SHOPING QUELLA STRANA MORTE

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SHOPING QUELLA STRANA MORTE
Gìa Fort
SHOPING
QUELLA STRANA MORTE
in
VIA DI SANTA DOROTEA
GENNAIO 2015
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GUIDA ALLA LETTURA
I capitoli che riguardano la vicenda Jey e Heleonor [giorni nostri] sono contrassegnati da
NUMERAZIONE ARABA
I capitoli contenenti squarci di vita rivissuti come reali [in rivivificazione ipnoregressiva]
sono contrassegnati da
NUMERAZIONE ROMANA
IL TESTO ROMANESCO È STATO ITALIANIZZATO PER FACILITARNE LA LETTURA
* * *
LAGUZ (Runa)
Testo in Corsivo
Riguarda il Percorso della medium per condurre Jey attraverso lo stato di trance, al recupero di
ricordi e situazioni vissuti nella vita passata
* * *
ENTRATA
Carattere NORMALE
Jey, entrato in uno spazio di rivivificazione ipnoregressiva, rivive pienamente le esperienze della
vita precedente con una percezione sensoriale ed emozionale diretta, quindi con pieno
coinvolgimento.
* * *
USCITA
Jey esce dalla trance , rientra in sé e ritorna alla realtà
* * *
LAGUZ (Runa)
sta a significare che tramite l’intervento della medium poteri nascosti stanno lavorando
attivamente per manifestarsi e permettere a pregresse realtà di prendere forma.
OTHILA (Runa)
vale come richiamo alle radici, alla terra natale; sperimentare la sensazione di aver fatto
conoscenza con la vera identità personale.
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... È POSSIBILE APRIRE LE PORTE DELL'ALDILÀ
E RIVIVERE UNA VITA
IN UN'ALTRA VITA ?
QUANDO LA SUA ANIMA APPARIRÀ DAVANTI A TE
ACCOGLILA COME UNA SORELLA …
LASCIATI AVVOLGERE DA LEI
PERCHÈ QUELL'ANIMA CONOSCE IL MISTERO
MONDO,
L'ORDINE DELL'UNIVERSO.
LEI TI PRENDERÀ PER MANO
E TI CONDURRÀ,
PASSO DOPO PASSO,
VERSO L' ALTRA VITA.
(Gia Fort Shoping)
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DEL
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Accidenti a me. Eppure mi dovrei conoscere bene, ormai. Il rum non mi ha mai
aiutato nelle situazioni difficili. Anzi.
Per l’impresa di stanotte avevo ingoiato anche due pastiglie di
betabloccante. Sono un iperteso. Non mi sono servite. Il cuore batte a 150 come
un metronomo da disco dance e il buio totale che mi circonda m’inchioda al
pavimento come il martelletto di un Pleyel picchiato da Petrucciani.
Ho paura a respirare, potrebbe sentirmi qualcuno. Ma qualcuno chi? Il
custode, al piano terra, o dorme o se ne è andato in giro per Roma, e per le sale
non c’è anima viva. Beh, qualcuno potrebbe anche esserci … se è vero, come dice
Heleonor, che di notte … tutti questi personaggi …
Stamane, facendo il giro (la guida era scoglionata e insofferente), mi ero
stampato in testa il percorso per raggiungere la saletta. Mi ero anche disegnato senza farmi vedere dal personale di sorveglianza, magari mi prendono per un
ladro o un sabotatore – una piantina. Faticaccia inutile perché è pubblicata su
internet.
Ingresso, scalinata, primo piano, porta a vetri a sinistra, bookshop, a destra
biglietteria, prima stanza a sinistra. Parete di fronte, lato destro.
Non l’hanno valorizzata neanche tanto bene. Eppure vale un patrimonio. Il
duca di Mantova l'aveva puntata già alle soglie del '600 tanto è vero che aveva
incaricato Ludovico Cremasco (un furbone, cacciatore di opere d’arte), di
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acquistargli il ritratto ‘senza mirare al prezzo!’.
Poi ho scoperto che da una delle abitazioni di salita S. Nicola da Tolentino,
attraverso un piccolo cortile, si può accedere al giardino della Galleria e da qui alle
sale museali. Un cancello semi arrugginito come unico, debole baluardo. È
l'ingresso usato dagli operai dell'impresa che sta reastaurando la facciata del
museo. Tutto incustodito.
Me lo poteva dire Heleonor! Vorrei sapere lei da dove è entrata.
Ho scelto questa strada ma ora, nel buio totale, non mi ci raccapezzo più.
Oltretutto la torcia elettrica si sta per scaricare. Accidenti a me!, avrei dovuto
comprare le batterie anziché il rum per riempire la fiaschetta! Però il rum mi dà la
carica.
Visto di giorno il ritratto emana solo un senso di pacioso distacco.
Paffutella, sguardo un poco statico, sornione ma, a voler essere generosi,
amabilmente ambiguo. Non mi sono sentito particolarmente elettrizzato. Tanto
meno vi ho scorto l'immagine di meretricola attribuitole da Fabio Chigi nel 1618.
A me non sembra neppure sexy.
Eppure questo ritratto esercita una forte attrattiva sul pubblico. E, mi accorgo mio
malgrado, anche su di me: ha catturato la mia attenzione, mi parla d’altro
…sensazioni, sentimenti … stranezze …
Comunque mi ha coinvolto di più quanto raccontato da Heleonor. O forse
è stato l’effetto del Gaja & Rey del 2001, ottima annata, che ci siamo bevuti da
Romolo, nel giardino di Raffaello e della Fornarina a Porta Settimiana. Anche Heleonor
fortunatamente non disdegna del tutto un buon vino. Quando cala le difese. O
forse è stato il desiderio di condividere qualcosa con lei, così, tanto per starle
ancora vicino. Risultato, ripeto: mi sono fatto coinvolgere.
Non è male Heleonor. A prima vista ti dà l’impressione di una squallidona
presa solo dal suo lavoro di restauratrice. Ce la mette tutta per nascondersi agli
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sguardi maschili. Se però la osservi più attentamente … Non è male Heleonor,
anzi. Liberala da quegli occhialoni fuori moda (ma perché li porta?) e anneghi nei
suoi occhi verde giada. Liberala da quella crocchia anni venti e, i capelli finalmente
sciolti, ti trovi di fronte la Flora del Tiziano, quella splendida rossa ricordata anche
dalle Poste Italiane con un francobollo da 150 lire. Dico: 150 miserabili lire! Si
sono rovinati ...
Slanciata, morbida, tutte le curve al posto giusto, nelle quantità giuste ma
accuratamente
nascoste
dentro
l'enorme
gonna
fuori
misura,
anni
sessantottofemminarrabbiata. Per me ha un solo difetto Heleonor: quei suoi
benedetti anni che mi fanno sentire vecchio. Troppo pochi rispetto ai miei.
Comunque anch’io, tutto sommato, mi difendo bene: aspetto piuttosto
gradevole, anzi attraente, sorriso accattivante, occhi verde mare, un metro e
ottanta di muscolatura dono di madre natura, intendo dire non palestrata, perché
mi sono sempre rifiutato di fare un solo minuto di attività sportiva.
Il primo momento di grande tensione emotiva, mi racconta Heleonor, l’ha
provato nella fase intermedia della pulitura del viso. Si è sentita improvvisamente
sprofondare in un vortice irreale. La dieta ipocalorica? Troppe ore di
concentrazione?
È un’impressione o sotto ci sono tratti di un altro disegno?
Quella sera si era attardata a lavorare oltre l’orario di chiusura del museo. I
suoi colleghi se n’erano andati, stanchi di una monotona ed estenuante giornata di
lavoro, senza neanche salutarla.
Lei era impegnatissima sul viso, voleva finire quel delicato passaggio e
lavorava con la massima attenzione per fare emergere, senza danneggiarlo,
l'incarnato dipinto con impasti di colore a base di biacca e cinabro. E mentre
ravvivava le piccole aggiunte di azzurrite e lapislazzuli usate per gli occhi ...
un’impressione o si sono mossi? La maliarda gradisce il maquillage sul suo viso?
