità regionale, dagli automatismi fiscali intervenuti ai sensi della vigente legislazione in materia di copertura dei disavanzi sanitari, da altri atti di finanziamento regionale aggiuntivo, ivi compresi quelli di erogazione dei livelli di assistenza superiori rispetto ai LEA, da pay back e da iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale Spesa sanitaria aggiuntiva per il finanziamento di livelli di assistenza sanitaria superiori ai LEA. Contributi da regione (extra fondo) – Risorse aggiuntive da bilancio regionale a titolo di copertura LEA. Contributi da regione (extra fondo) – Risorse aggiuntive da bilancio regionale a titolo di copertura extra LEA Contributi da regione (extra fondo) – altro Crediti Finanziamento regionale del disavanzo sanitario pregresso Spesa sanitaria per il finanziamento di disavanzo sanitario pregresso Crediti verso Regione per versamenti a patrimonio netto (*) Finanziamento per investimenti in ambito sanitario, con separata evidenza degli interventi per l’edilizia sanitaria finanziati ai sensi dell’articolo 20, legge n. 67 del 1988 Spesa per investimenti in ambito sanitario, con separata evidenza degli interventi per l’edilizia sanitaria finanziati ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67 del 1988 Crediti verso Regione per versamenti a patrimonio netto (*) Crediti verso Regione per finanziamento corrente (*) (*) Tali finanziamenti sono rilevati nel bilancio regionale tramite un apposito sistema di partite di giro. La tabella riporta i principali collegamenti che il consolidato assicura. Per ciascuna area deve essere assicurata la riconciliazione tra accertamenti e impegni, tra accertamenti, ricavi e crediti, tra impegni, costi e debiti. A titolo esemplificativo, il fondo sanitario deve essere totalmente accertato e impegnato. Alla presenza di eventuali residui attivi (somme accertate, ma non incassate) rilevati in contabilità finanziaria, a valere sui capitoli in entrata del Fondo sanitario, devono corrispondere Crediti verso lo Stato (in caso di compartecipazione IVA) nello Stato Patrimoniale consolidato. Viceversa, a eventuali residui passivi (somme impegnate, ma non erogate) a valere sui capitoli in uscita del Fondo Sanitario devono corrispondere Debiti verso le Aziende (in assenza della GSA) rilevati nello Stato Patrimoniale consolidato. In definitiva, si crea un collegamento sostanziale tra le contabilità 113 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative aziendali di tipo economico patrimoniale e quella regionale di tipo finanziario. Il bilancio consolidato diventa, così, il ponte attraverso il quale il sistema si integra e diventa maggiormente intellegibile ai diversi portatori di interesse. Tale sistema persegue una finalità gestionale ancora più rilevante, ovvero assicura che i rapporti di credito e debito tra aziende del SSR e Regione trovino riscontro e copertura finanziaria. Ma, ancor di più, esso costituisce un ponte ideale non solo tra Regione e azienda, ma tra Regione e Stato. Lo stesso meccanismo di allineamento dovrebbe infatti essere assicurato, mediante idonee procedure di circolarizzazione ad oggi assenti, anche nei rapporti di credito e debito tra Stato e singola Regione. In merito agli aspetti sostanziali e concettuali restano da approfondire alcune tematiche applicative, con particolare riferimento a: – Finanziamenti in conto capitale con orizzonte temporale pluriennale e in particolare superiore a tre anni; – Gestione dei residui perenti; – Debiti della Regione verso le aziende sanitarie che maturano al 31 dicembre, ma sono quantificati e rendicontati l’anno successivo. Con riferimento al primo punto, è fondamentale assicurare una sostanziale coerenza tra cronoprogramma degli investimenti e impegni pluriennali sui bilanci di previsione. Tale corrispondenza non è sempre possibile, atteso che, generalmente, i bilanci regionali operano su un orizzonte temporale triennale, a differenza di alcuni investimenti strutturali che si sviluppano in un arco temporale più ampio. In merito al secondo punto, la corretta applicazione dell’art. 20 del D.lgs. 118/11 s.m.i. presuppone un sostanziale decadimento dell’istituto della perenzione. Nel caso contrario, si potrebbero verificare le seguenti situazioni, che sarebbero in contrasto con quanto previsto dall’art. 20: Accertamenti cui non corrispondono impegni (in quanto divenuti perenti). Debiti verso le aziende del SSR senza i corrispondenti residui passivi (in quanto divenuti perenti). Con riferimento al terzo punto, infine, si rende necessaria un’integrazione dei principi di rilevazione, in quanto il credito diventa certo nel suo an e quantum solo nell’anno successivo. Tale partita potrebbe essere gestita tramite dei Fondi da distribuire all’interno dei fondi rischi e oneri. Alla luce di queste considerazioni, si evince che si tratta a tutti gli effetti di un aggregato più che di un bilancio consolidato e che lo scopo precipuo del documento non è tanto valorizzare gli aspetti economici, patrimoniali e finanziari del “gruppo”, e quindi del soggetto economico “SSR”, quanto assicurare una perfetta tracciabilità delle risorse finanziarie. Azienda Pubblica 1.2016 114 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Figura 2. Il Consolidato quale strumento di raccordo tra Stato-Regione- Aziende e tra COFI e COGE • Aziende delSSR • Regione COEP COFI COFI COEP • Stato • Ges%one Sanitaria In merito all’area di consolidamento, l’art. 32 del D.lgs. 118/2011 s.m.i. stabilisce che l’area di consolidamento comprende tutti gli enti di cui alle lettere b), punto i), e c) del comma 2 dell’articolo 19 ed esclude soggetti eventualmente partecipati da questi ultimi. Il patrimonio netto consolidato è determinato dalla somma dei valori di patrimonio netto degli enti consolidati. