A lezione di poesia dai calabroni nascosti fra le costole di Petrarca

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A lezione di poesia dai calabroni nascosti fra le costole di Petrarca
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CULTURA
Martedì 8 Marzo 2016 Corriere della Sera
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Le iniziative del «Corriere»
Appuntamenti Da sabato 12 marzo una collana di 35 volumi dedicati ai versi degli autori più importanti
A lezione di poesia dai calabroni
nascosti fra le costole di Petrarca
L’«eterno sussurro della foresta letteraria» agisce nel presente e pesca nel passato
La saggezza di García Lorca: non c’è canto senza lo scontro tra l’uomo e il mondo
Il piano dell’opera
di Chiara Fenoglio
L
a storia, scriveva Eugenio Montale all’inizio
degli anni Settanta, non
è poi quella devastante
ruspa che si dice: lascia cripte,
buche, nascondigli. Soprattutto lascia in eredità parole che
edificano la nostra identità,
producendo significati inerenti la natura e la civiltà umana:
così, per quanto Satura abbia
messo in scena una poesia che
ha perso fiducia in se stessa e
un poeta che è semplice e inconsapevole «trovarobe», tuttavia Montale è certo della sua
sopravvivenza anche nel mondo ipoteticamente disumanizzato di domani; e questa conservazione sarà resa plausibile
proprio dalla sua incommensurabilità rispetto al mondo
della tecnica o della finanza.
La tradizione occidentale, da
Orazio a Foscolo, si è fondata
sulla convinzione dell’alto
compito morale della poesia:
annichilire la morte per mezzo
dell’arte, edificare un monumento perenne all’uomo e alle
sue opere; ma, oggi, un ragazzo
Occidente
Da Orazio a Foscolo, la
nostra tradizione indica
nella sconfitta della
morte il fine dell’arte
che ostenta come un vessillo il
valore dell’esperienza e che si
confronta con la realtà attraverso i codici dell’informazione,
che valore può scorgere nel linguaggio poetico? L’immediata
disponibilità dei dati rintracciabili in Rete, il dominio della
comunicazione istantanea a
fronte della lentezza imposta
dalla lettura in versi sembrano
condannare la poesia a una subalternità e a una marginalità
senza scampo (ne era certo anche Caproni: qualsiasi poesia
letta al ritmo dell’informazione
diventa insignificante).
Che fine fa un poeta a New
York, si chiedeva — già nel
1930 — Federico García Lorca?
Come può essere possibile (allora come oggi) trarre canto da
un mondo che è pura «agonia», da una vita che «non è
buona, né bella, né sacra»? Eppure Poeta en Nueva York è forse una delle raccolte più straordinarie del secolo: in essa García Lorca ci rammenta che ogni
esperienza di vita pone di fronte a una disillusione primordiale, a una perdita secca (di
senso, di energia, di amore),
ma d’altro canto dimostra che
poesia non c’è se non nel campo di tensione tra uomo e
mondo. All’eccesso di sentimento e di individualismo che
spesso negli ultimi decenni ha
infestato la poesia e l’idea che
di essa comunemente si ha, si
contrappone la sua verità ossia
la sua capacità di farsi lotta per
il reale: lungi dall’essere fuga
dalla storia, la poesia pone le
fondamenta del nostro presente, fa di esso uno spazio ancora
umano. Prima di tutto dunque
è consacrazione, anche di ciò
che dai domini del poetico
sembrerebbe più lontano (New
York per Lorca, il Vesuvio per
Leopardi, le cianfrusaglie del
quotidiano per Szymborska):
essa umanizza l’inferno del
mondo, come Clizia che nei
montaliani Mottetti intreccia
con il suo refe le tappe della vita, e così le redime. Rende eterno ciò che la vita dissipa, trasforma la consunzione delle
cose in memoria scavando nel
profondo, offrendoci uno spaccato storico ed emotivo della
nostra civiltà, di chi siamo e da
dove veniamo.
La poesia dunque agisce nel
presente. Ma questo potrebbe
ancora essere poco, se nel patrimonio che ci giunge dal passato non si riconoscesse una
traccia per il nostro futuro: in
tal caso esso sarebbe muto monumento, polveroso museo nel
quale nulla di autenticamente
nuovo potrà prodursi. La perdita di memoria in effetti genera
perdita di linguaggio, incapacità di dire, oltre che di comprendere. Ripartire, ancora e
sempre, dai padri non significa
stare con i piedi invischiati nel
passato, significa nutrirsi della
loro linfa, respirare l’«eterno
sussurro della foresta letteraria» di cui parlava Zanzotto.
L’aneddoto dei calabroni trovati tra le costole del cadavere di
Petrarca in una recente ispezione del sarcofago ad Arquà diventa così immagine strepitosa
e potente della letteratura, continuamente esposta al rischio
di scomparsa, eppure senza sosta rinascente dalle sue radici.
