Consumo di carne e cancro

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Consumo di carne e cancro
CONSUMO ALIMENTARE DI CARNI E RISCHIO DI CANCRO”
A cura di Angela Maria Vittoria GRIZZANTI
A.A. 2012-2013
Il consumo di carne è aumentato dalla seconda guerra mondiale. Anche
se questo aumento è stato a lungo confinato al mondo occidentale, cioè, Nord
America, Europa del Nord ed Europa occidentale, Australia e Nuova Zelanda;
il consumo di carne è ora in aumento anche in altri paesi, come la Cina, a
causa del loro sviluppo economico.
Dal punto di vista fisiologico, una dieta ricca di carne ha diversi benefici
nutrizionali, ma anche diversi effetti negativi potenziali.
La carne è ricca di
proteine, ferro, zinco e
vitamine del gruppo B e
vitamina A.
La biodisponibilità di
ferro e folati dalla carne è
superiore a quello di
prodotti vegetali come
cereali e verdure a foglia
verde.
Lo
svantaggio,
tuttavia,
è
l’elevato
contenuto di acidi grassi saturi e colesterolo, i quali se associati a lipoproteine
a bassa densità (LDL) aumentano il rischio di malattia coronarica ed infarto.
Anche se il ferro è essenziale per la prevenzione dell’anemia, un
elevato apporto è legato alla formazione endogena di composti N - nitroso
nell’intestino e quindi può essere un fattore di rischio per alcune forme di
cancro come ad esempio il cancro del colon.
Alcuni studi prospettici hanno valutato l’associazione tra assunzione di
carne e mortalità, uno dei più recenti studi condotti tra i partecipanti EPICOxford ha rilevato che i vegetariani e anche i non vegetariani con uno stile di
vita attento alla salute, avevano una mortalità significativamente più bassa
rispetto alla popolazione generale
Questi studi hanno dimostrato che la diminuzione della mortalità
dipende molto dallo stile di vita sano, dall’essere non fumatori, da un fisico
più snello, dall’attività fisica e così via.
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Tuttavia, studi statunitensi, hanno riportato un aumentato rischio di
mortalità precoce tra individui con un alto consumo di carni rosse e
trasformate rispetto a basso consumo di carne indipendentemente da fumo,
obesità, sedentarietà ed altri potenziali di rischio.
L’EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and
Nutrition), è un ampio studio prospettico condotto in 23 centri in 10 paesi
europei il cui scopo era quello di esaminare l’associazione di consumo di
carne rossa, carni lavorate e il consumo di pollame con il rischio di morte
precoce per cancro, malattie cardiovascolari e “altre cause di morte”.
I dieci paesi partecipanti allo studio sono: Francia, Italia (Firenze,
Varese, Ragusa, Torino, Napoli), Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito, Grecia,
Germania, Svezia, Norvegia e Danimarca.
Nella maggior parte dei centri i partecipanti sono stati reclutati dalla
popolazione generale. Il gruppo francese composto da membri di sesso
femminile di un programma di assicurazione sanitaria per i dipendenti
scolastici. Spagnoli ed italiani sono stati reclutati tra i donatori di sangue,
dipendenti di imprese, funzionari pubblici, ma anche tra la popolazione in
generale. A Firenze sono stati reclutati i partecipanti a screening
mammografico. A Oxford, la metà dei soggetti consisteva in soggetti “attenti
alla salute”. Le coorti di Francia, Norvegia, Utrecht e Napoli costituite solo da
donne.
I partecipanti sono stati reclutati tra il 1992 e il 2000 in funzione del
centro di studio. Per quanto riguarda l’età, per gli uomini da 40 a 70 anni,
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mentre per le donne da 35 a 70 anni.
Dei 511.781 partecipanti iniziali sono stati esclusi soggetti con cancro autoriferito, ictus o infarto del miocardio, e fumatori. La coorte analitica è stata di
448.568 partecipanti.
A tutti i partecipanti è stato somministrato un questionario dietetico con
indicazione della dieta abituale nel corso dei dodici mesi, specifica per paese
per catturare le abitudini alimentari locali. In Grecia, Spagna e Ragusa, il
questionario dietetico è molto simile nei contenuti a quello degli altri paesi
ma è stato somministrato per intervista diretta. Il questionario ha tenuto conto
del consumo di alcol e di energia da attività fisica.
Le carni sono state raggruppate in carne rossa (manzo, maiale,
montone/agnello, cavallo, capra); carni lavorate (tutti i prodotti a base di
carne, tra cui prosciutto, pancetta, salsicce, carne macinata) e carni bianche
(pollame, tra cui pollo, gallina, tacchino, anatra, oca, pollame non classificati,
coniglio).
