Lo Stato - Archivio Guerra Politica

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Lo Stato - Archivio Guerra Politica
Lo Stato
(Opera, 11 ottobre 2013)
Nel corso di una battaglia trentennale, abbiamo avuto modo di registrare la lenta evoluzione che si
è prodotta nel tentativo di offrire agli italiani ed alla storia una spiegazione esauriente su quanto è
accaduto nel Paese negli anni Sessanta e Settanta.
Abbiamo, di conseguenza, letto ed ascoltato le teorie di quanti hanno denunciato l'esistenza di due
"terrorismi" di opposta matrice, nera e rossa, impegnati ad attaccare lo Stato per odio ideologico
nel confronti della democrazia parlamentare.
Per quanto riguarda il "terrorismo nero", si è poi giustificata la sua azione con la "Resistenza
tradita", con i fascisti rimasti indebitamente al loro posto in nome della continuità dello Stato, con
gli ufficiali "infedeli" ed i funzionari "collusi" con i fascisti protesi alla ricerca di una rivincita sulla
forze democratiche che ne avevano determinato la sconfitta militare nel 1945.
Dinanzi, però, alle prove che via via emergevano sui rapporti fra uomini e gruppi dell'estrema
destra ed apparati segreti ed occulti dello Stato, in molti hanno ritenuto intellettualmente onesto e
storicamente corretto il riconoscimento di responsabilità nella gestione del "terrorismo nero" e, in
parte, di quello "rosso" di uomini ed apparati dello Stato.
Si è venuta, in questo modo, a configurarsi la teoria del "doppio Stato” o "Stato parallelo“, quello
che in nome della battaglia anticomunista ha preso parte ad una strategia di respiro internazionale
che comprendeva, sul piano tattico, anche piani di destabilizzazione dell'ordine pubblico e, se
necessario, lo scatenamento di una "guerra a bassa intensità" suscettibile di frenare l'ascesa
elettorale dei Partiti comunisti, primo quello italiano, operanti all'interno delle democrazia
occidentali.
Tralasciamo, per carità di Patria, le farneticazioni sulla responsabilità del gruppo Bilderberg,
avanzata da un ex magistrato alla ricerca di una pubblicità facile e indolore.
Per restare sul piano della serietà, diciamo che nessuno ha confutato in modo credibile la teoria
del "doppio Stato" o "Stato parallelo" che rimane ancora oggi la più attendibile fra quante ne sono
state avanzate per dare una spiegazione plausibile ad una guerra civile che, agli occhi della
maggioranza degli italiani, appare ancora inspiegabile.
La teoria va corretta.
Non è mai esistito uno “Stato parallelo" o "doppio" che, all'insaputa di quello ufficiale e dei suoi
reggitori politici, abbia preso accordi con forze internazionali, politiche e militari, per destabilizzare
l'ordine pubblico in Italia e per scatenarvi una "guerra a bassa intensità" in nome e per conto della
potenza egemone, gli Stati uniti d'America.
Lo Stato è uno e solo, omogeneo come il potere politico che lo ha diretto dal maggio del 1947 in
avanti.
Non è mai esistito un "doppio Stato", come non si è mai ipotizzato un potere politico "parallelo", un
alter ego che, all'insaputa di quello ufficiale, ordiva congiure, preordinava rivolte, attuava una
strategia omicidiaria e stragista, per indebolire il Partito comunista italiano e contribuire alla guerra
fredda contro l'Unione sovietica nel Mediterraneo.
Lo Stato non è un'entità a sé stante, distaccata dal potere politico, quindi se mai fosse esistito uno
"Stato parallelo" avrebbe dovuta essere affamata, per logica conseguenza, anche l'esistenza di un
potere politico "parallelo".
Ma nessuno ha osato ipotizzarlo.
In realtà, manca ancora oggi il coraggio civile di riconoscere che quanto è accaduto in Italia è
imputabile allo Stato e al potere politico che lo ha retto e, purtroppo, continua a reggerlo.
Lo Stato non è "doppio" e non è "parallelo", ma per esclusiva volontà politica si è provvisto negli
anni dell'immediato dopoguerra di strumenti occulti, clandestini, non illegali né sconosciuti ai
governi ed ai ministri, dipendenti degli alti comandi militari e dal ministero degli Interni, paralleli in
questo caso ai servizi segreti civili e militari.
L'esistenza di questo reticolo di strutture segrete ed organismi clandestini, ancora oggi negata, ha
consentito al potere politico di scatenare una guerra che, ufficialmente, era rivolta contro di esso
mentre, ufficiosamente, ere funzionale al suo rafforzamento.
Ne è esempio eclatante il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro.
Dal 1947, l'obiettivo primario in Italia dell'anticomunismo al potere era quello di fermare l'ascesa
elettorale del Partito comunista italiano che avrebbe potuto, in caso contrario, giungere al governo
in modo democratico con conseguenze rilevantissime sul piano internazionale.