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 36, comma 2, sono definite le modalità di sperimentazione riguardanti la previsione di un ulteriore bilancio consolidato, che comprenda i soggetti controllati dagli enti di cui all’articolo 19, comma 2, lettere b), punto i), e c). Pertanto, gli enti rientranti nell’area di consolidamento sono: – la GSA per la parte del finanziamento del SSR direttamente gestito dalla regione, rilevata attraverso scritture di contabilità economico-patrimoniale; – le aziende sanitarie locali; aziende ospedaliere; istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale. Il legislatore esclude quindi i seguenti soggetti: – gli istituti zooprofilattici di cui al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270; – le gestioni liquidatorie (laddove presenti e attive); – le Agenzie di protezione ambientale; – eventuali partecipate delle aziende sanitarie. 115 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative Anche questo approccio è peculiare e costituisce una specificità del consolidato del SSR. Il focus non è, ancora una volta, l’attività economica di tutti gli operatori collegati e controllati dal SSR, ma esclusivamente le aziende sanitarie. Non si analizza l’attività economica nel suo complesso, ma ci si limita alla sola sommatoria dei valori contabili delle aziende, senza dare evidenza delle gestioni connesse al SSR, sebbene queste, come noto, finiscano spesso, indirettamente, per avere un impatto sul bilancio delle aziende e della Regione. 4.2 Aspetti valutativi Da un punto di vista valutativo, sono ancora molte le questioni che restano aperte e su cui sarebbe opportuno un intervento chiarificatore del legislatore. Su tali questioni, il comportamento contabile che si è consolidato in questi anni è frutto soprattutto delle interpretazioni emerse in sede di verifica degli adempimenti6. Nello specifico, si riportano alcune delle questioni aperte: – fondo da distribuire e contabilizzazione del pay back; – ferie maturate e non godute; – elisione delle partite infragruppo (assenza di utile); – rilevazioni nel caso di assenza della GSA; – impegni pluriennali che eccedono il periodo triennale. Con riferimento al primo punto, andrebbero chiarite le scritture da effettuare nel caso in cui non sia possibile avere informazioni in merito all’assegnazione entro la data di chiusura del bilancio, oppure nel caso in cui le risorse finanziarie siano trasferite nel mese di dicembre e quindi non risulti più possibile procedere alle necessarie variazioni nel bilancio finanziario della regione. Un caso tipico è la gestione delle risorse rinvenienti da pay back. Al riguardo, una possibile soluzione è rappresentata dall’utilizzo dei conti rientranti nella voce “fondi da distribuire”. Se lo scopo è quello di fornire un quadro veritiero e corretto della situazione economica, patrimoniale e finanziaria, sarebbe opportuno dare evidenza in bilancio delle somme incassate, ma non ancora assegnate alle aziende. L’utilizzo della GSA come contabilità di appoggio non convince perché si potrebbe avere l’effetto ultimo di trasformare partite di natura corrente in partite di natura patrimoniale finalizzate alla copertura delle perdite. Si pensi, a titolo esemplificativo, al seguente caso: la GSA rileva un finanziamento che non assegna nell’anno di competenza alle aziende; rileva così un utile, che può utilizzare l’anno successivo per la copertura delle perdite pregresse delle aziende stesse. In merito al mancato accantonamento delle ferie maturate e non godute, le regioni fanno riferimento al parere prot. 9555 del 3 aprile 2014 del Ministero della Salute, in ragione di quanto disposto dall’art. 5 com6 Il tavolo adempimenti è previsto dall’Intesa Stato Regioni del 23.03.2005 e ad esso spetta la verifica del rispetto dell’equilibrio economico ai fini dell’attuazione della procedura di cui all’art. 1, comma 174 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 s.m.i. Azienda Pubblica 1.2016 116 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale ma 8 del DL 95/2012 circa l’impossibilità di monetizzare tali ferie. Si ritiene, comunque, che, trattandosi di comportamenti non conformi a quelli previsti dai principi contabili, sarebbe opportuno un intervento chiarificatore nella casistica applicativa. Medesimo discorso vale per l’elisione delle partite infragruppo, richiesta in sede di verifica degli adempimenti. Le regioni provvedono, infatti, alla quadratura dei costi e ricavi infragruppo nel presupposto di assenza di utili infragruppo non realizzati. In merito alla scelta di non attivare la GSA, tale opzione non trova a oggi riscontro nella casistica applicativa. Non attivare la GSA significa trasferire per intero il Fondo Sanitario Regionale alle aziende. Occorrerebbe disciplinare tale fattispecie, anche nella considerazione del fatto che essa rappresenta una possibile situazione, in quanto le risorse assegnate per i Livelli Essenziali di Assistenza dovrebbero essere trasferite per intero agli enti cui spetta l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Quanto agli impegni pluriennali, il D.lgs. 118, al titolo I, prevede il principio di competenza finanziaria rafforzata per il bilancio regionale e la sua gestione, mentre impone, al titolo II, l’assunzione dell’impegno per l’intero ammontare e indipendentemente dall’esborso monetario per le risorse rientranti nel perimetro sanità e assegnate alle aziende. Si rendono necessarie, a riguardo, norme chiarificatrici con particolare riferimento agli investimenti. Occorre, infatti, definire come assicurare l’allineamento contabile tra impegni e debiti verso le aziende per investimenti con piano finanziario di lunga durata. La possibilità dell’impegno pluriennale sembra fornire una prima risposta, a condizione che l’orizzonte temporale non sia solo triennale, come invece accade oggi. Ciò per assicurare la coerenza tra il cronoprogramma finanziario dell’investimento e gli impegni pluriennali. 