Kledi Kadiu Sul palcoscenico tredici anni dopo
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Kledi Kadiu Sul palcoscenico tredici anni dopo
Mercoledì 31 Ottobre 2007 VW POLO TRENDLINE da € 9.650* VW GOLF BLUE-T da € 14.600 Cultura & Spettacoli PAGAMENTO SENZA ANTICIPO *con rott. 0/1 PAGAMENTO SENZA ANTICIPO VENDITA VENDITA ASSISTENZA BARI viale Japigia, 243 tel. 080 553 31 24 ASSISTENZA RICAMBI BARI viale Japigia, 243 tel. 080 553 31 24 RICAMBI BARI E PROVINCIA Il protagonista del balletto di Monteverde «Giulietta e Romeo» in scena ieri e questa sera IL DANZATORE ALBANESE AL TEATRO PICCINNI Nell’incontro col pubblico ricorda lo sbarco a Bari con il Vlora e gli anni di studio all’Opera di Tirana LIVIO COSTARELLA l Da profugo allo stadio della Vittoria all’esordio come primo ballerino sul palco del teatro Piccinni, sono passati più di sedici anni. Eppure Kledi Kadiu è uno di quegli albanesi che ce l’hanno fatta: anzi, è persino diventato uno dei pochi artisti a cui non occorre il cognome per essere riconosciuto. Prima di calcare la scena, nel Giulietta e Romeo del Balletto di Roma organizzato al Piccinni dalla Camerata (tutto esaurito ieri, mentre per lo spettacolo di stasera sono rimasti ancora pochi biglietti), Kledi è intervenuto all’incontro pubblico tenuto nel foyer del teatro - moderato da Gustavo Delgado, alla presenza del direttore organizzativo Rocco De Venuto e dell’amministratore delegato di Banca Carime Marcello Calbiani - gremito soprattutto da giovanissimi fan, molti dei quali allievi di scuole di danza. Con la consueta semplicità definisce «avventura» il viaggio della speranza che molti 17enni come lui fecero nel 1991, da Durazzo a Bari, sulla nave Vlora, in cerca del paradiso. Dopo essere stato rispedito in patria e il diploma all’Accademia di Danza di Tirana, è tornato in Italia dal 1993, senza mai più lasciarla: un po’ di gavetta in piccole compagnie di danza e dal 1996 l’esplosione in televisione alla corte di Maria De Filippi. Kledi Kadiu Sul palcoscenico tredici anni dopo «Dai tempi dell’Opera di Tirana erano tredici anni che non danzavo su un palcoscenico teatrale», ricorda Kledi, tornato al primo amore della danza classica, dopo aver ballato nei varietà televisivi o i ruoli di cassetta in qualche film e fiction. «La danza mi ha insegnato tan- tissimo – ha detto -, soprattutto la disciplina nella vita. Le difficoltà necessarie per emergere in questo mondo mi hanno temprato, così come ho appreso il senso del lavoro duro all’Accademia di Tirana. L’arte e lo sport, in Albania, negli anni ’80, erano gli unici due settori in cui lo Stato metteva a disposizione le migliori strutture e i maestri di prestigio per primeggiare». Così è stato per Kledi, senza dimenticare la forza che il messaggio televisivo ha saputo imprimere sulla sua immagine. Lo sa benissimo anche lui, umile come pochi. Confessa persino che «nel corpo di ballo c’è un altro danzatore albanese più bravo di me: recita il ruolo di Tebaldo e infatti il mio Romeo lo uccide!». Battute a parte, Kledi è anche entusiasta della versione moderna del Romeo e Giulietta scespiriano, orchestrata dal coreografo Fabrizio Monteverde. «Ha costruito su ogni personaggio degli splendidi movimenti dice - e persino Giulietta, interpretata da Noemi Arcangeli, balla per la prima volta sulle punte». Se Nurejev rimane sempre il modello a cui ispirarsi, Kledi ricorda che «senza talento non si può fare il ballerino professionista, ma non deve bastare mai il tempo di studiare». Non manca un accenno all’accademia di danza romana che porta il suo nome, fondata nel 2005. «Oggi la danza - dice – è vista da molti come un mezzo per guadagnare. A me interessa soprattutto che insegni la cura del proprio corpo e uno stile di vita, oltre a dare le giuste possibilità a chi le meriti». l Nella foto di Luca Turi, il danzatore Kledi Kadiu nel foyer del teatro Piccinni STASERA | Allo Sheraton MUSICA 1 | Dall’8 novembre 7 appuntamenti al teatro Abeliano Un omaggio a Morricone inaugura la stagione Jso A «Puglia d’autore» debutto canoro per Dante Marmone Il maestro Paolo Lepore l «Se vuoi essere veramente universale parla del tuo paese». Con questa frase di Honoré De Balzac, Vittorio Curci, assessore provinciale alla Cultura, ha centrato il senso della rassegna Puglia d’autore, in programma