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«E quando mai una femmina non è sensibile al lavoro di un visagiste che le
sistema gli occhi?» intervengo io tanto per stuzzicarla un pochino «passano i
secoli, nuove generazioni si susseguono una dopo l’altra ma l’istinto di ogni donna
è rimasto tale e quale da Nefertiti a Cleopatra a Madame Jeanne e Georges Van
Muyden .... »
«Non fare ironia di bassa lega, non mi sembri il tipo.» risponde lei piuttosto
piccata perché non si sente presa sul serio «Ho pensato invece che ero stanca.
Comunque sono rimasta immobile a osservarla. No, gli occhi non si muovono
più. Poi, improvvisamente, ho visto, o forse sarebbe meglio dire, mi è sembrato di
vedere sullo sfondo della tela dei tratti di disegno. Un segno molto leggero,
carboncino, pastello Terra d'Umbria bruciata o sanguigna. Non distinguo bene,
dovrei dire più precisamente che li intuisco. Li fa emergere il riflesso della lucetta
di servizio sistemata sulla porta d'ingresso della saletta. Cielo! o do di testa o ... quì
sotto c'è un altro disegno!»
«Tombola!» esplodo io a mo’ di incoraggiamento.
Non ne ha bisogno, continua immersa nel suo immaginario.
«Mi sarebbe servita una riflettografia ... Sembrava una specie di abbozzo o un
disegno parziale e mi ricordava qualcosa che avevo intravisto molto tempo prima,
un cartone che avevo srotolato casualmente mentre facevo delle ricerche, o uno
stage … all'Archivio di Stato di Roma … o a Londra al British Museum. Non
ricordo più dove.»
«Fammi capire» intervengo io un po' accondiscendente e un po' più incuriosito
«sotto il ritratto della maliarda c'è un altro ritratto. Un'altra maliarda? In
carboncino o pastello o come diavolo li chiami tu?»
«Non ho detto nulla di così preciso, non farmi giungere a conclusioni strampalate.
Mi è sembrato ... ho avvertito ... Avrei dovuto fare un approfondito esame con gli
ultravioletti ma non avevo gli strumenti utili e poi mi sarebbe servita
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un'autorizzazione. Difficile da ottenere. Posso assicurarti però che di giorno non
si nota.»
«Possibile che i tuoi capi non siano a conoscenza del fatto che sotto il dipinto c'è
n'è un altro? Mi sembra strano.»
«Non so che dirti» chiude lei.
Io, ormai intrigato dal racconto di Heleonor, cerco di marcarla stretta.
Chissà mai? Qualcuno potrebbe già aver notato quel particolare e stare zitto per
chi sa quale scopo successivo, penso tra me e me.
«Ma non potrebbe trattarsi di una traccia» insisto «una di quelle tracce che
usualmente fanno i pittori avviando un nuovo lavoro? E poi, se così non fosse»
sono sempre più incalzante «la figura sotto traccia è diversa da quella che vediamo
esposta? Due figure diverse? Sono collegate fra di loro? Sono la stessa persona
ritratta due volte o due persone diverse? Le ha dipinte la stessa mano? Sono ... »
«Basta! Basta con queste domande inquisitorie! mi stai dando l'ansia. Non avrei
dovuto parlartene.»
«D'accordo ma ormai me ne hai parlato. Dimmi di questo secondo ritratto.
Cercherò di seguirti.» La cosa mi intriga sempre più.
«A partire dal Rinascimento» riprende Heleonor «molti artisti usano il gessetto,
perchè lo trovano in natura e se lo possono preparare da soli. Michelangelo e
Andrea del Sarto ad esempio usano il gessetto nero naturale. Nel settecento, poi,
lo trovi abbinato alla sanguigna.»
«Lascia perdere questi dettagli, dimmi qualcosa di più attinente a quello che ti ha
colpito.»
Heleonor esita, forse vuole chiudere il discorso, è evidente che non le va
più di parlare. È indecisa. Mi guarda fissa in viso, riflette?, e poi improvvisamente
sbotta, come per liberarsi di un peso. Un peso che l'opprime.
«La traccia che c'è sotto il ritratto non raffigura una donna, ma un uomo. Un
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uomo dallo sguardo cattivo, malvagio.»
Accidenti, penso io, che storia! Inutile dire che sta accendendo in me una
certa aspettativa.
Quando sono arrivato a Roma, Trastevere e i personaggi che nei secoli l'
hanno animata mi hanno subito intrigato. Non so bene perchè ma mi sentivo
come … tornato a casa.
Io ero alla ricerca di una storia, una storia vera: passione, amore, scandalo:
sì, una storia scandalosa. Vuoi vedere che tra una sbornia e l’altra l'ho trovata? Un
po’ di fatti reali, un po’ di fantasia per aiutare la trama ... Se metto insieme altre
notizie attingendo alle fonti giuste mi sa che ci tiro fuori uno scoop e tanto da
comprarmi un treno di bottiglie di rum.
Non che ci capisca molto su radiografie, riflettografie, indagini agli
ultravioletti, sono marchingegni moderni fuori dalla mia cultura, ma se c'è sentore
di mistero la cosa mi intriga. Non sono in cerca di qualcosa che mi dia uno
spunto?
Oggi io, Gia Fort Shoping, per gli amici Jey, scrittore fallito, giornalista
freelance costretto tutti i giorni a fare i conti con il rischio, pochi quattrini nelle
tasche e una fama di perdigiorno e attaccabrighe incollata come una seconda pelle,
oggi io potrei finalmente aver trovato una storia da raccontare. I presupposti mi
sembra ci siano. Sempre che abbiano un briciolo di fondamento.
Innanzitutto però vorrei capire perchè Heleonor mi abbia adottato sin dal
primo incontro. Sembrava mi aspettasse, aspettasse me, proprio me, solo me ...
Casualità o impatto casuale di due schegge casuali di cui si ignora la causa?
[come mi esalta tuffarmi in paludi ontologiche che poi finiscono per introdurmi
nel … nulla. Mi fa sentire Scrittore, con la S maiuscola].
Meglio che attivi la mia mente per individuare qualcosa di più realistico.
Formuliamo quindi una ipotesi attendibile come suggerisce il mio background di
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giornalista.
Allora: lei è una zitellona a caccia di affettuosità e sofferente di disturbo
dipendente del Gruppo C: ha bisogno cioè di qualche carezza affettuosa [prego,
nessun commento, so già di essere uno spudorato maschilista].
Qualcuno, in vena di marketing sentimentale, vuole appiopparle un lui che
riempia il vuoto della sua vita. Questo qualcuno mi conosce, o mi ha conosciuto.
Parlano di me, che sono un uomo interessante, creativo, geniale, singolare. Che
sono un giornalista di successo, ecc. ecc. [non c’è una parola di vero]. Single per
scelta, quindi, libero da vincoli. Lei … non aspetta altro. Scatta il contatto.
Prendiamo però in considerazione anche un’altra ipotesi meno rozza: mi
vuole agganciare semplicemente per la mia attività di giornalista aspettandosi
qualche articolo sul suo lavoro di restauratrice, un poco di battage intorno al suo
nome per rendersi
più visibile nel suo ambiente, chiedere un aumento di
stipendio e via dicendo.
Mi sta bene tutto, tutto o quasi tutto. In questo momento però ritengo
prioritario andare a fondo sulle presunte stranezze di questo dipinto. Stiamo con i
piedi per terra. Verifichiamo se c’è trippa per gatti. Tra le mie supposte qualità ce
n’è una concreta: sono un pragmatico.
Intanto, da buon giornalista e, perché no?, scrittore, ho già raccolto qualche
elemento per inquadrare almeno il macro fil-rouge del periodo in cui Raffaello ha
dipinto il quadro: manifestazioni artistiche, tendenze sociali, personaggi.
Ora devo approfondire quali personaggi mi possano fare da trama, quali
siano in grado di bucare l’immaginario collettivo; devo svilupparne i contorni,
documentarmi sui luoghi in cui farli muovere, beccare qualcuno dei loro momenti
topici.
Nella libreria del mio amico Rafele Porsio, grande cultore di vecchie
pubblicazioni, posso trovare materiale. Ne sono sicuro. La libreria è piccolissima,
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un buco in un vicoletto dietro piazza Cavour, vicino ad una famosa pizzeria che
sforna la migliore margherita di Roma. È piccolissima ma ultra fornita, e poi, il mio
amico, è una vera enciclopedia e certamente mi può essere d’aiuto.