4.3 Aspetti gestionali In merito agli aspetti gestionali, è opportuno fare qualche considerazione su alcuni elementi di immediato impatto operativo: – gestione del “perimetro sanitario” e degli accertamenti; – apertura dei conti al 01.01.2012; – circolarizzazione dei crediti e debiti verso lo Stato; – gestione delle partite infragruppo. La corretta manutenzione del “perimetro sanitario” è condizione fondamentale per assicurare la corretta contabilizzazione delle assegnazioni ministeriali e regionali e per garantire il perfetto allineamento tra la contabilità finanziaria regionale e quella aziendale. Nel bilancio regionale, l’utilizzo di partite di giro che colleghino i capitoli extra-perimetro con quelli rientranti nel perimetro rappresenta uno strumento necessario per assicurare l’allineamento delle risorse regionali destinate al SSR (Extra Lea, Disavanzo, Investimenti). Un elemento qualificante è sicuramente l’apertura dei conti effettuata al 117 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative 1° gennaio 2012. La corretta ricostruzione impone, infatti, una verifica puntuale dei seguenti aspetti: (a) avanzo vincolato derivante da somme accertate su capitoli trasferiti al perimetro sanità; (b) somme accertate, incassate, ma mai impegnate, oppure impegnate, ma mai assegnate alle aziende; (c) residui perenti e loro effettiva sussistenza; (d) crediti vantati dalla GSA verso la Regione e lo Stato e loro effettiva sussistenza. Con riferimento al punto b), è necessario attivare un percorso di confronto con le aziende al fine di verificare la corrispondenza tra impegni assunti e progetti o acquisti in c/capitale ancora in corso, al fine di monitorare la natura delle somme residue. In merito al punto d), di fondamentale importanza è l’implementazione di un sistema che, sulla base degli standard previsti per la revisione contabile, definisca idonee procedure di circolarizzazione dei crediti verso lo Stato. Ad oggi, come detto, mancano comunicazioni Stato-Regioni finalizzate a definire con chiarezza eventuali rapporti di credito e debito. Un ultimo aspetto riguarda la tempistica di approvazione dei bilanci. Secondo l’attuale normativa, le aziende sanitarie devono adottare il bilancio d’esercizio entro il 30 aprile e la Giunta regionale deve approvarli entro il 31 maggio, con l’approvazione del bilancio consolidato entro il 30 giugno. Tale previsione presuppone che i bilanci d’esercizio, corredati del parere del Collegio sindacale, pervengano alla Giunta Regionale entro il 30 aprile e che le operazioni di consolidamento si svolgano solo dopo l’approvazione dei bilanci d’esercizio aziendali e nell’arco massimo di un mese. Oltre a significare che sarebbe opportuno prevedere tempi più elevati (di un mese) per la conclusione di tutte le operazioni di consolidamento, anche in considerazione della peculiarità del settore sanitario7, occorre evidenziare che la normativa non disciplina cosa succede nel caso di mancata approvazione dei bilanci aziendali nei termini previsti o di richiesta di integrazione, demandando di fatto alle sole norme del codice civile la disciplina di alcune fattispecie. 5. La revisione del Bilancio Consolidato del SSR. Una possibile soluzione di transizione Oltre alla soluzione delle problematiche metodologiche, valutative e gestionali nella redazione del bilancio consolidato sopra presentate, l’assoggettamento del consolidato al processo di revisione contabile richiede la definizione dell’oggetto di analisi da parte del revisore Occorre, infatti, chiarire se le procedure di revisione contabile del consolidato del SSR debbano essere limitate al perimetro sanitario o riguardare anche il bilancio regionale per quelle partite che fungono da ponte (partite di giro) tra il conto ordinario e il conto sanità. L’attività non può che essere integrata e il compito del revisore, così come quello del responsabile della GSA, deve essere la ricerca dell’evi7 Si pensi a riguardo alla gestione e alla validazione dei flussi standard di mobilità o alle operazioni di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale. Azienda Pubblica 1.2016 118 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale denza documentale. Per tale ragione, una delle attività più complesse in capo al revisore è appunto quella concernente la verifica congiunta delle partite che operano “a cavallo” tra il conto ordinario della regione e quello dedicato alla sanità, come previsto dall’art. 19 del D.lgs. 118/11 s.m.i. È del tutto evidente che l’area di analisi si allarga coinvolgendo in modo indiretto anche il bilancio regionale. Dopo aver chiarito il perimetro di riferimento e alla luce delle considerazioni riportate nei paragrafi precedenti, va sottolineato che l’assenza di un