Dichiarazioni d`intento

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Dichiarazioni d`intento
I FONDAMENTALI PER GLI
OPERATORI UE ED EXTRA UE
CONFINDUSTRIA CUNEO
Cuneo, 11 dicembre 2015
A cura di Stefano Garelli
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I FONDAMENTALI PER GLI
OPERATORI UE ED EXTRA UE
• La prova delle cessioni di beni Intra
UE
• Il controllo delle partite IVA
comunitarie
• Le dichiarazioni d’intento
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I FONDAMENTALI PER GLI
OPERATORI UE ED EXTRA UE
LA PROVA DELLE CESSIONI
DI BENI INTRA UE
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
L’articolo 41 del Dl n. 331/1993, contempla un insieme di
operazioni ciascuna delle quali presenta delle proprie
peculiarità:
• Vendita di beni pronti per l’uso (o con installazione /
montaggio a cura del cliente); articolo 41/1/a:
– Posta in essere tra soggetti passivi d’imposta (operatori
economici) identificati ai fini Iva, rispettivamente, nel
Paese di partenza dei beni e nel Paese di arrivo;
– avente carattere oneroso;
– con trasferimento fisico dei beni dall’Italia al Paese di
destinazione;
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
• Vendita a distanza nei confronti di consumatori finali di
altro Paese Ue; articolo 41/1/b:
– sopra soglia annua, nel caso di prodotti diversi da quelli
sottoposti ad accisa;
– per qualunque importo, nel caso di prodotti sottoposti ad accisa
(ad esempio: vino e altre bevande alcoliche)
– con trasferimento fisico dei beni dall’Italia al Paese di
destinazione;
– con trasporto a cura o a spese del venditore;
– secondo la Direttiva 2006/112/CE, articoli 33 e 34 tale
operazione si considera effettuata nel Paese di destinazione;
– secondo la normativa Iva italiana, si considera un’operazione in
campo Iva con conseguente concorso alla formazione del
volume d’affari e del plafond.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
• Fornitura di beni con installazione /montaggio a cura o a spese del
fornitore; articolo 41/1/c:
– posta in essere da un’impresa italiana nei confronti di:
• Operatori economici stabiliti nel Paese di destinazione;
• Consumatori finali stabiliti nel Paese di destinazione;
– obbligo di identificazione ai fini Iva nel Paese di destinazione:
• Nel caso di clienti consumatori finali (o soggetti non residenti in tale Paese);
verifica Paese per Paese;
• Nel caso di Paesi nei quali non opera il reverse charge;
– con trasferimento fisico dei beni dall’Italia al Paese di destinazione;
– secondo la Direttiva 2006/112/CE, articolo 36, tale operazione si
considera effettuata nel Paese di destinazione;
– secondo la normativa Iva italiana, si considera un’operazione in campo
Iva con conseguente concorso alla formazione del volume d’affari e del
plafond.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
• Trasferimento di beni da se stessi a se stessi; articolo
41/2/c:
– Casistica operativa:
• Invio di beni a depositi presso operatori logistici di altro Paese Ue;
• Contratti di consignment stock / call off stock in Paesi con obbligo di
identificazione ai fini Iva;
• Rifornimenti di cantiere, in caso di contratti di appalto;
• Invio di beni in conto lavorazione senza ritorno diretto degli stessi al
soggetto che ha provveduto a inviarli (innovazione recata dalla Legge
europea per il 2014);
• Etc.
– Obbligo di identificazione ai fini Iva nel Paese di destinazione;
– Trasferimento fisico dei beni dall’Italia al Paese di destinazione;
– Operazione da eseguire al costo (articolo 76 della Direttiva
2006/112/CE e articolo 43, comma 4, del Dl n. 331/1993).
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
In tutti i quattro casi sopra indicati si pone il problema di
provare che i beni sono stati effettivamente inviati nel
Paese Ue di destinazione:
• Prova relativamente difficile nel primo caso (vendita
di beni pronti per l’uso);
• Prova più semplice, negli altri casi considerati:
– Vendita a distanza: trasporto organizzato e pagato
dall’impresa italiana;
– Fornitura di beni con installazione / montaggio:
disponibilità di una serie di strumenti di prova (documenti
di trasferta, verbale di collaudo, etc.);
– Trasferimenti a se stessi: operazione interna alla stessa
impresa; maggiore disponibilità strumenti di prova.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
La prova dell’avvenuto invio della merce dall’Italia in altro Paese Ue è
essenziale anche:
• Per il primo cedente dell’operazione triangolare nazionale con
invio della merce in altro Paese Ue (il primo cedente, in tale
evenienza, sostiene il costo del trasporto ed emette fattura per
operazione non imponibile articolo 58 del Dl n. 331/1993);
• Per il cedente dei beni da sottoporre al lavorazione in Italia, previo
invio del prodotto finito in altro Paese Ue (il cedente di tali beni
emette fattura per operazione non imponibile articolo 41/1/a e
invia i beni all’impresa trasformatrice italiana); si tratta della cd.
“cessione intracomunitaria congiunta”; necessaria la collaborazione
del cliente e dell’impresa che esegue le lavorazioni.
Una prova analoga deve essere posseduta dal cedente e dal promotore
dell’operazione di triangolazione comunitaria.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
Occorre, tuttavia, tenere presente che:
• Né la normativa comunitaria;
• Né la normativa italiana;
stabiliscono in modo preciso come debba essere
fornita la prova dell’avvenuta cessione
intracomunitaria.
Ogni Paese Ue ha scelto la sua strada…
Secondo la Corte di Giustizia, l’onere della prova
grava sul soggetto che emette la fattura senza
applicazione dell’Iva, e cioè sul cedente.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
ragioni alla base della richiesta delle prove
Sul piano pratico, le pretese delle Amministrazioni
fiscali dei vari Paesi Ue, sono determinate dalle
numerose frodi fiscali scoperte nel corso degli anni,
soprattutto nell’ultimo decennio.
A causa di alcuni operatori disonesti, tutti gli altri
operatori si vedono costretti a reperire, con
difficoltà e spese, prove di cessione
intracomunitaria anche in presenza di operazioni
che già a prima vista si presentano corrette e prive
di rischi di frode.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
VAT GAP
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-14-1187_it.htm
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
base normativa
DIRETTIVA 2006/112/CE
CAPO 4
Esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie
Sezione 1 - Esenzioni delle cessioni di beni
Articolo138
1.Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o
trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella
Comunità, dal venditore, dall'acquirente o per loro conto,
effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di
un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in
uno Stato membro diverso dallo Stato membro di
partenza della spedizione o del trasporto dei beni.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
base normativa
Articolo 131
Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si
applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie
e alle condizioni che gli Stati membri
stabiliscono per assicurare la corretta e
semplice applicazione delle medesime
esenzioni e per prevenire ogni possibile
evasione, elusione e abuso.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
base normativa
Articolo 273
Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della
parità di trattamento delle operazioni interne e delle
operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi,
altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare
l'esatta riscossione dell'IVA e ad evitare le evasioni, a
condizione che questi obblighi non diano luogo, negli
scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il
passaggio di una frontiera.
Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui
al primo comma per imporre obblighi di fatturazione
supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Sentenza Corte Giustizia Ue: Teleos
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 27 settembre 2007.
The Queen, su istanza di Teleos plc e altri contro Commissioners of Customs & Excise.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench
Division (Administrative Court) - Regno Unito.
Sesta direttiva IVA - Artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma
- Acquisto intracomunitario - Cessione intracomunitaria - Esenzione - Beni spediti o trasportati
in un altro Stato membro - Prove - Misure nazionali diretta alla repressione delle frodi.
Causa C-409/04.
(…)
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta
direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle
legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di
imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata
dalla direttiva del Consiglio 17 ottobre 2000, 2000/65/CE, devono essere interpretati, in
considerazione del termine «spedito(i)» contenuto in tali due disposizioni, nel senso che
l’acquisto intracomunitario di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione
intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come
proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato
spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto,
esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Sentenza Corte Giustizia Ue: Teleos
2) L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva
77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, va interpretato nel senso
che osta a che le autorità competenti dello Stato membro di cessione
obblighino un fornitore, che ha agito in buona fede e ha presentato prove
giustificanti prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione
intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’IVA su tali beni,
quando tali prove si rivelano essere false senza che risulti tuttavia provata la
partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, purché
quest’ultimo abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine
di assicurarsi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo conducesse
a partecipare ad una frode siffatta.
3) Il fatto che l’acquirente abbia presentato alle autorità tributarie dello
Stato membro di destinazione una dichiarazione relativa all’acquisto
intracomunitario, come quella della causa principale, può costituire una
prova supplementare diretta a dimostrare che i beni hanno effettivamente
lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, ma non costituisce una
prova determinante ai fini dell’esenzione dall’IVA di una cessione
intracomunitaria.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Sentenza Corte Giustizia Ue: Collé
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 27 settembre 2007. Albert Collée contro Finanzamt Limburg an der Lahn. Domanda di
pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania.
Sesta direttiva IVA - Articolo 28 quater, punto A, lett. a), primo comma - Cessione intracomunitaria - Diniego di esenzione - Prova
della cessione fornita tardivamente.
Causa C-146/05.
(…)
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio
1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative
alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base
imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991,
91/680/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione tributaria
di uno Stato membro rifiuti di esentare dall’imposta sul valore aggiunto una cessione
intracomunitaria, effettivamente avvenuta, per la sola ragione che la prova di tale cessione non
è stata prodotta nei termini.
Nell’esaminare il diritto all’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione di tal
genere, il giudice del rinvio deve prendere in considerazione il fatto che il soggetto passivo ha in
un primo momento consapevolmente occultato l’esistenza di una cessione intracomunitaria
soltanto se esiste un rischio di perdite di entrate fiscali e se tale rischio non è stato
completamente eliminato dal soggetto passivo.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Sentenza Corte Giustizia Ue: Twoh International
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 27 settembre 2007.
Twoh International BV contro Staatssecretaris van Financiën.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Hoge Raad der Nederlanden - Paesi Bassi.
Sesta direttiva IVA - Art. 28 quater, parte A, lett. a) - Cessione intracomunitaria di beni - Esenzione Assenza di un obbligo di raccogliere prove a carico dell’amministrazione finanziaria - Direttiva
77/799/CEE - Reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle
imposte dirette e indirette - Regolamento (CEE) n. 218/92 - Cooperazione amministrativa nel settore
delle imposte indirette.
Causa C-184/05.
(…)
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977,
77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte
sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come
modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, letto in combinato disposto con la
direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità
competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, come modificata dalla
direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, e con il regolamento (CEE) del Consiglio 27
gennaio 1992, n. 218, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette,
dev’essere interpretato nel senso che le autorità tributarie dello Stato membro di partenza della
spedizione o del trasporto di beni nell’ambito di una cessione intracomunitaria non sono tenute a
chiedere informazioni alle autorità dello Stato membro di destinazione indicato dal fornitore.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Corte di Cassazione sentenza n. 1670 del 24 gennaio 2013
http://www.studiocerbone.com/cassazione-sentenza-n-1670-del-24-gennaio-2013-iva-cessioni-intracomunitarie-e-presuppostodellintroduzione-dei-beni-nel-territorio/
In tema di IVA, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti, recuperando
l’imposta non versata, la non imponibilità – ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a),
prima parte, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n.
427 – della cessione intracomunitaria di beni a titolo oneroso, per difetto del
presupposto dell’introduzione dei beni ceduti nel territorio di altro Stato membro,
grava sul cedente la prova dei fatti costitutivi del diritto, che intende far valere in
giudizio, di fruire della deroga agevolativa rispetto al normale regime impositivo (1);
né è sufficiente, a tal fine, la prova di aver richiesto ed ottenuto la conferma della
validità del numero di identificazione attribuito al cessionario da altro Stato membro,
ex art. 50, commi 1 e 2, del decreto legge citato, e di avere indebitamente indicato tale
numero nella fattura emessa ai sensi dell’art. 46, comma 1, del medesimo testo
normativo, trattandosi dell’adempimento di obblighi formali prescritti per agevolare il
successivo controllo ed evitare atti elusivi o di natura fraudolenta, ed occorrendo
invece – avuto riguardo alla espressa previsione dell’art. 41, comma 1, lett. a), del d.l.
n. 331 del 1993, secondo cui la cessione non imponibile si realizza mediante il
trasporto o la spedizione dei beni nel territorio di un altro Stato membro – la prova
dell’effettiva destinazione dei beni ceduti nel territorio dello Stato membro in cui il
cessionario è soggetto di imposta.
Nota (1): Art. 2697. Onere della prova.
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il
fondamento.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 maggio 2013, n. 12964
http://www.studiocerbone.com/cassazione-sentenza-n-12964-del-24-maggio-2013/
1. La Guardia di Finanza di Torino redigeva processo verbale di contestazione nei confronti della S.srl con
sede in Alba contestava la fatturazione di merci asseritamente destinate all’esportazione in favore della
G.T. GMBH con sede in Germania- già oggetto di verifica-, ma in realtà movimentate esclusivamente in
Italia.
(…)
8.9 Appare ancora una volta utile ricordare come questa Corte, evocando le più recenti risoluzioni
emanate dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 28 novembre 2007, n. 345/E, Risoluzione 15 dicembre
2008, n. 477/E), ha chiarito che mentre può certamente escludersi che il cedente sia tenuto a svolgere
attività investigative sulla movimentazione subita dai beni ceduti dopo che gli stessi stano stati
consegnati al vettore incaricato dal cessionario, deve invece affermarsi il dovere del predetto di
impiegare la normale diligenza richiesta ad un soggetto che pone in essere una transazione
commerciale e, quindi, di verificare con la diligenza dell’operatore commerciale professionale le
caratteristiche di affidabilità della controparte- Cass.n. 13457/2012-, dovendo questi procurarsi mezzi di
prova adeguati alle necessità, capaci se non di dimostrare, quanto meno di non lasciare dubbi circa
l’effettività dell’esportazione e circa la sua buona fede in ordine a tale dato. Ciò, peraltro, nella
consapevolezza che la concreta individuazione delle condotte che il cedente deve tenere (o astenersi dal
tenere), perché lo si possa giudicare in buona fede nell’esecuzione di una cessione intracomunitaria non
conclusasi con l’effettivo trasferimento dei beni ceduti nello Stato membro di destinazione attiene a
valutazioni riservate al giudice di merito in quanto inevitabilmente legate alle specifiche caratteristiche di
ciascuna vicenda- Cass. 8132/11-.
8.10 In definitiva, non incombe sul cedente l’onere di escludere la prova della propria malafede, ma
semmai di provare con ogni mezzo l’effettività dell’esportazione e, qualora sia invece provato e ammesso
che tale esportazione non vi è stata, di dimostrare che il cedente è stato tratto in inganno nonostante
avesse adottato le opportune cautele per evitare tale aggiramento-cfr.Cass.n.1670/13, cit.-.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Agenzia delle Entrate italiana
Con la Risoluzione n. 345/E del 28 novembre 2007, l’Agenzia delle Entrate aveva accolto la proposta dal
contribuente:
“ L'istante ritiene che al fine di dimostrare l'avvenuta spedizione di merci in altro Paese comunitario
occorra conservare per il periodo previsto dalle disposizioni vigenti:
•
la fattura di vendita all'acquirente comunitario, emessa ai sensi del citato art. 41 del D.L. n. 331
del 1993;
• gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate;
• un documento di trasporto "CMR" firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal
destinatario per ricevuta;
• la rimessa bancaria dell'acquirente relativa al pagamento della merce.”.