Su internet, smanettando tra le pagine che parlano di Raffaello e Fornarina,
pochissime su di lei, ho già trovato quanto basta per stimolare la mia fantasia e
imbastire una traccia di storia.
Un Pittore eccelso, noto gaudente, "persona molto amorosa et affezzionata alle
donne, e di continuo presto ai servigi loro" scrive il Vasari nelle sue memorie parlando di
Raffaello. Una modella-amante, una sventola da togliere il fiato con una turbolenta
e scandalosa carriera fatta tra le lenzuola dei potenti che incrociava sul suo
percorso. Una corte di alti prelati sullo sfondo di un Vaticano di costumi libertini
ma impegnato nel mondo culturale. Un cardinale che con il consenso del papa,
tacito o presunto?, vuole appioppare in moglie a Raffaello una sua nipote. E un
mecenate, illustre banchiere, e noto puttaniere, che nel privato della sua magione
se la spassa alla grande.
Se i fumosi, confusi accenni di Heleonor avessero un seppur piccolo
fondamento: un secondo ritratto, o disegno, o bozzetto che sembrano della stessa
mano e che nessuno si è mai accorto che esistano, una faccia da impunito ...
Accidenti che storia che ci tiro fuori ...
La prima volta che Heleonor mi aveva accompagnato lungo le sale di
Palazzo Barberini fino al ritratto, non mi aveva fatto cenno di nulla. Mi sembrava
anche un pochino scontrosa nei miei confronti, diffidente, esitante, scettica.
Un’accozzaglia di percezioni che non riuscivo a decifrare. Di nascosto, cercando
di non farsi notare, ogni tanto mi sbirciava di sottecchi con espressione incerta.
Stava attenta a che io non lo notassi. Mi studiava, mi anatomizzava, mancava poco
che mi dissezionasse, come fanno le femmine predatrici.
Quel giorno, per l’appunto, pensai che avesse l’intenzione di accalappiare lo
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scapolone incallito e stesse cercando di capire se io ne valevo la pena. Cosa stava
cercando? Per quale altra ragione mi stava studiando? Uno sconosciuto e neanche
tanto bene in arnese, incrociato per uno dei tanti casi strani della vita. O, o , o …
sono fuori strada?
Non devo però sottovalutare le mie grandi risorse di affascinatore che
riescono sempre a far breccia, a smuovere le sensibilità, ad aprire dialoghi sinceri.
Ora di fronte a un piatto di Mozzarella alla Fornarina per me, e alle Animelle
al prosciutto per lei, tutto si distende sulla bianca tovaglia di lino.
Heleonor mi sommerge con le sue emozioni e quello che mi racconta,
piano piano accende sempre più la mia fantasia di scrittore. Presunto.
Heleonor, divaga o segue un pensiero preciso?
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Una parte del mio cervello la segue con attenzione, l’altra sta costruendo un
teatrino mettendo a fuoco le figure e i luoghi che hanno visto le gesta dei miei
possibili personaggi. Ne delimito i contorni secondo le regole classiche del teatro
che, per me, vanno bene anche per un romanzo: ‘isso’ ce l’ho, è il grande pittore;
‘essa’ pure, chi meglio della favolosa modella? Per ‘o malamente’ non ho che l’
imbarazzo della scelta. Forse ne ho troppi. Il banchiere? Il cardinale? Leone? Uno
spasimante di Fornarina? Devo fare una selezione.
Heleonor intanto continua a parlare.
«Tu credi nella metempsicosi?» mi chiede a bruciapelo mentre assapora una
forchettata di animelle.
«Veramente non mi ci sono mai soffermato» rispondo preso alla sprovvista. Cosa
c'entra ora la metempsicosi? Mi sta scombinando il teatrino …
«Parlo della trasmigrazione dell' anima che, a ogni successiva morte del corpo in
cui è ospitata, passa via via a un altro corpo umano, animale, vegetale o minerale,
finchè non si è liberata da ogni vincolo con la materia.»
«Perchè ora introduci questo argomento?» intervengo disorientato ma ancor più
incuriosito. Heleonor non è una stupida e quando parla lo fa a ragion veduta.
«Perchè ho la netta sensazione, attraverso note di cronaca raccolte, spezzoni di
documenti in cui mi sono imbattuta e altro materiale, che intorno a Raffaello e
Fornarina, la donna ritratta nel quadro di cui parliamo, ci sia stato qualcosa di più
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di una semplice seppur vulcanica storia d'amore conclusasi repentinamente in
modo tragico in un venerdì santo del lontano 1520.»
«Mi risulta che siano consueti, anzi scontati, rapporti hot tra pittore e modella; lo
spazio che li separa, un cavalletto e una tela, sono piuttosto esili …è facile saltarli
… ed è facile farsi del male.»
Non raccoglie la mia battuta. Non apprezza mai le mie battute. Prosegue
nel suo ragionamento.
«I tratti di matita intravisti nel ritratto di Fornarina e il bozzetto che mi è capitato
tra le mani non mi ricordo più dove, hanno un rapporto.»
Heleonor si sta infervorando, si accalora. Spendido!
«Ho la sensazione che in quel lontano venerdì santo del 1520, quando Raffaello
muore improvvisamente, le cose non siano andate come raccontano le cronache
d’epoca. Ho la sensazione che Raffaello e Fornarina siano stati al centro di un
avvenimento drammatico. E ho la sensazione che un’altra drammatica vicenda si
sia ripetuta a distanza di 216 anni, quasi uguale. E di quella circostanza sia rimasto
un segno perchè noi potessimo rendere giustizia. È una sensazione netta.»
«Fermati! Fermati per l’amor di dio! Sto annegando nelle tue sensazioni! Che
casino!» riesco finalmente ad inserirmi in questo fiume in piena di sensazioni «ora
cosa c'entrano i 216 anni? Cosa c’entra un secondo avvenimento?»
«Sei un ignorante! Possibile che tu non conosca la teoria dei numeri magici della
scuola pitagorica? Il 216 è un numero magico essendo il cubo del numero 6.»
Non mi va di scoprirmi, voglio vedere fin dove arriva. Decido di fare la
figura dell’ignorantone anche se l’argomento non mi è sconosciuto. Per chi mi ha
preso?!
Mi sono imbattuto nella teoria dei numeri magici quando avevo si e no
tredici anni e il la me lo diede un film di Stanlio ed Ollio, I diavoli volanti, in cui
discutevano sulla metemsicosi. La loro scenetta, con il balletto che ne seguiva, mi
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divertirono molto. Ma quello che mi fulminò fu proprio il riferimento alla
metemsicosi. Ne restai affascinato e mi ci buttai a capo fitto leggendo tutto il
possibile, spesso capendo poco.
Il passo fu breve per incappare poi nella teoria dei numeri e delle loro
misteriose proprietà. A quei tempi mi sarebbe piaciuto far parte della scuola dei
pitagorici, acusmatico sulle spiagge di Crotone, assetato di sapere, impegnato a
risucchiare ogni respiro dell’uomo profeta, l’uomo leggenda, l’ ipse dixit che non da
spazio al dubbio. E dissertare con Fibonacci, con Mersenne, e parlare di numeri
palindromi, il mistero del 196, del triangolo di Tartaglia … Ero un ragazzino.
«E allora?» rispondo io deciso a fare la parte della persona incolta «Heleonor mi
fai venire il mal di testa. Pitagora mi ricorda solo Bin Laden, potrebbe essere la sua
reincarnazione? e veramente non capisco il nesso, mi sembra di saltare di palo in
frasca.»
«È una teoria notissima e mi sorprende che uno scrittore non la conosca. Ma, sei
veramente uno scrittore?»
«Boh, adesso che me lo chiedi me lo domando anch’io» … altra battuta sprecata.
Lei continua come se non avessi aperto bocca. Però ho lanciato l’amo.
«Brevemente» attacca con vigore «Pitagora sembra si sia reincarnato più volte, in
corpi diversi e il ciclo delle sue reincarnazioni era di 216. L' ultima volta si è
reincarnato nelle vesti di Alco una bellissima prostituta.»
«Sono felice per Pitagora che ha goduto di momenti particolarmente piacevoli su
ambo i fronti ma, scusami, continuo a non capire cosa c'entrino Pitagora e Alco
con Raffaello e Fornarina.»
