l`impresa più attesa - Corriere del Mezzogiorno

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l`impresa più attesa - Corriere del Mezzogiorno
Lunedì 4 ottobre 2010
Speciale Napoli-Roma
L’IMPRESA
PIÙ ATTESA
di CARLO FRANCO
C
inquantamila puponi finti ma
pazzi di gioia che rifanno il verso al pupone originale che con
la testa incassata nelle spalle infila gli spogliatoi mortificato dai fischi e
dal risultato. Gli esteti del calcio diranno che il Napoli ha vinto con un risultato «all’inglese» ma è tutt’altra cosa: questo splendido 2-0 è stato conseguito in
uno scenario che più meridionale e caldo non si potrebbe immaginare. Una caldera nella quale i tifosi azzurri hanno ragione di sognare anche se il presidente
De Laurentiis si sforza di fare il pompiere, ma non gli crede neanche il carissimo amico Carlo Verdone che ha il torto
di tifare giallorosso. Ma torniamo ai puponi finti, tutto sommato è stato uno
sfottò accettabile, ma Totti non ha gradito e ha abbandonato il campo smadonnando. Come è consentito solo al Premier. In campo si era comportato anche
peggio, più di una volta aveva «ordinato» la punizione fermando il gioco prima che l’arbitro avesse fischiato e poi
tentando di buggerare i difensori azzurri battendo il fallo prima del fischio. Gli
è andata male, ma Ranieri ha mostrato
di subirlo e lo ha tenuto in campo mandando via Borriello, l’attaccante giallorosso più pericoloso, che ora giustamente schiuma rabbia. I metereologi annunciano bufera a Trigoria per i prossimi
giorni, ma il tecnico non ha alcuna voglia di fare da capro espiatorio.
Da casa Napoli, invece, solo notizie
che fanno volare la fantasia dei tifosi. La
vittoria, per dirla con Josè Altafini, è stata siglata con due «gollazzi» che hanno
incorniciato una gara tatticamente e agonisticamente molto convincente. Quasi
perfetta che, tra l’altro, ha evidenziato
una condizione atletica invidiabile: la
Roma aveva potuto riposare due giorni
in più ma nella seconda parte dela ripresa, quando ole partite si decidono, gli azzurri erano più freschi e hanno ubriacato gli avversari stanandoli con contropiede incisivi. Diciamo la verità: la premiatissima «ditta» MA-CA-LA (Marek
sta per Hamsik)specialista in gol da antologia fa sognare e qualcuno già la parogona alla MA-GI-CA di Maradona, Giordano e Careca: andiamoci piano, ma a
bassa voce diciamocelo perchè i fuoriclasse sono supportati da un impianto
di gioco che di domenica in domenica si
mostra più convincente. Anche per l’apporto dei nuovi arrivati: ieri il franco alegerino Yebda si è inserito come fosse un
veterano, segno che ha stoffa e grinta, al
pario del «principito» Sosa. Guardiamo
avanti, insomma, ma non dimentichiamo quello che è successo ieri pomeriggio. Statistiche alla mano, infatti, gli azzurri hanno frantumato l’ultimo tabù e
guardano la Roma dall’alto in basso. I
due gol che hanno fatto esplodere il San
Paolo, tra l’altro, valgono sei punti di distacco: nessuno s’illude più di tanto perchè il campionato sta facendo ancora le
prove, ma certi distacchi fanno bene alla classifica e, soprattutto, al morale. Sugli spalti è stata festa grande e sinceramente dispiace che la tribuna riservata
ai tifosi giallorossi sia rimasta desolatamente vuota. Non lo diciamo perchè il
Napoli ha vinto, ma, vivaddio, alla coreografia del derby non si può «togliere» la
sfida nella sfida, quella che dal campo si
trasferisce sugli spalti. Sono passati molti anni ma quell’assordante «nun ce vonno sta» che ascoltammo all’Olimpico in
occasione di una sonorissima batosta
del Napoli ci fischia ancora nelle orecchie e ci fa male. E allora gettiamo la maschera e mischiamoci al coro di fine partita (oj vita oi vita mia) che ha trasformato lo stadio in un palcoscenico dove il
pubblico è in delirio al termine di una
recita perfetta. Alla festa è mancato solo
Mazzarri che a fine partita ha tirato via
rifiutando l’intervista di rito: ufficialmente il tecnico azzurro ha accusato un
leggero calo di zuccheri e questo sinceramente addolora, ma conoscendo il suo
temperamento non ci sentiremmo di
escludere che abbia scelto di uscire per
la porta di servizio in segno di protesta:
troppe volte il gioco del «suo» Napoli,
infatti, è stato criticato oltre i demeriti
della squadra e sinceramente se è andata come abbiamo ipotizzato si può anche capire il «toscanaccio» che ha messo insieme una squadra che la faccia difficilmente la perde. Anche dopo quindici minuti di black-out e tre pappine che
potevano buttarci fuori dall’Europa.
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Lunedì 4 Ottobre 2010 Corriere del Mezzogiorno
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La partita Gol di Hamsik e autorete di Juan. Si va avanti in classifica
Napoli sul podio
del suo San Paolo
Azzurri vittoriosi (2-0)su una Roma senza piglio
L
squadra. Ranieri in avvio di ripresa modifica
a Roma rende tutto più semplice al
subito l’assetto tattico, inserendo Brighi per
Napoli e la sfida del San Paolo vinta
Menez, unico uomo del suo tridente che fino
dagli azzurri per 2-0, resterà nella
a quel momento aveva garantito maggiore vestoria. Almeno in quella che Aurelio
locità e spinta. Totti non in gran giornata si
De Laurentiis ha cominciato a scrivere sei anlimita all’ordinario, fidando evidentemente
ni fa. Il pubblico è quello delle grandissime
nei tocchi leziosi che un campione assoluto
occasioni, la formazione messa in campo da
sa di avere e di poter sfoderare in un qualsiasi
Mazzarri (che a fine gara ha anche un lieve
momento; Borriello si dà da fare andando a
malessere) è la più titolata, col tridente delle
recuperare palla fino alla trequarti ma trova
meraviglie - Hamsik, Lavezzi e Cavani - e la
in Cannavaro un muro quasi invalicabile. La
difesa invalicabile dei tempi migliori. L’avvio
Roma prova ad alzare il ritmo, ma resta vittidi gara è di un tatticismo esasperato, con gli
ma di se stessa. Perchè il Napoli non è affatto
avversari che provano a rallentare il ritmo e
stanco, non risente della fatica di Europa Leacon squadre che difficilmente si fanno trovague e finalmente trova terreno per giocate vere allungate. Il Napoli deve adeguarsi, non
loci, ripartenze pericolose. Ci prova Cavani al
può ripartire in velocità perchè la difesa della
minuto dodici che arriva in contropiede da
Roma è quasi sempre schierata con sei uomimetà campo davanti a Lobont, ma spara il palni dietro la linea della palla. La Roma dà quasi
lone sul portiere. Ci prova lal’impressione di voler far solo
vezzi, ispirato da Hamsik e ancorrere a vuoto il Napoli, sfianticipato di un soffio in calcio
carlo e poi eventualmente col- Malessere per Mazzarri
d’angolo. Ci prova tutto il
pirlo quando le forze e le ener- Il tecnico azzurro ha avuto
gruppo azzurro. Che spinge e
gie degli azzurri (reduci dalla un leggero malore
mette la Roma in difficoltà.
gara di Europa League di giovedì scorso a Bucarest)sareb- e non ha tenuto la consueta Mazzarri fa il primo cambio:
Yebda per Gargano, l’algerino
bero venute meno. Primo tem- conferenza stampa
subentra con autorevolezza e
po di sostanziale equilibrio,
gran senso di organizzazione
sebbene l’occasione d’oro che
di gioco. Ranieri, a sorpresa toglie Borriello
capita sui piedi di Lavezzi ad una manciata di
per Vucinic. Al minuto ventisei la svolta della
minuti dal fischio di inizio dia già il senso di
partita: Lavezzi serve con intelligenza Dossequella che sarebbe stata la partita fino al nona, che va sul fondo e crossa al centro per
vantesimo. Occasione per il pocho di lanciarHamsik, il quale, in corsa, mette di destro alle
si in contropiede a difesa non schierata: metri
spalle di Lobont. Esplode il San Paolo, la Roe metri, la falcata è impressionante. Lavezzi
ma è all’angolo e non accenna ad alcuna reaperò invece di servire Cavani, libero e solo,
zione, subisce dieci minuti più tardi il raddopcalcia fiacco nelle mani di Lobont. Si spegne
pio azzurro: l’azione parte proprio da Yebda
poi di poco a lato il tiro di Dossena su passagche apre per Campagnaro; l’argentino serve
gio di Hamsik. Lo slovacco gioca la sua miCavani che spara verso la porta e con la comglior partita di inizio stagione. Intelligenza tatplicità din una deviazione involontaria di
tica, controllo palla al piede, pregevolissimo
Juan sigla il 2-0. Tredici anni dopo la vittoria
ispiratore per i compagni e soprattutto unico
sulla Roma al San Paolo, regala il secondo poa portare a conclusione ogni azione. La Roma
sto in classifica, in attesa del posticipo tra Jufa poco o nulla, arroccata com’è nella sua
ve e Inter.
area. La prima frazione di gioco si chiude tra
Monica Scozzafava
gli sbadigli, sebbene i cinquantamila del San
Paolo non smettano mai di incitare la propria
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25’ pt
Penetrazione azzurra con
Hamsik che porta palla,
destro e sinistro poi la botta
secca ma il portiere
giallorosso c’è e respinge
32’ pt
Lavezzi lancia in profondità
Hamsik che stoppa di petto
e tira di sinistro, ma questa
volta Lobont si supera
e respinge con i piedi
13’ st
Il Napoli potrebbe colpire come
meglio gli viene: in contropiede.