Con la successiva Risoluzione n. 477/E del 15 dicembre 2008, l’Agenzia delle Entrate affermava che:
“Ai fini della prova dell'avvenuta cessione intracomunitaria e dell'uscita dei beni dal territorio
dello Stato, la risoluzione n. 345 del 2007 ha indicato l'esibizione del documento di trasporto a
titolo meramente esemplificativo.
Pertanto, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle
merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra
potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state
inviate in altro Stato membro. “
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
http://www.fiscooggi.it/analisi-e-commenti/articolo/la-prova-della-non-imponibilita-iva-nelle-cessioni-intracomunitarie-0
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI
INTRA UE
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Agenzia delle Entrate italiana
Nella Risoluzione n. 19/E del 25 marzo 2013, l’Agenzia delle Entrate
afferma che:
“….la scrivente ritiene che il CMR elettronico, avente il medesimo
contenuto di quello cartaceo, costituisca un mezzo di prova idoneo
a dimostrare l’uscita della merce dal territorio nazionale.
Analogamente, si concorda con la tesi dell’istante secondo cui
costituisce un mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo, un
insieme di documenti dal quale si possano ricavare le medesime
informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti
(cedente, vettore e cessionario).
Tra questi, risulta ammissibile anche l’utilizzo delle informazioni tratte
dal sistema informatico del vettore, da cui risulta che la merce ha
lasciato il territorio dello Stato ed ha altresì raggiunto il territorio di
un altro Stato membro. …”.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Agenzia delle Entrate italiana
Nella Risoluzione n. 71/E del 24 luglio 2014, l’Agenzia delle Entrate afferma che:
“(….) Con riferimento alla prova della cessione intracomunitaria, dai documenti di prassi sopra richiamati emergono due
principi:
1) quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di prova idonei;
2) la prova dell'avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro deriva da un insieme di documenti da cui si
ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell'acquirente.
In applicazione dei predetti principi, si esprime l'avviso che il contribuente, nel caso di specie, possa fornire la prova in
argomento attraverso l'esibizione della seguente documentazione:
a) fattura di vendita dell'imbarcazione;
b) documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione all'operazione effettuata;
c) contratti attestanti gli impegni intrapresi tra le parti che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria;
d) documentazione commerciale che attesti il passaggio di proprietà tra cedente e cessionario;
e) documento da cui risulti la cancellazione da parte del cedente della imbarcazione dal registro italiano;
f) documento da cui risulti la avvenuta iscrizione della imbarcazione nel registro francese;
g) elenco riepilogativo delle operazioni intracomunitarie (Intrastat).
Inoltre, data la natura del bene (imbarcazione) e la circostanza che lo stesso viene trasportato dal cessionario, in
aggiunta alla documentazione sopra elencata e in sostituzione del documento di trasporto, occorre fornire anche una
dichiarazione da parte del cessionario - corredata da idonea documentazione -(ad esempio il contratto di ormeggio
stipulato con il porto di destinazione), che attesti di avere condotto l'imbarcazione da un porto italiano ad un porto
francese. (…)”.
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Amministrazione fiscale tedesca
bozza (entwurf) della comunicazione prevista dall’Amministrazione tedesca
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Amministrazione fiscale tedesca
bozza (entwurf) della comunicazione prevista dall’Amministrazione tedesca
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Amministrazione fiscale tedesca
Comunicazione di impresa tedesca
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Amministrazione fiscale tedesca
Comunicazione di impresa tedesca
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
Prassi dell’Amministrazione fiscale polacca
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
bozza lettera ai clienti
Dear Sir or Madam
We would like to inform you about an important new claim of the Italian Tax
Authority concerning tax-free intra-Community supply of goods to other EU Member
States. The conditions for tax-free intra-Community supply of goods is regulated in
some Official Answers (Risoluzioni) issued by the above Authority.
This Answers state that Italian companies are obliged to keep documentary evidence
which proves that the supplied goods entered into another EU Member State.
In the case of transport arranged and paid for by the customer evidence should be
provided with the so called “Entry Certificate”.
• The “Entry Certificate” has to indicate the following obligatory data:
– Name and address of acquire / recipient
– Date and number of the delivery note
– Date and number of the invoice
•
Date and Signature of acquirer / recipient
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LA PROVA DELLE CESSIONI DI BENI INTRA UE
bozza lettera ai clienti
Therefore we need a document with retroactive effect from 01.01.2014 which
proves the entry of the objects of an intra-Community supply into another EU
Member State.
From July 2014 on you will receive the respective document (Entry
Certificate) by email. Usually it will be a collective entry certificate which
contains all deliveries and invoice numbers within the confirmation period.
We would like to ask you to complete the Entry Certificate upon receipt and
send it back to us within 4 weeks’ time. Please also inform us about the
person we can contact for future mailing of the Entry Certificate, so we can
avoid any delays.
Should we do not receive your confirmation within this time period, we will
issue a new invoice including 22% of Italian value added tax.
Thank you in advance.
Yours faithfully
With kindest regards
(………………..)
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PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
• Nel corso del 2011, verifica dei periodi d’imposta 2006 e 2007,
presso società XY da parte di 2 funzionari dell’Agenzia delle Dogane,
con emissione di PVC nel quale si “contestava la violazione degli
obblighi previsti dalla normativa comunitaria in tema di scambi
intracomunitari”;
• Notifica da parte dell’Ufficio Entrate di Vercelli di 2 Avvisi di
accertamento Iva i quali “indicavano la mancata prova di
movimentazione fisica della merce dal territorio nazionale ad
altro Paese comunitario per un imponibile di 819.898 euro e
conseguente Iva per 163.980 euro, oltre sanzioni e disconoscimento
del credito Iva.
• A seguito di istanza di accertamento con adesione venivano accolte
le osservazioni della società XY in relazione ad alcune cessioni per
un imponibile di 58.503 euro, di cui veniva provata l’effettiva uscita
della merce dall’Italia
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PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
• La società proponeva ricorso alla CTP di Vercelli
sostenendo di aver fornito la prova, esibiva Nota interna
dell’Agenzia delle Entrate in materia di documentazione
probatoria per le cessioni intracomunitarie e chiedeva
l’annullamento degli avvisi di accertamento, con in
subordine l’esclusione delle sanzioni.
• Con sentenza n. 37, depositata il 3 luglio 2013 la CTP di
Vercelli accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente alle
cessioni avvenute con la clausola “franco destino”,
respingeva il resto.
• La società XY proponeva appello con atto consegnato
all’Ufficio in data 19 novembre 2013, chiedendo la riforma
della sentenza e indicando i seguenti motivi:
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PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
– 1) nullità della sentenza per vizio di motivazione in ordine alla
documentazione prodotta sull’uscita della merce, errata
valutazione di necessaria contestualità tra dichiarazione
acquirente e movimentazione merce;
– 2) La sentenza è illegittima e infondata nel merito. Per le
operazioni “franco fabbrica” è stata fornita ampia
documentazione utile a provare l’invio all’estero dei beni
oggetto di cessione intracomunitaria, documentazione
alternativa al documento di trasporto CMR, quali la fattura, il
documento di trasporto firmato dal trasportatore, copia
Intrastat, bonifico del cliente, ordine del cliente, fattura
registrata dal cliente con dichiarazione di ricevimento merce;
– 3) formula istanza di sospensione della sentenza impugnata per
il periculum in mora che viene indicato nel rilevante importo
posto in riscossione (400.000 euro).
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PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
• Con memoria di costituzione in giudizio la Direzione provinciale di
Vercelli chiede respingersi l’appello osservando che la società non
ha dimostrato l’effettiva uscita dei beni dal territorio dello Stato
come richiede l’articolo 41, comma 1, Dl n. 331/1993 e in
particolare il trasporto o la spedizione dei beni medesimi. Tale
prova deve essere fornita con il modello CMR firmato dal
trasportatore e controfirmato dal destinatario per ricevuta. Tale
documentazione deve essere conservata per tutto il periodo di
tempo previsto per gli accertamenti Iva; l’invio dei beni in altro
Stato Ue è elemento costitutivo della legittima emissione di
fattura senza applicazione di imposta. In mancanza di modello
CMR è ammessa altra documentazione purché sia provata in modo
certo, oggettivo e incontrovertibile l’invio. I documenti prodotti
sono dichiarazioni dei cessionari rilasciate a ben 5 anni di distanza
dalla fatturazione. La prova richiesta è che i documenti attestino la
contestualità delle operazioni di cessione.
40
PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
MOTIVI DELLA DECISIONE
La CTP ha ritenuto che la documentazione offerta dalla società sulla
movimentazione della merce non è idonea in quanto difetta del requisito
della contestualità tra spedizione e ricevimento, una dichiarazione resa
cinque anni dopo non integrerebbe tale requisito richiesto dalla Corte
Europea.
Osserva l’appellante che la Direttiva Iva dispone che l’esenzione è subordinata
alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta
applicazione delle esenzioni.
La norma nazionale articolo 41, lettera a), del Dl n. 331/1993 nel prevedere la
non imponibilità non specifica le forme di prova idonee a dimostrare il
trasporto o la spedizione dei beni.
Non vi sono norme comunitarie sul punto.
Vi sono sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia UE che prendendo atto
dell’assenza di norme nazionali precisa che il principio di certezza del diritto
impone che i soggetti passivi abbiano conoscenza dei loro obblighi fiscali
prima di concludere un’operazione (sentenza 27.9.2007 C-409/04).
41
PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
Vi è la R.M. 28.11.2007 n. 345/E che specifica come “può
costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto
CMR da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio nazionale
…. e la documentazione bancaria attestante il pagamento …. e
copia dei documenti attestanti gli impegni contrattuali”.
Nella fattispecie di consegna “franco fabbrica” il cedente si limita
a consegnare la merce al vettore incaricato dal proprio cliente,
non è detto che riceva una copia del documento di trasporto
controfirmato dal destinatario per ricevuta o meglio che vi possa
essere una responsabilità per tale omissione altrui .
L’indicazione del CMR quale prova della cessione è prevista a
titolo esemplificativo (come risulta dalla R.M. 15.12.2008, n.
477/E) e quindi in mancanza di tale documento la prova può
essere fornita con qualsiasi altro documento.
42
PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
Tali assunti normativi e di prassi non vengono contestati dall’Ufficio
che rileva come sia insufficiente la prova fornita in quanto i documenti
probatori devono essere temporalmente contestuali alle operazioni di
cessione e la società non ha fornito prova della effettiva
movimentazione fisica dei beni e la documentazione prodotta non è
che dichiarazioni rese a cinque anni di distanza.
Tale interpretazione del materiale probatorio è stata recepita dalla CTP
che assume che la prova deve essere acquisita in tempo reale, tuttavia
tale previsione espressamente non trova fondamento in alcuna
disposizione nazionale o comunitaria e la giurisprudenza richiese che
sia fornita in mancanza del CMR, prova della effettiva movimentazione
fisica dei beni.
Oltre alle dichiarazioni successive dei cessionari erano stati prodotti,
oltre alle fatture, il documento di trasporto firmato
dall’autotrasportatore, la fattura registrata dal cliente con
dichiarazione di ricevimento merce e i modelli Intrastat.
43
PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
Su tale ulteriore documentazione la CTP non si è pronunciata o meglio
si esprime nel senso: “ben diverso sarebbe se ad esempio le
dichiarazioni fossero supportate da copia dei relativi documenti di
trasporto cioè del 2006 oppure se le stesse fossero state redatte
all’atto del ricevimento”.
Il difetto di motivazione è su questo specifico punto, la omessa
valutazione dell’intero materiale probatorio.
Dagli avvisi di accertamento risulta che erano stati esibiti all’Ufficio
copia delle fatture del trasportatore, copia del documento di trasporto
firmato dal vettore e copia della fattura registrata dal cliente, tutta
documentazione coeva del momento del momento della
movimentazione della merce, documentazione prodotta nuovamente
con il ricorso.
Le dichiarazioni successivamente rese dai clienti integrano quindi una
documentazione idonea già a dare prova del trasporto della merce.
44
PROVA CESSIONE INTRACOMUNITARIA
Sentenza CTR Piemonte del 7 maggio 2014
E’ quindi da ritenersi che:
• la società abbia effettivamente movimentato la merce con consegna al vettore;
• La merce sia stata effettivamente ricevuta come risulta sia dai pagamenti che dalla
registrazione della fattura da parte del cliente;
La dichiarazione dei clienti che successivamente confermano la ricezione della merce
si aggiunge al materiale probatorio e non è, come afferma l’Ufficio e motiva la
sentenza di primo grado, l’unica prova dedotta dall’appellante.
L’accoglimento del primo motivo di appello esime dal pronunciarsi sugli altri motivi
dedotti.
La complessità della questione e la poca chiarezza normativa consentono di
compensare le spese di giudizio
P.Q.M.
Accoglie l’appello. Spese compensate.
Il Relatore
Il Presidente
Ettore Rinaldi
Luciano Panzani
45
LAVORI A LIVELLO UE
Gruppo Esperti Fiscali
Come afferma Confindustria nel suo documento del 25 marzo
2014 “VAT Expert Group: sintesi dell’attività in corso”, nel corso
della seconda metà del 2012 la Commissione europea ha
promosso la costituzione del VAT Expert Group (VEG), con
durata biennale, composto di rappresentanti del mondo
imprenditoriale e professionale, con l’obiettivo di assistere la
Commissione stessa nella fase preparatoria di nuove iniziative
di policy nel campo dell’imposta sul valore aggiunto.
Tale gruppo di lavoro, in data 13 gennaio 2014, ha pubblicato
un rapporto (VEG N. 027) denominato “Proof of Intra EU
supplies”.
Il successivo VEG (che ha sostituito il primo VEG, scaduto nel
2014), recentemente, ha pubblicato un nuovo rapporto (VEG N.
46) denominato “Proof of Evidence of Intra-EU Supplies”.
46
LAVORI A LIVELLO UE
Gruppo Esperti Fiscali
I due Rapporti prendono le mosse dalla creazione del
Mercato Unico Comunitario (1° gennaio 1993), e alla
conseguente libera circolazione delle merci (oltre che dei
servizi, delle persone e dei capitali).
Il meccanismo dell’Iva comunitaria è nato come un regime
“provvisorio”, basato sull’applicazione dell’Iva nel Paese di
destinazione.
Esso avrebbe dovuto durare, al più tardi, sino al 1997, per poi
essere sostituito dal regime “definitivo” basato
sull’applicazione dell’Iva nel Paese di partenza della merce.
In base a quanto previsto nel Libro Verde dell’Iva (atto COM
2011 – 851 del 6 dicembre 2011), è presumibile che il sistema
attuale possa durare ancora per molti anni, sia pure con
qualche aggiustamento,
47
LAVORI A LIVELLO UE
Gruppo Esperti Fiscali
Secondo i 2 Rapporti, occorre evitare che i singoli Paesi
membri, al fine di provare l’effettività delle cessioni
intracomunitarie e di evitare frodi fiscali, introducano nei
loro ordinamenti obblighi di carattere documentale così
pesanti da far rimpiangere le barriere doganali in vigore sino
al 31 dicembre 1992.
Tanto più che non sempre i maggiori oneri documentali sono
efficaci al fine di combattere le frodi fiscali.
Nel Rapporto del 2014 viene affermato che:
“(…) Business representatives believe that the use of
documentation (either in terms of a different format, or
additional information) is not an effective means to combat
fraud as, in practice, the fraudsters will hold, or provide,
perfect documentation (…)”.
