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COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 1
“SCLEROSI MULTIPLA”
Aula A
Giovedì 8 Maggio 2014
Ore 18.50-19.50
XIV Congresso Nazionale SIRN
Genova, 8-10 Maggio 2014
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C01 EVIDENZA DI COMPROMISSIONE DEL TEMPO DI REAZIONE MOTORIO IN
PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA CON CINEMATICA DELL'ARTO
SUPERIORE CONSERVATA
A. Crecchi, M.C. Carboncini, M.E. Girò, L. Bonfiglio, B. Rossi, P. Arrighi
UO Neuroriabilitazione Università di Pisa
INTRODUZIONE
A differenza del cammino, il movimento dell'arto superiore è stato relativamente poco
indagato in pazienti con Sclerosi Multipla (SM)1. A questo scopo abbiamo analizzato alcuni
parametri cinematici di pazienti con SM durante l'esecuzione di movimenti di puntamento
effettuati con entrambi gli arti superiori, e abbiamo confrontato il Tempo di Reazione Motoria
(TRM) con i tempi di esecuzione del Test di Stroop (TS) e del Trail Making Test (TMT)2.
MATERIALI E METODI
Sono stati reclutati 26 pazienti (12 maschi, età media 45±10 anni) con diagnosi di SM (PP 5
SP 6 RR 15, durata media di malattia 11,7±6,8 anni) con EDSS fra 1 e 8,5 (media 4,4±2,5).
I movimenti di entrambi gli arti sono stati monitorati utilizzando un sistema optoelettronico
(ELITE, BTS, Milano) in grado di localizzare nello spazio markers posizionati su ciascun
processo acromiale, gomito, polso e indice.
Ciascun paziente eseguiva almeno 7 movimenti di puntamento verso ciascuno dei tre target
(LEDs, diametro 5 mm) posizionati a 0°, 20° a sinistra e 20° a destra rispetto alla linea
mediana, secondo una sequenza pseudorandomizzata. Il segnale di GO consisteva
nell'accensione di uno dei tre LED.
Abbiamo calcolato i seguenti parametri cinematici: TRM, Durata del Movimento (DM), Picco
di Velocità Tangenziale (PtgVel), e li abbiamo confrontati con quelli ottenuti da un campione
uniforme per sesso e per età composto da 11 volontari sani.
Ai pazienti sono poi stati proposti il TS ed il TMT.
E' emersa una correlazione inversa statisticamente significativa fra PtgVel e DM per
entrambi gli arti (dx:r=0,77 p=0,00000689; sn:r=0,79 p=0,00000458).
Il TS è risultato patologico in 10 pazienti su 26, mentre la performance del TMT è risultata
essere nella norma in tutti i pazienti.
Nessuna correlazione statisticamente significativa è emersa tra TRM ed i tempi di
esecuzione di ciascuna prova del TS.
CONCLUSIONI
I presenti dati suggeriscono due conclusioni, a nostra conoscenza non ancora evidenziate
in letteratura:
1. Il TRM risulta patologico nella quasi totalità dei pazienti, anche a fronte di una cinematica
dell'arto superiore conservata.
2. Il TRM tuttavia non correla con i tempi di esecuzione del TS suggerendo una specifica
alterazione della pianificazione del movimento indipendente da processi attenzionali.
BIBLIOGRAFIA
1. Solaro C, Brichetto G, Casadio M, Roccatagliata L, Ruggiu P, Mancardi GL, Morasso PG,
Tanganelli P, Sanguineti V. Subtle upper limb impairment in asymptomatic multiple sclerosis
subjects. Multiple Sclerosis 2007; 13:428-432
2. Chiaravalloti ND, DeLuca J. Cognitive impairment in multiple sclerosis. Lancet Neurol 2008;
7:1139-51
RISULTATI
Mentre PtgVel e DM risultavano nella norma nella maggior parte dei pazienti (19 per l'arto
dx, 16 per il sn), TRM risultava superiore a quello del gruppo di controllo in 20 pazienti per
l'arto dx e 21 per l'arto sn, fra i quali 14 per l'arto dx e 16 per l'arto sn presentavano una
cinematica nella norma.
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C02 TAPING NEUROMUSCOLARE E SCLEROSI MULTIPLA: EFFICACIA DI UTILIZZO
NELLA RIABILITAZIONE DEI PROBLEMI DI EQUILIBRIO
R. Antenucci*, MP.Gruppi*, A.Secchi°, F.Fichera^, D.Guidetti", P.Immovilli", P.De Mitri",
N.Carragli#, MT. Pinotti#
* US e Medicina Riabilitativa Intensiva Osp. Borgonovo (PC), ° Clinica priv. S.Giacomo Pontedell'olio
(PC), ^Medicina Riabilitativa Estensiva PC, “UO Neurologia Osp. di Pc, # UO Gestione Territ. Non
Autosufficienza PC
INTRODUZIONE
La Sclerosi Multipla è una malattia cronica progressiva del SNC, caratterizzata da
infiammazione, demielinizzazione e distruzione degli assoni sensitivi e motori dell’encefalo e
del midollo spinale.
Si osservano tipicamente lesioni disseminate nello spazio e nel tempo.
Colpisce prevalentemente soggetti tra i 20-50 anni con un picco attorno ai 30 e un rapporto
F:M 2-3:1.
Tra le problematiche più rilevanti vi sono l’affaticamento precoce, le alterazioni dell’equilibrio
con conseguente grave rischio di caduta e il deficit di coordinazione; ciò determina una
riduzione della qualità di vita dei pazienti affetti.
Il Taping Neuromuscolare (TNM) è una tecnica che consiste nell’applicazione di nastro
adesivo elastico (tape) sulla cute, con effetto biomeccanico terapeutico diretto locale e a
distanza per via riflessa grazie all’agevolazione dei movimenti cutanei e muscolari che esso
produce.
MATERIALI E METODI
Lo scopo dello studio è stato quello di verificare se l’applicazione del Taping
Neuromuscolare (TNM) a livello dei muscoli lombari, retto addominale e gastrocnemio, in
aggiunta o meno al trattamento rieducativo tradizionale, potesse indurre miglioramenti nella
sfera dell’equilibrio nei pazienti affetti da sclerosi multipla.
Abbiamo reclutato 24 pazienti afferenti presso il Servizio di Medicina Riabilitativa dell’AUSL
di Piacenza con EDSS compresa tra 1 e 5, trattati per 12 sedute per 3 volte la settimana,
con valutazioni effettuate all’inizio (T1) e alla fine del trattamento (T2), a 1 mese (T3) e a 4
mesi (T4) dalla fine del trattamento.
Criteri d’inclusione: diagnosi clinica di SM, deambulazione autonoma (con o senza ausili),
EDSS tra 1 e 5.
Criteri di esclusione: patologie neurologiche diverse dalla Sclerosi Multipla, patologie
ortopediche e cardiovascolari gravi, deficit visivi gravi, allergia al nastro, poussè nei 6 mesi
antecedenti la sperimentazione.
Protocollo di valutazione: esecuzione di Berg Balance Scale (BBS), Up & Go test, Sixminute Walk test (6MWT), Test dell’Estensibilità muscolare, Pedana Stabilometrica (test di
Romberg).
I pazienti sono stati randomizzati in 3 gruppi di 8 ciascuno:
Gruppo A eseguiva 60’ di trattamento standard (30’ esercizi di stretching e 30’ equilibrio)
associati ad applicazione di TNM ogni 3 giorni
Gruppo B eseguiva 60’ di trattamento standard (30’ esercizi di stretching e 30’ equilibrio)
Gruppo C eseguiva 30’ di esercizi di stretching 3 volte la settimana al proprio domicilio
associati ad applicazione di TNM ogni 3 giorni
Gli esercizi per l’equilibrio comprendevano anche: utilizzo di tavoletta propiocettiva, esercizi
di pointing e tracking in posizione seduta, in ginocchio ed eretta.
Il TNM era sui muscoli lombari, sui tendini d’achille, i muscoli gastrocnemi e sul retto
addominale.
RISULTATI
L’analisi per ranghi ha fornito risultati statisticamente significativi al T2 in tutti e tre i Gruppi
di studio per la BBS, Up & Go test (maggiore per il gruppo A) e dell’ Estensibilità Muscolare;
per il 6MWT solo nel Gruppo C.
Miglioramenti statisticamente significativi al T3:
BBS e Up & Go Test per il Gruppo A
test di estensibilità muscolare per catene laterali a sinistra per il Gruppo B
Miglioramenti presenti, ma non significativi, alla BBS e 6MWT per i Gruppi B e C.
Nessun miglioramento statisticamente significativo al T4, ma miglioramenti conservati, pur
se non significativi alla BBS e 6MWT per i Gruppi A, B e C, all’estensibilità nella maggior
parte dei pazienti dei Gruppi A, B e C e all’Up and Go test per alcuni pazienti del Gruppo C
Per l’analisi dei dati della Pedana Stabilometrica, risultano miglioramenti statisticamente
significativi solo al parametro "Lunghezza Statokinesigramma" nel Gruppo A al tempo T2,
rimasti anche al tempo T3.
L’analisi trasversale ha evidenziato una significatività statistica solo alla BBS al tempo T2.
Un paziente è uscito dallo studio causa poussè, un altro ha abbandonato la
sperimentazione a fine trattamento.
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CONCLUSIONI
Il TNM si è dimostrato un valido strumento se abbinato alla FKT tradizionale e ha mostrato
nei diversi gruppi di pazienti alcuni miglioramenti significativamente statistici; tutti i pazienti
hanno segnalato una riduzione dei crampi al tricipite surale.
A fine trattamento i pazienti erano entusiasti e riferivano di aver apprezzato molto l’uso del
TNM; spesso riportavano di aver visto i “cerotti” anche su sportivi famosi in televisione, e
questo era per loro segno di importanza e di grande motivazione verso questa
sperimentazione.
Appaiono opportune alcune proposte per futuri lavori di ricerca: aumentare il numero di
sedute, somministrare questionari di autovalutazione e della fatica, reclutare pazienti più
omogenei (es. EDSS tra 1 e 3 e/o solo tra 3,5 e 5,5), esecuzione di studi di natura
neurofisiologica e/o con risonanza magnetica funzionale, realizzazione di uno studio
multicentrico.
BIBLIOGRAFIA
*M. Cortesi, D. Cattaneo, J. Jonadottir: Effect of Kinesio taping on
standing balance in subjects with multiple sclerosis: A pilot study. 2011.
www.pubmed.com [online] [Riportato: 2 settembre 2012]
*D. Blow : Il Taping NeuroMuscolare, dalla teoria alla pratica. EdiErmes 2012
*Cameron MH, Lord S. Postural Control in Multiple Sclerosis:
implications for fall prevention: Curr Neurol Neurosci Rep. 2010 Sep 10
[online] [Riportato: 26 Agosto 2012.]
C03 L’IMMAGINAZIONE MOTORIA DELLA LOCOMOZIONE È PRESERVATA IN
PERSONE CON SCLEROSI MULTIPLA? UNO STUDIO PILOTA.
L’IMMAGINAZIONE MOTORIA DELLA LOCOMOZIONE È PRESERVATA IN PERSONE
CON SCLEROSI MULTIPLA? UNO STUDIO PILOTA.
A. Tacchino1, C. Spelta1, L. Pedullà2, M.A. Battaglia3, M. Bove2, G. Brichetto1
1 Scientific Research Area, Italian Multiple Sclerosis Foundation (FISM) – Genoa, Italy
2 Department of Experimental Medicine, Section of Human Physiology, University of Genoa – Genoa,
Italy
3 Department of Physiopathology, Experimental Medicine and Public Health, University of Siena –
Siena, Italy
Introduzione: Jeannerod (2001) [1] ha definito l’immaginazione di movimenti come
un’esecuzione mentale degli stessi senza il reale output motorio. Caratteristica
dell’immaginazione motoria in soggetti sani è l’isocronia tra movimenti immaginati e
realmente eseguiti; di conseguenza una loro discrepanza temporale (anisocronia) potrebbe
essere espressione di deficit neurologici nella rappresentazione dell’azione, così come
accade nella Sclerosi Multipla (SM) nell’arto superiore [2]. Tuttavia per definire meglio tale
anisocronia nella SM è necessaria anche la valutazione dell’immaginazione motoria nell’arto
inferiore. In questo studio abbiamo valutato persone con SM (PwMS) con bassa disabilità
durante un task di immaginazione della locomozione adattando il protocollo utilizzato da
Personnier et al. (2007) [3].
Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 10 PwMS (32.4±2.1 anni; EDSS medio 2.14) e 10
soggetti sani (HS; 28.0±1.9 anni). Tutti i soggetti erano “buoni immaginatori” come stabilito
dalla scala Kinaesthetic and Visual Imagery Questionnaire (KVIQ). Tre percorsi di 5 metri in
lunghezza e 20, 35 and 50cm in larghezza erano disegnati sul pavimento della stanza di
valutazione. I partecipanti dovevano camminare o immaginare di camminare (secondo una
prospettiva in prima persona) lungo ciascun percorso alla loro velocità naturale. Per ogni
condizione erano previste 12 ripetizioni presentate in ordine random ai soggetti. Le durate
dei movimenti immaginati (DI) e realmente eseguiti (DE) erano registrate da parte dello
sperimentatore tramite un cronometro. La performance era calcolata secondo l’indice di
performance IP = ((DE–DI)/DE)×100.
Risultati: Come atteso da precedenti studi, l’analisi statistica ha mostrato che il gruppo HS
preservava le caratteristiche di isocronia indipendentemente dal percorso considerato. Al
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contrario i PwMS sovrastimavano la durata dei movimenti immaginati rispetto alle
tempistiche di quelli realmente eseguiti. Inoltre era presente una dipendenza dalla larghezza
del percorso; a mano a mano che questa diminuiva aumentava l’anisocronia.
Conclusioni: I risultati di questo studio sembrano confermare che l’immaginazione motoria è
anisocrona in PwSM, suggerendo una stretta dipendenza dai deficit neurologici dovuti alla
malattia. Tuttavia ulteriori approfondimenti sono necessari per meglio capire i meccanismi
coinvolti e prospettare un possibile utilizzo in ambito riabilitativo.
[1] Jeannerod M. Neuroimage. 2001 Jul;14:S103-9. Review.
[2] Tacchino, 2013, Exp. Brain Res., 229:561-570.
[3] Personnier P et al. Neurosci Lett. 2010 Jun 7;476(3):146-9.
C04 IMMAGINAZIONE MOTORIA NELLA SCLEROSI MULTIPLA: DIPENDENZA
DALL’EVOLUZIONE DELLA MALATTIA
A. Tacchino1, L. Roccatagliata2, G. Bommarito2, C. Cordano2, G.L. Mancardi2, M.A.
Battaglia3, M. Inglese4, G. Brichetto1
1 Area Ricerca Scientifica, Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, Genova, Italia
2 Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili,
Università di Genova, Genova, Italia
3 Dipartimento di Fisiopatologia, Medicina Sperimentale e Salute Pubblica, Università di Siena,
Siena, Italia.
4 Department of Neurology, Radiology and Neuroscience; Mount Sinai School of Medicine, New
York.
Introduzione: L’immaginazione di movimenti è stata definita come un’esecuzione mentale
senza il reale output motorio. In soggetti sani i movimenti immaginati sono isocroni a quelli
realmente eseguiti e di conseguenza una loro discrepanza temporale (anisocronia) è
espressione di deficit neurologici nella rappresentazione dell’azione, così come accade
nella Sclerosi Multipla (SM) [1]. In questo studio è stata valutata la dipendenza
dell’immaginazione motoria dalla progressione della malattia valutandola in soggetti sani
(HS), in “clinically isolated syndrome” (CIS) e in persone con recidivante-remittente SM
(RR).
Materiali e Metodi: Sono state reclutati 12 HS, 17 CIS e 15 RR simili per età e tutti
destrimani (Edinburgh Handedness Inventory). Sono state somministrate le seguenti scale
cliniche: Modified Fatigue Impact Scale (MFIS), Symbol Digit Modality Test (SDMT), 9 Hole
peg test (9HPT), Kinesthetic and Visual Imagery Questionnare (KVIQ). Sono state utilizzate
due condizioni di valutazione [2]: (1) Movimento reale (i soggetti dovevano premere una
pallina di gomma del diametro di 7 cm sia con la mano dominante che con quella non
dominante); (2) Movimento immaginato (i soggetti dovevano immaginare secondo una
prospettiva in prima persona di premere la pallina di gomma sia con la mano dominante che
con quella non dominante tenendola in mano). Ogni prova durava 4 minuti composti da
quattro periodi consecutivi di movimento reale (30 s) e riposo (30 s). Ai soggetti veniva
richiesto di eseguire o immaginare il movimento alla velocità a loro più confortevole. Per la
valutazione della isocronia/anisocronia è stato registrato il numero di movimenti eseguiti e
immaginati e da questi è stato calcolato il rapporto Reale/Immaginato (R).
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Risultati: Come atteso il gruppo HS mostrava anisocronia lieve (R=1.19 per la mano destra;
R=1.21 per la mano sinistra). Tuttavia al progredire della malattia è stata evidenziata una
più marcata anisocronia: il gruppo CIS mostrava R=1.31 per la mano destra e R=1.37 per la
sinistra; il gruppo RR mostrava R=1.48 per la mano destra e R=1.60 per la sinistra.
Conclusioni: L’evoluzione della malattia sembra all’origine di una dissociazione temporale
tra i movimenti reali e immaginati con un effetto più marcato per la mano dominante rispetto
a quella non dominante. Il presente studio mira a meglio chiarire l’immaginazione di azioni
in persone con SM al fine di identificare possibili nuove strategie di riabilitazione e
indirizzandosi verso una migliore qualità di vita.
[1] Tacchino A et al. Exp Brain Res. 2013; 229(4):561-70.
[2] Mizuguchi N et al. Neurosci Res. 2013;76(3):150-5.
C05 LA RIABILITAZIONE MOTORIA MODIFICA LA SOSTANZA BIANCA DEL CORPO
CALLOSO IN SOGGETTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA
G. Brichetto1, A. Tacchino1, L. Bonzano2, L. Roccatagliata2, G. L. Mancardi2, M. A.
Battaglia3, M. Bove2
1 Area Ricerca Scientifica, Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, Genova, Italia
2 DINOGMI & DIMES, Università di Genova, Genova, Italia
3 Dipartimento di Fisiopatologia, Medicina Sperimentale e Salute Pubblica, Università di Siena,
Siena, Italia.
Introduzione: La riabilitazione nella Sclerosi Multipla (SM) ha come obiettivo il mantenimento
delle capacità residue motorie e cognitive degli individui che ne sono affetti. Tuttavia non
sono disponibili in letteratura dati consistenti sull’effetto apportato dalla riabilitazione alle
strutture encefaliche(1). È stato dimostrato come il corpo calloso (CC) possa essere
danneggiato in persone con SM (PwMS) nelle prime fasi di malattia. In questo studio,
abbiamo esaminato la correlazione fra il miglioramento del deficit motorio all’arto superiore
dopo trattamento riabilitativo attivo e i suoi effetti sulla sostanza bianca del CC.
Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 30 PwMS: 15 sono stati trattati attivamente (gruppo
AMT) e 15 passivamente (gruppo PMT). I due gruppi sono stati sottoposti a 20 sedute di
trattamento di un’ora ciascuna tre volte alla settimana. Il gruppo AMT è stato sottoposto a
esercizi task-oriented con l’obiettivo di migliorare le attività di vita quotidiana, mentre il
gruppo PMT è stato trattato con esercizi di mobilizzazione passiva per mano, polso, gomito
e spalla di entrambi gli arti. L’effetto del trattamento riabilitativo è stato valutato con scale
cliniche e con un guanto sensorizzato risonanza compatibile in modo da quantificare la
performance motoria in compiti unimanuali e bimanuali. Inoltre, ogni soggetto è stato
sottoposto ad indagine RM con tensore di diffusione prima e dopo il trattamento riabilitativo.
Sono state selezionate e studiate tre aree di interesse del corpo calloso e, per ogni area, è
stata calcolata l’anisotropia frazionale (FA).
Risultati: E’ stato evidenziato come, dopo il trattamento, le performance motorie unimanuali
migliorino in entrambi i gruppi. Al contrario, durante I compiti bimanuali le performance
diminuiscono significativamente nel gruppo passivo mentre rimangono stabili in quello
attivo. Inoltre, dopo il trattamento i valori di FA diminuiscono in modo significativo in tutte le
regioni di interesse del CC in PMT mentre non si modificano in AMT.
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Conclusioni: Il trattamento riabilitativo attivo sembra mantenere l’integrità strutturale ed apre
nuovi orizzonti sulle capacità neuroplastiche che possono essere indotte con la
neuroriabilitazione nei PwMS (2).
C06 STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO SULL’EFFICACIA DELLA
RIABILITAZIONE DEI DISTURBI URINARI IN PAZIENTI CON SM
M.L. Lopes de Carvalho, R. Motta, G. Francavilla, M. Pagliai, E. Pedrazzoli°, I. Ignelzi°, O.
Bordin°, G. Brichetto*, M.A.Battaglia*
Bibliografia:
Servizio di Riabilitazione AISM Genova, ° Servizio di Riabilitazione AISM Padova, *Fondazione
Italiana Sclerosi Multipla
1 Taubert M, Draganski B, Anwander A et al. J. Neurosci, 2010.
2 Prakash, R.S., Snook, E.M.,Motl, R.W. et al. Brain Res, 2010.
Introduzione: Questo studio ha come obiettivo valutare l'efficacia del trattamento riabilitativo
dei disturbi urinari in pazienti affetti da SM confrontando un gruppo di pazienti sottoposti al
trattamento con un gruppo di controllo (lista di attesa).
Materiali e Metodi
163 pazienti con SM con sintomi urinari sono stati reclutati, consecutivamente c/o 2 Servizi
di riabilitazione AISM (Genova e Padova) e assegnati in modo randomizzato al gruppo
sperimentale (GE), che ha effettuato il trattamento riabilitativo, o al gruppo di controllo (GC),
assegnato alla lista d'attesa.
Sono stati registrati i dati demografici e clinici a T0. Entrambi i gruppi sono stati valutati con
misure di outcome a T0 (inizio trattamento o in lista di attesa) e dopo 2 mesi (T1, fine del
trattamento o in lista d'attesa) che comprendono: Residuo post-minzionale (PRM); test di
valutazione funzionalità pavimento pelvico (forza, tono, coordinamento); EMG di superficie,
diario minzionale per valutazione frequenza, incontinenza, urgenza e nicturia; scale di
valutazione (VAS, Qualiveen, IIQ, Wagner, NQOL, UDI, ICIQ, OAB). Il protocollo di
riabilitazione prevedeva 24 sedute con trattamento personalizzato sulla base della
valutazione clinica comprendente: IVES, PTNS, chinesiterapia , biofeedback EMG,
elettrostimolazione, cateterismo intermittente. L’analisi statistica è stata effettuata con un
modello ANOVA per misure ripetute (RMANOVA) per le principali variabili dello studio.
Risultati
Dei 163 soggetti reclutati 154 hanno completato lo studio (77 del GE e 77 del GC) di cui 121
erano femmine e 33 maschi con una età media di 51,12 ± 11,47 anni, EDSS media di 4,87
± 1,69, una durata media di malattia di 13,2 ± 9,06 anni, un decorso Benigno nel 0,6%, RP
nel 1,9%, PP nel 13%, SP nel 38,3 % e RR nel 46,1%.
Le seguenti scale hanno evidenziato un effetto del trattamento nel modello RMANOVA con
p<0,0001, a sottolineare una efficacia del trattamento riabilitativo eseguito nel gruppo
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trattato rispetto al gruppo di controllo: Qualiveen, IIQ Wagner, NQOL, ICIQ e VAS.
Ugualmente i seguenti parametri funzionali hanno evidenziato un effetto trattamento nel con
p<0,0001: forza fasica e resistenza tramite PC test, i cambiamenti del tono muscolare e
della coordinazione. Il RPM (tenendo in considerazione solo i soggetti con residuo ?100ml
in accordo con le varie linee guida presenti in letteratura sulla gestione della vescica
neurologica) è risultato in maniera statisticamente significativa diminuito nel gruppo di
soggetti trattati con una p <0,0001.
In conclusione i risultati evidenziano che la riabilitazione dei disturbi urinari è efficace nel
migliorare i parametri clinici e funzionali in pazienti con SM sia con disturbi della fase di
riempimento che nella ritenzione.
C07 EFFETTI DELLA RADIAL SHOCK WAVE THERAPY SUL DOLORE E
SULL’IPERTONO MUSCOLARE: STUDIO IN DOPPIO CIECO IN PAZIENTI AFFETTI DA
SCLEROSI MULTIPLA
L. Marinelli, L. Mor, F. Colombano, S. Canneva, C. Solaro, A. Uccelli, E. Pelosin, A. Currà,
L. Molfetta, G. Abbruzzese, C. Trompetto
DINOGMI - Università degli Studi di Genova
Recenti studi suggeriscono che il trattamento con onde d’urto radiali (Radial Shock Wave
Therapy, RSWT) riduca l’ipertono in soggetti affetti da esiti di paralisi cerebrale infantile e
stroke. In questo lavoro abbiamo voluto studiare gli effetti della RSWT sull’ipertono doloroso
a carico dei muscoli plantiflessori (muscolo tricipite surale) in soggetti affetti da sclerosi
multipla (SM).
Materiali e metodi
Su 68 soggetti selezionati, 34 hanno ricevuto il trattamento con RSWT e 34 il trattamento
placebo. Abbiamo misurato il dolore (Visual Analogic Scale - VAS), il tono muscolare
(Modified Ashworth scale - MAS) e la velocità nel cammino (test dei 10 metri - 10MWT). Per
differenziare i possibili effetti sulle componenti riflessa e non riflessa dell’ipertono, è stata
misurata l’eccitabilità spinale studiando il riflesso-H sul muscolo soleo. I pazienti sono stati
trattati settimanalmente con 4 sessioni di RSWT (2000 shots sul ventre muscolare e sul
tendine del tricipite surale).
La valutazione clinica è stata eseguita subito prima del primo trattamento (T0), una
settimana dopo il primo trattamento (subito prima della seconda sessione) (T1), una
settimana (T2) e 4 settimane dopo l’ultimo trattamento (T3). La valutazione del riflesso H,
effettuata solo nei soggetti trattati con RSWT, è stata effettuata a T0 e a T2.
Il confronto tra gruppo RSWT e placebo per MAS, VAS, 10-MWT e MRC è stato effettuato
con il test U di Mann-Whitney. Il confronto tra T0 e le valutazioni successive al trattamento
(T1-T2-T3) è stato effettuato con il test di Wilcoxon.
Risultati
In seguito al trattamento con RSWT, il punteggio alla scala VAS era significativamente
diminuito in tutte le valutazioni effettuate (p<0,0001), in particolare in T2, dove l’85% dei
soggetti aveva riferito una diminuzione di almeno un punto. Il punteggio alla scala MAS era
significativamente diminuito solo a T2 (p<0,0001). Non sono state osservate variazioni
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significative dell’eccitabilità spinale. Dopo il trattamento placebo non si sono osservate
modificazioni significative rispetto al baseline.
Conclusioni
I risultati ottenuti in questo studio dimostrano che il trattamento con RSWT possa essere
utile nel ridurre il dolore e il tono muscolare in soggetti affetti da SM, senza effetti collaterali.
La mancanza di effetti sull’eccitabilità spinale suggerisce l’idea che la RSWT agisca sulla
componente non riflessa dell’ipertono.
Bibliografia
Gonkova MI, et al. Int J Rehabil Res. 2013;36:284
Vidal X, et al. NeuroRehabilitation. 2011;29:413
Kim YW, et al. Chin Med J (Engl). 2013;126:4638
C08 DEPRESSION CORRELATE WITH DISABILITY IN MULTIPLE SCLEROSIS
PATIENTS: AN ITALIAN MULTICENTER STUDY USING BECK DEPRESSION
INVENTORY SCALE
C. Solaro1, E. Trabucco1, M.Cella1, A. Signori2, V. Martinelli3, M. Radaelli3, D. Centonze4, S.
Rossi4, M.G. Grasso5, A. Clemenzi5, S. Bonavita6, A. D’Ambrosio6, F. Patti7, E. D’Amico7, G.
Cruccu8, A. Truini8
1Neurology Unit, Head and Neck Dept., ASL 3 “Genovese” – Genoa; 2 Dept. of Health Sciences,
Section of Biostatistics University of Genoa ; 3Dept. of Neurology, San Raffaele Scientific Institute,
Milan; 4Neurology Clinic, Dept. Of Neuroscience, Tor Vergata University, Rome; 5Santa Lucia
Foundation, IRCCS, Rome; 6Neurology Clinic, Second University of Naples, Naples; 7Dept. of
Neurosciences, Univers
BACKGROUND: Multiple Sclerosis (MS) is an inflammatory, demyelinating disease of the
Central Nervous System (CNS) and this results in a number of consequences, including
psychological and psychiatric diseases. The frequency of depression is reported in about
50% of patients with MS (pwMS)
OBJECTIVES: The aims of this study are to investigate the prevalence of depression in a
wide multicenter MS population using Beck Depression Inventory II, and to find possible
connections between psychopathologic symptoms and demographic and clinical variables.
METHODS: Data was collected in a multi-centre, cross-sectional study involving 6 italian
MS centres using a face-to-face structured questionnaire compiled by a neurologist in
subjects with a diagnosis of MS according to recognized criteria or clinically isolated
syndrome (CIS) over a period of 6 month. The questionnaire included demographic data,
year of symptom onset and diagnosis, Expanded Disability Status Scale (EDSS), clinical
course, Beck Scale, medication for MS.
RESULTS: 1011 MS patients participated at the study and clinical and demographic
characteristics were shown in Table 1. Briefly 676 (66.9%) patients were females, with mean
age 34 years (SD 10.8), a mean EDSS of 3.3 (0 – 9.5) and mean disease duration of 10.3
years (1 – 50 years). Most of the patients had a relapsing remitting (RR) (n° 708, 70%) while
236 (23.3%) a Secondary Progressive (SP) and 44 (4.4%) primary progressive (PP) course.
Based on BDI score 668 subjects (66.1%) have a score lower than 14 and 343 subjects
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(33.9%) have a score greater than 14, i.e clinically depressed values. Considering disease
course, SP patients were significantly different both from RR patients (p < 0.001) and from
PP patients (p < 0.001). Particularly among PP patients 10/44 (22.7%) had clinical
depression vs 188/708 (26.6%) in RR and 142/236 (60.2%) in SP patients.
CONCLUSION: Due to the high frequency of depression in this population, the possibility to
successfully treat depression and its implication on an individual’s quality of life, we suggest
that the BDI be used in clinical practice as a screening tool for depression in people with MS
12
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 2
“SPASTICITA’”
Aula B
Giovedì 8 Maggio 2014
Ore 18.50-19.50
13
Abstract Book
C01 INFILTRAZIONI RAVVICINATE (BOOSTER) CON TOSSINA BOTULINICA TIPO A
(INCOBOTULINUM) IN PAZIENTI AFFETTI DA SPASTICITÀ E DISTONIA ESITO DI
ICTUS
L. Mori, L. Marinelli, S. Canneva, F. Colombano, G. Abbruzzese, C. Trompetto
A T2, 10 soggetti hanno presentato un miglioramento del pROM, del punteggio della MAS e
di quello della UDRS rispetto a T1. Nei rimanenti 4 soggetti, la seconda infiltrazione non ha
prodotto alcuna modificazione rispetto a T1.
DINOGMI - Università degli studi di Genova
Conclusioni
Questi dati preliminari, ottenuti nei pazienti con esiti di ictus, suggeriscono che
un’infiltrazione di “richiamo” con BoNT-A possa migliorare il risultato clinico della prima
infiltrazione in una vasta percentuale dei soggetti.
Alcune evidenze scientifiche suggeriscono che l’infiltrazione con tossina botulinica tipo A
(BoNT-A) ad intervalli ravvicinati possa aumentare il rischio di produzione di anticorpi in
grado di neutralizzare l'azione della tossina. Per tale motivo, nella pratica clinica le
infiltrazioni vengono effettuate ad intervalli di tempo di almeno 3 mesi. Recentemente, è
stato dimostrato che l’infiltrazione con un nuovo tipo di BoNT-A (incobotulinum) non induce
la produzione di anticorpi, rendendo quindi possibile effettuare trattamenti successivi ad
intervalli di tempo minori senza il rischio di sviluppare una resistenza al trattamento.
Lo scopo di questo studio, condotto nei pazienti con esiti di ictus, è quello di verificare la
possibilità di migliorare l'effetto del trattamento con tossina botulinica mediante una
“infiltrazione di richiamo” (booster injection), effettuata nel momento di massima azione della
prima infiltrazione.
Bibliografia
Santamato A, et al. Eur J Phys Rehabil Med. 2013;49:483
Ka?ovský P, et al. J Rehabil Med. 2011;43:486
Materiali e metodi
Quattordici soggetti con esiti di ictus affetti da ipertono spastico e/o distonia (4 donne, età
media 53,4±16,6 anni) sono stati sottoposti ad infiltrazione con BoNT-A (incobotulinum) un
mese dopo il primo trattamento (booster injection). I soggetti sono stati valutati al momento
della prima infiltrazione (T0), un mese dopo in occasione della booster injection (T1) e dopo
un ulteriore mese (T2). L’articolarità passiva (passive range of motion - pROM) del
segmento trattato è stata misurata utilizzando un goniometro manuale, l'ipertono è stato
quantificato con la scala di Ashworth modificata (modified Ashworth scale – MAS) e la
distonia è stata valutata utilizzando la unified dystonia rating scale (UDRS). Tutte le
valutazioni sono state eseguite a T0, T1 e T2. Il confronto dei suddetti parametri tra T0, T1 e
T2 è stato effettuato con il test di Wilcoxon.
Risultati
14
C02 CORRELAZIONE TRA PARAMETRI ULTRASONOGRAFICI, ELETTROMIOGRAFICI
E CLINICI IN PAZIENTE ADULTO CON PIEDE EQUINO SPASTICO IN ESITI DI
STROKE: UNO STUDIO OSSERVAZIONALE
G. Berto, A. Picelli, S. Tamburin, S. Cavazza, C. Scampoli, M. Manca, M. Cosma, G.Vallies,
L.Roncari, C. Melotti, V. Santilli, M. Gandolfi, N.Smania
Centro di ricerca in Riabilitazione neuromotoria e cognitiva e Sezione di Neurologia, Università di
Verona; Unità di riabilitazione, Ospedale universitario di Modena; Laboratorio Analisi del Movimento,
Ospedale San Giorgio Ferrara; Medicina fisica e riabilitazione, dipartimento di Scienze Ortopediche,
Università La Sapienza di Roma; Unità di riabilitazione neurologica AOUI di Verona
INTRODUZIONE: L’obiettivo dello studio è quello di investigare l’esistenza di una
correlazione tra reperti ultrasonografici, elettromiografici e clinici, a livello del muscolo
gastrocnemio, nei pazienti con piede equino spastico in esiti di ictus cronico.