Cavani s’invola e arriva davanti
all’estremo difensore
giallorosso che respinge il tiro
20’ st
Occasione per il Napoli
Cavani tutto solo sotto rete
non deve far altro che
insaccare alle spalle di
Lobont, ma c’è Jaun che salva
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Le interviste Hamsik: non è importante chi segna. Lavezzi: in campo con grinta
Le pagelle NAPOLI
di MONICA SCOZZAFAVA
Hamsik, c’è sempre il suo «zampino»
7,5
HAMSIK Mai una giocata a caso.
L'intelligenza tattica pure quando il ritmo della
partita è basso lo distingue pure in mezzo a una
scuderia di campioni. Ispira tutte le azioni
pericolose del Napoli, cerca e trova il gol.
6,5 DE SANCTIS C'è ed è una garanzia. Mai un pericolo vero per
merito degli attaccanti avversari. Recupera però su una deviazione
che poteva essere letale. Il risultato era ancora sullo 0-0, il
salvataggio è stato decisivo.
6,5 CAMPAGNARO Non deve fare straordinari, i suoi disimpegni
sempre ordinati e precisi. Si infortuna nel finale al termine di una
gara in cui ha dato tutto.
La dedica di De Laurentiis
«Vittoria per i nostri tifosi»
6 MAGGIO In avvio si adegua al ritmo lento della gara, non riesce
ad affondare come sa, meglio in fase di copertura.
6 GARGANO Zanzara fastidiosa, spezza il ritmo pur se blando
della manovra avversaria. Non ha molte idee in fase di
impostazione, non è giornata per punizioni.
6,5 DOSSENA Va al tiro più volte, si smarca ma le sue conclusioni
trovano poca fortuna. Poco audace rispetto ad una difesa che non è
irresistibile. I cross sono la sua forza più grande e quello per
Hamsik diventa decisivo.
7 LAVEZZI In avvio i ritmi bassi non sono per le sue giocate. Ha
un'occasione chiarissima, ma non vede Cavani che tutto solo può
solo appoggiare in rete. Vede invece Dossena (nella ripresa) e ispira
il gol di Hamsik.
L
mo abituando ad affrontare le giornaa soddisfazione di aver sfatate senza una programmazione e una
to un tabù lungo 13 anni c’è
logica specifica sul piano produttivo
tutta. Ma il presidente del Nae sul piano razionale». Sfoghi a parte,
poli, Aurelio de Laurentiis, si
il patron chiosa la sua incursione
presenta in sala conferenze senza il
post partita con i giornalisti con la casolito sorriso, quello che tiene sembala. Per lui, che alla scaramanzia ci
pre stampato sul volto dopo una gara
crede eccome, vincere contro i cugini
come quella di ieri. Aveva una sola
giallorossi è sinonimo di tabù sfatapreoccupazione, il patron: che la
to. Erano 13 anni, infatti, che di fronsquadra non avesse recuperato la parte al pubblico amico del San Paolo,
tita giocata giovedì scorso a Bucarest,
gli azzurri non vincevano contro la
e non lo nasconde: «Abbiamo fatto
Roma. Secca la risposta: «Il 13 non è
una squadra per vincere. Oggi, con
il mio numero, non mi piace. Ma oggi
questa vittoria, abbiamo sfatato il tami ha portato fortuna. Va bene così».
bù del 13 soprattutto perché io sono
Prima della conferenza stampa del
convinto che abbiamo un’ottima
presidente, a passare in sala stampa è
squadra e un allenatore che ha capacistato uno dei due "man of the matà ed esperienza anche sul piano eurotch", Marek Hamsik. Cappeo». «Certo, ero preoccupellino calato sugli oc- Pocho Ezequiel Lavezzi in azione
pato del fatto che la Rochi, timido come sempre
ma aveva giocato martedi fronte a taccuini e teledì in casa e noi giovedì in
camere lo slovacco è conRomania. Mi chiedevo se
Mi chiedevo
tento per il risultato.
avevamo il tempo di recu«Non è importante chi
perare. Era una cosa che se avevamo il tempo
segna — si schernisce il
mi dava fastidio, mi chie- di recuperare
centrocampista azzurro
devo se noi siamo servi
— la cosa che conta è vinsciocchi del sistema. Non Era una cosa
cere». Poi una riflessione
stiamo lì a fare il giochi- che mi dava fastidio
sul piazzamento in classino per chi governa il calfica: «Sicuramente — ha
cio, lo dico a voce alta e,
rriva la sosta per le nazioaggiunto — siamo conse necessario, lo dirò annali, ma quella che potrebtenti di stare così in alto
cora a voce più alta. Perbe rivelarsi una panacea
in classifica, ma la stagioché questa partita non la
per far rifiatare qualche giocatore
si poteva giocare lunedì
si è invece trasformata in un ostane è iniziata da poco e
Tredici anni che non
sera? I campionati devocolo ulteriore. Mazzarri, infatti, alquesto campionato è
no giocarsi in equilibrio e vincevamo?
la ripresa fissata per mercoledì, si
molto combattuto». L’innoi abbiamo giocato gio- Non è un numero che mi vito alla calma, così cotroverà a fare a meno di ben otto
vedì. Il fatto che abbiamo
giocatori tutti convocati per le rime poi ha fatto il pavinto è importante. Ab- piace, ma questa
spettive nazionali impegnati in
tron, arriva anche dal
biamo dimostrato che sia- volta ci ha portato bene
amichevoli o qualificazioni eurobomber azzurro: «È anmo qui a disposizione dei
pee. Di certo, il tecnico toscano si
cora presto, ma il nostro
nostri tifosi. È a loro che
è lamentato di sovente, così come
obiettivo è l’Europa,
dobbiamo rendere conto». Poi è un
De Laurentiis, di non poter prodobbiamo pensare a una gara per
crescendo, con uno sfogo contro il Pagrammare la settimana tipo viste
volta, ma giocare ogni tre giorni non
lazzo: «Finché ci saranno i "finti pale numerose assenze, ma ciò signiè facile, ma oggi abbiamo fatto una
droni" conviene rimanere con i piedi
fica anche aver in rosa giocatori
buona partita». Infine la dedica per il
per terra e non alimentare speranze
di valore che rappresentano un
gol, alla moglie Martina e al piccolo
che potrebbero rivelarsi vane». Obietfiore all’occhiello per la società
Cristian. Parole di gioia anche dal Potivi. De Laurentiis conferma che quelche vede aumentare anche il valocho Lavezzi, intervistato da Sky non
lo primario è un posto dal quinto al
re dei calciatori. Ezequiel Lavezzi
appena terminata la gara: «Penso
decimo: «poi se verrà qualcosa di mee il Principito Sosa sono stati conche la grinta che abbiamo messo in
glio sarà tutto guadagnato. Sono coi
vocati dal ct dell’Argentina Baticampo sia stata la cosa che più ci ha
piedi per terra, conosco come sono
sta per affrontare il Giappone in
aiutato per ritrovare la vittoria che
impostati male i campionati in Italia
un’amichevole a Saitama il prossiqua da parecchio tempo mancava».
e in Europa. Se avessimo organizzato
mo 8 ottobre.
«Dobbiamo rimanere tranquilli —
tutto noi che siamo i veri padroni del
Nell’ultima partita contro la
ha aggiunto — tre giocatori aiutano,
calcio e non loro finti padroni del calSpagna, il Pocho non ha giocato
ma la cosa più importante è la squacio potrei dare una risposta diversa.
nemmeno un minuto, finendo in
dra. Non si va da nessuna parte se
Adesso, poi, ci sottraggono anche i
panchina e sobbarcandosi un vonon si gioca in undici».
Antonio Scolamiero
giocatori per le Nazionali». «Insomlo intercontinentale. Per Sosa si
ma — ha aggiunto ancora — ci stiatratta, invece, della prima convo© RIPRODUZIONE RISERVATA
❜❜
6,5 ARONICA Erge un muro contro Cicihno e Totti. Ci va di tecnica e di
mestiere, buoni anche gli spunti in avanti per i compagni. Lottatore.
6,5 PAZIENZA Ammonito un po' troppo frettolosamente da
Tagliavento, ma non si lascia condizionare. sale in cattedra nella
ripresa.
Il patron frena però gli entusiasmi:
«Puntiamo al quinto posto,
quello in più sarà tutto guadagnato»
❜❜
6,5 CANNAVARO Controlla Borriello quasi in surplus, tranne in una
occasione dove una sua deviazione stava per beffare De Sanctis.
Capitano instancabile fino all'ultimo secondo.
6,5 CAVANI Si dà da fare, ma l'impressione è che sconti la
stanchezza della gara giocata giovedì a Bucarest. Fa lavoro
straordinario anche in fase di copertura e quando riparte da troppo
lontano, arriva poco lucido davanti alla porta avversaria. Quando è
in area diventa infallibile.