Il Pci giunge ad un passo dall'ottenimento della maggioranza relativa nel mese di giugno del 1976,
ma poi, due anni più tardi, le Brigate rosse sequestrano Aldo Moro e il 9 maggio 1978, Mario
Moretti lo uccide.
Nelle elezioni amministrative parziali che si svolgono pochi giorni dopo l'omicidio di Aldo Moro, il
Pci registra un primo calo di consensi.
Nelle elezioni politiche anticipate del mese di giugno del 1979, il Partito comunista subisce la prima
sconfitta elettorale dal 1948, ed il suo arretramento non si fermerà più.
Il cui prodest del caso Moro si rinviene esattamente nel raggiungimento dell'obiettivo trentennale di
bloccare l'ascesa elettorale del Partito comunista, della "quinta colonna sovietica" in Italia.
Il potere politico anticomunista non c'era mai riuscito prima.
Ci riesce ora ad un prezzo che, senza cinismo considerata l'importanza dello scopo, è tutto
sommato basso: sei morti, i cinque uomini della scorta più Aldo Moro.
In questo modo, un'operazione ufficialmente rivolta contro lo Stato e il potere politico consente, in
realtà, a questi ultimi di cogliere un successo sul nemico comunista che inseguivano invano da
trent'anni.
Il potere politico e lo Stato hanno usato la mano di ferro nei confronti di quanti hanno ucciso cinque
appartenenti alle forze di polizia e il presidente della Democrazia cristiana?
No.
Lo Stato ed il potere politico hanno dimostrato gratitudine ai responsabili della strage di via Fani e
dell'omicidio di Aldo Moro, e ne hanno acquistato il silenzio concedendo loro una detenzione
privilegiata, tutti i benefici di legge e un affrettato ritorno in libertà senza alcuna contropartita.
Mario Moretti che, ufficialmente, come capo delle Brigate rosse, ha diretto l'operazione del marzomaggio 1978, che ha materialmente sparato una raffica di mitra sul corpo di Aldo Moro disteso nel
portabagagli di una Renault rossa, ha ottenuto il permesso premio nel 1993, a distanza di dodici
anni dell'arresto, il lavoro esterno nel 1995, la semilibertà nel 1997, continuando a presentarsi
come irriducibile.
Il ministro degli Interni Francesco Cossiga che, ufficialmente, aveva invano tentato di salvare la
vita di Aldo Moro, dopo poco più di un anno è stato nominato presidente del Consiglio e, quindi,
presidente della Repubblica.
Dal fallimento come ministro degli Interni, Cossiga ha ricavato solo fortuna.
Non c'è traccia nell'operazione Moro prima, durante e dopo, della presenza di uno Stato "doppio" e
di un potere politico "parallelo".
C'è, vistosa, quella di un'azione che ha visti premiati tutti i suoi protagonisti, in apparenza collocati
su opposte barricate.
Finiamola, quindi, di portare avanti teorie interpretative sulla guerra civile italiana che hanno il solo
scopo di salvaguardare lo Stato ed il potere politico affiancando ad essi oscuri alter ego che non
sono mai esistiti.
I colpevoli hanno nomi e volti, sono uomini che appartengono allo Stato, che hanno fatto parte del
potere politico e che ne sono stati finti oppositori.
Personaggi condannati a recitare fino alla fine della loro esistenza la parte che hanno
consapevolmente accettato, a suo tempo, di interpretare.
Attori e comparse, protagonisti e comprimari ancora in vita sperano ragionevolmente di
concluderla come coloro che li hanno preceduti, con l’aureola dell’integerrimo funzionario dello
Stato, del politico che ha combattuto il “terrorismo”, del “rivoluzionario” che ha fatto una guerra
onorevole e l’ha persa.
Sbagliano, però, se pensano che la storia lascerà sui loro volti la maschera che hanno indossato.
Saranno condannati insieme allo Stato ed al potere politico che hanno servito utilizzando i mezzi
infami dell’inganno e della menzogna contro un popolo che avrebbero dovuto avere il dovere di
proteggere e salvaguardare.
Non si facciano illusioni: fra alcuni decenni in questo Paese nessuno parlerà più di “servizi segreti
deviati”, di “fascisti”, di “collusi”, di “doppio Stato” e di “Stato parallelo”.
Si parlerà solo di verità, che suoneranno a condanna definitiva di un potere che nato da una
sconfitta e da un massacro è riuscito a perpetuarsi creando da sé i propri nemici e dichiarando,
poi, di averli sconfitti.
La Storia, a differenza della vita degli uomini, non è mortale, continua ad esserci quando questi
non ci sono più, però è memoria quella che consente ai morti di vivere ancora nel ricordo dei
popoli.
E saranno ricordati come sono vissuti: con disonore.
Vincenzo Vinciguerra