«Te lo spiego subito. Pitagora non c'entra nulla ma la sua teoria si. Il bozzetto o
secondo ritratto che ricordo di avere visto - e lo ricordo bene, ho solo dei dubbi
sul dove l'ho visto - portava una data: 1754 e una sigla
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Hai capito?»
«No.»
Capisco solo che questa femmina ha un pensiero preciso in testa, un piano
basato su una qualche teoria. E un obiettivo. E mi manovra a piccoli passi.
«Uff, che fatica! Il bozzetto evidenzia la stessa tecnica e mano di Raffaello. E la
sigla è quella con cui si firmava Raffaello da giovane. Tutto uguale. Me ne
intenderò di queste cose, no?»
Heleonor sta alzando il tono della voce sempre più spazientita. Poi
riprende:
«Ricapitoliamo. Nel 1501 Raffaello, all’età di 18 anni, pone la sua prima firma su
di un’opera il chè documenta la sua carriera di pittore ormai autonomo dall’
apprendistato a quel punto concluso. Si tratta della Pala del Beato Nicola da Tolentino
commissionatagli dalle monache del monastero di Sant’Agostino. Mi sono
documentata e ho trovato il contratto in cui viene menzionato come Magister
Rafael Johannis Santis de Urbino. Facciamo due conti se riesci a seguirmi.»
«Facciamo due conti, cercherò di seguirti.»
Heleonor mi guarda con sguardo incazzoso, non gradisce il mio tono. Si
domina e poi:
«Raffaello è morto nel 1520, aggiungi 216 e arrivi a 1736, aggiungi 18 e arrivi alla
datazione del disegno: 1754! Sintesi per subnormali» è passata agli insulti «Nel
1736 Raffaello si è reincarnato in un pittore che a 18 anni ha voluto richiamare
l’attenzione del mondo sulla sua tragica fine.»
«Sei pazza.»
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«E tu sei una persona scortese e impertinente. Oltre che ignorante e cretino.»
Accidenti come si è incavolata la mia seducente Helly! Cerco di placarla
prima che mi scaraventi un piatto.
«Helly» la sollecito dolcemente «posso chiamarti Helly?»
«Perché dovresti chiamarmi Helly?» È incazzata.
«Scusami ma in certi frangenti il tuo nome è troppo lungo.»
«Ti vorrei far notare che Helly è un nome maschile» si sta calmando ma sempre
pronta a riaffilare le armi «e se vuoi estendere il discorso, si tratta del nome o
cognome di un matematico sfigato, l’eponimo dei due teoremi di Helly; ed è
anche il nome di uno che produce giacche e brache di tela cerata. Non ho nulla in
contrario comunque. Chiamami come ti pare.»
«Grazie Helly» un grazie espresso volutamente con tono sciropposo per tenerla
sempre gasata, mi diverte quando si eccita «allora abbiamo stabilito che il disegno
è datato 1754. Oro colato.»
Mi guarda nuovamente di traverso indecisa se aggredirmi o lasciar perdere.
Lascia perdere. Lascia perdere per fortuna.
«Tracciamo un percorso» continuo «i tratti di viso crudele del bozzetto dell'
Archivio di Stato o British Museum sono identici a quelli nascosti nel ritratto su
cui stavi lavorando.»
Mi interrompe e, tutta d’un fiato «Ma il bozzetto porta la data del 1754: è
stato eseguito 216 + 18 anni dopo la tragica improvvisa morte di Raffaello. C’è la
sua mano! C’è la sua firma! Sono sicura. Hai capito testone? La mano e la firma di
Raffaello.»
«No. Mi sembra che stai montando una favola confusa e pasticciata» rispondo
cercando di non far notare l'interesse che, comunque, sta aumentando sempre più.
«Fornarina che muove gli occhi, un dipinto parziale o una traccia che si vede e
non si vede, o forse si intravede e che per evidenziarlo bene hai bisogno dei raggi
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ultravioletti o altra diavoleria; un altro bozzetto quasi uguale su cui incocci
spulciando tra i polverosi ripiani dell’ Archivio di Stato o chissà in quale altro
posto, sempre di mano di Raffaello, che raffigura ... un brutto ceffo?»
«Ma come posso risponderti? Ti ho detto che sono solo impressioni, impressioni
che certamente andrebbero approfondite, studiate, collocate nelle cronache dell'
epoca.»
E poi, decisamente impermalita, pensando di non trovare argomenti per
schiodarmi dal mio [finto] scetticismo e, gelida in ogni vena come scrive Vivaldi, mi
sfida velenosetta:
«Se non credi nella mia professionalità potresti almeno accettare le impressioni
dettate dal mio istinto femminile. O non credi neppure nell'istinto femminile?»
Dio me ne scampi! E chi le dice di no? Però qualcosa in più glielo devo
strappare.
«Continuo a non afferrare. Non comprendo cosa ci sia da approfondire al di là di
un ritratto e, ... un bozzetto?, che presentano delle analogie.»
«Continui a non voler capire. Me lo fai apposta. Non si tratta di analogie. Ripeto
per l’ennesima volta: il bozzetto che ho visto io custodito presso l' Archivio di
Stato o in un altro posto che prima o poi mi verrà in mente, è di Raffaello ma
risale a 216 + 18 anni dopo la sua morte. Mi segui?»
«Con difficoltà.»
«Insisti per contrariarmi. Voglio impormi di essere calma, accomodante, tollerante.
Cercherò di convincerti con argomenti circostanziati.»
«Te ne sono grato.»
«Tu sai che Raffaello è morto improvvisamente a trentasette anni?»
«Sì, me lo hanno riferito.»
Heleonor mi indirizza un’ occhiata di disapprovazione ma poi prosegue.
«E dove muore?»
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«Dove muore?» [come faccio a non saperlo?!].
«Proprio nel letto di Fornarina.»
«Posso assicurarti che è l’aspirazione della maggior parte degli uomini concludere
il percorso terreno in simile modo» dico io «gran bella morte. Raffaello non si è
fatto mancare nulla.»
«Sei un maschilista irrecuperabile» mi bolla sconfortata
«e fai di tutto per
scoraggiarmi. Ma non ci riuscirai. Andiamo avanti. E come muore?»
«Come muore?»
«Mica è chiara la ragione della sua morte» dice Heleonor «tutti si rifanno a quanto
scrive il Vasari ma la sua ‘cronaca’ ha ampi spazi oscuri. E lui, non è sempre
attendibile nelle sue ricostruzioni delle vite dei grandi pittori» mentre parla,
sempre più accalorata, tira fuori dal suo borsone un libro apparentemente antico,
intitolato: Le vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori.
Lo conosco. Si tratta di una riproduzione del libro di Vasari facilmente
reperibile nelle bancarelle di piazza Cavour. Un’edizione che sta ottenendo
successo tra gli pseudo storici innamorati del contatto con pagine ingiallite
artificialmente che ricalcano, in modo opinabile, i tipi dell’epoca. Gli do una
sbirciata mentre legge con tono grave e partecipato:
… Raffaello continuò fuor di modo i piaceri amorosi, onde avvenne ch’una volta
fra l’altro disordinò più del solito; perchè tornato a casa con una grandissima febbre,
fu creduto da’ medici che fosse riscaldato; onde non confessando egli il disordine che
aveva fatto per poca prudenza, loro gli cavarono sangue; di maniera che indebilito si
sentiva mancare …
E continuerebbe a leggere se non la bloccassi.
«D’accordo, non funziona la ricostruzione di Vasari. C'è qualcosa di misterioso in
quel repentino epilogo.»
«Bravo finalmente ti sento partecipativo» sembra sollevata dalla mia ammissione, e
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prosegue.
«Strani i sintomi … nausea, dolori addominali … vomito … collasso.»
«Gli hanno fatto ingurgitare qualcosa!»
La devo incoraggiare. Senza vergogna né pudore. Sono o no uno scrittore
in cerca di spunti di sopravvivenza?
Heleonor aspettava la mia risposta e mi premia con un largo sorriso e un
cenno di assenso muovendo gravemente la testa su e giù. Poi, in attesa che io dica
quello che vuole sentirsi dire, mi chiede in tono che non ammette risposte elusive:
«A cosa pensi?»
Accidentaccio, a cosa penso …? Mi sembra di essere tornato all’esame di
maturità. Buttiamone una, la più scontata. Timoroso.