quadro di riferimento chiarificatore in materia di principi e casistica specifica per la redazione del bilancio consolidato del SSR pone una serie di questioni in termini di riferimenti (standard) da utilizzare anche in materia di revisione. Le scelte operate anche in sede di verifica degli adempimenti dovrebbero essere, infatti, formalizzate al fine di rendere strutturale e istituzionale il quadro di riferimento all’interno del quale operare. In tale contesto, in attesa che siano approvati i decreti attuativi inerenti la casistica, con particolare riferimento alle procedure di consolidamento, un’opzione possibile potrebbe essere la scelta dello standard ISA 8008. Il principio 800 riporta le speciali considerazioni relative all’applicazione degli ISA stessi nella revisione di bilanci predisposti in accordo a “scopi di carattere speciale” (Special purpose framework) in rapporto alle circostanze dello specifico incarico. Il principio di revisione fa riferimento a un bilancio redatto in conformità a un quadro normativo sull’informazione finanziaria con scopi specifici. In altri termini, si applica con riferimento a una struttura di “reporting finanziario” disegnata per predisporre e fornire le informazioni necessarie a specifici utilizzatori. Tale principio di revisione non prevale sulle regole contenute negli altri principi di revisione, né ha la pretesa di trattare tutte le considerazioni specifiche che possono essere pertinenti nelle circostanze dell’incarico. Le motivazioni per cui si ritiene opportuno far riferimento a uno “special purpose framework” nel Servizio Sanitario possono essere così sinteticamente riportate: – normative e strutture sono diverse da quelle richieste dalla normativa civilistica per la redazione del bilancio consolidato; – il quadro di riferimento in materia di principi di rilevazione dei fatti gestionali si basa, in taluni casi, su indicazioni normative (o circolari) in contrasto con i principi civilistici (contabilizzazione della mobilità interregionale, ammortamento delle immobilizzazioni acquisite senza fonti di finanziamento dedicate, ferie maturate e non godute etc.); 8 I principi di revisione della serie 100-700 si applicano alla revisione contabile del bilancio. Il principio di revisione 800 tratta delle considerazioni specifiche riguardanti l’applicazione di tali principi alla revisione contabile di un bilancio redatto in conformità ad un quadro normativo sull’informazione finanziaria con scopi specifici. Per un approfondimento si veda il Principio di revisione internazionale (ISA) N. 800 Considerazioni specifiche – revisione contabile di un Bilancio redatto in conformità ad un quadro normativo sull’informazione finanziaria con scopi specifici. 119 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative – manca una casistica esaustiva in materia di consolidamento dei conti. Solo chiarendo in premessa il quadro di riferimento utilizzato e lo scopo del documento, è possibile fornire una indicazione chiara ed esaustiva in merito agli esiti dell’attività di revisione. In caso contrario, sotto il profilo sia dell’analisi degli esiti sia della responsabilità civile9 in capo alla società di revisione, si aprirebbero scenari complessi e poco chiari. In merito alla corretta applicazione del citato principio, si riportano di seguito in sintesi alcune considerazioni. In prima istanza, occorre tener presente che l’ISA 210 richiede che il revisore stabilisca l’accettabilità del framework di reporting finanziario applicato nella redazione del bilancio oggetto di revisione. Nella revisione di un bilancio redatto per “scopi di carattere speciale”, il revisore deve pertanto ottenere le informazioni in merito allo scopo per cui il bilancio è redatto, nonché agli utilizzatori e alle basi sulle quali è stato determinato il framework” di riferimento. L’ISA 200 richiede, poi, che il revisore svolga il lavoro in conformità con tutti gli altri principi di revisione. Nella pianificazione e nell’esecuzione della revisione di un bilancio redatto per “scopi di carattere speciale”, il revisore deve, pertanto, valutare, in ragione delle informazioni disponibili e delle circostanze dell’incarico, se l’applicazione degli ISA richieda speciali considerazioni. Per l’emissione della propria relazione e l’espressione del giudizio su bilanci redatti per “scopi di carattere speciale”, il revisore deve comunque applicare i requirement dell’ISA 700 e valutare se il bilancio faccia adeguato riferimento o descriva il framework di reporting finanziario adottato. Nel caso di emissione della relazione ed espressione del giudizio su bilanci redatti per “scopi di carattere speciale”, la relazione di revisione deve descrivere lo scopo per cui il bilancio è redatto e, se necessario, indicare i previsti utilizzatori. Laddove la direzione può scegliere il framework di reporting finanziario da adottare, il paragrafo sulle “responsabilità della direzione” deve far riferimento alla responsabilità nello stabilire che il framework adottato sia applicabile. La relazione di revisione su bilanci redatti per “scopi di carattere speciale” deve infine includere un paragrafo di “richiamo di informativa” che avverta gli utilizzatori che il bilancio è stato redatto in base a un framework di reporting finanziario per “scopi di carattere speciale” e che pertanto il bilancio potrebbe non essere adeguato per scopi diversi. 