chiesa del Pater

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chiesa del Pater
TERRE E LUOGHI
A Gerusalemme,
sul Monte degli Ulivi,
si trova la chiesa del Pater.
Qui sono presentate, simbolo
dell’universalità della fede,
le traduzioni del Padre
Nostro, la preghiera che
Cristo stesso ci ha
insegnato, in oltre 150
lingue di tutto il mondo
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i
visitatori in genere non se accorgono, presi come sono dalla
curiosità di passare in rassegna
i testi nelle varie lingue disposti
sulle pareti, ma la versione del
Padre Nostro che la maggior
parte dei pellegrini può leggere nella propria lingua nei corridoi del chiostro e in altri ambienti antistanti l'omonima
chiesa sul Monte degli Ulivi a
Gerusalemme, è quella dell'esattore delle tasse, l'apostolo ed
evangelista Matteo, e non la
versione del terzo evangelista,
Luca. Eppure la tradizione del
luogo è legata proprio a quest’ultimo.
La versione assunta nella liturgia e universalmente più conosciuta è quella di Matteo (6,913). Più lunga rispetto al testo di
Luca, è stata inserita dal primo
evangelista nella sezione conosciuta sotto il nome di Discorso della Montagna, mentre
è nel cammino di Gesù verso
Gerusalemme che Luca ambienta l’episodio dell'insegnamento della preghiera, immeTerrasanta
diatemente dopo la visita di
Gesù a Marta e Maria a Betfage.
È proprio la posizione del villaggio delle due sorelle rispetto
a Gerusalemme ad aver probabilmente ispirato la tradizione del luogo dell'insegnamento del Pater. In una fonte
gnostica del terzo secolo, gli
Atti di Giovanni, si fa riferimento a una grotta sul Monte
degli Ulivi dove si ricorda l'in-
segnamento di Gesù, ma non si
parla del Pater. Dopo il racconto della sosta presso l'abitazione delle sorelle di Lazzaro,
nel Vangelo di Luca si legge:
«Un giorno Gesù si trovava in
un luogo a pregare e quando
ebbe finito uno dei discepoli
gli disse: Signore, insegnaci a
pregare, come anche Giovanni
ha insegnato ai suoi discepoli.
Ed egli disse loro: Quando prenovembre-dicembre 2008
COPERTINA
PATER
in tutte le lingue
del mondo
LUOGO CARMELITANO
Il santuario del Pater
e il convento carmelitano
sono stati fondati nel 1875 sulle
rovine di una chiesa del XII
secolo. Il Vangelo di Luca pone
l’insegnamento del Padre
Nostro ai discepoli subito dopo
la visita di Gesù nella casa di
Marta e Maria a Betania
di padre Rosario PIERRI ofm
Studium Biblicum Franciscanum, Gerusalemme
Terrasanta
fage e Gerusalemme. Da qui
probabilmente l'ambientazione dell'insegnamento sul luogo
dove una volta sorgeva la basilica dell’Eleona, una delle tre
basiliche che Costantino fece
costruire in Terra Santa nel
quarto secolo, le altre due, è noto, sono quelle del Santo Sepolcro e della Natività di Betlemme. Le tre basiliche, come
ricorda Eusebio di Cesarea (260-
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gate dite: Padre, sia santificato
il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni
nostro debitore, e non ci indurre in tentazione». Quel luogo, visto che Gesù era diretto a
Gerusalemme, secondo una tradizione tardiva (Teodorico,
1172), doveva trovarsi tra Bet-
340), furono costruite sulle tre
grotte collegate a tre misteri
della fede: la grotta della natività (Betlemme), la tomba scavata nella roccia (Risurrezione),
la grotta del Monte degli Ulivi
(Ascensione).
