La riconoscenza è il sentimento della vigilia

Transcript

La riconoscenza è il sentimento della vigilia
Enrico De Nicola: la storia
La riconoscenza è il sentimento della vigilia
A cura di Eleonora Senese
E
nrico De Nicola nasce a Napoli il 9 novembre
1877 da una famiglia che gli consente di effettuare gli studi che culmineranno nella laurea in
Giurisprudenza, conseguita nel 1896 presso l’Università degli Studi di Napoli. L’anno precedente lavora per
la rubrica quotidiana di ambito giudiziario del “Don
Marzio” e, nel 1909, viene per la prima volta eletto
deputato nel Collegio di Afragola. Nominato
Sottosegretario di Stato per le Colonie tra il 1913 e il
1914, durante il quarto governo Giolitti, si ritrova nel
corso della Prima Guerra Mondiale ad assumere una
posizione interventista per poi ricoprire la carica di sottosegretario di Stato per il Tesoro nel 1919.
All’epoca della marcia su Roma del 1922, è garante del
patto nazionale di pacificazione tra fascisti e socialisti
– che poi non ebbe più seguito – ma si ritrova ad
appoggiare il Regime Fascista, pur mantenendo la carica di presidente della Camera fino al 1924, quando non
presta, tuttavia, il giuramento. Cinque anni dopo, diviene Senatore del Regno, seppur ricoprendo la carica solo
per alcune commissioni giuridiche.
Alla caduta del regime, nonostante si sia ritirato a vita
privata, interviene, sotto richiesta, per mediare fra gli
Alleati e la Corona, evitando addirittura l’abdicazione
di Vittorio Emanuele III e proponendo l’istituzione
della figura di Luogotenente da affidare all’erede al
trono Umberto, così da attenuare il peso della sconfitta
della corona.
Dopo un lavoro diplomatico tra i vari partiti politici,
nel 1946 diventa capo provvisorio dello Stato dopo la
contrapposizione tra la candidatura di Vittorio
Emanuele Orlando, da parte della DC e delle destre, e
quella di Benedetto Croce da parte, invece, delle sinistre e dei laici.
Durante la prima adunanza dell’Assemblea costituente
di quell’anno sono queste le sue parole: “Dobbiamo
avere la coscienza dell’unica forza di cui disponiamo:
della nostra infrangibile unione”, alludendo anche alle
condizioni in cui l’Italia verte in quel periodo.
È il 1947 quando viene emessa l’ultima condanna a
morte in Italia: gli autori della strage di Villarbasse
chiedono una grazia che De Nicola non accetta a causa
della gravità del delitto commesso.
L’anno dopo entra in vigore la Costituzione della
Repubblica Italiana ed egli assume il titolo di
Presidente in ruolo transitorio, prima che la maggioranza elegga il nuovo presidente: il liberale Luigi Einaudi.
Di conseguenza diviene Senatore a vita e Presidente del
Senato della Repubblica dal 28 aprile del 1951 al 24
giugno 1952 durante la prima Legislatura, fino alle sue
dimissioni in occasione di quella che viene ricordata
come “legge truffa”.
Dopo una sospensione dalla carica in Senato nel 1955
in quanto nominato Giudice della Corte Costituzionale,
riassume le funzioni di Senatore nel 1957, ma due anni
dopo, il primo ottobre, muore all’età di 81 anni nella
sua casa di Torre del Greco.
Enrico De Nicola viene ricordato come una persona
umile (rinunciò all’indennità prevista per il capo dello
Stato che allora ammontava a 12 milioni di lire), onesta e soprattutto dedita al suo mestiere.
Infatti era particolarmente stimato proprio per l’onestà,
l’umiltà e l’austerità dei costumi. Esempio di rigore,
distingueva il pubblico dal privato: il giorno della sua
nomina a Presidente della Repubblica, giunse discretamente a bordo della sua auto privata a Roma dalla sua
Torre del Greco; metteva i soldi per i francobolli della
corrispondenza privata che partiva da un ufficio pubblico; si muoveva con mezzi propri, si fece rivoltare il cappotto dal sarto, indumento che divenne “dignitosissimo
co-protagonista di numerosissime occasioni ufficiali”.
Considerando la provvisorietà della sua carica, ritenne
improprio stabilirsi al Quirinale, optando per Palazzo
Giustiniani; durante la sua presidenza, ostentava
un’agendina nella quale, asseriva, andava prendendo
appunti sul corretto modo di esercitare la funzione presidenziale, quasi una sorta di codice deontologico per
capi di Stato. Il suo successore, Luigi Einaudi, fra le
prime cose che fece da presidente fu quella di ricercare
quest’agendina ma, sostiene Giulio Andreotti, la trovò
incredibilmente vuota, senza che De Nicola vi avesse
scritto alcunché. Per tali motivi rappresenta ancora oggi
2
Temi Romana
Enrico De Nicola: la storia
un esempio di trasparenza e onestà intellettuale.