6. Conclusioni Il percorso in merito alla revisione contabile del bilancio consolidato del SSR è ancora all’inizio. Tuttavia, appare urgente e necessario stabilire con chiarezza il quadro di riferimento sulla cui base impostare le opera9 A riguarda si rimanda al contributo di Sangiovanni (2010). Azienda Pubblica 1.2016 120 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale zioni finalizzate a creare i presupposti per la revisione dello stesso (certificabilità). Lo studio del caso lucano ha consentito di evidenziare una serie di problematiche metodologiche, valutative e gestionali. Esse mostrano l’urgenza di procedere con l’approvazione della casistica di riferimento al fine di tenere in considerazione alcuni aspetti molto delicati come la rilevazione del pay back, delle ferie maturate e non godute, etc. La casistica deve essere, inoltre, strutturata in modo da prendere in considerazione anche il caso di non attivazione della GSA10. Si ritiene, inoltre, opportuno un intervento normativo che modifichi la tempistica di approvazione dei bilanci d’esercizio aziendali e del bilancio consolidato, al fine di renderla più coerente con la complessità delle operazioni di consolidamento da porre in essere. Un tema delicato è poi la circolarizzazione dei crediti verso lo Stato. Al fine di assicurare una corretta rilevazione delle partire aperte tra Stato e regioni, in particolare, occorre attivare una procedura di conferma dei crediti vantati dalle regioni nei confronti dei competenti ministeri. Criticità si rilevano anche in merito all’area di consolidamento e alla metodologia di consolidamento. Sarebbe, infine, opportuna una maggiore valorizzazione dello strumento anche in termini più gestionali, con riferimento, ad esempio, al bilancio consolidato preventivo del SSR quale strumento effettivo di pianificazione e programmazione. Pur non avendo natura autorizzatoria, tale strumento ha sicuramente una valenza di tipo programmatico per il SSR, con notevoli impatti sul bilancio di previsione regionale (ad esempio, laddove si evidenzi una perdita prospettica, occorre assicurarne la copertura già in sede di approvazione del bilancio di previsione regionale). Uno degli aspetti più delicati è rappresentato dal rapporto tra collegio sindacale (organo aziendale di controllo) e soggetto deputato alla revisione contabile (Lumeridi 2013). In generale, i sindaci hanno il compito di verifica dell’amministrazione dell’Azienda sotto il profilo economico, di vigilanza sull’osservanza della legge, di accertamento della regolare tenuta della contabilità e di garanzia di conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, anche mediante l’effettuazione periodica di verifiche di cassa. Il collegio riferisce alla Regione sui risultati del riscontro eseguito, denunciando immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità. Il collegio può procedere a ispezioni e controlli e richiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni aziendali e su determinati affari. Il revisore, invece, è un professionista (o una società) che svolge un incarico professionale in relazione al bilancio di esercizio e/o al bilancio consolidato. Pertanto, la responsabilità del revisore è limitata al bilancio. Inoltre, 10 Si precisa a riguardo che solo due regioni ad oggi non hanno attivato la GSA. 121 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative il revisore interviene in un secondo tempo, mentre il collegio sindacale partecipa alla vita della società. In linea generale, la responsabilità del collegio sindacale è quindi più ampia, in quanto riferita all’intera attività aziendale. Tuttavia, in materia di bilancio, la responsabilità del revisore dovrebbe essere più diretta e specifica. Il controllo del collegio sindacale è sempre di legittimità sostanziale e di rispetto delle procedure e/o prassi operative. Questo consente al collegio interventi preventivi o sostitutivi esclusivamente nel caso in cui le conseguenze delle delibere appaiano pregiudizievoli per l’azienda sanitaria. Infine, è opportuno segnalare che per sindaci e revisori, esiste l’obbligo di reciproco e tempestivo scambio di informazioni, sancito dall’articolo 2409-septies del Codice civile. Per esempio, se il revisore rileva che alcune operazioni non sono state contabilizzate correttamente, deve informare il collegio sindacale, in quanto la verifica del bilancio è un compito che la legge affida al soggetto incaricato della revisione11. Una volta chiariti gli aspetti metodologici e valutativi relativi alla redazione del bilancio consolidato del SSR, è pertanto urgente intervenire sull’assetto istituzionale, per meglio definire la struttura e la governance dei controlli. Tale intervento normativo dovrebbe essere teso a individuare, anche in ambito sanitario e con maggior dettaglio, compiti e responsabilità di ciascun soggetto deputato al controllo contabile, con particolare riferimento al rapporto tra revisore legale e collegio sindacale. In merito a tale aspetto, l’esperienza della Regione Basilicata ha consentito di evidenziare che una possibile sinergia tra i diversi soggetti deputati al controllo, strutturata anche attraverso la possibilità di interlocuzioni (formali e non) periodiche e lo scambio continuo di informazioni, innalza il livello qualitativo complessivo dei sistemi di controllo. Nonostante le criticità sopra riportate, è evidente che la riforma contabile ha affrontato alcuni aspetti molto delicati, innescando un processo di armonizzazione finalizzato ad assicurare una maggiore intelligibilità e confrontabilità dei dati contabili in materia sanitaria. La