«Arsenico?!»
«Arsenico!» conferma Helonor visibilmente entusiasta e appagata della mia
deduzione.
Evviva! Ho fatto tombola! Ho superato l’esame.
Punto e a capo. Ora Heleonor è diventata pensosa e riprende, quasi
parlando con se stessa, a congetturare. O a macchinare?
«No, qualcosa proprio non quadra. Il Vasari, nelle sue Storie, non fa chiarezza. E
comunque non glielo avrebbero lasciato scrivere, c’è il Vaticano dietro, Raffaello
era il pittore ufficiale, in attesa del cappello cardinalizio: Ad laudem omnipotentis Dei
et Sanctae Sedis ornamentum, accipe galerum rubrum …
Ti rendi conto di quale
scandalo?! Mi segui?»
«Ti seguo. E allora?»
«È risaputo che chi muore in circostanze tragiche riesce a inviare segni o messaggi
sulla sofferenza subita o, addirittura, a ritornare dall’ aldilà per chiedere giustizia.
Tutto dipende dalla energia del suo essere in vita.»
«Stai ricostruendo con sufficiente logica le circostanze, ma … c’è troppa fantasia
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nel tuo rientrare dall’aldilà.»
Dio mi salvi, spero di non aver osato troppo …
«Perchè sei un vecchio incredulo incallito che non vuole prendere coscienza di
una condizione di continuazione dell'esistenza dopo la morte fisica, anche se solo
in forma immateriale come anima o spirito.»
«Sei troppo ferrata per me. Provo ad accettare l’immaginaria storia sulla
reincarnazione di Raffaello nel corpo di un’altro pittore. OK.
Ma questo
reincarnato dov’era? Cosa faceva oltre mandare messaggi subliminali? Perchè non
ha dato altri segnali? Quando è morto? Hai una risposta a queste domande?»
«No, nessuna risposta ... per ora.»
È vaga in questa sua non risposta, si limita a guardarmi intensamente. È
evidente che vuole lasciare sgombro il campo per qualcosa che già le frulla in
testa.
Arrendevole, provo a inoltrarmi sul suo campo.
«Sapendo quando è morto questo secondo Raffaello e stabilendo che non ha
inviato altri messaggi, si potrebbe dedurre che potrebbe esserci stata… un’altra,
successiva reincarnazione …» adesso sono io che butto benzina sul fuoco. Mi
diverte da morire.
Heleonor mi guarda con fissità. Non mi risponde.
«Io, dopo le sensazioni di quella notte di fronte al quadro della Fornarina»
riprende sul filo del suo pensiero «ho voluto approfondire la figura della modella
di Raffaello e cercare dei riferimenti nelle cronache dell'epoca. Sono andata in giro
per Trastevere per vedere di raccogliere qualche riscontro storico e ... »
«e? … »
«Nulla, praticamente nulla. Cose vaghe, da approfondire. Voci di vecchi del rione,
una storia-cronaca passata di bocca in bocca ... Attendibile? Non metterei la mano
sul fuoco. C’è chi parla di una discendente di Fornarina che, proprio nella prima
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metà del 1700 è rimasta coinvolta, giovanissima, in un avvenimento drammatico,
di un suo giovane spasimante, pittore fallito, coinvolto in una rissa che si è
conclusa con il suo accoltellamento …»
Dovevo evitare la benzina, era meglio un estintore. Mi sto perdendo, mi
spengo in questa mélange di percezioni che rimescolano nell’esoterico. Heleonor
mi esaurisce.
«Rimettiamo ordine per l’ennesima volta» riprendo io «allora, ci sarebbero due
presunte tragedie che si ripetono a distanza di anni … pitagorici: Raffaello e
Fornarina prima e la giovane discendente con chissà chi, duecento anni dopo. Che
casino!»
Lei mi guarda e non dice nulla. Io riprendo il mio ragionare a voce alta.
«Cosa ti spinge a collegare questi due avvenimenti? Il primo è una tua congettura,
l'altro, tutta una supposizione da verificare, forse è il parto della fantasia dei vecchi
di Trastevere. Sai cara Helly» ora la provoco per stimolarla «io mi ottenebro col
rum, mi delizio nelle fantasticherie di qualsiasi genialoide, mi stordisco di fronte a
una bella, giovane puledra … ma tu» ora sferro il mio fendente con il pugno in
terza «giovane puledra, di cosa mi vuoi convincere? In che buco nero mi vuoi
infilare?»
«Accetto tutte le tue spiritosaggini, le tue battute più o meno felici, le tue velate
prese in giro, le tue alzate maschiliste» ora sì che è incazzata «ma giovane puledra
lo dici a tua sorella, se ne hai una! E non accetto che tu mi attribuisca la doppiezza
di volerti incastrare! Lo considero offensivo, un insulto gratuito.»
«Scusami Heleonor. Hai ragione. Devo smetterla di fare il provocatore a ogni pié
sospinto. Scusami ancora, cercherò di correggermi.»
«Non voglio che tu ti corregga, in fondo mi diverti. Ma non posso accettare che tu
mi consideri sleale e infida. E basta.»
«Non lo faro più. Giuro che non lo faro più.»
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Heleonor sembra rasserenata e riprende a parlare ma, ora, con un certo
distacco.
«Se mi vuoi aiutare, dovresti parlare con i due fratelli che bivaccano tutto il giorno
davanti all'osteria di via della Scala, a due passi da dove siamo ora. Hanno
superato la novantina ma sono ancora lucidissimi e ciarlieri. Meno che con le
donne. Sono due scapoli incalliti.»
«Pensi che potrebbero tornarci utili?»
«Forse. Ricordano cose del rione, raccontategli dai nonni, tramandate di bocca in
bocca dai vecchi, come dicevo prima. Sempre tutto da verificare. Potrebbero
interessarti anche come scrittore. Sono una specie di Archivio Storico vocale del
Rione Trastevere. Con me non si sono lasciati andare molto, non gli sono rimasta
simpatica. Mi hanno indirizzata ai carmelitani scalzi che gestiscono la chiesa di
Santa Maria della Scala nella piazzetta vicina.»
«E i senza scarpe?» battutaccia ma me la lascia passare.
«Te li raccomando quelli. Peggio che mai. Quasi astiosi. Mi hanno squadrato come
fossi una sgualdrina.»
«Non mi sorprende, ti sarai presentata vestita da sessantottina, femminista
arrabbiata divoratrice di maschi e loro … vade retro Satana!»
«Non ho concluso neanche con la farmacia attaccata alla chiesa. Sono nuovi,
l'hanno rilevata da pochi anni, non sanno nulla. O non vogliono perdere tempo a
sapere qualcosa. Penso che se tu provassi con i due fratelli potresti raccogliere
quelle notizie che a me non hanno voluto dare.»
«Mi vuoi utilizzare come un missile aria-aria, un RK344, con effetti dirompenti su
due innocui vecchietti?»
«Certamente papino! Ti offro l’ opportunità di trovare stimoli per una trama»
replica lei un po' più addolcita «ma se preferisci tergiversare e affogare nei dubbi
…»
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«Non tergiverso, per carattere mi butto sempre a capofitto nelle storie che mi si
parano davanti, non mi faccio sfuggire un bel niente se avverto che c’è qualcosa di
buono. Sai cosa ti dico? Mi studio il ritratto di Fornarina, mi documento sulle
cronache dell'epoca [non voglio dirle che l’ho già fatto] vado alla caccia dei due
vecchietti enciclopedici e … ti imbastisco una storia che neanche Stieg Larsson! A
proposito, quando si sarebbero riproposti gli avvenimenti tragici che mi hai
accennato? A quando risale il ritratto-denuncia speudo raffaelliano?»
«Oddio che zucca! te l'ho già detto dieci volte! 216 + 18 anni dalla morte di
Raffaello. Anno più anno meno.»
«Per esaminare il quadro?» chiedo «Mi piacerebbe dargli un’occhiata per vedere
quelle tracce.»
«Di giorno non se ne parla, impensabile che mi lascino lavorare con uno
sconosciuto tra i piedi. Dobbiamo incontrarci di notte e con le apparecchiature
adatte che cercherò di procurarmi, ti faccio vedere cosa ho scoperto. Poi ci
daremo da fare per ritrovare il disegno e ricostruire i fatti attraverso le cronache
dell'epoca.»