6 YEBDA Entra d'autorità e si carica col gol che arriva
esattamente un minuto dopo il suo ingresso. In crescita
6 ZUNIGA C'è da lottare negli ultimi dieci minuti e lui si cala nel
ruolo in ogni parte del campo.
7 MAZZARRI Sfata anche l'ultimo tabù dell'era De Laurentiis.
Prepara una gara perfetta contro una Roma disposta in campo solo
per evitare di subire troppo.
La sosta Il Napoli riprenderà gli allenamenti senza i suoi «big»
Otto azzurri volano in nazionale
A
Esultanza
Hamsik
festeggiato
dai compagni
dopo il gol
cazione nel nuovo corso targato
Batista. Camilo Zuniga, invece, dovrà disputare una doppia amichevole con la Colombia. La prima
contro l’Ecuador (8 ottobre nel
New Jersey), mentre il 12 ottobre
affronterà gli Usa a Philadelphia
in Pennsylvania. Un tour de force
notevole per l’esterno sudamericano. Anche Walter Gargano e
Edinson Cavani saranno impegnati in una bella sfacchinata. L’8 ottobre affronteranno l’Indonesia
ed la Cina il 12 ottobre la Cina.
Yebda, invece dovrà affrontare
con la maglia dell'Algeria (10 ottobre) la Repubblica Centrafricana,
partita valevole per le qualificazioni alla Coppa Africa del 2012 che
si giocherà a Bangui, nella repubblica centraficana. Hamsik, autore di tre gol in stagione (due in
campionato), parteciperà con la
Slovacchia a una doppia sfida per
le qualificazioni europee del
2012. La prima con l’Armenia l’8
ottobre e poi quattro giorni dopo
nel "derby" con la Repubblica Ceca. Infine anche Nicolao Dumitru,
uno degli ultimi arrivati in maglia
azzurra è stato convocato nella nazionale under 20 e giocherà a Cervia contro la Svizzera (il 12 ottobre) nell’ambito del torneo delle
Quattro nazioni.
Donato Martucci
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Il personaggio Applaudito a fine partita dai tifosi azzurri: foto e tanti autografi
L’attore
Borriello,
il napoletano
arrabbiato
Verdone:
Marco
è davvero
un campione
Sostituito non gradisce:
«Non ero stanco»
B
ello, bravo, a volte chiacchierato,
spesso felice. Ma mai del tutto, perché la jella torna sempre a trovarlo, a intervalli più o meno regolari.
E' da sempre così, la vita di Marco Borriello.
Alti e bassi: volare, cadere e ripartire. Sempre così, fin dall'inizio. Con la professionalità del campione, che sa dire le verità sempre, anche se fanno male. Ieri sostituito un
po’ a sorpresa da Ranieri, a fine gara: «Rispetto la decisione dell’allenatore, ma se ha
detto che ero stanco non posso condividere. Non ero stanco». Lascia poi il San Paolo
tra sorrisi, strette di mano. Autografi e foto
di chi lo guarda con rimpianto. Lui è napoletano e non dimentica.
Da quell'infanzia a San Giovanni a Teduccio segnata dalla morte del padre e dalla decisione della mamma di mandarlo al nord
quando non era neppure adolescente, a cercar fortuna tirando calci ad un pallone. E'
passato tempo, da allora. E Marco, a un'occhiata superficiale, non sembra neppure
più un figlio di questa terra. I modi sono
poco ruvidi, il lessico risente pochissimo
dell'accento natìo. Ma è solo la corteccia. Il
ragazzo è napoletano dentro, e appena può
lo dimostra. Come quando criticò Roberto
Saviano: «Ha lucrato sulla mia città. Non
c'era bisogno che scrivesse un libro (Gomorra, ndr) per sapere cos'è la camorra. Lui
però ha detto solo cose brutte e si è dimenticato di tutto il resto», disse l'attaccante della Roma. Per poi correggere il tiro, e chiarire: «Sto dalla sua parte». Sfoghi, scatti… Rimane però il messaggio di fondo: Marco si
sente ed è napoletano. Nonostante il suo girovagare su al nord: Trieste, Treviso, Empoli, Milano, Genova. Con la parentesi di un
anno a Reggio Calabria. Una carriera tra alti
Attaccante
Marco Borriello
durante la conferenza
stampa di presentazione
a Roma dopo il suo
passaggio dal Milan
ai giallorossi
e bassi, costellata di infortuni (un menisco,
una spalla ballerina, un po' di problemi muscolari assortiti) e di altri incidenti di percorso. Come quello datato dicembre 2006:
positivo al cortisone al test anti-doping in
seguito a Roma-Milan. Il giocatore attribuì
il fatto ad una contaminazione fortuitamente derivata da una crema topica contenente
cortisone, usata dalla compagna sui genitali per una lieve e comune infezione irritante.
Già, le donne. La sua relazione con Belen
Rodriguez ha fatto più rumore delle due tri-
Orgoglio di mamma
«E’ uno di noi, di questa terra. Non debbo
aggiungere altro» ha detto la mamma
del centravanti giallorosso, Margherita Esposito
che gestisce una tabaccheria in città
plette nella stessa stagione con la maglia
del Genoa. Quella che ha caratterizzato l'apice della sua carriera. Finora, almeno. Perché Marco continua a migliorarsi, e continua ad incantare per quel modo di giocare
unico: forza fisica, capacità di proteggere
palla e far salire la squadra, ma anche grande rapidità e tecnica, che sfrutta per segnare gol spesso bellissimi. La mezza girata col
piede mancino su cross da sinistra è già un
marchio di fabbrica. E' «un gol alla Borriello», come ci sono il cucchiaio di Francesco
Totti e il colpo alla Del Piero, col destro a
giro dal vertice sinistro dell'area di rigore a
morire nell'angolo alto opposto. A Roma, e
non poteva essere altrimenti, già lo adorano. Eloquenti le parole di Riise nel mezzo
della settimana che ha portato a Napoli-Roma: «Borriello mi ha impressionato, è un
giocatore fantastico che sarà molto importante per noi. È nuovo ma ha già segnato
gol importanti e bellissimi. Lavora molto
duramente anche in difesa e mi piace come
tipo di giocatore». Umiltà, spirito di sacrificio e talento. I tratti caratteriali della gente
di qui. Del resto, la sua San Giovanni la punta giallorossa se la porta nel cuore e vi fa
spesso ritorno per salutare gli amici e andare a trovare sua madre. «E' il quartiere con
il più alto tasso di famiglie malavitose in Italia, pare. Come si cresce in un ambiente del
genere? Non è la jungla, ma nemmeno Disneyland. Diciamo che ti tempra e ti insegna a stare sveglio fin da piccolo. Prendi un
bambino di otto anni di Napoli e uno venuto su altrove: la differenza si vede», confidò
Marco alla rivista GQ. Spiegando molte cose. E lasciando intendere che sotto sotto
l'idea di tornare nella sua città lo stuzzica e
non poco. Nel corso dell'ultimo mercato Aurelio De Laurentiis ci provò a portarlo in azzurro, poi non se ne fece più nulla.
Dino Manganiello
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Carlo Verdone è
supertifoso giallorosso
ma ammette che il
Napoli è una squadra
forte che può essere
protagonista in questo
campionato. E non lo
dice soltanto perchè il
suo produttore
cinematografico,
Aurelio de Laurentiis, è
il presidente degli
azzurri.
La partita l’ha seguita in
televisione, ma di certo
non macherà al match
di ritorno all’Olimpico
di Roma.
«Il Napoli è la squadra
del mio produttore,
pensate che gli ho
mandato un sms
dimenticandomi che
c'era la partita — ha
detto Verdone a Radio
Marte — non mi
rispondeva e solo dopo
ho capito il motivo.
Comunque il Napoli è
forte, Cavani è un
campione, e fa paura: è
rapido, segna, è un
giocatore completo.
Anche Lavezzi mi piace.
Comunque devo dire
che De Laurentiis è un
galantuomo, ama lo
sport e non si nasconde
quando una squadra
diversa dal Napoli fa
una bella prestazione.
La Roma? Abbiamo
sempre problemi di
preparazione, speriamo
che poi ci sia un buon
recupero. Borriello mi
piace molto, è un vero
bomber».
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Al San Paolo Sulla panchina partenopea dal 1991 al 1993 fu esonerato da Ferlaino dopo la sconfitta con il Milan e l’eliminazione dalla Uefa
Rapporto
difficile
Ranieri ha avuto
momenti
di tensione
con l’allora
presidente
del Napoli
Corrado Ferlaino
Allenatore gentiluomo
Dal Campania Puteolana
fino all’azzurro: la storia
dell’uomo e del tecnico Ranieri
A
Roma lo chiamano
l’Imperatore Claudio.
A Napoli lo ricordano
con grande affetto, soprattutto per quello che è: un signore e un grande allenatore.
Nel 1988, dopo una parentesi alla Vigor Lamezia in Interregionale (attuale serie D) arriva a
Pozzuoli a guidare la Campania
Puteolana, in serie C. Viene esonerato dopo la sconfitta di Francavilla. Al ritorno agli allenamenti i calciatori si rifiutano di
rimettersi al lavoro, proclamano un’assemblea e intimano al
club: reintegrate Ranieri, altrimenti non ci alleniamo. Solo a a
cinque giornate dal termine viene richiamato per cercare di salvare la squadra dalla retrocessione. Questo episodio fa capire
quanto Ranieri lasci il segno nelle squadre dove ha allenato. Tutti ne hanno sempre apprezzato
le doti umane, ma soprattutto
quello di allenatore capace di
leggere anche le partite in corsa
e trovare le giuste soluzioni.