confrontabilità dei bilanci consolidati regionali, anche in un’ottica di federalismo e di costi standard, è presupposto imprescindibile per qualsiasi attività di verifica e di ulteriore consolidamento (ad esempio del SSN). Inoltre, il sistema è riuscito, seppur con alcuni limiti, a creare un ponte “ideale” tra due diversi mondi, quello della contabilità finanziaria e quello economico patrimoniale. Un ponte in grado di rendere comprensibili le operazioni di gestione sotto il profilo economico, finanziario e patrimoniale, indipendentemente dal sistema di rilevazione. Resta, infine, aperto il problema connesso al doppio “binario” che caratterizza la contabilità finanziaria regionale. Il bilancio della regione rileva i fatti gestionali sulla base del principio della competenza finanziaria potenziata, ad eccezione però dei capitoli afferenti al peri11 Sull’argomento si rimanda ai contributi di Di Lorenzo (2013). Azienda Pubblica 1.2016 122 Esperienze innovative La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale metro sanitario, per i quali è richiesta l’applicazione del principio della competenza finanziaria “tradizionale” e la verifica della copertura finanziaria integrale delle partite debitorie nei confronti delle aziende sanitarie. Bibliografia Anessi Pessina E., Cantù E., Persiani N. (2011), “Armonizzazione contabile e revisione dei bilanci nelle aziende sanitarie pubbliche”, in Anessi Pessina E., Cantù E. (a cura di), L’aziendalizzazione della sanita in Italia. Rapporto OASI 2011, Milano: Egea. ASSIREVI (2014), La revisione di bilancio nel sistema sanitario: aspetti normativi e modalità operative, Documento n. 13, Osnago (Lc): 3LB srl. Catuogno S., Mauro M. (2009), “Il consolidamento delle partecipazioni. Compliance versus armonizzazione”, Financial reporting, 3, pp. 9-27. Chamber A.D. (1981), Internal Auditing, London: Pitman. Church B.K. (2004), “The role of the internal audit function in corporate governance: A synthesis of the extant internal auditing literature and directions for future research”, Journal of Accounting Literature, 23, pp.194244. Devalle A., Bava F. (2014), “Verifiche periodiche del Collegio sindacale incaricato della revisione”, Bilancio vigilanza e controlli, 5, pp. 28-35. Di Lorenzo G. (2013), “Dalla certificabilità alla revisione contabile: il percorso attuativo della certificabilità (p.a.c.)”, Ragiusan, 351/352/353, pp. 52-61. Gelmetti M. (2013), “La Certificabilità dei Bilanci degli Enti del SSN”, Enti No Profit, 1, pp. 9-16. Gigli S. (2014), “La certificazione delle procedure amministrative nelle aziende sanitarie pubbliche: alcune riflessioni”, Mecosan, 89, pp. 103-124. Hinna L., Messier W.F. (2007), Auditing. Fondamenti di revisione contabile, Milano: McGraw-Hill. Lorusso S., Cangiano R. (2013), “Autoassicurazione da responsabilità civile verso terzi delle Aziende ed Enti del SSR Basilicata: aspetti contabili”, Sanità Pubblica e Privata, 5, pp. 66-74. Lorusso S., Giordano R. (2010), “I principi contabili e la revisione dei bilanci delle aziende sanitarie pubbliche. Aspetti istituzionali del progetto di innovazione contabile e organizzativa della Regione Basilicata”, Sanità Pubblica e Privata, 1, pp. 31-41. Lumeridi M. (2013), “Collegio sindacale e revisione legale: i rapporti in occasione del bilancio di esercizio”, Bilancio e reddito d’impresa, 4 (7), pp. 61-65. Marchi L. (2004), Revisione aziendale e sistemi di controllo interno, Milano: Giuffré. Mariani L., Tettamanzi P., Corno F. (2010), “External Auditing vs Statutory Committee Auditing: The Italian Evidence”, International Journal of Auditing, 14, pp. 25-40. 123 Azienda Pubblica 1.2016 La Revisione del Bilancio Consolidato del Servizio Sanitario Regionale Esperienze innovative Megali C., Rossi F. (2005), “I processi di standardizzazione contabile in sanità. L’esperienza della Regione Toscana”, Revisione Contabile, 63, pp. 28-42. Montrone A. (2011), Il bilancio consolidato dei gruppi aziendali. Un quadro alla luce di nuovi principi contabili internazionali, Milano: Franco Angeli. Persiani N. (2008), Principi contabili e di controllo interno per le aziende sanitarie ed ospedaliere, Milano: Franco Angeli. Persiani N. (2012), “Il controllo contabile del bilancio degli enti del S.s.n.: verso la certificabilità dei dati e dei bilanci”, Ragiusan, 344, pp. 28-36. Puddu L., Buchi G., Fagnola F., Gibello Ribatto P. (a cura di) (2011), Elementi essenziali per la predisposizione e la certificazione del bilancio nelle Aziende Sanitarie Pubbliche, Milano: Giuffrè. Sangiovanni V. (2010), “La responsabilità civile della società di revisione”, Responsabilità Civile, 10, pp. 699-706. Sotti F. (2009), Gli effetti delle teorie di gruppo sulla redazione del bilancio consolidato alla luce dei principi contabili internazionali, Milano: Giuffrè. Azienda Pubblica 1.2016 124 Fonti di approfondimento Spoglio riviste Spoglio riviste Journal of Public Administration Research & Theory Public Administration Daniela Cristofoli and Josip Markovic (2016), “How to make public networks really work: a qualitative comparative analysis”, 94(1): 89-110. E ric J. B oyer , D avid M. V an S lyke and J uan D. R ogers (2016), “An Empirical Examination of Public Involvement in Public-Private Partnerships: Qualifying the Benefits of Public Involvement in PPPs”, 26(1): 45-61. Steve Martin, Sandra Nutley, James Downe and C live G race (2016), “Analysing performance assessment in public services: how useful is the concept of a performance regime?”, 94 (1): 