La dicitura “Carne lavorata” si riferisce principalmente a base di carne
rossa preparata, ma può contenere anche carni bianche trasformate ad
esempio in salsicce.
Nel questionario sono state inserite domande fondamentali “non
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alimentari”, riguardanti l’istruzione, la storia medica, il consumo di alcol,
l’attività fisica, storia del consumo di tabacco (fumatore corrente, passato, non
fumatore), numero di sigarette fumate e l’età di inizio e, se del caso, smettere
di fumare. Altezza e peso misurati in alcuni centri, in altri auto riferiti.
Tra i risultati emersi dallo studio risulta che uomini e donne che
assumono grandi quantità di carni rosse o trasformate in generale consumano
meno frutta e verdura rispetto a quelli con bassa assunzione. Hanno più
probabilità di essere fumatori correnti e meno probabilità di avere un diploma
universitario. Gli uomini con alto consumo di carne rossa consumano più
alcol rispetto agli uomini con basso consumo, ciò non è stato osservato nelle
donne. Gli individui che consumano più di 80 g. di pollame al giorno hanno
un maggior consumo di frutta e verdura rispetto a quelli con un consumo di
meno di 5 g. al giorno, ma non c’è differenza nelle abitudini di fumo.
Il tempo medio di osservazione della coorte EPIC è stata di 12,7 anni
con un massimo di 17,8 anni. Durante questo periodo sono morti 26.344
partecipanti allo studio (11.563 uomini e 14.781 donne). Di questi, 5.556 sono
morti di malattie cardiovascolari, 9861 di cancro, 1.068 di malattie
respiratorie, 715 di malattie dell’apparato digerente e 9.144 per altre cause
(tra cui 976 deceduti per cause esterne).
Un elevato consumo di carne rossa era legato ad una maggiore mortalità per
qualsiasi causa.
I partecipanti con un apporto seriore a 160 grammi. di carne rossa al giorno
avevano una mortalità più alta rispetto ad un consumo moderato. Inoltre si è
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osservato che l’associazione per la carne trasformata era ancora più forte di
quella per la carne rossa. Basso consumo di pollame è stato associato ad un
aumento della mortalità per qualsiasi causa rispetto ad un consumo moderato.
L’elevata mortalità totale osservata nella categoria di alto consumo di
carne rossa ha un valore statisticamente significativo.
Si è stimato che il 3,3% dei decessi potrebbe essere evitato se tutti i
partecipanti allo studio avessero avuto un consumo di carne lavorata inferiore
a 20 g. al giorno; si è stimato che un aumento di 50 g. di carne lavorata al
giorno produce un aumento significativo di mortalità per qualsiasi causa.
Si è osservato anche che vi è una interazione statisticamente
significativa tra indice di massa corporea, nel senso che, l’associazione tra il
consumo di carne lavorata e di tutte le cause di mortalità era più forte nei
soggetti magri rispetto ai partecipanti in soprappeso e obesi.
Quelli con minore consumo di frutta e verdura avevano una più alta
mortalità complessiva nella categoria di consumo più elevato di carne lavorata
(160 +g / al giorno) rispetto ai soggetti con consumo di frutta e verdura
elevati.
Si è osservato inoltre che un elevato consumo di carne rossa non si associa ad
un significativo aumento di mortalità per cancro, mentre vi è un rischio
maggiore di morire per malattie cardiovascolari rispetto a coloro che
consumano solo moderate quantità di carni rosse.
C’è stata anche una significativa associazione tra consumo di carne
lavorata e rischio di morire di cancro; si è considerato un rischio di aumento
di mortalità per coloro che hanno consumato 80 – 160 g. al giorno.
In contrasto con i risultati di studi statunitensi, lo studio EPIC ha evidenziato
una consistente associazione tra il consumo di carne lavorata e mortalità
totale, ma non tra il consumo di carne rossa e mortalità.
Carni trasformate come salsicce, salami, e pancetta hanno un più alto
contenuto di acidi grassi saturi e colesterolo della carne rossa fresca, perché
questa è spesso consumata dopo rimozione del tessuto grasso visibile, mentre
la percentuale di grasso nelle salsicce spesso raggiunge il 50% del peso o
anche di più.
L’alto contenuto di grassi e colesterolo è correlato al rischio di malattia
coronarica e di infarto. Inoltre le carni lavorate sono trattate con salatura,
indurimento, affumicatura al fine di migliorare la curabilità della carne e
migliorare colore e sapore.
Questi processi, tuttavia, portano ad una maggiore assunzione di agenti
cancerogeni o dei loro precursori (idrocarburi policiclici aromatici, ammine
aromatiche eterocicliche, nitrosamine) o ad un elevato apporto di specifici
composti che portano allo sviluppo di processi cancerogeni (per esempio
nitrito).