MATERIALI E METODI: Studio osservazionale condotto su un campione di 43 pazienti
adulti con esiti stabilizzati di stroke e spasticità agli arti inferiori. Outocomes primari:
ecogenicità del muscolo gastrocnemio spastico valutato con la scala di Heckmatt; angolo di
pennazione posteriore del muscolo gastrocnemio spastico e sano valutato ecograficamente
ai punti di inserzione prossimale e distale; valore elettromiografico CMAP del muscolo
gastrocnemio sano e spastico; valutazione clinica attraverso Ashworth Modified Scale
(MAS) e p-ROM di caviglia del muscolo affetto.
RISULTATI: L’ecogenicità del muscolo gastrocnemio spastico è stata vista avere una
correlazione inversa con lo spessore muscolare, l’angolo di pennazione posteriore, l’
ampiezza del CMAP e il p-ROM di caviglia. Inoltre l’angolo di pennazione posteriore si trova
in correlazione diretta con lo spessore del muscolo gastrocnemio spastico; nonché il valore
della MAS è direttamente proporzionale all’ecogenicità del muscolo, ed inversamente
proporzionale al suo spessore e all’angolo di pennazione.
CONCLUSIONI: Il presente studio ha evidenziato che l’aumento dell’ecogenicità muscolare
è associata alla riduzione dello spessore, dell’angolo di pennazione posteriore e del CMAP
del muscolo gastrocnemio spastico. Queste evidenze possono migliorare il trattamento della
spasticità nei pazienti con esiti di ictus cronico.
C03 INIEZIONE DI TOSSINA BOTULINICA CON GUIDA EMG PER IL TRATTAMENTO
DELLA SPASTICITA’ DEL MUSCOLO ILEOPSOAS.
V. Rossi, S. Pistoni, D. Dall’Agata
ASL3 Genovese-Dipartimento Cure Primarie e Attività Distrettuali
INTRODUZIONE
L'iniezione intramuscolare di tossina botulinica A (TB-A) ecoguidata per il trattamento della
spasticità del muscolo ileopsoas è tecnica consolidata, ma non è sempre possibile
utilizzarla. Scopo di questo lavoro è descrivere una tecnica con guida EMG per
l'introduzione intramuscolare di TB-A nel trattamento della spasticità del muscolo ileopsoas
e valutare l'efficacia terapeutica di questa terapia così che possa essere una valida
alternativa alla tecnica ecoguidata.
MATERIALI E METODI
Nove pazienti (età 7-59 aa) con spasticità del muscolo ileo psoas, uni o bilaterale, sono stati
trattati mediante inoculazione intramuscolare di TB-A sotto guida EMG
La tecnica utilizzata è quella descritta da E. Katsavrias (2005) per la registrazione del
MUAP. I pazienti vengono collocati in posizione supina con la gamba in esame abdotta,
extraruotata a ginocchio flesso, in modo che il tallone sia a livello del ginocchio opposto. Un
cuscino è posto sotto il ginocchio della gamba flessa per sostenerlo. Si valuta
palpatoriamente il decorso dell’arteria femorale alla regione inguinale. Questa posizione
rende il muscolo sartorius visibile nella maggior parte dei casi e palpabile in tutti. Quindi
mettendo l'indice e il medio della mano libera sul bordo mediale del sartorio si dirige
l'elettrodo ad ago circa 1 cm medialmente al sartorio, circa un dito trasverso sotto il
legamento inguinale, nella massa dell’ileopsoas, 1.5-3 cm di profondità a seconda dello
spessore della pelle.
Le dosi utilizzate di TB-A variano da 30U a 50U per incobotulinumtoxinA e
onabotulinumtoxinA; 120U per abobotulinumtoxinA.
Sono state utilizzate le seguenti scale di valutazione: MAS per la valutazione del tono
muscolare, ROM per il range articolare, entrambe somministrate pre trattamento e dopo 3-6
e 12 mesi.
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Genova, 8-10 Maggio 2014
15
Abstract Book
RISULTATI
La TB-A sotto guida EMG ha ottenuto i seguenti risultati (analisi statistica con 1 wayANOVA):
- riduzione della spasticità con punteggio medio MAS da 3.8 pre-trattamento a 1.8 a 1 anno
(P<0.0001),
- miglioramento dei ROM con punteggio medio da -53.1 pre-trattamento a -20.8 a 1 -anno
(P<0.0001).
CONCLUSIONI
La tecnica EMGgrafica descritta consente una guida precisa alla corretta inoculazione del
farmaco. L'iniezione sotto guida EMG di TB-A per il trattamento della spasticità del muscolo
ileopsoas può essere considerata una valida alternativa alla tecnica ecoguidata.
BIBLIOGRAFIA
L.M. Sconfienza et al. Ultrasound-guided injection of botulinum toxin A in the treatment of iliopsoas
spasticity. Ultrasound. 2008 September; 11(3): 113–117.
E. Katsavrias et al. Iliopsoas: A new electromyographic technique and normal motor unit action
potential values. Clinical Neurophysiology 2005 Nov; 116 (11): 2528.
C04 RUOLO DEL TEST IN CONTINUO CON POMPA ESTERNA NELL’INDICAZIONE AL
TRATTAMENTO CON BACLOFEN INTRATECALE IN PAZIENTI DEAMBULANTI:
STUDIO PILOTA
F. Tonini * +, M. Bertoni *, D. Biacchi *, A. Dario °, D. Stagno # §, M. Invernizzi §, C. Cisari
§, A. Baricich §
* SC Medicina Riabilitativa, Az. Osp. Universitaria Ospedale di Circolo Fondazione Macchi - Varese
+ Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi dell’Insubria Varese
° SC Neurochirurgia, Az. Ospedaliero-Universitaria Ospedale di Circolo Fondazione Macchi - Varese
# Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Genova
§ SC Medicina Fisica e Riabilitativa, Az. Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara
Introduzione:
Baclofene è un derivato dell’acido gamma-aminobutirico (GABA). Il suo esatto meccanismo
d’azione non è completamente chiarito, ma è stato dimostrato che tale molecola è in grado
di stimolare i recettori GABAB localizzati in posizione pre- e postsinaptica con una riduzione
del tono muscolare spastico e dei riflessi patologici di massa nella spasticità. La
somministrazione per via intratecale (ITB) si è dimostrata efficace nel ridurre la spasticità a
dosi inferiori rispetto alla somministrazione per via orale.
Obiettivo dello studio è la valutazione del ruolo del test con infusione in continuo di ITB
attraverso una pompa esterna in pazienti deambulanti (o potenzialmente in grado di
deambulare) affetti da spasticità agli arti inferiori in previsione di indicazione a trattamento
con ITB.
Materiali e metodi:
sono stati inclusi nello studio pazienti con spasticità agli arti inferiori in grado di interferire
significativamente con il cammino (n=8), sottoposti a intervento per posizionamento di
pompa esterna temporanea per l’infusione di ITB (Synchromed Infusion System, Medtronic).
La dose iniziale è stata di 48 mcg/die, con incremento progressivo (24 mcg/die ogni 24 ore)
per 5 giorni consecutivi, sino ad una dose massima di 144 mcg/die. Il test veniva interrotto
in caso di deterioramento delle performances all’incremento del dosaggio di ITB.
I pazienti sono stati valutati quotidianamente, a 24 ore dalla precedente modifica della dose;
sono stati valutati i seguenti parametri: variazione dell’ipertono (Modified Ashworth Scale,
MAS); velocità (10 meter Walking Test, 10mWT), resistenza (6 minutes Walking Test,
6MWT) ed efficienza del cammino (Physiological Cost Index, PCI).
16
Risultati:
in tutti i pazienti è stata rilevata una riduzione dell’ipertono, osservata a differenti dosaggi di
ITB.
Tra i pazienti inclusi, 4 hanno mostrato un incremento clinicamente significativo della
velocità (10mWT) e della resistenza (6MWT) durante il cammino. In questi stessi soggetti è
stata inoltre osservato un miglioramento dell’efficienza del cammino con una riduzione del
costo energetico (PCI).
Un paziente, non deambulante al momento dell’inclusione, ha mostrato un recupero delle
abilità del cammino.
Tra gli effetti avversi è stato registrato un caso di dislocazione di catetere nell’immediato
post impianto.
Conclusioni:
il test in continuo di ITB con utilizzo di pompa esterna ha mostrato di consentire una precisa
valutazione delle variazioni funzionali conseguenti ad una riduzione della spasticità. Tale
metodica rende inoltre possibile una più precisa analisi dell’efficienza del cammino,
parametro di primaria importanza per migliorare il grado di attività e partecipazione dei
pazienti attraverso la riduzione del costo energetico della deambulazione.
Bibliografia:
•Meythaler JM, Guin-Renfroe S,Hadley MN. Continuously infused intrathecal baclofen for
spastic/dystonic hemiplegia: a preliminary report. Am J Phys Med Rehabil. 1999 May-Jun;78(3):24754
•Bleyenheuft C, Filipetti P, Caldas C, Lejeune T. Experience with external pump trial prior to
implantation for intrathecal baclofen in ambulatory patients with spastic cerebral palsy. Neurophysiol
Clin. 2007 Jan-Mar;37(1):23-8
•Fredrickson E, Ruff RL, Daly JJ. Physiological Cost Index as a proxy measure for the oxygen cost of
gait in stroke patients. Neurorehabil Neural Repair. 2007 Sep-Oct;21(5):429-34
C05 ANALISI DELLA VARIABILITÀ DELLA FREQUENZA CARDIACA (HRV) IN
SOGGETTI EMIPLEGICI ADULTI DOPO TRATTAMENTO CON TOSSINA BOTULINICA
TIPO A (NT-201) AD ALTE DOSI
D. Stagno § #, M. Invernizzi §, S. Carda°, E. Grana §, C. Cisari §, A. Baricich §
§ SC Medicina Fisica e Riabilitativa, Az. Osp. Universitaria Maggiore della Carità, Università degli
Studi “A. Avogadro” – Novara; # Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione,
Università degli Studi di Genova; ° Service de Neuropsychologie et Neuroréhabilitation, Centre
Hospitalier Universitaire Vaudois (CHUV) - Lausanne, Switzerland
Introduzione:
l’effetto collaterale più rilevante del trattamento con tossina botulinica (BoNT-A) è la
diffusione sistemica del farmaco. La potenziale conseguenza di ciò è l’insorgenza di un
quadro clinico simile al botulismo, seppure caratterizzato da sintomi clinici di minore entità.
È stato ipotizzato che l’utilizzo di alte dosi di BoNT-A sia correlato ad un aumentato rischio
di diffusione, seppur in assenza di consenso internazionale in merito alla massima dose
utilizzabile.
Nella diffusione sistemica uno dei principali target di azione della tossina è il sistema
nervoso autonomo (SNA), per cui la misurazione dell’attività del SNA è stata utilizzata in
studi precedenti per valutare la diffusione del farmaco dopo trattamento. A tale scopo,
l’analisi della variabilità della frequenza cardiaca (HRV) è una metodica semplice e non
invasiva per la valutazione del controllo del SNA sulle attività del sistema cardiovascolare,
applicabile anche in setting clinico.
Obiettivo dello studio è la valutazione delle variazioni di HRV indotte da alte dosi di
IncobotulinumtoxinA (superiori a 600 unità) in pazienti con spasticità in esiti di stroke.
È stata inoltre monitorata l’insorgenza di effetti avversi dopo il trattamento.
Metodi:
sono stati inclusi nello studio 11 pazienti affetti da emiparesi spastica in esiti di ictus trattati
con IncobotulinumtoxinA (NT-201), con dose minima richiesta in base alle necessità cliniche
di 600 unità; sono state utilizzate dosi totali inferiore a 12 unità/kg per ciascun paziente.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a ECG basale pre-inoculo e dopo 10 giorni dal
trattamento con BoNT-A. HRV lineare e non lineare sono state derivate dagli ECG con
software dedicato.
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Genova, 8-10 Maggio 2014
17
Abstract Book
Risultati:
l’analisi delle HRV non ha mostrato variazioni statisticamente significative dopo il
trattamento con BoNT-A in nessuna delle variabili considerate.
Non sono stati inoltre registrati effetti avversi dopo il trattamento.
Conclusioni:
i nostri dati mostrano che il trattamento con IncobotulinumtoxinA ad alte dosi di (superiori a
600 unità, con dose totale inferiore a 12 unità/kg) non modifica significativamente il controllo
del sistema nervoso autonomo sull’attività cardiaca dimostrando sotto questo punto di vista
un soddisfacente profilo di sicurezza.
Bibliografia:
•Santamato A, Panza F, Ranieri M, et al. Efficacy and safety of higher doses of botulinum toxin type
A NT 201 free from complexing proteins in the upper and lower limb spasticity after stroke. Journal of
Neural Transmission 2012;120(3):469-476
•Varghese-Kroll E, Elovic EP. Contralateral weakness and fatigue after high-dose botulinum toxin
injection for management of poststroke spasticity. Am J Phys Med Rehabil 2009;88(6):495-499
•Girlanda P, Vita G, Nicolosi C, Milone S, Messina C. Botulinum toxin therapy: distant effects on
neuromuscular transmission and autonomic nervous system. J Neurol Neurosurg Psychiatry
1992;55(9):844-845
C06 IMPIANTO PRECOCE DI BACLOFEN INTRATECALE
CEREBROLESIONI
L. Iardella, B. Calandriello, R. Galli, F.Logi, L. Bordi, F. Posteraro
NELLE
GRAVI
Auxilium Vitae Volterra - Universita' di Pisa
Introduzione
L’impianto di sistemi elettronici per l’infusione di baclofen intratecale nelle gravi
cerebrolesioni (GCA) viene preso in considerazione almeno un anno dopo l’evento acuto
previa esecuzione di un test in bolo oppure in continuo. Il ritardo nell’impianto può essere
responsabile di una riduzione dei benefici dello stesso. Obiettivo dello studio è valutare
l’efficacia dell’impianto precoce nei pazienti con GCA
Materiali e Metodi
Studio osservazionale prospettico longitudinale su 13 malati consecutivi sottoposti ad
impianto di sistema elettronico Sincromed II (Medtronic inc.) entro 180 giorni dall’evento
acuto. Criteri di inclusione: Modified Ashworth Scale (MAS) > 2 in almeno tre articolazioni;
assenza di segni di stato settico. Misure di outcome primario: MAS e Spasm Freuquency
Score (SFS). Misure di outcome secondario: Disability Rating Scale (DRS) e Level of
Cognitive Functining (LCF). Il test intratecale non è stato effettuato, la tollerabilità del
farmaco è stata valutata attraverso somministrazione orale.
Un Wilcoxon signed-rank test è stato utilizzato per l’analisi statistica dei punteggi alle scale
ottenuti prima dell’impianto, tre mesi dopo ed ad un follow up di un anno. Per valutare una
supposta interferenza sul recupero globale, i pazienti impiantati entro 90 gg sono stati
confrontati con quelli impiantati tra 90 e 180 gg
Risultati
I risultati hanno mostrato una riduzione significativa della MAS (p< 0.001) e della SFS
(p<0.002) tre mesi dopo l’impianto. Anche DRS e LCF mostravano un miglioramento
statisticamente significativo. Al follow up di un anno questi risultati erano confermati.
La DRS e LCF del gruppo di pazienti impiantati entro 90 gg non differiva da quella dei
pazienti impiantati tra 90 e 180 gg.
La riduzione della MAS era presente sia negli arti superiori che inferiori
Un’infezione del sistema e tre sieromi della tasca trattati con successo sono stati registrati
come effetti indesiderati
18
Conclusioni
L’impianto di baclofen intratecale deve essere preso in considerazione al più presto
possibile nelle GCA. Questi pazienti sviluppano spasticità grave precocemente ed in tempi
brevi. L’impianto risulta sicuro ed efficace nella riduzione della spasticità. La valutazione
delle misure di out come globale ha dimostrato che l’impianto precoce non interferisce con il
recupero. Alcuni pazienti hanno mostrato una ripresa del contatto con l’ambiente dopo
l’impianto, ma questo dato non può essere attribuito con certezza al baclofen. Il test
intratecale preliminare non è obbligatorio in questi pazienti in quanto la valutazione del
risultato è difficile.
C07 ACCURATEZZA DELL’INOCULAZIONE DI TOSSINA BOTULINICA NEI MUSCOLI
DI AVAMBRACCIO IN PAZIENTI CON POLSO FLESSO E PUGNO CHIUSO SPASTICO
IN ESITI DI ICTUS CEREBRALE:POSIZIONAMENTO DELL’AGO MEDIANTE TECNICA
PALPATORIA CONFRONTATO CON GUIDA ECOGRAFICA
Elisabetta Verzini, Alessandro Picelli, Laura Roncari, Silvia Baldessarelli, Giulia Berto,
Davide Lobba, Andrea Santamato, Pietro Fiore, Marialuisa Gandolfi, Nicola Smania.
U.S.O. Riabilitazione Neurologica, A.O.U.I. Verona
INTRODUZIONE: l’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’accuratezza
dell’inoculazione di tossina botulinica di tipo A mediante individuazione palpatoria del sito di
inoculazione verificandola ecograficamente in pazienti adulti con polso flesso e pugno
chiuso spastico in esiti di ictus cerebrale.
MATERIALI E METODI: E’ stato condotto uno studio clinico prospettico su 41 pazienti adulti
con polso flesso e pugno chiuso spastico in esiti di ictus cerebrale cronico. Tali pazienti
sono stati selezionati da un database di 113 pazienti candidati a ricevere un trattamento
focale della spasticità mediante inoculazione di tossina botulinica tipo A nei muscoli flessore
radiale del carpo, flessore ulnare del carpo, flessore superficiale delle dita e flessore
profondo delle dita. L’identificazione della superficie dei muscoli da trattare è stata condotta
mediante individuazione palpatoria dei reperi anatomici, secondo le indicazioni dell’atlante
di Huber e Hack. L’accuratezza del posizionamento dell’ago e lo spessore del muscolo nel
sito di inoculazione sono stati stabiliti mediante ecografia.
RISUTATI: L’accuratezza del posizionamento manuale dell’ago mediante tecnica palpatoria
verificata ecograficamente è risultata essere del 51.2%. Tale accuratezza è risultata essere
significativamente maggiore per i muscoli flessori delle dita (63.4%) rispetto ai flessori di
polso (39.0%). L’accuratezza della tecnica palpatoria è stata: 41.5% per il flessore radiale
del carpo, 36.6% per il flessore ulnare del carpo, 61.0% per il flessore superficiale delle dita,
65.9% per il flessore profondo delle dita. I muscoli flessori delle dita hanno mostrato uno
spessore significativamente maggiore (media 1.58 cm) rispetto ai flessori di polso (media
0.49 cm).
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19
Abstract Book
CONCLUSIONI: I risultati di questo studio suggeriscono l’utilizzo di una guida strumentale
per l’inoculazione di tossina botulinica nei muscoli dell’avambraccio in pazienti con polso
flesso e pugno chiuso spastico post-ictus.
1. Wissel J, Ward AB, Erztgaard P, Bensmail D, Hecht MJ, Lejeune TM, et al. European consensus
table on the use of botulinum toxin type A in adult spasticity. J Rehabil Med 2009; 41: 13–25.
2. Picelli A, Tamburin S, Bonetti P, Fontana C, Barausse M, Dambruoso F, et al. Botulinum toxin type
A injection into the gastrocnemius muscle for spastic equinus in adults with stroke: a randomized
controlled trial comparing manual needle placement, electrical stimulation and ultrasonographyguided injection techniques. Am J Phys Med Rehabil 2012; 91: 957–964.
3. Henzel MK, Munin MC, Niyonkuru C, Skidmore ER, Weber DJ, Zafonte RD. Comparison of surface
and ultrasound localization to identify forearm flexor muscles for botulinum toxin injections. PM R
2010; 2: 642–646.
20
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 3
“SOCI JUNIOR: CRONICITA’ E NUOVE
TECNOLOGIE”
Aula C
Giovedì 8 Maggio 2014
Ore 18.50-19.50
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Abstract Book
C01 RIABILITAZIONE ROBOTICA DEL CAMMINO IN PERSONE AFFETTE DA
PARAPARESI SPASTICA EREDITARIA. UNO STUDIO PILOTA
F. Bertolucci, S. Di Martino, M. Mancuso1, B. Rossi, C. Chisari
U.O. Neuroriabilitazione - Dipartimento di Neuroscienze - Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
1U.O. Neurologia – Dipartimento di Neuroscienze - Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
INTRODUZIONE
Il difetto della deambulazione che caratterizza la Paraparesi Spastica Ereditaria (Hereditary
Spastic Paraparesis, HSP) ha un impatto negativo sull'autonomia e sulla qualità di vita dei
soggetti affetti.
Attualmente non esiste cura specifica per la HSP, e benchè il contributo della riabilitazione
appaia fondamentale, non esiste letteratura a questo riguardo.
Considerata la dimostrata efficacia della robotica nel miglioramento ella deambulazione e
dell'equilibrio in diverse patologie neurologiche, l'obiettivo di questo studio è quello di
verificare l'efficacia di un programma di training robotico della deambulazione in adulti con
HSP.
MATERIALI E METODI
11 soggetti (7 F e 4 M, età media 40,3±8,9 anni) con HSP non complicata sottoposti a
training della deambulazione su Lokomat: 18 sedute da 40 minuti circa ciascuna, 3 accessi
settimanali.
Le misure di outcome, effettuate prima dell'inizio del trattamento (T0), al termine (T1) e ad
un follow-up di due mesi (T2), sono state:
Berg Balance Scale (BBS), Timed Up and Go Test (TUG), 10 Meter Walking Test (10mWT),
6 Minutes Walking Test (6MWT), Physiological Cost Index (PCI), Modified Ashworth Scale
(MAS), Short Form 36 (SF-36), Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS).
Statistica non parametrica (test di Wilcoxon). Significatività per p<0.05.
miglioramento significativo per quanto riguarda la limitazione legata al ruolo fisico (da
55,8±39,7 a 75,0±40,3), la limitazione legata al ruolo emotivo (da 66,3±30,5 a 75,6±39,7)
ed il dolore fisico (da 71,6±32,5 a 73,0±25,3). La HADS ha mostrato un miglioramento
significativo per quanto riguarda il dominio dell’ansia (da 6,2±5,0 a 4,2±5,2). Il follow-up non
ha mostrato variazioni significative rispetto a T1.
CONCLUSIONI
Il protocollo riabilitativo proposto ha determinato un miglioramento dell’equilibrio, della
velocità del cammino e della resistenza in soggetti con HSP non complicata, con un
impatto positivo sulla qualità di vita. Inoltre, tali effetti si sono mantenuti nel tempo.
In futuro sarà necessaria l'estensione del campione e l’introduzione di un gruppo di controllo
al fine di confermare i dati preliminari ottenuti.
BIBLIOGRAFIA
1. Fink JK. The ereditary spastic paraplegias. Arch Neurol 2003;60:1045-1049.
2. Chisari C, Bertolucci F, Monaco V, Venturi M, Simonella C, Micera S, Rossi B. Robot-assisted gait
training improves motor performances and modifies Motor Unit firing in post-stroke patients. Eur J
Phys Rehabil Med. 2014 Jan 30. [Epub ahead of print].
3. Mayr A, Kofler M, Quirbach E, Matzak H, Frohlich K, Saltuari L. Prospective, blinded, randomized
crossover study of gait rehabilitation in stroke patients using the Lokomat gait orthosis.
Neurorehabilitation and neural repair. 2007 Jul-Aug;21(4):307-14.
RISULTATI
Al termine del trattamento (T1) è stato osservato un miglioramento significativo nella BBS
(da 45,3±11,0 a 49,5±10,2), nel 10mWT (da 14,4±10,3 a 12,7±9,5 sec) e nel 6MWT (da
300,2±112,9 a 302,4±116,9 m). Il PCI è rimasto invariato (da 0,28±0,38 a 0,34±0,73) ed il
TUG ha mostrato un miglioramento non significativo (da 13,8±9,8 sec a 13,0±8,5 sec). Non
ci sono state variazioni del tono muscolare secondo la MAS. La SF-36 ha riscontrato un
22
C02 VALIDAZIONE SPERIMENTALE DI UN NUOVO SISTEMA MARKERLESS PER
L’ANALISI DEI MOVIMENTI DEL BAMBINO: RISULTATI PRELIMINARI
C. Tacchino; A. Minnella; M. Casadio; L. Ramenghi; P. Giannoni; I. Blanchi; A. Lupis; R.
Colonnetta; P. Moretti; P. Morasso.
U.O. di Medicina Fisica e Riabilitazione, Istituto "G.Gaslini", G3RBCS - Robotics, Brain and Cognitive
Sciences, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova, DIBRIS - Dipartimento di Informatica,
Bioingegneria, Robotica and Ingegneria dei Sistemi, Università di Genova, Genova,
Premessa
Negli ultimi anni è incrementato il numero di nati pretermine,con basso peso alla nascita.La
prematurità spesso è associata a disturbi dello sviluppo.Le moderne tecnologie mettono a
disposizione sistemi di analisi del movimento semplici e utili per completare la valutazione
clinico funzionale che risulta spesso complessa.
Scopo dello studio:Lo scopo principale di questo studio è la validazione sperimentale di un
nuovo sistema di basso costo e facile utilizzo sviluppato da un gruppo di ricercatori
dell’università di Hiroshima per l’analisi dei movimenti del bambino.
pretermine differivano dai quelli nati a termine non solo per la quantità,ma anche per la
qualità dei movimenti,in termini di sincronismo e simmetria.
Conclusioni
L’analisi del movimento mediante il sistema MIMAS può generare dati utili a supporto e
miglioramento della diagnosi clinica funzionale sia in termini di precocità che di
appropriatezza. Per ottenere maggiore discriminazione tra i soggetti sarà necessario
incrementare il campione per creare un riferimento di normalità sufficientemente vasto.
Materiali e metodi
Il sistema MIMAS (Markerless Infant Motion Analysis System) usa una semplice telecamera
che consente la registrazione dei movimenti spontanei del bambino senza la necessità di
utilizzare “markers”.Le immagini registrate vengono poi analizzate mediante un’interfaccia di
facile utilizzo, sviluppata con software “open access”.La libreria di funzioni fornita da MIMAS
permette di valutare un numero elevato di parametri, utili per la caratterizzazione
quantitativa dei movimenti degli arti e degli spostamenti del corpo.I movimenti possono
essere valutati sia dal punto di vista globale sia segmentale. Hanno partecipato allo studio
12 bambini: 5 nati a termine e 7 pretermine – con risonanza magnetica negativa. I
movimenti sono stati registrati alla quarantesima settimana dall’inizio della gestazione,in
stato di veglia quieta e hanno avuto una durata di almeno 5 minuti .
Risultati
Il sistema MiMAS ha consentito di differenziare le due popolazioni di bambini,in accordo con
quanto valutato dagli operatori clinici. Questo suggerisce che MIMAS è uno strumento
sufficientemente sensibile,oltre a fornire valutazioni quantitative affidabili:i neonati
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Abstract Book
C03 MONITORAGGIO DELL’ATTIVITÀ FISICA DURANTE RIABILITAZIONE
CONVENZIONALE E RIABILITAZIONE BASATA SULL’USO DI VIDEOGIOCHI CON
SISTEMA MARKERLESS PER LA CATTURA DEL MOVIMENTO
L. Zoccolillo, M. Iosa, A. Di Florio, A. Savina, L. Muzzioli, F. Cincotti, S. Paolucci, D.Morelli
1) Fondazione Santa Lucia, I.R.C.C.S. ; 2) DIAG, Università degli Studi “La Sapienza”, Roma.
Introduzione
La Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) è una delle più significative patologie neuromotorie
dell’infanzia per frequenza e per gravità. Nuovi protocolli riabilitativi basati sull’uso di
videogiochi hanno mostrato un incremento nelle acquisizioni delle abilità motorie [Gordon et
al. 2012, Howcroft et al. 2012]. Spesso si è ipotizzato che i risultati positivi fossero dovuti ad
una maggiore partecipazione e un maggior numero di movimenti dei bambini coinvolti in
una riabilitazione ludiforme. Scopo di questo studio è stato verificare mediante un
monitoraggio quantitativo dell’attività fisica durante riabilitazione convenzionale e
riabilitazione basata sui videogiochi se la quantità di movimento fosse superiore in
quest’ultima.
Conclusioni
Questo studio ha mostrato che la riabilitazione ludiforme mediante interfacce virtuali può
consentire che il bambino compia un numero maggiore di gesti motori funzionali (funzionali
al gioco, ma è compito del riabilitatore selezionare il gioco più opportuno), in linea con il
motor relearning program, che prevede la necessità di una riabilitazione intensa e taskoriented [Langhammer et al. 2000]. Tuttavia sebbene il bambino compia un numero
maggiore di movimenti, la riabilitazione convenzionale risulta più mirata a migliorare i
movimenti del lato affetto in modo più fisiologico. Sembra quindi evidente la necessità di
combinare terapia convenzionale e nuove tecniche virtuali.
Ringraziamenti
Questo lavoro è stato supportato in parte dal progetto del 7° Programma Quadro della Commissione
Europea No. 287774(ABC - Augmented BNCI-Communication)
Materiali e Metodi
A nove bambini con PCI (6.6±1.7 anni) è stato applicato un sistema di monitoraggio
dell’attività fisica basato su 5 sensori accelerometrici wireless posizionati a contatto diretto
con la pelle, posti in corrispondenza degli avambracci, dei gastrocnemi e al tronco
all’altezza di L2-L3. Si è misurato il root mean square (RMS) delle accelerazioni durante 5
minuti di riabilitazione convenzionale e 5 minuti di riabilitazione mediante X-box con
tecnologia Kinect (®Sony). Sui dati è stata condotta un’analisi di varianza utilizzando il tipo
di riabilitazione, il lato (affetto vs. non) e gli arti (superiori vs. inferiori) come fattori with-in
subject.
Risultati
Maggiore quantità di movimento si è trovata per riabilitazione con kinect vs. convenzionale
(F=10.940,p=0.011), lato non affetto vs. affetto (F=39.303,p<0.001). Non ci sono state
significative differenze tra arti superiori e inferiori (F=0.753,p=0.411). Anche l’interazione tra
tipo di riabilitazione e lato è risultata significativa (F=7.202,p=0.028). Durante riabilitazione
con kinect i movimenti erano maggiori dal lato sano (p=0.001,post-hoc), non durante
riabilitazione convenzionale (p=0.295).
24
C04 INTEGRAZIONE DI FEEDBACK PROPRIOCIETTIVO IN RIABILITAZIONE
ROBOTICA
A. Cuppone1, , V. Squeri 1, M. Semprini1, J. Konczak2
1 Department of Robotics, Brain and Cognitive Sciences, Italian Institute of Technology, Italy.
2 Human Sensorimotor Control Laboratory, School of Kinesiology and Center for Clinical Movement
Science, University of Minnesota, USA
Premessa
Molti problemi al sistema nervoso centrale sono associati ad un deficit del controllo
sensomotorio, provocando quindi difficoltà motorie, perdita di coordinazione nei movimenti o
comparsa di tremori. In aggiunta a ciò, può essere compromessa l’informazione
propriocettiva dell’arto con conseguenti errori durante la correzione dei movimenti volontari.
E’ pertanto fondamentale considerare nelle tecniche riabilitative non solo il recupero della
funzione motoria, ma anche il ruolo dell’informazione sensoriale. In queste condizioni quindi,
uno stimolo sensoriale aggiuntivo potrebbe migliorare il controllo del movimento fornendo
una guida al sistema di controllo sensomotorio.
L’obiettivo principale di questo studio è quello di verificare se, fornendo un feedback
multimodale, il soggetto è in grado di sfruttare la ridondanza delle informazioni ricevute e
quindi di aumentare la percezione della posizione del polso nello spazio e raggiungere
performance migliori nell’esecuzione del task richiesto.
attenzionale del soggetto che deve decodificare l’informazione. Inoltre, dopo un breve
periodo di adattamento alla nuova modalità sensoriale, i soggetti riescono a sfruttarne le
caratteristiche per eseguire il task richiesto.
Conclusioni
Studi recenti suggeriscono che i sistemi riabilitativi futuri dovranno unire più feedback
sensoriali fornendo al soggetto informazioni rilevanti circa il task da eseguire in modo da
compensare la perdita di propriocezione che spesso viene rilevata in soggetti con danni
neurologici. Scopo di questo lavoro è quello di fornire evidenze scientifiche sull’utilità di
questo approccio.
Materiali e metodi
Negli esperimenti è stato richiesto a soggetti sani di effettuare movimenti di reaching ad
occhi chiusi, utilizzando un dispositivo esoscheletrico sviluppato per la riabilitazione del
polso (wristbot). Il feedback aptico è fornito dal robot attraverso delle forze che indirizzano il
soggetto nella direzione del target. I 4 vibromotori posti sull’avambraccio, invece,
aggiungono l’informazione direzionale circa l’errore di esecuzione del movimento misurato
come la distanza dalla traiettoria ideale. Il range di frequenza di vibrazione è proporzionale
alla distanza dal target: più è alto l’errore più la frequenza aumenta.
Risultati
Sono stati eseguiti degli esperimenti su soggetti sani in modo da caratterizzare il task
percettivo con e senza l’informazione fornita dai vibromotori. Il confronto tra le due
condizioni sperimentali ha permesso di verificare che il feedback vibratorio aumenta il livello
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Abstract Book
C05 RODDI - NEW ROBOTIC PLATFORM FOR REHABILITATION OF CHILDREN WITH
PERVASIVE DEVELOPMENTAL DISORDERS AND COGNITIVE IMPAIRMENTS
P. Meucci¹; A. M. Giovannetti¹; M. Cerniauskaite¹; M. Leonardi¹; C. Vago¹; S. Bulgheroni¹; D.
Riva¹; C. Riva²; L. Dones²; S. Riolo²; E. Rossoni²; I. Tonelli²; F. Cecchi³; G. Passetti³; A.
Pratesi³; F. P. Falotico³; I. Mannari³; P. Dario³.
¹ IRCCS Istituto Neurologico C. Besta; ²L’Abilità Onlus; ³ Scuola Superiore Sant’Anna- BioRobotics
Institute
INTRODUZIONE
Il progetto RODDI si focalizza sullo sviluppo di una piattaforma gioco che possa essere
utilizzata nella prospettiva di studiare in maniera multidisciplinare il problema della
relazionalità dei bambini (5 – 11 anni) affetti da autismo con deficit cognitivi di livello
moderato o grave.
MATERIALI E METODI
Nel corso della prima fase di progetto (dicembre 2012 –gennaio 2014) è stata sviluppata la
piattaforma robotica RODDI, definita la batteria di assessment e sono stati arruolati i
soggetti. La seconda fase prevede invece il test e l’uso della piattaforma precedentemente
ideata all’interno di uno studio “case series” longitudinale.
Questo progetto coinvolge ad oggi 10 bambini con autismo che frequentano uno spazio
gioco, e che settimanalmente svolgono attività di gioco strutturato con educatori
appositamente formati (programma TEACCH). Al termine di questo primo periodo (9 mesi),
ne seguirà uno della stessa durata in cui i bambini avranno la possibilità di utilizzare
RODDI.