Il linguaggio della poesia accoglie in sé una speranza capace di sopravvivere anche in assenza di ogni desiderio o plausibile attesa: è quell’aspettativa
grande e buona a cui invitava
Colombo in una delle leopardiane Operette morali, o ancora la spes contra spem, l’invito
a non escludere del tutto una
Grandi voci
Qui sopra, da sinistra in alto, in
senso orario: Francesco Petrarca
(1304-1374) in un ritratto di
Andrea del Castagno; Giacomo
Leopardi (1798-1837) dipinto da
Domenico Morelli; Federico García
Lorca (1898-1936) ed Eugenio
Montale (1896-1981). Tutti fanno
parte della nuova collana
proposta dal «Corriere» da sabato
12 marzo. Nella foto in alto: Love
dello scultore ucraino Alexander
Milov (courtesy dell’artista)
possibilità di riabilitazione
centrale nella riflessione di
Zanzotto. La contaminazione,
il dialogo con questo tesoro vivo è quanto di più lontano dalla logica solitaria dell’internauta: è l’agorà in cui quotidianamente ciascun lettore può
sperimentare quella piccola attività collettiva che è la lettura
di una poesia: collettiva anche
quando è compiuta in solitudine, perché ci pone di fronte
non tanto al mausoleo dei nostri padri, alla loro incommensurabilità rispetto a noi, bensì
piuttosto alla risposta che la loro voce provoca in noi. La loro
poesia ci fa sentire più umani,
ci tende la mano mentre noi
siamo impegnati in altre attività (più serie, più remunerative?) e nel nostro deserto, ci
consola. Così, ogni mattina,
quando «il canto del gallo comanda di svegliarci», con Auden rammentiamo che ogni
lettura è compiuta in solitude,
for company.
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1
12 marzo 2016
Giacomo Leopardi
2
19 marzo
Pablo Neruda
3
26 marzo
Eugenio Montale
4
2 aprile
Charles Baudelaire
5
9 aprile
Alda Merini
6
16 aprile
Emily Dickinson
7
23 aprile
Walt Whitman
8
30 aprile
Federico García Lorca
9
7 maggio
Catullo
10
14 maggio
Costantino Kavafis
Seguiranno
altri autori
Anna Achmatova
Dante Alighieri
Jorge Luis Borges
George Byron
Dino Campana
Gabriele D'Annunzio
Nazim Hikmet
John Keats
Vladimir Majakovskij
Edgar Lee Masters
Giovanni Pascoli
Francesco Petrarca
Arthur Rimbaud
Giuseppe Ungaretti
Corriere della Sera
La prima uscita a un euro più il costo del quotidiano
Un universo in ogni libro: si comincia con Leopardi
C
on il primo volume dedicato al
«giovane favoloso» Giacomo
Leopardi, prenderà il via sabato 12
marzo la nuova iniziativa editoriale del
«Corriere della Sera», la collana di poesia
«diVersi» che in 35 volumi proporrà
altrettanti grandi poeti, appunto «diversi»
tra loro per epoca e ispirazione, ma tutti
altamente significativi per il lettore
contemporaneo (il primo volume è in
vendita al prezzo eccezionale di e 1 più il
costo del quotidiano; i volumi successivi
costeranno e 5,90 più il costo del
quotidiano). La curatela dell’opera è
dell’editore e traduttore di poesia Nicola
Crocetti, e ciascun volume comprende
oltre ad ampie selezioni di poesie scelte,
anche un’introduzione che inquadra
criticamente il lavoro dell’autore e una
nota biografica che fornisce le coordinate
storico-biografiche. Un’opera di
divulgazione, dunque, che aiuta ad
approfondire e a comprendere meglio le
tematiche e le simbologie, insomma i
«mondi» di uno scrittore. All’universo di
suggestioni e al «carattere» di ogni poeta è
tra l’altro ispirata anche l’insolita,
«espressiva» veste grafica di ciascuna
copertina: che è, ad esempio, nera per un
autore «proibito» come Baudelaire,
«ermetica» con giochi grafici per un
autore come Montale, modernista per
Neruda, e così via. Il primo volume della
collana, su Leopardi (1798-1837: a fianco la
copertina), racchiude i versi dei suoi Canti,
con poesie come A Silvia e La ginestra, sia
alcuni selezionati testi in prosa dalle
Operette morali. Seguirà il 19 marzo il
secondo volume, dedicato al cileno Pablo
Neruda (1904-1974), con una selezione da
diverse raccolte delle sue composizioni
d’amore e d’impegno civile, e nelle
settimane successive autori italiani e
stranieri, a partire da Montale, Baudelaire,
Merini, Dickinson, Whitman, García
Lorca, Catullo, Kavafis.
Ida Bozzi
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