Ha già in testa un programma, si è pianificata un percorso sicura che avrei
abboccato. E io abbocco.
«Heleonor, mi sento come un muggine.»
«Chi sarebbe questo muggine?»
«Il fratello scemo del branzino, perché abbocca sempre per primo.» Heleonor fa
spallucce questa volta divertita.
«Allora, spiegami: mi devo introdurre di notte nella Galleria? Come un ladro?»
«Non c'è altra soluzione. Ci diamo un appuntamento lì. Non ti preoccupare il
custode non sale mai a quel piano. Penso neanche agli altri. Non posso portarti
con me. Se entro da sola e incontro qualcuno posso sempre dire che ho urgenza
di controllare l'ultimo intervento fatto. Se ci fossi anche tu non vedo proprio
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come giustificherei la tua presenza e certamente, nella migliore delle ipotesi, ti
farebbero aspettare nell' androne.»
«D'accordo, miss Jessica Fletcher, io sono un cerca guai e con queste situazioni ci
vado a nozze.»
Ed ecco perchè mi ritrovo a fare Fantomas in piena notte in un posto dove,
se mi beccano, mi fanno finire dritto dritto in galera per non so quanto tempo.
«Fermo lì! Non ti muovere! Hai una pistola puntata! Un gesto e sparo!»
«Per carita! Non sono un ladro, stavo studiando un quadro e sono rimasto chiuso
dentro.»
«Fammi vedere i documenti … che quadro volevi rubare?»
«Non volevo rubare nessun quadro! Volevo solo verificare alcune cose … sto
portando avanti uno studio sulla metempsicosi …»
Regina Cœli. No, più facile la Neuro, Reparto Urgenze.
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Ho fatto gli ultimi gradini molto preoccupato e con il fiatone. A ogni più piccolo
rumore sussultavo come un ragazzino che teme di essere colto a rubare la
marmellata. Altro che marmellata se mi beccano!
Ma quanto arcano c’è in un museo di notte … Le lucette di sicurezza
creano più ombre che luci e le ombre disegnano il buio che si concede di
malavoglia alle luci, che a loro volta si dissolvono ancora nel buio, e che, e che, e
che …
Sembra che ogni ritratto, mentre passi, ti segua con la coda dell’occhio e
poi condivida con gli altri il senso di scontento per l’intrusione inattesa e non
gradita. Invasione di territorio mal sopportata. Devono già subire le orde
barbariche diurne!
Enrico VIII, mi osserva sornione con distaccata regale sufficienza. Sì, sì mi
sbircia di sottecchi e non gli piaccio. Accidenti che pancione, povera Anna di
Clèves quando le toccava … Adone è impegnatissimo a scrollarsi di dosso Venere
appiccicosa come una octopodide, braccia come tentacoli. Sono più di cinque
secoli che ci prova senza risultato. Giuditta, affaccendata a mozzare la testa di
Oloferne, non mi ‘vede’, però io temo la sua vecchia serva, dallo sguardo duro e
cattivo, potrebbe voltarsi verso di me improvvisamente, determinata a raccogliere,
nello straccio che tiene in mano, la mia di testa.
Affretto il passo, dritto dritto al punto zero; cronometri sincronizzati.
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Eccomi in postazione preciso come John Wayne in Operation Pacific.
Heleonor non c’è. Ritardataria come tutte le donne.
Tic tac tic tac tic tac … Dopo settemiladuecento tic tac del mio Casio
Vintage [un vecchio investimento di ben venticinque dollari] di Heleonor non c’è
traccia.
Dove si sarà andata a ficcare? E ora?
Mi sento le gambe intorpidite, sono in una situazione di grande disagio e
molto preoccupato. Che ci faccio in questo posto?
Ormai sono le quattro del mattino e da un momento all’altro potrebbe
entrare il personale delle pulizie. Se mi trovano sai che casino. Ma dove si è infilata
Heleonor?
«C’è un ladro!» sento improvvisamente biascicare
in modo sommesso ma
minaccioso.
Sobbalzo. Un tuffo al cuore. Una scarica di extrasistoli. Mi hanno beccato!
Mi accoppio con la parete e insieme formiamo un tutt’uno da esposizione.
I passi furtivi dei cacciatori di intrusi mi girano intorno con cautela per
prendermi di sorpresa … ancora biascichio …
«C’è un ladro»
Le mie extrasistoli sparano a salve.
«… no, è un barbone che si è sistemato qui … il malandrino … »
Le mie coronarie … imballato nel buio sfocato che avvolge la stanza … ma
come hanno fatto a scoprirmi? Ero inchiodato al muro come il ritratto di Erasmo
da Rotterdam! Come funziona la libertà vigilata in Italia?
«Mariolo fallito, ho avvertito la tua presenza da due sale prima. Ronfavi come un
gatto che fa le fusa. Non fa per te introdursi come i manigoldi …»
Azzo!, azzo!, azzo! Inconcepibile! Demenziale! Assurdo!
vigilante è quella squinternata, inaffidabile impudente di Heleonor!
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Non è una
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«Accidenti a te e a tutti quelli che ti danno retta! Mi hai quasi fatto prendere un
infarto! Per tutti i diavoli dell’inferno, ti sembra questo il modo di sbucare? Mi dici
dove ti eri cacciata?!»
«Parla piano! Non gridare che ci fai scoprire. Scusami, sono mortificata, ma non
ce l’ho fatta a venire prima. Mi ha bloccata il Sovrintendente, proprio lui in
persona. Sembrava che immaginasse quello che avevo in mente. Mi ha tenuta fino
a poco fa illustrandomi il lavoro che vuole che faccia. Ma era tutta una scusa.
Ormai però è troppo tardi, dobbiamo andarcene non c’è più tempo. Scusami
ancora. Riproveremo un’altra volta, ora tagliamo la corda, dileguiamoci.»
«Si, svaniamo nel nulla.» Dio come sono incazzato! non ce la faccio a stare zitto.
«Ma che?! Sei tutta suonata?» sbotto dopo aver ripreso un po’ di fiato mentre la
mia incazzatura si dilata in misura esponenziale «mi fai venire qui dentro, dentro
un museo! come un ladro, mi fai correre rischi assurdi, mi dai buca e come se
nulla fosse ti presenti con un ritardo di oltre due ore, ripeto come se nulla fosse,
raccontandomi una storia che, neanche a un ritardato mentale potresti vendere!
Come se nulla fosse! Heleonor, mi stai prendendo per i fondelli?»
«No Jey, non dire queste cose, sono rimasta veramente incastrata. Durante tutto il
tempo non ho fatto che pensare a te e alla situazione in cui ti trovavi. Ma ero
bloccata. Presto allontaniamoci prima che sia troppo tardi, ne parliamo dopo.»
Sono basito. Non ho parole. Ma questa mi sta prendendo in giro? Ha
incontrato un coglione e si vuole divertire. Ma ha trovato la persona giusta. Può
essere interessante, intrigante fin che si vuole ma io per i fondelli non mi faccio
prendere da nessuno. Ora però ha ragione, usciamo da questa potenziale galera
altrimenti rischio di mio.
Lungo le scale ho sentito armeggiare il custode. Per un pelo non ci becca.
Siamo fuori. Attraversiamo il cortile di corsa e a ogni passo i sassolini che
calpestiamo sembrano un’orchestra di timpani e cimbali. Ci mancava anche la
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ghiaia per aumentare il casino …
Finalmente varchiamo il cancello, già aperto (forse non lo chiudono mai!) e
ci precipitiamo giù per via Barberini fino alla piazza.
C’è un bar con la serranda semiaperta e la porta d’ingresso spalancata.
Heleonor ci si imbuca senza timore. Mi imbuco anch’io.
Per tutto il tragitto non ci siamo detti nulla. Io sono troppo incazzato per
parlare e lei … mi sa che se ne fotte.
«Buon giorno Luigi, ci fai entrare? Siamo infreddoliti e non sappiamo dove
ripararci.»
«Cara Heleonor! e che ci fai a quest’ora in giro per Roma come un gatto randagio?
Entra, entra pure. Ho finito di allestire il bancone e ora devo dare una lavata per
terra ma tu puoi entrare, ci mancherebbe altro.»
