Io non sono il narratore, ma un semplice scribacchino, ossia, uno

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Io non sono il narratore, ma un semplice scribacchino, ossia, uno
‹‹L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori
da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto;
ma finita la pagina si riprende la vita
e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio
un nulla››.
Italo Calvino
Io non sono il narratore, ma un semplice scribacchino, ossia, uno che scrive
quando cazzo gli pare e senza impegni. E vorrei semplicemente che voi lettori lo
capiste, una buona volta. Non c’è niente che richiami la mia vita. Niente. Non
speculateci ancora perché non serve proprio a nulla. Non c’è niente, vi ripeto. Niente.
Neppure un pensiero insignificante occultato nel passo più ingenuo di uno dei miei
stupidi romanzi. E dire che l’equivoco non dovrebbe nemmeno porsi dacché narro
solo ed esclusivamente in terza persona. Quindi non come certi egotisti che scrivono
sempre in prima, e per di più al presente, il tempo degli sfigati. Loro, sì, solitamente,
non hanno mai nulla da dire al mondo, ma solo a se stessi.
Io non c’entro, cazzo, non c’entro.
Nonostante non sia mai stato il protagonista dei miei intrecci, ho vissuto tutta
una vita con questo marchio infamante: che ogni volta fossi proprio io il maniaco che
si scopava a sangue la troia di turno; l’assassino che accoltellava alle spalle la sua
vittima prescelta come in un film di Hitchcock; l’antisociale, l’antipolitico, il pazzo,
l’ebete, il frustrato, tutti ruoli che voi mi avete cucito inopinatamente addosso col
passare delle mie condivisioni su internet. Sono stufo, diamine! Non è giusto che un
lettore del cazzo getti fango senza sapere chi c’è veramente dietro uno pseudonimo,
un avatar ingiallito come il tuorlo di un uovo marcio. No.
Da qualche giorno a questa parte, poi, sono tormentato nottetempo dalle
continue e-mail di due miei affezionatissimi followers — così si fanno chiamare
ormai di questi tempi — una coppia stravagante che perde tempo prezioso nei siti
letterari cinguettando bene o male di questo o di quell’altro, a seconda del vento.
Ecco, cosa mi scrive oggi il Vecchio Editore, il compagno:
Lei scrive divinamente. Non c’è un rigo che non sia studiato con molta
attenzione. Sono certo che avrà un futuro. Peccato che parli sempre di omicidi. Alla
fine la gente ci crede, voglio dire, che lei non è proprio un brav’uomo. E così si
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rischia seriamente di buttare alle ortiche quel futuro radioso che le ho appena
predetto. Sono certo che lei ci penserà su, questa notte. È una persona intelligente.
Infine, se non sono troppo indiscreto, vorrei saperne di più sulla sua vita. Le
dispiacerebbe inviarmi una sua biografia? Credo sia necessaria, sa, per
comprendere a fondo la sua Opera. Distinti Saluti.
Ecco, invece, il parere della Giovane Lettrice, la convivente:
Lei scrive roba da cani. Ovviamente mi riferisco ai contenuti, non al suo stile
eccellentissimo, che ho sempre stimato. È mia precisa intenzione ribadirle che lei ha
del talento cristallino, e basterebbe soltanto una buona tirata di remi ai suoi intrecci
ondivaghi per riscuotere consensi presso il pubblico. Ad esempio, perché parlare
delle donne in quel modo così funesto? Ma cose le avranno fatto, poi? Perché le
dipinge ogni volta come se fossero delle puttane? Non lo sa che noi donne crediamo
nella letteratura più di quanto possiamo credere nei nostri uomini? Se lei scrive che
siamo puttane, per noi significa che lei ci sta etichettando come puttane. Non c’è
niente da fare. È così. Se vuole, la posso aiutare io, ascoltandola. Spero un giorno di
poterla conoscere in carne ed ossa. E magari potremmo darci finalmente del tu.
Un affettuoso abbraccio.
La mia prima considerazione è stata: ma che cazzo vogliono da me? La
seconda, a sangue freddo: ma che stracazzo vogliono da me? Sono talmente
concentrati sulla mia persona che dimenticano pure cos’ho scritto. A loro non importa
nulla dell’autore. Ciò che li preme maggiormente è conoscere quel disgraziato che
per pubblicare le proprie cazzate ha bisogno di un sito gratuito dove può registrasi
persino un gatto o un’asinella accalorata. Per questo mi domando: sapranno mai cos’è
la vita? o la confondono, come scimmie, con quella merda di virtualità?