A Napoli arriva nell’estate del
1991 e strappa un ingaggio di
750 milioni di lire, poi con la
conquista dell’Uefa ottiene un
aumento fino a un miliardo. E’
reduce da uno straordinario
trienno a Cagliari, squadra che
ha portato dalla serie C alla serie A. Il Napoli è una squadra allo sbando, messa ko dalla positività di Maradona. Arrivano
Blanc, e Padovano, ma nel Napoli ci sono ancora Careca (che
chiuderà con 15 reti), Zola (12
reti), De Napoli, Crippa, e Alemao che verrà schierato anche
terzino sinistro. Ranieri lavora
molto sulla testa dei calciatori,
li trasforma e compie il miracolo: arriva quarto e conquista la
qualificazione alla Coppa Uefa.
A Napoli si trova benissimo,
trova la sua guida spirituale:
don Gennaro, sacerdote della
parrocchia di Via Tasso. E’ sempre sulla graticola, ma nonostante ciò la squadra parte benissimo nella seconda stagione.
Arrivano Fonseca e Thern.
L’uruguagio in Coppa Uefa fa
ben 5 gol al Valencia, sembra il
preludio ad una grande stagione e invece in campionato arrivano le grane. Il Milan di Capello passeggia al San Paolo (1-5
con quattro reti di Van Basten).
Ferlaino esonera Ranieri, che intanto è stato eliminato anche
dal Paris Saint Germain in Coppa Uefa. Il presidente del Napoli
rivelò poi di non avere avuto
più un dialogo con l’allenatore
Romano: «Il primo anno fu straordinario e raggiungemmo la
Uefa con pieno merito. Il secondo andò male: Ranieri non accettava consigli, sarebbe rimasto a lungo in azzurro se solo
L’incontro
Padre Gennaro, il parroco
di via Tasso, è diventato
la guida spirituale
del mister giallorosso
Da calciatore
Scoperto
da Herrera,
lanciato
da Scopigno
avesse avuto maggior dialogo
con me». Fine di un sogno, per
il giovane Ranieri che comunque si è tolto grande soddisfazioni da allenatore. Il resto, infatti, è storia recente. Fiorentina e poi tanto estero. Esperienza maturate in giro per l’Europa, passando dalla Spagna all’Inghilterra e viceversa. Tra Chelsea, Valencia ed Atletico Madrid, il tecnico di San Saba si è
formato, è cresciuto, ha consolidato un’esperienza internazionale. Un nuovo impulso lo ha
avuto con il ritorno in Italia, a
Parma per la precisione dove è
riuscito a salvare la squadra,
compiendo un autentico miracolo. Poi alla Juventus, dove nel
suo biennio ha conquistato un
secondo e un terzo posto. Ma
non sono bastati anche per lo
scarso feeling con l’ambiente juventino che lo scaricato nonostante mille difficoltà. Ora ha coronato il suo sogno il 2 settembre del 2009. E’ ritornato a casa,
nella sua Roma. Per un ragazzo
cresciuto a Testaccio è proprio
il massimo. Il tifoso Ranieri ha
stretto i denti nei momenti più
duri, soprattutto in avvio ma ha
compiuto un autentico miracolo, contendendo fino all’ultimo
lo scudetto all’Inter. Cosa chiedere di più? Tutti gli rinfacciano
di aver vinto poco o nulla in carriera, ma ha vinto mille battaglie e queste accuse non l’hanno mai scalfito.
Mai oltre la Capitale: la
carriera di Claudio
Ranieri si è consumata
tutta al Sud. Con un
grande amore: la Roma.
La squadra che ora
allena. Oltre ai
giallorossi, Ranieri ha
giocato con Catanzaro,
Catania e Palermo.
Comincia giovanissimo
nell'oratorio di Piazza
San Saba a Roma. E’ un
attaccante col vizio del
gol. Tant’è che a sedici
anni passa con la
formazione «Dodicesimo
Giallorosso» sempre a
Roma. Qui lo nota
Helenio Herrera e a 17
anni viene tesserato con
la Roma. La svolta
tecnica è dovuta al suo
allenatore Primavera,
Antonio Trebiciani che
gli cambia ruolo
portandolo in difesa. E
da terzino esordisce in
serie A Esordisce in Serie
A il 4 novembre 1973 in
Genoa-Roma 2-1 ed a
lanciarlo è il tecnico
Manlio Scopigno.
Disputa 6 partite in
campionato, per poi
passare al Catanzaro: in
serie A con questa
maglia disputa 128
partite tra il 1976 e il
1982. Chiude la carriera
a Catania e Palermo.
Donato Martucci
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Il commento sul campionato
Il tecnico: Napoli da scudetto con Lavezzi al top
«I
l Napoli può essere davvero la
sopresa di questo campionato:
una squadra bello e quadrata».
Claudio Ranieri vede anche un futuro azzurro per la lotta allo scudetto. «E’ una
grande squadra — insiste il tecnico giallorosso — Lavezzi è tornato il giocatore
che tutti conoscevamo. Poi Hamsik e Cavani sono fior di giocatori. Lottare per lo
scuedetto? Il Napoli può farcela. Poi le altre outsider sono Lazio e Palermo. La prima è uscita dalle ambiguità dello scorso
campionato, partendo bene. Il Palermo
invece è ancora troppo giovane, pur
avendo Pastore e Hernandez. Potrebbe
venire fuori un campionato come quello
vinto dal Verona, nel 1985. A me piaceva
tanto il Cagliari di Riva, se non dovesse
vincere la Roma mi piacerebbe vincesse
una di queste».
Per l’allenatore della Roma è in arrivo
anche il rinnovo del contratto. A breve
dovrebbe esserci l’incontro decisivo con
la società per firmare un prolungamento destinato a garantirgli la permanenza
sulla panchina giallorossa almeno fino
Il Pocho
Lavezzi è per Ranieri
giocatore dal grande talento
al 2013. Anche perchè sull’operazione
pare ci sia stato il definitivo via libera da
parte dell’Unicredit, il colosso bancario
che di fatto controlla la Roma.
Ma Ranieri preferisce parlare del presente, del campionato, più che approfondire il tema del suo futuro. «L'attuale
campionato sarà un torneo combattuto
fino alla fine — ha evidenziato il tecnico
— c'è livellamento, ci sono molte squadre valide che possono dare fastidio fino alla fine e lottare per traguardi importanti». Qualche commento, invece, l’allenatore lo ha rilasciato sul ruolo della società e sul suo rapporto con gli attuali
vertici del sodalizio giallorosso.
«Ho sempre rispettato ed apprezzato
il lavoro svolto da Rosella Sensi — ha
conclueso Ranieri — c'è unità d'intenti
e stessa visione delle cose. Siamo da dieci anni ai vertici grazie ai Sensi».
Per Ranieri il ritorno a Napoli ha rappresentato anche una sorta di amarcord. «Sono stati momenti belli» ha detto il tecnico giallorosso commentando
la sua esperienza in azzurro. Ma il tecnico ora è più che mai proiettato verso il
campionato della sua Roma. Che dopo
un inizio difficile sembra pronta ad un
recupero. «Stiamo crescendo — ha detto l’allenatore — e sono convinto che
possiamo essere protagonisti in questo
campionato che si sta rivelando interessante».
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Lunedì 4 Ottobre 2010 Corriere del Mezzogiorno
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Ottobre 2010
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Il confronto L’uruguaiano e il cileno sono pedine fondamentali della mediana di Napoli e Roma
Gargano-Pizarro,
i piccoli giganti
del centrocampo
Insostituibili per i propri allenatori
La curiosità
Per i partecipanti al
«Fantacalcio» originale,
quello della Gazzetta dello
Sport, «il mediano modello»
è Walter Gargano. E infatti
chi l’ha acquistato ad inizio
stagione si è sempre
C
entrocampisti tascabili, di qualità e
quantità, diventati
perni fondamenti
della mediana. Walter Gargano e David Pizzarro, si assomigliamo molto nel fisico e
nella tecnica e hanno fatto e
stanno facendo tanto con le
rispettive maglie. L’uruguaiano è alto 168 cm, il cileno
170. Simili, dicevamo, ma anche fondamentali nello scacchiere di Napoli e Roma. Pizarro è necessario per il modulo di Ranieri, per il suo
4-4-2. Così come per Mazzarri, il Mota, è diventato un calciatore insostituibile. Fin qui,
infatti, l’uruguaiano ha giocato tutte le partite in campionato ed Europa League. Ha però saltato quella di Cesena sin
dal primo minuto, poi però
quando è entrato, ha fatto vedere tutto il suo valore. Le
sue accelerazioni hanno dato
la stura alla rimonta del Napoli, e ha servito anche l’assist
per il 3-1 griffato dal connazionale Cavani.
E’ migliorato con Mazzarri,
sta lavorando tanto in allenamento tra i rimbrotti dell’allenatore che chiede sempre il
massimo ai suoi giocatori, anche per cercare di limare i difetti. Ecco, i difetti. Spesso
Walter, dopo un lavoro dispendioso, fatto di pressing
ai portatori di palla, pecca
proprio negli assist spesso
non precisi. In quest’avvio di
stagione un po’ meno per la
verità, disciplinato proprio
dagli insegnamenti del tecnico toscano.
