PROFILO STORICO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI

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PROFILO STORICO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI
PROFILO STORICO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI POTENZA (testo sintetizzato dai saggi di Antonio Lerra e Gaetano Morese) La Camera di Commercio e d’Arti di Potenza nasce con r.d. 5 ottobre 1862, n. 872, in un contesto politico, istituzionale, amministrativo e socioeconomico tra i più difficili del Mezzogiorno, all’interno del quale la Camera di Commercio e d’Arti di Potenza risultò presto un rilevante punto di riferimento, sia per le ordinarie funzioni d’istituto, sia anche in direzione di scelte determinanti per la crescita e lo sviluppo economico provinciale. Tuttavia, nel primo decennio l’azione del neonato Ente camerale, presieduto da Gennaro Ricotti, fu fortemente frenata – se non del tutto annullata – dalla totale mancanza di introiti, dalla impos‐
sibilità di imporre una tassa camerale a commercianti e industriali, in una situazione economica già tanto difficile, e dalla piaga tuttora devastante del brigantaggio. In effetti, la Camera si sarebbe concretamente avviata verso l’esercizio pieno delle sue funzioni solo nel 1872, dopo l’elezione del secondo Consiglio camerale, presieduto dall’avvocato Pietro Paolo Amati di Potenza, e l’autorizzazione a esigere la tassa camerale. Nell’azione dell’Ente camerale a cavallo fra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta dell’Ottocento va ricordata la lunga e incisiva presenza di Nicola Branca, fratello di Ascanio, depu‐
tato al Parlamento per il collegio di Potenza e relatore per la Lucania e la Calabria dell’Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, più nota come Inchiesta Jacini. Chiara espressione degli indirizzi prevalenti fra la grande proprietà fondiaria, il profilo che della provincia di Basilicata emergeva dall’inchiesta era quello di una realtà afflitta da molti mali, vecchi e nuovi, trascurati anche dai governi postunitari: isolamento a causa della mancanza di collegamenti, crisi economica e sociale, proprietà assenteista, grave carenza di capitali, tassazione eccessiva, massiccia emigra‐
zione e conseguente mancanza di manodopera. Una realtà rispetto alla quale, proprio nel corso delle presidenze di Nicola Branca, la Camera di Commercio e d’Arti di Potenza assunse posizioni di particolare rilevanza, soprattutto per far fronte alla diffusa carenza della rete dei trasporti e per frenare l’emigrazione. Nel cruciale periodo compreso tra il 1880 e il 1889, emerge, all’interno della Camera potentina, la figura di Gioacchino Andretta, commerciante di legname, imprenditore edile, rilevante azionista della Banca Agricola ed Industriale di Basilicata e, tra l’altro, anche grande proprietario terriero e socio in affari di alcuni grandi proprietari lucani. Andretta rappresenta una delle espressioni più significative della peculiare connotazione del rapporto potere‐istituzioni nella Basilicata degli anni ottanta dell’Ottocento, quando, in presenza degli effetti della grave crisi agraria e del massiccio fenomeno dell’emigrazione, la Camera di Commercio e d’Arti di Potenza fu determinante punto di riferimento in difesa degli interessi di “industrianti di armenti”, “industrianti”, commercianti. L’Ente camerale, infatti, riuscì ad agire, oltre che sul terreno del protezionismo cerealicolo, su quello della salvaguardia delle posizioni economiche di proprietari terrieri coinvolti nella crisi delle banche locali, che andarono via via accentuando la loro pressione nei confronti delle aziende agri‐
cole debitrici. Tale azione di recupero dei crediti, accentuatasi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, andò lentamente decrescendo in coincidenza con i positivi effetti della legge Za‐
nardelli per la Basilicata (1904). Non a caso, la Camera di Commercio e d’Arti di Potenza rappre‐
sentò una delle tappe più significative dello storico viaggio del presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli in Basilicata. Con legge 20 marzo 1910, n. 121 l’Ente camerale assunse la denominazione di Camera di Com‐
mercio ed Industria di Potenza, che mantenne fino al 1927, rappresentando un importante sog‐