In un primo tempo le due memorie (insegnamento e Ascensione) coesistettero associate
nello stesso luogo, ma in seguito, quando la memoria dell'Ascensione si trasferì in una sede autonoma poco distante, alla grotta del Monte degli Ulivi
rimase legato esclusivamente il
ricordo del discorso escatologico (Mt 24,1-26,2). Oggi i due
luoghi sono separati da una
strada e da abitazioni. È Egeria
(pellegrina del quarto secolo)
a riferire di questa memoria,
quando racconta di avere ascoltato il passo del Vangelo di
Matteo il giovedì della Settimana santa. Solo molto più tardi, come si è visto, alla memoria
originaria si sostituì quella dell'insegnamento del Pater.
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ARAMAICO E CINESE
Nei chiostri del santuario del Pater
sono presenti le traduzioni
del Padre Nostro in oltre
150 lingue, cinese compreso
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Nel 1920 il governo francese
iniziò nel sito i lavori per la
costruzione di una chiesa, che
per varie ragioni non fu mai
terminata. La chiesa fu innalzata sopra la grotta che ricorda
l'insegnamento del Padre Nostro. Al di sotto dell'edificio sacro si trovano altre due grotte,
una dove Gesù avrebbe rivelato ai sui discepoli dei «misteri»,
l'altra detta del «credo».
Della basilica bizantina sono
ancora oggi visibili pochi frammenti della pavimentazione
musiva, i probabili resti del
fonte battesimale del battistero
annesso alla chiesa, parti di
mura dell'abside ricavata nella
cripta della chiesa. La basilica
bizantina aveva una lunghezza
di trenta metri, era preceduta
da un atrio, a cui si accedeva da
un'entrata monumentale, preceduta a sua volta da un portico. Il magnifico edificio sacro fu
distrutto nel 614 dai Persiani.
Sullo stesso luogo i crociati,
nel 1106, elevarono una piccola cappella che Saladino fece
radere al suolo dopo la conquista di Gerusalemme (1187).
Il luogo è proprietà del governo francese, ma fu la principessa de la Tour d'Auvergne, a
cui si deve l'annesso monastero carmelitano, ad acquistarlo
nel 1857.
La ragione dell'esposizione permanente dei Pater in più di
150 lingue affonda le sue radici in una tradizione risalente al
periodo crociato. Un pellegriTerrasanta
no, nel 1102, raccontava di aver
sentito parlare di una tavola
di marmo con inciso il Padre
Nostro in lingua ebraica. Un altro, nel 1170, testimoniò di
averne vista una in lingua greca sotto l'altare (evidentemente della cappella crociata); dagli
scavi emerse una versione in latino.
La chiesa del Padre Nostro è
una meta di pellegrinaggio oggi molto frequentata. Quei testi scritti in tante forme di scrit-
ture, che talvolta si scrivono
da sinistra a destra talvolta all'inverso, sono la testimonianza che quell’unica preghiera si
eleva in tutto il mondo in tante lingue pur rimanendo unica.
Qui in Terra Santa capita spesso di partecipare a funzioni re-
ligiose dove si alternano letture e preghiere in varie lingue. Si
passa dal latino all'arabo, dall'italiano all'inglese, dallo spagnolo al francese, dal polacco al
tedesco, dal russo all'ebraico.
Questa prassi appare normale
per chi vive in questa terra. Altrove un'esperienza del genere
la si fa nei grandi raduni, come
in occasione della Giornata della gioventù, o nei grandi santuari che accolgono pellegrini
di tutto il mondo.