Resta memorabile il suo
primo gol nel campionato italiano proprio alla Roma, in
un 4-4 che resta nella storia
recente di una rivalità sportiva intramontabile. Il mediano di Paysandù da 30 metri
annichilì Curci in porta. Un
gol straordinario, bissato una
settimana dopo da un'altra rete segnata a Buffon contro la
Juventus. Capace di questo e
altro Gargano, che sta cercando il gol con insistenza, dopo
aver colpito pali e traverse.
Gargano ha detto sempre di
ispirarsi a Pizzarro, ormai da
Non si passa
Walter Gargano
è diventato
uno dei più forti
interditori d’Italia
Tanto carattere
ma anche forza
in quei soli
168 centimetri
ritrovato con ottimi voti in
pagella rispetto ad un
costo, nove milioni, che non
risulta affatto esagerato.
Nella classifica di
rendimento dei
centrocampisti, infatti,
l’uruguagio risulta essere il
migliore. Anche più di
Pizarro. L’unico che ha
recuperato qualche
posizione è Rino Gattuso.
Che comunque resta a
debita distanza dal
centrocampista partenopeo.
Le quotazioni di Gargano
sono il rialzo: ma come
nella realtà non lo si vende.
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La sfida del presepe:
Totti contro il Pocho
Uno contro uno
David Pizarro
e Walter Gargano
si sono sfidati
più volte
con le maglie
di Napoli e Roma
E’ sempre stato
un confronto
aspro ma corretto
tra questi due
piccoli uomini
dominatori
del centrocampo
anni nel calcio italiano. Il cileno ha 31 anni, contro i 26 dell’uruguaiano, e ha sempre dimostrato il suo valore sin dai
tempi dell’Udinese guidata
da Spalletti. Non è un caso
poi che lo stesso tecnico lo ha
rivoluto alla Roma, dove ha
trovato la sua consacrazione
con prestazioni d’autore e rivelandosi un grande centrocampista. Roy Hogdson, attuale allenatore del Liverpool, lo ha trasformato in un regista davanti alla difesa. Le
sue doti sono indiscusse: è capace di verticalizzare la manovra, così come dare un notevole contributo alla difesa. Celebri e efficaci anche i suoi calci di punizione, spesso a segno. Gargano sta cercando di
affinare la tecnica, proprio
sui calci da fermo e ultimamente sembra più preciso. El
Mota si è legato al Napoli fino al 2015, così come il suo
cognato Hamsik (Walter è fidanzato con Minska, la sorella dello slovacco con la quale
ha avuto anche un figlio).
Ama Napoli e non vorrebbe
mai lasciarla. Dopo tre stagioni è diventato ormai un punto fermo, collezionando le
100 presenze in maglia azzurra. Il mondiale sudafricano è
stata una grande vetrina per
lui, anche se non ha giocato
L
tantissimo ma l’Uruguay si è
classificato al quarto posto.
Non male. Ora vuole vincere
con il Napoli, il suo vero
obiettivo e regalare una gioia
ai tifosi azzurri.
Ora Gargano è senza dubbio più di Pizarro. Più forte
atleticamente e meno soggetto agli infortuni del cileno
che spesso marca visita. E soprattutto il suo dinamismo
sembra insostituibile. Trovare un giocatore che gli somigli in questo Napoli è un’impresa ardua. Recuperare palloni come fa lui e riuscire a
dare quella giusta spinta propulsiva è una prerogativa difficilmente acquistabile sul
mercato. Insomma, è un perno fondamentale.. L’uruguaiano ha la tempra di Gattuso,
ma pure qualcosa in più. Di
certo il Napoli non se ne priva, ma cercare un sostituto o
un altro da affiancare sembra impresa ardua. Stesso discorso per Ranieri che quando manca Pizarro fa grande
fatica a trovare le giuste contromisure.
Donato Martucci
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e partite, a Napoli, si
giocano in tanti modi: sul campo, dove
si sfidano i giocatori; sugli spalti, dove il tifo
partenopeo è sempre caloroso e garantisce sostegno continuo alla squadra; e nel presepe. Perchè alla vigilia di Napoli-Roma, la prima sfida tra
azzurri e giallorossi si è svolta proprio tra il bue e l’asinello, tra un contadino e un re
magio. Ecco, quindi, che a
Napoli sono spuntate le statuine realizzate dal maestro
pastoraio Gennaro Di Virgilio. Che ne ha realizzate cinque tutte nuove in vista del
derby del Sud. Per gli amanti
del presepe napoletano ecco
che è possibile recuperare il
goleador del momento, Edison Cavani, oppure il capitano della Roma Francesco Totti che ciuccia il pollice dopo
il gol.
La scelta si amplia per i
supporter del Napoli: c’è
Hamsik che accarezza la sua
cresta di capelli gelatinata e il
Pocho Lavezzi senza maglia
che mostra gli innumerevoli
tatuaggi. Non poteva mancare, naturalmente, l’allenatore. Spazio, quindi, a Walter
Mazzarri. Nel consueto abito
blù con camicia bianca. Ma
stavolta il tecnico saluta i tifosi e non ha rinunciato, come
spesso avviene in panchina,
alla giacca per restare in maniche di camicia. L’attesa,
adesso, è tutta rivolta alla partita di ritorno quando Napoli
e Roma si sfideranno all’Olimpico. Passerà qualche
mese ed anche il Natale. Probabile che la sfida del presepe per la gara di ritorno possa essere riaggiornata con
nuovi personaggi che aumenteranno l’interesse del match
presepiale.
Anche questo è il derby tra
Napoli e Roma. Che non manca di altre curiosità e consuetudini. Come quella degli
amici più cari di Marco Borriello. Che dopo due giorni di
feste in omaggio dell’amico
centravanti si sono recati allo
stadio con la nuova maglia
della Roma numero 22. Un saluto al fraterno amico, certo.
Ma il tifo è rimasto sempre e
comunque per il Napoli. Ed
ancora Marco Borriello è stato protagonista sabato sera
(ma la trasmissione era naturalmente registrata) della trasmissione di Maria De Filippi
«C’è posta per te» in onda su
Canale 5. Con lui anche il supertifoso giallorosso Claudio
Amendola.
La vigilia della partita tra
giallorossi e azzurri ha animato anche i parlamentari tra il
voto di fiducia al governo
Berlusconi tra Camera e Senato. Tant’è che nei corridoi
non c’era altro argomento di
discussione — eccezion fatta
per l’attualità politica — tra
deputati e senatori delle due
città. Anche il senatore Antonio Gentile, presidente del
Napoli Club di Palazzo Madama, ha lanciato un messaggio che è stato accolto dal popolo partenopeo durante la
partita. «Spero che il San Paolo riservi un lungo e caloroso
applauso a Daniele De Rossi
che, l'anno scorso, dopo essere stato vittima di vergognosi cori su un campo di serie A
sottolineò la correttezza dei
supporters napoletani». Accontentato immediatamente.
L’antimerdionalismo del senatur
Montella: «Bossi sbaglia,
e lo dico da napoletano»
«Inter, Roma, Milan e quarto posto fra Juve e Napoli, che è
una grossa squadra». Vincenzo Montella, nato a Pomigliano
d’Arco, cuore azzurro da bambino ma giocatore giallorosso
in carriera, non vede male il campionato degli azzurri. Per
la vittoria finale del campionato, però, l’aeroplanino ha
pochi dubbi: «E' difficile dirlo oggi — sostiene l’ex
attaccante ora commentatore televisivo — ma l'Inter penso
abbia ancora le risorse per vincerlo, nonostante abbia
qualche giocatore in meno. La Roma è partita male, ma c'è
posto per inserirsi». A Montella non è piaciuta la
dichiarazione di Bossi contro Roma e meridionali: «Sono
cose antipatiche, non ho visto il contesto, voglio pensare
che voleva essere una battuta. Ma quando ricopri un ruolo
istituzionale è fuori luogo, è antipatico e si commentano da
sole, da napoletano posso dire che ne subisci tante».
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Lunedì 4 Ottobre 2010 Corriere del Mezzogiorno
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Ottobre 2010
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Oltre il campo Un solo testa a testa per lo scudetto: nell’81 col Napoli di Rudy Krol
Sfide quasi da film
La rivalità tra le due squadre
è finita anche al cinema
L’epopea dal ’50 ai giorni nostri
A
ldo Fabrizi e Nino Taranto girarono nel 1958 un film sulla rivalità
sportiva tra Roma e Napoli. Cesare Martucci (Fabrizi) e don Mimì
Esposito (Taranto), furono i protagonisti
de «I prepotenti», divertente guazzabuglio
sul campanilismo regionalistico che prende corpo in seguito ad una lite fra i figli Alfredo e Gennarino finiti in commissariato
a causa di un diverbio calcistico. Anni cinquanta; quelli di Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício da una parte, Alcides
Ghiggia, Dino Da Costa e Giacomo Losi dall’altra. Sembra strano, ma Roma e Napoli
nonostante la lunga militanza in serie A,
non hanno mai lottato spalla a spalla per il
vertice. Solo nel campionato 1980/81 la volata scudetto le vide contrapposte al pari
della Juventus.