dall’8 novembre al 10 aprile al teatro Abeliano a Bari (abbonamento ai 7 concerti e degustazioni di sapori di Puglia 50 euro, ingresso singolo 12 euro, info: 080.5427678). Alla presentazione del cartellone, che prevede sette concerti compreso lo straordinario debutto come cantautore dell’attore Dante Marmone, accanto al padrone di casa, l’attore e regista Vito Signorile, il musicista Giuseppe De Trizio che ha collaborato alla direzione artistica. «La rassegna nasce dalla voglia di esplorare la fitta rete di suoni e culture della musica d’autore – ha precisato De Trizio -. E in Puglia d’autore, partendo dalle tradizioni più remote, si presenta come una variopinta proposta in cui parola e musica s’incontrano in piena armonia, in cui saranno evidenti le diverse concezioni della musica d’autore». Saranno eseguite dalla Jazz Studio Orchestra le più belle colonne sonore del grande compositore romano, con la partecipazione di Mario Rosini, Daniela D’Ercole, Lorenza Guglielmi, Fabio Lepore e Pino Di Modugno, diretti dal maestro Paolo Lepore. Il concerto inaugurale della nuova stagione concertistica della Jazz Studio Orchestra, intitolato «We all love Ennio Morricone» si terrà oggi alle 21 presso lo Sheraton Nicolaus Hotel di Bari. I successivi appuntamenti, nel mese di novembre: «Dixieland Jazz Band» con Clive Riche, Michael Supnick e La Capalla Sciocua, mercoledi 7, e poi Enrico Intra con la Jazz Studio Orchestra, giovedì 22, in «Italian Jazz Graffiti». Informazioni, abbonamenti e biglietti: al Box office c/o La Feltrinelli Libri & Musica in via Melo,119 (tel: 080.5240464) oppure al Centromusica J.S.O. in via Mameli 17 (tel: 080.5588049). NICOLA SBISÀ l Ormai è più che frequente che Bari, accanto alle stagioni musicali per così dire «ufficiali», ospiti anche concerti promossi in «appoggio» ad iniziative fra le più varie, in cui è possibile fare delle grate «scoperte». È il caso del concerto - tenutosi nel Salone degli Affreschi dell'Ateneo - promosso da «La culla di spago», la benemerita associazione che opera per il sostegno ai bambini ospedalizzati e alle loro famiglie. Accettando l'invito dell'associazione, sono giunti a Bari due giovani concertisti: il violinista brasiliano Edson Scheid de Andrade ed il chitarrista pugliese Domenico Simone. I due risiedono ed operano a Salisburgo, do- L’attore e cantautore Dante Marmone Ad inaugurare Puglia d’autore, giovedì 8, sarà il trio Tabulè, con un repertorio che si basa sull’organetto di Claudio Prima (solista della Notte della Taranta), la straordinaria voce di Fabrizio Piepoli e del mandolino e delle chitarre di Giuseppe De Trizio (leader dei Radicanto e, musicista e compositore di Teresa De Sio, Giovanni Lindo Ferretti e Raiz-ex Almamegretta). Si prosegue, il 27 dicembre, con il salentino (napoletano d’adozione) Michele Contegno accom- pagnato da Luigi Nardiello (chitarra classica e bouzuki) e Gianfranco Conzo (violista e violinista) con lo spettacolo Al sud del sud dei santi. Storia mia non è più è il titolo dello spettacolo teatrale e musicale dell’attrice Maria Giaquinto (voce) e Giuseppe De Trizio (chitarra), in scena il 10 gennaio. Il cantautore tarantino Daniele Di Maglie (il 28 febbraio) sarà protagonista dello spettacolo Gli angoli. I Fabularasa (il 27 marzo), con Leopoldo Sebastiani (basso), Luca Basso (voce), Vito Ottolino (chitarra) e Giuseppe Berlen (batteria) presentano il nuovo disco Ainplein air, prodotto dall’Egea di Perugia e disponibile dal 19 novembre) Angelo Ruggiero e Daniele Di Maglie con la complicità di Cristò e Giovanni Chiapperini e Gay Portoghese (il 3 aprile) saranno protagonisti dello spettacolo La gente pensa che i clown. Infine, il 10 aprile, uno straordinario esordio come cantautore del noto attore Dante Marmone che proporrà alcune del sue più belle canzoni in chiave acustica. MUSICA | Il concerto all’Ateneo insieme al chitarrista barese De Andrade, un virtuoso per Paganini Rivelazione del violinista brasiliano in duo con Domenico Simone ve si sono guadagnati una consistente e, aggiungeremo, meritata considerazione. Se, in un certo senso, per Simone, formatosi al Conservatorio «Piccinni» nella classe di Sante Tursi e perfezionatosi poi, tra gli altri, con la «madre di tutti i chitarristi baresi», vale a dire Linda Calsolaro, non c'era da aver dubbi sul