48
LAVORI A LIVELLO UE
Rapporto VEG 2015
Nel rapporto del 2015 vengono delineate le seguenti
osservazioni:
• La base normativa che consente la previsione di prove
documentali è costituita dagli articoli 131 e 273 della
Direttiva 2006/112/CE;
• La giustificazione dell’introduzione di tale documentazione
è costituita dalle diffuse frodi fiscali;
• La gran parte dei Paese Ue pretende una prova
documentale circa l’effettivo arrivo della merce nel Paese
Ue di destino;
• I documenti previsti variano da Paese a Paese e ciò può
costituire un vero ostacolo alla libera circolazione delle
merci;
49
LAVORI A LIVELLO UE
Rapporto VEG 2015
• Le situazioni che presentano maggiori difficoltà di prova sono le
seguenti:
– Vendite EXW;
– Vendite con trasporto eseguito direttamente da parte del cedente o
del cessionario (utilizzando i propri mezzi).
• Viene dato un notevole rilievo al “Knowledge test”: verificare la
“buona fede” e il corretto comportamento del proprio cliente (*);
• Viene suggerito alla Commissione Europea di fissare il corretto
comportamento da tenere in ordine ai mezzi di prova, mediante un
apposito Regolamento comunitario, oppure, ove non possibile, in
specifiche note esplicative a commento ai citati articoli della
Direttiva 2006/112/CE (articoli 131, 138 e 273).
NOTA (*): tale principio è stato affermato anche nella sentenza della
Corte di Cassazione n. 12964 del 24 maggio 2013
50
I FONDAMENTALI PER GLI
OPERATORI UE ED EXTRA UE
IL CONTROLLO DELLE
PARTITE IVA COMUNITARIE
51
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA
COMUNITARIE
Tornando alle operazioni esaminate nella prima sezione:
• Per tutte le operazioni ivi considerate è necessario che l’impresa italiana
che le pone in essere sia iscritta all’Archivio VIES;
• Per la vendita di beni pronti per l’uso, è necessario che il cliente estero sia
identificato ai fini Iva nel Paese di arrivo della merce;
• Per il trasferimento a se stessi, è necessario che l’impresa italiana
trasferente sia identificata ai fini Iva nel Paese di destinazione;
• Per le altre operazioni considerate:
– Vendita a distanza (sopra soglia /o per qualunque importo nel caso di prodotti
sottoposti ad accisa);
– Fornitura di beni con installazione / montaggio (clienti consumatori finali o
non residenti o Paesi senza reverse charge) ;
l’apertura di una posizione Iva nel Paese di destinazione è essenziale per gestire
correttamente l’operazione.(*).
NB: riguardo a tali operazioni l’arrivo dei beni nel Paese di destinazione NON
costituisce acquisto intracomunitario: Si tratta di una cessione interna a tale
Paese.
52
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
Riguardo all’iscrizione del cessionario all’Archivio VIES,
occorre tenere presente che:
• né l’articolo 138 della Direttiva 2006/112/CE;
• né l’articolo 41, comma 1, lettera a), del DL n. 331/1993;
considerano l’iscrizione al VIES come una condizione senza il
soddisfacimento della quale NON sarebbe possibile emettere
fattura di cessione senza applicazione dell’Iva.
Entrambe le norme, per la non applicazione dell’Iva,
pretendono, infatti, che il cessionario sia un soggetto passivo
d’imposta.
Il possesso del numero identificativo Iva è invece
esplicitamente previsto dall’articolo 50, comma 1, del Dl n.
331/1993.
53
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
Articolo 138 della Direttiva 2006/112/CE:
1. Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori
del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore,
dall'acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro
soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in
quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di
partenza della spedizione o del trasporto dei beni. (….)”.
Articolo 41 del Dl n. 331/1993:
1. Costituiscono cessioni non imponibili:
a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di
altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto,
nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre
organizzazioni indicate nell'articolo 4, quarto comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi
d'imposta (….)”
54
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
L’articolo 50 del Dl n. 331/1993 afferma che:
“1. Le cessioni intracomunitarie di cui all'articolo 41, commi 1,
lettera a), e 2, lettera c), sono effettuate senza applicazione
dell'imposta nei confronti dei cessionari che abbiano
comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito
dallo Stato membro di appartenenza.
2. Agli effetti della disposizione del comma 1 l'ufficio, su
richiesta degli esercenti imprese, arti e professioni, e secondo
modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze,
conferma la validità del numero di identificazione attribuito al
cessionario o committente da altro Stato membro della
Comunità economica europea, nonché i dati relativi alla ditta,
denominazione o ragione sociale, e in mancanza, al nome e al
cognome. (…)”.
55
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
Nella sentenza
VSTR della Corte di Giustizia Ue 27 settembre
2012, causa C-587/10 viene affermato che:
“51. Benché, quindi, il numero d’identificazione IVA fornisca la prova dello status fiscale del
soggetto passivo ed agevoli il controllo delle operazioni intracomunitarie, si tratta tuttavia
soltanto di un requisito formale che non può rimettere in discussione il diritto all’esenzione
dall’IVA qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria (v.
sentenza del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11, punto 60).
52. Di conseguenza, anche se è legittimo esigere che il fornitore agisca in buona fede e
adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che
l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad una frode fiscale (v. sentenza Euro
Tyre Holding, cit., punto 38), gli Stati membri eccederebbero quanto strettamente
necessario per l’esatta riscossione dell’imposta qualora negassero il beneficio dell’esenzione
dall’IVA ad una cessione intracomunitaria unicamente in ragione del fatto che il numero
d’identificazione IVA non è stato comunicato dal fornitore, anche qualora quest’ultimo non
possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono
ragionevolmente richiedere, comunicare detto numero, ma fornisca invece altre indicazioni
in grado di dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in
quanto tale nell’operazione di cui trattasi.
56
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
IN PRATICA, in base a tale sentenza, la prova che l’acquirente sia un
soggetto passivo non dipende dal numero di identificazione, ma dalla
circostanza che lo stesso eserciti un’ attività economica; l’inesistenza
del numero di identificazione non causa il disconoscimento della non
imponibilità se il cedente prova l’adozione di tutte le cautele
necessarie per verificare tale circostanza e se , in alternativa, fornisce
indicazioni idonee a provare che il cessionario, in tale frangente, agiva
come soggetto passivo.
Pertanto, il cedente può, in presenza degli elementi sostanziali,
esentare l’operazione anche in assenza di un identificativo Iva della
controparte. È tuttavia opportuno dimostrare che ne è stata richiesta
la comunicazione al cessionario e, in sua assenza, che si tratti
effettivamente di un soggetto passivo che agisce in qualità di
operatore economico
57
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
CONCLUSIONE
Esiste quindi un contrasto tra le disposizioni dell’articolo 50,
comma 1, del Dl n. 331/1993 (fatte proprie dall’Agenzia delle
Entrate italiana nelle sue Circolari e nelle sue Risoluzioni) e la
norma comunitaria, così come interpretata dalla Corte di
Giustizia Ue e dalla Corte di Cassazione.
Per le imprese italiane è comunque prudente attenersi
all’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate e, solo
in casi eccezionali, adottare i principi maggiormente liberali
dettati dalla Corte di Giustizia Ue e della Corte di Cassazione in
alcune recenti sentenze.
58
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES – Aspetti operativi
In sede di controllo del numero identificativo Iva del cliente ci si può
trovare di fronte, ad esempio, alle seguenti situazioni:
• Numero identificativo valido, ma senza indicazione del soggetto al
quale il medesimo appartiene (è, ad esempio, il caso della
Germania e della Spagna); in tale evenienza è opportuno verificare
che tale numero appartenga realmente al soggetto che lo ha
comunicato;
• Il cliente è iscritto nell’Archivio VIES, ma nel frattempo il numero
identificativo Iva è cambiato e l’impresa italiana non ha tenuto
conto di tale cambiamento, continuando a emettere la fattura nei
confronti del numero precedente (verifica VIES periodica e non per
singola operazione): tale violazione dovrebbe essere considerata di
carattere formale (specie se l’indirizzo del cliente non è cambiato);
è opportuno presentare il modello Intra 1 ter di rettifica (anche in
sede di rettifica).
59
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES – aspetti operativi
• Il cliente non è ancora presente nel VIES (ad esempio, ha
presentato domanda di iscrizione ma non è ancora stata iscritta):
se il cliente estero fornisce la documentazione idonea a comprovare
che egli svolge un’attività economica e che ha regolarmente
presentato domanda di iscrizione al VIES, è possibile procedere
all’emissione della fattura senza applicazione dell’Iva (come
ammesso dalla Circolare n. 13 del 1994 e dall’articolo 18 del
Regolamento n. 282/2011, entrambi riportati nelle pagine
seguenti);
• La controparte è stata cancellata dal VIES, ma l’impresa italiana è
in grado di comprovare che nel momento di effettuazione
dell’operazione (data partenza merce) era iscritta nel VIES; nessun
problema.
• Errata indicazione in fattura del numero identificativo Iva del
cliente (ad esempio: errore compiuto in sede di inserimento del
numero nell’anagrafica del cliente): errore formale.
60
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES – aspetti operativi
La Circolare n. 13 del 23 febbraio 1994 relativamente alle CESSIONI DI BENI
aveva previsto quanto segue.
Nel caso in cui il cessionario / committente di altro Paese Ue è privo del
numero di identificazione Iva, a causa di ritardo di attribuzione da parte
dell'Amministrazione finanziaria competente nei suoi confronti, il cedente
italiano può comportarsi come segue:
– emettere fattura non imponibile a carico del cessionario /
committente, senza indicazione del numero di identificativo Iva del
cliente estero;
– presentare il modello Intra 1-bis indicando nella colonna codice
identificativo degli zeri;
– farsi consegnare dal cedente/ committente estero idonea
documentazione:
• copia della richiesta di attribuzione del codice identificativo
recante il visto/timbro di presentazione;
• o documento ufficiale da cui risulta la sua posizione fiscale.
61
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES – Aspetti operativi
Nel momento in cui il cedente italiano viene in possesso del numero identificazione Iva del soggetto
estero provvede a:
• verificarne la correttezza con le procedure indicate nel punto successivo (recandosi agli Uffici
preposti o a mezzo internet);
• integrare l’esemplare in suo possesso della fattura a suo tempo emessa, indicando tale numero
sulla stessa;
• presentare il modello Intra 1 ter, con indicazione del numero identificativo comunicato dal soggetto
estero;
In caso di eccessivo ritardo occorre procedere a regolarizzare l’operazione con applicazione dell’Iva
(espletando la procedura del “ravvedimento operoso”, di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997).
Una procedura analoga può essere adottata nell’ipotesi in cui il numero identificativo Iva del soggetto
estero NON risulti ancora abilitato (dall’Amministrazione Tributaria del Paese che lo ha attribuito) a
essere utilizzato al fine di porre in essere operazioni intracomunitarie (è, ad esempio, un problema
che si verifica in modo relativamente frequente con la Spagna).
Ove l’operatore italiano provi a verificare, presso l’Ufficio delle Entrate o mediante internet, l’esistenza
di tale numero, ante abilitazione, la risposta sarà inevitabilmente negativa (“codice Iva non
attribuito”).
62
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES – aspetti operativi
Articolo 18 del Regolamento UE n. 282/2011 del 15 marzo 2011, in tema di prestazioni di servizi,
afferma che::
“1. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che un destinatario
stabilito nella Comunità ha lo status di soggetto passivo:
a) se il destinatario gli ha comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA, qualora
ottenga conferma della validità di tale numero d’identificazione nonché del nome e dell’indirizzo
corrispondenti conformemente all’articolo 31 del regolamento (CE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7
ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia
d’imposta sul valore aggiunto;
b) se il destinatario non ha ancora ricevuto un numero individuale di identificazione IVA, ma lo informa
che ne ha fatto richiesta, qualora ottenga qualsiasi altra prova attestante che quest’ultimo è un
soggetto passivo o una persona giuridica non soggetto passivo tenuta all’identificazione ai fini
dell’IVA e effettui una verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal
destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai
controlli di identità o di pagamento.
2. Salvo che disponga di informazioni contrarie, il prestatore può considerare che il destinatario stabilito
nella Comunità NON ha lo status di soggetto passivo qualora dimostri che tale destinatario non gli
ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA.(…)”.
63
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Controllo del numero identificativo Iva del cliente estero
ww1.agenziaentrate.gov.it/servizi/vies/vies.htm
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IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Controllo del numero identificativo Iva del cliente estero
ww1.agenziaentrate.gov.it/servizi/vies/vies.htm
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IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Controllo del numero identificativo Iva del cliente estero
ww1.agenziaentrate.gov.it/servizi/vies/vies.htm
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IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
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IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
La cancellazione retroattiva dell'acquirente dal Vies non può far considerare il fornitore comunitario debitore
dell'Iva nel suo paese. È quanto emerge della sentenza emanata ieri dalla Corte di giustizia Ue (causa C492/13), a favore di una società bulgara che nell'anno 2011 si era visto negare la non imponibilità per una
cessione comunitaria.
Con riferimento alle cessioni intracomunitarie non imponibili (o «esenti» secondo la dizione comunitaria) i giudici hanno
affermato che se il cedente ha fornito le prove richieste dalla sua amministrazione per dimostrare la validità di una cessione
intraUe:
- non è necessario che dimostri anche l'autenticità della firma figurante sui documenti di trasporto;
- non ha l'obbligo di dimostrare che la persona che ha sottoscritto i documenti di trasporto in nome dell'acquirente, avesse la
facoltà di rappresentare quest'ultimo.
Tali considerazioni sono ancor più valide se l'amministrazione fiscale locale in un primo momento ha convalidato la non
imponibilità della cessione e, in un secondo momento, rilevando la retroattiva cancellazione della partita Iva dell'acquirente ha
negato l'esenzione e chiesto l'imposta nel Paese del cedente.
Le motivazioni della pronuncia ribadiscono e richiamano i principi comunitari di «proporzionalità», di «certezza del diritto» e di
«tutela del legittimo affidamento» che devono sempre essere riconosciuti al contribuente in buona fede, a meno che non venga
provata una sua partecipazione a una frode avvenuta nel Paese dell'acquirente.
Il secondo punto della sentenza dichiara che l'articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/Ce laddove afferma che «gli Stati
membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità... effettuate nei
confronti di un altro soggetto passivo,… in uno Stato membro diverso da quello di partenza della spedizione o del trasporto dei
beni» , è dotato di effetto diretto. Quindi può essere invocato dai soggetti passivi dinanzi ai giudici nazionali per «ottenere
un'esenzione dall'Iva per una cessione intracomunitaria».
68
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
Una società bulgara nella dichiarazione Iva relativa all'intervallo dal 1° settembre al 31 ottobre 2009
aveva chiesto il rimborso dell'Iva sugli acquisti del periodo, dichiarando di aver effettuato cessioni
intracomunitarie esenti a una società con sede in Grecia e producendo documenti richiesti dalla
legislazione interna. Dopo una verifica nella banca dati elettronica Vies, svolta il 7 ottobre e il 2
novembre 2009, l'amministrazione bulgara aveva riconosciuto la detrazione e il rimborso. Poi, con una
successiva verifica fiscale, l'amministrazione bulgara aveva consultato nuovamente la banca dati Vies
constatando che la società greca non era più identificata ai fini Iva dal 15 gennaio 2006. Pertanto, il 17
maggio 2011 aveva emanato un avviso di accertamento, assoggettando le operazioni di vendita verso la
società greca all'imposta locale, in quanto le condizioni di esenzione previste dalla normativa interna
non erano realizzate.