In materia giudiziaria è da attribuirgli il perfezionamento di uditori giudiziari, la modifica della legge della professione forense, l’abolizione del domicilio coatto.
Il lavoro parlamentare di De Nicola concerne anche un
apporto alle istituzioni finanziarie come la gestione
delle Casse provinciali del Credito agrario o del monopolio per le assicurazione sulla vita.
Di ancora maggior rilievo sono le riforme sulla struttura degli organi interni della Camera come quelle dei
gruppi parlamentari e le commissioni legislative permanenti (nove) che rimangono l’ammodernamento più
importante apportato in epoca liberale.
A lui sono state dedicate strade, piazze e Istituti scolastici di ogni ordine e grado. Nel 2009, Andrea Jelardi
scrive Il Presidente galantuomo (Napoli, Kairòs
Editore), vera e propria biografia di un personaggio che
è stato l’ultimo notabile di un’Italia liberale, che ha
visto la fine della Monarchia e dei Savoia e il primo
Capo provvisorio di una Repubblica appena nata.
avanzata dai 3 condannati (in quanto il quarto, l’organizzatore del colpo, era già morto ucciso in un regolamento dei conti), fu inevitabilmente respinta dal presidente della Repubblica. L’evento è considerato di particolare rilevanza nella storia della penalistica. Tra i
giornalisti accreditati a cui toccò il compito di raccontare gli ultimi atti di vita degli assassini, vi era un
ragazzo poco più che ventenne, Giorgio Bocca, redattore della Gazzetta del Popolo di Torino.
La legge truffa
Con tale termine si identifica la Legge elettorale italiana maggioritaria voluta dalla Democrazia Cristiana e
dai suoi alleati (Psdi, Pli, Pri, Partito sardo d’azione,
Svp) per ottenere il controllo certo della Camera dei
Deputati. Fu così definita dalle opposizioni di sinistra in
quanto prevedeva che alla lista o all’insieme delle liste
che, essendosi “apparentate” tra loro, avessero ottenuto
più del 50% dei voti toccasse il 65% dei seggi. Fallì per
poche migliaia di voti, fu subito revocata, ma lasciò uno
strascico di grave instabilità politica. La legge, promulgata il 31 marzo 1953 (n. 148) ed in vigore per le elezioni politiche del 3 giugno di quello stesso anno (sia
pure senza che desse effetti), venne abrogata con la
legge 615 del 31 luglio 1954. Infatti la Dc e i partiti
satelliti si fermarono al 49,8%: per 54.968 voti il premio
di maggioranza andò in fumo. Un fallimento che sancì
la fine dell’era De Gasperi.
La strage di Villarbasse
Si trattò di un orribile delitto che scosse l’opinione pubblica del Paese: il fatto si svolse il 20 novembre del
1945 alla cascina Simonetto di Villarbasse, a una ventina di chilometri da Torino, nel corso di una rapina
compiuta da quattro uomini, dieci persone vengono
massacrate a colpi di bastone e gettate ancora vive in
una cisterna, dove morirono dopo una lunga ed atroce
agonia. La rapina fruttò la somma di 100mila lire, qualche gioiello e dei salami. I responsabili del crimine
vennero arrestati dai Carabinieri e condannati a morte.
La pena venne eseguita all’alba del 4 marzo 1947 a
Torino alle Basse di Stura. Fu l’ultima condanna capitale della storia italiana. La pena di morte infatti sarà
definitivamente cancellata dalla Costituzione che
entrerà in vigore il 1° gennaio dell’anno dopo. Proprio
in previsione di questa scadenza, nel corso del 1947
tutte le condanne a morte erano state sospese, ad eccezione di questa in quanto il gesto criminale compiuto
era stato troppo orribile, tanto che la domanda di grazia
Temi Romana
L’Avvocato nel cuore
De Nicola era un “Avvocato” e tale rimase nel cuore. Il
suo studio a Napoli era il suo vero regno: là cercò sempre di tornare. Come avvocato De Nicola fu brillantissimo a cominciare dal processo che vide coinvolto il
sindaco di Napoli Celestino Summonte. Aveva un’oratoria forte ed equilibrata che si può riassumere nella
frase “Colui che dice bene il maggior numero di cose
col minor numero di parole”. Un parlare pubblico che
era più secco nei discorsi politici; più ornato nelle aule
di giustizia. Viene considerato come uno dei maggiori
avvocati penalisti italiani.
3