getto di evoluzione nella vita istituzionale del Paese, in sintonia con il nuovo corso che la politica liberale aveva avviato nel Mezzogiorno, a partire dal rinascimento economico che proprio la legge speciale sulla Basilicata doveva realizzare. La nuova legislazione prevedeva la limitazione dell’autonomia camerale attraverso l’approvazione ministeriale dei bilanci, mentre importante era la tenuta da parte dell’Ente del Registro delle ditte, nel quale era obbligatorio iscriversi. Pre‐
siedente dell’Ente camerale dal 1910 al 1919 fu il nittiano Giovanni Janora, contestualmente sin‐
daco di Potenza. Janora impresse un preciso indirizzo alle attività camerali, che si richiamavano al programma di sviluppo e modernizzazione, basata sulle capacità territoriali ed energetiche, della provincia proposto da Francesco Saverio Nitti con la legge speciale sulla Basilicata (1904). Subito dopo l'impresa di Libia la Camera potentina aderì alla richiesta del Comitato esecutivo di allestire un locale con un impiegato a Tripoli per gli espositori della Basilicata alla 1a Mostra indu‐
striale italiana di Tripoli, mentre a livello locale si attivò per la prima Mostra zootecnica provincia‐
le. Con la prima guerra mondiale, in sintonia con gli indirizzi dell’unione delle Camere, quella po‐
tentina organizzò i magazzini fiduciari di deposito per il contingentamento delle merci, prodigan‐
dosi anche per il mantenimento degli impiegati chiamati alle armi, garantendo inoltre ai suoi im‐
piegati regolare stipendio e sovvenzioni per l’assistenza sociale. Per quanto riguarda invece la cit‐
tà di Potenza, Janora, nel suo duplice ruolo di presidente camerale e di sindaco, promosse l’istituzione di un ente autonomo per i consumi nella città, sempre sotto la sua presidenza, così da facilitare l’approvvigionamento di alimenti e merci di consumo alla popolazione da rivendere a prezzi stabiliti dall’Ente. Al termine del conflitto mondiale la Camera aderì all’Ufficio di colloca‐
mento di manodopera per gestire i flussi di lavoratori rientrati dal fronte e di quelli svincolati dalla produzione. Con le dimissioni di Janora, nel 1919, presidente della Camera fu nominato Francesco di Masi, in carica fino al 1922. Secondo i dati riportati dall’Ente, al termine del conflitto mondiale nella pro‐
vincia di Basilicata vi erano 177.000 addetti all’agricoltura (pari al 50% del totale), contro i 36.000 addetti all’industria (10%) e i 7.000 nel commercio (2%), 2.800 imprese industriali con almeno 2 occupati, fra le quali appena 50 aziende occupavano più di 10 persone. Fra queste ultime 50 im‐
prese, 13 avevano più di 300 operai addetti nel settore agrario (mulini, pastifici, taglio di boschi ecc.), 27 nelle costruzioni e lavori pubblici, di cui 2 statali; solo 15 utilizzavano 40 motori meccani‐
ci per circa 1.000 cavalli dinamici. Con la progressiva ascesa del fascismo, l’Ente camerale potentino assecondò la richiesta degli esercenti e commercianti di Potenza affinché si dimettessero i componenti camerali delle varie commissioni di enti esterni, nominati dal precedente Consiglio, in quanto ritenuti non più espres‐
sione degli elettori. Nel 1923 le elezioni furono rinviate e il presidente Giovanni Boccia annunciò l’imminente scioglimento della Camera in vista dell’emanazione della nuova legge. La legge 8 maggio 1924, n. 750, trasformò la Camera in ente pubblico e organo consultivo dell’amministrazione statale e locale per le industrie e i commerci, con ripartizione delle sue atti‐
vità interne nelle sezioni Agricola e forestale, Industriale, Commerciale e marittima, e una Giunta camerale con componenti di diritto ed eletti dal Consiglio. Il periodo di transizione dal precedente al nuovo ordinamento camerale fu caratterizzato da funzioni commissariali esercitate dall’ex pre‐
2 sidente Boccia, coadiuvato da Davide Messore, Giovanni Janora, Pasquale Indrio e dal segretario camerale Lucio Mango. Il 7 novembre 1925 fu nominato commissario straordinario Pasquale In‐
drio, già direttore della Cassa agraria, che fece aderire la Camera di Potenza alla Federazione na‐
zionale delle irrigazioni di Milano, così da coordinare l’ampio programma fascista di bonifica inte‐
grale per la Basilicata. Nuovo commissario, dall’agosto 1926 al dicembre 1927, fu Giulio Giantur‐
co. Al termine del periodo di commissariamento la Camera di commercio di Potenza poteva con‐
tare su un patrimonio netto di quasi un milione di lire. Nel 1927 fu istituito il Consiglio provinciale dell’economia, che nel 1932 sarebbe diventato Consi‐