Il giudizio della Corte
Secondo i giudici del Lussemburgo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in mancanza di
specifiche disposizioni nella direttiva Iva, per quanto riguarda le prove che i soggetti passivi sono
tenuti a fornire per beneficiare dell'esenzione, spetta agli Stati membri fissare le condizioni alle quali
le cessioni intracomunitarie sono da essi esentate. Tuttavia, nell'esercizio dei loro poteri, gli Stati
devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell'ordinamento giuridico dell'Unione,
come, in particolare, i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e del legittimo affidamento.
Comunque, dal momento che l'obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe
all'autorità nazionale competente prima che quest'ultima attribuisca a tale soggetto un numero di
partita Iva, un'eventuale irregolarità non può comportare che a un operatore sia negata l'esenzione
cui avrebbe diritto.
69
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
70
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
L'errore relativo al codice Iva del cliente estero indicato in fattura non può
legittimare l'ufficio a rettificare l'imposta sull'operazione se sussistono i requisiti
sostanziali della vendita intracomunitaria.
Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 17254/14, depositata ieri su un
accertamento con cui l'agenzia delle Entrate recuperava l'Iva su alcune operazioni
intracomunitarie. Il presupposto era che le fatture emesse dalla società italiana
riportavano in modo errato il numero di partita Iva del cessionario.
Mentre la Ctp accoglieva il ricorso dell'impresa, la Ctr condivideva la tesi dell'Agenzia.
La società ricorreva allora per cassazione, che ha ritenuto fondate le doglianze del
contribuente, anche in considerazione del recente orientamento Corte di Giustizia Ue.
Le cessioni nel territorio dell'Ue sono effettuate in regime di non imponibilità, nel
caso in cui i cessionari ed i committenti abbiano comunicato ed indicato in fattura il
numero di identificazione attribuito loro dallo Stato di appartenenza, sempre che la
validità attuale del numero sia confermata al cedente o al prestatore del servizio
attraverso appositi canali disposti dal ministero competente.
71
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES
In passato, la Cassazione ha affermato che anche solo la mancata richiesta di verifica del citato
codice identificativo poteva risultare di per sé un ostacolo al riconoscimento del regime di non
imponibilità (sentenze n 20575/11, 2227/11 e 3167/12).
La Corte di Giustizia europea, pur confermando la necessità del numero di identificazione nelle
operazioni intracomunitarie, ha ritenuto tale adempimento un requisito formale che non può
da solo pregiudicare il diritto alla non imponibilità Iva, ove ricorrano le condizioni sostanziali.
Questa prova è a carico del fornitore, il quale deve dimostrare di aver adottato un
comportamento apprezzabile sotto il profilo della buona fede, volto a verificare l'affidabilità
della propria controparte in ordine a possibili frodi, evasioni di imposta o condotte in abuso del
diritto.
La Corte di cassazione, aderendo a questi princìpi, già con la sentenza n 22127/13 aveva
modificato il proprio pregresso orientamento, affermando appunto che mere irregolarità formali
non potevano disconoscere il beneficio, ove l'operatore avesse dimostrato la sussistenza dei
requisiti sostanziali.
Tra l'altro, è stato precisato che il cedente non deve svolgere attività investigative sulla
movimentazione dei beni ceduti: è sufficiente che, con la normale diligenza di un operatore
commerciale, possa procurarsi mezzi adeguati per dimostrare l'effettività dell'esportazione e la
sua buona fede in ordine a tali elementi.
72
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES – ulteriori aspetti
• Rapporti con contribuenti minimi di altri Paesi
Ue NON iscritti all’Archivio VIES;
• Rapporti con soggetti di altro Paese Ue, i quali
ponendo in essere (nel loro Paese) solo
operazioni diverse da quelle comunitarie, NON
sono iscritti all’Archivio VIES: I soggetti in
questione se partecipano ad operazioni
intracomunitarie devono chiedere l’iscrizione
all’Archivio VIES del proprio Paese.
73
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
obbligo di identificazione ai fini Iva
Articolo 214 – Direttiva 2006/112/CE
1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero
individuale le persone seguenti:
a) ogni soggetto passivo, fatta eccezione per quelli di cui all'articolo 9, paragrafo 2, che effettua nel loro
rispettivo territorio cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli diano diritto a detrazione, diverse
dalle cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali l'IVA è dovuta unicamente dal destinatario
a norma degli articoli da 194 a 197 e 199;
b) ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni
soggetti all'IVA a norma dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o che ha esercitato l'opzione prevista
all'articolo 3, paragrafo 3, per l'assoggettamento all'IVA dei suoi acquisti intracomunitari;
c) ogni soggetto passivo che effettua nel loro rispettivo territorio acquisti intracomunitari di beni ai fini
di proprie operazioni relative alle attività di cui all'articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, ed
effettuate fuori di tale territorio.
d) ogni soggetto passivo che riceve, nel loro rispettivo territorio, prestazioni per le quali è debitore
dell’IVA a norma dell’articolo 196;
e) ogni soggetto passivo, stabilito nel loro rispettivo territorio, che effettua nel territorio di un altro
Stato membro prestazioni di servizi per i quali l’IVA è dovuta unicamente dal destinatario a
norma dell’articolo 196.
2. Gli Stati membri possono non identificare determinati soggetti passivi che effettuano operazioni a
titolo occasionale ai sensi dell'articolo 12.
74
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
http://ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/vat/how_vat_works/vat_on_servic
es/index_en.htm#supply_goods
75
76
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
contribuenti “minimi” in ambito Ue
Nella pubblicazione IBFD - EU VAT COMPASS 2015/2016, p. 572, viene
affermato che:
“Even if their turnover remains below the registration threshold,
small business will nonetheless be required to register if they
render services to taxable persons established in another Member
State and the services are deemed to be supplied in the
customer’s Member State (Article 44 of the VAT Directive).
In that case, the service providers must be registered just for the
purposes of filing periodic recapitulative statements.
Also where they receive services from abroad that are subject to Vat
under Article 44, small business must register for the purposes of
accounting for Vat under the reverse charge mechanism on the
value of the received services.
In constast with intra-Community acquisitions of goods, no threshold
applies to cross-border services”.
78
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Contribuenti minimi di altro Paese Ue
La Circolare n. 36/E del 21 giugno 2010 afferma che:
“4. Quali sono gli obblighi dei soggetti passivi d’imposta italiani che intrattengono
rapporti commerciali con operatori di altri Stati membri rientranti nel regime
giuridico delle piccole imprese?
1) Soggetto passivo d’imposta italiano IT1 che effettua acquisti di beni presso un
operatore di altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese:
IT1 non effettua l’acquisto intracomunitario, in quanto si deve supporre che trattasi di
operazione rilevante ai fini IVA nello Stato membro di origine. IT1, se non ha
ricevuto dal proprio dante causa un’apposita documentazione rappresentativa
dell’operazione, emette comunque autofattura senza applicazione dell’imposta per
documentare l’acquisto e non compila l’elenco riepilogativo degli acquisti
intracomunitari di beni.
2) Soggetto passivo d’imposta italiano IT1 che cede beni ad un operatore di altro Stato
membro sottoposto al regime delle piccole imprese:
IT1 effettua una cessione intracomunitaria, per la quale l’imposta è dovuta nello Stato
membro di destinazione del bene. IT1, quindi, emette fattura senza addebito
d’imposta (art. 41 del D.L. n. 331 del 1993) e compila l’elenco delle cessioni
intracomunitarie di beni.
79
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
contribuenti minimi di altro Paese Ue
Secondo la Circolare n. 36/E del 21 giugno 2010, nel caso di servizi resi da
contribuenti esteri in franchigia nei confronti di contribuenti ordinari
italiani, si applicano le seguenti regole:
• Acquisto di servizi (generici) presso soggetti in franchigia di altro Paese
Ue: se l’operatore economico italiano (in regime ordinario) IT non riceve
apposita documentazione rappresentativa dell’operazione, emette
autofattura senza Iva – NO Intra;
NB: tale impostazione è molto criticata; per prudenza è opportuno
numerare e integrare con Iva la fattura estera o emettere autofattura con
Iva in caso di mancato ricevimento.
• Prestazione di servizi (generici) a soggetti in franchigia di altro Paese Ue:
l’operatore economico italiano (in regime ordinario) IT emette fattura non
soggetta articolo 7-ter, comma 1, lettera a) del Dpr n. 633/1972 e presenta
il modello Intra servizi (il tutto se il soggetto estero, come previsto
dall’articolo 214 della direttiva, è dotato di n. identificativo Iva; in caso
contrario emette fattura con Iva).
80
IL CONTROLLO DELLE PARTITE IVA COMUNITARIE
Archivio VIES: soggetti esteri non iscritti
CASO REGNO UNITO (https://www.gov.uk/vat-registration)
VAT registration
1. Overview
You must register for VAT with HM Revenue and Customs (HMRC) if your
business’ VAT taxable turnover is more than £82,000. You can register
voluntarily if it’s below this, unless everything you sell is exempt.
When you register, you’ll be sent a VAT registration certificate. This confirms:
• your VAT number
• when to submit your first VAT Return and payment
• your ‘effective date of registration’ - this is the date you went over the
threshold, or the date you asked to register if it was voluntary
NB: 1 euro = lire sterline 0,72980
82.000 lire sterline = 112.359,55 euro
81
I FONDAMENTALI PER GLI
OPERATORI UE ED EXTRA UE
LE DICHIARAZIONI
D’INTENTO
82
LE DICHIARAZIONI D’INTENTO
avvertenze
OPERATORE ECONOMICO CHE EMETTE LA DICHIARAZIONE D’INTENTO:
• Calcolare in modo corretto il plafond disponibile:
– Operazioni che concorrono a formarlo;
– Plafond libero e plafond vincolato
– Gestione note credito e note debito;
• Svolgere la procedura telematica;
• Inviare la dichiarazione d’intento + ricevuta telematica ai fornitori ( a
mezzo PEC o raccomandata AR);
• Annotare la dichiarazione s’intento su apposito registro;
• Informare lo spedizioniere doganale in caso di utilizzo del plafond in
Dogana;
• Verificare che il fornitore abbia emesso fattura senza applicazione dell’Iva
e abbia applicato l’imposta di bollo da 2 euro (se l’importo della fattura
supera 77,47 euro)
83
LE DICHIARAZIONI D’INTENTO
avvertenze
OPERATORE ECONOMICO CHE EMETTE LA DICHIARAZIONE
D’INTENTO (continua da pagina precedente):
• Possibilità di inviare la dichiarazione d’intento alla fine dell’anno
solare, a valere per l’anno solare successivo;
• Controllare l’utilizzo del plafond, al fine di evitare lo splafonamento;
• Nel caso di plafond mensile, ogni mese occorre attentamente
calcolare il plafond disponibile a valere per il mese successivo;
• In caso di splafonamento, espletamento della procedura del
ravvedimento operoso (coinvolgendo il fornitore o mediante
autofattura e versamento dell’Iva eccedente e delle sanzioni /
interessi; in ogni caso deposito autofattura presso l’Ufficio delle
Entrate);
• Compilazione nell’apposito riquadro contenuto nella dichiarazione
annuale dell’Iva;
84
LE DICHIARAZIONI D’INTENTO
avvertenze
OPERATORE ECONOMICO CHE RICEVE LA DICHIARAZIONE D’INTENTO:
• Nel caso di clienti nuovi o di clienti riguardo ai quali sussistano dubbi in
ordine alla loro correttezza fiscale, eseguire un controllo circa il diritto da
parte degli stessi di avvalersi dell’istituto del plafond (il tutto finalizzato a
dimostrare la propria buona fede / non coinvolgimento in caso di
comportamenti fiscalmente illeciti posti in essere da parte del cliente);
• Eseguire il riscontro telematico delle dichiarazioni d’intento ricevute e
stampare l’esito del riscontro (mediante funzione di libero accesso /
cassetto fiscale);
• Numerare e annotare le dichiarazioni d’intento su apposito registro;
• Emettere fattura senza applicazione dell’Iva relativamente alle operazioni
effettuate successivamente all’eseguito riscontro telematico della
dichiarazione d’intento. Dicitura da indicare in fattura: “Operazione non
imponibile articolo 8/1/c del Dpr n. 633/1972, come da Vostra
dichiarazione d’intento n. …. del ……”.
85
PLAFOND
normativa di base
Articolo 8, primo comma, Dpr n. 633/1972:
“Costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili:
(….)
c) le cessioni, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e le prestazioni
di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si
avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza
pagamento dell’imposta”.
Le cessioni e le prestazioni di cui alla lettera c) sono effettuate senza pagamento dell'imposta ai soggetti
indicati nella lettera a), se residenti, ed ai soggetti che effettuano le cessioni di cui alla lettera b) del
precedente comma su loro dichiarazione scritta e sotto la loro responsabilità, nei limiti dell'ammontare
complessivo dei corrispettivi delle cessioni di cui alle stesse lettere dai medesimi fatte nel corso dell'anno
solare precedente. (…) Gli stessi soggetti possono optare,… , per la facoltà di acquistare beni e servizi
senza pagamento dell'imposta assumendo come ammontare di riferimento, in ciascun mese, l'ammontare
dei corrispettivi delle esportazioni fatte nei dodici mesi precedenti.
NB (1): in base a quanto previsto dall’articolo 41, comma 4, del Dl n. 331/1993, concorrono a formare il plafond anche le
operazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo stesso;
NB (2): in base a quanto previsto dall’articolo 58 del Dl n. 331/1993, concorrono a formare il plafond anche le operazioni di cui
all’articolo stesso.
86
PLAFOND
normativa di base
L’articolo 1 del Dl n. 746/1983 afferma che:
“Articolo 1 - Applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 8 del D.P.R. n 633/72
1. Le disposizioni di cui alla lettera c) del primo comma e al secondo comma dell'art. 8
del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, si applicano a
condizione:
a) che l'ammontare dei corrispettivi delle cessioni all'esportazione di cui alle
lettere a) e b) dello stesso articolo effettuate, registrate nell'anno precedente,
sia superiore al 10% del volume d'affari determinato a norma dell'art. 20 dello
stesso decreto ma senza tenere conto delle cessioni di beni in transito o
depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale e delle operazioni di cui
all'articolo 21, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633. I contribuenti, ad eccezione di quelli che hanno iniziato
l'attività da un periodo inferiore a dodici mesi, hanno facoltà di assumere come
ammontare di riferimento, in ciascun mese, quello dei corrispettivi delle
esportazioni fatte nei dodici mesi precedenti, se il relativo ammontare superi la
predetta percentuale del volume di affari, come sopra determinato, dello stesso
periodo di riferimento; (….).
87
PLAFOND
Sintesi operativa
Riepilogando ….
Condizioni soggettive per potersi avvalere del beneficio: Status di
esportatore agevolato (cessioni all’esportazione dirette e cessioni
intracomunitarie > 10% del volume d’affari, come sopra rideterminato)
Beni e servizi acquistabili e non acquistabili senza Iva: tutti i beni e i servizi
esclusi i fabbricati, le aree fabbricabili e i beni e servizi con Iva non
detraibile;
Costituzione del plafond: fatture emesse relative a operazioni effettuate in
un determinato anno solare;
NB: non concorrono a formare il plafond le fatture relative a operazioni senza
corrispettivo (Circolare n. 156 del 15 luglio 1999).
Utilizzazione del plafond: in base alla data di effettuazione delle operazioni
(articolo 6 del Dpr n. 633/1972);
88
PLAFOND
Modifiche dal 2015
NOVITA’ RECATE DAL CD. “DECRETO LEGISLATIVO SEMPLIFICAZIONI” N.