Particolarmente articolata la fase di assessment, che prevede, in diversi tempi, diversi livelli
di valutazione: la valutazione educativa relativa all’intervento (un profilo educativo derivante
dalla scala PEP-3), l’assessment clinico-diagnostico (Scale Griffiths 0-2 - estensione rivista
2-8 ; Questionario Primo Vocabolario del Bambino; ADOS-2; ADI-R; CBCL ; DBC-P; CARS2; Vineland Adaptive Behaviour Scale), la percezione del funzionamento del bambino da
parte dei genitori (attraverso la somministrazione della Parent Interview for Autism – Clinical
Version) e la valutazione delle sessioni di gioco attraverso una griglia di osservazione delle
sessioni video registrate. Inoltre RODDI, attraverso l’uso di sensori inerziali, permette la
registrazione di alcuni parametri, quali ad esempio i tempi di esecuzione di singoli task oltre
all’attività di manipolazione del bambino. Ad oggi si sta valutando la possibilità di effettuare
un monitoraggio oculare dei soggetti attraverso un sistema di eye-tracking.
CONCLUSIONI
La letteratura in materia di ingegneria robotica riporta diversi dati su una generazione di
robot in grado di facilitare l’interazione tra bambino e macchina, ma ad oggi ci sono pochi
risultati a dimostrazione del fatto che queste piattaforme siano veramente in grado di
rivestire un ruolo rilevante per la promozione delle interazioni sociali tra i bambini e altri
esseri umani.
Il progetto vorrebbe porsi come un primo passo nella definizione di uno strumento utile per il
gioco e l’interazione sociale per bambini con Autismo con moderata o grave disabilità
intellettiva, cha possa rispondere ad alcune necessità della riabilitazione continua e che in
futuro possa essere utilmente trasferito in altri contesti, come la scuola o l’abitazione.
BIBLIOGRAFIA
1. Ministero della Salute Istituto Superiore di Sanità (2011). Il trattamento dei disturbi dello spettro
autistico
nei
bambini
e
negli
adolescenti.
Available
online:
http://www.acp.it/salutementale/LG_autismo_ISS.pdf
2. B.Scassellati, Robotics Research, How Social Robots Will Help Us to Diagnose, Treat, and
Understand Autism, Springer Tracts in Advanced Robotics, 2007, Volume 28.
3. B. Robins, et al. Robots as isolators or mediators for children with autism? A cautionary tale. Proc.
AISB'05 Symposium on Robot Companions Hard Problems and Open Challenges in Human Robot
Interaction, 14-15 April 2005, University of Hertfordshire, UK.
*Il progetto “Roddi - New Robotic Platform for Rehabilitation of Children with Pervasive
Developmental Disorders and Cognitive Impairments” è stato sviluppato da ricercatori della
Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano con la collaborazione del BioRobotics
Institute del Sant’Anna di Pisa e dell’Associazione “L’Abilità Onlus” di Milano ed è finanziato dal
Ministero della salute all’interno dei Bandi Giovani Ricercatori - 2010.
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C06 ESERCIZIO INTERATTIVO PER LA RIABILITAZIONE DELLA BRADICINESIA IN
PERSONE CON LA MALATTIA DI PARKINSON
S. Summa, E. Betti, V. Sanguineti
Università degli studi di Genova - Struttura complessa Recupero e Rieducazione Funzionale
Ospedale La Colletta
Introduzione
La bradicinesia è un sintomo molto frequente nella malattia di Parkinson (PD). E’ stato
suggerito che essa risulti da una preferenza implicita per movimenti a basso sforzo (ad
esempio, quelli con minore velocità). La tendenza verso movimenti ad alto sforzo è spesso
definita ‘vigore’. L’obiettivo di questo studio è sviluppare un protocollo riabilitativo finalizzato
al miglioramento del ‘vigore’ in persone con bradicinesia, basato sull’utilizzo del sistema
Kinect.
Risultati
Sono stati osservati un effetto significativo del trattamento sulla velocità media (p<0.01) e
sull’undershoot (p<0.01). Per quanto riguarda lo sforzo, si è osservata una interazione
significativa fra elevazione e sessione (p<0.0001).
Conclusioni
L’analisi cinematica ha mostrato che il trattamento migliora la velocità dei movimenti e la
tendenza a preferire movimenti a sforzo elevato. Il trattamento risulta quindi promettente per
migliorare il vigore e quindi la bradicinesia. Dato il basso costo del dispositivo e l’adattatività
dell’esercizio, esso si adatta automaticamente al livello di menomazione del singolo
paziente. Si presta quindi per l’utilizzo domestico, con poca o nessuna supervisione da
parte del terapista.
Materiali e Metodi
L’esercizio consiste di movimenti di reaching full-body, diretti a nove target posti a diverse
altezze e in diverse direzioni a una distanza fissata dalla spalla. I movimenti verso i target
posti più in alto hanno una maggiore ampiezza e richiedono uno sforzo fisico maggiore.
Dopo ogni movimento viene visualizzato un punteggio (0-100), proporzionale a 1/(durata
movimento). Il Kinect rileva i movimenti e li visualizza in tempo reale su uno schermo posto
di fronte ai soggetti, unitamente alla posizione del target.
Un algoritmo di regolazione modifica la distanza dei target in modo che il punteggio medio
sia mantenuto intorno a un valore target (25). Se i soggetti si muovono velocemente la
distanza dei target viene aumentata, se i movimenti sono troppo lenti i target vengono
avvicinati. In questo modo i soggetti si esercitano facendo movimenti massimali al limite
delle loro capacità. Il protocollo sperimentale consisteva di 10 sessioni, della durata di 45
minuti, durante ciascuna delle quali i soggetti eseguivano un numero variabile di movimenti.
Lo studio ha coinvolto un totale di 7 persone con PD. Sono state analizzate scale cliniche
(TUG e 10MWT) e la cinematica dei singoli movimenti. L’accelerazione media è stata usata
per quantificare lo sforzo. Il vigore è stato quantificato in termini della dipendenza fra sforzo
e elevazione e di quella fra sforzo e ampiezza del movimento.
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Abstract Book
C07 STUDIO DELLE MODIFICAZIONI DELL'ATTIVITÀ OSCILLATORIA CEREBRALE
CORTICALE MEDIANTE ELETTROENCEFALOGRAFIA IN SEGUITO AD? UN TRAINING
MOTORIO PASSIVO ROBOT-ASSISTITO ALL’ARTO SUPERIORE IN PAZIENTI
AFFETTI DA ICTUS CEREBRALE CRONICO
C. Geroin1, M. Gandolfi1, E. Formaggio2,3, S.F. Storti3, I.B. Galazzo2,3, A. Waldner, P.
Manganotti2,3, N. Smania1
1Neuromotor and Cognitive Rehabilitation Research Centre (CRRNC), Department of Neurological
and Movement Sciences, University of Verona. U.S.O. of Neurological Rehabilitation, AOUI of
Verona, Verona, Italy. 2 Department of Neurophysiology, IRCCS Fondazione Ospedale San Camillo,
Venice, Italy. 3 Clinical Neurophysiology and Functional Neuroimaging Unit, Section of Neurology.
simile a T0 o comunque si discosta da quanto accade nei soggetti sani. Clinicamente il
training ha determinato una riduzione della spasticità a livello di gomito, polso e dita, mentre
per quanto riguarda gli altri outcomes non sono avvenute modificazioni.
CONCLUSIONI
Un training riabilitativo passivo all’arto superiore potrebbe avere un ruolo nel 1) modificare
l’attività oscillatoria cerebrale corticale bilanciandola verso un pattern di desincronizzazione
simile a quello rilevato in soggetti sani e 2) ridurre la spasticità all’arto superiore migliorando
anche la qualità di vita dei pazienti.
INTRODUZIONE E OBIETTIVO
Gli effetti di un training robotico passivo a livello del SNC, non sono mai stati indagati prima
d’ora mediante metodica elettroencefalografica. Lo scopo del presente studio è di valutare
le modificazioni dell’attività oscillatoria cerebrale corticale in seguito ad un training
riabilitativo passivo e gli effetti sulla disabilità e la performance motoria nell’arto superiore in
pazienti affetti da Ictus cerebrale cronico.
MATERIALI E METODI
7 pazienti affetti da esiti di Ictus cerebrale cronico sono stati sottoposti a 20 sedute di
trattamento passivo robotico con Bi-Manu-Track, ciascuna con una durata di 45 minuti, 3
volte a settimana per 7 settimane consecutive. I pazienti sono stati valutati prima del
trattamento (T0), al termine del trattamento (T1) e dopo un mese dal termine del trattamento
(T2) mediante procedure di valutazione cliniche primarie come l’elettroencefalografia e
secondarie come le scale Fugl-Meyer Assessment Scale, Barthel Index, Motricity Index, The
Medical Research Council, The Modified Ashworth Scale, Somatic Sensation Test, Action
Research Arm Test, The Motor Activity Log, The Stroke Impact Scale Version 2.0.
RISULTATI
Dopo il trattamento riabilitativo in 5 e in 4 pazienti il pattern di attivazione cerebrale si è
modificato risultando più simile a quello riscontrato nei soggetti sani durante l’esecuzione di
un task passivo e attivo rispettivamente. Alla valutazione di follow-up 2 pazienti, sia per il
movimento passivo che attivo, mantengono un’attivazione oscillatoria cerebrale corticale
simile a quella dei soggetti sani, mentre negli altri pazienti l’attivazione cerebrale torna
28
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 4
“PARKINSON”
Aula A
Venerdì 9 Maggio 2014
Ore 08.00-09.00
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Abstract Book
C01 DISTURBI DELL’EQUILIBRIO E DEFICIT COGNITIVI NEL PAZIENTE CON
MALATTIA DI PARKINSON
V. Varalta, A. Picelli, C.Melotti, S. Amato, V.Zatezalo, C. Fonte, N.Smania
MoCA, Stroop test). Inoltre è stata indagata la presenza di depressione (BDI) e la qualità
della vita del paziente (PDQ-8).
CRRNC, Dip di scienze neurologiche e del movimento, Univ Verona
Risultati: Allo stato attuale 14 pazienti con MP sono stati sottoposti alla valutazione di
screening. Di questi 11 (età media: 72 anni; scolarità media: 10,13 anni) rientravano nei
criteri di inclusione e hanno pertanto eseguito le due valutazione previste. I pazienti
mostravano in particolare difficoltà di: attenzione visiva selettiva, velocità di visual-search,
funzioni esecutive e di working memory. Le capacità di equilibrio sembrano correlare
positivamente con la presenza di tali deficit cognitivi oltre che con il grado di deflessione del
tono dell’umore.
Introduzione: La Malattia di Parkinson (MP) è una patologia neurodegenerativa ad
andamento cronico. I pazienti affetti da MP mostrano un quadro clinico di alterazione della
performance motoria. In particolare, l’instabilità posturale è una delle manifestazioni cliniche
maggiormente disabilitanti poichè essa è causa di frequenti cadute che spesso si associano
a gravi esiti come fratture e disabilità permanenti (Robinson et al., 2005). Tale disturbo,
insieme ad altri, può portare ad una riduzione delle attività della vita quotidiana e ad un
rapido deterioramento delle “performance” motorie del paziente, con il conseguente
aggravamento della disabilità ed incremento della dipendenza dal caregiver. Oltre alle
difficoltà motorie il paziente affetto da MP presenta spesso anche disturbi nella sfera
cognitiva (Bonnet Czernecki, 2013; Calabresi et al., 2013) quali solitamente rallentamento
ideomotorio, disturbi a carico delle funzioni esecutive e fluttuazioni attentive. Spesso inoltre
pazienti con MP mostrano disturbi comportamentali (depressione, ansia, apatia, ecc). La
MP appare quindi come una malattia complessa in cui il paziente può mostrare in maniera
concomitante disturbi motori, cognitivi e comportamentali. Ad oggi, tuttavia, non risulta
ancora chiara quale sia l’interazione tra questi disturbi. Lo scopo del nostro studio è quindi
quello di valutare se esiste una correlazione tra i disturbi dell’equilibrio e le capacità
cognitive nei pazienti con MP.
Materiali e metodi: Sono stati inclusi nello studio pazienti affetti da MP che presentavano
disturbi dell’equilibrio (pt ? 2nella Hohen & Yahr Scale). Sono stati esclusi quelli affetti da
demenza (MMSE ? 24). I pazienti sono stati sottoposti a valutazione fisiatrica per indagare
le abilità motorie ed in particolare le capacità di equilibrio e a inquadramento
neuropsicologico per indagare le capacità cognitive. Nello specifico le valutazione motoria
prevedeva: Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS), Berg Balance Scale (BBS),
Timed Up and Go (single task e dual task), 6 Minute Walking Test (6MWT), 10-Meter
Walking Test (10MWT), e pedana posturo-stabilometrica. Per quanto riguarda la valutazione
neuropsicologica sono state valutate le abilità attentive (TMT), la working memory (memoria
con interferenza), il linguaggio (Fluenza verbale semantica) e le funzioni esecutive (FABit,
Conclusioni: I dati da noi raccolti risultano essere preliminari. Oltre ad ampliare la casistica,
in futuro ci prefiggiamo di indagare se un trattamento riabilitativo motorio possa avere degli
effetti sulle capacità di equilibrio dei pazienti con MP e se tali effetti possano avere un
riscontro anche sulle performance cognitive di tali pazienti.
Bibliografia:
• Bonnet, A.,M., Czernecki, V. (2013). Non-motor symptoms in Parkinson's disease: cognition and
behavior, Review. Geriatr Psychol Neuropsychiatr Vieil, 11, pp 295-304.
• Robinson, K., Dennison, A., Roalf, D., Noorigian, J., Cianci, H., Bunting-Perry, L., Moberg, P.,
Kleiner-Fisman, G., Martine, R., Duda, J., Jaggi, J., Stern, M. (2005). Falling risk factors in
Parkinson’s disease. NeuroRehabilitation, 20, 169-82.
• Calabresi, P., Castrioto, A., Di Filippo, M., Picconi, B. (2013). New experimental and clinical links
between the hippocampus and the dopaminergic system in Parkinson's disease, Review. Lancet
Neurol, 12, pp 811-21.
30
C02 DISARTRIA E PARKINSON: PROVA A CANTARE! CASE REPORT
Bettoni E., Ferriero G., Massazza G.
Università degli studi Torino
INTRODUZIONE
In pazienti con Parkinson un problema rilevante è sicuramente correlato alla disartria.
Esistono in letteratura alcuni studi che dimostrano che in questi pazienti l’intelligibilità è
maggiore durante il canto rispetto al parlato.
Diversi studi di risonanza magnetica funzionale dimostrano che il cantare e il parlare
utilizzano network cerebrali diversi (1), infatti se durante l’eloquio vengono implicati
maggiormente i gangli della base, durante il canto si ha prevalentemente un’ attivazione
dell’emisfero destro, inoltre cantando si ha una miglior tonalità e un miglior ritmo delle
parole, grazie ad internal cues.
Programmi logopedici, associati al canto sembrano migliorare i test di funzione polmonare e
la prosodia (2); ciò nonostante la terapia con il canto non sembra produrre significativi
miglioramenti, a lungo termine, sulla voce e sulle caratteristiche della parola.
CONCLUSIONI
Il parlar cantando può essere considerato una strategia attentiva per il controllo cosciente
della produzione vocale, analogamente alla riduzione volontaria della velocità dell’eloquio
(strategia recentemente proposta in pazienti con disartria correlata a Parkinson) (3).
Pazienti parkinsoniani con disartria potrebbero quindi beneficiare, se correttamente allenati
e stimolati, di questa strategia vocale.
BIBLIOGRAFIA
1. Brown S, et al. The somatotopy of speech: phonation and articulation in the human motor cortex.
Brain Cogn 2009;70:31–41
2. Di Benedetto P, et al. Voice and choral singing treatment: a new approach for speech and voice
disorders in Parkinson’s disease. Eur J Phys Rehabil Med 2009;45:13–19.
3. Tjaden K, Wilding G. Speech and pause characteristics associated with voluntary rate reduction in
Parkinson’s disease and multiple sclerosis. J Commun Disord 2011;44:655–665.
MATERIALI & METODI
Un paziente di 64 anni, affetto da Parkinson è giunto alla nostra attenzione per disturbi
dell’equilibrio e per una grave disartria. Sei anni prima aveva intrapreso un programma
logopedico senza significativi risultati; da 4 anni cantava nel coro della chiesa,riferendo che
le sue parole erano più intellegibili quando cantava rispetto a quando parlava. Non aveva
però mai utilizzato questa strategia per migliorare la sua intelligibilità durante la
comunicazione. Obbiettivo del nostro lavoro è stato osservare se la sua produzione vocale
fosse migliore quando parlava cantando. E’ stato valutato e filmato mentre: parla
spontaneamente, canta spontaneamente e parla cantando.
RISULTATI
L’intelligibilità era migliore mentre parlava cantando, ma riusciva a usare questa strategia
solo per brevi periodi, per un progressivo affaticamento. Invitato ad allenarsi,dopo 2 mesi
riferiva di riuscire ad utilizzarla per brevi dialoghi, in genere in famiglia.
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Abstract Book
C03 VALIDAZIONE DI UN NUOVO PROTOCOLLO STRUMENTALE PER L'ANALISI DEL
CAMMINO DURANTE UN COMPITO DI TURNING: STUDIO PILOTA SU 20 PAZIENTI
CON MALATTIA DI PARKINSON E 30 SOGGETTI SANI
S. Bonadiman, A.Modenese, L. Roncari, M. Scapinello, S.Fittipaldi, C. Geroin, D. Munari,
S.Tamburin, M.Gandolfi, A. Picelli, N.Smania
C04 IL QUESTIONARIO DYMUS PER LA VALUTAZIONE DELLA DISFAGIA NEI
PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON E PARKINSONISMI: ANALISI
PRELIMINARE
M. Berlangieri(1) , R. De Icco(1), M. Avenali(1), E. Berra(1,2), M. Allena(2), E. Alfonsi(3), D.
Restivo(4), R. Bergamaschi(5), G. Sandrini(1,2), C. Tassorelli (1,2)
AOUI verona, università degli studi di verona
(1)Centro per le Tecnologie Innovative in Neuroriabilitazione,Dipartimento di Scienze del Sistema
Nervoso e del Comportamento,Sezione di Neurologia Clinica e Riabilitativa,Università degli Studi di
Pavia; (2)Unità Complessa di Neuroriabilitazione,IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale
C. Mondino”,Pavia; (3)Unità Semplice di Neurofisiopatologia del Territorio,IRCCS Mondino
Il “Turning” è la strategia di movimento grazie alla quale il soggetto può cambiare direzione
durante il cammino. I disturbi del Turning nella Malattia di Parkinson rappresentano un
argomento parzialmente inesplorato. Studi preliminari mostrano come tali disturbi siano
indipendenti da alcune condizioni comunemente riscontrate in ambito clinico, quali la rigidità
e le alterazioni del cammino rettilineo.
Lo scopo dello studio è stato quello di sviluppare un nuovo protocollo di valutazione
strumentale del disturbo di turning con dispositivo G-WALK®. A tal fine sono stati valutati
pazienti con Malattia di Parkinson nei diversi stadi di malattia (Hoen & Yahr ? 3) e tali valori
sono stati confrontati con quelli ottenuti in soggetti sani sottoposti allo stesso protocollo.
Sono stati reclutati 20 soggetti con Malattia di Parkinson (età media 68,5 DS 6.57) e 30
soggetti sani (età media 55.3, DS 8.40). Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad una
valutazione clinica approfondita e ad una valutazione strumentale mediante dispositivo
GWALK® del cammino rettilineo e del Turning verso destra e verso sinistra.
Dai risultati ottenuti nella condizione di cammino rettilineo è stata rilevata una riduzione
della velocità e della lunghezza del passo nei soggetti affetti da Malattia di Parkinson
rispetto ai soggetti sani. Nella condizione di Turning verso destra non si sono riscontrate
differenze statisticamente significative tra i soggetti con Malattia di Parkinson e soggetti
sani. Nella condizione di Turning verso sinistra i soggetti con Malattia di Parkinson hanno
mostrato un aumento della durata della fase di appoggio (p<0.01) e una riduzione della fase
di volo (p<0.01) del piede destro (quello esterno).
In conclusione, è possibile affermare che disturbi di «Turning» sono frequenti nei soggetti
con Malattia di Parkinson di grado lieve-moderata. Tali disturbi possono alterare in modo
peculiare i parametri spazio-temporali del cammino in relazione a diverse condizioni
sperimentali. Il sistema G-WALK si è rivelato essere uno strumento sensibile per la
rilevazione dei disturbi di turning anche in fasi molto precoci della malattia, laddove altri test
clinici o strumentali non sono in grado di indagare questo aspetto.
La disfagia è un sintomo molto comune e spesso sottovalutato nei pazienti affetti da disturbi
extrapiramidali. Il suo precoce riscontro risulta fondamentale al fine di indirizzare il paziente
a sottoporsi ad idonea valutazione strumentale e conseguente iter riabilitativo, per evitare la
comparsa di complicanze gravi. Tuttavia, ad oggi non esiste un questionario validato da
utilizzare nella pratica clinica per rilevare precocemente la presenza di disfagia nei pazienti
affetti da Malattia di Parkinson e Parkinsonismo. Scopo dello studio è stato quello di
valutare l’efficacia del questionario DYMUS, già validato per la diagnosi precoce di disfagia
nei pazienti con Sclerosi Multipla, nell’identificare la presenza o meno di disfagia nei
pazienti affetti da disturbi extrapiramidali. Inoltre è stata valutata la coerenza interna del
questionario e la sua efficacia nel rilevare un miglioramento dopo training logopedico.
Materiali e metodi: il questionario DYMUS (10 item si/no relativi ai disturbi deglutitori) è stato
somministrato a 139 pazienti affetti da disturbi extrapiramidali (87 con Malattia di Parkinson
e 52 con Parkinsonismo). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione neurologica
standard e per tutti si è proceduto alla compilazione delle scale di danno/disabilità/funzione
(FIM, Unified Parkinson Disease Rating Scale – UPDRS e Barthel). Tutti i pazienti sono stati
sottoposti a valutazione fibroendoscopica, sulla base della quale sono stati suddivisi in
disfagici (n=55) e non disfagici (n=84), valutazione logopedica e training logopedico qualora
il disturbo disfagico fosse presente. II training deglutitorio, individualizzato in base alle
caratteristiche del disturbo, ha comportato sia modificazioni della consistenza degli alimenti
sia tecniche di restituzione, compensazione e adattamento. Risultati: la coerenza interna del
questionario è risultata adeguata (alfa di Cronbach=0.78). Il punteggio basale del DYMUS
ha rilevato una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (3.9±2.9 per i non
disfagici, 5.6±2.2 per i disfagici, p=0.001). In accordo con la curva ROC (area 0.69), uno
score ? 2 risulta predittivo di possibile disfagia (sensibilità 94%, specificità 40%). Nel gruppo
32
dei disfagici inoltre, dopo trattamento logopedico, il punteggio del DYMUS è risultato
significativamente ridotto (4.4±2.3, p=0.001 vs. basale). Conclusioni: il questionario DYMUS
ha mostrato una buona attendibilità nella valutazione della disfagia nei parkinsonismi. A
fronte di una specificità bassa, l’elevata sensibilità suggerisce il possibile utilizzo nello
screening precoce della disfagia, nonché per la selezione preliminare dei pazienti che
necessitano di più specifiche analisi strumentali. Infine il questionario DYMUS è stato in
grado di rilevare i miglioramenti occorsi dopo trattamento logopedico.
Note bibliografiche:
Bergamaschi R, Rezzani C, Minguzzi S et al. Validation of the DYMUS questionnaire for the
assessmentof dysphagia in multiple sclerosis. Functional Neurology 2009; 24(3): 159-162
Manor Y, Giladi N, Cohen A, Fliss DM, Cohen JT. Validation of a swallowing disturbance
questionnaire for detecting dysphagia in patients with parkinson’s disease. Movement Disorders
2007; 22(13): 1917-1921.
C05 LA STIMOLAZIONE SPINALE A CORRENTE CONTINUA NEL TRATTAMENTO DEI
DISTURBI DELLA DEAMBULAZIONE DELLA MALATTIA DI PARKINSON: STUDIO IN
DOPPIO CIECO SECONDO UN DISEGNO CROSS-OVER.
²S. Bruscella, ¹ ²C.Tassorelli, ¹R. De Icco, ¹M. Avenali, ¹M. Berlangieri, ²E. Berra, ²S.
Cristina, ²M. Allena, ¹ ²G. Sandrini. ¹Centro per le Tecnologie Innovative in
Neuroriabilitazione, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamen
¹Centro per le Tecnologie Innovative in Neuroriabilitazione, Dipartimento di Scienze del Sistema
Nervoso e del Comportamento, Sezione di Neurologia Clinica e Riabilitativa, Università degli Studi di
Pavia, Pavia
²Unità Complessa di Neuroriabilitazione, IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C.
Mondino”, Pavia
Introduzione: La malattia di Parkinson è caratterizzata da disturbi del tono muscolare e del
controllo del movimento che si riflettono in anomalie della deambulazione,talora
scarsamente responsive alla terapia farmacologica. Da alcuni anni è quindi cresciuto
l’interesse per trattamenti riabilitativi complementari,basati su tecniche di neuromodulazione,
quali la Stimolazionea Corrente Continua (Direct CurrentStimulation – DCS)applicata a
livello cranico o spinale. In modelli animali di Malattia di Parkinson, è stato dimostrato che il
trattamento con la DCS spinale(sDCS)sia in grado di indurre un miglioramento della
locomozione verosimilmente attraverso una modulazione del Central Pattern Generator, con
conseguente facilitazione dell’attivazione dei gangli della base.
Obiettivi:Lo scopo dello studio è valutare se il trattamento con sDCS sia in grado di
migliorare il freezing della marcia e la dinamica del passo in pazienti con Malattia di
Parkinson.
Materiali e metodi:Sono stati arruolati 11 pazienti con diagnosi di Malattia di Parkinson
idiopatica con freezing della marcia clinicamente rilevante e altre anomalie del passo. Il
trattamento con sDCS è stato effettuato mediante elettrodi applicati a livello della decima
vertebra toracica e della spalla destra, all’intensità di 2mA;ciascun paziente ha effettuato un
ciclo di 5 sedute (1/die),ciascuna di 20 minuti. Lo studio,eseguito secondo un disegno crossover,randomizzato e in ‘doppio cieco’,prevedeva che ciascun paziente effettuasse il
trattamento sia con sDCS anodica,sia con sDCS catodica,a distanza di almeno 3 mesi l’una
dall’altra. Ciascun ciclo era preceduto e seguito da valutazioni mediante scale cliniche e
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Abstract Book
analisi computerizzata del movimento. L’analisi statistica intra-gruppo è stata effettuata
mediante ANOVA(Analysis of Variance)con correzione post hoc di Bonferroni. L’analisi
inter-gruppo è stata effettuata con T-test di Student per campioni appaiati.
Risultati:Nei pazienti trattati con sDCS anodica,è stato evidenziato un miglioramento
statisticamente significativo,ma transitorio,dei parametri clinici,ma non di quelli relativi
all’analisi cinematica del passo. Il trattamento con sDCS catodica ha evidenziato,invece,un
miglioramento statisticamente significativo e prolungato sia a carico dei parametri clinici, sia
di quelli relativi all’ analisi strumentale del passo. Anche l’analisi inter-gruppo conferma una
maggiore efficacia della sDCS catodica.
Conclusioni:In pazienti affetti da Malattia di Parkinson,con freezing ed altre anomalie del
passo, il trattamento con sDCS catodica migliora la deambulazione;tale beneficio si protrae
fino ad un mese dalla fine del trattamento.
Fuentes R et al.(Spinal Cord Stimulation Restores Locomotion in Animal Models of Parkinson’s
disease.Science.323(5921):1578–1582.2009.
Nitsche MA et al.(Dopaminergic modulation of long-lasting direct current-induced cortical excitability
changes in the human motor cortex.Eur J Neurosci.23:1651-1657.2006).
Nutt JG et al.(Milestones in gait, balance, and falling.Mov Disord.26(6):1166-74.2011).
C06 EFFETTI SULL'EQUILIBRIO DI DUE DIFFERENTI PROGRAMMI RIABILITATIVI NEI
PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON: CROSSOVER VS PEDANA
STABILOMETRICA.
R. Gargantini, L. Spina, R. Bera , R. Maestri, A. Follini, D. Ferrazzoli, G. Pezzoli, G.
Frazzitta
Ospedale Generale di zona "Moriggia-Pelascini" Gravedona ed uniti
Introduzione: La malattia di Parkinson (PD) è una malattia neurodegenerativa progressiva.
Solitamente insorge dopo i 50 anni di età ed è causata dalla perdita delle cellule
dopaminergiche della via nigro-striatale. I sintomi principali sono: il tremore a riposo, la
bradicinesia, la rigidità e l'instabilità posturale, quest'ultima a comparsa più tardiva.
L'instabilità posturale è responsabile di frequenti cadute con conseguente rischio di fratture
e perdita dell'autonomia. La terapia farmacologica può risultare d'aiuto per alcuni di questi
sintomi, ma ha nulli effetti sull'instabilità posturale. Pertanto, l'approccio a questa condizione
presuppone un trattamento riabilitativo intensivo multidisciplinare (MIRT) che utilizzi
strategie basate sui cues, metodiche di re-apprendimento motorio, ed esercizi volti a
migliorare la stabilità, sfruttando inoltre l'utilizzo di macchine dedicate. Il balance training
utilizza una pedana stabilometrica da affiancare alla terapia fisica per raggiungere l'obiettivo
di migliorare l’equilibrio. Un altro strumento, per il quale mancano evidenze di efficacia, è il
crossover.
Materiali e metodi: Abbiamo paragonato l'utilizzo di una pedana stabilometrica e del crossover in 60 pazienti affetti da PD idiopatico, stadio 3 della classificazione di H&Y (30 F, 30 M,
età media 67, range 46-82), sottoposti al MIRT. In modo randomizzato i pazienti sono stati
assegnati a due gruppi: un primo gruppo di 30 pazienti (CG) è stato sottoposto al balance
training tramite la pedana stabilometrica; un secondo gruppo di altri 30 pazienti (IG) è stato
trattato su crossover cyclette. Per valutare l'efficacia del trattamento sono state effettuate le
seguenti scale di valutazione: TUG test, BBS, 6MWT, UPDRS II e III. Ambedue i gruppi
sono stati allenati per sei giorni a settimana per 4 settimane.
I dati sono stati analizzati mediante analisi della varianza a 2 fattori: il fattore tempo (a due
livelli, pre e post trattamento), ed il fattore trattamento (1: balance training, 2: crossover
cyclette) con misure ripetute nel fattore tempo. I risultati sono stati considerati
statisticamente significativi per p<0.05.
34
Risultati: L’analisi della varianza ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo
per tutte le variabili di outcome in entrambe i gruppi (effetto tempo: p<0.0001), e l'assenza di
differenze statisticamente significative nell'efficacia dei due trattamenti per TUG, BBS,
UPDRS II (interazione tempo trattamento: p=0.72, p=0.81, p=0.85 rispettivamente), una
maggiore efficacia della pedana stabilometrica rispetto al cross-over per UPDRS III
((interazione tempo trattamento: p=0.012) ed una maggiore efficacia del crossover per
SMWT (interazione tempo trattamento: p=0.033).
Conclusioni: i risultati ottenuti fanno ipotizzare un nuovo approccio riabilitativo nei pazienti
parkinsoniani con disturbi dell'equilibrio.
C07 ASPETTI CLINICI E STRUMENTALI DELLA DISFAGIA NELLA MALATTIA DI
PARKINSON E NEI PARKINSONISMI: INDICAZIONI PER UN CORRETTO APPROCCIO
DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO
M. Avenali1, C. Tassorelli1,2, C. Taverna2, M. Berlangieri1, R. De Icco1, E. Berra1,2, E.
Alfonsi3, G. Sandrini1,2
1_Centro per le Tecnologie Innovative in Neuroriabilitazione, Dipartimento di Scienze del Sistema
Nervoso e del Comportamento, Università degli Studi di Pavia; 2_U.C. di Neuroriabilitazione, IRCCS
Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino”, Pavia; 3_U.S. di Elettromiografia e
Patologie del Sistema Nervoso Periferico, IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico Nazionale C.
Mondino”, Pavia
La disfagia, pur essendo un sintomo comune ed invalidante nei soggetti con Malattia di
Parkinson e ancor più in quelli con parkinsonismo atipico, è tuttavia ancora ad oggi
difficilmente rilevabile ed inquadrabile per l’assenza di un iter diagnostico-terapeutico
definito e validato. L’obiettivo del presente lavoro è stato pertanto quello di valutare e
confrontare tra di loro, in termini di sensibilità ed accuratezza, tre diverse metodiche
d’indagine del disturbo disfagico, la valutazione logopedica, lo studio fibroendoscopico
(FEES) e lo studio elettromiografico (EMG) della deglutizione, al fine di ottimizzare l’iter
diagnostico per la disfagia nei parkinsonismi. Sono stati arruolati 46 soggetti con
parkinsonismi, di cui 19 con Malattia di Parkinson, 12 con parkinsonismo atipico in
osservazione, 10 con MSA, 3 con PSP e 2 con DLB. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a
una valutazione multidisciplinare della disfagia che comprendeva una valutazione
logopedica attraverso il “bed-side test”, una valutazione fibroendoscopica della deglutizione
(FEES) e una valutazione neurofisiologica attraverso lo studio elettromiografico della
deglutizione. Queste metodiche sono state confrontate tra di loro e, successivamente, con
la valutazione finale omnicomprensiva, definita “gold standard”, effettuata da neurologo
riabilitatore esperto sulla base dei dati clinici e strumentali. I dati ottenuti hanno evidenziato
un’ottima concordanza diagnostica fra le tre metodiche per quanto riguarda la disfagia di
gravità media, mentre discordanze sono emerse fra valutazione logopedica e FEES per
quanto riguarda la disfagia di grado lieve e fra valutazione logopedia e studio EMG per le
disfagie gravi. Rispetto al “gold standard” la FEES presenta, per tutti i tre livelli di severità di
disfagia, caratteristiche di performance superiori sia alla valutazione “bed-side”, sia allo
studio EMG; la concordanza di diagnosi migliora a favore dell’EMG in caso di disfagia grave
e a favore della valutazione logopedica in caso di disfagia lieve. I risultati ottenuti
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Abstract Book
suggeriscono l’utilità e la validità di studiare precocemente i soggetti con MP e
parkinsonismi con la valutazione logopedica. Allorché la severità di disfagia tenderà a
diventare maggiore, sarà invece opportuno mettere in atto un approccio diagnostico che
comprenda anche FEES e studio elettromiografico della deglutizione, al fine di raccogliere
tutte le informazioni qualitative e quantitative necessarie per la messa in atto di un
approccio rieducativo mirato ed efficace.
Bibliografia: Potulska A, et al. Swallowing disorders in Parkinson's disease. Parkinsonism and
Related Disorders 2003;9:349-353
Alfonsi E, et al. Electrophysiologicpatterns of oral-pharyngealswallowingin parkinsoniansyndromes.