A me non mi vede nemmeno. Neanche un cenno del capo. Stronzo.
Dal retro proviene un invitante profumo di focaccia e pollo che gira sul
girarrosto [già da quest’ora?]. Un gatto sornione annusa, diffidente, la scodellina
piena di latte. Do un’occhiata all’ espositore che mette in mostra barchette di pasta
brisè farcite con salmone affumicato, caviale e gamberetti, tramezzini, sandwich,
muffin. Ce n’è per tutti i gusti ma … se sono già quì, a quest’ora …mi sa che sono
avanzi di ieri ai quali ha appena dato una spolverata. Sic.
Questo Luigi mi ispira antipatia o meglio, la sua familiarità con Heleonor
mi infastidisce. Lui avverte il mio sguardo dubbioso sull’ espositore e si rivolge a
lei.
«Se vuoi qualcosa da mettere sotto i denti è tutta roba freschissima, fatta in
nottata. Il pollo l’hanno appena messo sul girarrosto quindi non è pronto. Perchè
non ti siedi vicino alla vetrata? Starai più comoda e io non dovrò disturbarti.»
Niente, continua a ignorarmi come non esistessi. A me questo Luigi mi sta
sulle scatole.
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Ci sediamo e … e devo riconoscere che l’apertura a vetri che si affaccia su
piazza Barberini vale un lungo momento di sosta. I battiti del cuore stanno
tornando alla normalità. Per quanto riguarda la pressione … non voglio pensarci.
Al centro della piazza l’instancabile Tritone sputa acqua nella vasca che si
eccita in una fluorescenza azzurrina e i lampioni, annoiati, allungano puzzle di luci
che rimbalzano sul selciato bagnato come riflessi di lucciole. La scenografia vale
da sola il prezzo di una poltronissima in parterre del Metropolitan.
L’atmosfera inerte, rilassante e non drogata, per qualche ora ancora, dal
traffico soffocante che sommergerà la piazza, mi induce uno stato di paralisi
ipnagogica. E la stanchezza, il sonno perso, la tensione, fanno la loro parte.
Heleonor nota il mio stato e afferra l’opportunità per riprendere in mano la
situazione distraendomi dall’arrabbiatura.
«È una delle più belle fontane di Roma, opera del Bernini, tutta in travertino e …»
«Heleonor » la interrompe Luigi «cosa ti posso servire?»
Mi intrometto stizzito, facendo il maleducato.
«Io un caffè molto ristretto e forte.»
Lui non mi guarda, non mi vede ma approfitta per farmi intendere la sua
ostilità. Con tono sottilmente provocatorio e un sorriso ebete stampato sul viso,
beato per quanto mi deve dire, bofonchia:
«Spiacente ma dovrà aspettare perchè la macchina del caffè si sta scaldando.»
Ti pareva?! Ci siamo reciprocamente antipatici.
«Aspetto. Intanto mi versi un bicchiere di rum, doppio.»
Freddo, gelido come un frigorifero, programmato per la seconda
provocazione.
«Spiacente. Non teniamo rum.»
Devo mantenermi calmo.
«Mi sa che sia l’unico baretto a Roma (e calco sul baretto) che non tiene rum.»
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replico con un certo disprezzo.
«Può essere.»
Non si sente offeso. Conferma che gli sto sulle palle. Confermata
reciprocità.
«Non avresti qualcos’altro?» interviene Heleonor con tono carezzevole e sguardo
languido. Io questi due me li sbrano …
«Gli posso preparare un Black Russian o un White Russian, vodka e Kahlua.
Siamo sui 20 gradi, il tuo amico deve rinunciare a circa 20 gradi ma può bruciarsi
le budella altrettanto bene. Tenuto conto che il sole deve ancora sorgere … penso
vadano bene anche soli venti gradi.»
Se non fosse che ha almeno quindici anni meno di me e mi sembra in
perfetta forma fisica …
Heleonor ha avvertito la tensione che viaggia tra noi due e che le cose
potrebbero mettersi male e interviene. Sempre dolcemente.
«Jey, penso anch’io che ti faccia male l’alcool così di prima mattina. Aspetta il
caffè.»
«Senti Heleonor, non sei il mio tutor, non sei mia moglie, appena appena ci
conosciamo. Lasciami perdere, fai finta che non siamo insieme, che non mi
conosci. Pensa ai cavoli tuoi. Oppure continua a fare la gattina con il tuo barman
palestrato.»
«Non è il mio barman e non fare il geloso perché è più prestante di te.»
Non ha gradito la mia infelice battuta e non posso darle torto. Ma non
cedo.
«Potresti inventarti qualche spiegazione più convincente per la buca che mi hai
dato stanotte?»
«Ti ho detto la verità. Sono rimasta incastrata con il mio capo e non riuscivo a
liberarmene.» Mi guarda di sottecchi e poi, quasi in un sussurro, a giustificarsi
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«Mi fa la corte e devo stare attenta a non inimicarmelo. Lo manderei volentieri al
diavolo ma poi? Chi me lo dà un lavoro?»
Regola numero uno: non ti far incastrare da una donna che si giustifica.
Hanno un’inventiva che ti annienta. E oltre a tutto finisce che sei tu a dover
chiedere scusa a loro. Regola numero due … ci devo pensare.
«Ecco il suo White Russian, desidera anche un cornetto?» Fa lo spiritoso? Mi
stuzzica?
«No, me ne porti un altro.» Lo vorrei disintegrare.
Dopo il primo sorso il miscuglio che mi ha servito comincia a
tranquillizzarmi. É odioso il palestrato ma conosce il suo mestiere. La bocca non è
più impastata di fiele.
Heleonor prova a riagganciare il discorso. Io faccio ancora il sostenuto.
Non voglio cedere subito. E allora lei si rivolge al palestrato.
«Luigi, quando la macchina è pronta, vorrei il solito mio Darjeeling» poi, rivolta a
me con un briciolo di sicumera «è un tè di altissima qualità che proviene dalla
piantagione biodinamica di Makaibari nella regione indiana del Darjeeling. È
delizioso, te lo consiglio, potrebbe piacerti perchè ha un caratteristico aroma di
moscatello. Non forte come il tuo rum ma … più salutare.»
Mi sfotte. Non abbocco. Sai quanto me ne frega del tuo tè biodinamico …
«Heleonor» s’intromette Luigi [ma perchè non continua a scopare per terra?] «se ti
fidi, ti farei assaggiare una miscela che proviene dalla regione di Assam, a nord-est
dell’India, è un tè dal gusto molto intenso, con un deciso aroma di malto e leggero
sentore di terra tipico dei migliori tè di quella regione.»
Ecco un dialogare inutile, inconsistente, imbastito ad arte dai due per
tenermi fuori dai loro giochi …
«Mi hai incuriosito. Proviamo il tuo nuovo tè.»
Finalmente arriva il mio turno e rientro nella sua inquadratura.
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«Non so cosa fare per farmi perdonare.»
Bla bla bla … non parlarmi, ecco cosa potresti fare … non ti sento cara
Heleonor, non ti sento …. Avete montato un inutile fastidioso chiacchericcio.
Non si perde d’animo e prosegue nel suo, per me, imperscrutabile
percorso.
«Riproveremo un’altra sera ...»
«Non ci penso neppur lontanamente.» secco, deciso, esaustivo.
« … e questa volta entrerai con me. Te lo prometto.»
Appena fatta questa proposta Heleonor si blocca, mi guarda pensosa,
muove la testa in tono dubitativo.
«No, abbandoniamo l’idea di fare un sopraluogo al museo. Non mi dai nessun
affidamento. Ed è anche troppo rischioso per me se mi incontrassero una seconda
volta di notte. Intanto sono certa che tu non noteresti nulla sul quadro e… fidati
di me, è meglio.»
Lei parla, parla ma io non mollo, resto rigido, imbruttito, incavolato. Quel
Luigi mi ha messo ancor più di malumore. C’è qualcosa tra i due?
«Che ne diresti invece di andare a parlare con i due fratelli ? Sono sicura che a te
daranno più attenzione. In fondo in fondo siete della stessa pasta.»
«Cosa intendi dire della stessa pasta?» mi ci tira per i capelli.
«Anche loro, come te, funzionano a etanolo. Loro però sono più plebei, vino,
probabilmente adulterato, tu invece sei più sofisticato, rum. Ma stessa genia … »
Lo dicevo io, diventa baldanzosa, ha superato il momento di imbarazzo.