175/2014:
•
•
Cambiamento del flusso informativo / documentale:
– In base alla vecchia normativa la dichiarazione d’intento veniva direttamente
consegnata al fornitore o alla dogana;
– In base alla nuova normativa la dichiarazione d’intento deve essere
previamente trasmessa, in via telematica, all’Agenzia delle Entrate e solo
successivamente (unitamente alla relativa ricevuta di trasmissione) può essere
consegnata al fornitore o alla Dogana (dal 25 maggio 2015, non è più prevista
la consegna alla Dogana); è previsto un obbligo di riscontro telematico in capo
al fornitore;
Scopi del cambiamento:
– rendere immediatamente edotta l’Agenzia delle Entrate circa i soggetti che intendono
avvalersi del plafond e, per questa via, contrastare le frodi fiscali;
– trasferire l’obbligo informativo in capo al soggetto che si avvale del plafond.
•
Periodo transitorio: poiché la norma è entrata in vigore in data 14 dicembre 2014,
è stato previsto un periodo transitorio sino all’11 febbraio 2015.
89
PLAFOND
Modifiche dal 2015
L’articolo 1 del Dl n. 746/1983 - Disposizioni urgenti in materia di imposta sul valore aggiunto
(convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17), afferma che
Articolo 1 - Applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 8 del D.P.R. n 633/72.
1. Le disposizioni di cui alla lettera c) del primo comma e al secondo comma dell'art. 8 del D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, si applicano a condizione:
(…)
c) che l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione della
imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con decreto
del Ministro delle finanze, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante
nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti, trasmessa telematicamente
all'Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica. La dichiarazione, unitamente
alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, sarà consegnata al fornitore o
prestatore, ovvero in dogana. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione,
l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la banca dati
delle dichiarazioni d'intento per dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle
predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione, prima dell'effettuazione della operazione;
la dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti. Nella prima ipotesi, il
cedente o prestatore riepiloga nella dichiarazione IVA annuale i dati contenuti nelle dichiarazioni
d'intento ricevute.
90
PLAFOND
Modifiche dal 2015
L’articolo 7 del D.Lgs. N. 471/1997 afferma che:
1.
2.
3.
Chi effettua cessioni di beni senza addebito d'imposta, ai sensi dell'articolo 8, primo comma, lettera b), del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, relativo alle cessioni all'esportazione, e' punito con la sanzione
amministrativa dal cinquanta al cento per cento del tributo, qualora il trasporto o la spedizione fuori del territorio
dell'Unione europea non avvenga nel termine ivi prescritto. La sanzione non si applica se, nei trenta giorni successivi,
viene eseguito, previa regolarizzazione della fattura, il versamento dell'imposta.
La sanzione prevista nel comma 1 si applica a chi effettua cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Unione
europea senza addebito d'imposta, ai sensi dell'articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 633, se non provvede alla regolarizzazione dell'operazione nel termine ivi previsto.
Chi effettua operazioni senza addebito d'imposta, in mancanza della
dichiarazione d'intento di cui all'articolo 1, primo comma, lettera c), del
decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 1984, n. 17, é punito con la sanzione amministrativa dal cento
al duecento per cento dell'imposta, fermo l'obbligo del pagamento del tributo.
Qualora la dichiarazione sia stata rilasciata in mancanza dei presupposti richiesti dalla
legge, dell'omesso pagamento del tributo rispondono esclusivamente i cessionari, i
committenti e gli importatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa.
91
PLAFOND
Modifiche dal 2015
4. E' punito con la sanzione prevista nel comma 3 chi, in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dichiara
all'altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare o di importare merci e servizi
senza pagamento dell'imposta, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 18 febbraio 1997, n. 28,
ovvero ne beneficia oltre il limite consentito. Se il superamento del limite consegue a mancata
esportazione, nei casi previsti dalla legge, da parte del cessionario o del commissionario, la sanzione e'
ridotta alla metà e non si applica se l'imposta viene versata all'ufficio competente entro trenta giorni dalla
scadenza del termine per l'esportazione, previa regolarizzazione della fattura.
«4-bis. E' punito con la sanzione prevista nel comma 3 il cedente o
prestatore che effettua cessioni o prestazioni, di cui all'articolo 8, comma
1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 633, prima di aver ricevuto da parte del cessionario o committente la
dichiarazione di intento e riscontrato telematicamente l'avvenuta
presentazione all'Agenzia delle entrate, prevista dall'articolo 1, comma 1,
lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17.».
92
PLAFOND
Modifiche dal 2015
Articolo 20, comma 3, del D.Lgs. N. 175/2014:
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle dichiarazioni
d'intento relative ad operazioni senza applicazione dell'imposta da
effettuare a decorrere dal 1° gennaio 2015. Con provvedimento del
Direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione sono
definite le modalità applicative, anche di natura tecnica, delle
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 e sono definiti i requisiti cui é
subordinato il rilascio della ricevuta da parte dell'Agenzia delle entrate.
Con successivi provvedimenti possono essere definiti ulteriori requisiti.
NOTA (1):
• modifiche di cui al comma 1: modifiche al Dl n. 746/1983;
• modifiche di cui al comma 2: modifiche al D.Lgs. n. 471/1997.
93
PLAFOND
Modifiche dal 2015: sintesi operativa
NUOVA PROCEDURA A REGIME ACQUISTI SUL MERCATO
INTERNO
• Il soggetto che intende avvalersi del plafond:
– carica nel sistema la dichiarazione d’intento ed esegue
l’invio telematico della stessa all’Agenzia delle Entrate;
– riceve la ricevuta telematica;
– annota la dichiarazione d’intento sull’apposito registro
delle dichiarazioni d’intento o in apposita sezione del
registro delle fatture emesse o del registro dei
corrispettivi;
– consegna la dichiarazione d’intento + la ricevuta
telematica al fornitore (è opportuno utilizzare PEC o
raccomandata AR);
94
PLAFOND
Modifiche dal 2015: sintesi operativa
• Il fornitore nazionale:
– riceve la dichiarazione d’intento + la ricevuta telematica;
– numera e annota la dichiarazione d’intento sull’apposito registro delle
dichiarazioni d’intento o in apposita sezione del registro delle fatture emesse
o del registro dei corrispettivi;
– riscontra telematicamente l’avvenuta presentazione della dichiarazione
d’intento all’Agenzia delle Entrate (e stampa l’esito del riscontro e lo tiene agli
atti); solo dopo aver eseguito tale riscontro egli è abilitato ad emettere fattura
senza applicazione dell’Iva;
– per le operazioni effettuate successivamente al ricevimento della
dichiarazione del cliente e del suo conseguente riscontro telematico, emette
fattura senza applicazione dell’Iva, citando gli estremi della dichiarazione
d’intento (“Operazione non imponibile articolo 8/1/c del Dpr n. 633/1972,
come da Vostra dichiarazione d’intento n. …. del ……”); per le operazioni di
importo superiore a 77,47 euro occorre assolvere l’imposta di bollo di 2 euro
(contrassegno / pagamento virtuale);
– riepiloga nella dichiarazione IVA annuale i dati contenuti nelle dichiarazioni
d'intento ricevute.
95
PLAFOND
Modifiche dal 2015: sintesi operativa
NUOVA PROCEDURA A REGIME – IMPORTAZIONI PRESSO
DOGANA ITALIANA
•
Il soggetto che intende avvalersi del plafond:
– carica nel sistema la dichiarazione d’intento ed esegue l’invio telematico della stessa
all’Agenzia delle Entrate;
– riceve la ricevuta telematica;
– annota la dichiarazione d’intento sull’apposito registro delle dichiarazioni d’intento;
– Nei primi mesi di operatività del nuovo sistema, inviava / consegnava la copia cartacea
della dichiarazione d’intento + ricevuta telematica alla Dogana, specificando il relativo
importo;
• La Dogana:
– riscontra telematicamente l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento
all’Agenzia delle Entrate;
– accetta la dichiarazione di importazione senza applicazione dell’Iva.
NB: Non appena messa a punto la possibilità per la Dogana di consultare l’archivio delle
dichiarazioni d’intento, NON è più stato necessario presentare alla Dogana la copia cartacea della
dichiarazione d’intento e della ricevuta di presentazione. E’ comunque ancora necessario
continuare a inviare tale documentazione allo spedizioniere doganale incaricato dell’operazione,
al fine di informarlo circa l’intenzione di eseguire l’importazione senza applicazione dell’imposta.
96
PLAFOND
Modifiche dal 2015: adempimenti
L’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 31/E del 30
dicembre 2014 afferma che:
“… l’esportatore è tenuto a trasmettere telematicamente la
dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate, che rilascia
apposita ricevuta telematica. Successivamente l’esportatore
curerà la consegna al fornitore – o in Dogana - della
dichiarazione di intento e della relativa ricevuta di
presentazione presso l’Agenzia.
Il fornitore sarà, pertanto, tenuto a verificare l’avvenuta
trasmissione all’Agenzia delle Entrate prima di effettuare la
relativa operazione, pena l’applicazione delle sanzioni
previste dall’art. 7, comma 4-bis, del d.lgs. n. 471 del 1997,
come riformulato per tenere conto delle nuove modalità
applicative dell’istituto.
97
PLAFOND
Modifiche dal 2015: adempimenti
Il riscontro, a regime, potrà essere effettuato secondo due modalità alternative.
Da subito, per tutti gli operatori, sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it è resa
disponibile una funzione a libero accesso attraverso la quale, inserendo il codice
fiscale del cedente/prestatore, del cessionario/committente nonché il numero di
protocollo della ricevuta telematica, sarà possibile effettuare il predetto riscontro
telematico.
A breve, per i soggetti abilitati ai servizi Entratel o Fisconline sarà possibile verificare
nel proprio cassetto fiscale l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento da
parte del cessionario/committente, unitamente alla ricevuta telematica. Questa
seconda modalità richiede tempi tecnici, per cui sarà inizialmente visibile solo la
ricevuta e, successivamente, anche il documento.
Il medesimo fornitore provvederà, infine, a riepilogare i dati delle dichiarazioni di
intento ricevute nella dichiarazione IVA annuale.
Inoltre, le nuove disposizioni mantengono in vigore alcuni preesistenti obblighi in
capo al dichiarante ed al fornitore, quali la tenuta ed aggiornamento del registro a
norma dell’art. 39 del d.P.R 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni; per le
dichiarazioni ricevute, il fornitore dovrà continuare ad indicare gli estremi delle stesse
nelle fatture emesse, indicando il regime di non imponibilità.
98
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PLAFOND
Modifiche dal 2015: ulteriori aspetti
• Dichiarazioni d’intento emesse / ricevute secondo le vecchie modalità
durante il periodo transitorio;
• Dichiarazione d’intento e operazioni straordinarie;
• Dichiarazione d’intento in Dogana: importo da indicare in dichiarazione
d’intento;
• Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e dichiarazione
cumulativa;
• Dichiarazioni d’intento e operazioni in reverse charge;
• Emissione, per errore, di fattura con applicazione dell’Iva in presenza di
dichiarazione d’intento;
• Revoca della dichiarazione d’intento;
• Verifiche ulteriori circa correttezza del cliente, al fine di evitare si
incappare in situazioni di frode fiscale;
• Violazioni compiute con la normativa precedentemente in vigore;
• Operazioni di triangolazione e plafond.
107
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento emesse / ricevute secondo le vecchie
modalità durante il periodo transitorio
Nel primo Provvedimento citato era stato previsto un regime transitorio:
(…)
5. Decorrenza e disposizioni transitorie
5.1 Fino all’11 febbraio 2015, gli operatori, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della
legge 22 luglio 2000, n. 212, possono consegnare o inviare la dichiarazione d’intento al
proprio cedente o prestatore secondo le modalità̀ vigenti anteriormente alla
emanazione del presente provvedimento. In tal caso il fornitore non dovrà verificare
l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate.
5.2 Gli operatori possono tuttavia avvalersi del sistema di presentazione in via
telematica dal giorno di pubblicazione sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate del
software di cui al punto 2.2.
5.3 Per le dichiarazioni d’intento consegnate o inviate secondo le modalità previste al
punto 5.1, che esplicano tuttavia effetti anche per operazioni poste in essere
successivamente all’11 febbraio 2015, vige l’obbligo, a partire dal 12 febbraio 2015, di
trasmettere le dichiarazioni in via telematica e di riscontrare l’avvenuta presentazione
della dichiarazione all’Agenzia delle Entrate.
108
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento emesse / ricevute secondo le vecchie
modalità durante il periodo transitorio
La Circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015 afferma che:
(….)
4 DICHIARAZIONI D’INTENTO
4.1 Disciplina transitoria
Domanda
In relazione alla disciplina transitoria prevista al punto 5 del
provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 dicembre 2014, si
chiede di confermare che per le dichiarazioni d’intento spedite ai
fornitori prima dell’11 febbraio 2015 con le vecchie modalità, che non
esplichino effetti dopo tale data, non sussista né il nuovo obbligo di
trasmissione all’Agenzia delle Entrate da parte del dichiarante, né
l’obbligo di comunicare i dati all’Agenzia delle Entrate da parte del
fornitore secondo le regole previgenti.
109
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento emesse / ricevute secondo le vecchie
modalità durante il periodo transitorio
Risposta
Come chiarito con la Circolare n. 31/E del 2014, in attuazione dei principi recati dallo Statuto dei diritti
del contribuente, fino all’11 febbraio 2015, gli esportatori possono consegnare o inviare la dichiarazione
d’intento al proprio cedente o prestatore secondo le previgenti modalità. In tal caso, il fornitore non è
tenuto a verificare l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate.
Laddove, tuttavia, le dichiarazioni d’intento già consegnate o inviate secondo le precedenti regole
esplichino effetti per operazioni poste in essere successivamente all’11 febbraio 2015, sussiste l’obbligo
di applicare la nuova disciplina, a partire dal 12 febbraio 2015.
Per individuare puntualmente gli adempimenti richiesti in capo al fornitore e all’esportatore è, pertanto,
necessario distinguere a seconda che l’esportatore abbia inviato al proprio fornitore la dichiarazione
d’intento esclusivamente in relazione ad operazioni da effettuarsi tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015 o
che la dichiarazione d’intento si riferisca anche ad operazioni da effettuarsi successivamente a tale data.
Nel primo caso, coerentemente a quanto chiarito con la Circolare 31/E, l’esportatore avrà
correttamente adempiuto l’obbligo mediante l’invio della dichiarazione al fornitore secondo le vecchie
regole. Il fornitore, diversamente, non è tenuto a trasmettere tale dichiarazione all’Agenzia delle
Entrate, salvo l’obbligo di conservazione della dichiarazione d’intento ricevuta dall’esportatore ai fini del
controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Ciò perché il termine per il fornitore per
trasmettere la dichiarazione d’intento ricevuta secondo la precedente disciplina - prima liquidazione
periodica IVA, mensile o trimestrale, nella quale l’operazione confluisce – scade, con riferimento alle
operazioni poste in essere tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015, successivamente all’entrata in vigore
delle nuove regole (12 febbraio 2015).
110
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento emesse / ricevute secondo le vecchie
modalità durante il periodo transitorio
Si pensi, ad esempio, ad una dichiarazione d’intento riferita ad una singola operazione
effettuata il 5 gennaio 2015. In tale ipotesi, la dichiarazione d’intento inviata
dall’esportatore al fornitore dovrà essere da quest’ultimo esclusivamente conservata e
non anche trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate.