Neurology. 2007 Feb 20; 68(8):583-9
36
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 5
“GRAVI CEREBROLESIONI”
Aula B
Venerdì 9 Maggio 2014
Ore 08.00-09.00
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Abstract Book
C01 COMA PERSISTENTE
S. Bagnato1, C. Boccagni1, A. Sant'Angelo1, A.A. Fingelkurts2, C. Gagliardo3, G. Galardi1
1Unità Operativa di Riabilitazione e Servizio di Neurofisiologia, Fondazione Istituto San Raffaele G.
Giglio, Cefalù (PA). 2BM-Science – Brain and Mind Technologies Research Centre, Espoo, Finland.
3Dipartimento di Biopatologia Medica e Forense e di Biotecnologie, Sezione di Scienze Radiologiche,
Università degli Studi di Palermo.
Introduzione
Il coma è uno stato transitorio la cui durata generalmente non è superiore alle 3-4 settimane
(Young, 2009). Entro questo intervallo di tempo le possibili evoluzioni del coma sono il
recupero di coscienza, la morte o l'evoluzione in uno stato vegetativo. La persistenza di uno
stato di coma dopo 4 settimane è considerata un'eventualità molto rara (Monti et al., 2010),
ed in letteratura non vi sono descrizioni di pazienti affetti da un coma di durata superiore a 4
settimane. In questo report descriviamo il caso di un paziente rimasto in coma per 14 mesi
come conseguenza di un duplice danno cerebrale, sia traumatico che anossico.
corticali. Infine, uno studio PET effettuato 4 mesi dopo il danno cerebrale ha evidenziato
una notevole riduzione del metabolismo cerebrale, mentre una valutazione trattografica RM
ha mostrato una notevole riduzione delle connessioni anatomiche tra tronco-encefalo e
talamo e tra talamo e corteccia.
Conclusioni
Sulla base di dati clinici, neurofisiologici e di neuroimaging, ipotizziamo che il coma
persistente sia una condizione clinica peculiare, caratterizzata da una disfunzione
persistente della formazione reticolare ascendente del tronco dell'encefalo.
Bibliografia
Young GB. Coma. Ann N Y Acad Sci 2009;1157: 32-47.
Monti MM, Laureys S, Owen AM. The vegetative state. BMJ 2010;341: c3765.
Metodi
Vengono riportati dati clinici, neurofisiologici e neuroradiologici.
Risultati
Un uomo di 46 anni, in seguito ad un incidente stradale, è andato incontro a trauma cranico
e ad arresto cardio-respiratorio. Sottoposto a manovre rianimatorie, ha recuperato le
funzioni cardiopolmonari dopo circa 30 minuti. Un esame RM effettuato 8 giorni dopo
l'evento acuto ha evidenziato la concomitanza di segni di danno traumatico ed ipossico.
Dopo 41 giorni di ricovero in Terapia Intensiva, il paziente è stato trasferito presso la nostra
Unità di Risveglio. Nei successi 13 mesi il paziente è stato sottoposto a ripetute valutazioni
neurologiche, che hanno mostrato la persistenza di uno stato di coma. L'esame neurologico
a distanza di 14 mesi dall'evento acuto evidenziava una GCS pari a 4 (E1, V1, M2),
l'assenza di tutti i riflessi troncoencefalici, l'assenza di trigger respiratorio con necessità di
supporto ventilatorio e la presenza di ipertono spastico ai quattro arti. Valutazioni EEG
effettuate mensilmente hanno evidenziato la presenza di una attività di fondo di ampiezza
ridotta (< a 20 micronV) e frequenza a 3-4 Hz. I potenziali evocati acustici mostravano
l'assenza di tutti le componenti successive alla I. I potenziali evocati somatosensoriali da
stimolazione del nervo mediano hanno documentato l'assenza di risposte corticali e sotto38
C02 LA STIMOLAZIONE NON-INVASIVA DEL LOBO PARIETALE SINISTRO MIGLIORA
L’ATTENZIONE SPAZIALE E TEMPORALE DI PAZIENTI CON LESIONE PARIETALE
DESTRA: UNO STUDIO CON TMS
S. Agosta, E. Galante, G. Miceli, F.Ferraro e L. Battelli
Tuttavia, dopo 10 minuti di stimolazione TMS attiva le loro prestazioni miglioravano
selettivamente per l’emicampo visivo contro laterale alla lesione per entrambi i compiti.
Tali risultati mostrano come la TMS possa avere effetti benefici sulla riabilitazione dei defcit
attentivi spaziali e temporali, permettendo un ri-bilanciamento dei due lobi parietali.
Istituto Italiano di Tecnologia, Azienda Ospedaliera Carlo Poma, Centro di Riabilitazione
Neurocognitiva CeRiN dellUniversità di Trento
È ormai chiaro dalla letteratura che il lobo parietale destro abbia un vantaggio sul sinistro
nei compiti che richiedono il coinvolgimento dell’attenzione visuo-spaziale. Tuttavia, c’è
ancora molto da investigare su tale asimmetria. Per esempio, mentre i pazienti colpiti da
ictus al lobo parietale destro mostrano dei gravi deficit in compiti spaziali di tipo attentivo
nello spazio contro-laterale alla lesione, altri studi hanno dimostrato come ci possano
essere deficit che riguardano sia il campo visivo contro- che quello ipsi-laterale in compiti di
attenzione temporale (Battelli et al., 2007). Studi su pazienti con fMRI hanno dimostrato
come le aree nell’emisfero sano siano fortemente iperattivate in concomitanza con deficit di
tipo attentivo nello spazio contro laterale. Una delle ipotesi che è stata formulata è che
questi deficit siano una conseguenza della crescente inibizione operata sull’emisfero
danneggiato da parte di quello iperattivo sano (Kinsbourne, 1977). Qui abbiamo usato la
Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) sull’emisfero sano (il sinistro) in pazienti con
lesione emisferica parietale destra per ri-bilanciare i due emisferi e ridurre i sintomi dei
pazienti nel dominio attentivo spaziale e temporale.
I pazienti sono stati sottoposti a due compiti attentivi: I) un compito di inseguimento visivo di
più stimoli, in cui gli si chiedeva di seguire 2 o 4 dischi che si muovevano fra altri distrattori
(8 stimoli, 4 in ciascun emi-campo visivo) nel emi-campo visivo sinistro e/o destro; II) un
compito di giudizio di simultaneità in cui si chiedeva ai pazienti di giudicare se 2 (su 4) dischi
disposti a quadrato, che si alternavano fra il bianco e il nero ad una data frequenza (flicker),
fossero sincronizzati o fuori fase.
Per ciascun compito i pazienti sono stati sottoposti a due sessioni di stimolazione
controbilanciate: TMS a 1Hz sull’emisfero parietale (sano) sinistro e una stimolazione di
controllo (sham).
Le prestazioni dei pazienti venivano confrontate prima e dopo la stimolazione (attiva e
sham). Nel compito di inseguimento visivo la loro performance a baseline era deficitaria
rispetto a quella di controlli di pari età, ma solo nel campo visivo contro laterale alla lesione,
mentre nel compito di flicker la prestazione era deficitaria in entrambi gli emicampi visivi.
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Abstract Book
C03 RIABILITAZIONE TRAMITE V.R.T. DELL’EMIANOPSIA OMONIMA
P. Michieletto, S. Meneghetti, A. Vestri, G. Blase, A. Bolle, A. Bragagnolo, D. Dalla Valle, S.
Giganti, A.Martinuzzi
I.R.C.C.S. Eugenio Medea, Polo di Conegliano-Pieve di Soligo (TV)
Introduzione
I difetti omonimi del campo visivo sono una complicazione comune dell’ictus, dei traumi
cranici, dei tumori cerebrali e della neurochirurgia; tra di essi l’emianopsia omonima è quello
che si riscontra più frequentemente. Essa è dovuta ad una lesione monolaterale della via
visiva retrochiasmatica.
L’emianopsia omonima ha un effetto negativo sulle attività del vivere quotidiano, sulla
lettura, in particolare nei casi di perdita dell’emicampo destro (hemianopic dyslexia),
sull’esplorazione visiva e sulla guida. La maggior parte dei pazienti presenta difficoltà nel
muoversi in ambiente e nell’evitare gli ostacoli.
Esistono tre tipi di approccio alla riabilitazione dell’emianopsia omonima, tutti caratterizzati
dalla costante ripetizione di esercizi visivi. Essi sono:
1)
optical therapy, applicazione di lenti prismatiche di 40 Dp;
2)
eye movement therapy, che utilizza i movimenti oculari e risulta particolarmente
utile nella riabilitazione dei problemi di lettura;
3)
visual restoration therapy (VRT), che utilizza stimoli presentati al margine del
campo visivo danneggiato o all’interno dello stesso.
I primi due cercano di compensare il deficit campimetrico, il terzo cerca di recuperarlo.
pazienti riferivano inoltre un miglioramento soggettivo nello svolgimento delle attività di vita
quotidiana.
In letteratura sono già state segnalate riduzioni d’ampiezza e di profondità del danno
campimetrico dopo applicazione di diversi tipi di strategie VRT, proponendo come
meccanismo d’azione di questi, inizialmente inattesi, miglioramenti la ormai nota plasticità
cerebrale anche in età adulta.
Conclusioni
Ricordando che la terapia riabilitativa deve essere sempre scelta in base alle condizioni di
ogni singolo paziente, l’utilizzazione, dove possibile, di più tecniche dovrebbe permettere, in
un lavoro di equipe, il raggiungimento dei migliori risultati. Le tecniche che utilizzano la
plasticità del sistema nervoso appaiono oggi le più promettenti.
Bibliografia
Sabel BA, Kenkel S, Kasten E. Vision restoration therapy. Br J Ophthalmol, 89(5): 522-524, 2005
Materiali e metodi
Tre pazienti maschi (di età 43, 45 e 62 anni) affetti da emianopsia omonima (da 1-3 anni)
sono stati sottoposti a trattamento VRT, con sedute della durata di un’ora, giornalmente per
un mese. L’attrezzatura utilizzata era la Nova Vision. Prima e dopo un mese dall’inizio del
trattamento sono stati valutati tramite perimetria convenzionale statica. Un paziente
presentava emianopsia destra ed è stato perciò sottoposto anche a terapia ottica.
Risultati
Dopo un mese dall’inizio del trattamento la perimetria mostrava in tutti i pazienti una
riduzione d’ampiezza dell’area emianoptica ed un aumento della sensibilità retinica. Tutti i
40
C04 ALTERAZIONI ORMONALI IN PAZIENTI CON ESITI DI GRAVE CEREBROLESIONE
IN FASE SUBACUTA.
G. Righi1,2, S. Moretti2,A. Virgillito1,2, L. Briscese1,2, L. Bonfiglio2, P. Bongioanni2, M.C.
Carboncini1,2
Nei 9 pazienti di sesso maschile si riscontrava ipotesteronemia in 6 casi, solo in 2 casi
correlata ad iperprolattinemia e solo in un caso a deficit di FSH ed LH.
Nelle 10 pazienti di sesso femminile abbiamo rilevato in 6 casi valori inferiori alla norma di
FSH ed LH, in due casi associati ad aumentati livelli sierici di Estradiolo e Progesterone.
1 SD Gravi Cerebrolesioni Acquisite, AOU Pisana 2 UO Neuroriabilitazione, AOU Pisana
Introduzione: Recenti studi hanno dimostrato che le alterazioni dell'asse ipotalamo-ipofisario
sono una frequente complicanza nelle gravi cerebrolesioni secondarie a trauma cranioencefalico e ad emorragia subarcnoidea (1); la diagnosi clinica delle alterazioni ormonali
che ne conseguono è resa difficile dalla coesistenza degli esiti della lesione del SNC,
pertanto gli esami ormonali di screening nei pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesione
sono di fondamentale importanza per una precoce diagnosi ed un conseguente appropriato
intervento terapeutico.
In letteratura sono tuttavia presenti per lo più dati riguardo ai dosaggi ormonali effettuati in
fase acuta (1,2,3), nelle prime settimane dopo l'evento lesivo a carico del SNC, pertanto
abbiamo deciso di studiare l'assetto ormonale di pazienti con esiti di grave cerebrolesione in
fase subacuta.
Conclusioni: i nostri dati preliminari suggeriscono che, in pazienti con esiti di grave
cerebrolesione, in fase subacuta è più frequente il coinvolgimento degli ormoni sessuali e
più raro l'interessamento dell'asse ipofisi-surrene rispetto a quanto riportato in letteratura per
i pazienti in fase acuta (2,3).
Bibliografia:
1) Schneider HJ et al. "Hypothalamopituitary dysfunction following traumatic brain injury and
aneurysmal subarachnoid hemorrhage: a systematic review." Jama 298.12 (2007): 1429-1438.
2) Agha A et al. "Neuroendocrine dysfunction in the acute phase of traumatic brain injury." Clinical
endocrinology 60.5 (2004): 584-591.
3)Tanriverdi F et al. "Pituitary functions in the acute phase of traumatic brain injury: Are they related
to severity of the injury or mortality?." Brain Injury 21.4 (2007): 433-439.
Materiali e metodi: Su un campione di 30 pazienti consecutivi ricoverati presso la S.D.
GCLA-Coma dell'AOU Pisana in 12 mesi, dal Febbraio 2013 al Febbraio 2014 sono stati
eseguiti dosaggi ormonali in 19 pazienti in fase subacuta secondo il seguente protocollo:
TSH, fT3, fT4, Cortisolo, ACTH, IGF-1, LH, FSH, Prolattina in tutti i pazienti, Testosterone
libero e SHBG nei pazienti di sesso maschile, Estradiolo e Progesterone nelle pazienti di
sesso femminile.
Risultati: Il dosaggio è avvenuto in media a 50,9 giorni dalla data dell'evento.
Nel campione generale l'alterazione ormonale di più frequente riscontro era
l'iperprolattinemia (8 pazienti, 42,1%) mentre un'elevazione dell'ACTH è stata riscontrata in
4 pazienti così come l'ipercortisolemia (un caso presentava elevazione del cortisolo con
ACTH normale, un altro elevazione dell'ACTH con cortisolo ai limiti superiori). In 5 casi
abbiamo rilevato un deficit di
IGF-1, in nessun caso alterazioni dei livelli sierici del GH.
Alterazioni clinicamente significative degli ormoni tiroidei sono state documentate solo in 2
pazienti con anamnesi positiva per patologia tiroidea, scompensata in seguito alla lesione.
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41
Abstract Book
C05 DIAGNOSI E MISDIAGNOSI DEGLI STATI VEGETATIVI. APPLICABILITÀ’ DELLA
CHECKLIST DELLA ROYAL COLLEGE OF PHISICIANS (RCP)
O.Cameli, A.Disantantonio, L. Simoncini, A.Bonamartini,R.Formisano,J.Navarro, G.Righetti,
A.Sant’Angelo, R. Piperno
Conclusioni: La check list della RCP nella maggior parte dei pazienti esamininati non ha
fornito informazioni aggiuntive per confermare o disconoscere la diagnosi di SV.
Ipotizzabile la stesura di una check list italiana anche in base all’esperienza fornita dal
Progetto VeSta.
Gruppo Vesta
Introduzione:
La definizione dei criteri diagnostici dei disturbi di coscienza (DOCs) è ancora oggi oggetto
di discussione. Recenti studi hanno evidenziato come, nonostante la definizione dei criteri
di distinzione tra stato vegetativo (SV) e stato di minima coscienza (SMC), la misdiagnosi è
ancora molto alta. All’interno del Progetto di Studio osservazionale sugli stati Vegetativi
promosso da 24 ordini dei Medici (Progetto VeSta) è stata utilizzata anche la checklist
proposta dalla RCP nel 2003 come possibile strumento di standardizzazione la decisione
diagnostica di stato vegetativo per i pazienti inclusi nello studio.
Bibliografia
Schnakers C. et al; “Diagnostic accuracy of the vegetative and minimally conscious state: Clinical
consensus versus standardized neurobehavioral assessment”; BMC Neurology 2009, 9:35
Royal College of Physicians; “The vegetative state: guidance on diagnosis and management”; Clin
Med 2003; 3:249–54
Royal College of Physicians.” Prolonged disorders of consciousness:National clinical guidelines”.
London, RCP, 2013.
Materiali e Metodi:
Il progetto VeSta è di tipo osservazionale e si compone di due fasi la prima delle quali ha
previsto uno studio trasversale di una popolazione con diagnosi di SV basata sul consenso
clinico allo scopo individuare e confermare diagnosi. I pazienti valutati sono stati inseriti in
un database digitale.
Tutti i pazienti sono stati esaminati attraverso la checklist della RCP 2003.
Criteri di inclusione e di esclusione
Soggetti con diagnosi clinica di SV da almeno 12 mesi dopo trauma cranico e da almeno 6
mesi dopo lesione non traumatica, di età superiore ai 14 anni.
La durata dello SV e la causa eziologica non costituiscono fattori di esclusione.
Sono esclusi soggetti con diagnosi precedente di demenza, di gravi patologie neurologiche
o di gravi disabilità infantili.
Risultati: Sono stati analizzati 327 pazienti provenienti da 20 Unità Operative. Il 58% è di
sesso maschile con età media di 54 anni.
Molte voci della check list sono rimaste costantemente incomplete .
Considerando tutti e 10 gli items della check list solo nel 28% dei casi sarebbe confermata
la diagnosi di SV e considerando solo 9 la conferma avverrebbe in un 57% dei casi.
42
C06 COMPLICANZE TARDIVE NELLE GRAVI CEREBROLESIONI ACQUISITE: ANALISI
DELLO STUDIO ITALIANO VE.STA
L. Simoncini, O. Cameli, A. Bonamartini, R. Formisano, J. Navarro, G. Righetti, A.
Sant’Angelo, R. Piperno e il gruppo VeSta
Azienda USL Bologna
INTRODUZIONE:
Lo studio osservazionale italiano sugli stati vegetativi (VeSta), finalizzato alla valutazione
dell’imprecisione diagnostica nella popolazione di pazienti con disturbi di coscienza, ha
permesso una analisi delle principali complicanze ad interesse neurochirurgico. La
presenza di lacuna craniotomica e ventricolomegalia sono stati considerati fattori interferenti
sulla accuratezza diagnostica dello stato di coscienza.
MATERIALI E METODI:
Sono stati analizzati i dati relativi a 327 pazienti inseriti nel registro VeSta e raccolti dalle 20
unità operative partecipanti allo studio. L’età media dei pazienti era di 54 anni e il 58%
erano di sesso maschile. Il 23% presentava un’eziologia traumatica, il 68% un’eziologia non
traumatica mentre il 6% era un’associazione delle due.
RISULTATI
La ventricolomegalia è la complicanza ad interesse neurochirurgico maggiormente presente
nei pazienti con stato vegetativo e stato di minima coscienza inseriti nel registro. In
particolare è presente nel 43% dei pazienti con diagnosi di trauma cranico ad almeno 1
anno dalla lesione e nel 36% dei pazienti con altra etiologia (emorragica, ischemica,
anossica) dopo 6 mesi dall’evento. Considerando l’età come parametro di differenziazione,
la ventricolomegalia è presente nel 47% dei pazienti con età inferiore a 40 anni e nel 35%
(242 casi) con età superiore.
Abbiamo, inoltre, analizzato il dato relativo alla presenza di craniolacunia: è presente nel
20% dei 242 pazienti con distanza maggiore di 1 anno dall’evento sia esso di natura
traumatica, emorragica o altra causa.
CONCLUSIONE
Come risulta anche dai dati della letteratura sia la ventricolomegalia e la presenza di lacuna
craniotomica interferiscono sulla accuratezza diagnostica dello stato di coscienza. L’analisi
dei dati del registro VeSTA ha permesso di analizzare e focalizzare l’attenzione degli esperti
sulle cosiddette ” complicanze trattabili” .
C07 DESCRITTORI EEG DI OUTCOME IN PAZIENTI IN STATO VEGETATIVO E DI
MINIMA COSCIENZA
S. Bagnato, C. Boccagni, A. Sant'Angelo, C. Prestandrea, R. Mazzilli, G. Galardi
Unità Operativa di Riabilitazione e Servizio di Neurofisiologia, Fondazione Istituto San Raffaele G.
Giglio, Cefalù (PA)
Introduzione
L'EEG è un'indagine effettuata di routine in pazienti in stato vegetativo (VS) o in stato di
minima coscienza (MCS). Tuttavia in questi pazienti il valore prognostico dei classici
descrittori dell'EEG (ampiezza, frequenza e reattività) è poco noto. L'obiettivo di questo
studio è stato di valutare il valore prognostico di ciascuno di questi descrittori EEG e di
creare un nuovo punteggio elaborato specificamente per definire con maggiore precisione
l'outcome di pazienti in VS o MCS.
Materiali e metodi
Sono state analizzate retrospettivamente le registrazioni EEG effettuate al momento del
ricovero in una Unità per Gravi Cerebrolesioni Acquisite in 106 pazienti consecutivi con
diagnosi di VS o di MCS,. L'ampiezza dell'attività di fondo (ridotta o normale), la frequenza
dominante (alfa, theta o delta) e la reattività all'apertura degli occhi (assente o presente)
sono state determinate mediante analisi visiva e correlate con l'outcome a 3 mesi valutato
mediante la Coma Recovery Scale Revised (CRS-R). Questi dati sono stati
successivamente integrati per definire un nuovo punteggio Ampiezza-Frequenza-Reattività
(AFR), i cui valori variano da 3 a 7.
Risultati
I pazienti con ampiezza ridotta hanno presentato un minore incremento del punteggio CRSR a distanza di tre mesi rispetto ai pazienti con ampiezza normale (F1,104 = 35.9; p <
0.001). I pazienti con frequenza dominante alpha, theta o delta hanno presentato,
rispettivamente, un incremento del punteggio CRS-R maggiore, intermedio o minore
(F2,103 = 6.7; p = 0.002). I pazienti con reattività hanno avuto un maggiore incremento del
punteggio CRS-R a distanza di tre mesi rispetto ai pazienti senza reattività (F1,99 = 21.5; p
< 0.001). Il punteggio AFR, ottenuto integrando il significato prognostico dei singoli
descrittori EEG, era significativamente correlato all'outcome, valutato in termini di punteggio
CRS-R totale (r = 0.72; p < 0.001), variazione del punteggio CRS-R dopo tre mesi (r = 0.51;
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Abstract Book
p < 0.001) e livello di coscienza (VS, MCS o emergenza da MCS) (r = -0.42; p < 0.001) a tre
mesi.
Conclusioni
La presenza di un'ampiezza ridotta e di frequenze delta dominanti correla con un peggior
outcome a tre mesi, mentre la presenza di reattività e di frequenze alfa correla con un
outcome migliore. Punteggi AFR 3 e 4 si associano ad un peggior outcome a tre mesi,
mentre punteggi 6 e 7 si associano ad un outcome migliore.
44
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 6
“ANALISI DEL MOVIMENTO”
Aula C
Venerdì 9 Maggio 2014
Ore 08.00-09.00
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Abstract Book
C01 APPLICAZIONE DELL’ICF ALL’ANALISI CLINICO-STRUMENTALE DEL CAMMINO
C. Camerano1, A. De Luca2, G.A. Checchia2, M. Cioni 1, C. Lentino2
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Catania; 2 S.
C. Recupero e Rieducazione Funzionale, Ospedale Santa Corona, Pietra Ligure, ASL 2 Savonese
Introduzione
Nei laboratori di analisi del movimento, per una corretta valutazione di soggetti con disordini
motori, e’ necessario effettuare, oltre all’ esame strumentale, quello clinico basato sulla
Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF). E’
importante indagare non solo le Funzioni del corpo e le Strutture del corpo, ma anche il
livello di Attività e Partecipazione ed i Fattori ambientali delle persone disabili nei loro
ambienti domestici-lavorativi. Dall’analisi della letteratura scientifica, risulta assente sia
un’applicazione pratica dell’ICF, durante una valutazione strumentale di analisi del
movimento, sia un core set validato.
Conclusioni
Dai risultati si evince che, per individuare l’appropriato intervento terapeutico in pazienti con
alterazione del movimento, i dati quantitativi dell’analisi del cammino devono essere
analizzati alla luce sia delle performance e capacità nelle Attività e Partecipazione della vita
quotidiana, sia delle barriere e facilitatori dei Fattori ambientali.
Bibliografia
- Evaluation of patients with gait abnormalities in physical and rehabilitation medicine settings.
Laurent Bensoussan, MD, Jean-Michel Viton, MD, PhD, Nikos Barotsis, MD and Alain Delarque, MD.
Journal of Rehabilitation Medicine 2008; 40: 497–507.
-World Health Organization. International Classification of Functioning, Disability and Health. Geneva:
World Health Organization 2001.
Materiali e metodi
Abbiamo estrapolato una lista di codici da tutti gli elementi della classificazione dell’ICF per
adulti. Tutti i codici della lista sono stati accompagnati da un qualificatore. Presso il
laboratorio di analisi del movimento, sono stati valutati 24 soggetti con diagnosi di stroke, di
cui 11 maschi e 13 femmine, con una età compresa tra i 43 ed i 75 anni. A tutti i soggetti è
stato effettuato uno studio elettromiografico in dinamica di superficie (EMG) degli arti
inferiori, classificando poi l’attività EMG secondo Shiavi e coll. Inoltre i soggetti sono stati
valutati con i codici del’ICF selezionati, con la Walking Handicap Scale (WHS) e con il Test
dei 10 metri.
Risultati
E’ stata confermata la correlazione tra la WHS e la velocità media con p<0.01. Sono stati
rilevati coefficienti di correlazione: con p<0.001, tra la WHS ed i codici d420, d460, d475;
con p<0.01 tra la WHS ed i codici d430, d435 d455, d470, d475, e1200. Inoltre sono state
osservate queste stesse p di correlazione tra la velocità media ed i codici dell’ICF sopra
riportati. Non è stata riscontrata alcuna correlazione significativa tra la classificazione
dell’attività EMG secondo Shiavi e coll ed i codici dei domini ICF.
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C02 ARMEO POWER: ANALISI CINEMATICA DELL’ARTO SUPERIORE PRE E POST
TRATTAMENTO ROBOTIZZATO IN PAZIENTI EMIPARETICI: STUDIO PILOTA
S. Filoni*, E. F. Russo*, M. Russo*, L. Russi*, F. Merla*, M.T. Gatta*, A. Santamato**, P.
Sale***
*: Fondazione Centri di Riabilitazione Padre Pio Onlus, San Giovanni Rotondo, Foggia **:
Dipartimento di Medicina Fisica e della Riabilitazione, Università di Foggia ***:Dipartimento di
Neuroriabilitazione IRCCS San Raffaele Pisana Roma.
INTRODUZIONE
Il trattamento riabilitativo dell’arto superiore dopo compromissione funzionale da stroke
rappresenta una sfida importante per la riabilitazione. Nell’ambito delle nuove tecniche di
riapprendimento, l’utilizzo di esoscheletri robotizzati si sta dimostrando efficace.
METODI
Lo studio effettuato si propone di investigare gli effetti di un training di riabilitazione robotassistita con un esoscheletro di arto superiore Armeo®Power per la ripresa della funzione
motoria dell’arto superiore nei pazienti post ictus.
I pazienti affetti da emiparesi in postumi di recente ictus cerebri sono stati sottoposti ad un
training con esoscheletro robotizzato della durata di 4 settimane.
Al momento dell’inclusione sono state somministrate le seguenti scale di valutazione:
Frenchay Arm Test, il Nine-hole Peg Test (NHPT), la scala di Ashworth modificata; sono
stati sottoposti alla batteria di test presenti su Armeo®Power: tempo di reazione, cattura
verticale, A-goal, A-ROM, A-force; sono stati sottoposti ad una valutazione di analisi del
movimento per arto superiore (protocollo RAB) al fine di studiare la cinematica del
movimento di “pointing”. Sono stati considerati i parametri di fluidità del movimento: IC
(indice di curvatura), NMU (numero dei picchi di velocità), Velocità (max e media all’interno
del task motorio), Delta T (secondi impiegati per raggiungere il target), Jerk Normalizzato.
Sono stati inoltre presi in considerazione i parametri angolari di spalla e gomito.
precisione. Non ci sono stati cambiamenti significativi nel ROM attivo. Riguardo ai task
studiati con l’analisi del movimento, tutti i parametri sono nettamente migliorati dopo il
training, segno di una evidente miglior fluidità ed accuratezza del movimento dopo il
training.
DISCUSSIONE
Questi indici strumentali ottenuti con Armeo power e con l’analisi del movimento potrebbero
essere utilizzati per integrare e supportare la valutazione clinica dell’arto superiore in
pazienti affetti da esiti di ictus cerebri poiché forniscono informazioni sul deficit e sulla
compromissione della capacità del controllo motorio e risultano molto accurati nel
monitoraggio del recupero motorio.
BIBLIOGRAFIA
-“Quantitative evaluation of functional limitation of upper limb movements in subjects affected by
ataxia” F. Menegoni, E. Milano, C. Trotti, M. Galli, M. Bigoni, S. Baudo and A. Mauro Bioengineering
Department, Politecnico di Milano, Milan, Italy; bDivision of Neurology and Neurorehabilitation –
IRCCS‘‘Istituto Auxologico Italiano’’, Piancavallo (VB), Italy; and cDepartment of Neurosciences,
Universita` di Torino, Torino, Italy
-Frisoli et al.: “Positive effects of robotic exoskeleton training of upper limb reaching movements after
stroke”. Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation 2012 9:36.
RISULTATI
Sono state somministrate nuovamente le scale di valutazione e i risultati sono stati
confrontati con quelli ottenuti al momento del reclutamento. Ci sono stati dei netti
miglioramenti nelle scale cliniche di valutazione. Riguardo agli esercizi valutativi presenti su
Armeo Power, i pazienti hanno completato gli esercizi più rapidamente e con maggior
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47
Abstract Book
C04 EFFETTI DELLE DEFORMITA’ STATICHE E DINAMICHE DI CAVIGLIA NEI LIVELLI
DI ATTIVITA’ E PARTECIPAZIONE IN PAZIENTI CON ESITI DI STROKE
D. Mazzoli 1, M. Longhi 1, A. Merlo 1,2, E. Giannotti 1,3, S. Masiero 3, P. Prati 1
deambulatoria, supporta l’utilizzo semplice e rapido di questi indici per monitorare il
recupero motorio e quindi l’efficacia della riabilitazione.
Bibliografia: [1] Gait & Posture 30 (2009) 127–131.
1 Laboratorio di Analisi del Movimento e Biomeccanica, Ospedale Sol et Salus, Torre Pedrera di
Rimini
2 Laboratorio di Analisi del Movimento, AUSL di Reggio Emilia, Correggio (RE)
3 Dipartimento di Riabilitazione Ortopedica, Università degli Studi di Padova, Padova
Tab.1
Introduzione: L' international classification of functioning (ICF) promuove la valutazione di
funzioni e strutture corporee (F&S) e di attività e partecipazione (A&P). Nel cammino
dell’emiplegico, le alterazioni di F&S del lato paretico possono non limitare le A&P per
l’adozione di compensi del controlaterale sano. Lo scopo di questo studio è valutare le
relazioni tra i punteggi delle limitazioni di F&S, l’abilità deambulatoria (AD) e le A&P.
Materiali e Metodi: Abbiamo analizzato retrospettivamente 26 pazienti con esiti di stroke
(Tabella 1). Le misure di F&S erano: la dorsiflessione passiva e attiva (pDF, aDF) valutate a
ginocchio esteso e flesso a 90°, la spasticità al tricipite surale (TS) valutata con la scala
Tardieu. Le scale di A&P erano: le Functional Ambulation Categories (FAC), il Rivermead
Mobility Index (RMI), la Walking Handicap Scale (WHS). La AD veniva calcolata sulla base
dei dati delle piattaforme di forza [1] attraverso 2 indici strumentali: la Dynamic loading
ability e la Dynamic propulsion ability (DLA e DPA) (Figure 1). Le correlazioni sono state
valutate con il coefficiente di correlazione di Spearman. Risultati: L’aDF era correlata con
tutte le scale di A&P, la pDF era correlata con FAC e WHS, il valore di rho si avvicinava a
0.5 in tutti i casi. La spasticità al TS al non influenzava nessun punteggio di A&P né gli indici
strumentali di AD. La correlazione maggiore (p<0.001) è stata trovata tra gli indici DLA e
DPA e tutte le scale di A&P, con un rho di 0.75. La velocità del cammino era in correlazione
con la DLA (rho=0.8, p<0.001) e la DPA (rho=0.7, p<0.001) [1]. È da sottolineare come la
DLA era correlata con l’aDF (preposizionamento del piede) e la DPA con la pDF (rotazione
anteriore della tibia).
Conclusioni: Le limitazioni di A&P nel paziente adulto con esiti di stroke dipendono dalle
deformità alla caviglia più che dalla spasticità. Le alterazioni di F&S influenzano il
preposizionamento del piede al contatto iniziale e la rotazione anteriore della tibia quindi
dovrebbero essere considerati fin dalla fase acuta nel trattamento riabilitativo. La presenza
di validità concorrente tra DLA e DPA e i punteggi di A&P nonché il loro effetto sulla velocità
Tab.2
48
C05 LA GAIT ANALYSIS IN SOGGETTI PARKINSONIANI CON SINDROME DI PISA
SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CON TOSSINA BOTULINICA
V. Palmisano, A. Lopopolo, E. Romanelli, L. Mastromauro, R. Marvulli, G. Lelli, S. Mennuni,
A. Di Candia, P. Fiore, G. Ianieri
Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" - Policlinico di Bari
Introduzione: La Sindrome di Pisa è una distonia laterale assiale del tronco caratterizzata da
flessione marcata del rachide toraco-lombare sul piano frontale, descritta in pazienti
Parkinsoniani in terapia con farmaci neurolettici [1]. Alcuni studi hanno valutato l’attività dei
muscoli paravertebrali con EMG ad ago descrivendo diversi pattern di attivazione
muscolare, sia omolaterale che controlaterale alla convessità della curva di flessione
laterale del rachide [2][3]. Il nostro scopo è quello di valutare questi pazienti con
elettromiografia di superficie durante la deambulazione in modo da poter definire le
caratteristiche di attivazione dei muscoli coinvolti.
Conclusioni: La nostra analisi evidenzia un’attività muscolare continua a carico dei muscoli
paravertebrali, maggiore controlateralmente alla curva di flessione, come già dimostrato in
altri studi di EMG. Si conferma quindi il pattern di attivazione simil-distonico già descritto in
altri studi e su cui si basa il razionale della terapia con tossina botulinica. Nel nostro studio
le osservazioni sono state effettuate nelle due condizioni (statica e dinamica). Tale
metodologia consente un'aderenza più conforme alla realtà clinica.
1. Doherty KM, Davagnanam I, Molloy S, Silveira-Moriyama L, Lees AJ. Pisa syndrome in
Parkinson's disease: a mobile or fixed deformity? J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2013 Dec;
2. Tinazzi M, Juergenson I, Squintani G, Vattemi G, Montemezzi S, Censi D, Barone P, Bovi T,
Fasano A. Pisa syndrome in Parkinson's disease: an electrophysiological and imaging study. J
Neurol. 2013 Aug;
3. Di Matteo A, Fasano A, Squintani G, Ricciardi L, Bovi T, Fiaschi A, Barone P, Tinazzi M. Lateral
trunk flexion in Parkinson's disease: EMG features disclose two different underlying
pathophysiological mechanisms. J Neurol. 2011 May.