Il Napoli di Rudy Krol finì terzo. Lo scudetto andò ai bianconeri. Gli azzurri di Rino Marchesi crollarono ad un pugno di
giornate dalla fine complice un’autorete di
Ferrario che regalò il successo al Perugia
per 1-0 al san Paolo. Gli azzurri, però, nel
confronto diretto diedero una lezione di
calcio alla Roma battendola 4-0 con reti di
Pellegrini, Nicolini ed un’autorete di Agostino Di Bartolomei. Tra Napoli e Roma, a
parte un lungo periodo di 0-0 negli anni
Sessanta, si è vissuto di cicli. Periodi in cui
sono stati gli azzurri a dominare la sfida e
la Roma ad arrancare, periodi in cui è stata
la formazione giallorossa ad infliggere lezioni di calcio ai partenopei. Memorabile,
in negativo, resta un 8-0 targato 1958-59,
ma anche uno 0-3 del 1975/76 con doppietta di Savoldi e gol di Sperotto. Gli anni di
Falcao e Maradona fanno pendere la bilancia verso le squadre del rispettivo fuoriclas-
❜❜
Fabrizi e Taranto
impersonarono
lo scontro
tra i tifosi
delle due città
se. Roma vittoriosa per 3-1 nell’anno del secondo scudetto (82/83). E c’è il marchio
del brasiliano anche nell’1-2 dell’anno successivo. Alla fine degli anni ottanta cambia
la storia. 1986/87: Maradona mette in rete
un gol storico per l’1-0 all’Olimpico. Nel
’90 arriva un capolavoro. Nela porta in vantaggio i giallorossi al San Paolo. Poi arrivano due rigori di Maradona ed un gol di Careca da cineteca. Il brasiliano fa partire una
traiettoria da una posizione impossibile
sull’out di destra che si infila in un buco tra
il palo ed il portiere giallorosso che allora
era Cervone. Ancora da batticuore la gara
del ’92: gli azzurri perdono 2-0 dopo un
quarto d’ora. Poi ci pensano Silenzi, Careca
e Zola a ribaltare l’incontro e a vincere per
3-2. Finita l’epoca di Maradona, anche il
Napoli si sgonfia, ma la rivalità rimane fortissima, complice anche la rottura del gemellaggio tra le due tifoserie che aveva regalato fino a qualche anno prima spettacolo sugli spalti. Un periodo nero per la squadra partenopea che comincia dopo l’ultima
vittoria targata 11 maggio 1997 con un gol
di Caccia. Bisogna risalire ancora più indietro, al 12 settembre 1993 per trovare invece l’ultima vittoria fuori casa: 2-3 con gol
di Buso, Di Canio e Ferrara. Dopo gli anni
della serie B ed un presidente romano che
prende in mano le redini della società partenopea, ripartono le sfide. Pirotecnici gli
incontri degli ultimi anni. Nell’anno del terzo scudetto della Roma (2001) il Napoli si
tolse lo sfizio di rimandare la festa giallorossa con un gol di Pecchia che fissò il risultato sul 2-2 smorzando in gola l’urlo dei
settemila tifosi al seguito. Nel recente passato, memorabile il 4-4 del campionato
2007/08 con Totti che risponde a Lavezzi;
La storia
Tutto iniziò
con un 3-0
a favore
del Napoli
L’olandese
Ruud Krol è stato
il primo grande
giocatore straniero
dell’era moderna
del Napoli
dopo la riapertura
delle frontiere: un libero
dai piedi fatati
Hamsik che lo fa a Perrotta, un bolide di
Gargano che segna il 3-3 dopo il gol di De
Rossi e Zalayeta che segna il definitivo 4-1
a cinque minuti dalla fine. Poi sconfitte nel
2009 (3-0 in casa) e un pareggio nel 2010
con Napoli di rincorsa. A Baptista e Vucinic
risposero un gol di Denis ed un rigore concesso agli azzurri al 45’ della ripresa. La
freddezza di Hamsik si dimostrò anche in
quella occasione per il 2-2 definitivo ed il
tripudio del San Paolo.
Donato Martucci
Napoli-Roma: 200 km di
rivalità tra due delle
tifoserie più calde ed
appassionate, che per un
breve periodo sono state,
negli anni ’80, anche
gemellate. Una storia dalle
mille sfaccettature quella
tra azzurri e giallorossi,
partita in serie A nel 1931,
con un netto 3-0 a favore
dei partenopei, che già da
allora imposero una
tradizione favorevole, che
rimase negli anni come
filo conduttore. Anche nel
’42, anno del primo
scudetto romanista e della
prima retrocessione della
storia del Napoli, i
giallorossi non riuscirono
a fare bottino pieno a casa
del "Ciuccio" (1-1).
Pareggio che diventa una
costante negli anni ’60,
con tanti 0-0: ad
interrompere il trend ci
pensa Josè Altafini, che
impone il suo marchio
sulla sfida per due anni
consecutivi. Sia nel ’67
che nel ’68 Napoli-Roma
termina col medesimo
risultato: 2-0 per gli
azzurri e doppietta, in
entrambe le occasioni, del
brasiliano, che manda in
visibilio il "San Paolo".
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Sugli spalti Tifoserie un tempo amiche, negli ultimi anni hanno dato vita a discutibili fatti di cronaca
Quando si ruppe la pax delle curve
Dall’ombrello di Bagni, al presunto assalto al treno alla stazione Termini
L
eggi Napoli-Roma e pensi guerriglia, battaglia. Ma una volta non era così. Una
volta era il derby del sole. Due tifoserie
che si rispettavano, protagoniste di un gemellaggio che faceva invidia a tutta l’Italia. Scambi
di sciarpe, bandiere, insomma quella festa che
tutti vorrebbero vivere ma che da vent’anni a
questa parte si è trasformata in guerriglia urbana. Napoletani e romanisti si rimpallano le responsabilità della rottura. Il gemellaggio si sa-
Gli incidenti
Dopo un lungo periodo
di gemellaggio
le tifoserie di Napoli
e Roma sono diventate
acerrime nemiche
anche fuori dal campo
rebbe incrinato irrimediabilmente nel 1985 al
passaggio di Giordano dalla Lazio al Napoli dicono i partenopei. No, rispondono i tifosi di fede giallorossa, la rottura ha una data ben precisa: 25 ottobre del 1987.
Il Napoli giocava in nove ed era sotto 1-0.
Bagni segnò il gol del pareggio facendo il gesto
dell’ombrello sotto la sud. Dopo quel giorno
non ci fu più spazio per sani sfottò che hanno
lasciato la parola a una lunghissima serie di
scontri. Nel 2001 la Roma avrebbe potuto vincere lo scudetto a Napoli. Dalla capitale ci fu un
vero e proprio esodo. Oltre settemila tifosi per
4.200 biglietti venduti. Il settore ospiti, tra la
curva A e la tribuna centrale, fu ingabbiato da
una rete metallica. La scelta fece discutere. Ma
oggi è quasi normale: a distanza di nove anni
tutti i settori ospiti sono ingabbiati. All’esterno
del San Paolo fu battaglia prima della partita,
con la polizia che per evitare il contatto tra le
due tifoserie dovette fronteggiare l’assalto dei
napoletani, e dopo il match, quando furono i
romanisti a scatenarsi per la delusione di non
aver vinto lo scudetto. Risultato: piazzale Tecchio devastato, scene di guerriglia, auto bruciate, feriti e contusi. La replica l’8 dicembre
2005. Dopo gli anni di purgatorio i napoletani
aspettavano di incontrare nuovamente la Roma. Se l’erano legata al dito. L’occasione fu un
match di coppa Italia. La Polizia evitò il contatto, ma il fermo di un tifoso azzurro provocò
l’assalto al commissariato san Paolo. Tafferugli, cariche, lancio di lacrimogeni, cassonetti
rovesciati. Soltanto poco prima delle 20, a quasi tre ore dalla fine della partita, i tifosi al seguito della Roma, circa cinquecento, potettero lasciare lo stadio a bordo di pullman scortati. Sul
campo una decina di agenti feriti, due macchine incendiate e l’androne del commissariato semidistrutto. Da allora Napoli-Roma è proseguita tra accoltellati, risse, duelli rusticani negli
autogrill e trasferte vietate considerato l’altissimo grado di rischio. Tre anni di stop. Fino alla
prima giornata del campionato 2008/2009. La
trasferta a Roma fu un’apertura di credito si
disse. I tifosi napoletani parlano oggi di trappola. Mediaticamente sembrò che un’orda di barbari invadesse la capitale. Le immagini fecero
il giro del mondo. Allo stadio scoppiarono dei
petardi. Ma l’inchiesta appurò successivamente che, nonostante il grande impatto mediatico, in realtà di incidenti pochi o nulla. Anche
Trenitalia che denunciò nell’immediato danni
e devastazioni, si dovette ricredere ridimensionando di molto i danneggiamenti subiti.
Sull’onda di quell’emozione partì anche il
progetto tessera del tifoso nella speranza di voltare pagina e tornare lentamente al clima del
Roma-Napoli degli anni ottanta.
D. M.
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Lunedì 4 Ottobre 2010 Corriere del Mezzogiorno
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Ottobre 2010
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Derby del Sud La storia di Napoli e Roma è segnata dai grandi talenti
Generazione di fenomeni
Campioni che hanno infiammato le due piazze più appassionate
G
li asini, quelli veri, con tanto
di zampe ed orecchie oblunghe, entravano spesso in gradinata, anche all'Olimpico, quando il calcio era ancora in bianco e nero e
le bestiole arrivavano Dio solo sa come
da Napoli fino alla Capitale in occasione
del 'derby del sole'. Sul rettangolo di
gioco, invece, altro che somari! Con la
casacca azzurra e con quella giallorossa
si è potuto ammirare fior di campioni,
fuoriclasse di valore assoluto. Anche ieri ne abbiamo visto all'opera tanti sul
prato del San Paolo. Ma la storia parte
da lontano. Ed è una storia fatta di fenomeni che con le loro gesta hanno infiammato milioni di tifosi nelle due
piazze più calde d'Italia, gonfiando i palmares dei due club.