glio provinciale dell’economia corporativa, inglobando le Camere di commercio, i Consigli provin‐
ciali agrari, i Comitati forestali, le Commissioni provinciali di agricoltura e i Comizi agrari, e assu‐
mendo, così, la completa rappresentanza delle attività produttive, industriali, commerciali, agrico‐
le, del lavoro e della previdenza sociale, mentre le funzioni precedentemente attribuite alle Came‐
re vennero assegnate agli Uffici provinciali dell’economia corporativa, che dipendevano dal mini‐
stero delle Corporazioni. Il Consiglio provinciale dell’economia fu articolato nelle sezioni Agricoltu‐
ra e foreste, Industria, Commercio, Lavoro e previdenza sociale, Marittima. Presidente di tale Con‐
siglio era il prefetto, mentre il vice presidente, da scegliere fra i consiglieri, era di nomina ministe‐
riale. La Giunta era composta da tutti i presidenti e vice presidenti di sezione, e presieduta dal vice presidente del Consiglio. Dal punto di vista finanziario il Consiglio disponeva dei contributi, dei di‐
ritti e dei ruoli precedenti, ma di fatto il nuovo Ente non rappresentava più democratici interessi economici, essendo ormai organo di rappresentanza corporativa strettamente controllato dallo Stato e dal Partito fascista. Intanto, l’istituzione, nel 1927, della nuova Provincia di Matera com‐
portò, anche per l’ente consiliare, la costituzione di Consigli distinti per le due Province. Nel 1932 fu istituito il nuovo Consiglio provinciale dell’economia corporativa di Potenza, di fatto innovando solamente nella denominazione il precedente istituto. Nel corso del suo insediamento il vice presidente Enrico Vita, anche podestà del capoluogo, oltre a sottolineare la distinzione fra il Consiglio economico, a carattere tecnico ed economico, e i comitati intersindacali, a carattere prettamente politico, evidenziava come la popolazione lucana, nonostante il terremoto del Vultu‐
re e due anni di cattivo raccolto, potesse dare all’economia nazionale oltre un milione di quintali di grano l’anno. Il nuovo ente corporativo coordinava le organizzazioni sindacali e l’assistenza, in‐
crementava e migliorava la produzione, gestiva gli uffici di collocamento provinciali. Vari fattori, come il blocco dei flussi migratori, le politiche adottate dal fascismo e la più generale crisi mondiale in corso, influirono negativamente sulla fragile struttura produttiva della provincia, con un calo generalizzato della produzione e dell’esportazione. Nell’insieme, il Consiglio provincia‐
le fu agile strumento del fascismo per l’attuazione della sua politica corporativistica sindacale, prima a livello di politica economica corporativistica, poi autarchica. E, comunque, il Consiglio inci‐
se poco sullo sviluppo dell’economia provinciale, che si orientò prevalentemente in direzione dell’ampliamento della cerealicoltura, nel quadro di un processo che di fatto si muoveva verso la “modernizzazione” senza democrazia. Sul piano sociale si andò affermando una piccola borghesia, piccoli imprenditori e impiegati via via emersi nell’ambito del processo di terziarizzazione, a fianco e in sostituzione del classico notabile terriero. Con decreto del 28 aprile 1937 il Consiglio dell’economia fu trasformato in Consiglio provinciale delle corporazioni, sempre presieduto dal prefetto. Era previsto un Comitato composto dal presi‐
dente, dal vicepresidente, dai presidenti e dai rispettivi vicepresidenti delle sezioni, dal segretario federale del Partito fascista e da un rappresentante delle Unioni interprovinciali dei datori di lavo‐
3 ro e lavoratori del credito e assicurazioni, dell’Unione provinciale dei professionisti ed artisti e dell’Ente nazionale della cooperazione. Il Consiglio aveva sempre componenti designati su indica‐
zione delle varie associazioni e di diritto, mentre le Commissioni corporative erano costituite dal prefetto e composte dai componenti il Consiglio, da un rappresentante del Partito nazionale fasci‐
sta (PNF) e da esperti, competenti su singole materie a carattere tecnico. L’entrata in guerra dell’Italia ebbe da subito i suoi riflessi sull’amministrazione dell’Ente, che fu costretto a innalzare il limite dell’aliquota dell’imposta consiliare a 1,50 lire, mentre nel 1942 quella ordinaria ascese a 1,30 lire. Nello stesso anno il vice presidente del Consiglio Gioacchino Viggiani (prefetto presidente era Umberto D’Eufemia) evidenziava le attività svolte in piena emer‐
