Pirandello e i letti di Bice

Transcript

Pirandello e i letti di Bice
PROSA
Prosa_Layout 1 05/07/13 16:32 Pagina 72
XXXI CONCORSO 50&PIÙ PROSA
C
tine rosse o blu. La sua voce era per me. Qualaro diario,
buongiorno. Io sono Bice, per qualcuno che giorno dopo ci trovammo nei giardini coBeatrice. Ma perché la mia presentazione munali seduti su una panchina di ferro battusia completa, devo subito informarti che io sono to. L’aria era fresca e pulita e devo essermi addormentata perché del suo lungo dire mi raguna a cui piace dormire nel letto degli altri.
Che fai, sorridi? Malizioso! Io non dormo mai tan- giunsero solo poche parole. Ne capii il senso?
to bene come quando dormo nel letto degli altri. Forse sì, forse no. Non lo so. Io intesi che doChe male c’è? Io sono della Bassa, come si usa vevo dormire il meno possibile nel mio letto. E
dire oggi quando si vuol dire il Meridione d’Italia. a uno come lui non si poteva dire di no. E fu
È quella terra, tieni presente? Quella terra dalla bel- così che cominciai ad andare per il mondo e a
lezza immensa e sconosciuta, quella che un tem- dormire nel letto degli altri.
po fu grande, e oggi è terra amara e calpestata. A Siviglia, nel Barrio De Triana, bevvi fiumi di
C’è uno della mia terra, uno di quelli grandi, gran- Martini in uno dei tanti ristorantini lungo le spondi come tanti del nostro glorioso passato e an- de del Guadalquivir, e la testa mi cadde sopra il
che del nostro più vicino presente, insomma uno tavolo. «Che fai, dormi?» - mi disse la voce del
di quelli importanti, noti e non soltanto da noi, mio amato poeta spagnolo - «il nero della notte è crivellato dal
ma in tutta Italia.
canto del grillo e c’è
Che dico… in tutta
una giovinezza di
Italia? Lui è osannaI Paesi andini li ho girati tutti.
brezze pazze sopra
to, amato nell’intero
il fiume».
mondo, è uno di
Ho subito il freddo degli altipiani,
Alzai la testa a guarquelli che sanno tanho trascinato i miei sandali attraverso
dare e sparsi lacrime
te cose e, pensa un
per la bella Torre delpo’, proprio lui spesle erbe dei prati, mi sono avventurata
l’Oro e per tutti i
so si ferma a parlare
nelle intricate giungle del Perù orien“luccichini” che stacon me, forse perché
vano annegando tra
io sono ignorante,
tale e ho mangiato, ho ballato, mi sono
il canto del grillo e
non so niente.
coperta la testa con un copricapo di
le brezze pazze denSe sapessi anch’io
tante cose come lui,
paglia scurita, e ho dormito a Varadero tro il fiume.
E quando tutte le
le sue parole e il suo
insieme a tre ragazzette amahuaca
luci si furono spentempo sarebbero
te, mi ripresi il piansprecati.
con la faccia dipinta di rosso.
to e ancheggiando
Tutto ha avuto inizio
vistosamente riatin un periodo in cui
traversai il ponte e
mi stavo perdendo,
nel senso che avevo cominciato ad amare esclu- mi ritrovai in Plaza de Toros ancora animata.
sivamente le pantofole e la poltrona e me ne Circondata da una folla di curiosi, ballai il flastavo tutto il giorno a sferruzzare davanti alla menco nel chiarore lunare: “Sul volto del poztelevisione, senza parlare mai con nessuno, né zo ancheggia la gitana” e tra risate e battimani mi avviai lentamente verso la mia stanzetcon me stessa, né con altro animale vivente.
Un giorno sentii prudermi il naso per la polvere. ta nel rione Santa Cruz, sempre ancheggianAllora mi ridestai e mi munii di straccio, scope, sec- do e continuando a declamare Garcia Lorca con
chio e detersivi. Mentre ero intenta a lucidare il voce impastata: “I gattici d’argento si piegapiano della scrivania, mi parve di sentire una vo- no sull’acqua: essi sanno tutto, ma non parce alle mie spalle. Non mi spaventai, perché la ri- leranno. Il giglio della fonte non grida la sua
conobbi subito. È la voce di quello con cui ho tristezza”.
In Cina mi sono avvolta nelle mitiche sete di Separlato un po’ di anni fa, mi dissi.