Alcuni amici mi consigliano: conosci lei, te la trombi per qualche giorno, e,
magari, facendotelo amico, ti fai stampare ciò che hai scribacchiato dal partner
ingrullito. Ma io sono diverso. A me non serve conoscerli per sapere quanto facciano
schifo. Tutto il mondo è una latrina, non posso sbagliare. Loro non vogliono aiutarmi.
Vogliono solo riempirsi la bocca con la mia vita prima di gettarla in un qualunque
cesso pubblico di una qualsiasi città fognosa.
Adesso vi devo lasciare, meglio se all’inferno. La letteratura mi chiama e lei, a
differenza vostra, mi ha sempre capito senza chiedermi mai chi fossi e perché sentissi
l’esigenza di amarla.
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‹‹Sai, credo che molta della letteratura americana sia un po’ come
un’occasionale scopata con una sconosciuta: all’inizio ti piace, t’intriga, ti fa preferire
un Reed1 del cazzo a un Delfini2 italiano, ma poi la si mette per sempre in cantina, al
buio, e quasi ci si vergogna di averlo fatto con piacere››.
il Vecchio Editore sorrise sotto i baffi bianchi. Poi disse:
‹‹Tu sei uno scrittore emergente, e gli scrittori emergenti, si sa, tirano acqua
solo al proprio mulino. Se potessero si scannerebbero tra di loro come cani di strada,
fino all’ultimo osso, per una pubblicazione gratuita. E se poi non la ottengono, se la
prendono con l’editore, e allora è lui che ammazzerebbero volentieri. In realtà, credo
non te ne freghi un cazzo né di Delfini né degli americani, ma di te, com’è naturale
che sia››.
‹‹Parli proprio tu, che fai questo lavoro solo per approfittarti di tanta gente che
sogna. Gli editori sono avidi avvoltoi in allerta, sempre pronti alla zuffa pur di
assicurarsi un pollo che sgancia molti soldi››.
‹‹Io non sono così. E te lo dimostro subito. Voglio pubblicarti il tuo ultimo
libro. La mia compagna mi dice di averlo trovato piuttosto interessante. Ma… ››
‹‹Ma?››.
‹‹Quel finale, cazzo. Quel finale lo devi cambiare››.
‹‹Cosa c’è che non va?››
Il Vecchio Editore scosse il capo infastidito. Quindi rispose, voltandogli le
spalle:
‹‹Sei tu lo scrittore, non io››.
Dalla cucina intanto era giunta la Giovane Lettrice, con un bel sorriso raggiante
impresso sulle labbra carnose. Avvolta a malapena in un camicione bianco che le
lasciava parzialmente scoperte le gambe di velluto, e con i lunghi capelli biondi
sciolti sulla schiena che sembravano spighe di un campo tutto d’oro, nell’animo dello
Scrittore lei incendiava poco a poco un forte, ineludibile desiderio di amore con la
sola fragranza del corpo, tacendo, nuda com’era di ogni volgarità o resistenza agli
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Ishmael Reed, autore nero nato a Chattanooga, ha vissuto a lungo in California, a Berkeley. I suoi romanzi
sperimentali presentano ironiche, paradossali strutture fantastiche, a volte surrealistiche, sempre caricaturali e sintetiche.
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Antonio Delfini, scrittore modenese. Raggiunse la notorietà con I Racconti, ma i suoi risultati migliori sono le ultime
prove, dove l’elemento satirico si combina con una letteratura della memoria, come nel racconto autobiografico Una
storia.