Materiali e Metodi: Abbiamo sottoposto due pazienti parkinsoniane con Sindrome di Pisa a
Gait Analysis, secondo protocollo Davis modificato aggiungendo ai 22 reperi standard 20
reperi a livello della spinose vertebrali e con elettrodi di superficie a livello dei muscoli
paravertebrali toracici e lombari, gluteo medio e retto femorale bilaterale. I pazienti sono
stati successivamente sottoposti a valutazione miometrica dei muscoli paravertebrali
cervicali, dorsali e lombari e sono stati trattati con tossina botulinica (TB) Xeomin®, 300U
diluite all’1%, inoculata nei muscoli ileo costale del lombo e del torace, muscoli lunghissimo
del torace e larghissimo del dorso, bilateralmente. Le rilevazioni sono state effettuate prima
(T0) e dopo l'inoculazione con TB (T1).
Risultati: Si è osservato a T0, in entrambe le pazienti un’attività muscolare continua a carico
dei muscoli paravertebrali bilateralmente, maggiore nei muscoli controlaterali alla curva di
flessione; in particolare nella paziente 1, tale attività continua è intervallata da picchi in
corrispondenza delle fasi di stacco del ciclo del passo. Nei muscoli gluteo e retto femorale si
registra un’attività basale continua con picchi di attivazione congruenti alle varie fase del
ciclo del passo in entrambe le pazienti. Si è riscontrato in T1 un miglioramento di tutti i
parametri già citati.
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49
Abstract Book
C06 TRATTAMENTO DEI PAZIENTI CON MALATTIA DI PARKINSON ASSOCIATA A
SINDROME DI PISA E CAMPTOCORMIA CON BUSTO ELASTICARE: CASE REPORT
VALUTATO CON STRUMENTAZIONE NON INVASIVA (BACES SISTEM)
Manuela Maieron1, V. Marino2, R. Ballestriero1, 1Simonetta Paravano, 1Luisa Monti
Bragadin
1. ASS 4 Medio Friuli 2. Studentessa Corso di Laurea Fisioterapia Udine
Introduzione: la sindrome di Pisa e la camptocormia sono deformità posturali associate alla
Malattia di Parkinson che determinano dolore, aumentato rischio di cadute e diminuzione
della Qualità della Vita (QoL). L’obiettivo dello studio è stato quello di verificare attraverso
valutazioni strumentali e cliniche l’efficacia dell’utilizzo prolungato del busto Elasticare nei
pazienti con queste caratteristiche.
Al follow up a sei mesi, in assenza di cambiamenti farmacologici, la situazione rispetto al
post si è mantenuta stabile.
Conclusioni: l’uso del busto Elasticare® in tessuto Skincare con presa pelvica si è rivelato
per questo paziente essere efficace sulla correzione della postura, come evidenziato dalle
valutazioni strumentali effettuate con Baces System, sulla riduzione del dolore, sulla
prevenzione delle cadute e sulla QoL.
D'Osualdo F1, Schierano S, Soldano FM, Isola M. New tridimensional approach to the evaluation of
the spine through surface measurement: the BACES system. J Med Eng Technol. 2002 MayJun;26(3):95-105.
Doherty KM, van de Warrenburg BP, Peralta MC, Silveira-Moriyama L, Azulay JP, Gershanik OS,
Bloem BR. Postural deformity in Parkinson disease Lancet Neurol. 2011 Jun;10(6):538-49. doi:
10.1016/S1474-4422(11)70067-9. Epub 2011 Apr 22. Review.
Materiali e metodi: E’ stato studiato un paziente con sindrome di Pisa, camptocormia e
riferite cadute negli ultimi tre mesi. Per le valutazioni strumentali si sono utilizzati il Baces
System (Articulated Arm for Computerized Surface), strumento non invasivo che attraverso
un braccio articolato interfacciato ad un software è in grado di rilevare le variazioni
morfologiche della colonna vertebrale, e la pedana stabilometrica per valutare le variazioni
del centro di pressione (CoP). Per le valutazioni cliniche ci si è avvalsi dell’UPDRS III,
Tinetti, BBS, FOG, FES, SIXm.WT, TENmWT, TUG e PDQ39. Il paziente ha indossato Il
busto Elasticare per 6-8 ore al giorno ed è stato valutato pre utilizzo busto, post busto ad un
mese e al follow up a sei mesi. I test sono stati eseguiti alla stessa ora ed in condizione di
“on”. Posto che la postura peggiora con il mantenimento prolungato della posizione eretta la
valutazione strumentale valida è stata considerata quella al tempo di 2’.
Risultati: ad un mese dall’utilizzo del busto Elasticare le misurazioni con il Baces System
hanno rilevato una diminuzione dello strapiombo sia sul piano frontale (137mm vs. 60mm)
che sul piano sagittale (184mm vs. 32mm) associato ad una diminuzione del raggio di
inclinazione sul piano frontale (1013mm vs. 901mm) ed una ricomparsa sul piano saggittale
delle curve fisiologiche con indice di Cobb diminuito al post di 6°(55° vs. 44°). Alla
stabilometria il CoP che al pre era postero-laterale si è ridistribuito al centro. Tutti i test
clinici al post a un mese erano migliorati: UPDRS III (27 vs.24), Tinetti (20 vs. 21), FES (13
vs.11), FOG (15 vs. 13) SIXminWT (364m. vs. 392), TENmWT (8.20” vs. 7.68”), TUG
(9.04”vs. 8.42), PDQ39 (99 vs. 51)
50
C06 FEEDBACK VISIVO: FACILITAZIONE O DISTURBO PER LA COMPRENSIONE
DELLA POSIZIONE DEL CORPO NELLO SPAZIO?
L. Pellegrino, P. Giannoni, M.Casadio
prevede di testare ulteriormente questa ipotesi anche con un protocollo che metta a
confronto esercizi in cui il feedback visivo sia fornito in modo continuo durante tutto
l’esercizio o solo alla fine dei movimenti.
Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi, Università degli Studi
di Genova, Genova, Italia; ART Centro di Formazione e Riabilitazione, Genova, Italia
Introduzione: I protocolli riabilitativi basati sull’uso del feedback visivo sono molto usati per
esercitare il controllo e la stima della posizione del corpo nello spazio o lo spostamento del
peso in diverse direzioni[1]. ll feedback visivo può aiutare a ricalibrare le informazioni
sensoriali propriocettive o gli input che sono stati compromessi per esempio a causa di un
ictus o di malattie neuromotorie come la Sclerosi Multipla[2,3]. Lo scopo di questo studio è
verificare come le abilità acquisite in presenza di feedback visivo siano mantenute in
assenza di tale feedback e se siano generalizzate per movimenti di ampiezza e direzioni
diverse rispetto a quelli esercitati durante il training.
Materiali e Metodi: I soggetti sedevano su uno sgabello posto su una piattaforma di forza. Il
task consisteva nello spostare il Centro di Pressione (CoP) per raggiungere target presentati
uno alla volta in ordine random sullo schermo di un computer. I target erano disposti in 8
direzioni equispaziate su tre cerchi concentrici. Il protocollo constava di 4 fasi:
Familiarizzazione (16 center-out movements), Baseline (16 center-out movements), Training
(264 center-out movements) e Generalizzazione (96 center-out movements). Durante il
training il target appariva in 4 posizioni del cerchio intermedio e il cursore corrispondente
alla posizione del CoP era visualizzato continuamente sullo schermo in tempo reale.
Durante la baseline il target appariva in tutte le otto posizioni dei 3 cerchi ma non c’era il
visual feedback del cursore. Nessun partecipante allo studio aveva problemi neuromotori.
Risultati: Durante il training con feedback visivo la performance dei soggetti è migliorata in
termini di durata, fluidità ed accuratezza dei movimenti del cursore. Quando dopo il training
è stata testata la capacità di eseguire il task in assenza di feedback visivo e su target posti a
distanze e in direzioni differenti rispetto a quelli del training set, abbiamo riscontrato una
difficoltà a generalizzare il compito, particolarmente per quel che riguarda il controllo degli
spostamenti di ampiezza diversa.
Conclusioni: I risultati preliminari evidenziano possibili limitazioni della generalizzazione di
metodi di training per il controllo posturale in cui sia fornito un feedback visivo continuo. Si
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51
Abstract Book
C07 VALUTAZIONE MIOMETRICA E BAROPODOMETRICA NELLA TERAPIA DEL TOEWALKING IDIOPATICO (TWI) CON ABOBOTULINUM TOXIN A CON FKT VS
ABOBOTULINUM TOXIN A CON FKT E TUTORE DINAMICO
E. Romanelli, L. Mastromauro, R. Marvulli, A. Lopopolo, V. Palmisan., G. Marzo, A.
Stellacci, P. Fiore, G. Ianieri
Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" - Policlinico di Bari
Introduzione: Viene definita con il termine Toe-Walking (TW) la deambulazione in punta di
piedi, che se protratta oltre i tre anni di vita viene considerata una condizione patologica. Le
principali cause sono: patologie neuromuscolari, ortopediche, disturbi comportamentali,
disfunzioni del sistema vestibolare e/o visivo. Nei casi in cui non è possibile evidenziare
nessuna di queste cause si parla di TW Idiopatico (TWI). Esistono differenti opzioni di
trattamento, che prevedono per i casi lievi solo un controllo evolutivo; in quelli più severi vi
sono svariate opzioni terapeutiche che vanno dalla chinesiterapia (FKT) all’intervento
chirurgico di tenotomia del tendine di Achille, nelle situazioni più gravi. Nel nostro studio
abbiamo messo a confronto due possibilità di trattamento conservativo: da una parte
l’utilizzo di Abobotulinum toxin A associata a FKT e dall’altro la combinazione di
Abobotulinum toxin A + FKT con tutori tipo Nancy-Hilton. Lo scopo è stato quello di
realizzare un monitoraggio efficace delle proprietà reologiche muscolari (elasticità e
stiffness), prendendo in considerazione il gastrocnemio mediale (GM) e quello laterale (GL),
mediante la miometria, e valutare con l’ausilio della BPE le variazioni dell’appoggio talare
nei due trattamenti.
mantenevano stazionari fino a 4 mesi (t4), mostrando sia un migliore appoggio talare (BPE)
sia un aumento dei valori di elasticità e stiffness.
Conclusioni: Il presente studio ha dimostrato che l’utilizzo di un ortesi dinamica associata a
inoculazione di Abobotulinum toxin A e FKT nei bambini affetti da TWI ha un impatto
positivo sul muscolo, migliorando le sue proprietà reologiche e mantiene stabile nel tempo
questo risultato, confrontabile anche con l’analisi statica e dinamica della BPE. Da ciò si
deduce che la miometria fornisce un monitoraggio accurato della muscolatura, quindi
consente di progettare un trattamento il più personalizzato possibile per questi piccoli
pazienti.
Bibliografia
1. Engstrom P., Tedroff K. – “The prevalence and course of idiopathic toe-walking in 5 years old
children – Pediatrics 2012 Aug;
2. Dietz F., Khunsree S. – “Idiopathic toe walking: to treat or not treat, that is the question” – Iowa
Orthop 2012;
3. Engstrom P., Guetierrez-Farewik EM., Bartonek A., Tedroff K., Oredelt C., Haglund-Akerlind Y. Does botulinum toxin A improve the walking pattern in children with idiopathic toe walking – J. Child
Orthop 2010.
Materiali e Metodi: Dieci bambini divisi in due gruppi (6 femmine e 4 maschi) di età media
7.8±1.53 anni con diagnosi di TWI. Nel Gruppo A veniva eseguita un’infiltrazione di BTX-A
(Dysport® 600U tricipite della sura bilateralmente) e FKT (3 volte/settimana); nel Gruppo B
veniva associata anche l’utilizzo dell’ortesi Nancy Hilton bilateralmente. Le valutazioni si
basavano sull’esecuzione della BPE e sulle misurazioni miometriche con il MYOTON a
carico dei gruppi muscolari GM e GL a t0, dopo 15 giorni (t1), un mese (t2), tre mesi (t3) e 4
mesi (t4).
Risultati: Nel Gruppo A si riscontrava un miglioramento della distribuzione dei carichi alla
BPE e dei parametri muscolari fino a tre mesi; mentre nel Gruppo B i risultati si
52
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 7
“RIABILITAZIONE DELL’ETA’ EVOLUTIVA”
Aula A
Venerdì 9 Maggio 2014
Ore 18.30-19.30
XIV Congresso Nazionale SIRN
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Abstract Book
C01 GRAVI CEREBROLESIONI IN ETA’ EVOLUTIVA : DISTURBI COGNITIVOCOMPORTAMENTALI E TERAPIA OCCUPAZIONALE (TO) PER INCREMENTO DI
MOTIVAZIONE E AUTONOMIA
D. Saviola, S.Bosetti, M. Cantoni, R. Galvani, J. Conforti, A. De Tanti
Istituto Santo Stefano Riabilitazione
Introduzione: nel complesso iter riabilitativo di pazienti cerebrolesi in età evolutiva spesso il
team si scontra con deficit cognitivo-comportamentali che inducono i piccoli pazienti a una
ridotta collaborazione e scarsa motivazione a setting riabilitativi classici motori, ortottici,
logopedici e psicologici. Abbiamo sviluppato in laboratori occupazionali, percorsi ecologici,
pratici, ludico-ricreativi per ottenere una maggiore adesione al progetto multidisciplinare e
individuare o rendere più fruibili eventuali ausili proposti.
Scopo del lavoro è stato quello di verificare, nel corso degli ultimi 2 anni quanti pazienti
cerebrolesi in D.H. avessero richiesto tale intervento associato alla riabilitazione classica e
come ciò fosse valido per portatori di disturbi comportamentali al di là dell’eziologia di
partenza: grave trauma cranico, neoplasia/encefalite, paralisi cerebrale infantile.
computer); 2 pz hanno ripreso a utilizzare la carrozzina manuale in autonomia in interno, a
scuola e con supervisione in esterno 1 carrozzina elettrica.
Conclusioni: un approccio più ecologico strutturato, in disturbi comportamentali, ha favorito
maggior collaborazione e autonomia generalizzando la motivazione anche in setting
riabilitativi più formali indipendentemente dall’eziologia di partenza.
Bibliografia:
Ibragimova N., Granlund M., Bjorck-Akesson E. (2009) ”Field Trial of ICF version for children and
youth (ICF-CY) in Sweden: logical coherence, developmental issues and clinical use” Devlop
Neurorehabil, Vol 12, n°1; 3-11
Saviola D., De Tanti A.(2011) ”Trauma cranico e terapia occupazionale”; Ed. Franco Angeli
Stazzer S., Bardoni A., Locatelli F. et al (2008) “Efficacia della riabilitazione in età infantile: studio di
una casistica di 183 pazienti con GCLA, outcome a confronto” EUR MED PHYS, 44 Suppl.1-3
Materiali e metodi: è stato condotto uno studio osservazionale di 24 mesi (2012/2013) per
pazienti in età evolutiva ricoverati in D.H.; 4 accessi/settimana per 2 mesi, 3 ore/die attività
riabilitativa: motoria palestra/piscina, psicologica/logopedica, ortottica). Su 58 pz è stato
reclutato un campione di 27 (3 per eziologia e fascia di età: infanzia 3-6 aa; preadolescenza
9-12; adolescenza 13-18) con importanti disturbi cognitivo-comportamentali, poco
collaboranti (rifiutavano sedute di trattamento nel 30%);GCS?8 per le gravi cerbrolesioni
acquisite all’esordio; tetra-diplegici nelle PCI. Dopo il primo mese tali soggetti sono stati
inseriti quotidianamente anche in terapia occupazionale: oltre i 6 aa gruppo cucina 2 volte
settimana per 60 minuti; 1 seduta di orto-terapia o di arte-terapia; 1 uscita in esterno con
supervisione per reperimento materiali; per i più piccoli 2 sedute di attività strutturate in
setting di gioco, 1 di manipolazione di oggetti, 1 percorso in palestra. Valutazione funzionale
con LCF; QI con scale adeguate all’età, DRS, core set ICF-CY stabilito, GAS.
Risultati: Concluse le 16 sedute di TO risulta un incremento di performance 70% (ICFCY,GAS) e collaborazione anche a setting più formali non eludendo i trattamenti. Sono stati
identificati in 9 casi ausili per la vita quotidiana (5 posate adattate, 4 adattamenti a
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C02 PROBLEMATICHE FISIOTERAPICHE NELL'UTILIZZO DI
ROBOTICHE NELLA RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA DEI BAMBINI
P.Giannoni
TECNOLOGIE
C03 ESPERIENZA DI FOLLOW UP RIABILITATIVO NEL BAMBINO CON SOFFERENZA
PERINATALE TRATTATO CON IPOTERMIA
Autori M. Barausse, F. Nai Fovino, V. Carlini, N. Smania
Scuola di Formazione e Riabilitazione ART s.r.l.
Università degli studi di Verona
Un team composto da bioingegneri dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova,
fisioterapisti e medici ha iniziato presso il laboratorio di robotica dell’Ist. G.Gaslini uno studio
su un gruppo di bambini con esiti di paralisi cerebrale infantile (p.c.i.). I bambini, pur
presentando la stessa patologia di base, hanno manifestazioni sensoriali-motorie diverse,
tipiche appunto dei diversi quadri di p.c.i.: tetra-, di- o emi-paresi con caratteristiche diverse
di stiffness muscolare e di organizzazione del movimento.
Scopo di questo studio è indagare attraverso l’uso di manipolatori robotici a) se si possono
evidenziare con dati oggettivi delle caratteristiche comuni all’interno dei vari quadri di p.c.i.;
b) come si manifestano queste caratteristiche in termini di indicatori specifici; c) la capacità
del bambino di percepire un’informazione propriocettiva di movimento ad occhi chiusi; d)
l’influenza a livello posturo-cinetico dell’uso di un arto rispetto all’altro.
All’interno del gruppo studiato, si sono rilevati in particolare i dati relativi alla performance di
6 bambini dagli 8 ai 14 anni ai quali è stato chiesto di utilizzare i manipolatori per eseguire
compiti di reaching di diversi target su un monitor, compiti di inseguimento di target in
movimento e compiti di percezione ad occhi chiusi di movimenti guidati dal manipolatore.
Le misure finora raccolte sono interessanti ma lasciano ancora aperto al riabilitatore il
problema di come utilizzare al meglio questi dati non solo per comprendere le caratteristiche
motorie ma anche il possibile potenziale di cambiamento di questi soggetti, e per fare di
conseguenza proposte di lavoro che traggano vantaggio da questa conoscenza.
In particolare da questo studio sono emersi dati potenzialmente interessanti relativi alle
caratteristiche spazio-temporali del movimento discinetico e ai problemi sensoriali profondi.
Si è evidenziata difatti una frequente presenza di problemi propriocettivi anche in bambini
per i quali questo fatto non era stato rilevato in precedenza. Sebbene al momento l’obiettivo
dello studio sia circoscritto alla conoscenza dell’organizzazione motoria, quanto finora
emerso potrebbe far ipotizzare in futuro un training specifico su questi soggetti per aiutarli
ad abbassare la soglia di attenzione sensoriale di tipo aptico/propriocettivo.
INTRODUZIONE
Presso il Reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale S. Bortolo di Vicenza viene
applicato il protocollo di trattamento con ipotermia del neonato affetto da encefalopatia
ipossico-ischemica, secondo le raccomandazioni del gruppo di Studio di Neurologia
Neonatale della Società Italiana di Neonatologia. L’attività di consulenza fisiatrica in TIN
prevede la presa in carico precoce del bambino con esiti di sofferenza perinatale e la
prosecuzione dopo la dimissione.
Con questo elaborato illustriamo l’attività di follow-up neuroevolutivo e trattamento precoce
riportando la casistica del periodo dal 2011 al 2013.
Team di lavoro Ist.Gaslini-IIT: Ing. L.Cappello, Ing. D.De Santis, Dr. L.Doglio, Ft. P.Giannoni, Ing.
F.Marini, Ing. P.Morasso, Dr. P.Moretti, Ft. A.Riva, Ing. V.Squeri
MATERIALI E METODI
Tra i pazienti ricoverati presso la TIN dell’Ospedale di Vicenza dal 1 gennaio 2011 al 31
dicembre 2013, 11 sono risultati idonei al trattamento con ipotermia secondo il Protocollo
Aziendale. Tre pazienti sono deceduti nelle prime ore di vita per complicanze.
La presa in carico riabilitativa avviene a condizioni cliniche stabilizzate e al termine del
trattamento ipotermico.
Prevede una valutazione iniziale mediante registrazione GM’s, (previo consenso dei
genitori) ed esame neurologico secondo scala Dubowitz.
L’intervento abilitativo durante il ricovero prevede un approccio al bambino secondo i termini
della Developmental Care, coinvolgendo i genitori con incontri finalizzati all’insegnamento
delle norme di care, all’osservazione dei segnali del bambino e alla loro interpretazione.
Dopo la dimissione il bambino effettua follow-up all’interno dell’ambulatorio integrato
“neonato ad alto rischio” con valutazioni al 1°-3°-6°-9°-12°-18°-24° mese di vita.
Le valutazioni fisiatriche includono la registrazione dei GM’s al 1° e 3° mese, esame
neurologico, registrazione delle tappe di sviluppo e somministrazione scala Vaivre-Douvret.
All’età di 24 mesi viene somministrata la scala Bayley.
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Qualora si evidenzino alterazioni o comparsa di disarmonie di sviluppo all’esame obiettivo si
intraprende tempestivamente il trattamento abilitativo. Se si prevede una presa in carico
protratta nel tempo il paziente viene poi inviato alle strutture territoriali.
C04 ONDE D’URTO RADIALI: EFFETTO SUL DOLORE E LA PERFORMACE MOTORIA
IN UN SOGGETTO PARALIMPICO.
L. Mori, L. Marinelli, S. Canneva, F. Colombano, M. Gambaro, G. Abbruzzese, C. Trompetto
DINOGMI - Università degli Studi di Genova
RISULTATI
Tutti i bambini alla visita del I° e 3° mese presentavano un esame obiettivo subottimale o
patologico. Di questi sette hanno presentato uno sviluppo nella norma e due un significativo
ritardo nell’acquisizione delle tappe dello sviluppo.
CONCLUSIONI
Il monitoraggio accurato dello sviluppo neurologico dimostra come la presa in carico
tempestiva favorisca l’acquisizione delle competenze superando i segnali di allarme.
Bibliografia
•Neurological outcomes at 18 months of age after moderate hypothermia for perinatal hypoxic
ischaemic encephalopathy: syntesis and metanalysis of trial data, Edwards et al, BMJ 2010;
340:c363;
•Ruolo della semeiotica neurologica nella valutazione e nella prognosi del neonato a termine asfittico,
Guzzetta et al, Ann. Ist. Super. Sanità, vol 37, n.4 (2001), pp497-502;
•Neurodevelopmental outcome of infants treated with head cooling and mild hypothermia after
perinatal ashyxia, Battin et al 2001, Pediatrics vol107 No. 3March 2001;
Introduzione
Recenti studi suggeriscono che il trattamento con onde d’urto radiali (Radial Shock Wave
Therapy, RSWT) possa ridurre l’ipertono in soggetti affetti da esiti di paralisi cerebrale
infantile e stroke.
Nel presente lavoro, un atleta paralimpico affetto da spasticità dolorosa agli arti inferiori
aggravata dallo sforzo fisico prolungato, è stato sottoposto a RSWT al fine di migliorare la
performance durante le competizioni sportive.
Materiali e metodi
Lo studio è stato condotto su un nuotatore paralimpico di 19 anni, che compete nelle gare
dei 100 e 400 metri a stile libero. L’atleta è affetto da tetraparesi, esito di paralisi cerebrale
infantile. Agli arti superiori il giovane presenta solo un impaccio nei movimenti fini delle dita,
mentre agli arti inferiori presenta una netta ipostenia, più accentuata nei settori distali,
associata ad ipertono spastico. Durante la performance sportiva, il soggetto lamenta
marcata sensazione di irrigidimento degli arti inferiori associata a dolore, che limita la resa
atletica. L’atleta è stato sottoposto a RSWT somministrata bilateralmente ai muscoli della
coscia, della gamba e del piede (3 sedute nell’arco di una settimana; intensità 1.5 Bar;
frequenza 4 Hz; circa 12.000 colpi per seduta). Subito prima del trattamento (T0) e subito
dopo la terza seduta (T1) sono stati valutati nei muscoli trattati l’ipertono spastico (Modified
Ashworth Scale - MAS), la forza muscolare (Medical Research Council - MRC), l’ampiezza
del riflesso da stiramento nel muscolo quadricipite femorale e quella del riflesso-H nel
muscolo soleo. Inoltre, sono stati misurati il dolore (Visual Analogic Scale - VAS) e la fatica
(scala di Borg) provati durante la performance atletica effettuata prima e dopo il trattamento.
E’ stato misurato anche il tempo impiegato per effettuare i 400 metri.
Il riflesso da stiramento, il riflesso-H ed il tempo impiegato sono stati analizzati con il test T
di Student. I valori di VAS e scala di BORG con il test di Wilcoxon.
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Risultati
A T1, è stata riscontrata una riduzione significativa rispetto a T0 dell’ampiezza del riflesso
da stiramento (p=0.0065), del punteggio alla scala VAS per il dolore (p=0.02), del punteggio
alla scala BORG per la fatica (p=0.03) ed una riduzione del tempo totale impiegato per
percorrere i 400 metri (p=0.0051).
Conclusioni
I risultati del nostro studio suggeriscono che l’impiego della RSWT potrebbe essere utile
negli atleti diversabili per ridurre l’ipertono spastico doloroso, senza causare effetti
collaterali.
Bibliografia
Gonkova MI, et al. Int J Rehabil Res. 2013;36:284
Vidal X, et al. NeuroRehabilitation. 2011;29:413
C05 EFFETTI DELLA STIMOLAZIONE VESTIBOLARE IN BAMBINI AFFETTI DA PCI
M. Tramontano, A. Medici, D. Morelli,M. Iosa, G. Fusillo, A. Chiariotti
Irrcs Fondazione Santa Lucia - Roma
INTRODUZIONE
L’obiettivo dello studio è di verificare l’efficacia della riabilitazione vestibolare, in aggiunta
alla terapia neuromotoria convenzionale, nel facilitare le abilità sensori-motorie del bambino
con PCI. Alcuni autori suggeriscono la validità della riabilitazione vestibolare nel migliorare il
comportamento esplorativo visivo, lo sviluppo motorio e l’integrazione dei riflessi posturali.
La riabilitazione vestibolare consiste in un insieme di strategie terapeutiche in grado di
migliorare l’equilibrio statico e dinamico in diverse patologie, sia centrali che periferiche
MATERIALI E METODI
Lo studio randomizzato controllato cross-over include 2 gruppi di 10 bambini colpiti da
paralisi cerebrale infantile di età compresa tra 3 e 10 anni. Ogni gruppo sarà composto da
bambini deambulanti e non deambulanti con Level of Sitting Scale >4.
Il gruppo sperimentale verrà sottoposto a 10 sedute di riabilitazione vestibolare combinate a
quella neuromotoria convenzionale (NC) con frequenza bi-settimanale per 5 settimane, il
gruppo controllo effettuerà solo 10 sedute di NC. Al termine delle 10 sedute i gruppi si
comporteranno in modo opposto, come da cross over.
Verranno eseguite 3 valutazioni a T0 (pre-trattamento), T1 (inversione dei due gruppi), T2
(fine), attraverso l’utilizzo della Gross Motor Function Measure 88, della Goal Atteinment
Scale e di un accelerometro triassiale.
I bambini hanno effettuato un training per la facilitazione del riflesso vestibolo-spinale,
attraverso accelerazioni lineari orizzontali in posizione seduta e bendati per i non
deambulanti ed al treadmill bendati per i deambulanti.
Esercizi per la stabilità dello sguardo con la fissazione di fonti luminose durante i movimenti
del capo attivo-assistiti ed esercizi di integrazione multisensoriale attraverso il
riconoscimento di ipotesi percettive durante una richiesta di dual task.
Verranno confrontati i dati con test accoppiati (analisi di varianza a misure ripetute per i dati
dell’accelerometro e Friedman analysis per le scale cliniche) seguite da post-hoc (t-test
accoppiati per le misure accelerometriche e Wilcoxon sign rank test per i punteggi delle
scale cliniche).
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RISULTATI
I risultati preliminari si riferiscono a 14 pazienti a T1 in cui si evince nel gruppo sperimentale
un miglioramento statisticamente significativo (p = 0,006) della GAS, una riduzione
significativa (p = 0,002) dell’ instabilità posturale sull’asse cranio caudale durante la marcia
misurata con l’accelerometro ed un maggiore icremento della GMFM-88 rispetto al gruppo
controllo.
CONCLUSIONI
In attesa del confronto within-subject, appare che le tecniche di riabilitazione vestibolare
risultino un valido training complementare associabile alla terapia NC per facilitare
l’integrazione sensori-motoria, espressione di una maggiore stabilità posturale in condizioni
statiche e dinamiche.
Iosa M. Stability and harmony of gait in children with cerebral palsy. Res Dev Disabil. 2012 JanFeb;33(1):129-35.
Ottenbacher K.: Developmental Implications of Clinically Applied Vestibular Stimulation : A Review
PHYS THER. 1983, 63:338-342
C06 IMMAGINAZIONE LOCOMOTORIA NELL’ETÀ EVOLUTIVA: EFFETTI DI UN
TRAINING BASATO SU IMMAGINAZIONE E INTERNALIZZAZIONE DELLO SCHEMA
DEL PASSO NEI BAMBINI CON PARALISI CEREBRALE
L. Zoccolillo, M. Montesi, M. Iosa, A. Fusco, S. Paolucci, D. Morelli
Fondazione Santa Lucia, I.R.C.C.S.
Introduzione
L’immaginazione motoria (atto volontario in cui un soggetto simula mentalmente
l’esecuzione di un’azione motoria, si sviluppa nell’adolescenza (Smits-Engelsman, 2012),
ed è alterata in persone con esiti da paralisi cerebrale infantile (PCI) (Mutsaarts, 2006). Lo
scopo di questo studio è stato di investigare le capacità di immaginazione locomotoria
durante l’età evolutiva anche in bambini con paralisi cerebrale e verificare l’efficiacia di un
training basato su immaginazione e internalizzazione dello schema del passo su
quest’ultimo gruppo.
Materiali e Metodi
A otto adulti sani (28.1±5.1 anni), otto bambini sani (8.1±3.8 anni) e dodici bambini con
emiparesi dovuta a PCI (7.5±2.9 anni) è stato chiesto di simulare i passi necessari a
raggiungere un target (posto a 2 o 3m) marciando sul posto, camminando bendati o a occhi
aperti. I parametri spazio-temporali del cammino sono stati misurati mediante strumento
optoelettronico e accelerometro posto a livello del tronco (Optogait, unità inerziale gyko,
Microgate). I bambini con PCI sono stati poi randomizzati in due gruppi (randomized
controlled trial), uno sottoposto a normale terapia riabilitativa, l’altro al quale una parte della
terapia riabilitativa è stata sostituita da un opportuno training del cammino basato su
esercizi di immaginazione ed esecuzione senza supporto visivo di percorsi lungo i quali
camminare, per poi essere rivalutati.
Risultati
Nei tre task il numero di passi non era significativamente diverso negli adulti (p=0.823,
anova) ma lo era nei bambini (p=0.001 per i sani, p=0.013 per PCI). Tuttavia gli errori
commessi durante cammino bendato sono stati del -2.2±8.9% della distanza dal target nei
bambini sani e -15.5±21.2% nei bambini con PCI (p=0.024). Il gruppo di bambini con PCI
trattato sperimentalmente ha mostrato un miglioramento post-training nei test, e soprattutto
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una significativa riduzione della fase di appoggio dell’arto meno affetto (p=0.040) non
verificatasi nel gruppo di controllo (p=0.520).
C07 PERCEZIONE MULTISENSORIALE DELLE AZIONI E IPOTESI DI TRATTAMENTO
RIABILITATIVO
P. Moretti; C. Tacchino, A. Inuggi, M. Bassolino, V. Pippo, V. Bergamaschi, T. Pozzo
Conclusioni
Questo studio ha mostrato che per un adulto sano l’immaginazione motoria è in grado di
predire il giusto numero di passi per coprire una data distanza. Tale capacità è ridotta nei
bambini, ma mentre i sani erano in grado di usare feedback propriocettivi e/o vestibolari
durante il cammino bendato, quelli con PCI hanno ridotto i loro errori solo dopo uno
specifico training basato sull’incrementare la consapevolezza motoria, che ha anche portato
ad una riduzione della fase di appoggio sull’arto meno affetto, ovvero la riduzione della
strategia di sfuggire il carico, tipica di questi patologia.
Istituto G. Gaslini, Istituto Italiano Tecnologia
Premessa
Le paralisi cerebrali infantili (PCI) sono un gruppo di disordini non progressivi dello sviluppo
del movimento e della postura, spesso accompagnati da disturbi della percezione, della
cognizione, del comportamento e della comunicazione e talvolta da crisi epilettiche.La forma
più comune di PCI è quella emiplegica dove frequentemente la maggiore disabilità nei
bambini riguarda le capacità funzionali dell’arto superiore, quali la capacità di raggiungere e
manipolare oggetti con importanti ripercussioni nella vita quotidiana, inducendo i pazienti a
portare a termine la maggior parte delle attività preferenzialmente con l’arto sano.
Scopo dello studio
Verificare se durante l’osservazione dell’ azione combinata con l’ascolto sonoro dell’effetto
del movimento il sistema mirror si attiva maggiormente rispetto alla semplice osservazione e
rispetto all’osservazione associata all’ascolto di un suono non congruente.
Studiare i meccanismi cerebrali alla base del meccanismo di recupero mediante percezione
multimodale di azioni
Materiali e metodi
Sono stati reclutati 20 soggetti per lo studio preliminare (10 controlli sani e 10 soggetti
paretici), sottoposti al tempo 0 a valutazione funzionale ( AHA, melbourne, MACS, MAS,
ROM, HFCS, WISC) + registrazione EEG + valutazione EMG superficie + valutazione
performance motorie (finger tapping)
Le registrazioni elettroencefalografiche sono state condotte con un sistema a 64 canali
particolarmente adatto per l’utilizzo nei bambini (Biosemi ActiveTwo), ed è stata effettuata l’
analisi dei seguenti parametri:
- la desincronizzazione del ritmo Mu, Low Beta, High beta
- l’analisi delle sorgenti corticali (distribuzione topografica)
E’ stato richiesto ai bambini di osservare attentamente alcuni filmati mostrati su di uno
schermo (22 pollici) posto ad almeno 70 centimetri dal corpo. Erano previste 4 condizioni
sperimentali in base ai 4 filmati che venivano mostrati, di seguito descritte e riassunte:
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1.OA: osservazione d’azione;
2.OASC: osservazione d’azione e suono congruo,
3.OASI: osservazione d’azione e suono incongruo,
4.CTRL: osservazione di un video di controllo.