I risultati delle analisi dello studio EPIC suggeriscono che uomini e
donne con un elevato consumo di carne lavorata sono ad aumentato rischio di
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morte precoce, in particolare a causa di malattie cardiovascolari, ma anche di
cancro.
In questa popolazione, la riduzione del consumo di carne lavorata a
meno di 20 g. al giorno impedirebbe più del 3% di tutti i decessi. Dato che il
consumo di carne lavorata è un fattore di rischio modificabile, le attività di
promozione della salute dovrebbero includere una maggiore sensibilizzazione
sulla riduzione del consumo di carne lavorata e di insaccati.
Si è svolto a Palermo, in data 11 e 12 Novembre 2005, presso il
Palazzo Steri, un importante convegno dal titolo “Dieta e prevenzione dei
tumori: dove siamo, dove andiamo”. Il Convegno è stato un’occasione per
comunicare i risultati dello studio EPIC.
La componente italiana di EPIC ha studiato popolazioni con diverse
abitudini alimentari (Napoli, Ragusa, Firenze, Varese, Torino).
Dopo avere seguito per cinque anni più di 30.000 donne sono stati
individuati 318 casi di tumore della mammella, e conseguentemente correlati
ai consumi alimentari.
Dai dati presentati dall’Istituto dei Tumori di Milano, emerge una
chiara correlazione tra consumo di grassi saturi e tumore.
Per i singoli alimenti, la correlazione è particolarmente evidente per le uova,
che com’è noto sono ricche di colesterolo.
Ma quale meccanismo biologico può spiegare la relazione tra grassi e
tumore?
Secondo il Dott. Franco Berrino, dell’Istituto dei Tumori di Milano, una
possibile spiegazione è da attribuire nell’aumento degli ormoni sessuali: i
grassi ingeriti accrescono la resistenza insulinica, e questo fa sì che aumenti la
produzione di ormoni sessuali nell’ovaio. A loro volta, un incremento di
questi ormoni farebbe aumentare il rischio di sviluppare il tumore del seno.
Per questo motivo all’Istituto dei tumori il dott. Franco Berrino sta
eseguendo una serie di studi ed osservazioni che propongono una dieta molto
povera di grassi e zuccheri (e ricca di legumi, cereali, verdura e pesce
azzurro) a donne sane e donne già trattate per tumore al seno. Per cercare di
osservare la modificazione dei livelli di ormoni sessuali e quindi l’efficacia di
questa proposta alimentare.
Dallo studio europeo, emerge ancora, un forte ruolo protettivo di
verdure (crude) a foglia. Lo studio mette in guardia anche dal consumo
eccessivo di alcol: mezza bottiglia al giorno di vino aumenterebbe del doppio
il rischio di tumore al seno.
Una correlazione messa in luce anche per fumo ed obesità; è emerso
con forza l’effetto protettivo di una vita sana e di una intensa attività fisica.
Lo studio EPIC conferma che un consumo elevato di frutta riduce
l’incidenza del tumore al polmone, indipendentemente dall’effetto del fumo,
che si conferma essere il principale fattore di rischio.
E’ interessante notare che il detto “sei quello che mangi” viene ampiamente
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confermato dai dati europei dello studio. Campioni di sangue di un
sottogruppo di soggetti dello studio EPIC estratti a caso dai diversi paesi
partecipanti, sono stati analizzati per valutare la concentrazione di
antiossidanti in particolare i carotenoidi (vitamina A) e la vitamina E.
I centri italiani, ed in particolare i centri dell’Italia meridionale
(Ragusa, Napoli) risultano avere concentrazioni di carotenoidi molto superiori
a quelle del resto d’Europa.
Tra questi spicca il licopene, una sostanza con forte attività antiossidante, la
cui fonte principale sono i pomodori, sia cotti che crudi.
Sebbene ci si lamenti spesso che la cosiddetta Dieta Mediterranea sia
ormai un lontano ricordo, osservare queste differenze ci fa ben sperare che
non tutto sia ancora perduto e che in effetti nei paesi mediterranei si
consumino quantità più elevate di frutta e verdura.
Non è stato confermato un effetto preventivo per nessun integratore
alimentare. Sicuramente promettente la prevenzione primaria attraverso
l’educazione alimentare.
Bibliografia / Sitografia
Rohrmann et al. BMC Medicine 213, 11:63
Bio Med Central com/ 1741 – 7015/ 11/ 63
Shelley Wood and Roxanne Nelson Mar. 11/2013
www. Medscape. com
www. Progetto medico. Eu/ index. Php/ nutrizione/area
Cancer 2004; 108 (2): 269 - 76
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