Nunzio Lombardi - Unione Lettori Italiani

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Nunzio Lombardi - Unione Lettori Italiani
IL MIO CARO AMICO ROBERTO
Roberto è un mio caro amico, lo conosco da circa 16
anni, è un ragazzo sempre allegro, vive la vita alla
giornata e anche ora che ha 25 anni il suo carattere non
tende a cambiare, la testa è sempre la stessa, e prende
tutto alla leggera. Con il lavoro è un disastro, forse è
per questo carattere che gli voglio un mondo di bene,
cioè gli voglio bene perché è un ragazzo molto
semplice e poi siamo amici d’infanzia.
Ora vi parlerò di un episodio accaduto circa due anni
fa.
In quel periodo facevo il muratore e lavoravo per una
ditta appaltatrice, praticamente il mio principale ci
prestava a delle società. Una sera mi chiamò e mi disse
che a un suo caro amico servivano delle persone per
circa un mese perché aveva un lavoro urgente da
consegnare, aveva bisogno di qualche muratore in più
ma il mio principale non poteva prestargliene perché
anche lui in quel periodo aveva un sacco di lavoro e
tutti urgenti. Così mi chiese se avevo due persone da
portare l’indomani mattina, qualcuno sveglio e con la
voglia di lavorare mi disse. Quando disse uno sveglio
pensai subito a Roberto ma quando disse con la voglia
di lavorare mi sorsero i primi dubbi: e se io lo porto e
poi non va o mi combina qualche pasticcio come fa di
solito? Però era il mio migliore amico e aveva bisogno
di lavorare e avevo promesso a sua madre, mannaggia
a me che non sto mai zitto, che l’avrei aiutato a trovare
lavoro e una promessa è una promessa. Così incrociai
le dita e presi il telefono per dare la buona notizia a
Roberto. La prima domanda che mi fece fu: “quando si
comincia?” Bene mi sembrava che avesse voglia.
“Domani mattina a Robe!”
E lui: “aò ma non si può fare la settimana prossima,
domani è giovedì, che si inizia a lavorare di giovedì?”
Io mi spazientii e gli dissi: “A Robe, c’hai voglia di
lavorare sì o no?”
E lui: “E che parole grosse sono, voglia, diciamo che
c’ho bisogno!”
Cominciamo bene, pensai. Alla fine lo convinsi e gli
diedi appuntamento l’indomani sotto casa sua alle
6.30. Quando glielo dissi mi rispose: “alle 6 e mezza?
Ma che c’andiamo a fare a quell’ora? È ancora buio!”
Continuiamo bene, pensai. Alle sei e venticinque ero
già sotto casa sua ma lui non c’era. Alle 6,30 ancora
non si vedeva, 6,35; 6,40; 6, 45 ancora niente. A quel
punto cominciai a suonare il clacson per chiamarlo e
mi misi a urlare: “A Robe!!” Si affacciò una vecchietta
al secondo piano che svelta svelta mi tirò una secchiata
d’acqua che per poco non mi prese in pieno. “A brutto
fijo de na mignatta” mi disse “qua c’è gente che vuole
dormire”. Così me ne stetti in silenzio appoggiato alla
macchina aspettando Roberto. Che arrivò mezz’ora
dopo sbruffando tutto morto di sonno.
Anche se il nuovo datore sapeva che solo io dipendevo
dal suo amico mi fece il primo rimprovero e cosi iniziò
il primo giorno di lavoro di Roberto, intanto ci fu
spiegato quello che dovevamo fare.
Iniziammo a lavorare. Erano circa le 10.30 quando
adocchiai il nostro datore di lavoro che andava avanti e
indietro come un matto dicendo: “ma do sta questo, do
se cacciato?”
Il mio primo pensiero fu Roberto e mi misi a cercarlo
anche io senza dare nell’occhio, in bagno non c’era e
tanto meno dove gli altri stavano lavorando. Lo trovai
nella casetta dove si mangiava, sdraiato a dormire sul
divano, appena lo vidi subito gli strillai: “a robe ma
che fai dormi?”
E lui, tranquillo: “no no ma che sei matto stavo solo a
pensà!”
Riuscii a riportarlo al lavoro prima che il capo si
accorgesse di aver assunto un filosofo invece che un
muratore e così riuscimmo a terminare la giornata di
lavoro senza troppi rimproveri.
A fine giornata, però, c’era da pensare a fare un bel
discorso a Roberto, chiedergli se davvero era disposto
a continuare questo lavoro e ad impegnarsi sul serio
anche per dare qualche soddisfazione a sua madre. Lo
accompagnai a casa ma non gli dissi niente, mi
sembrava troppo stanco. Aspettai la sera che uscissimo
come facevamo di solito. Lo andai a prendere e
andammo in un bar. Seduti al tavolino di fronte a un
caffè iniziai il discorso dicendogli;
“Allora: com’è andata oggi?”
“Bene, ma perché mi fai questa domanda?”
“Così! Il mio principale vuole sapere se può contare su
di te anche per un futuro.”
E lui rispose: “Per un futuro quanto?”
“A Robe e che ne so, forse per tanto, il lavoro non
manca.”
“E me ne sono accorto che non manca, guarda c’ho già
tutti i calli sulle mani!”
Lo guardai un po’ dispiaciuto mi sa che quel lavoro
non faceva per lui. E invece mi disse: “Ma che ti devo
dire ho 25 anni e non c’ho ‘na lira, sto sempre a litigà
co’ mi madre e me so stufato de sta a campà sulle
spalle de mi madre ora devo da na svolta alla mia vita
devo solo mette la testa a posto. Vedrai che piano
piano me ce metto!”
Così Roberto andò avanti per un mese, anche se lo fece
contro voglia, ma solo per mantenere la parola che mi
aveva dato. Appena finito quel lavoro Roberto prese il
primo vero stipendio, una cifra ragionevole, e a seguire
il mio principale, gli fece la proposta di rimanere a
lavorare per lui.
Poco tempo dopo io sono stato arrestato e ora sono
passati quasi 2 anni, noi ci sentiamo spesso per lettera,
e ogni volta che mi scrive mi ringrazia per avergli dato
un’occasione e per aver creduto in lui, ora va a
lavorare tutte le mattine puntuale, si è fidanzato da un
anno e mezzo e aspetta una bambina, va a finire che la
prossima volta che lo vedo nemmeno lo riconosco più
da tanto è cambiato.
CAMPOBASSO 02/07/2008
F.to Nunzio Lombardi