Mi misi in ascolto e mi fu subito chiaro che lui res, più preziose dell’oro. Le stesse sete che ponon si rivolgeva agli amici che aveva accanto, sandosi leggere sulla funesta bellezza di Cleoavvolti come lui dentro la scorza dura di coper- patra ne fecero trasparire il bianco seno. Mi
72 I
50epiu.it
I
LUGLIO/AGOSTO 2013
Prosa_Layout 1 05/07/13 16:32 Pagina 73
PROSA
sentii una regina, una regina vinta come lei, e
andai a dormire per terra in uno dei tanti cortili nel villaggio del Pepe Rosso, tra mucchi di grano, steli di sorgo, legna da ardere.
In Nuova Zelanda ho lanciato la mia canna da pesca nelle acque limpide del fiume Avon insieme a
pescatori occasionali e ho dormito abbracciata a
due bambini con i quali mi ero divertita a cuocere le castagne in una polla termale.
In Australia James McAuley, il poeta nazionale, mi
ha avvertita: «Gli uomini sono arditi, litigiosi e
ignoranti. Le donne sono
proprio come uno se le
aspetta». Il maschio australiano, avrei voluto rispondergli, è certamente violento, ma violento
soltanto con chi è violento con lui, e le donne lui
le rispetta, tutte, sia quelle alte e snelle, sia quelle basse e con i fianchi
grossi. Ma non dissi niente e me ne andai.
I Paesi andini li ho girati
tutti. Ho subito il freddo
degli altipiani, ho trascinato i miei sandali attraverso le erbe dei prati, mi
sono avventurata nelle
intricate giungle del Perù orientale e ho mangiato, ho ballato, mi sono coperta la testa con
un copricapo di paglia scurita, e ho dormito a Varadero insieme a tre ragazzette amahuaca con la
faccia dipinta di rosso. E ora ho ricominciato a girare tra i popoli cosiddetti civili.
Che fai, non mi credi? Perché ridi? Se le mie storie sono frutto di esperienza o no, per te che differenza fa? Sono le mie storie, nessuno ti obbliga ad ascoltare.
Il mio maestro lo aveva detto: «Mi obbligano
mentre vivo a rappresentarmi a me stesso negli
atti della mia vita. Mi guardano, mi seguono, mi
osservano; e così mi richiamano di continuo a me
stesso, mi costringono a sorvegliarmi; ogni mossa, ogni gesto allora si irrigidisce. Io mi vedo vivere come davanti a tanti specchi quanti sono gli
occhi che mi stanno a guardare».
Tu, mio caro diario, mi vedi come quella che non
era capace di contare fino a dieci. Ma a quei
tempi ero una bambina piccola piccola, ero fuori dalla vita. Ma oggi, dopo che ho dormito in
tanti letti, io seguo il mio maestro: non mi faccio irrigidire. Ma non per disprezzo o dispetto,
ma per amore della libertà. E non mi importa di
chi ride se mi vede piangere quando ascolto la
musica o quando leggo la poesia, quando accarezzo un monumento o soltanto l’aria, quando
guardo il cielo stellato o “Il tremolar della marina”. Tra un po’, riprenderò a dormire nel mio let-
» Grazia Rosa Centra
Laureata in filosofia, si è
dedicata sempre alla scuola,
al volontariato e alla
famiglia. Presidente “Fidapa”
nel biennio ’98-2000,
oggi è responsabile
della commissione cultura.
Partecipa al Concorso
50&Più per la prima volta.
Vive a Foggia.
to, ma prima voglio andare a salutare il mio maestro. Andrò a trovarlo a casa, non a Girgenti, a
Roma, la città che è eterna come il tempo dell’umanità. Percorrerò la lunga Nomentana e svolterò per via Antonio Bosio. Aprirò la casa abbandonata al silenzio e alla polvere e mi metterò in
ascolto dei suoi passi perduti, dell’eco della sua
voce smarrita. Poi scardinerò la finestra saldata
dal tempo e griderò al mondo le sue parole: «Allegri! Allegri! La vita! Le cose che ci sono! Non
importa come tu le vedi, se sono vere o no, cerca di vederle bene! Ma davvero credi che ci sia
bisogno di te? Tu te ne vai, e le cose restano, la
vita resta! C’è bisogno di tutti e non c’è bisogno di nessuno. Tu con questo corpo, tu con questo nome! Che credi di rappresentare? La vita
se ne infischia!».
LUGLIO/AGOSTO 2013
73