Si comincia con Amedeo Amadei, centravanti, grande protagonista (18 gol)
del primo tricolore capitolino nel 1942
(diventerà allenatore del Napoli 14 anni
dopo…). Degli anni '50 ricordiamo invece con la casacca giallorossa Alcides Edgardo Ghiggia (l'eroe dell'Uruguay al Maracanà: un gol e un assist nella gara decisiva del campionato del mondo in Brasile contro i padroni di casa), e l'esordio di
Totonno Juliano in azzurro (1956). Poi,
mentre tutto il mondo balla con le note
dei Beatles, i valori tra Napoli e Roma improvvisamente si equilibrano. In riva al
Golfo nei ruggenti '60 militano Jose Altafini (ancora non soprannominato ’core
’ingrato), l'irriverente e talentuoso Omar
Sivori, Luis Vinicio (’o Lione) e un giovanissimo Dino Zoff. Tutte primissime scelte. Con la squadra della Capitale giocano
invece Juan Alberto Schiaffino, Pedro
Waldemar Manfredini e Antonio Valentin Angelillo (l'Angelo dalla faccia sporca…): sudamericani, oriundi, fuoriclasse
autentici. Non a caso il Napoli vince la
sua prima coppa Italia (1962), proprio come la Roma (1964), che riesce anche a
bissare il successo cinque anni dopo.
E siamo agli anni '70. E' il decennio
dei capelloni e delle rivolte studentesche, dell'amore libero e della psichedelia. Il Napoli schiera in difesa Tarcisio
Attenti
a quei tre
Josè Altafini,
Bruno Pesaola
e Omar Sivori
sono stati
insieme
alla corte
di un grande
Napoli che resta
nel ricordo
dei tifosi
63
27
16
82
Le sfide al San Paolo
in occasione del «Derby del
Sud» come viene chiamata
dagli appassionati la sfida
tra Napoli e Roma
Le vittorie del Napoli nella
sfida casalinga contro i
giallorossi della Roma: l’ultimo
risultato positivo risale al 1997
quandò il match finì 1-0
Tante le vittorie esterne della
Roma al San Paolo contro gli
azzurri. L’ultimo successo è
del 2009 con reti di Mexes,
Juan e Vucinic
I gol segnati dal Napoli
nelle partite interne contro
i giallorrosi. La Roma, invece,
al San Paolo è andata a segno
ben 61 volte nelle sfide dirette
Burgnich, 'la Roccia', uno degli eroi dell'Azteca. E davanti ha uno dei più grandi
attaccanti del calcio italiano: Beppe Savoldi, 'mister due miliardi'. Con loro arriva un'altra coppa Italia, nel 1976. Spinti
da 'Picchio' De Sisti, 'Kawasaki' Rocca,
Ciccio Cordova e Fabio Capello, la Roma
Passato e presente
'risponde' facendo tris nel trofeo tricolore nel 1980. E proprio qui comincia un'altra storia. Una storia che vede le due
squadre conquistare la ribalta assoluta.
Il Napoli pone le basi dei futuri grandi
successi con l'arrivo di Rudy Krol, l'olandese testimone del calcio totale targato
Ajax, mentre comincia a farsi notare il talento tutto partenopeo di Ciro Ferrara. I
giallorossi crescono invece in fretta grazie alla classe di gente come Bruno Conti, Ciccio Graziani, Carletto Ancelotti, Toninho Cereso, il superbomber Roberto
Pruzzo, il compianto Agostino Di Barto-
lomei e, soprattutto, il più grande di tutti: Paulo Roberto Falcao, il brasiliano
che sa fare il play, l'interditore, il rifinitore e il realizzatore. La Roma non a caso
vince uno scudetto e ben tre coppe Italia
(anche grazie al contributo di Rudi Voeller e Zibi Boniek), ma il Napoli è lì, sta
per arrivare. Perché all'ombra del Vesuvio sbarca Il Divino, il giocatore più forte di tutti i tempi: Diego Armando Maradona. Insieme a lui, ecco Salvatore Bagni, e poi Bruno Giordano, Alemao e Antonio Careca. Con il Pibe de oro nulla è
impossibile, le sue giocate inceneriscono gli avversari e mandano nel delirio assoluto i tifosi partenopei. Arrivano così
due scudetti (1987 e 1990), una coppa
Italia ('87), e una Coppa Uefa (1990). E'
l'apice della storia azzurra, il delirio di
un popolo intero. E i derby del sud sono
sempre uno spettacolo di grandissimo livello, con una cornice da brividi.
Da questo momento, però, le strade
delle due società più rappresentative del
centro-meridione divergono. Nel Napoli
comincia la crisi, tanti campioni dicono
addio e vanno via, inizia il lento ma inesorabile declino che porterà alla scomparsa del club di Soccavo. Negli anni '90
comincia l'avventura di Fabio Cannavaro, ed arriva il bomber uruguaiano Daniel Fonseca, poco altro. La Roma invece
si rinforza pian piano con i vari Aldair,
Cafu, Batistuta. Fino a Francesco Totti e
Antonio Cassano. Con loro ridiventerà
Regina a cavallo tra i '90 e i primi anni
del nuovo millennio: terzo scudetto nel
2001; altre due coppe Italia nel 2007 e
nel 2008. Sono gli anni in cui il Napoli
prova a tornare grande dopo essere ripartito dalle ceneri di un umiliante fallimento. Missione compiuta, come sappiamo. Ma questa è già storia dei giorni nostri. Un'altra storia, invece, è quella che
racconta dei tanti giocatori che hanno
vestito le casacche di entrambe le società. Come Roberto Scarnecchia, Giuseppe
Giannini (fugace apparizione con appena 4 presenze in azzurro), Sebino Nela e
Andrea Carnevale. Tra gli allenatori invece, ricordiamo Garbutt, Bianchi, Boskov, Mazzone, Zeman e Ranieri. Tanti
legami, tanti campioni, da una parte e
dall'altra. Che derby, il derby del sud.
Dino Manganiello
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Stagione 1997-98 Tecnico e centrocampista approdano in azzurro. Si dimetteranno entrambi
Quel filo giallorosso con Mazzone e Giannini
Ceduti alla Roma
Iscritti «grazie»
a Fonseca
e Jonas Thern
La prima sfida
nell’aprile del 1930
Napoli-Roma è un match per appassionati del calcio. Il
risultato più frequente è stato l'1-0, che nel tabellino
di questa partita è comparso per ben dieci volte. Ma il
derby del Sud è anche una sfida che ha regalato tante
goleade. Il risultato più largo per i partenopei è il 4-0,
finale di due Napoli-Roma, il primo il 12 dicembre del
1971 (a segno due volte Esposito, Altafini e Pogliana),
il secondo il 19 ottobre del 1980. In quest'ultima
occasione, però, furono i giallorossi ad aiutare gli
azzurri: oltre ai napoletani Pellegrini e Nicolini, due
gol li segnarono nella porta sbagliata Romano e Di
Bartolomei. La Roma, però, non è mai stata a
guardare. Due volte, infatti, i capitolini hanno messo a
segno un secco 3-0. La prima il 22 giugno del 1947:
protagonisti Salar e Krieziu, quest'ultimo autore di una
doppietta. La partita con più gol è un 3-3 del 20
gennaio 1963. Per gli azzurri fecero centro 2 volte
Corelli e e poi Fraschini, per i giallorossi fu tripletta di
Manfredini. Fulvio Bernardini è stato, invece, il primo
marcatore assoluto nella storia di Napoli-Roma,
nell'1-1 del 13 aprile del 1930.
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NAPOLI — La Roma e i suoi
soldi. Soldi che nel 1994
consentirono al club azzurro di
potersi iscrivere al
campionato. Soldi che
arrivarono nelle casse di
Ferlaino a seguito delle
cessioni di Daniel Fonseca e
Jonas Thern. Cessioni che si
aggiunsero a quelle di Ciro
Ferrara, alla Juventus, e di
Giovanni Bia all’Inter. Ma quei
soldi furono indispensabili,
anche se il sacrificio per il
Napoli e i suoi tifosi fu
enorme. Thern e Fonseca
erano infatti due pezzi da
novanta. Il primo, svedese dai
polmoni infiniti, era un
autentico padrone del
centrocampo. Il secondo,
attaccante uruguayano dalle
grandi qualità e dal fisico esile,
segnava gol a raffica. Due
pedine che avrebbero reso
grande chiunque. E infatti a
Roma fecero la loro bella
figura, mentre a Napoli il
rimpianto per le loro cessioni
è rimasto grandissimo.
Entrambi rimasero alla Roma
per tre anni.
Pa.Cu.
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C’
è un filo giallorosso che lega la Roma al Napoli. O meglio, un filo che ha legato romani e romanisti-doc, come Giuseppe Giannini, ex capitano della Roma,
e Carletto Mazzone, ex allenatore dei
capitolini, al club azzurro. Un filo che
s’è spezzato però bruscamente, nell’anno horibilis della retrocessione in
B del club azzurro dopo 31 anni e un
paio di scudetti.