Ma lo era poi imbarazzata? Valle a capire …
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Nando e Meo sono un’istituzione in Trastevere. Chi è venuto ad abitare nel rione
dopo gli anni cinquanta ce li ha già trovati. Ed erano già vecchi. Due gazzette
incontenibili. Con chi è loro simpatico. Io resto subito simpatico perchè mi sono
presentato offrendo le credenziali giuste: un bel fiasco di Frascati doc certificato dal
Consorzio locale. E loro bevono solo Frascati. Un colpo di fortuna.
Nando e Meo sono due bevitori professionisti, quando incominciano non
la smettono più. Certo non era pane per Heleonor. Andiamo d'accordo perchè
anch'io, con l' alcool mi difendo bene.
Il Frascati lo produce un loro coetaneo di Grottaferrata, mi dicono.
Produce e recapita personalmente. Sfuso. Non giurerei sulla genuinità, quello che
ho portato io è decisamente meglio, lo ammettono senza reticenze: scivola bene
nello stomaco e attizza il cervello.
Nando e Meo parlano un italiano approssimativo intercalato da vocaboli ed
espressioni tipiche romanesche anche queste approssimative. È un bel sentire.
Chissà come riuscirò a tradurlo nel mio romanzo, quello almeno che penserei di
scrivere …
«Chi ha vissuto in Trastevere e in Trastevere è morto» sentenzia Meo con tono
convinto e dottorale «nun c'è sta più a lascia’ sti vicoli.»
«Come sarebbe a dire? » chiedo per dargli carica.
«Sta a di' che quelli che contano ce restano tutti, anche dopo morti» continua
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Nando con fare misterioso «e de notte fonda girano pe li vicoli e te li poi trova’
davanti che manco sai chi sono.»
Siamo a mezzo fiasco, chissà come va a finire, comunque si è messa bene.
«Forse de ‘sti tempi li vedi meno» interviene Meo «pecchè tutti ‘sti farlocchi de
turisti ce stanno a soffoca'. Tirano a fa' cagnara fino all’arba e ‘mbriacano le pore
anime de li morti nostri.»
«Mejo li nostri morti che st'orgia de stranieri. Puah» Nando chiude facendo
canestro con una consistente dose di tabacco, lungamente masticato, nella
sputacchiera vicino al tavolo traballante sistemato fuori dalla porta dell'osteria. Ad
ogni sputo mi sento male ma, visto che sono riuscito ad agganciarli, non posso
fare lo schizzinoso. Mi chiedo come faccia a ingurgitare vino senza ingoiare
tabacco …?
Heleonor mi ha suggerito di fare in modo che i bicchieri siano sempre
pieni. Non è un problema. Appena finisce il mio fiasco ne ordino un’altro ‘della
casa’. Anzi, devo ordinarlo subito perché il mio sta per esaurirsi.
«La conoscete la storia d'amore tra Raffaello e Fornarina? Ci sono anche i loro
fantasmi che girano per Trastevere?»
Spero che la mia domanda non appaia eccessivamente ironica altrimenti mi
mandano a quel paese. Sono molto suscettibili i due fratelli. Incassano tolleranti.
«Ricordi quello che ce raccontava zi' Rosita su Lorenza?» chiede Nando rivolto al
fratello.
«Lorenza chi? stai a di' Serafina!»
«Serafina, Lorenza, stessa cosa, rintronato che nun sei artro» si accalora Nando
scolandosi l'ennesimo bicchiere. È passato al bianco del suo amico-contadino di
Grottaferrata senza neanche notare la differenza. Per me lo produce l’oste nel suo
retrobottega. Ed è un Adu Doc, dove Adu sta per adulterato Doc.
«Anzi» aggiunge ridacchiando soddisfatto «stesso fantasma.» Poi si rivolge a me.
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«Mio fratello se sta a rincojonì, nun tiene più a mente come 'na vorta e me tocca
sempre de interveni’.»
«Chi era questa Lorenza o Serafina?» chiedo io incoraggiandoli.
I due fratelli si sentono importanti: stanno parlando con uno scrittore di
fama internazionale che li citerà nel suo prossimo romanzo. Mi sono presentato
così tanto credo che loro non abbiano mai letto una libro nella loro vita.
«Lorenza era ‘na mignotta d'arto bordo» afferma Meo con una certa
concupiscenza negli occhi come se l'avesse conosciuta e portata a letto «bella,
superba … 'na gran mignotta.»
«S’è fatta li mejo che poteva» continua Meo che sembrerebbe aver ripreso
memoria «prìncipi, banchieri, scarzacani, minenti1.»
«È nata in ‘sti anfratti, ortre ponte Sisto; ner vicolo de le Grotte c'è ancora casa
sua e ce poi annà a prennete 'na vista. Giri a sinistra in fondo a sta strada, te fai
tutto er vicolo de Cinque fino a piazza Trilussa. Attraversi er ponte e ce sei.»
Nando non vuole essere messo in secondo piano.
«S’era sposata con Cajostro, sai, quello fico, che faceva le magie. S'è sposata che
manco aveva 16 anni nella Chiesa di San Salvatore in Campo, da via delle
Zoccolette, proprio la strada giusta pe’ lei.»
«Manco aveva 16 anni» conferma Meo sbavando ancora «ed era 'na bella fija de
bona famija e … booona, sì ah! ah!» Se la ridacchia soddisfatto della bella battuta.
«Er padre faceva l'orafo.»
«Ahó! Ma che stai a di'. Era 'n ottonaio! Vedi che nun ce stai più co’ la testa?!»
«Te dico ch’era ‘n orafo e vattela a pija in quer posto!»
L'atmosfera si riscalda, dovrei controllare il Frascati ma ho paura a interromperli.
«Scusate» intervengo preoccupato per le loro divagazioni «ma io volevo sapere
qualcosa sulla figlia del fornaio, quello che teneva bottega all' angolo quì vicino
dove ora c'è il ristorante "Romolo".»
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«Beh, hai a damme tempo e mo' ch'arrivo!» nervosetto il mio Wikipedia «è na
storia lunga. Tutti e due d'accordo, Lorenza e l' archimista-mago, sono annati in
giro pe ‘l monno a frega' tutti quelli che potevano. Lui glieli faceva conosce’ e lei
se dava dafa'. 'Na mignottona ah! ah!»
«Fatto è che de bòtto se prennono pe’ le corna, lei lo denuncia ar papa dicenno
ch’è 'n eretico e lo fa arresta'.»
«Ma in galera ce finisce puranche lei» puntualizza Nando tutto soddisfatto per
l’avvenuto regolamento di conti [dio mio! quanti bicchieri ha trangugiato?!] «e sai
'n dove la rinchiudono? ner monastero de Sant’Apollonia. L'identico medesimo ‘n
dove avevano schiaffato Margherita quella che stai a cerca'.»
«‘n vedi che ce stemo arrivanno? Ner rione la chiamavano Fornarina pe via der
boccio.»
«Sta a di’ er papà » mi traduce Meo «e pe via che er boccio teneva forno in
piazzetta.»
«Ma era na mignottona anche lei!» esplode l’altro «Nun hai capito niente: er forno
… la ciriola da inforna’ … e che te ce vole pe’ capi’ gli indizi?»
«Sei sempre er solito cicala . Che, tu c’eri? Ce volevi esse’?»
«‘na cosa certa è che Fornarina ner monastero ce finisce dopo che è morto quel
pelandrone de Raffaello con cui stava insieme. Giorno e notte a gasasse.»
«Qui ner rione Raffae' lo conoscevano tutti; sempre a caccia de fregne, nun ne
mancava una, a ogni angolo de strada n'aveva una pronta e carda ar punto giusto.
Gli omini der rione mica lo vedevano bene ... »
«Papa Leo’ » si inserisce Meo «lo stava sempre a cerca’ perchè je finisse quelle du
stanze che doveva pittà. Voja de suda’ nun ce l’aveva. E così, pe’ ‘sta strada, c’era
sempre un passa passa de gendarmi a cercallo che rovinavano il commercio der
rione e se dovevano ‘nfratta’.»
Finalmente, penso io un poco più tranquillo, ci avviciniamo a qualcosa di
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