Se nel susseguirsi delle varie
parti della liturgia di volta in
volta alla lingua liturgica principale (latino o arabo) si alternano le varie lingue, accade
che al momento del Pater
ognuno preghi nella propria
lingua. È come se le singole
persone si ricavassero uno spazio più proprio. Si pensi a un
pellegrino di un qualsiasi Paese, fino a quel momento avrà
partecipato pregando in innovembre-dicembre 2008
TERRE
E LUOGHI
COPERTINA
SC
HE
D
Così ci insegnò a
A
pregare Gesù di Nazaret
Abhùna di bishmayyà (Padre nostro che sei nei cieli), yithqaddàsh
shemàkh (sia santificato il tuo nome); tethè malkhuthàkh (venga il
tuo regno); tithabhèdh reuthàkh (sia fatta la tua volontà), kedhì
bishmayyà ken bearà (come in cielo così in terra). Lakhmàna
habh làna sekhòm yom beyomà (Dacci oggi il nostro pane quotidiano), ushebhùq làna khobhàyna (e rimetti a noi i nostri debiti) kedhì aph anàkhna shebhàqna lekhayyabhàyna (come noi li rimettiamo ai nostri debitori), weàl taalìna lenisyòn (e non ci indurre in tentazione), ellà petsèna min beishà (ma liberaci dal male). amèn
(trascrizione semplificata
di padre Massimo Pazzini ofm)
glese, casomai servendosi dei
sussidi messi a disposizione,
ma al momento del Pater no,
ritorna alla propria lingua, non
solo perché il Pater gli sgorga
dal cuore come da una sorgente, ma anche perché quella
preghiera gli fa rivivere in quegli istanti in modo più profondo la sua storia, l'appartenenza alla sua cultura di origine, in altri termini alla sua
Chiesa. Quella preghiera che il
Maestro insegnò ai suoi discepoli è sua e l'ha appresa nella
sua lingua, da piccolo o da
adulto non importa.
Prima o dopo il Pater i gesti dei
fedeli sono per lo più identici,
non è così quando affiorano
le prime parole «Padre nostro».
C'è chi alza il volto al cielo o solo gli occhi insieme alle mani,
chi porta le mani giunte più vicino al petto, qualcuno allarga
le braccia di più qualche altro
di meno. In una parola ciascuTerrasanta
no personalizza la preghiera.
Forse in quei pochi istanti si rivela in maniera più tangibile
l'universalità della Chiesa: si
prega all'unisono in uno stesso
luogo in diverse lingue, ognuno prega nella propria lingua e
contemporaneamente ascolta
parole che non conosce, ma sa
che sono le sue stesse parole.
A un pellegrino attento, che
percorre gli ambienti dove
quell'unica preghiera si presenta allo sguardo sotto tante e
varie forme di scrittura, non
sfugge il messaggio di universalità che intende trasmettere.
Nel caso abbia tempo, può fermarsi a guardarle una per una
e, per quanto possa essere eclettico in fatto di lingue, quante
ne leggerà? Potrà rimanere meravigliato ed entusiasmarsi nell'intimo di avere come la sensazione di sentirsi in comunione con uomini e donne di
ogni angolo della Terra, e ciò è
già qualcosa di meraviglioso.
Ma se prova ad immaginare
che, all'improvviso, davanti ad
ogni riquadro che incornicia il
Pater dovesse apparire un fedele che parla quella lingua, e
ad un segnale tutti nel medesimo istante dovessero iniziare
a pregare con «le parole che
Gesù ci ha insegnato», ecco, in
quell'istante quella percezione
diventerà realtà, svelandogli
come per rivelazione ciò che
già vive, la comunione della
Chiesa. La visita alla chiesa del
Pater, la sua memoria, in realtà, ha essenzialmente questo significato.
Ma c’è un ulteriore aspetto. A
suo modo il Pater è un atto rivelativo trinitario, e come lo fu
allora lo è ancora oggi. La risposta di Gesù ai discepoli non
si configura pertanto solo come l'insegnamento della preghiera per eccellenza, ma ci
parla del rapporto del Figlio rispetto al Padre (sia fatta la tua
volontà) e della partecipazione dei discepoli di tutti i tempi
(di noi) alla figliolanza divina.
Un grande appassionato del
Pater, Francesco d'Assisi, intuì
pienamente questa realtà. Nella Lettera ai fedeli [201] scrive:
«Oh come è glorioso e santo e
grande avere in cielo un Padre!».
Nel suo significato più profondo l'insegnamento del Pater
rappresentò una tappa significativa per la fede cristiana già
prima della risurrezione.
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Qualcuno potrebbe chiedersi in quale lingua Gesù
insegnò a pregare ai suoi discepoli. Visto che Gesù parlava la lingua corrente del tempo, l'aramaico, il Pater, agli
orecchi dei discepoli dovette suonare più o meno così:
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