Nel secondo caso, l’esportatore abituale è tenuto a trasmettere, secondo la nuova
disciplina, la dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate, ricomprendendo anche
le operazioni effettuate tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’esportatore abituale abbia inviato al proprio
fornitore, il 20 dicembre 2014, una dichiarazione d’intento riferita all’intero anno 2015
e che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, abbia già effettuato operazioni senza
applicazione dell’imposta. In tale caso, anche se l’esportatore ha già inviato al proprio
fornitore la dichiarazione d’intento secondo le precedenti regole, è tenuto ad
applicare la nuova disciplina, trasmettendo la dichiarazione d’intento telematicamente
all’Agenzia delle Entrate - anche con riferimento alle operazioni effettuate tra il 1°
gennaio e l’11 febbraio 2015 - e curandone la consegna al fornitore, insieme alla
relativa ricevuta di presentazione. Il fornitore è tenuto a verificare l’avvenuta
trasmissione all’Agenzia delle Entrate solo con riferimento alle operazioni poste in
essere successivamente all’11 febbraio 2015.
111
PLAFOND
Dichiarazione d’intento e operazioni straordinarie
4.2 Operazioni straordinarie
Domanda
Si chiede di chiarire quali sono “le operazioni straordinarie” di cui alla
casella 6 del rigo A2 del nuovo modello della dichiarazione d’intento
approvato con provvedimento del 12 dicembre 2014.
Risposta
Le operazioni straordinarie che devono essere evidenziate nel nuovo
modello della dichiarazione d’intento, barrando la casella 6 del rigo A2,
sono tutte quelle operazioni che possono determinare un
trasferimento di plafond tra i soggetti interessati ad un’operazione
straordinaria, come, ad esempio, l’affitto d’azienda, il conferimento,
la fusione, la trasformazione.
112
PLAFOND
Dichiarazione d’intento e operazioni straordinarie
http://www.fiscal-focus.info/fisco/plafond-iva-e-operazioni-straordinarie,3,13816
113
PLAFOND
Dichiarazione d’intento e operazioni straordinarie
L’istituto del plafond è uno strumento che permette ai c.d. esportatori
abituali di effettuare acquisti ed importare beni e servizi senza aggravio
d’imposta. La necessità di un simile istituto deriva dall’esigenza di evitare
penalizzazioni finanziarie per gli operatori economici che intrattengono
relazioni commerciali con l'estero, i quali si troverebbero altrimenti nella
situazione di dover assolvere l'Iva sugli acquisti senza la possibilità di un
successivo riaddebito dell'imposta nei confronti della controparte non
residente, in quanto tali ultime operazioni sono, in linea generale, non
imponibili Iva.
Il trasferimento nelle operazioni straordinarie - Il Decreto IVA non disciplina il
corretto trattamento di tale diritto nelle varie operazioni straordinarie, bensì
si limita a disciplinare il trasferimento della qualifica di esportatore abituale
e il relativo plafond esclusivamente con riguardo all'operazione di affitto
d'azienda (art. 8, co. 4, D.P.R. 633/1972). La lacuna normativa è stata colmata
nel corso del tempo da vari interventi di prassi che hanno fornito chiarimenti
sul tema oggetto di analisi.
114
PLAFOND
Dichiarazione d’intento e operazioni straordinarie
Affitto d’azienda - Le condizioni dettate dal disposto normativo affinché sia possibile
operare nei casi di affitto d’azienda il trasferimento del Plafond sono le seguenti:
1. dichiarazione esplicita di voler operare il trasferimento del plafond nel contratto di
affitto d’azienda;
2. presentazione del modello di variazioni dati IVA entro 30 giorni, utilizzando i modelli
AA9/10 per le persone fisiche e modello AA7/10 per le società. Nello specifico, per ciò
che riguarda la presentazione del modello di variazioni dati IVA, dovrà essere
compilata la sezione 3, del quadro D, del modello AA7/10.
Conferimento - L’Amministrazione Finanziaria nella R.M. 165/E/2008, in parziale
modifica della R.M. 16/E/1996, subordina il passaggio del plafond Iva non "al
trasferimento di tutti i debiti/crediti dell'azienda ma solo delle posizioni attive e
passive necessarie ad assicurare, in situazione di continuità la prosecuzione dell'attività
di impresa rivolta ai clienti non residenti". In altri termini, l'Agenzia, ammette il
trasferimento del plafond a condizione che si realizzi il passaggio dei rapporti giuridici
strettamente collegati e generatori del plafond Iva. Tale concetto è stato ribadito nella
R.M. 124/E/2011. Nel richiamato intervento di prassi, l’Amministrazione Finanziaria
affronta, inoltre, una particolare questione, riguardante il trasferimento del plafond
Iva per effetto di un'operazione di conferimento e l'effettuazione di operazioni di
triangolazione da parte delle società partecipanti al conferimento.
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PLAFOND
Dichiarazione d’intento e operazioni straordinarie
Fusione - Per quanto concerne, la fusione ed il trasferimento del plafond Iva
l'Agenzia delle Entrate ha chiarito con la R.M. 27.6.1974 n. 525029 che,
qualora due o più società si concentrino in una sola, sia per incorporazione
che mediante fusione, la società incorporante ovvero la società derivante
dalla fusione, subentra in tutti gli obblighi ed i diritti delle società preesistenti,
ivi compresa quindi la facoltà di fruire della qualità di esportatore abituale,
eventualmente spettante a queste ultime.
Trasformazione - Per quanto riguarda la trasformazione si sottolinea che
l’operazione comporta solo un cambio di veste giuridica, che non inficia lo
status di esportatore abituale. L’Amministrazione Finanziaria, con le R.M. n.
410792 del 7.7.1978 e n. 410683 del 9.8.1978, ammette la possibilità per una
società derivante da un'operazione di trasformazione di fruire della qualifica
di esportatore abituale, sempreché la medesima società abbia assorbito a
tutti gli effetti i rapporti giuridici attivi e passivi e continui l'attività esortativa
della ditta individuale cessata per effetto dell'operazione di trasformazione
sociale.
116
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: importo da indicare in
dichiarazione d’intento
DICHIARAZIONI DI IMPORTAZIONE E PLAFOND
Nella Nota Prot. N. 17631/RU dell’11 febbraio 2015, l’Agenzia delle Dogane afferma
che:
Importo dell’operazione indicato nella dichiarazione d’intento
Considerato che solo a conclusione dell’accertamento doganale si determina l’importo
esatto del valore imponibile ai fini IVA della merce da importare (al calcolo di detto
importo, oltre al valore di fattura, concorrono elementi quali assicurazione, nolo,
dazio, royalties, tasse portuali, ecc.) è stato richiesto all’Agenzia delle Entrate di
apportare talune modifiche al modello della dichiarazione di intento .
Per effetto delle modifiche apportate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle Entrate in data 11 febbraio c.a., pubblicato sul sito istituzionale dell’Agenzia
stessa, per quanto concerne l’importo dell’operazione, nel riquadro del modello
relativo alla “dichiarazione”, l’importatore dovrà indicare un “valore presunto”
dell’imponibile ai fini IVA dell’operazione d’importazione che intende effettuare che
tenga cautelativamente conto, per eccesso, di tutti gli elementi che concorrono al
calcolo del suddetto imponibile.
117
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: importo da indicare in
dichiarazione d’intento
Come chiarito nelle istruzioni per la compilazione del campo 1
del modello di dichiarazione di intento, ai fini dell’impegno
del plafond IVA, l’importo effettivo sarà, invece, quello
risultante dalla dichiarazione doganale collegata alla
dichiarazione d’intento.
** *
Codeste Direzioni Interregionali, Regionali e Interprovinciale di
Trento e Bolzano vorranno assicurare la massima diffusione
delle presenti istruzioni presso le Strutture territoriali e le
Associazioni interessate in ambito locale, non mancando di
segnalare eventuali criticità o difficoltà che dovessero
insorgere in sede applicativa.
118
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
AGENZIA DELLE ENTRATE - Risoluzione N. 38/E del 13 aprile 2015
Con l’entrata in vigore dell’art. 20 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n.
175, comportante modifiche in tema di comunicazione all’Agenzia delle
entrate dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento, sono state sottoposte
all’attenzione della scrivente talune criticità operative connesse ad un
precedente orientamento interpretativo dell’amministrazione finanziaria. In
particolare, la consolidata prassi, instauratasi a seguito del chiarimento
fornito con Risoluzione n. 355235 del 27 luglio 1985 della Direzione Generale
delle Tasse ed Imposte indirette sugli Affari, prevede che, in caso di
importazione di beni, la dichiarazione d’intento debba essere presentata in
dogana per ogni singola operazione, stante la necessità, all’epoca, di
effettuare i dovuti riscontri per ciascuna singola operazione doganale.
Il citato articolo 20 del Decreto legislativo n. 175 del 2014 prevede che
l’Agenzia delle entrate metta a disposizione dell’Agenzia delle Dogane e dei
Monopoli la banca dati delle dichiarazioni d’intento, fornendo così un nuovo
strumento che consente più efficaci attività di controllo.
119
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Pertanto, ai fini dei controlli medesimi non si ravvisano motivi ostativi alla
possibilità di ammettere che, analogamente a quanto previsto per gli
acquisti di beni e servizi da fornitori/prestatori nazionali, una dichiarazione
d'intento possa riguardare una serie di operazioni doganali d'importazione,
fino a concorrenza di un determinato ammontare da utilizzarsi nell'anno di
riferimento.
In effetti, l’art. 1, comma 1, lett. c) del decreto legge 29 dicembre 1983, n.
746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17
prevede che “l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o
importazioni senza applicazione dell'imposta risulti da apposita dichiarazione,
redatta in conformità del modello approvato con decreto del Ministro delle
finanze, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante
nonché l'indicazione dell’Ufficio competente nei suoi confronti, trasmessa
telematicamente all’Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta
telematica. La dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione
rilasciata dall’Agenzia delle entrate, sarà consegnata al fornitore o prestatore,
ovvero in dogana”.
120
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Alla luce delle predette considerazioni, sentita la competente
articolazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, si ritiene
superato l’orientamento assunto dall’Amministrazione finanziaria con
la citata risoluzione n. 355235 del 27 luglio 1985, richiamata nelle
istruzioni alla compilazione del nuovo modello di dichiarazione delle
lettere d’intento con cui era stato precisato che “nel caso di
importazioni di beni la dichiarazione d’intento deve essere presentata
in dogana per ogni singola operazione specificando il relativo importo
(...)”.
Da quanto sopra esposto ne consegue che per le operazioni di
importazione l’operatore potrà compilare alternativamente il campo
1 ovvero il campo 2 del modello di dichiarazione d’intento, inserendo
in quest’ultimo caso l’importo corrispondente all’ammontare della
quota parte del proprio plafond IVA che presume di utilizzare
all’importazione nel periodo di riferimento.
IL DIRETTORE CENTRALE Aldo Polito
121
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
AGGIORNAMENTO ISTRUZIONI
Aggiornamento delle istruzioni relative al modello di dichiarazione d’intento
di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’imposta sul
valore aggiunto
(in base a quanto previsto al punto 2.2 del provvedimento di approvazione del
modello di dichiarazione d’intento del 12 dicembre 2014)
20 aprile 2015
- A seguito della pubblicazione della risoluzione n. 38 del 13 aprile 2015
sono apportate le seguenti modificazioni: alla pagina 2 delle istruzioni, nel
paragrafo “Dichiarazione”, il periodo: “Nel caso di importazioni di beni la
dichiarazione d’intento deve essere presentata in dogana per ogni singola
operazione specificando il relativo importo (Ris. Min. Finanze 27/07/1985, n.
355235)” è sostituito dal seguente periodo: “Nel caso di importazioni di beni
l’operatore potrà compilare, alternativamente, il campo 1 (una sola
operazione per un importo fino a euro) ovvero il campo 2 (operazioni fino a
concorrenza di euro)”.
122
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
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PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Nota Agenzia delle Dogane Protocollo 46452/RU, del 20 aprile 2015
OGGETTO: Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 - Art. 20 .
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 38/E del 13 aprile 2015.
Predisposizione dei sistemi degli operatori per l’eliminazione
dell’obbligo di consegna della copia cartacea della dichiarazione
d’intento e della relativa ricevuta di presentazione agli uffici doganali.
Con nota n. 17631/RU dell’11 febbraio 2015 della Direzione centrale
legislazione e procedure doganali sono state impartite le istruzioni per
l’utilizzo in dogana delle dichiarazioni d’intento valide per una sola
operazione e per la loro corretta indicazione nella casella 44 del DAU.
Dal monitoraggio effettuato da questa Direzione sulla qualità dei dati
delle dichiarazioni doganali si è riscontrata una altissima percentuale
di errori nell’indicazione degli estremi delle dichiarazioni di intento.
124
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Tenuto conto che la corretta indicazione di tali estremi costituisce
requisito imprescindibile per accedere alla banca dati delle
dichiarazioni d’intento ed attivare i controlli necessari per dispensare
dalla consegna in dogana della copia cartacea della dichiarazione
d’intento e della relativa ricevuta di presentazione, saranno attivati
controlli di natura bloccante, che inibiranno la registrazione della
dichiarazione doganale. Onde evitare ricadute che pregiudichino
l’operatività degli utenti, come di consueto, si procederà ad una
attivazione graduale dei controlli in parola.
A partire dal prossimo 21 aprile saranno, pertanto, attivati controlli
bloccanti che comporteranno il rifiuto della registrazione della
dichiarazione doganale qualora non siano rispettate le regole di
compilazione indicate nella citata nota prot. n. 7631/RU, fornendo
come di consueto indicazioni dell’errore riscontrato.
125
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
In linea con quanto previsto dalla Risoluzione n. 38/E l del 13 aprile
2015, con comunicazione del 20 aprile 2015 pubblicata sul proprio sito
internet, l’Agenzia delle Entrate ha aggiornato le istruzioni per la
compilazione delle dichiarazioni di intento.
E’ ora consentito presentare una dichiarazione di intento, ai fini
dell’utilizzo del plafond in dogana, valida per più operazioni doganali
fino alla concorrenza dell’importo ivi indicato.
In relazione a tali modifiche sono state già sviluppate le procedure per
la gestione della dichiarazioni di intento della specie che comprendono
altresì la predisposizione di “conti scalare” e di controlli correlati che
inibiranno la registrazione della dichiarazione doganale nel caso di
eventuale superamento dell’importo indicato nella dichiarazione
d’intento medesima.
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PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Con successiva nota, che sarà diramata non appena si ridurrà la percentuale
degli errori di compilazione riguardanti gli estremi della dichiarazione
d’intento di cui si è detto in premessa, si comunicherà la data a partire dalla
quale saranno in esercizio tali procedure, condizione necessaria per l’utilizzo
in dogana anche della dichiarazione d’intento valida per più operazioni.
Con la stessa nota saranno diramate le istruzioni di dettaglio relative
all’attivazione dei controlli sostanziali bloccanti che consentiranno la
dispensa dalla consegna in dogana della copia cartacea delle dichiarazioni di
intento trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate e delle relative
ricevute di presentazione per ambedue i tipi di dichiarazioni d’intento.
Pertanto, sino a tale data rimangono valide le istruzioni diramate con la
richiamata nota 17631/RU.
Il Direttore Centrale
f.to Teresa Alvaro
127
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Dal 25 maggio 2015 le dichiarazioni di intento in dogana potranno essere
presentate cumulativamente per più operazioni e gli importatori saranno
dispensati dalla presentazione cartacea del documento valido per evitare
l’applicazione dell’Iva al confine. La nota 58510/15 dell’agenzia delle Dogane
supera infatti la riserva formulata dalla stessa Agenzia, con la quale
l’applicabilità del sistema integrato con le Entrate era stato ridotto alle sole
dichiarazioni di intento singole, presentate «one to one» con una sola
dichiarazione doganale e non anche a quelle cumulative.