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occhi grandi e lucenti di lui, in quello studio del Vecchio Editore così impregnato di
morte, dove i libri ammassati marcivano sugli scaffali chissà da quanti anni ormai. La
Lettrice lo sapeva bene: che prima o poi quell’onta funerea avrebbe travolto pure lei e
la sua bellezza ancora vigorosa. Aveva convissuto con quell’uomo anziano più per
denaro ed inerzia che per amore, proprio come accade a tutte le donne prima di
maturare. Almeno stando alle parole che lei disse nascostamente allo Scrittore
quando il Vecchio Editore li lasciò da soli per qualche ora. Solamente che poi i soldi
non bastano mai, e il peso di aver fatto la scelta sbagliata rimane per sempre. Ogni
notte, nel suo diario, annotava infatti di sentirsi intrappolata in una gabbia d’oro. E
più lo scriveva e più si sentiva soffocare, fino al collasso dell’anima, come se le
singole parole della sua penna prendessero vita:
All’inizio pensavo che lui volesse solamente giocare con me, divertirsi, come
faceva con tante donne prima di rimanere vedovo. Si avvicinava sempre con un
regalo in mano, costosissimo, e mi diceva che non c’era nulla di male se ci fossimo
spinti a fare sesso nel suo letto. Titubavo, ero terrorizzata. Ma lui cercava di
tranquillizzarmi rassicurandomi che tutto era nell’ordine naturale delle cose. Mi
disse di non parlarne mai con amici e parenti, perché sarebbe stato inopportuno e
pericoloso, mentre ai nick che via via conoscevamo su internet potevamo dire di
essere semplici conviventi, tanto, sosteneva, quelli non li avremmo mai visti a
quattr’occhi. Ma ora che lo Scrittore è qui, lui deve provare un certo imbarazzo. La
finzione s’è trasformata in realtà, e il gioco in azzardo.
Fino a questo punto non mi era mai stato permesso di intervenire in una storia.
Ma finalmente posso. Sono il lettore implicito, il miglior referente che ogni autore
immagina nell’atto stesso di scrivere. Le mie perplessità investono tutti e tre i
personaggi nei loro legami interpersonali. Ad esempio, mi chiedo come mai lo
Scrittore abbia accettato di prendere appuntamento con il Vecchio Editore e la
Giovane Lettrice. Non aveva detto nel monologo che mai avrebbe acconsentito a farsi
conoscere né da loro né da nessun altro? E poi perché ha cambiato idea sulla donna,
innamorandosene? Non era soltanto una zoccola che aveva preferito i soldi a una vita
felice? E, qualora lei fosse stata aggiogata dall’anziano compagno, perché non si è
mai ribellata? Per paura? Per vergogna? Per pietà nei suoi confronti? Ma le aporie e
le contraddizioni non finiscono qui per me. Cosa vuole veramente il Vecchio Editore
dallo Scrittore emergente? Vuole aiutarlo davvero o tenta di farlo abboccare all’amo
per poi friggerlo in padella?
Credo che mai avrò delle risposte esaustive, devo rassegnarmi. Come ricorda
Gadda, la vita è davvero un groviglio inestricabile.
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‹‹Ora vi leggo il nuovo finale del mio romanzo››, disse entusiasta lo Scrittore
davanti ai due conviventi due giorni dopo.
E seguitò:
Quella notte il mare era calmissimo a Trezza, una distesa tiepida e
melanconica di innumerevoli semplicità, schiarito in mezzo da un lungo fascio di luce
lunare che, sulla battigia oramai deserta, arrivava fino ai loro piedi appena bagnati
dall’acqua, come soffici carezze d’amore. Lui si avvicinò allora al seno della sua
donna, timidamente, poi glielo sfiorò per un attimo prima che arrossisse, mentre lei,
nel silenzio amico, lo incoraggiava inumidendogli le labbra tremanti con un bacio
dolcissimo.
Ma proprio in quel momento…
‹‹No! No! Non ci siamo!›› intervenne bruscamente il Vecchio Editore, ‹‹Cosa
sono tutte queste smancerie del cazzo?››
‹‹Ma che dici… ›› sospirò la Giovane Lettrice, ‹‹vai avanti ti prego, è
bellissimo. Tanto tenero che non sembra neppure il tuo… ››
Ma proprio in quel momento il padre, che si era nascosto tra i cespugli,
mirando verso il giovane spasimante, sparò un colpo secco di carabina. In una
copiosa pozza di sangue, la donna abbracciò per l’ultima volta il suo amante ormai
esanime, mentre il lungo fascio di luce lunare si dileguava rapidamente verso la
ripida scogliera.
***
È successo proprio come nel tuo libro. Mi dispiace sia finita così, amore. Per
colpa mia, non ci sei più.
Ho sempre saputo che quel vecchio era un mostro assassino. Commisi un
grave errore ad accontentarlo in gioventù. Adesso, per fortuna, anche lui è morto, in
carcere. E sono libera di amarti guardando quel fascio di luce lunare che vedo quando
passo la notte seduta sulla spiaggia di Trezza, sperando che il mare mi possa restituire
la tua lunga eco d’innamorato.
Mi sbagliavo su di te. Tu non eri cattivo per ciò che scrivevi. I cattivi, spesso,
ce li abbiamo proprio dentro casa, e non hanno mai finito di leggere un libro in vita
loro.
La tua amata Lettrice.
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