La registrazione dell’ EMG di superficie è stata effettuata utilizzando elettrodi di superficie e
monitorando l’attività di 3 muscoli (FDR, bilateralmente, ed il tibiale anteriore del lato non
lesionato) in contemporanea alla registrazione EEG sia durante l’esecuzione che la
percezione dell’azione per evidenziare presenza e caratteristiche dell’attivazione muscolare.
Risultati: E’ stata osservata una maggiore desincronizzazione durante l’OA, rispetto al video
di controllo, del ritmo Low Beta (14-20 Hz) sia nei bambini sani che nei bambini affetti da
PCI. Un trend verso una maggiore desincronizazione durante OASC rispetto a AO è stata
osservata, ma maggiori approfondimenti, con gruppi piu numerosi di soggetti, sono
necessari per confermare la sua significativita. Ulteriori analisi sono invece necessarie per
valutare l’effetto del suono incongruente ed in generale la caratterizazione topografica delle
sorgenti corticali interessate dai suddetti processi.
Conclusioni: Vengono affrontate le criticità e sviluppate diverse ipotesi di implementazione
del trattamento riabilitativo in relazione all’ attivazione del sistema mirror.
Bibliografia
1 Alaerts K, Swinnen S, Wenderoth N, Interaction of sound and sight during action perception:
Evidence for shared modality-dependent action representations. Neuropsychologia 2009, 47:25932599.
2 Audio-visual facilitation of the mu rhythm. Lucy M. Mc Garry, Frank A. Russo, Matt D. Schalles,
Jaime A. Pineda.
3.Effect of observation of simple hand movement on brain activations in patients with unilateral
cerebral palsy: an fMRI study. Mickael Dinomais, Gregoire Lignon, Eva Chinier, Isabelle Richard,
Aram Ter Minassian, Sylvie N. Guyen The Tich.
4. Functions of the mirror neuron system: implications for neurorehabilitation. Buccino G e coll- Cog
Behav Neurol 2006.
60
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 8
“ROBOTICA E NUOVE TECNOLOGIE”
Aula A
Sabato 10 Maggio 2014
Ore 08.00-09.00
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Abstract Book
C01 LA ROBOTICA APPLICATA ALL’ARTO SUPERIORE NEL PAZIENTE CON ICTUS
V.Leoni, A.Focacci, L.Raggio, L.Rinosi, S.Piastri
ASL4 Chiavarese
Sono stati trattati con terapia robotica utilizzando la strumentazione Armeo Spring ed
Amadeo 15 pazienti con esiti di ictus in tre diversi periodi successivi all’evento ictale: nei
primi 3 mesi, tra i 3 e 9 mesi, e dopo i 12 mesi dall’esordio dell’ictus.
Si tratta di 11 uomini e 4 donne, con età media di 72 aa, che clinicamente presentavano una
emiparesi, di una gravita' valutata con la scala di Rankin, fra 2 e 4, dovuta ad una lesione
nel territorio della cerebrale media.
Sono state utilizzate le seguenti scale, prima del trattamento, al termine della terapia e a
distanza di 12 mesi: Ashworth, Medical Research Council (MRC) , Motricity Index (MI), Fugl
Meyer, Frenchay Activities Index, Task Load Index. Il protocollo utilizzato e’ stato di 15
sedute, in media 3 volte alla settimana, per un totale di 5 settimane.
La terapia robotica ha determinato in tutti i pazienti al termine del ciclo terapeutico un
miglioramento significativo dal punto di vista statistico (p< 0.05) nel Motricity Index e nella
MRC, mentre nelle altre scale di valutazione non c' é significatività.
Il miglioramento e’ stato osservato sia nei casi trattati precocemente nei primi mesi dopo
l’evento ictale, ma anche nei casi che avevano presentato l’episodio cerebrovascolare da
piu’ di 12 mesi e in cui il deficit motorio era apparentemente oramai stabilizzato. Al follow up
ad un anno attualmente in corso, i risultati parziali dimostrano che il miglioramento è
mantenuto ed ulteriormente incrementato nei primi 2 gruppi, mentre nel terzo sono rimasti
sostanzialmente invariati. Da sottolineare, inoltre, che 3 dei 15 pz esaminati non si sono
presentati al follow up per motivi di salute.
Questi risultati, per quanto preliminari e su una limitata numerosità di pazienti, incoraggiano
ad un utilizzo di queste apparecchiature nelle diverse fasi che seguono l’ictus, anche in
situazioni apparentemente cristallizzate. I presenti dati vanno ampliati, aumentando la
casistica, valutando sul piano neuro fisiopatologico il coinvolgimento dei distretti muscolari
piu’prossimali e studiando alla RMN le modificazioni indotte sulla riorganizzazione
funzionale delle diverse aree encefaliche.
C02 FOLLOW UP A SEI MESI NEL TRATTAMENTO CON G-EO SYSTEMS DI ICTUS,
MALATTIA DI PARKINSON, SM: RISULTATI
V. Leoni, A.Focacci, P.Belloglio, S.Garbarino, G.Nunziati
Asl4 Chiavarese
Scopo dello studio è verificare se il trattamento con tecnologia robotica di arto inferiore
possa determinare un miglioramento nella deambulazione e nelle ADL in pazienti con
malattie neurologiche in fase cronica e se tali miglioramenti vengono mantenuti nel tempo.
La casistica è di 46 pazienti di cui 18 malattie cerebrovascolari, 22 parkinson, 5 SM e 1
tetraparesi.
La valutazione è avvenuta seguendo un protocollo di minima, deciso con il gruppo
nazionale di robotica in neuroriabilitazione, che comprende le seguenti scale: TUG , Six
minute walk test, Ten meter walk test, per tutti i pazienti trattati, mentre le altre scale
patologie-specifiche sono: ictus: Ashworth Scale, Motricity Index, MRC ?,FAC ? e Walking
Handicap Scale. parkinson: UPDRS ? seconda e terza parte, Freezing of gait
questionnaires ?, Scala di Schwab e England modificata, FAC , WHS , PDQ-39
SM: EDSS
Il protocollo comprende le valutazioni ad inizio trattamento, a fine trattamento e a distanza di
6 mesi.
Tutte le sedute hanno avuto una durata massima di 30 min a difficoltà crescente con
diversa frequenza.
6 pazienti hanno interrotto lo studio per artralgie, scarsa motivazione o per necessità di
regolazione del neurostimolatore
La casistica dei pazienti che hanno eseguito il follow up a 6 mesi è di 23 pazienti, gli altri
non hanno ancora raggiunto i 6 mesi dalla fine del trattamento.
Dai risultati si evince che i tests che hanno avuto un miglioramento, mantenuto nel tempo
sono TUG, Ten meter walk test e Six minute walk test.Tale miglioramento non è
riscontrabile nelle scale funzionali.
E' indispensabile, per il mantenimento dei risultati, la motivazione del paziente e la
partecipazione della famiglia.
Nel futuro utilizzeremo un elettrodo di superficie per la registrazione elettromiografica del
tibiale anteriore e test neuropsicologici per la valutazione cognitiva.
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C03 STUDIO PILOTA DI FATTIBILITÀ’ ED EFFICACIA DELL’UTILIZZO DI TILT TABLE
ROBOTIZZATO ERIGO® NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELL’’ICTUS: DATI
PRELIMINARI
M. Bartolo1, P. Tortola1, F. Spicciato1, F. Pierelli1,2, G. Sandrini3, C. Tassorelli3, C. Cisari4, E.
Bettoni4, A. Baricich4
1 UOC Neuroriabilitazione, IRCCS NEUROMED, Pozzilli (Isernia); 2 Dipartimento di Scienze MedicoChirurgiche e Biotecnologie, “La Sapienza” Università di Roma, Latina; 3 Dipartimento di
Riabilitazione Neurologica, IRCCS Istituto Neurologico Nazionale Fondazione C. Mondino, Pavia; 4
SC Medicina Fisica e Riabilitativa, Az. Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità, Novara
Introduzione:
I pazienti con esiti di ictus sono spesso costretti a immobilizzazione prolungata con
l’insorgenza di significative complicanze, tra cui l’instabilità del sistema cardio-respiratorio.
I trattamenti riabilitativi tradizionali si basano sulla mobilizzazione passiva o sull’impiego del
tavolo da statica per ottenere una verticalizzazione precoce. È stato recentemente
sviluppato un sistema di tilt table robotizzato (ERIGO®) che prevede un sistema di
mobilizzazione assistita degli arti inferiori con simulazione della deambulazione.
Obiettivo dello studio è stato quello di valutare la fattibilità e l’efficacia dell’utilizzo di ERIGO
nel recupero precoce della deambulazione assistita, confrontando tale trattamento con
quello riabilitativo tradizionale.
Materiali e metodi:
sono stati inclusi nello studio soggetti affetti da ictus ischemico recente (entro 20 giorni
dall’evento acuto), incapaci di deambulare al momento dell’arruolamento. Sono stati esclusi
pazienti con gravi patologie cardio-respiratorie e ortopediche, instabilità ossea, deficit
cognitivo con compromissione di comprensione e/o compliance al trattamento riabilitativo,
ipertono arti inferiori (Ashworth >3), peso corporeo > 135 Kg, lesioni cutanee delle estremità
e/o regione dorsale, malattie vascolari estremità inferiori.
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: gruppo di studio (GS), sottoposto a fisioterapia
tradizionale associata nelle prime tre settimane a trattamento con ERIGO, e gruppo di
controllo (GC) trattato con programma riabilitativo tradizionale.
pazienti che hanno terminato il protocollo di trattamento proposto. Nel gruppo di controllo
(n=8) solo 5 soggetti (62.5%) hanno mostrato un recupero del cammino assistito. Due
soggetti inclusi nel gruppo di studio hanno interrotto il trattamento per l’insorgenza di
gonalgia in gonartrosi. Non sono emerse durante il protocollo di trattamento effetti avversi
relativi a problematiche cardiovascolari.
Conclusioni:
I risultati preliminari mostrano un potenziale beneficio correlato all’utilizzo precoce di ERIGO
nel recupero del cammino in pazienti con esiti di ictus. Ulteriori studi sono necessari per
confermare questo dato e per valutare l’impatto della metodica sull’outcome funzionale del
paziente.
Particolare attenzione deve essere osservata in pazienti affetti da gonartrosi per la possibile
insorgenza di sintomatologia dolorosa durante il trattamento.
Bibliografia:
1. Chernikova L, Umarova R, Trushin I, Domashenko M. The early activization of Patients with Acute
Ischemic Stroke Using Tilt Table “Erigo”: The Prospective Randomized Blinded Case-Control Study.
Neurorehabilitation and Neural Repair 22 (5); 2008.
2. Czell D, Schereier R, Rupp R, Eberhard S, Colombo G, Dietz V. Influence of passive leg
movements on blood circulation on the tilt table in healthy adults. Journal of NeuroEngineering and
Rehabilitation 2004, I:4
3. Daminov VD, Rybalko NV, Kuznetsov AN. Central and cerebral blood flow estimation of patients in
acute stroke applying tilt-table Erigo. European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine 2010;
46 (Suppl 1) Issue N. 2.
Risultati: sono stati inclusi nello studio 15 pazienti. A due mesi dall’inclusione nel gruppo di
soggetti trattati con ERIGO (n=7), si è osservata la ripresa del cammino assistito in tutti i
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Abstract Book
C03 ELETTROSTIMOLAZIONE FUNZIONALE DURANTE CYCLING: INFLUENZA DEL
POSIZIONAMENTO DEGLI ELETTRODI SULLA RIPOSTE MUSCOLARE IN PAZIENTI
AFFETTI DA LESIONE MIDOLLARE
L. Bissolotti
Fondazione Teresa Camplani Casa di Cura Domus Salutis
Introduzione: come evidenziato da dati della letteratura l’elettrostimolazione funzionale
durante pedalata assistita (FES Cycling) rappresenta un utile strategia per la gestione a
lungo termine delle sequele a lungo termine della lesione midollare (TVM). In condizioni di
cronicità tale metodica può contribuire al trattamento della spasticità, al mantenimento del
trofismo muscolare, al ritorno venoso e sollecitare almeno parzialmente la matrice ossea.
Conclusioni: I risultati ottenuti suggeriscono che la ricerca del punto motore per
l’effettuazione di sedute di trattamento con FES cycling è in grado di contribuire
positivamente alla erogazione di un trattamento più efficace ed efficiente tramite un
miglioramento della potenza sviluppata durante la seduta di trattamento. Tale procedura è
quindi in grado di migliorare la qualità del trattamento con FES cycling non solo riducendo i
tempi necessari all’erogazione della seduta ma anche e soprattutto migliorando la safety
globale della metodica in termini di comfort e la tollerabilità cutanea.
Scopo: valutare l’effetto del diverso posizionamento degli elettrodi sulla risposta
biomeccanica muscolare (picco di potenza, potenza media ed affaticabilità) durante FES
cycling in pazienti affetti da esiti di TVM durante FES cycling.
Metodi: nel presente studio sono stati invitati a partecipare 8 pazienti affetti da paraplegia
classe ASIA A con TVM compreso fra T1 e T12 (6 maschi, 2 femmine, età media
34.5±8.8anni, durata malattia 6anni). L’esercizio assistito di FES cycling degli arti inferiori è
stato proposto tramite modello Pegaso (Biotech srl, Italia). Tramite questo modello di FES
cycling è possibile ottenere dati circa la potenza di picco raggiunta (PPw), la potenza media
(AvgP), la distanza percorsa durante la seduta di trattamento, la velocità media e di picco.
Tali parametri sono stati misurati in due giorni diversi con (FES-C) e senza (FES-S) ricerca
del punto motore con e senza ricerca del punto motore su retto femorale, vasto mediale e
laterale. La FES-C è stata realizzata tramite elettrodo a penna, FES-S è avvenuta in
accordo ai punti di repere dell’anatomia di superficie.
Risultati: per FES-S i valori medi di PP sono stati pari a 4.2±2.6Watt con una AvgP di
2.8±1.1Nm. Durante la seduta FES-C tali valori sono stati rispettivamente pari a 5.8±3.5Nm
(p<0.05) e 4.6±2.6Nm (p<0.05). Senza punto motore la distanza percorsa, velocità media e
di picco sono stati rispettivamente pari a 1092.8±428.5m, 35.1±14.2rpm e 39.1±15.4rpm.
Questi parametri biomeccanici non hanno presentato differenze significative dopo
applicazione degli elettrodi su punto motore essendo stati mediamente pari a:
1103.2±437.1m, 36.5±13.5rpm e 38.1±16.1rpm (p>0.05).
64
C04 ANALISI DEL PATTERN SEMG ARTI INFERIORI DURANTE DEAMBULAZIONE
OVER-GROUND CON ESOSCHELETRO INDOSSABILE EKSO IN EMIPARETICI DA
ESITI DI LESIONE CEREBRALE
F. Molteni, M. Gaffuri, M. Colombo, G. Gasperini, C. Giovanzana, N. Farina, E. Guanziroli
Centro Riabilitativo Villa Beretta Costa Masnaga Ospedale Valduce Como
Introduzione
Il controllo ritmico alternato/coordinato dell'attivazione dei principali distretti muscolari degli
arti inferiori nei pazienti con emisindrome deficitaria da lesione cerebrale è un target
riabilitativo fondamentale per il recupero della deambulazione [1-2]. A tal fine sono state
effettuate esperienze di training su treadmill con sistemi esoscheletrici o end effector di
induzione robotizzata del passo. Gli esoscheletri indossabili sono stati utilizzati per il training
over-ground della deambulazione solo in pazienti con lesione midollare completa [3]. Non vi
sono in letteratura dati in merito ad utilizzo di esoscheletri indossabili per training overground di pazienti con emisindrome deficitaria da lesione cerebrale.
Materiali e Metodi
Sono stati analizzati 12 pazienti affetti da emiparesi secondaria a lesione cerebrale
vascolare (età media =56,88±11,87, 6 con emiparesi destra, 6 con emiparesi sinistra). Con
wireless sEMG è stato rilevato il pattern elettromiografico del m. retto femorale, m.
semimuscoli, m. tibiale anteriore, m. soleo dell'arto inferiore destro e sinistro in condizione di
a) cammino spontaneo e b) cammino con esoscheletro indossabile EKSO. EKSO è un
esoscheletro indossabile robotizzato dotato di 4 motori per la mobilizzazione di anca e
ginocchio, che permette l’alzata, la seduta e la deambulazione. Ogni singolo passo è
innescato dal soggetto tramite il trasferimento di carico da un arto al controlaterale, secondo
una modalità definita in fase di settaggio iniziale del dispositivo, in base alle caratteristiche
del soggetto. Al superamento di una soglia, definita sulle base delle caratteristiche del
soggetto i motori vengono azionati permettendo l’avanzamento dell’arto. Il pendolamento è
assicurato dal trasferimento di carico da un piede al controlaterale sfruttando il supporto di
un deambulatore o di due bastoni canadesi. È stata effettuata analisi dell'attività
elettromiografica di tipo qualitativo (timing rispetto alla fase di stance e swing del passo) e
quantitativo (averaging del tracciato rettificato integrato).
Risultati
Durante cammino spontaneo il pattern sEMG del lato affetto presentava una ipoattivazione
globale in 8 pazienti, in 4 pazienti era prevalente l'alterazione del timing del m. tibiale
anteriore e del m. retto femorale. In tutti i pazienti il m. tibiale anteriore del lato non affetto
presentava una prolungata attivazione in fase di appoggio. In tutti i pazienti esaminati
durante cammino con EKSO si è rilevato il ripristino del timing di attivazione dei muscoli
esaminati sia del lato affetto che del lato non affetto. In tutti i pazienti esaminati si è rilevato
un significativo incremento quantitativo dell'attività mioelettrica dei muscoli esaminati del lato
affetto.
Conclusioni
Il training over-ground della deambulazione con il supporto di esoscheletro indossabile
EKSO modifica significativamente il pattern neuromuscolare dinamico degli arti inferiori in
pazienti affetti da emiparesi secondaria a lesione cerebrale vascolare facilitando il ripristino
del timing di attivazione sia del lato affetto che del lato non affetto. Inoltre è stato osservato
un incremento significativo dell'attivazione del lato affetto. Tali elementi di facilitazione del
controllo neuromuscolare sono da considerarsi rilevanti al fine del ripristino del controllo
della deambulazione in pazienti con emiparesi secondaria a lesione cerebrale di origine
vascolare. Ulteriori studi sono necessari per verificare l'efficacia a lungo termine di tale
procedura terapeutica.
Bibliografia
[1] Iavanenko YP et al, Front Comput Neurosci 2013 Sep 10; 7:123
[2] Knuttson E et al, Brain 1979 Jun; 102 (2): 405-30
[3] Esquenazi A. et al, Am J Phys Med Rehabil 2012 Nov; 91 (11): 911.-21
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Abstract Book
C05 EFFETTI DELLA NEUROPROTESI WALKAIDE® BASATA SULLA STIMOLAZIONE
ELETTRICA FUNZIONALE PER IL PIEDE CADENTE SULLA STABILITÀ DEL TRONCO
DURANTE IL TRAINING DELLA DEAMBULAZIONE.
G. Morone, M.Iosa, A. Fusco, P. Di Capua, L. Pratesi, S. Paolucci
IRCCS Fondazione Santa Lucia - Roma
INTRODUZIONE:
La Stimolazione Elettrica Funzionale (FES) del nervo peroneale, Walkaide®, è utilizzata sia
come strumento riabilitativo che come ortesi funzionale nei pazienti con piede cadente da
stroke. Esistono in letteratura opinioni contrastanti sull’efficacia della FES sulle prestazioni
motorie nei pazienti in fase subacuta. Da notare che i pazienti preferiscono il Walkaide® alle
ortesi AFO per una maggiore sicurezza percepita durante la marcia. Mancano ad oggi
conoscenze sull’effetto della FES sull’equilibrio ed il comportamento motorio durante task.
Scopo del presente studio è quello di valutare gli effetti della neuroprotesi Walkaide® sulla
stabilità del tronco, mediante accelerometro triassiale, durante il training della
deambulazione.
(CC:p=0.863,LL:p=0.321,AP: p=0.274). Analizzando però i soli dati dei nove pazienti che
camminavano senza bastone si è visto che le accelerazioni del tronco lungo l’asse craniocaudale erano minori quando i pazienti utilizzavano il walkaide rispetto a quando non lo
utilizzavano (1.08±0.69vs.1.16±0.65 m/s2, p=0.013), a parità di velocità
autoselezionate(p=0.277).
DISCUSSIONE
La stabilità dinamica del tronco durante il cammino è migliorata nel piano sagittale e in
particolare lungo l’asse craniocaudale nei soli pazienti che non avevano bisogno di ausilio
per deambulare. È noto comunque che l’uso di un bastone possa migliorare l’equilibrio e ciò
è un fattore confondente allorquando interessi valutare il solo effetto della neuroprotesi
walkaide.
BIBLIOGRAFIA
Bethoux F et al. NNR. 2014 Feb 13.
Morone et al. SRT. 2012;2012:523564.
MATERIALI E METODI
Quindici pazienti (età media:57.1±11.3, mediana e interquartile del tempo dall’ictus: 12 e
33, 14 maschi) con ictus sono stati sottoposti al test di cammino dei 10m, a velocità auto
selezionata, usando le loro comuni calzature (6 di loro in entrambe le condizioni hanno
usato un bastone per deambulare in entrambe le condizioni, altri 2 hanno usato il peromed
nel test senza walkaide). Durante il test, i soggetti indossavano una cintura elastica con un
dispositivo wireless (FreeSense®,Sensorize s.r.l., Roma; massa:93g, frequenza di
acquisizione:100Hz) collocato in corrispondenza di L2-L3. Sono state misurate le
accelerazioni lungo i tre assi corporei (antero-posteriore AP, latero-laterale LL, and craniocaudale CC). Dai segnali accelerometrici si è calcolato il root-mean-square (RMS), il tempo
e il numero di passi impiegati per eseguire il 10mWT e quindi la velocità media e la
lunghezza media del passo.
RISULTATI
La velocità autoselezionata dai pazienti non era diversa tra quando eseguivano il test dei
10m con e senza walkaide (0.38±0.19vs.0.38±0.17 m/s,p=0.899). Anche le accelerazioni
del tronco lungo i tre assi non mostravano significative differenze
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C06 RIABILITAZIONE ROBOT-MEDIATA IN SOGGETTI POST-ICTUS CRONICI: QUALE
RUOLO PER L’ARTO NON PARETICO?
A. De Luca, H. Vernetti, C.Lentino, G.A. Checchia, P. Giannoni, M. Casadio
S.C. Recupero e Rieducazione Funzionale, Dipartimento di Riabilitazione, Ospedale Santa Corona,
ASL2 Savonese (Pietra Ligure, Savona); Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e
Ingegneria dei Sistemi (DIBRIS), Università degli Studi di Genova (Genova); ART Centro di
riabilitazione e formazione (Genova)
Introduzione:
Il bisogno di riacquisire rapidamente l’indipendenza nelle attività della vita quotidiana spinge
i pazienti con esiti da ictus a sviluppare e rafforzare strategie di compenso che coinvolgono
anche il tronco e l’emilato non direttamente colpito dalla lesione e che possono limitare le
capacità di recupero e portare all’insorgere di complicazioni secondarie [1]. L’obiettivo di
questo studio è verificare l’influenza di un esercizio eseguito con l’arto sano mantenendo un
corretto assetto posturale sulla funzionalità dell’arto paretico e sulla core stability.
intervento del fisioterapista. Durante il trattamento i soggetti hanno migliorato la
performance dell’arto sano (durata: -0.8±SE 0.08 secondi, p<0.0001, accuratezza: 0.2±0.07 SE, p= 0.01, jerk normalizzato: -53.25±16.98 SE, p=0.006). I 7 soggetti testati
prima e dopo il trattamento per il trasferimento del learning all’arto controlaterale hanno
avuto miglioramento significativo nel numero di target raggiunti con l’arto plegico e nella
durata di esecuzione dei movimenti (-0.72±0.22 SE secondi, p=0.01).
Conclusioni:
Un trattamento basato solo movimenti dell’arto sano effettuati mantenendo una corretta
postura ha portato un miglioramento dell’arto paretico significativo e comparabile - ?FMA
+3.87 - con i risultati ottenuti nei trattamenti robot assistiti dell’arto paretico [3]. Questi
risultati saranno indagati ulteriormente tramite l‘analisi cinematica ed elettromiografica di
movimenti non assistiti effettuati prima e dopo il trattamento e con valutazione di follow-up a
3 e 6 mesi
Materiali e Metodi:
Sono stati reclutati 16 soggetti con esiti da ictus, cronici ed in condizioni cliniche stabili (7
maschi, 9 femmine, età media 63.06 ± 8.84 anni, 11 emiparesi destra 5 sinistra, tempo
dall’evento acuto 5.96 ± 4.28 anni). I soggetti hanno eseguito 20 sedute di trattamento con
l’arto non direttamente colpito dalla lesione, posizionato nell’esoscheletro Armeo-Spring (TWrex,[2]), con due modalità di assistenza da parte dei fisioterapisti: controllo continuo
(feedback propriocettivo-tattile del corretto allineamento del tronco); controllo intermittente,
(intervento solo in caso di postura scorretta). L’arto paretico è stato valutato prima e dopo il
trattamento con Fugl Meyer Assessment (FMA sections A-D -upper arm- and H sensation),
Trunk Impairment Scale (TIS) ed è stata misurata la forza di presa. In sette soggetti
abbiamo valutato il trasferimento delle abilità acquisite negli esercizi effettuati con il robot
all’arto controlaterale.
Risultati:
Il trattamento riabilitativo robot-assistito basato solo su esercizi effettuati con l’arto sano ha
portato ad un miglioramento nel movimento (FMA A-D : +3.87±0.99 SE, p=0.001), nella
sensibilità (FMA H:+1±0.51 SE,p=0.04) e nella forza (+0.8±0.28 SE, p=0.02) dell’arto
paretico. Non abbiamo travato alcuna differenza significativa tra le due modalità di
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Abstract Book
C08 ACQUISIZIONE DI COMPETENZE SOCIALI IN UN AMBIENTE URBANO VIRTUALE
IN ADULTI CON DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO, MEDIANTE L’USO DI
INTERFACCE NATURALI
M. Saiano (1,2), L. Pellegrino (2), M. Casadio (2), S. Summa (2), E. Garbarino (1),
V. Rossi (1), V. Sanguineti (2), D. Dall’Agata (1).
valutato mediante un secondo questionario, somministrato a genitori e agli educatori.
Entrambi i gruppi hanno fornito risposte altamente correlate, che dimostrano un
miglioramento significativo (genitori p=0.0483, educatori p=0.0030) nella capacità dei
soggetti di seguire una segnaletica e affrontare un incrocio stradale in un percorso reale.
(1) ASL3 Genovese Dipartimento Cure Primarie e Attività Distrettuali, Struttura Semplice Reparto
Speciale Disabili, Genova
(2) Dip. di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi, Università di Genova
CONCLUSIONI
I risultati dimostrano che l’interazione con ambienti virtuali basata su interfacce naturali
facilita l'acquisizione di competenze sociali quali la capacità di seguire indicazioni stradali in
un ambiente urbano virtuale, in quanto questo ambiente diventa uno strumento educativo in
grado di fornire alle persone con ASD un ambiente sicuro per l’apprendimento. Il metodo
proposto si basa su tecnologie a basso costo, facilmente adattabili a qualsiasi ambiente
clinico ed educativo.
INTRODUZIONE
Le persone con Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) presentano disabilità permanente
nella loro capacità di interazione e in tutte le competenze sociali che rendono le persone
autonome nelle attività di vita quotidiane. Questo studio è stato concepito per individuare
nuove metodologie riabilitative, che facilitano l’apprendimento delle regole di sicurezza
stradale nei soggetti con ASD.
MATERIALI E METODI
Lo studio ha coinvolto sette adulti con ASD associato o meno a ritardo mentale. Dopo una
prima fase di familiarizzazione con l’ambiente, per quattro settimane i partecipanti hanno
effettuato un trattamento consistente nell’interazione con ambienti urbani virtuali con livelli
crescenti di complessità, mediante una interfaccia gesture-based (Microsoft Kinect).
Durante ogni sessione settimanale di 45 minuti, i soggetti hanno completato due percorsi
diversi, in cui dovevano raggiungere una farmacia e una stazione di polizia, impegnando
diversi incroci stradali con e senza semaforo, seguendo la segnaletica stradale proposta.
RISULTATI
Sei soggetti hanno completato il protocollo, migliorando significativamente la loro
performance nell’ambiente virtuale (velocità p=0.0042, lunghezza percorso p=0.014, indice
di composizione p=0.016 n° errori p=0.0074). Si è inoltre riscontrata una riduzione del
numero di errori (p=0.0127) in un questionario somministrato prima e dopo il trattamento,
che mirava a valutare la comprensione delle competenze sociali necessarie per portare al
termine i task proposti, confermando che tutti i soggeti hanno imparato le corrette regole di
sicurezza stradale. Il trasferimento dei comportamenti acquisiti nella vita quotidiana è stato
68
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 9
“STROKE”
Aula B
Sabato 10 Maggio 2014
Ore 08.00-09.00
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Abstract Book
C01 LA RIABILITAZIONE ROBOTIZZATA DELL’ARTO SUPERIORE DOPO ICTUS
CEREBRI: ANALISI DEGLI ADATTAMENTI VASCOLARI PERIFERICI AL
TRATTAMENTO CON GLOREHA
L. Bissolotti
Fondazione Teresa Camplani Casa di Cura Domus Salutis
Conclusioni: I risultati ottenuti suggeriscono che il trattamento con Gloreha Idrogenet è in
grado di contribuire positivamente all’incremento della pulsatilità vascolare periferica dei
muscoli flessori dell’arto superiore paretico. Dal punto di vista riabilitativo i dati raccolti ne
supportano l’utilizzo ripetitivo data la possibilità di ottenere una serie di vantaggiosi effetti a
livello neuromuscolare e vascolare.
Introduzione: La riabilitazione robotizzata dell’arto superiore post ictus, con soluzioni
adattate anche all’uso domestico offre attualmente nuove opportunità terapeutiche al
paziente affetto da esiti di ictus cerebri. L’interazione uomo-macchina finalizzata alla
riabilitazione, in quanto ambito di recente interesse, risulta argomento relativamente
giovane e quindi con ampie necessità di approfondimento dal punto di vista neurofisiologico
e biologico.
Scopo: valutare la variazione del flusso tissutale dei distretti muscolari dell’arto superiore
tramite misura delle modificazioni locali di emoglobina totale durante singola seduta di
trattamento robotizzato con sistema Gloreha Idrogenet in pazienti affetti da esiti di ictus
cerebri.
Metodi: nel presente studio sono stati invitati a partecipare 23 pazienti (età media di 60 anni,
13 maschi) affetti da esiti di ictus cerebri, di cui 15 ischemico, con menomazione media
misurata con Motricity Index pari a 40.4±18.4 punti ed Ashworth media pari a 1.2±0.3punti:
di essi 12 erano in fase cronica (>6 mesi) e 11 in fase subacuta (<6mesi). Protocollo
utilizzato: 20 minuti, suddivisi in 5 esercizi con mobilizzazione delle dita sia singolarmente
che simultaneamente dall’Esercizio 1 al 5. Misurazione tramite NIRS dei parametri di
ossigenazione (TOI) e flusso tissutale (THB) durante il trattamento robotizzato tipizzando i
diversi esercizi proposti (E1-E5).
Risultati: la somma delle variazioni in valore assoluto dei picchi per esercizio è stata pari a
19.32±8.20, ovvero una variazione del 5.21±1.78% rispetto al valore basale. Il primo
esercizio della sequenza (E1-Conteggio dei numeri) ed il secondo (E2-Completa estensione
delle 5dita) hanno presentato hanno presentato la più significativa variazione del THB
(6.±7.7 e 6.5±5.9). I risultati dell’indice di ossigenazione (TOI) non hanno subito particolari
variazioni a seguito del trattamento riabilitativo robotizzato.
70
C02 IL TRATTAMENTO SINTOMATICO CON GLOREHA DELL’ARTO SUPERIORE
DOPO ICTUS CEREBRI: EFFETTI SU DOLORE E SPASTICITA’
L. Bissolotti
Fondazione Teresa Camplani Casa di Cura Domus Salutis
Introduzione: La riabilitazione robotizzata dell’arto superiore post ictus, con soluzioni
adattate anche all’uso domestico, offre attualmente nuove opportunità terapeutiche al
paziente affetto da esiti di ictus cerebri. Il trattamento del dolore, della spasticità e di sintomi
quali pesantezza o rigidità percepiti sono passibili di potenziali risposte favorevoli al
trattamento di tipo robotizzato.
Conclusioni: I risultati ottenuti suggeriscono che il trattamento con Gloreha Idrogenet è in
grado di contribuire positivamente al trattamento sintomatico dell’arto superiore paretico. Dal
punto di vista riabilitativo i dati raccolti ne supportano l’utilizzo ripetitivo data la possibilità di
ottenere una serie di vantaggiosi effetti a livello clinico rispetto al contenimento di dolore,
pesantezza e rigidità percepita in pazienti affetti da spasticità moderata dell’arto superiore.
Scopo: valutare la risposta soggettiva su dolore, rigidità e pesantezza percepiti al
trattamento robotizzato dell’arto superiore con sistema Gloreha Idrogenet in pazienti affetti
da esiti di ictus cerebri.
Metodi: nel presente studio sono stati reclutati 11 pazienti (età media di 62.8±12.7anni, 6
maschi) affetti da esiti di ictus cerebri, di cui 5 ischemico, con menomazione media misurata
con Motricity Index pari a 49.0±16.8 punti ed Ashworth media di 1.1±0.8, distanza evento
indice 38.5±50.5mesi. Protocollo utilizzato: 20 minuti, suddivisi in 5 esercizi con
mobilizzazione delle dita sia singolarmente che simultaneamente dall’Esercizio 1 al 5.
Valutazione effettuate pre (T0) e post-trattamento dopo 10sedute (T1) tramite: VAS 0-100,
pesantezza 0-100, rigidità 0-100 ed Ashworth 1-4.
Risultati: Il senso di pesantezza percepito a carico di spalla, gomito e polso/dita è passato
rispettivamente da 44.1?26.2 punti, 33.6?22.9 e 34.5?31.1 (T0) a 20.9?16.3 punti,
21.9?18.7 e 19.5?19.9 (T1) (?>0.05); con una riduzione percentuale media del 52.6%,
35.1% e 43.4% rispettivamente. Il senso di rigidità percepito a carico di spalla, gomito e
polso/dita è passato da 31.4?26.7, 28.2?25.5 e 43.6?23.7 (T0) a 8.6?14.5, 10.5?14.6 e
21.4?19.6 (T1); con una riduzione percentuale media pari al 72.5%, 62.9% e 51.0% tra T0 e
T1. Nel campione studiato, solo 3 pazienti avevano dolore a carico dell’arto superiore con
un range compreso tra i 30 ed i 70 punti VAS a livello di polso/dita. Fra T0 e T1 in questi
pazienti è stata osservata una riduzione del dolore per tutti fino a 0 punti VAS. Nei soggetti
senza dolore a T0 non è stata subita alcuna variazione del sintomo. Il valore di Ashworth a
T1 era di 0.4±0.5punti.