La ragione risiedeva essenzialmente nella necessità degli uffici di adeguare i
sistemi informativi a fronte dei numerosi errori riscontrati nelle dichiarazioni
doganali presentate dagli operatori, nonché nell’attuazione completa
dell’interoperabilità con l’agenzia delle Entrate. Ora, finalmente, dal 25
maggio 2015, tutto diventa operativo. Pertanto, a decorrere da tale data, in
applicazione dell’articolo 20 del Dlgs 175/2014, gli operatori sono dispensati
dalla consegna in dogana della copia cartacea della dichiarazione d’intento e
della relativa ricevuta di presentazione ed è consentito l’utilizzo di un’unica
dichiarazione d’intento per più operazioni doganali.
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PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
L’obiettivo, dunque, è quello di dare corso alla risoluzione 38/E/2015
delle Entrate, con la quale l’amministrazione, superando la precedente
impostazione, ha ammesso la possibilità per il contribuente di
produrre un’unica dichiarazione cumulativa, valida per più operazioni,
superando una criticità operativa molto sentita dagli operatori e ora
finalmente risolta.
Resta però a livello tecnico la necessità per gli importatori di curare o
far curare con estrema attenzione le operazioni doganali senza il
pagamento dell’imposta, poiché la Dogana segnala ancora l’esistenza
di criticità che potrebbero inibire formalmente o sostanzialmente la
validità e la presentazione delle dichiarazioni di intento. Ad esempio,
devono risultare congruenti i riferimenti, le diciture e i codici «EORI»
del soggetto importatore presente sul «DAU» e del richiedente della
dichiarazione d’intento.
129
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
Allo stesso modo, congruente deve essere l’anno indicato nella data di accettazione
della dichiarazione doganale con le indicazioni recate dalle dichiarazioni di intento
nell’apposito campo.
Se all’atto dell’invio del «DAU» la risposta del sistema è «dichiarazione d’intento non
più utilizzabile», significa che la dichiarazione d’intento emessa per la singola
operazione è già stata precedentemente utilizzata in altra dichiarazione doganale. Se
invece la risposta del sistema è «Plafond insufficiente» o «plafond residuo
insufficiente», significa che l’importo dell’Iva liquidato in bolletta al campo 47 non è
garantito dall’ammontare di credito disponibile.
Infine, in risposta a quesiti posti, le Dogane colgono l’occasione per precisare sul
piano operativo che tutte le dichiarazioni d’intento possono essere utilizzate presso
qualunque ufficio delle Dogane, senza alcuna limitazione di carattere territoriale.
In definitiva, dal 25 maggio gli operatori avranno la piena facoltà di lavorare in
maniera molto più snella e rapida, per singola operazione o per più operazioni di
sdoganamento, gestendo il “salto” di imposta in un nuovo ambiente paperless e
semplificato.
Benedetto Santacroce
Ettore Sbandi
130
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
AGENZIA DOGANE - Nota Prot. 58510/RU del 20 maggio 2015
(….) , per le operazioni di importazione, l’operatore può compilare
alternativamente il campo 1 ovvero il campo 2 del modello di
dichiarazione d’intento.
Nel primo caso, inserisce il “valore presunto” dell’imponibile ai fini IVA
dell’operazione d’importazione che intende effettuare che tenga
cautelativamente conto, per eccesso, di tutti gli elementi che
concorrono al calcolo del suddetto imponibile ai fini dell’impegno del
plafond IVA, in quanto l’importo effettivo è quello risultante dalla
dichiarazione doganale collegata alla dichiarazione d’intento.
Nel secondo caso, inserisce l’importo corrispondente all’ammontare
della quota parte del proprio plafond IVA che presume di utilizzare
all’importazione nel periodo di riferimento.
131
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
2. Utilizzo del plafond IVA nella dichiarazione doganale
Il sistema AIDA, in fase di acquisizione della dichiarazione di importazione,
controlla l’esistenza e la validità della dichiarazione d’intento, la capienza
del plafond IVA (sulla base dell’importo inserito nella dichiarazione
d’intento trasmessa all’Agenzia delle entrate) e la corrispondenza tra i dati
dell’importatore e i dati del dichiarante riportati nella dichiarazione
d’intento. In caso di incongruenze il sistema rigetta la dichiarazione di
importazione.
All’atto dello svincolo della dichiarazione d’importazione, il sistema AIDA
invia, in tempo reale, al sistema informativo dell’Agenzia delle entrate
l’importo effettivamente utilizzato e, nel caso in cui tale notifica si
riferisca:
ad una DI-1, la dichiarazione d’intento non sarà più spendibile per altra
operazione doganale;
ad una DI-2, viene determinata la disponibilità residua aggiornando il
saldo del conto a scalare.
132
PLAFOND
Dichiarazione d’intento in Dogana: dichiarazione singola e
dichiarazione cumulativa
(…)
5. Avvio dell’interoperabilità
Avendo ora verificato una drastica riduzione degli errori di compilazione di cui
al precedente punto 4), la presente scioglie la riserva formulata con la citata
nota 46452/RU, fissando al 25 maggio 2015 la data di attivazione dei nuovi
controlli e dell’interoperabilità con l’Agenzia delle entrate.
Pertanto, a decorrere da tale data, in applicazione dell’art. 20 del citato
decreto Legislativo n. 175/2014, gli operatori sono dispensati dalla consegna
in dogana della copia cartacea della dichiarazione d’intento e della relativa
ricevuta di presentazione ed è consentito l’utilizzo della dichiarazione
d’intento valida per più operazioni doganali.
Infine, in risposta a quesiti posti dagli operatori, si coglie l’occasione per
precisare, che le dichiarazioni d’intento possono essere utilizzate presso
qualunque Ufficio delle Dogane, senza alcuna limitazione di carattere
territoriale.
133
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento e operazioni in reverse charge
PLAFOND E REVERSE CHARGE (prestazioni singole – prestazioni plurime)
Circolare n. 14/E del 27 marzo 2015
(…)
9. UTILIZZO DEL PLAFOND
In merito all’applicazione della disciplina relativa agli acquisti senza
pagamento dell’imposta, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), del DPR n.
633 del 1972, si precisa che, qualora la lettera di intento inviata
dall’esportatore abituale sia emessa con riferimento ad operazioni
assoggettabili al meccanismo dell’inversione contabile, di cui all’articolo 17,
comma 6, del medesimo DPR n. 633, relativamente a tali operazioni troverà
applicazione la disciplina del reverse charge, che, attesa la finalità antifrode,
costituisce la regola prioritaria.
Tali operazioni, pertanto, dovranno essere fatturate ai sensi dell’articolo 17,
comma 6, del DPR n. 633 del 1972 e non ai sensi dell’articolo 8, comma 1,
lettera c), del medesimo DPR n. 633. Conseguentemente, per tali operazioni
non potrà essere utilizzato il plafond.
134
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento e operazioni in reverse charge
Può verificarsi, inoltre, il caso di un esportatore abituale che riceva dai
fornitori delle fatture ove non sia facile scindere (anche per ragioni di
formulazione del contratto) la parte soggetta al regime del reverse charge da
quella soggetta all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie.
In tali ipotesi, in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità
di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile
e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si
dovrà procedere alla scomposizione dell’operazione oggetto del contratto,
individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse
charge. Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile - come sopra
precisato - costituisce la regola prioritaria. In tale ipotesi, pertanto, le singole
prestazioni (ad es. demolizione, installazione di impianti e opere di
completamento), ancorché formino oggetto di un unico contratto di appalto,
devono essere distinte dalle altre prestazioni di servizi ai fini della
fatturazione, in quanto soggette in via autonoma al meccanismo
dell’inversione contabile.
135
PLAFOND
Emissione, per errore, di fattura con applicazione dell’Iva in
presenza di dichiarazione d’intento
La Circolare n. 8/E DEL 13 MARZO 2009 afferma che:
(…)
6.9 Detrazione dell'imposta erroneamente addebitata
QUESITO: Un contribuente che riceve una fattura con IVA relativa
ad acquisto di beni o servizi assoggettati ad imposta, ma
riferita ad operazioni "non imponibili" (ad esempio perché ha
rilasciato una dichiarazione d'intenti quale "esportatore
abituale" ma il fornitore non ne ha tenuto conto in quanto
non ha ancora ricevuto la comunicazione, ….. , può
legittimamente detrarre l'IVA a lui addebitata ai sensi e nei limiti
di cui agli articoli 19 e seguenti del d.P.R. n. 633 del 1972. Se,
invece, la fattura si riferisce ad una operazione "esente" da
IVA ai sensi dell'articolo 10, ovvero "non soggetta" ad imposta
e senza diritto a detrazione da parte del fornitore, può
detrarre l'IVA erroneamente a lui addebitata?
136
PLAFOND
Emissione, per errore, di fattura con applicazione dell’Iva in
presenza di dichiarazione d’intento
RISPOSTA
L'articolo 8, primo comma, lettera c), del d.P.R. n. 633 del 1972
prevede che gli esportatori abituali, per poter acquistare o importare
beni e servizi senza applicazione dell'imposta sul valore aggiunto
devono consegnare o spedire al fornitore o prestatore (ovvero presentare
in dogana) una dichiarazione d'intento prima di effettuare l'operazione
(cfr. articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto legge 29 dicembre
1983 n. 746). Dal dato letterale della norma si desume che
l'esportatore abituale ha una facoltà (non un obbligo) di avvalersi
dell'agevolazione in parola; tuttavia se l'esportatore comunica al
cedente/prestatore di volersene avvalere, quest'ultimo ha l'obbligo di
conformarsi alla richiesta. Peraltro, se il fornitore non ha ancora
ricevuto la dichiarazione d'intento, egli é tenuto ad emettere la
fattura con applicazione dell'imposta e, a sua volta, il
cessionario/committente ha diritto ad esercitare la detrazione, entro i
termini e nei limiti di cui agli articoli 19 e seguenti del d.P.R. n. 633
del 1972 …..
137
PLAFOND
Emissione, per errore, di fattura con applicazione dell’Iva in
presenza di dichiarazione d’intento
Diversamente, il cessionario/committente nei cui confronti il
cedente/prestatore abbia erroneamente esercitato la rivalsa per
un'operazione oggettivamente non soggetta ad IVA o esente, non ha titolo
per esercitare il diritto alla detrazione. In argomento, si evidenzia che
sia la Corte di Giustizia europea (cfr sentenza 13 dicembre 1989, in causa
C-342/87, Genius Holding) sia la Corte di Cassazione (cfr sentenze n.
12547/2001 e n. 1607 del 25 gennaio 2008, n. 1607), ritengono che
l'esercizio del diritto di detrazione contemplato dalla VI Direttiva per le
merci ed i servizi acquistati deve limitarsi alle sole imposte dovute,
vale a dire alle imposte corrispondenti ad un'operazione soggetta
ad IVA o versate in quanto effettivamente dovute, e non si estende
all'imposta addebitata solo perché indicata in fattura. In particolare la
Corte di Giustizia ha escluso che per il cessionario/committente
il diritto alla detrazione dell'imposta derivi, come automatica
conseguenza, dall'obbligo di pagare l'IVA indicata in fattura dal
cedente/prestatore.
138
PLAFOND
Revoca della dichiarazione d’intento
L’esportatore abituale può decidere di revocare la
dichiarazione d’intento già rilasciata al fornitore
provvedendo ad inviare al fornitore la relativa
comunicazione (è opportuno inviarla tramite PEC o
con raccomandata AR).
Nel nuovo Modello e nelle relative Istruzioni NON vi
è traccia della revoca della dichiarazione d’intento.
Di conseguenza valgono le vecchie regole in tema di
comunicazione cartacea.
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PLAFOND
Verifiche ulteriori circa correttezza del cliente, al fine di evitare si
incappare in situazioni di frode fiscale
DICHIARAZIONI D’INTENTO IDEOLOGICAMENTE FALSE, IL CEDENTE
DEVE DIMOSTRARE LA PROPRIA ESTRANEITÀ ALLA FRODE:
Con Ordinanza 9 gennaio 2015, n. 176 e con sentenza del 6 marzo
2015, n. 4593, la Corte di Cassazione, in linea e a conferma di
precedenti sentenze, ha chiarito che in caso di dichiarazione d’intento
ideologicamente falsa, l’obbligo del cedente di assolvere l’IVA sui beni
oggetto dell’operazione è escluso solo nella misura in cui risulti
provato che egli abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo
potere al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non lo
conducesse a partecipare alla frode.
In particolare, secondo la Corte la non imponibilità IVA delle cessioni
non può essere correlata alla sola formale sussistenza della
dichiarazione, occorrendo che il cedente dimostri, in caso di
dichiarazioni d’intento ideologicamente false, l’assenza di un proprio
coinvolgimento nell’attività fraudolenta del cessionario.
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PLAFOND
Verifiche ulteriori circa correttezza del cliente, al fine di evitare si incappare in
situazioni di frode fiscale
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PLAFOND
Verifiche ulteriori circa correttezza del cliente, al fine di evitare si incappare in situazioni di frode fiscale
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PLAFOND
Verifiche ulteriori circa correttezza del cliente, al fine di evitare si incappare in situazioni di frode fiscale
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PLAFOND
Verifiche ulteriori circa correttezza del cliente, al fine di evitare
si incappare in situazioni di frode fiscale
In presenza di nuovi clienti, è consigliabile svolgere
alcuni controlli al fine di dimostrare la propria buona
fede:
• controllare l’anzianità del cessionario / committente;
• verificare il tipo di attività dal medesimo svolta (alcune
attività sono reputate a rischio);
• Reperire, esaminare e tenere agli atti la visura del
Registro imprese dell’impresa cliente;
• Elevare il livello del controllo in presenza di:
– proposta di mezzi di pagamento insoliti;
– assenza di trattative sui prezzi proposti;
– altri segnali di possibile frode.
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PLAFOND
Dichiarazioni d’intento: violazioni compiute in base alla
precedente normativa
PUNTI DUBBI
• effetti della nuova normativa con riferimento alle violazioni commesse
nella vigenza delle precedenti disposizioni:
– Sanzioni per ritardata o omessa comunicazione telematica degli estremi delle
dichiarazioni d’intento;
– Responsabilità solidale del fornitore per il versamento dell’imposta (l’articolo
1, comma 384, della legge 311/2004).
La responsabilità solidale è stata introdotta con l’articolo 1, comma 384, della
legge 311/2004, secondo cui “Chiunque omette di inviare, nei termini previsti,
la comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ultimo periodo, del
decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 1984, n. 17, introdotto dal comma 381, o la invia con dati
incompleti o inesatti, è responsabile in solido con il soggetto acquirente
dell'imposta evasa correlata all'infedeltà della dichiarazione ricevuta)”.
Sul punto, cfr. A. Borgoglio, Non punibile l’omessa trasmissione al Fisco della
lettera d’intento, Eutekne Info del 6 febbraio 2015.
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PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
146
PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
PLAFOND VINCOLATO
Tralasciando il caso del commissionario, in ipotesi di
operazioni di triangolazione, il promotore di tali
operazioni (il soggetto italiano acquirente – rivenditore),
genera due tipologie di plafond:
• Un plafond libero: di importo pari al margine
commerciale (differenza tra ricavo di vendita e costo di
acquisto);
• E un plafond vincolato: di importo pari al costo di
acquisto.
I due plafond, come si potrà leggere nel seguito,
presentano regole di funzionamento diverse.
147
PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
Esempi:
1) Impresa italiana IT1 (promotrice dell’operazione triangolare) acquista
merce da fornitore italiano IT2, per 100, la cede a cliente estero (di altro
Paese Ue o di Paese extra Ue) per 120, dando incarico al fornitore di inviare
la merce a tale cliente estero;
2) impresa italiana IT (promotrice dell’operazione triangolare) acquista merce
da fornitore di altro Paese Ue (ad esempio: FR), per 100, la cede a cliente di
altro Paese Ue (ad esempio,: DE), per 120, dando incarico al fornitore di
inviare la merce al cliente estero DE.