Altri tempi, certo. Oggi le cose sono molto ma molto diverse. Oggi ci
si chiede invece se questo Napoli di
Mazzarri sia già pronto per la Champion’s League oppure manchi ancora
qualcosa per il gran salto. Ma quella
stagione — 1997-1998 — ha rappresentato per gli azzurri sostanzialmente la fine della Prima Repubblica calcistica e l’inizio della Seconda, decollata definitivamente dall’avvento di Aurelio De Laurentiis sei anni fa.
Fu quello il Napoli dei quattro allenatori cambiati in un solo campionato; il Napoli di Bortolo Mutti, Carletto
Mazzone, Giovanni Galeone e Vincenzo Montefusco. Un Napoli delle tante
esperienze, tutte andate a male. Un
Napoli che richiamò perfino Totonno
Juliano come direttore generale e che
in una sola stagione vide decine di
calciatori vestire la casacca partenopea senza però trovare mai l’assetto
giusto. Fu quello anche il Napoli di
Mazzone e Giannini, romani veraci; il
primo, il tecnico, dura appena quattro giornate sulla panchina. Si dimetterà «perché Ferlaino mi ha promesso dei rinforzi che invece non sono
arrivati, in questo modo non si va da
nessuna parte», disse. Fu profetico.
Poi Giannini. Per lui 318 presenze
in giallorosso e 49 gol, capitano peraltro pure in nazionale, approdato al
Carletto Mazzone è stato uno degli allenatori più amati a Napoli e Roma
Napoli a campionato in corso nell’ottobre del 1997. Il «Principe», seppure
nella parte finale della sua carriera, è
uno che scalda comunque i cuori dei
tifosi azzurri. Il suo talento è intatto.
Il suo ruolo di regista si modifica però sul campo: via via arretra il raggio
d’azione ma le sue giocate e i suoi lanci sono sempre quelli buoni, di qualità. Ma la vita è costellata di amarezze.
E a Napoli Giannini dove subire un
duro affronto da parte di Giovanni
Galeone, il teorico del calcio-champagne, il tecnico di origini napoletane
(è nato a Bagnoli) che mise sostanzialmente la firma sotto quella retrocessione condita da sconfitte e prestazioni orribili. Appena arrivato, nel
giorno della sua presentazione, Galeone disse infatti chiaro e tondo:
«Giannini? Non rientra nei miei piani, il mio modulo non è fatto per lui e
non saprei veramente come metterlo
in campo».
Parole troppo pesanti, un afrronto
inconcepibile per il «Principe». Ecco
perché Giannini, caso storico per un
calciatore, dopo quattro presenze e
un mese trascorso senza stimoli, proprio come Mazzone, si dimise dal
club per approdare nel Lecce di Nedo
Sonetti dove, con 14 presenze e tutte
di altissimo livello, diventò il trascinatore dei giallorossi salentini che
quell’anno si salvarono. Mentre il Napoli di Galeone scivolò verso il baratro della cadetteria dal quale non riuscì più a sollevarsi.
Paolo Cuozzo
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Lunedì 4 Ottobre 2010 Corriere del Mezzogiorno
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 4 Ottobre 2010
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L’intervista L’ex centravanti di Torino e Nazionale
Parola di Ciccio:
Napoli tra le big
con Cavani-gol
Graziani: «Vedo la Champions»
T
u chiamale, se vuoi, emozioni.
Boras, Firenze, Napoli, Genova,
Cesena, Bucarest: benvenuti alla giostra del gol. In giro per
l’Italia, in volo sull’Europa, segna sempre lui. Cavani Edinson, giovanotto venuto da Salto, Uruguay. Nomen omen,
dicevano i latini. L’attacco del Napoli, finalmente, ha compiuto il… salto di qualità. Una città per cantare. O meglio, per
segnare. «Giocatore fantastico, si è subito ambientato in una piazza difficile come quella partenopea. Fa gol a grappoli,
ha classe, velocità, fiuto, opportunismo.
Con l’uruguagio, ora, l’attacco del Napoli è uno dei più pericolosi della serie A».
Dall’altro lato del telefono, la benedizione proviene da chi, di reti, se ne intende:
Ciccio Graziani. Campione del Mondo
nell’82, l’ex attaccante di Roma e Torino,
formidabile cecchino d’area di rigore,
protagonista di un’approfondita analisi
del Napoli di Mazzarri, pronto ad un avvincente, ancorché estenuante, tour de
force tra campionato, Europa League e
Coppa Italia.
Che Napoli ha visto finora, Graziani?
«Una squadra dai due volti, che stenta
un po’ in casa, ma che in trasferta gioca
con il piglio della grande. Il calcio italiano, comunque, è così. Il Milan non è regolare, così come non lo è la Juventus, la
Roma. Prendete l’Udinese: avreste mai
pensato fosse ultima in classifica? In questo momento le squadre devono ancora
amalgamarsi e consolidare le proprie forze, i tecnici fanno scelte a volte forzate,
ma tra un paio di settimane il campionato emetterà i suoi primi verdetti. Solo
l’Inter, è l’unica più continua».
Quanto pesa, per gli azzurri, giocare
ogni tre giorni?
«Le gare di coppa danno stimoli a chi
gioca meno, è giusto il turnover e non
credo sia eccessivamente controproducente, per il Napoli, impegnarsi in Europa. La coppa è importante anche perché
contribuisce al naturale processo di crescita di un club ambizioso come quello
di De Laurentiis».
A Bucarest, però, il turnover è stato
molto ampio.
«Mazzarri è un tecnico attento, molto
bravo a capire che tutti, nel Napoli, fanno
parte di un progetto. Magari a volte opta
per scelte rischiose, ma queste gare servono anche a verificare le potenzialità dei
calciatori anche in campionato. Poi, ovviamente, tutti siamo criticabili e nessuno si
sottrae a questo tipo di discorso».
Con una competizione da disputare
in più, il Napoli ha lo stesso numero di
attaccanti della passata stagione.
«La cessione di Quagliarella ha privato la squadra di una formidabile soluzione offensiva. Con Lavezzi, Cavani, lo
sfortunato Lucarelli ed il giovane Dumitru, in attacco il Napoli sarebbe stato
straordinario. Non so perché Fabio sia
stato venduto, o il motivo per cui sia voluto andare via. La verità è nel mezzo,
ma sta di fatto che dal punto di vista tecnico, Quagliarella ci sarebbe stato benissimo, in questa squadra».
❜❜
Peccato per Quagliarella,
con Edison e Lavezzi
avrebbero formato
un tridente davvero
eccezionale per gli azzurri
Variazione sul tema: la Roma può
vincere il campionato?
«La squadra è praticamente la stessa
dell’anno scorso, quando a 45’ dalla fine
del torneo stava per cucirsi lo scudetto
sul petto. In più sono arrivati Simplicio
e Borriello, ottimi giocatori. Marco, soprattutto, è un bomber vero. Poi, la
scommessa Adriano, che per ora è in
stand by. Il ragazzo è dimagrito solo di
un paio d’etti, deve mettersi in testa di
essere un giocatore di calcio. Altrimenti,
la Roma perderà la sua scommessa».
Dove rinforzerebbe il Napoli?
«Non ho condiviso le cessioni di Bogliacino e Cigarini, dunque a gennaio
prenderei un centrocampista in grado di
dettare i tempi di gioco ed un’altra punta in sostituzione di Lucarelli».
La Champions è un obiettivo perseguibile?
«Naturalmente Inter, Milan e Roma
sono un livello più su. Inserisco il Napoli nel novero delle pretendenti al quarto
posto, con Juventus e Fiorentina. Gli azzurri devono puntare alla zona Champions, i giocatori ci sono. Bisogna dare
tempo, però, ai nuovi di inserirsi al meglio. Sosa e Yebda, in particolare. Il reparto su cui bisogna lavorare, ad ogni modo, è la difesa, che prende troppi gol».
Francesco Marciano
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La carriera
Campione del Mondo ’82
e gemello del gol con Pulici
In maglia granata
Francesco Graziani
ai tempi del Torino
Nato a Subiaco nel 1952, Ciccio Graziani è cresciuto nell'Arezzo prima di passare al Torino nel 1973.
Con la società granata Graziani disputò otto stagioni,
esordendo in Serie A il 18 novembre 1973 contro la
Sampdoria e realizzando la sua prima rete in Serie A
il 16 dicembre 1973 contro il Bologna. Con la società
piemontese ebbe un ruolino di 289 partite segnando
122 gol. In quegli anni divenne celebre la coppia dei
"Gemelli del gol" con Paolo Pulici. Lasciò il Toro nel
1981 e con il compagno di squadra Eraldo Pecci (che
poi andò al Napoli) arrivò alla Fiorentina. Due anni
dopo passò alla Roma e nel 1984 perse con i giallorossi la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.
Dopo due stagioni con l’Udinese ed una veloce apparizione nel campionato australiano chiuse l’attività
agonistica.
In Nazionale, invece, Graziani nel 1975 contro la Polonia. Ha partecipato ai campionati del Mondo in Argentina nel 1978 e a quelli in Spagna del 1982 dove, da
titolare al fianco di Paolo Rossi in attacco, vinse il titolo battendo in finale la Germania.
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Lunedì 4 Ottobre 2010 Corriere del Mezzogiorno