XIV Congresso Nazionale SIRN
Genova, 8-10 Maggio 2014
71
Abstract Book
C04 EFFETTI DI UN TRATTAMENTO RIABILITATIVO SPECIFICO PER IL RECUPERO
DELLA SINDROME DELLA SPINTA CONSEGUENTE AD ICTUS: STUDIO
RANDOMIZZATO CONTROLLATO
F. Ferrari, ML. Gandolfi, A. Picelli, E. La Marchina, R. Tosoni, C. Geroin, D. Munari, N.
Smania
capire se un programma riabilitativo focalizzato sulla correzione della spinta possa
migliorare in modo significativo le performance di equilibrio nei pazienti che non rispondono
efficacemente ad 1 mese di trattamento riabilitativo.
AOUI verona, università degli studi di verona
La “Sindrome della Spinta” (Pusher Syndrome, PS) è un disturbo ancora poco studiato
nonostante sia presente in circa il 10% dei soggetti post stroke presenti nei reparti di
riabilitazione. La PS si manifesta con gravi alterazioni posturali che limitano l'autonomia e
richiedono periodi di riabilitazione e ospedalizzazione più prolungati.
I meccanismi alla base di questo disordine neurologico e, ancor meno, le possibili strategie
riabilitative più idonee per facilitarne la risoluzione sono stati poco indagati.
Lo scopo dello studio è confrontare gli effetti di un trattamento riabilitativo specifico per la
PS con quelli di un trattamento convenzionale in un gruppo di pazienti (n=16) affetti da
sindrome della spinta conseguente ad ictus. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi.
Il gruppo sperimentale (n=8) ha ricevuto un trattamento incentrato sul miglioramento
dell’equilibrio in posizione seduta e in stazione eretta mediante esplorazione del campo
visivo ed esecuzione di compiti attentivi, riduzione della rigidità muscolare e mantenimento
della stazione eretta. Il gruppo di controllo (n=8), è stato sottoposto ad un trattamento
riabilitativo di tipo convenzionale. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a 20 sedute di FKT
della durata di circa 50 minuti l’una. Al momento dell’accoglimento in reparto (T1),
immediatamente prima dell’inizio del trattamento (T2) alla fine (T3) del programma
riabilitativo e 1 mese dopo il termine dello stesso (T4), i pazienti sono stati valutati da un
esaminatore “blind” mediante le scale EuropeanStroke Scale(ESS), Scale for
ContraversivePushing(SCP) e PosturalAssessment Scale for StrokePatients(PASS). Al T1 i
due gruppi erano tra loro omogenei per età, scolarità, tempo dall’ictus e punteggio al Barthel
Index. Il gruppo sperimentale presentava una severità neurologica (ESS:47,63±11,56)
maggiore rispetto al gruppo di controllo (ESS:60,13±22,09). Dopo il trattamento entrambi i
gruppi hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo in tutte le scale di
valutazione (ESS, SCP, PASS) senza evidenziare differenze significative tra i gruppi.
Anche se non sono state individuate differenze significative tra i due gruppi, pensiamo che
debba comunque essere posta una certa attenzione alla riabilitazione di questi pazienti al
fine di prevenire le cadute e migliorare le ADL. Sono tuttavia necessari nuovi studi al fine di
72
C05 MODIFICAZIONI DELL’ECCITABILITÀ CORTICALE DURANTE TRAINING
ROBOTICO DELL’ARTO SUPERIORE: STUDIO PILOTA SU SOGGETTI CON ICTUS
CEREBRALE CRONICO E SOGGETTI SANI.
A. Modenese, M. Gandolfi, G. Vallies, P. Manganotti, A. Waldner, C. Geroin, D. Munari, A.
Picelli, N. Smania.
AOUI Università di Verona
La valutazione delle modificazioni dell’attività cerebrale indotte da training robotico con
dispositivo AMADEO rappresenta un ambito innovativo, utile per migliorare le conoscenze
sui fenomeni di plasticità cerebrale. Questo può avere implicazioni molto importanti nelle
neuroscienze e nella ricerca in campo riabilitativo, poiché consente di valutare da un lato le
anomalie nell’attività corticale in seguito a danni cerebrali di vario genere, dall’altro le
modificazioni che possono avvenire in seguito ad un periodo di training.
Il disturbo della funzione dell’arto superiore rappresenta uno dei più comuni deficit riscontrati
in pazienti affetti da esiti di ictus cerebrale, in particolare circa il 60% dei pazienti soffrono di
una qualche forma di impaccio senso-motorio associato all’estremità distale. Le
modificazioni dell’eccitabilità corticale che si instaurano in tali soggetti, durante l’esecuzione
di task motori guidati da un dispositivo robotico, non sono state ancora indagate.
Lo scopo del presente studio è di valutare mediante tecnica di stimolazione magnetica
transcranica (TMS) le modificazioni dell’eccitabilità corticale indotte da training robotico
dell’arto superiore.
Sei soggetti sani e quattro pazienti con ictus cronico sono stati sottoposti a 10 sessioni di
trattamento per l’arto superiore con strumento robotico AMADEO (5 sessioni/settimana per
2 settimane). Tutti i soggetti sono stati valutati, prima e dopo il trattamento, con un
protocollo di studio dell’eccitabilità corticale mediante TMS. Sono state considerate come
misure di outcome la soglia motoria a riposo, l’ampiezza del potenziale motorio evocato al
120% della soglia motoria, l’ampiezza del potenziale motorio evocato con tecnica a doppio
stimolo eccitatorio e inibitorio. I muscoli target sono stati il primo interosseo dorsale, gli
estensori comuni delle dita e i flessori comuni delle dita. I pazienti, inoltre, sono stati valutati
con le seguenti scale di valutazione: Nine Hole Peg Test, Fugl-Meyer Assessment,
European Stroke Scale, Scala di Ashworth modificata, Scala del Medical Research Council,
Motricity Index, Action Research Arm Test, Motor Activity Log, Amadeo Firefighters.
I dati sono stati analizzati con test statistici non parametrici.
Nel gruppo di controllo e nel gruppo dei pazienti la valutazione dell’eccitabilità corticale
eseguita a livello del primo interosseo dorsale e dei muscoli estensore e flessore comune
delle dita, ha mostrato modificazioni peculiari, sebbene non significative dal punto di vista
statistico, per quanto riguarda tutte le misure di outcome. Nei pazienti si è assistito inoltre ad
un miglioramento prossimo alla significatività alle seguenti scale di valutazione: scala di
Fugl Meyer (p=0,06) e valutazione della sensibilità cinestetica (p= 0,06).
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Genova, 8-10 Maggio 2014
73
Abstract Book
C05 VALUTAZIONE DELL'OUTCOME FUNZIONALE NEI PAZIENTI CON ESITI DI ICTUS
MEDIANTE INDICATORI DI PROCESSO/ESITO
V.Calabrò¹, C. Cordano², E. Traverso¹, E. Benevolo³, M. Gardella4, Fr. Ventura¹
1 IRCCS A.O.U. San Martino - IST, Genova, 2 Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia, Genetica,
Riabilitazione e Pediatria, Università di Genova, Genova, 3Fondazione Salvatore Maugeri, Nervi
(GE),Ospedale “La Colletta”, Arenzano (GE)
INTRODUZIONE: L'ictus rappresenta la prima causa di disabilità in occidente. Il numero dei
pazienti affetti da esiti di ictus è destinato ad aumentare, sia per la senilizzazione della
popolazione, sia per l’aumento del tasso di sopravvivenza post-ictus. La predizione
dell’outcome riabilitativo funzionale nelle fasi precoci della malattia è cruciale, specie per la
pianificazione del percorso riabilitativo e assistenziale del paziente.
CONCLUSIONI: Questo studio evidenzia come alcuni indicatori influiscano maggiormente di
altri sul recupero funzionale dei pazienti con ictus. Il sistema IPER 2 consente l'identificazione di questi indicatori, ponendosi come possibile valido supporto nella definizione di
una corretta prognosi riabilitativa.
BIBLIOGRAFIA:
Stroke (2013) Differences in outcome and predictors between ischemic and intracerebral
hemorrhage: the South London Stroke Register. Bhalla A, Wang Y, Rudd A, Wolfe CD
I Quaderni dell’Agenzia – ARS Liguria n° 10 (2012) IPER2 Indicatori di Processo-Esito in
Riabilitazione, versione 2 – Uno strumento per l’audit clinic e il controllo di gestione
MATERIALI E METODI: Per valutare l'outcome riabilitativo dei pazienti con ictus è stato
utilizzato il sistema IPER 2 (Indicatori di Processo Esito in Riabilitazione), strumento di
monitoraggio e governo clinico dei processi riabilitativi, adottato in diversi centri di Riabilitazione della Liguria, Lombardia e Toscana, utilizzato per razionalizzare i percorsi di cura e
garantire una migliore appropriatezza nell’allocazione delle risorse. Sono stati selezionati
264 pazienti, di età compresa tra 30 e 96 anni, ricoverati tra il 2009 e il 2013 presso i cen-tri
di Riabilitazione Intensiva della Provincia di Genova. Sono stati selezionati pazienti con
punteggio Rankin premorboso < 3, al primo ricovero riabilitativo effettuato entro due mesi
dall'esordio dell'ictus. Sono state messe a confronto le differenze tra i punteggi in ingresso e
in dimissione (delta) del Barthel Index (BI) e del Trunk Control Test (TCT), con le se-guenti
variabili: età, caratteristiche dell'ictus, complessità clinica all'ingresso, presenza/ assenza di
gravi patologie premorbose e fattori interferenti intercorsi nella degenza. Per l'analisi
statistica sono stati utilizzati il test di Spearman e il T di Student.
RISULTATI: Dall'analisi dei dati è emersa una correlazione statisticamente significativa tra
deltaTCT e deltaBI e le differenti tipologie di ictus, a testimonianza di una migliore prognosi
funzionale per l'ictus emorragico. La demenza grave (Clinical Dementia Rating > 3) è risultata la patologia premorbosa a maggior impatto sull'outcome. Il recupero delle ADL risulta maggiore nei pazienti a bassa e media complessità rispetto a quelli considerati ad
elevata complessità. Le infezioni non urinarie e l’insorgenza di un evento clinico avverso
durante il ricovero risultano correlati con un peggior recupero delle ADL.
74
C06 ETÀ’ E MARCATORI DI COMPLESSITÀ’ CLINICA NELLA RIABILITAZIONE POSTICTUS: SIGNIFICATO PROGNOSTICO DI OUTCOME FUNZIONALE
C. Corsini, B. Bernardini, G. Cerina, S. Ghirmai, L. Barulli, V. Colantonio, M. Pagani Per il
gruppo di Lavoro IPER 2.
UO Neuroriabilitazione, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Mi).
INTRODUZIONE
L’età è considerata un fattore prognostico significativamente associato a cattivo esito di
recupero nel paziente con recente ictus. Alcuni studi evidenziano però come altri fattori
influenzino questo dato prognostico e come sia difficoltoso definire il limite di età da
considerare “a prognosi negativa”.
Questo studio si propone di confrontare gruppi di pazienti suddivisi per età dopo averne
definito le caratteristiche cliniche assistenziali riabilitative e sociali tramite marcatori di
complessità ed di valutarne i principali esiti quali interruzione della riabilitazione (mortalità
instabilità clinica critica), recupero funzionale e destino alla dimissione.
significative nella capacità di recupero del potenziale riabilitativo, calcolato come rapporto
tra il delta dell’Indice di Barthel ammissione.dimissione ed il delta premorboso-ammissione.
CONCLUSIONI
Dal punto di vista epidemiologico l’ictus è una patologia caratteristicamente età-associata
ed il trattamento riabilitativo deve considerare molti fattori tipicamente geriatrici per la
corretta gestione clinica dei pazienti più anziani. La gestione della comorbidità e la
prevenzione degli eventi clinici avversi diventano fattori rilevanti quanto la prevenzione delle
recidive o il trattamento specifico neuromotorio. Nelle classi di età più avanzate si
osservano miglioramenti funzionali significativi, con possibilità di recupero dei livelli
premorbosi simili per importanza a quelli delle classi più giovani.
MATERIALI E METODI
Sono stati analizzati i dati del sistema IPER 2 di 1.470 pazienti (47% donne) ricoverati
(prima riabilitazione) per postumi di ictus ischemico o emorragico in strutture di riabilitazione
intensiva o estensiva della Liguria e del centro-nord Italia. Tutti i pazienti sono stati valutati
all’ingresso per le caratteristiche della patologia ictale e comorbilità e per il quadro
funzionale premorboso. Tutti i pazienti sono stati inoltre valutati per la presenza di marcatori
di complessità clinica applicando il sistema IPER 2 (indicatori generali e ictus- specifici).
RISULTATI
L’età media è risultata di 73+12 anni (mediana 75 anni; range 22-100 anni). L’età è risultata
significativamente associata a tutti i marcatori di complessità premorbosa e complessità
clinica all’ammissione. Non abbiamo rilevato invece differenze per quanto riguarda
l’associazione età-severità dell’ictus, valutata con la Oxfordshire Community Stroke Project
scale. Anche gli eventi clinici avversi (infettivi e non infettivi) appaiono più fortemente
associati alle classi di età più avanzate (75-84 anni e >85 anni). I pazienti più anziani hanno
inoltre un esito funzionale, misurato col Barthel Index score, significativamente peggiore
rispetto alle classi più giovani. Tuttavia, anche nelle classi di età più avanzate si osservano
miglioramenti funzionali importanti e non abbiamo rilevato differenze clinicamente
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Abstract Book
C07 POST STROKE PAIN E PARAMETRI BIOCHIMICI SIERICI IN PAZIENTI IN FASE
SUBACUTA
I. Aprile1, M.C. Siotto1, R. Squitti2,3, M. Santoro1, I. Imbimbo1, G. Russo1, L. Padua1,4
1 Fondazione Don Carlo Gnocchi, Milano, Italia 2 Fatebenefratelli Foundation for Health Research
and Education, AFaR Division, Roma, Italy 3 Laboratorio di Neurodegenerazione, IRCSS “San
Raffaele Pisana”, Roma, Italy; 4 Dipartimento di Neuroscienze, Università Cattolica del Sacro Cuore,
Roma, Italia
INTRODUZIONE. Il dolore post-stroke (Post Stroke Pain, PSP) è presente nel 30% dei
pazienti, può essere neuropatico e/o nocicettivo e può compromettere il recupero
funzionale, il percorso riabilitativo e la qualità della vita del paziente. Scale di valutazione
come il DN4 ed l’NPSI permettono di valutare la presenza e le caratteristiche del PSP nelle
sue componente neuropatica e possono essere un valido strumento insieme, a scale di
valutazione generiche del dolore (es. l’NRS) per definire questa sintomatologia così
disabilitante nei pazienti affetti da esiti di Stroke. Molti studi hanno indicato il coinvolgimento
di fattori trofici quali il Brain-Derived Neurotrophic Factor, (BDNF) e il nerve growth factor
(NGF), ma anche dei metalli e dello stress ossidativo nei processi di neuroplasticità. La
nostra ipotesi è che fattori correlati ai processi di neuro plasticità possano avere un ruolo nel
PSP. Obiettivo dello studio è valutare la relazione tra PSP e variabili biochimiche correlate
alla neuro plasticità in pazienti in fase subacuta.
MATERIALI E METODI. Abbiamo reclutato 25 soggetti affetti da Stroke subacuto (entro 6
mesi dall’evento); 7 femmine e 18 maschi, età media 70.7 (DS 13,7).
In tutti i soggetti sono stati raccolti dati anamnestici e clinici (tipo di lesione e sede della
lesione, NIHSS). Sono inoltre state somministrate le scale di valutazione della disabilità
(Barthel Index) e le scale di valutazione del dolore (nocicettivo e neuropatico, VAS, DN4 ed
NPSI).
Sono stati dosati in tutti i pazienti variabili biologiche note modulare la plasticità cerebrale,
come anandamide (AEA), 2-aracnoidilglycerolo del sistema endocannabinoide; rame, zinco,
ferro e altre proteine associate allo stress ossidativo; fattori trofici (BDNF e NGF);
valutate dal NPSI) è risultata significativamente correlata con il rapporto cerulo
plasmina/transferrina (p<0.03), con la Ferritina (p<0.05); inoltre un trend verso la
significatività è stato osservato con la quantità di antiossidanti totali (p=0.05). La relazione
osservata è diretta: all’aumentare dei sintomi sensitivi aumentano i marker biochimici
sopradetti.
CONCLUSIONI
Molti studi mostrano una correlazione tra dolore e alterazioni della sensibilità nello Stroke. I
dati preliminari mostrano una positiva relazione , da definire in termini di fisiopatogenesi, tra
incremento di alcuni indici di infiammazione e presenza di segni positivi di alterazione della
sensibilità.
REFERENZE
Jonsson AC, Lindgren I, Hallstrom B, Norrving B, Lindgren A. Prevalence and intensity of pain
after stroke: a population based study focusing on patients' perspectives. J Neurol Neurosurg
Psychiatry 2006;77:590–5.
Luca Padua, Costanza Pazzaglia , Francesca Cecchi and Irene Aprile for the Don Carlo Gnocchi
Pain-Rehab Group.Pain in stroke patients: characteristics and impact on the rehabilitation treatment
(under submission)
Squitti R, Pasqualetti P, Polimanti R, Salustri C, Moffa F, Cassetta E, Lupoi D, Ventriglia M, Cortesi
M, Siotto M, Vernieri F, Rossini PM. Metal-score as a potential non-invasive diagnostic test for
Alzheimer's disease. Curr Alzheimer Res. 2013 Feb;10(2):191-8.
RISULTATI
L’analisi dei dati ha mostrano una correlazione significativa tra alcune variabili biologiche ed
alcuni sub score dell’NPSI. In particolare la presenza di parestesie ed disestesie (come
76
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 10
“RIABILITAZIONE NEUROPSICOLOGICA”
Aula C
Sabato 10 Maggio 2014
Ore 08.00-09.00
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77
Abstract Book
C01 IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI PROGNOSTICI DI CATTIVO ESITO FUNZIONALE
IN PAZIENTI RIABILITATI PER ICTUS
B. Bernardini, L. Baratto*, M. Gardella*, G. Cerina, C.Corsini, V. Colantonio, S. Ghirmai, M.
Pagani. Per il gruppo di Lavoro IPER 2.
UO Neuroriabilitazione, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Mi); *UO Riabilitazione Specialistica,
Ospedale “La Colletta”, Arenzano (Ge).
INTRODUZIONE
Nella pratica clinica gli indici prognostici sono utilizzati estensivamente per stratificare i
pazienti per rischio di cattivi esiti ed orientare i processi decisionali.
Obiettivo dello studio è di identificare, nell’ambito del sistema IPER 2, gli indicatori più
robusti di mancato recupero funzionale nei pazienti riabilitati per ictus.
MATERIALI E METODI
Sono stati analizzati i dati del sistema IPER 2 di 1.470 pazienti (47% donne) ricoverati
(prima riabilitazione) per postumi di ictus ischemico o emorragico in strutture di riabilitazione
intensiva o estensiva della Liguria e del centro-nord Italia. L’outcome primario è stato
definito come la capacita di compiere autonomamente il sit-to-stand e camminare
autonomamente, con o senza ausilio, per almeno tre metri.
premorbosa >3 (p=0.00), la presenza di dolore (p=0.00), depressione (p=0.03), la disfagia
(p=0.00), la presenza di catetere vescicale (p=0.00) o di incontinenza urinaria (p=0.00) ed
una sindrome totale del circolo anteriore (p=0.00), sono rimasti indicatori indipendentemente
associati ad un cattivo esito funzionale.
CONCLUSIONI
Il sistema IPER 2 è in grado di descrivere la complessità clinica dei pazienti ammessi alla
riabilitazione neurologica e può essere utilizzato per identificare i fenotipi dei pazienti a
maggior rischio di cattivi esiti funzionali. Nell’analisi multivariata condotta, dei 24 indicatori
testati per un’associazione di mancato recupero funzionale di base (sit to stand e cammino
autonomo per 3 metri) 9 hanno conservato un valore predittivo indipendente.
Questi indicatori possono essere utilizzati per segnalare descrittivamente i pazienti a
maggior rischio o trasformati quantitativamente per sviluppare e validare un indice
prognostico.
RISULTATI
L’età media è risultata di 73+12 anni (mediana 75 anni). Alla Oxfordshire Community Stroke
Project, il 21% dei pazienti mostrava una sindrome completa del circolo anteriore, il 22%
una sindrome lacunare. Il restante dei pazienti aveva una sindrome del circolo posteriore
(7%) o una sindrome parziale del circolo anteriore (17%). Il 33% dei casi presentava
sindromi cliniche miste o non classificabili. Alla dimissione 770 pazienti (52.4%) aveva
raggiunto l’outcome prestabilito, 183 (12.4%) erano in grado di effettuare autonomamente
solo un compito (sit to stand o cammino per 3 metri), mentre 517 (35.2%) erano dipendenti
per ambedue le prove. All’analisi bivariata (Fisher exact test) ha dimostrato che tutti gli
indicatori premorbosi e di complessità medico-infermieristica all’ammissione erano
significativamente associati all’esito, ad eccezione dell’anamnesi positiva per malattia
oncologica, la fragilità sociale, la presenza di catetere venoso e di cannula tracheostomica.
All’analisi multivariata (regressione logistica) l’età maggiore di 80 anni (p=0.02), il tempo
evento ictale-ricovero riabilitativo maggiore di 16 giorni (p=0.00), un punteggio alla mRankin
78
C02 DISFAGIA NELL SLA: DIFFERENTI RISPOSTE AL TRATTAMENTO CON TOSSINA
BOTULINICA TIPO A IN BASE ALLA DIVERSA FISIOPATOLOGIA
C. Di Pede, V. Bonsangue, A. Venturin, DA Restivo, R Marchese Ragona, S. Masiero
Medicina Fisica e Riabilitativa Università degli Studi di Padova
Introduzione: La disfagia orofaringea (OF), frequente sintomo nei pazienti affetti da Sclerosi
Laterale Amiotrofica (SLA) è causa di un aumentato rischio di polmoniti ab ingestis,
malnutrizione e disidratazione.
Lo scopo del nostro studio è stato valutare, in pazienti affetti da SLA, l'efficacia del
trattamento con tossina botulinica di tipo A (BoNT / A) della disfagia OF associata alle
seguenti condizioni fisiopatologiche:
1) isolata iperattività dello sfintere esofageo superiore (coinvolgimento isolato del primo
motoneurone);
2) iperattività dello sfintere esofageo superiore associata a coinvolgimento del secondo
motoneurone.
Infatti, stabilire se vi siano diversi meccanismi fisiopatologici alla base di risposte variabili al
trattamento con BoNT / A, può avere implicazioni importanti per la gestione del paziente
disfagico.
Conclusioni: I nostri risultati suggeriscono che possiamo attenderci una buona risposta al
trattamento con BoNT / A in pazienti affetti da SLA e disfagia OF dovuta ad una disfunzione
isolata dello sfintere esofageo superiore.
In questi pazienti, che rappresentano la maggior parte dei pazienti disfagici affetti da SLA, il
trattamento con BoNT-A può quindi rappresentare una potenziale alternativa alla PEG o
può almeno posticiparne il posizionamento. Tuttavia, è necessaria un’accurata selezione dei
pazienti prima di considerare questa opzione terapeutica.
Bibliografia
1. Leighton SE, Burton MJ, Lund WS, Cochrane GM. Swallowing in motor neurone disease. J R Soc
Med 1994; 87: 801-805.
2. Rosembek JC, Robbins JA, Roecker EB, Coyle JL, Wood JL. A Penetration-Aspiration Scale.
Dysphagia 1996; 11: 93-98.
3. Restivo DA, Lanza S, Marchese-Ragona R, Palmeri A. Improvement of masseter spasticity by
botulinum toxin facilitates PEG placement in amyotrophic lateral sclerosis. Gastroenterology.
2002;123(5):1749-50.
Materiali e Metodi: Abbiamo valutato 35 pazienti affetti da SLA con disfagia OF e, di questi,
ne abbiamo inclusi nel nostro studio 20 (14 M e 6 F) con iperattività dello sfintere esofageo
superiore.
In base alla presenza o assenza di coinvolgimento del secondo motoneurone, abbiamo
diviso questi 20 pazienti in due gruppi.
Abbiamo poi sottoposto tutti i pazienti ad iniezione di BoNT / A a livello dello sfintere
esofageo superiore sotto guida elettromiografica.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione strumentale (FEES) prima del
trattamento, a 2 , a 4 e a 20 settimane dopo la procedura. La gravità della disfagia OF è
stata quantificata tramite la Penetration Aspiration Scale (PAS).
Risultati: Abbiamo osservato un significativo miglioramento della deglutizione (riduzione
della PAS) dopo il trattamento con BoNT/A in 11 pazienti con disfunzione isolata dello
sfintere esofageo superiore (p = 0,0008), mentre nessun miglioramento è stato osservato
nei pazienti con concomitante coinvolgimento del secondo motoneurone.
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79
Abstract Book
C03 VALUTAZIONE DELLA NECESSITÀ DI ASSISTENZA DOMICILIARE E DI
RIABILITAZIONE IN PAZIENTI CON ICTUS DIMESSI A DOMICILIO DOPO
RIABILITAZIONE INTENSIVE: STUDIO OSSERVAZIONALE DI TELEMEDICINA
Morone G, Iosa M, Fusco A Bragoni M, De Angelis D, Venturiero V, Coiro P, Pratesi L,
Paolucci S
Fondazione Santa Lucia – IRCCS
Introduzione
L’ictus è la terza causa di morte e la prima di disabilità in occidente. L’incremento dell’età
media della popolazione ed il miglioramento delle cure in fase acuta fanno della disabilità
post-ictus una vera e propria pandemia. Il problema assumerà nei prossimi anni dimensioni
molto importanti in termini di costi sanitari sia per le istituzioni che per le famiglie. Una
maggiore integrazione tra i servizi territoriali e gli ospedali di riabilitazione potrebbe servire a
migliorare l’efficienza delle cure necessarie. E’ noto a tutti che i pazienti ed i loro familiari pur
avendo a disposizione l’assitenza e la riabilitazione territoriale hanno bisogno di
implementare le cure privatamente.
L’obiettivo dello studio è di valutare la quantità delle prestazioni assistenziali e di
riabilitazione elargite dal sistema sanitario territoriale e private durante il primo anno dopo la
dimissione a domicilio dall’ospedale di neuroriabilitazione intensiva nei pazienti con ictus.
pazienti (61,7%) ha avuto bisogno di assistenza con 15 pazienti (12,5%) che hanno avuto
necessità di assitenza 24 ore su 24.
Discussioni
L’analisi preliminare mostra in tutta la sua entità l’enorme problema della disabilità post ictus
in termini economici ed organizzativi per il welfare e per le famiglie. Nei prossimi anni
saranno necessari studi approfonditi e metodologicamente validi per la quantificazione
economica dell’assistenza e della riabilitazione nei pazienti con esiti di ictus dimessi a
domicilio. Solo partendo da questi risultati si riuscirà a pianificare terapie ed assitenza
efficace e sostenibile per la comunità.
Materiali and Metodi
Centoventi pazienti sono stati chiamati a domicilio ogni due mesi per un anno dalla
dimissione dopo 3 mesi circa di riabilitazione intensiva. Sono state registrati gli eventi
avversi gravi come accessi in pronto soccorso e le riospedalizzazioni; è stata indagata la
quantità di assistenza e di riabilitazione fornita dai servizi territoriali e quella privata. E’ stata
inltre calcolata la disabilità mediante la scala di barthel dei pazienti ed è stata effettuata
un’analisi tra i costi e la disabilità per meglio comprendere l’andamento della spesa.
Risultati
Lo studio è stato completato da 117 paziente dei 120 arruolati (media età 70±12 anni e BI
medio alla dimissione di 67±30.6, 64.6± 32.1 dopo due mesi e 75.7± 27.7 dopo 12 mesi
dalla dimissione. Due pazienti sono deceduti ed un paziente non ha voluto continuare la
sorveglianza Telefonica. Di 120 arruolati 94 pazienti (78,3%) hanno avuto necessità di
riabilitazione a cicli o continua di cui solo in parte elargita dal Sistema sanitrio nazionale. 74
80
C04 EFFICACIA DEL TRATTAMENTO LOGOPEDICO DI GRUPPO IN 70 PAZIENTI CON
DISARTRIA NEUROLOGICA
S.Nordio, M. Garzon, F. Meneghello
disturbi cognitivi non è stato rilevato un cambiamento significativo, mentre per quelli senza
disturbo cognitivo si è verificato un miglioramento statisticamente significativo per i primi tre
parametri.
Fondazione Ospedale San Camillo
Introduzione: Le evidenze di efficacia del trattamento per disartria sono attualmente ristrette
ad un piccolo gruppo di studi su caso singolo e all’opinione di esperti, che sono però
fortemente favorevoli ad un intervento logopedico che favorisca la stimolazione di
comportamenti compensativi positivi (come il rallentamento del linguaggio per restituirne
l’intellegibilità) e l’inibizione di atteggiamenti compensativi negativi.
Conclusioni: In un campione di 70 pazienti con disartria di origine neurologica, il trattamento
logopedico di gruppo risulta efficace. Il parametro che subisce il miglioramento maggiore e
statisticamente significativo è la durata fonatoria.
Yorkston KM. (1996) in Sellars C, Hughes T., Langhorne P. Speech and Language Therapy for
dysarthria due to non-progressive brain damage (Review). The Cochrane Collaboration, 2009. John
Wiley & Sons, Ldt
Obiettivo: Verificare, in un’ottica di razionalizzazione degli interventi, l’efficacia di un
trattamento logopedico di gruppo in pazienti ricoverati, con disartria dovuta a lesione
cerebrale acquisita.
Materiali e Metodi: 70 pazienti ricoverati con diagnosi di disartria motoria centrale da esiti di
ictus cerebrale, di TCE e SM secondariamente progressiva, sono stati valutati e sottoposti a
trattamento logopedico di gruppo per la durata di due mesi, per un totale di 32 sedute.
La valutazione è stata effettuata mediante una versione adattata del Protocollo di
Cantagallo e Fussi (1997). Sono stati valutati: durata espiratoria, durata fonatoria, e
diadococinesi e articolazione. Ciascun paziente ha effettuato 4 sedute settimanali di
trattamento logopedico all’interno di un gruppo costituito da circa 10 pazienti e guidato da
una logopedista. Sono stati proposti esercizi di coordinazione pneumo-fonica, esercizi di
rinforzo della muscolatura oro-facciale, esercizi per migliorare l’articolazione verbale e
l’intellegibilità.
Risultati: Il trattamento è sembrato produrre una tendenza al miglioramento, nei termini di
aumento della durata espiratoria, fonatoria e della diadococinesi, per la totalità dei soggetti
esaminati, indipendentemente dall’eziologia. Il miglioramento statisticamente significativo ha
riguardato la durata fonatoria (p=0,036). Dall’analisi dei risultati per patologia, emerge un
miglioramento significativo nel parametro durata espiratoria per i pazienti vascolari (p=0,00)
e di durata fonatoria (p=0,00) sia per i pazienti vascolari che con esiti di TCE, ma non
emerge per pazienti con SM. Una differenza statisticamente significativa si nota per la
durata fonatoria per i pazienti con esordio ? 3 mesi (p=0,00). Infine, per i pazienti con
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Abstract Book
C05 PREVALENCE OF PAIN IN MULTIPLE SCLEROSIS: A MULTICENTER ITALIAN
STUDY
C. Solaro1, E. Trabucco1, M.Cella1, A. Signori2, V. Martinelli3, M. Radaelli3, D. Centonze4, S.
Rossi4, M.G. Grasso5, A. Clemenzi5, S. Bonavita6, A. D’Ambrosio6, F. Patti7, E. D’Amico7, G.
Cruccu8, A. Truini8
and 284 with DN4<4 neuropathic type (Lhermitte, Trigeminal Neuralgia, Lower limb).
Multivariated analysis showed a significant difference for for age, EDSS, disease duration
and disease course and specific scale score for pain between pain and no pain group. In
patients with DN4 >=4, NPSI had a mean of 41 with values ranging between 5 and 97.
1Neurology Unit, Head and Neck Dept., ASL 3 “Genovese” – Genoa; 2 Dept. of Health Sciences,
Section of Biostatistics University of Genoa ; 3Dept. of Neurology, San Raffaele Scientific Institute,
Milan; 4Neurology Clinic, Dept. Of Neuroscience, Tor Vergata University, Rome; 5Santa Lucia
Foundation, IRCCS, Rome; 6Neurology Clinic, Second University of Naples, Naples; 7Dept. of
Neurosciences, Univers
CONCLUSIONS: This study underlines the relevance of pain in the clinical history of MS
and the importance to use a specific pain questionnaire such as DN4.
OBJECTIVE: Multiple Sclerosis (MS) is a chronic inflammatory demyelinating disease of
central nervous system (CNS). In MS pain represents one of the most common symptoms,
estimated to occur in 29% to 86% of patients. Pain syndromes are mainly classified into
neuropathic pain, cause by injury anywhere in the nervous system and somatic pain, due to
an appropriate physiological response when nociceptor are activated.
The aim of the study is to assess the presence of pain in MS patients, in a multicentre
cross-sectional study and its relationship with a specific pain questionnaire (DN4).
MATERIALS AND METHODS: Data was collected in a multi-centre, cross-sectional study
involving 6 italian MS centres using a face-to-face structured questionnaire compiled by a
neurologist. 200 patients/centres with a diagnosis of MS or CIS over a period of 6 months
were interviewed. The only exclusion criterion was a relapse in the last month before the
beginning of the study. The questionnaire included demographic data, year of symptom
onset and diagnosis, Expanded Disability Status Scale (EDSS), clinical course, Beck Scale,
QoL36, Disease modifying treatment, pain therapy, the DN4 questionnaire for differential
diagnosis of pain syndromes associated to neuropathic or nociceptive pain. In subjects with
DN4 greater than 4 NPSI scale were administered. We considered only symptoms present
at the time of the interview. All data were registered in an ad-hoc database.