In tali evenienze, l’impresa italiana genera due tipologie di plafond:
• 1 plafond libero: per l’importo del margine commerciale (120-100= 20);
• 1 plafond vincolato: per l’importo del costo della merce: 100.
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PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
L’articolo 8, comma 2, del Dpr n. 633/1972 afferma che:
“Le cessioni e le prestazioni di cui alla lettera c) sono effettuate senza
pagamento dell'imposta ai soggetti indicati nella lettera a), se
residenti, ed ai soggetti che effettuano le cessioni di cui alla lettera b)
del precedente comma su loro dichiarazione scritta e sotto la loro
responsabilità, nei limiti dell'ammontare complessivo dei corrispettivi
delle cessioni di cui alle stesse lettere dai medesimi fatte nel corso
dell'anno solare precedente. I cessionari e i commissionari possono
avvalersi di tale ammontare integralmente per gli acquisti di beni che
siano esportati nello stato originario nei sei mesi successivi alla loro
consegna e, nei limiti della differenza tra esso e l'ammontare delle
cessioni dei beni effettuate nei loro confronti nello stesso anno ai
sensi della lettera a), relativamente agli acquisti di altri beni o di
servizi. (….)”.
149
PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
La Circolare n. 13/E del 23 febbraio 1994 (in tema di
operazioni intracomunitarie) afferma che:
“Si fa altresì presente che per i commissionari in ogni caso e
per gli operatori economici nazionali che intervengono nelle
operazioni triangolari nella veste di acquirenti-cedenti, il
plafond può essere utilizzato, per gli acquisti - anche
intracomunitari - di beni e servizi e per le importazioni di beni,
senza alcun vincolo, nei limiti della differenza tra i corrispettivi
relativi alle cessioni di beni trasportati o spediti in altro Stato
comunitario ed il prezzo di acquisto degli stessi beni, con
facoltà di utilizzare il predetto plafond per intero per acquisti
o importazioni di beni da inviare all'estero (Paesi comunitari
e non) allo stato originario entro il termine di sei mesi dalla
consegna.”.
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PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
Riguardo alle regole di funzionamento:
• Riguardo al plafond libero valgono le regole
ordinarie.
• Riguardo al plafond vincolato, esso può essere
utilizzato solo per acquistare (in Italia) beni da
inviare all’estero, tali e quali (senza
trasformazioni), entro 6 mesi dall’acquisto.
151
PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
In particolare, riguardo agli utilizzi:
• L’articolo 8, comma 2, contempla la sola ipotesi dei
beni (acquistati con il plafond vincolato) da esportare
(inviare in Paese extra Ue) entro 6 mesi dall’acquisto;
• La Circolare n. 13/E del 1994, ammette che i beni
acquistati con il plafond vincolato possano formare
oggetto, indifferentemente, di cessione
all’esportazione o di cessione intracomunitaria.
E’ da ritenere che tale ultima interpretazione possa valere
anche per il plafond vincolato generato da cessioni
all’esportazione in triangolazione. Mancano comunque
disposizioni sul punto.
152
PLAFOND
Operazioni di triangolazione e plafond
L’impresa italiana che acquista beni con il plafond vincolato deve comunque
comprovare che gli stessi sono stati inviati all’estero, tali e quali (cioè senza
trasformazioni), entro 6 mesi dall’acquisto:
• Per i beni che formano oggetto di cessione all’esportazione, come
afferma Renato Portale, Imposta sul valore aggiunto, 2014, p. 374): “Deve
trattarsi, quindi di prodotti che vengono esportati “tal quali” e la prova di
ciò deve risultare da una copia della fattura di acquisto, emessa dal
fornitore, recante il visto della dogana che convalida l’operazione”.
• Per i beni formanti oggetto di cessione intracomunitaria, occorre essere
in grado di dimostrare che i beni che formano oggetto di cessione
intracomunitaria sono esattamente quelli che erano stati acquistati entro
6 mesi dall’acquisto, senza subire trasformazioni.
Il Plafond vincolato presenta pertanto una gestione molto delicata. E’
consigliabile utilizzarlo solo per i beni che formano oggetto di cessione
all’esportazione, considerata la più semplice e incontrovertibile
dimostrazione dei requisiti richiesti.
153
PLAFOND
dichiarazioni d’intento inviate a dicembre 2015 riferibili al 2016
Nei prossimi giorni dovrebbero essere pubblicati:
• il software di trasmissione necessario per consentire
tale comportamento;
• Una Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate che riprende
la Risoluzione n. 355803 del 26 luglio 1985, circa la
possibilità di invia la comunicazione entro il 31
dicembre 2015;
• Riguardo alla numerazione, vale la numerazione 2016;
• La firma, con o senza timbro aziendale, non servirebbe
in quanto, già l’autorizzazione alla trasmissione
telematica è data dopo aver legittimato il
rappresentante legale.
PLAFOND
Dichiarazioni d’intento relative al periodo d’imposta successivo
Risoluzione n. 355803 del 26 luglio 1985
I.v.a.. Dichiarazioni di intento.
Sintesi: L'art.1, comma 1, lett.c, del d.l. 29 dicembre 1983, n.746 stabilisce che la dichiarazione di intento deve essere consegnata o spedita al
fornitore o prestatore anteriormente all'effettuazione delle operazioni agevolate, e non anche che l'invio o la consegna debbano avvenire
necessariamente nello stesso anno in cui l'esportatore intenda fruire del beneficio di effettuare acquisti di beni o prestazioni di servizi senza il
pagamento dell'imposta. Da ciò consegue che le ditte aventi lo status di esportatore abituale possono inviare le dichiarazioni di intenti nel
mese di dicembre di un anno ma con riferimento agli acquisti agevolati da porre in essere nell'anno successivo.
Testo:
•
L'Unione Industriale ..... chiede in sostanza di conoscere se possano considerarsi valide le dichiarazioni d'intento - di cui all'art. 1, 1 comma,
lett. c), del D.L. 29.12.1983, n. 746, convertito nella legge 27.2.1984, n. 17, - che le ditte aventi lo "status" di esportatore non occasionale
inviano ai propri fornitori nel mese di dicembre di un anno ma con riferimento ad acquisti agevolati da porre in essere nell'anno successivo. Al
riguardo la scrivente, in conformità al parere espresso da codesto Ufficio, ritiene che al quesito possa darsi risposta affermativa. La cennata
disposizione legislativa, infatti, stabilisce soltanto che la dichiarazione d'intento venga consegnata o spedita al fornitore o prestatore
anteriormente all'effettuazione delle operazioni agevolate e non anche che l'invio o la consegna avvenga necessariamente nello stesso anno
in cui l'esportatore o l'operatore assimilato, trovandosi nelle condizioni previste dalla legge, intenda fruire del beneficio di effettuare acquisti
di beni e servizi senza il pagamento dell'imposta. D'altra parte, se e' vero che la sussistenza del presupposto richiesto dalla legge (ammontare
delle cessioni all'esportazione registrate nell'anno precedente o nei 12 mesi precedenti superiore al 10% del volume d'affari), per effettuare
acquisti senza il pagamento dell'I.V.A. può essere verificata soltanto alla data del 31 dicembre di ogni anno, non può tuttavia escludersi la
possibilità che in pratica l'operatore già nel corso di detto mese sia in possesso di elementi tali che possano dargli la certezza del superamento
della cennata percentuale del 10%. E' evidente, del resto, che in presenza di tale ipotesi, ove l'operatore decida di inviare o consegnare ai
propri fornitori le dichiarazioni nel corso dell'ultimo mese dell'anno perché possano avere immediata efficacia a partire dal primo giorno
dell'anno successivo, lo stesso si assume ogni responsabilità per l'eventuale errata determinazione della suddetta percentuale. La scrivente e'
inoltre dell'avviso che non possano considerarsi irregolari le dichiarazioni di cui trattasi in quanto il modello di dichiarazione approvato con il
D.M. 26.1.1982 reca non solo (in calce) lo spazio per l'indicazione della data di emissione, ma anche (in alto a destra) quello per l'indicazione
dell'anno al quale essa si intende riferita. E' appena il caso di far presente che alle dichiarazioni, ai fini della loro validità, deve essere data, sia
dal dichiarante che la rilascia sia dai fornitori che le ricevono, una numerazione distinta, con conseguente separata annotazione, rispetto a
quella dell'anno precedente.
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PLAFOND
Dichiarazioni d’intento relative al periodo d’imposta successivo
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PLAFOND
Dichiarazioni d’intento relative al periodo d’imposta successivo
Agenzia delle Entrate - Contact Center <[email protected]> 24/01/200 6 14.36.00
>>> Testo richiesta informazioni: ..Lettere di intento:
in base alla ris.355803/1985 gli esportatori abituali possono emettere nel dicembre lettere di intento
con validità nell'anno successivo ('anticipate'). Queste devono essere protocollate dal fornitore con
serie distinta dalle altre ricevute dell'anno.Sono pertanto a chiederVi se è ammissibile
l'introduzione di una serie (alfa) per queste 'anticipate'. Inoltre, nel caso la serie non fosse
ammissibile occorrendo ricominciare numerando da 1 tale numerazione deve essere riferita
all'anno successivo (quello di validità delle lettere) o all'anno di effettivo ricevimento?Nel caso in
cui la numerazione debba essere riferita all'anno successivo per le lettere ricevute da gennaio in poi
occorre continuare la serie utilizzata con le 'anticipate' oppure ricominciare da 1?
Testo risposta: Gentile contribuente, la citata risoluzione, non specifica il modo in cui annotare
separatamente le lettere di intento ricevute a dicembre 2005 per l'anno 2006. Pertanto, nel caso di
specie, si ritiene che l'introduzione di una serie alfa, con riferimento all'anno 2005, soddisfi il
requisito richiesto dalla Risoluzione ministeriale. Di conseguenza, solo per le lettere di intento che
riceverà nel corso del 2006, la numerazione partirà dal numero uno.
La presente risposta non è resa a titolo di interpello ordinario ai sensi dell'art.11 della legge n.212 del
2000, bensì a titolo di assistenza al contribuente ai sensi della Circolare Ministeriale n.99/E del
18/05/2000.
Si prega di non rispondere a questa e-mail in quanto inoltrata da una casella di posta di servizio non
abilitata a ricevere messaggi. Agenzia delle Entrate Centro di Assistenza Multicanale di Pescara
Contact Center IL DIRETTORE Tiziana Capaldo
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PLAFOND
dichiarazione precompilata
PLAFOND
dichiarazione precompilata
Da oggi gli esportatori abituali potranno compilare
più velocemente le dichiarazioni d’intento da
inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate
per poter effettuare acquisti o importazioni senza
applicazione dell’Iva. Con l’aggiornamento del
software, pubblicato oggi sul sito
www.agenziaentrate.it, i contribuenti potranno
“importare” nelle dichiarazioni d’intento tutti i
dati contenuti nel frontespizio di una dichiarazione
già compilata e raggruppare più dichiarazioni in un
unico file in modo da inviare in un'unica soluzione
più lettere di intento.
PLAFOND
dichiarazione precompilata
L’Agenzia ha introdotto le due nuove funzionalità allo scopo di
agevolare i contribuenti che utilizzano l’applicazione per
compilare tanti modelli. Adesso sarà possibile importare da
una dichiarazione precedentemente compilata tutti i dati
anagrafici e sarà possibile raggruppare più dichiarazioni in un
unico file per poter inviare in un'unica soluzione più lettere di
intento. L’aggiornamento del software per le dichiarazioni
d’intento recepisce le esigenze segnalate dai contribuenti.
Il software aggiornato, con le relative istruzioni, è disponibile
sul sito dell’Agenzia delle Entrate al percorso: Home Strumenti - Software di compilazione - Software - Modelli di
dichiarazione.
Roma, 4 dicembre 2015
PLAFOND
dichiarazione precompilata
PLAFOND
dichiarazione precompilata
Con comunicato stampa del 4 dicembre 2015, l’Agenzia delle Entrate ha
informato che, da ieri, i soggetti passivi IVA che si qualificano come
esportatori abituali (ex art. 8, comma 1, lett. c) del DPR 633/72) possono
compilare più velocemente le dichiarazioni d’intento da inviare
telematicamente all’Amministrazione finanziaria, propedeutiche
all’effettuazione di acquisti e importazioni di beni e acquisti di servizi senza
applicazione dell’IVA.
La nuova versione del software consente ai contribuenti di “importare”, nella
dichiarazione d’intento che stanno compilando, tutti i dati anagrafici
contenuti nel frontespizio di una dichiarazione già compilata in precedenza.
Di fatto, il sistema permette una sorta di “precompilazione” del documento.
La nuova versione del software consente, inoltre, di raggruppare più
dichiarazioni in un unico file e conseguentemente di inoltrarne
contemporaneamente più d’una (ossia tutte quelle contenute nell’unico
file).
Entrambe le novità comportano un apprezzabile risparmio di tempo e
riducono il margine di errore che può generarsi in caso di imputazione
ripetuta e ricorrente dei medesimi dati.
PLAFOND
dichiarazione precompilata
Il software aggiornato è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate al
percorso: Home - Strumenti - Software di compilazione - Software - Modelli di
dichiarazione.
Le modifiche recepiscono i suggerimenti e le richieste segnalate dai
contribuenti all’Amministrazione finanziaria in questi mesi, decorso ormai
quasi un anno dall’entrata in vigore delle nuove norme, introdotte dall’art. 20
del decreto semplificazioni (DLgs. 175/2014), che, registrando il plauso
generale, hanno traslato l’obbligo di comunicazione delle lettere d’intento
dai fornitori agli acquirenti, variando il disposto dell’art. 1, comma 1, lett. c)
del DL 746/83.
Secondo le variazioni apportate dal richiamato decreto ed applicabili in via
facoltativa dal 1° gennaio 2015 e in via obbligatoria dal 12 febbraio 2015, i
soggetti passivi IVA che hanno lo status di esportatore abituale sono tenuti ad
emettere e trasmettere telematicamente le dichiarazioni d’intento sulla base
di un rinnovato modello (approvato con provvedimento dell’Agenzia delle
Entrate del 12 dicembre 2014 n. 159674, modificato con provvedimento
dell’Agenzia delle Entrate dell’11 febbraio 2015 n. 19388).
PLAFOND
dichiarazione precompilata
Ricevuta dell’Agenzia propedeutica all’applicazione del regime di favore
A fronte dell’avvenuta trasmissione del documento, l’Agenzia delle Entrate
rilascia all’esportatore abituale una ricevuta, propedeutica all’applicazione del
regime di favore di cui all’art. 8, comma 1, lett. c) del DPR 633/72.
In capo al fornitore – un tempo soggetto sul quale gravava l’onere
dichiarativo, con pesanti conseguenze in tema di sanzioni amministrative in
caso di errori od omissioni – permane, dunque, il solo obbligo di verificare,
prima di procedere alla fatturazione, che l’acquirente esportatore abituale
abbia completato la procedura di inoltro della dichiarazione d’intenti.
Con il comunicato stampa di ieri continua dunque l’opera di semplificazione
dell’adempimento in parola intrapresa dall’Agenzia delle Entrate sin dopo
l’approvazione delle nuove norme e testimoniata, tra l’altro dalla risoluzione
n. 38 del 13 aprile 2015 con la quale è stata resa nota la possibilità di
presentare un’unica dichiarazione d’intento in Dogana con riferimento a più
operazioni d’importazione, fino al raggiungimento del plafond massimo
disponibile per l’anno (a riguardo si veda anche la nota dell’Agenzia delle
Dogane n. 58510 del 20 maggio 2015).