livello artistico, la rivelazione è stata de Andrade. In duo, i giovani musicisti hanno proposto un programma ricco e vario e, soprattutto, adatto ad una serata come quella svoltasi all'Ateneo. Dopo una brillante esecuzione della Sonata n.1 per violino e chitarra di Paganini, ed una trascrizione riuscita ed intrigante della sinfonia dal Barbiere di Siviglia, si sono impegnati in una serie di pagine che potremmo definire leggere: tanghi notissimi, quale El choclo, La cumparsita o un'antologia di brani dell'immancabile Piazzolla, tutti resi con gusto, bravura e trasporto. L'impennata però c'è stata con le celebri Arie zingare di PIAZZA GRANDE di NICOLA SIGNORILE Il diritto al contemporaneo nel padiglione di Sammichele L’interno del Padiglione Multimediale del museo di Sammichele, come appare in un rendering di progetto Sammichele c’è un gran casale che con una buona dose di autostima della popolazione locale si chiama «castello». A questa idea sontuosa ha contribuito certo il fantasioso «restauro» ottocentesco dell’Amenduni, una sorta di Viollet Le Duc di Casamassima, che trasformò aridi contrafforti in torri merlate e aprì finestre goticheggianti, secondo quel gusto eclettico che inventava dappertutto, in Europa, un improbabile medioevo. Più che gusto, quasi una teoria estetica che si è prolungata fino agli anni Trenta del Novecento e poi ha guidato la mano anche di autorevoli architetti, come Francesco Schettini (che era nativo della vicina Turi), controverso restauratore della Cattedrale di Bari prima di diventare soprintendente a Bologna. Nel castello di Sammichele ha sede un Museo della civiltà contadina, dedicato alla figura di Dino Bianco, uno scienziato (era docente di Chimica all’Università di Bari) con molteplici interessi umanistici, il quale promosse sia il recupero del castello che la costituzione del museo. Ma gli spazi dello storico edificio – una serie di stanze di non grandi dimensioni – non consentono quelle attività didattiche che possono fare del museo una istituzione scientifica (come la intendeva Bianco). Per questo l’amministrazione comunale ha deciso di realizzare, con l’allestimento del museo, anche un padiglione multimediale all’interno del giardino pertinente al castello. Autori del progetto sono l’architetto Lorenzo Netti (capogruppo e autore in passato del restauro del castello), l’architetto Stefano Bianco e l’architetto Domenico Pastore. Il padiglione multimediale sarà un volume a base trapezia: un edificio dalla struttura leggera, in acciaio e vetro, accostato al muro perimetrale del giardino, nel punto più distante dal castello, su un’area in gran parte già pavimentata al termine del pergolato che fu realizzato, insieme al giardino, con l’ultimo restauro. In quella occasione furono pure costruiti i servizi igienici che col nuovo progetto saranno inglobati nel padiglione. Dal punto di vista funzionale, si tratta di un edificio dotato di cablaggi e tecnologie necessarie alle attività multimediali, oggi indispensabili in un museo che non voglia cadere nella trappola della «collezione». Dal punto vista architettonico, è una ampia sala (circa 300 metriquadri), flessibile negli usi, definita da una parete vetrata che aumenta l’antico muro di cinta fino all’altezza di 4,50 metri (5,40 con il solaio) e da una opposta parete spezzata, interamente vetrata, che si affaccia sul giardino. Visto dal castello, invece, il padiglione appare come un pulitissimo rettangolo, un muro che fa da fondale allo spazio aperto dell’«hortus conclusus». L’effetto scenografico è dato dalla geometria e dal suo materiale. Si tratta di un diaframma di luce, cioè una schermatura che si prolunga diritta per 32 metri, anche oltre la spezzatura della parete vetrata, con la esplicita intenzione di normalizzare lo spazio aper- A Sarasate. A quel punto infatti de Andrade ha tirato fuori le unghie, come si dice, sfoderando un virtuosismo trascinante, una grinta vivace e coinvolgente, qualità che, già percepite in Paganini, sono esplose in tutta la loro straordinaria pregnanza; Simone non è stato da meno. Conclusione con una rapinosa Ciarda di Monti. Un bis e, nel pubblico folto (nel quale erano col rettore dell'Ateneo Corrado Petrocelli, gli assessori comunali Nicola Laforgia e Susi Mazzei) il desiderio, legittimo e comprensibile, di poter