genza bellica dall’Ufficio provinciale delle corporazioni attraverso l’Ufficio distribuzione prodotti industriali, la mobilitazione civile, i servizi dei prezzi e la segreteria. Le vicende belliche e la succes‐
siva sfiducia del Partito determinarono, com’è noto, la caduta di Mussolini, tra l’altro portando anche al commissariamento straordinario del Consiglio provinciale corporativo di Potenza, il 9 marzo 1944. Tale ennesimo commissariamento portò l’aliquota consiliare al 2% per ogni 100 lire, nell’intento di riuscire ad affrontare i tanti impegni economici. Il decreto luogotenenziale 21 settembre 1944, n. 315, soppresse sia i Consigli sia gli Uffici dell’economia, istituendo in ogni capoluogo di provincia una Camera di Commercio, Industria ed Agricoltura, affiancata da un Ufficio provinciale del commercio e dell’industria, per l’esecuzione degli atti e dei provvedimenti ministeriali, la rilevazione dell’andamento economico, la distribu‐
zione dei prodotti industriali, la tenuta del Registro delle imprese. Ente di diritto pubblico, la Ca‐
mera era amministrata ora da un Consiglio elettivo, provvisoriamente sostituito da una Giunta composta da quattro componenti nominati dal prefetto in rappresentanza delle varie categorie e da un presidente provvisorio nominato dal ministero dell’Industria, commercio ed agricoltura. Nel 1945 la Giunta camerale di Potenza fu presieduta da Domenico La Sala che, prematuramente scomparso, fu sostituito provvisoriamente da Arnaldo Vicario. L’anno seguente, presidente Pietro Scognamiglio, in carica fino al 1961, fu istituita e regolamentata la Consulta economica provincia‐
le, per coinvolgere tutte le forze economiche nella ricostruzione. Nel 1945 la Camera di Potenza aveva aderito all’Unione interregionale delle Camere di Commer‐
cio di Puglia e Lucania, e successivamente aderì all’Unione interregionale delle Camere di Com‐
mercio della Campania, Calabria e Molise. Il 30 agosto 1947 si svolse a Potenza il convegno delle Camere di commercio di Puglia, Lucania, Campania e Calabria per trattare le questioni economi‐
che del Mezzogiorno nel nuovo contesto repubblicano; a esso fecero seguito interventi governati‐
vi per l’industrializzazione dell’Italia meridionale e insulare, che lasciarono presagire per la Basili‐
cata una rapida ripresa attraverso interventi infrastrutturali e in agricoltura. In tale quadro si inse‐
riva la partecipazione camerale al programma ERP (European recovery program), che aveva asse‐
gnato 1.089 milioni alla Basilicata per la realizzazione di strade, opere igieniche ed edilizie. La normalizzazione si palesò anche con la partecipazione alla Fiera del Levante. A conferma della piena ripresa in corso nella provincia, si svolsero a Potenza nel 1950 e nel 1951, con la presenza di aziende provenienti da tutta l’Italia, la I e la II Fiera campionaria lucana. Da annotare inoltre, nello specifico versante dell’industrializzazione, il convegno delle Camere di Commercio e delle Associa‐
zioni degli industriali del Mezzogiorno svoltosi a Potenza nel dicembre del 1951. Nel 1959 la Ca‐
mera aderì alla costituzione del Consorzio per la zona industriale di Potenza. A precorrere quello che sarebbe stato il processo di avvio dell’istituto Regione, le Camere di Commercio di Potenza e Matera si unirono nel 1965 costituendo l’Unione regionale delle Camere 4 di Commercio, Industria e Agricoltura di Basilicata, con sede a Potenza. L’anno seguente la Came‐
ra, in base alla legge 26 settembre 1970, n. 792, assunse la nuova denominazione di Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, includendo la rappresentanza degli interessi eco‐
nomici anche degli artigiani. In conclusione, dall’avvio della Repubblica la provincia di Potenza, come del resto l’intera regione, era passata da un diffuso sottosviluppo a una più articolata diversificazione delle capacità di svi‐
luppo territoriali, mettendo, però, sempre più in risalto i differenti livelli delle singole realtà terri‐
toriali. In tale dinamico contesto la Camera di Potenza partecipò attivamente al processo di ripre‐
sa economica, esercitando un rilevante ruolo fra componente produttiva e presenza statale al servizio della democrazia economica, rinata dopo il ventennio fascista. 5