129-145. Lotte Bøgh Andersen, Eskil Heinesen and Lene Holm Pedersen (2016), “Individual Performance: From Common Source Bias to Institutionalized Assessment”, 26(1): 63-78. Hanna De Vries, Victor Bekkers and Lars Tummers (2016), “Innovation in the public sector: a systematic review and future research agenda”, 94 (1): 146-166. Financial Accountability and Management Denita Cepiku, Riccardo Mussari and Filippo G iordano (2016), “Local governments managing austerity: approaches, determinants and impact”, 94 (1): 223-243. Public Administration Review Sebastian Jilke, Steven Van de Walle and Soonhee Kim (2016), “Generating Usable Knowledge through an Experimental Approach to Public Administration”, 76(1): 69-72. Martin Baekgaard and Søren Serritzlew (2016), “Interpreting Performance Information: Motivated Reasoning or Unbiased Comprehension”, 76(1): 73-82. Oliver James, Sebastian Jilke, Carolyn Petersen and S teven V an de W alle (2016), “Citizens’ Blame of Politicians for Public Service Failure: Experimental Evidence about Blame Reduction through Delegation and Contracting”, 76(1): 83-93. Noel Hyndman and Mariannunziata Liguori (2016), “Public Sector Reforms: Changing Contours on an NPM Landscape”, 32(1): 5-32. Gustaf Kastberg (2016), “Trust and Control in Network Relations: A Study of a Public Sector Setting”, 32(1): 33-56. Public Management Review Jesper Rosenberg Hansen and Ewan Ferlie (2016), “Applying Strategic Management Theories in Public Sector Organizations: Developing a typology”, 18(1): 1-19. Marco Percoco (2016), “Strategic Planning and Institutional Collective Action in Italian Cities”, 18(1): 139-158. Kenneth J. Meier, Nathan Favero and Mallory C ompton (2016), “Social Context, Management, and Organizational Performance: When human capital and social capital serve as substitutes”, 18(2): 258277. 125 Azienda Pubblica 1.2016 Fonti di approfondimento Spoglio riviste Francesco Longo and Andrea Rotolo (2016), “Promoting programme gap awareness as a method of effective public strategic management”, 18(3): 349-368. Emiel Kerpershoek, Martijn Groenleer and Hans de Bruijn (2016), “Unintended responses to performance management in dutch hospital care: Bringing together the managerial and professional perspectives” 18(3): 417-436. Accounting, Auditing & Accountability Journal James Guthrie and Lee D. Parker (2016), “Whither the accounting profession, accountants and accounting researchers? Commentary and projections”, 29(1): 2-10. Nikos Kartalis, Mathew Tsamenyi and Kelum J ayasinghe (2016), “Accounting in new public management (NPM) and shifting organizational boundaries: Evidence from the Greek Show Caves”, 29(2): 248-277. Gustaf Kastberg and Sven Siverbo (2016), “The role of management accounting and Azienda Pubblica 1.2016 126 control in making professional organizations horizontal”, 29(3): 428-451. Eugenio Anessi-Pessina, Carmela Barbera, Mariafrancesca Sicilia and Ileana Steccolini (2016), “Public sector budgeting: a European review of accounting and public manage ment journals ”, 29(3): 491-519. Public Money and Management Alessandra Allini, Francesca Manes Rossi and K haled H ussainey (2016), “The board’s role in risk disclosure: an exploratory study of Italian listed state-owned enterprises”, 36(2): 113-120. Caroline Aggestam Pontoppidan and Isabel Brusca (2016), “The first steps towards harmonizing public sector accounting for European Union member states: strategies and perspectives”, (36(3): 181-188. Francesca Manes Rossi, Sandra Cohen, Eugenio Caperchione and Isabel Brusca (2016), “Harmonizing public sector accounting in Europe: thinking out of the box”, 36(3): 189-196. Note per gli autori Condizioni essenziali per la considerazione dei manoscritti, l’ammissione al referaggio e la pubblicazione La pubblicazione di contributi su Azienda Pubblica avviene sulla base della seguente procedura: 1. I contributi, della lunghezza indicativa di 40.000 battute, devono essere inviati alla Segreteria in formato word completo di tabelle, figure, note, bibliografia e rispondenti alle norme redazionali. È richiesta l’indicazione di un autore di riferimento, al quale saranno trasmesse tutte le comunicazioni successive. 2. I contributi sono sottoposti al vaglio del Comitato di redazione che, accertatane la conformità con lo scopo della rivista e i requisiti richiesti, li invia, assieme alla scheda di referaggio (vedi allegato), in forma anonima a due dei referee ufficiali della Rivista e contestualmente richiede l’impegno da parte degli Autori stessi a non proporre il contributo per altre pubblicazioni per la durata di tutto il processo di valutazione. 3. Le osservazioni dei referee vengono inviate in forma anonima agli Autori con la richiesta delle revisioni indicate. 4. La nuova stesura, con lettera degli Autori ai referee in cui si precisino l’entità e le ragioni delle modifiche operate, viene valutata dal Direttore (Editor) Scientifico e, in caso di dubbi residui, sottoposta agli stessi referee iniziali per un giudizio definitivo (o eventuale richiesta di ulteriore modifica). 