riascoltare de Andrade, veramente un violinista eccezionale, come non se ne sentiva da tempo, magari in un programma più consueto. to. Il brise-soleil sarà realizzato in doghe di alluminio di colore bianco, ma l’architetto Netti non esclude che la riflessione sul materiale possa condurre ad un’altra soluzione. Questa ricerca ci ricorda le considerazioni critiche di Rafael Moneo sul padiglione Ricola realizzato da Herzog e De Meuron, nel 1993 a Mulhouse-Brunnstatt. Ciò che preoccupa gli architetti, notava Moneo, «è l’esplorazione del potenziale dei materiali e delle procedure di costruzione convenzionali». E pertanto il padiglione «si presta ad essere un laboratorio per sperimentare come la serialità, cui obbliga la industrializzazione, possa convertirsi in un meccanismo che renda possibile incorporare di nuovo l’immagine, l’iconografia, all’architettura». Dal punto di vista urbanistico, il padiglione assolve a due compiti: conferisce un nuovo, più elevato rango urbano alla via Montegrappa, su cui si affaccia il muro antico e su cui si aprirà l’ingresso autonomo al padiglione, e contemporaneamente completa un sistema di spazi pubblici con il giardino, il castello e la sala civica di piazza Caracciolo, opera anche questa di Lorenzo Netti. Ma forse c’è pure una ragione urbanistica che è andata maturando nelle scelte compositive: la geometria del rettangolo allungato, che è naturale per un muro, appartiene anche al disegno degli isolati del nucleo urbano originario di Sammichele, che è un borgo di fondazione, nato nel Seicento per iniziativa di un portoghese, Vaaz, un corsaro al servizio del re che inizialmente popolò il suo borgo agricolo con famiglie serbe, giunte dalla costa adriatica dirimpetto. Il castello costituisce la cerniera di questi isolati regolari, la cui maglia razionale si è andata perdendo nella espansione ottocentesca: un paradosso, se si pensa che proprio in quell’epoca si impongono le espansioni ortogonali «alla francese», a Bari, a Trani, a Monopoli. Ma questo discorso potrebbe condurci lontano. Torniamo allora al Padiglione multimediale per chiederci che valore abbia l’inserimento di una scatola di acciaio e vetro in un centro storico, a cospetto di un edificio antico qual è il castello. È vero, è nella natura del «padiglione» una certa inconfessata vocazione alla «reversibilità», testimoniata proprio dalla tecnologica «leggerezza». Ma qui, ora – e pensando anche al concorso che si sta svolgendo per il museo archeologico di Bari a Santa Scolastica - è più importante rivendicare la necessità che l’architettura contemporanea abbia cittadinanza nei centri storici e nella pratica del restauro architettonico. Il linguaggio della architettura contemporanea, soprattutto quando è declinato in una composizione minimalista e in una manifestazione genuina dei materiali, permette di proteggere il restauro dell’antico, marcando la differenza delle epoche e delle opere. E ci mette al riparo dalle menzogne e dalle mistificazioni dell’ideologia del «com’era, dov’era», dall’ipocrita esaltazione dell’antico, con il cattivo gusto della sua imitazione nel nuovo. CARNET «L’IDEA DEL MODELLO»: OGGI ARIELLA ZATTERA AL POLITECNICOI plastici, le maquette, i modelli, da quelli in legno fino alle attuali tecnologie digitali, giocano un ruolo importante in architettura. Oggi al Politecnico, alle 14 nell’aula N della Facoltà di Ingegneria si terrà un incontro con Ariella Zattera sul tema «L’idea di modello. Dal modello come restituzione al modello come prefigurazione». La conferenza rientra nelle attività dei corsi di Storia dell’aRchnitetturea e di Storia dll’arte contempranea tenuti da Francesco Moschini e da Gian Paolo Consoli. «L’ELOGIO DELLA FOLLIA» DOMENICA A BITONTO PER «FILOSOFANDO» Prosegue nel Traetta di Bitonto la rassegna di filosofia scenica «Filosofando», promossa dal Comune di Bitonto (assessorati alla Cultura e all'Istruzione) e dalla Regione Puglia (assessorato al Mediterraneo), organizzato dal Teatro degli Adriani con la direzione artistica del regista Arcangelo Adriani. domenica 4 novembre alle 18.30 in prima nazionale assoluta «L'Elogio della Follia» di Erasmo da Rotterdam, vedrà protagonista Christian Di Domenico, diretto da Alessandra Abis e con la partecipazione straordinaria della piccola orchestra dal vivo «Ironique».