5. Ottenuta la valutazione definitiva, l’articolo viene accettato per la pubblicazione con la richiesta agli Autori di predisporre un abstract e parole chiave in italiano, inglese e francese (per l’inserimento in un database di EGPA European Group of Public Administration). L’abstract in inglese deve essere redatto in due versioni: una breve (non più di 200 parole) e una più estesa, utile per l’indicizzazione della rivista sui motori di ricerca internazionali. La versione estesa deve avere una lunghezza compresa tra le 400 e le 600 parole e una struttura organizzata nelle seguenti sezioni: title, purpose, methodology, findings, relevance and implications for research and policy/practice Non saranno considerati ed ammessi al referaggio i contributi che non rispettano le seguenti condizioni: 1) i manoscritti sottoposti ad Azienda Pubblica non devono essere già stati pubblicati o essere stati presentati per la considerazione presso altre riviste; 2) i manoscritti devono rispettare gli standard di struttura, abstract, note, tabelle, riferimenti bibliografici precisati di seguito. Gli autori sono invitati a rispettare le richieste relative alla forma e allo stile per minimizzare ritardi e necessità di revisione. Inoltre, deve essere evitato ogni riferimento che possa consentire un loro riconoscimento diretto o indiretto ed assicurare così un corretto processo di referaggio. Invio dei contributi I contributi devono essere presentati alla rivista presso: Redazione Azienda Pubblica Istituto di Pubblica Amministrazione e sanità, Università L. Bocconi, IPAS - Via Röntgen, 1 – 20136 Milano e-mail: [email protected] Formato e stile: carattere: arial 12 - margini: 3x3x3x3 La prima pagina deve indicare 1) il titolo 2) i nomi degli autori, 3) i loro titoli e le istituzioni di appartenenza, 4) l’indicazione dell’autore che curerà la corrispondenza e il suo indirizzo completo, 5) eventuali ringraziamenti. La seconda pagina deve contenere 1) il titolo (italiano/inglese), 2) l’abstract in italiano, in inglese e francese (massimo 10 righe), 3) le parole chiave in italiano, inglese e francese (fino ad un massimo di tre) e 4) il Sommario. Nella terza pagina dopo la ripetizione del titolo, dovrebbe iniziare l’articolo. La struttura del testo si articola in: Titolo del testo, Titoli numerati di Paragrafi (es. 1. Introduzione). Non è prevista un’articolazione in sottoparagrafi (es. 1.1, 1.2, ecc.). Sono invece ammessi “sottotitoli” in corsivo non numerati. Si richiede il sommario iniziale. Note per gli autori Lunghezza Il contributo si intende di circa 40.000 caratteri (conteggio parole di word) I contributi che si discostano in maniera significativa da questi standard non saranno ammessi al referaggio. Note Le note si intendono a pie’ di pagina e devono essere identificate da un numero cardinale. Il numero delle note e la lunghezza di ciascuna nota devono essere ridotti al minimo indispensabile in modo da favorire la snellezza del testo. Si consiglia di non inserire nelle note citazioni o riferimenti bibliografici. È responsabilità dell’autore adeguare l’assetto delle note agli standard della rivista. Tabelle e figure Figure e tabelle devono essere numerate e avere didascalia, vanno richiamate nel testo e riportate in file separato. Si ricorda che la rivista è in bianco e nero. Non saranno accettate figure a colori. Riferimenti bibliografici I riferimenti bibliografici devono limitarsi a quelli espressamente citati nel testo. In particolare, la rivista utilizza, per le citazioni nel testo, il sistema autore-data. La citazione nel testo prevede la seguente forma: (Rossi, 1997: pp. 345-347). Per contributi con più di due autori, si usi la forma (Rossi et al. 1997: pp. 345-347). Per citazioni multiple dello stesso autore e nello stesso anno, far seguire a, b, c, ecc. all’anno. Nei riferimenti bibliografici, in coerenza con il sistema autore-data, i riferimenti devono essere riportati a fine testo nella seguente forma: Monografie Brunetti G. (1979), Il controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate, Milano: Franco Angeli. Pubblicazioni con più autori Bruns W.J., Kaplan R.S. (a cura di) (1987), Accounting and Management: Field Study Perspectives, Boston, MA: Harvard Business School Press. Saggi in pubblicazioni Kaplan R.S. (1985), “Accounting lag: the obsolescence of cost accounting systems”, in K. Clark, C. Lorenze (a cura di), Technology and Productivity: the Uneasy Alliance, Boston, MA: Harvard Business School Press, pp. 195-226. Articoli in riviste Meneguzzo M., Della Piana B. (2002) “Knowledge management e p.a. Conciliare l’inconcilibaile?”, Azienda pubblica, 4-5, pp. 489-512. Rapporti/Atti OECD (1999), Principle of corporate Governance, Paris: OECD. Non pubblicati Zito A. (1994), “Epistemic communities in European policy-making”, Ph.D. dissertation, Department of Political Science, University of Pittsburgh. Stile e forma Si richiede uno stile lineare e scorrevole e il testo inviato deve essere già stato sottoposto al controllo ortografico. È raccomandato l’utilizzo della forma impersonale. Comitato scientifico Amatucci, Fabio Bergamin, Maria Bianchi, Carmine Buccellato, Armando Cafferata, Roberto Cavenago, Dario Costa, Giovanni D’Amore, Mariano Del Vecchio, Mario Donato, Fabio Elefanti, Marco Fattore, Giovanni Fiorentini, Giorgio Francesconi, Andrea Gandini, Giuseppina Garlatti, Andrea Giovanelli, Lucia Giusepponi, Katia Grossi, Giuseppe Lega, Federico Longo, Francesco Maggi, Davide Manfredi, Francesco Marcon, Giuseppe Marinò, Ludovico Matacena, Antonio Mazzoleni, Mario Miolo Vitali, Paola Orlandini, Paola Panozzo, Fabrizio Persiani, Niccolò Pezzani, Fabrizio Pozzoli, Stefano Propersi, Adriano Rebora, Gianfranco Riccaboni, Angelo Ricci, Paolo Rondo Brovetto, Paolo Ruffini, Renato Sargiacomo, Massimo Sibilio, Barbara Storlazzi, Alessandra Torcivia, Sebastiano Vagnoni, Emidia Valotti, Giovanni Zambon, Stefano Zuccardi, Mara Zuffada, Elena