RESULTS: Out of 1253 subjects interviewed, were 835 female (66,6%) and 418 male (33,4
%), mean age was 33,9 years , mean disease duration 8 years, 916 (73,1%) subjects had
relapsing remitting disease course, 248 (19,8%) were secondary progressive, 55 (4,4%)
were primary progressive and 30 (2,4%) were CIS. Median EDSS score was 2. 458 subjects
(36,6%) reported at least one painful symptom, of whom 173 with DN4?4 nociceptive pain
82
C06 QTB - QUESTIONARIO TRANSIZIONE BESTA
M. Leonardi, V. Cavallera, P. Meucci, N. Nardocci
Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta
Contesto: L'aumento della sopravvivenza dei bambini con patologie croniche ben oltre i 18
anni di età ha reso necessario migliorare la gestione nella presa in carico di questi pazienti
durante la fase di transizione dal sistema pediatrico a quello dell’adulto. Un numero sempre
maggiore di pazienti con malattie un tempo fatali in tenera età, oggi, infatti, raggiunge l'età
adulta. I bambini con patologia cronica complessa hanno quindi necessità di poter effettuare
la transizione tra i diversi servizi al compimento del diciottesimo anno e questo è diventato
quindi un passaggio obbligato che deve essere agevolata. Sono stati effettuati diversi
tentativi per identificare e promuovere i fattori che facilitano la transizione; tuttavia persiste
una notevole carenza di linee guida e di servizi dedicati a questa fase della vita e della
malattia. Il problema non è solo italiano ma l’aumento della aspettativa di vita è un elemento
che richiede risposte in tutti i Paesi sviluppati. Non sono infatti ancora state identificate
prassi che promuovano in modo soddisfacente la transizione. Gli ospedali, così come i
servizi territoriali, scolastici ed occupazionali continuano a presentare molti problemi nel
garantire la continuità assistenziale ai pazienti con patologia neurologica e con bisogni
complessi.
Conclusioni: Lo studio ha lo scopo di contribuire a colmare la mancanza di informazioni
disponibili per riuscire comprendere le difficoltà affrontate dai pazienti e le loro famiglie nella
transizione e di identificare gli elementi chiave che permettano di soddisfare le loro
aspettative e necessità.
Metodi: E’ stato fatto uno studio osservazionale retrospettico che mira ad indagare le
principali problematiche riscontrate da pazienti con patologia neurologica e dalle loro
famiglie durante la fase di transizione verso l'età adulta. Per lo sviluppo di efficaci modelli di
transizione è fondamentale una comprensione approfondita dei bisogni dei beneficiari. A
questo scopo è stato creato un protocollo di ricerca composto da un questionario con
domande create specificatamente per lo studio (dati socio-demografici, su diagnosi, terapia
in atto, ambiente sociale e difficoltà incontrate durante la transizione) e da scale
standardizzate (The Rotterdam Transition profile, World Health Organization Disability
Assessment Schedule WHODAS 2.0, The Warwick Edinburgh Mental Well-being Scale
WEMWBS). Previa approvazione del Comitato Etico dell’Istituto e lettera di invito del
responsabile clinico dei pazienti il protocollo TRANSITION è stato inviato alle famiglie e/o ai
pazienti, oggi maggiorenni, che hanno avuto almeno un accesso al nostro Istituto nel 2012.
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83
Abstract Book
C07 LA TOSSINA BOTULINICA DI TIPO A NELLA PROFILASSI SECONDARIA
DELL’EMICRANIA CRONICA: DATI PRELIMINARI SULL’ESPERIENZA DI VERONA.
S. Baldessarelli, M. Gandolfi, F. Marchioretto, A. Modenese, G. Vallies, D. Lobba, G. Berto,
L. Roncari, A.Picelli, S. Tamburin, N.Smania.
AOUI Università degli Studi di Verona
L’emicrania cronica è una patologia neurologica che si manifesta secondo i criteri
classificativi dell’International Headache Society ICHD-II con cefalea di tipo emicranico
presente per almeno 15 giorni/mese da più di 3 mesi, in assenza di uso eccessivo di
farmaci. E’ una condizione invalidante e con un elevato impatto socio-economico. I pazienti
con emicrania cronica hanno una riduzione di produttività e qualità di vita.
I trattamenti farmacologici di profilassi più comunemente utilizzati spesso presentano
inefficacia o problematiche di tollerabilità. Tra le opzioni terapeutiche profilattiche a
disposizione per pazienti resistenti o intolleranti alla terapia di profilassi di primo livello, vi è
la Tossina Botulinica di tipo A.
Lo scopo del presente studio è valutare l’efficacia del trattamento con tossina botulinica
nella profilassi farmacologica secondaria in pazienti affetti da emicrania cronica resistenti
alla terapia di profilassi farmacologica primaria. Sono stati reclutati 14 pazienti (11 donne; 3
uomini) con età media di 44 anni: 12 affetti da emicrania senz’aura, 2 con aura.
A ciascun paziente è stato consegnato un diario cefalea. I diari pervenuti sono stati
analizzati valutando i seguenti parametri: numero di ore settimanali di cefalea lieve,
moderata, intensa; durata media dei singoli attacchi; quantità e tipologia di farmaco assunto
settimanalmente; tipologia del dolore e sintomatologia associata ad esso; ore di sonno
complessive; giorni liberi da cefalea.
Il trattamento ha previsto la somministrazione di tossina botulinica (Botox) per un totale di
155 U, con diluizione 100U/2ml secondo protocollo validato da Blumenfeld (2010). Ciascun
paziente è stato monitorato ad 1 mese dall’infiltrazione clinicamente e mediante analisi del
diario cefalea del mese post-infiltrazione.
Ad una prima analisi dei dati ottenuti, la risposta terapeutica è la seguente:
- in 4 pazienti riduzione complessiva delle ore di emicrania nel mese successivo
all’infiltrazione
- in 5 pazienti riduzione dell’intensità dei singoli attacchi
- in 5 pazienti 1-2 settimane di benessere (0-2 ore di emicrania/settimana tra la 2° e la 3°
settimana post-infiltrazione)
- nessuna modificazione in pazienti con abuso farmacologico
Nessun paziente ha riportato effetti avversi/collaterali.
La terapia di profilassi secondaria con tossina botulinica può rappresentare una strategia
innovativa per pazienti affetti da emicrania cronica farmaco-resistente. Questo può avere
importanti implicazioni per pianificare percorsi terapeutici in soggetti affetti da emicrania
cronica, al fine di ridurre il numero di attacchi e migliorarne la qualità di vita. Emerge inoltre
una resistenza al trattamento in pazienti con emicrania cronica da abuso farmacologico che
potrebbero giovare di un programma di disassuefazione/disintossicazione pre-trattamento.
84
C08 VALUTAZIONE CON IL MODELLO ICF DEL RUOLO DELLA CHIRURGIA
FUNZIONALE DELL’ARTO INFERIORE IN SOGGETTI CON ESITI DI ICTUS
C. Borzone, G.A. Checchia, A. De Luca, V. Calabrò, M. Ottonello, C. Lentino
Recupero e Rieducazione funzionale; U.S. Chirurgia plastica riabilitativa e funzionale
Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure
INTRODUZIONE: Nel paziente emiplegico il cammino è alterato dalla coesistenza di diversi
fattori quali deficit sensitivo-motori, fenomeni di co-contrazione muscolare, compensi,
spasticità e retrazioni muscolo-tendinee.
La deformità in equino-varo-supinato all’arto inferiore è una delle alterazioni più frequenti e
limitanti nel cammino. Il recupero della deambulazione è fondamentale per mantenere
l’autonomia e la qualità della vita e risulta pertanto un obiettivo prioritario all’interno del
progetto riabilitativo.
Scopo del nostro studio è stato di verificare se la correzione chirurgica del piede equino
fosse in grado di migliorare il cammino, le capacità e il coinvolgimento della persona nelle
diverse situazioni di vita quotidiana mediante l’utilizzo del modello ICF.
Nel nostro studio i 4 pazienti che hanno presentato il più marcato incremento della velocità
m/min hanno anche ottenuto un significativo miglioramento in tutte queste sottocategorie
dell'ICF.
CONCLUSIONI: Nonostante il limitato numero di pazienti in esame, risulta che l’utilizzo
dell’ICF permette di individuare alcune aree in cui sono avvenuti maggiori cambiamenti a
seguito degli interventi di chirurgia funzionale post-ictale. In tale ambito può essere utile il
ricorso a specifici codici dell'ICF maggiormente dimostrativi di una reale efficacia
dell'impiego di questo strumento riabilitativo.
MATERIALI E METODI: Abbiamo arruolato 9 pazienti (4 uomini e 5 donne), di età compresa
tra 22 e 75 anni, con piede equino in esiti di ictus, sottoposti ad intervento di chirurgia
funzionale e successivo ricovero riabilitativo nel Reparto di Recupero e Rieducazione
funzionale dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure nell’anno 2013.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un esame clinico pre-intervento chirurgico con followup a 3 e 6 mesi. La valutazione prevedeva un esame neurologico, la somministrazione del
core set ICF per l’ictus, della WHS (Walking Handicap Scale)e l’applicazione del test dei 10
metri. Per l’analisi statistica dei dati è stato utilizzato il test T di Student.
RISULTATI: L’analisi dei dati preliminari al controllo a 3 mesi dall’intervento ha dimostrato
un miglioramento statisticamente significativo (P=0,01) sia della velocità che della walking
handicap scale in tutti i pazienti .
All’interno dell’ICF le aree in cui risiedono i deficit più invalidanti e dove si sono evidenziati i
miglioramenti più significativi sono state funzioni corporee e attività e partecipazione. In
particolare per la prima area emergono le funzioni neuromuscoloscheletriche e correlate al
movimento (b710,b730,b735,b540,b760,b770) e per la seconda compiti generali, mobilità e
vita sociale civile e comunitaria (d230,d410,d420,d450, d455,d460,d910).
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Abstract Book
C09 EFFETTI DEL TRATTAMENTO RITMICO-RIPETITIVO SOTTO SOGLIA MASSIMALE
A CICLOERGOMETRO NELLA RIABILITAZIONE DELLA SCLEROSI LATERALE
AMIOTROFICA
R. Zuccarino1, N. Cellotto1, M. Vignolo1, F. Rao1, R. Truffelli1, E. Giove1, I. CipollinaI1, E.
Bagnoli 1, C. Caponnetto2
1. Riabilitazione Neuromuscolare, NeMO, La Colletta Arenzano, Italia
D2. ipartimento di Neurologia, Ophtalmologia, Riabilitazione, Genetica e Scienze Materno-Infantili –
AOU San Martino – IST, Genova, Italia
INTRODUZIONE:
Nonostante la rilevanza clinica che ha la debolezza muscolare nei soggetti affetti da
Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), il miglior tipo di esercizio fisico e i suoi effetti nella
gestione riabilitativa non è ancora ben studiato.
OBIETTIVI:
Determinare nei pazienti con SLA la sicurezza e gli effetti di un trattamento con esercizio
ritmico ripetitivo a cicloergometro sottosoglia massimale misurata attraverso la frequenza
cardiaca di riserva (Heart Rate Reserve, HRR).
MATERIALI E METODI:
Hanno partecipato allo studio 20 pazienti affetti da SLA. Lo stato funzionale dei pazienti è
stato valutato tramite l’utilizzo della ALS Functional Rating Scale-Revised (ALSFRS-R),
della percentuale della capacità vitale teorica (VC), del consumo di ossigeno utilizzando la
frequenza cardiaca di riserva (Heart Rate Reserve, HRR), della scala MRC per valutare la
forza degli arti superiori e inferiori. La performance del cammino, dove possibile, è stata
valutata utilizzando il test del cammino in 6 minuti (6MWTs). Tutti i dati sono stati raccolti
alla baseline, quindi alla fine di 4 settimane di trattamento con cicloergometro e dopo un
periodo di wash-out di 4 mesi. I pazienti sono stati sottoposti ad un esercizio ritmico
ripetitivo con cicloergometro 2 volte al giorno per 6 giorni a settimana per 4 settimane.
variabili nei diversi pazienti, 18 di questi hanno però mantenuto costanti gli indici di
funzionalità respiratoria e lo score ALSFRS-R dopo il periodo di wash out.
CONCLUSIONE:
L’attività a cicloergometro è stata ben tollerata e si è verificata sicura per i pazienti con SLA.
Questo tipo di trattamento nei pazienti SLA produce alcuni effetti di miglioramento sulla
performance cardiovascolare e sulla resistenza alla fatica. La stabilità che si è evidenziata
dopo il periodo di wash out suggerisce che tale trattamento si debba ripetere almeno tre
volte all’anno. Si conferma che il trattamento fisioterapico riduce la velocità di
peggioramento della disabilità misurata con la ALSFRS-R rispetto alle attese di evoluzione
della malattia. In conclusione il trattamento ritmico-ripetitivo utilizzando cicloergometro è
risultato efficace ma necessita di ulteriori studi di approfondimento.
Keywords: exercise, Cycle ergometer
BIBLIOGRAFIA
Bello-Haas et al. (2007). A randomized controlled trial of resistance exercise in individuals with ALS.
Neurology, 68, 2003–2007.
Mahoney et al (2004). Effects of high-intensity endurance exercise training in the G93A mouse model
of amyotrophic lateral sclerosis. Muscle Nerve, 29, 656–662.
Sanjak et al (2010). Supported treadmill ambulation for amyotrophic lateral sclerosis: a pilot study.
Arch Med Rehabil 91:1920-9.
RISULTATI:
Non si sono verificati dropouts o effetti avversi durante il trattamento a cicloergometro. Le
scale di valutazione utilizzate (ALSFRS-R, VC, MRC) hanno mantenuto un punteggio
costante durante il periodo di trattamento. Il tipo di trattamento proposto ha mostrato risultati
86
C10 LA VERTICALIZZAZIONE ASSISTITA DI TIPO DINAMICO SU STANDING GLIDER
EVOLVE: DEFINIZIONE DEL COSTO ENERGETICO DURANTE
L. Bissolotti
Fondazione Teresa Camplani Casa di Cura Domus Salutis
Introduzione: l’attività fisica adattata e la verticalizzazione assistita con standing
rappresentano due utili strategie per la gestione a lungo termine delle sequele a lungo
termine della lesione midollare (TVM).
Conclusioni: I risultati ottenuti suggeriscono che l’utilizzo ripetitivo dello standing dinamico
Glider Evolve è in grado di contribuire positivamente alla promozione dello stato di salute
tramite un miglioramento del bilancio calorico settimanale. I dati preliminari suggeriscono
che già al livello P1 si realizza un impegno cardiometabolico allenante. Dal punto di vista
riabilitativo i dati raccolti ne supportano l’utilizzo ripetitivo data la possibilità di ottenere con
un unico presidio una serie di vantaggiosi effetti a livello muscolare, respiratorio,
cardiovascolare ed osteoarticolare.
Scopo: valutare l’adattamento cardiopolmonare e metabolico durante verticalizzazione
dinamica con movimento alternato degli arti inferiori e definire l’incremento del costo
energetico (EE) rispetto al metabolismo basale in pazienti affetti da esiti di TVM.
Metodi: nel presente studio sono stati invitati a partecipare 10 pazienti affetti da paraplegia
classe ASIA A con TVM compreso fra T5 e T12 (8 maschi, 2 femmine, età media
32.6±10.8anni, durata malattia 4.7anni). Al fine di determinare una verticalizzazione
assistita di tipo dinamico con movimento alternato degli arti inferiori abbiamo utilizzato il
modello Easy Stand Glider Evolve (Altimate Medical, USA). Tramite questo modello di
standing il paziente è in grado di effettuare una verticalizzazione autonoma e di indurre un
movimento alternato degli arti inferiori utilizzando I superiori come forza motrice grazie alle
leve disponibili. Il presidio presenta fino a 11 livelli di intensità crescente (da P1 a P11). In
condizioni di riposo seduti, in standing statico ed ai livelli di intensità P1-P3-P5 abbiamo
registrato la ventilazione polomonare (VE), il consumo di ossigeno (VO2) per stimare il
costo energetico (EE) e la frequenza cardiaca (Fc) tramite metaboli metro K4 Cosmed.
L’equivalente metabolic in METs è stato calcolato offline. I parametri riportati si riferiscono al
terzo minuto di attività svolta dai soggetti.
Risultati: in condizioni di riposo da seduti, in stazione eretta, a P1, P3 e P5 i valori medi di
Fc sono stati rispettivamente pari a 89.5±23.4b/min, 92.7±21.9b/min, 122.8±18.3b/min,
136.9±19.9b/min e 154.3±17.7b/min. I valori medi di VO2 sono stati rispettivamente pari a:
3.8±1.3ml/kg/min,
4.2±0.8ml/kg/min,
11.9±2.7ml/kg/min,
15.5±3.7ml/kg/min
e
19.9±4.02ml/kg/min. La VEmax registrata a P5 è stata di 32.4±11.7L/min. I METs a P1-P3P5 sono stati in media pari a 3.4, 4.4 e 5.1 volte superiori rispetto all’equivalente metabolico
registrato a riposo seduti.
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87
Abstract Book
C11 DISFAGIA DA IPERTONO DELLO SFINTERE ESOFAGEO SUPERIORE (UES), IN
PAZIENTE
CON
PREGRESSA
ENCEFALITE,
TRATTATA
CON
INCOBOTULINUMTOXINA (XEOMIN NT 201). DESCRIZIONE DI UN CASO.
M. Basciani, F. Perri*, G. Esposito°, D. Intiso
U.O.C. di Neuroriabilitazione * U.O.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva. ° U.O.C. di
Chirurgia Maxillo-Facciale, Otorinolaringoiatria ed Odontostomatologia. Ospedale Casa Sollievo della
Sofferenza I.R.C.C.S. San Giovanni Rotondo FG.
Introduzione
La disfagia associata a disfunzione del muscolo cricofaringeo ha un significativo impatto
sulla globale qualità di vita (Kelly et al, 2013) e può complicare lesioni del Sistema Nervoso
Centrale di diversa origine (Restivo et al. 2013, Terré et al. 2008) . Abbiamo valutato e
trattato un paziente maschio, di 40 anni, che due anni prima aveva contratto un’encefalite
batterica esitata in tetraparesi grave e disfagia, che comportava l’assunzione di nutrizione
enterale tramite Gastrostomia Endoscopica Percutanea.
Materiali e Metodo
Esami di Videofluoroscopia e Fibrovideolaringoscopia con test dinamico della deglutizione
con boli di diversa consistenza e con bolo colorato eseguiti inizialmente avevano
documentato la completa assenza di passaggio del bolo in esofago per spasmo del UES,
con fasi orale e faringea della deglutizione conservate. La manometria esofagea Stazionaria
non veniva completata per impossibilità al posizionamento della sonda per stenosi serrata
dell’UES. L’iniezione per via transcutanea nel muscolo cricofaringea di 10 U di
IncobotulinumtoxinA risultava completamente inefficace. Dopo 4 mesi veniva ripetuto il
trattamento iniettando per via perendoscopica 100 U (25 U/ml) di IncobotulinumtoxinA su tre
punti di un’unica circonferenza, anche questa volta senza apprezzabile risultato. Dopo altri 4
mesi abbiamo ripetuto l’iniezione di 200 U di IncobotulinumtoxinA su 6 punti posti su due
diverse circonferenze dello UES, associando una dilatazione pneumatica con Balloon da 19
mm.
Conservato il riflesso tussigeno. Paresi in abduzione della corda vocale vera di destra con
buon compenso funzionale”.
Conclusioni
Il trattamento con tossina botulinica di tipo A, a dosi anche più elevate di quanto riportato in
letteratura (Terré et al. 2008), è risultato efficace e sicuro nel trattamento della disfagia da
ipertono dell’UES. A nostra conoscenza questa è la prima segnalazione sull’uso di
IncobotulinumtoxinA per questa indicazione.
Bibliografia
Botulinum Toxin Injection for the treatment of Upper Esophageal Sphincter Dysfunction.
E.A. Kelly, I.J. Koszewski, S.S. Jaradeh, A.L. Merati, J.H. Blumin, J. M. Bock
Annals of Otology, Rhinology & Laringology, 2013; 122(2): 100-108.
ALS dysphagia pathophysiology: Differential botulinum toxin response.
D. A. Restivo, A. Casabona, A. Nicotra, et al
Neurology 2013; 80: 616-620.
Long-lasting effect of a single botulinum toxin injection in the treatmrnt of oropharyngeal dysphagia
secondary to upper esophageal sphincter dysfunction: A pilot study.
R. Terré, M. Vallès, A. Panadés & F. Mearin
Scandinavian Journal of Gastroenterology, 2008; 43: 1296-1303.
Risultati
Dopo 15 giorni dal trattamento la valutazione con fibrovideolaringoscopia documentava “con
boli molto densi: buona la fase orale e quella faringea; passaggio appena ritardato del bolo
in esofago con possibilità di sufficiente autodetersione con atti deglutitori successivi.
88
C12 IL LABORATORIO DI LOCOMOZIONE
A. Waldner, A. Marzari, A. Mahlknecht
Casa di Cura Privata Villa Melitta
Introduzione:
Sia i fattori demografici, che lo sviluppo della medicina d´urgenza comportano
un´incremento di patologie neurologiche che necessitano un intervento riabilitativo intenso e
specifico. In questo contesto tecnologie innovative di supporto alle risorse umane
svolgeranno un ruolo sempre più importante. Il ripristino della capacità deambulatoria è uno
degli obiettivi principali per il recupero dell´autonomia. La terapia robot assistita del
cammino migliora gli outcome della neuroriabilizzazione in termini di efficacia. Combinando
diversi dispostivi robotici in un´unica palestra si riesce ad migliorare ulteriormente
l´efficienza.
Il laboratorio della locomozione rappresenta un nuovo e innovativo metodo di trattamento
simultaneo che è in grado di aumentare l’efficienza del trattamento a senza aumento di
umane impiegate, incrementando l´efficacia degli interventi neuroriabilitativi al cammino e
l´efficienza grazie all’apporto tecnologico fornito dai dispositivi in dotazione alla struttura
sanitaria.
Bibliografia:
Electromechanical-assisited training for walking after stroke. Mehrholz J, Elsner B, Werner C, Kugler
J. Pohl M. Cochrane Database Syst Rev. 2013 Jul 25;7.
Robot-assisted practice of gait and stair climbing in non-ambulatory stroke patients
Hesse S, Tomelleri C, Bardeleben A, Werner C, Waldner A. JRRD; 2012;49(4):613-22
Arm studio to intensify upper limb rehabilitation after stroke: concept, acceptance, utilization and
preliminary clinical results. R. Buschfort, J. Brocke, A. Heß, C. Werner, A. Waldner and S. Hesse. J
Rehabil Med 42, 2010
Materiali e metodi:
Nel laboratorio della locomozione un singolo terapista riesce a seguire
contemporaneamente tre pazienti neurologici su tre diversi dispositivi elettromeccanici e/o
robotici (treadmill con body weight support, Gangtrainer GT 1 e G-EO System) per la
riabilitazione al cammino. Il protocollo di lavoro è definito in termini di sgravio del peso
corporeo e di velocitá del passo in dipendenza del FAC (Functional Ambulation Category).
Per il treadmill viene utilizzato un protocollo aggiuntivo per l´inclinazione, per il G-EO
System un ulteriore protocollo per il trattamento robot-assistito su scale e la modalità attiva
assistita. La durata della terapia (net-treatment time) è di 20 minuti. Inoltre il paziente riceve
due sessioni di fisioterapia al cammino individuale ogni giorno.
Risultati:
Nel laboratorio della locomozione, con l´utilizzo contemporaneo di più dispositivi meccanici
e robotici per la riabilitazione al cammino, gestiti da un solo terapista, si ottiene, oltre al noto
aumento dell’efficacia della terapia, un aumento significativo dell´efficienza in termini di
tempo di trattamento effettuato a risorse umane impiegate. Il consenso dei pazienti per
questo metodo di lavoro è ottimo.
Conclusione:
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89
Abstract Book
COMUNICAZIONI ORALI
SESSIONE 11
“COMUNICAZIONI LIBERE”
Aula C
Sabato 10 Maggio 2014
Ore 10.30-12.30
90
C01 TARATURA ITALIANA DELL'APPLE TEST
S. Rosadoni1, M. Mancuso1, W.L. Bikerton2, D. Capitani1, A. De Tanti3, B. Basagni3, M.
Zampolini4, E. Todeschini4, R. Moretti4, G. Galardi5, S. Prestigiacomo5, M.A. D’Angelo5,
M.Caputo6, S. De Pellegrin7, A. Lazzarini7, A. Cantagallo8, A. Angelini9, B. Bartalini10, M.
Bartolo11, C. Zucchella11, M.C. Carboncini12, M.E. Girò12, P. Gemignani13, S. Spaccavento14,
F. Cellamare14, G.Alla15, G. Antonucci15, P. Zoccolotti15
1 Riabilitazione Neurologica, USL 9 Grosseto (GR)
2 School of Psychology, Neuropsychology, University of Birmingham (UK)
3 Centro Cardinal Ferrari, Fontanellato (PA)
4 Dipartimento di riabilitazione, USL2 Umbria
5 Riabilitazione Fondazione Istituto San Raffaele Giglio, Cefalù (PA)
6 Riabilitazione Auxilium Vitae, Volterra (PI)
7 Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliera Università di Padova
8 BrainCare, Padova
9 IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi, Firenze
10 Dipartimento di Riabilitazione, USL12 Viareggio (LU)
11 IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo NEUROMED, Pozzilli (IS)
12 Neuroriabilitazione, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (PI)
13 Polo riabilitativo Fondazione Don C. Gnocchi , Sarzana (SP)
14 U.O. Neurologia, IRCCS Fondazione Maugeri, Cassano Murge (Ba)
15 Dipartimento di Psicologia, Università Sapienza, Roma
Introduzione
I pazienti con neglect sono incapaci di rispondere a stimoli presentati nello spazio
controlesionale. Tra le cerebrolesioni vascolari, questo disturbo rappresenta una delle più
frequenti cause di disabilità. Il neglect è una sindrome eterogenea che condiziona
fortemente la vita quotidiana dei pazienti e, più in particolare, l’efficacia degli interventi
riabilitativi.
In base al sistema di riferimento spaziale possiamo riconoscere almeno tre differenti forme,
distinte in neglect egocentrico, allocentrico (Ota, 2001) e misto (Rorden, 2012), che si
differenziano sia per gravità sia per prognosi.
Alcuni ricercatori hanno recentemente messo a punto una prova, denominato “Apple Test”,
che consiste nel barrare come stimoli target alcune mele intere (50), ignorando quelle con
un’apertura a sx (50) e quelle con un’apertura a dx (50), utile nel suddividere le tre forme di
neglect (Bickerton, 2011).
Per rendere possibile l’utilizzo di questo strumento anche in Italia, abbiamo realizzato una
taratura del test esaminando un campione di soggetti senza lesioni del SNC di diversa età e
genere.
Materiali e Metodi
Hanno partecipato allo studio 14 centri di ricerca italiani che hanno reclutato 412 soggetti di
entrambi i sessi con età compresa tra 20 e 80 anni, senza attuale o pregressa patologia
neurologica e\o psichiatrica. Sono stati esclusi soggetti con mancinismo, con un punteggio
al MMSE inferiore a 24/30 e con deficit del campo visivo rilevati all’esame clinico. Il
campione è stato stratificato in tre fasce di scolarità (scuola media inferiore, scuola media
superiore e laurea ) e in 8 fasce di età (con ampiezza 10 anni).
Il test è stato somministrato secondo la procedura standard. Sono stati considerati gli errori
di omissione, di commissione e il tempo di esecuzione della prova.
Risultati
Sono stati elaborati i cut-off relativi al 5° percentile per gli errori commissione e quelli di
omissione sia totali che lateralizzati (dx e sx) utili per determinare la prestazione patologica.
Inoltre abbiamo evidenziato che alcune variabili anagrafiche come il genere, l’età e la
scolarità sono ininfluenti sulla performance mentre esiste una correlazione positiva tra età e
tempo di esecuzione della prova.
Conclusioni
La presente taratura dell’Apple test consentirà l’utilizzo dello strumento anche sulla
popolazione italiana, permettendo di effettuare una diagnosi differenziale tra le forme di
neglect (egocentrica, allocentrica e mista), utile per la programmazione di approcci
riabilitativi più specifici.
Bibliografia essenziale
1. Bikerton W.L. et al. (2011) Separating forms of neglect using the Apple Test: validation and functional predicting in chronic and acute stroke.
Neuropsychology 25(5), 567-580
2. Ota H. (2001) Dissociation of body centred and stimulus centred representation in unilateral neglect. Neurology, 57; 2064-2069
3. Rorden C. et al (2012) Allocentric neglect strongly associated with egocentric neglect. Neuropsychologia50, 1151-1157
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91
Abstract Book
C02 EFFICACIA DELLA SOMMINISTRAZIONE PRECOCE DI L-DEPRENYL SUL
RECUPERO COGNITIVO E FUNZIONALE DOPO ICTUS CEREBRALE
M. Bartolo1, C. Zucchella1, A. Capone1, A.M. De Nunzio1, C. Vecchione2,3, G. Sandrini4, F.
Pierelli1,5
1 UOC Neuroriabilitazione, IRCCS NEUROMED, Pozzilli (Isernia), Italia
Introduzione: L’impiego di farmaci stimolanti il Sistema Nervoso Centrale e favorenti il
recupero funzionale è da sempre uno dei settori di interesse in ambito neuro riabilitativo.
Inoltre, diverse evidenze suggeriscono una correlazione tra funzioni cognitive e motorie. Lo
studio si è proposto di verificare l’efficacia della somministrazione precoce di l-deprenyl
(selegilina) sul recupero cognitivo di pazienti post-ictus, ipotizzando un’azione facilitatrice
anche sul recupero funzionale.
Conclusioni: I risultati preliminari sembrano confermare l’ipotesi che l-deprenyl eserciti un
importante effetto sul versante cognitivo, specialmente nei domini relativi a reattività,
attenzione e funzioni esecutive, verosimilmente a causa del suo effetto sull’asse
dopaminergico, notoriamente implicato nell’elaborazione cognitiva. Studi ulteriori, con più
ampie casistiche saranno necessari per confermare questi dati preliminari e valutare
l’eventuale mantenimento di questi miglioramenti nel tempo (il follow-up a 6 mesi è in corso)
e l’effetto sul recupero funzionale.
Materiali e metodi: Criteri di inclusione: Pazienti affetti da ictus acuto (ischemico o
emorragico); primo evento occorso nelle 2 settimane precedenti il ricovero in
neuroriabilitazione; età ? 50 anni; Mini Mental State Examination compreso tra 13 e 23.
Criteri di esclusione: presenza di concomitanti patologie neurologiche e/o psichiatriche;
afasia; neglect; ipersensibilità alla selegilina; patologie cardiache pregresse. I pazienti sono
stati randomicamente assegnati al gruppo di studio (GS) (selegilina compresse da 10
mg/die), o al gruppo di controllo (GC) (placebo in preparazione galenica). I pazienti hanno
ricevuto farmaco o placebo per 2 mesi, assunto una volta al giorno al mattino, 2 ore dopo la
prima colazione, alle ore 10:00. Il disegno ha previsto, oltre alla valutazione (cognitiva e
funzionale) per l’arruolamento, la rivalutazione clinica dopo 2 – 6 settimane e 6 mesi.
Risultati: Sono stati arruolati 26 pazienti di cui 15 nel GS e 11 nel GC. All’ingresso i due
gruppi risultavano omogenei per quanto riguarda le caratteristiche cliniche e demografiche.
L’analisi per misure ripetute ha evidenziato miglioramenti statisticamente significativi nella
maggior parte dei test neuropsicologici a T1 per il GS, con un ulteriore miglioramento a T2.
Le valutazione nel GC evidenziavano una tendenza al miglioramento, statisticamente non
significativa. All’analisi intergruppo, il dominio delle funzioni attentive (Matrici attentive, Trail
Making Test, Digit Span, Stroop test) ha evidenziato la maggiore significatività. In relazione
al recupero funzionale, entrambi i gruppi hanno mostrato un miglioramento statisticamente
significativo rispetto al baseline, senza significative differenze intergruppo.
92
C03 LA RIABILITAZIONE COGNITIVA NELLA MALATTIA DI PARKINSON: NUOVE
APPLICAZIONI DELLE TECNICHE DI NEUROFEEDBACK
V. Lavermicocca; A.R. Dellomonaco; A. Parente; R. Di Fede; M. Megna; C. Andreula; P.P.
Battaglini
Centro Giovanni Paolo II, Putignano (BA) - B.R.A.I.N. Centre for Neuroscience (TS) - Università degli
Studi Aldo Moro di Bari (BA)
Introduzione
La Malattia di Parkinson (MP) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla
deplezione di dopamina a livello striatale.
Studi clinici evidenziano che la prevalente funzione dei gangli della base è correlata al
comportamento motorio. Tuttavia, essi stabiliscono connessioni anatomiche con aree
prefrontali attraverso i circuiti dorsolaterale, orbitofrontale e cingolato anteriore, coinvolti nei
processi esecutivi, nella regolazione del comportamento sociale e nella motivazione.
La bradifrenia è il disturbo cognitivo caratteristico della MP. Si manifesta attraverso perdita
di concentrazione e lentezza nei processi di pensiero, obiettivati dal rallentamento del
segnale EEG.
Attraverso l’applicazione di tecniche di Neurofeedback (NF), modulazione e autoregolazione
EEG-mediata, il paziente impara a modificare la propria attività cerebrale sotto la guida del
terapeuta e del computer. Lo studio è volto ad indagare l’effetto di tali tecniche sulle
performance cognitive di pazienti affetti da MP, in termini di variazioni dei punteggi testistici.
Materiali e Metodi
Sono stati reclutati 20 pazienti affetti da MP idiopatica stadiati secondo la scala di
Hoen&Yahr e preventivamente valutati cognitivamente. Criteri di inclusione: età compresa
tra 45-85 anni, funzioni visive e uditive integre, fase on della terapia farmacologica. Il
campione è stato suddiviso in 2 gruppi di 10 pazienti ciascuno matchati per età, scolarità e
stadio della patologia, sottoposti rispettivamente al protocollo sperimentale (NF training) e al
protocollo tradizionale (training cognitivo convenzionale).
Il percorso riabilitativo ha previsto 18 sedute di terapia cognitiva. Nel NF training, come
interfaccia cervello-computer, si è utilizzata la cuffia MindWave (NeuroSky) con relativo
software per il trattamento.
Attraverso l’analisi della varianza, sono state confrontare le prestazioni cognitive dei due
gruppi al termine del trattamento. Software per i calcoli statistici: SPSS.
Risultati
Al termine del percorso terapeutico, la rivalutazione cognitiva ha evidenziato un significativo
incremento nei punteggi in entrambi i gruppi; il confronto tra le performance cognitive non
ha evidenziato differenze significative tra due gruppi legate alla tipologia di trattamento
effettuato. Tuttavia, il grado di motivazione al trattamento è risultato significativamente
maggiore nel gruppo sperimentale.
Conclusioni
L’applicazione di tecniche di NF per il trattamento cognitivo di pazienti affetti da MP è
apparsa valida al pari dei trattamenti cognitivi convenzionali. L’incremento dei livelli
motivazionali del gruppo sperimentale sembra imputabile alla percezione che il paziente ha
di esercitare un controllo sulle proprie prestazioni cognitive (presupposto del NF training)
aumentando così il senso di autoefficacia.
Essendo il tracciato EEG nettamente rallentato nella MP, lo studio sarà ampliato indagando
le modificazioni EEG eventualmente indotte dalla neuroriabilitazione.
Enriquez-Geppert S. et al. Boosting brain functions: Improving executive functions with behavioral
training, neurostimulation, and neurofeedback. Int J Psychophysiol. 2013 Apr;88(1):1-16. doi:
10.1016/j.ijpsycho.2013.02.001. Epub 2013 Feb 13.
Fumuro T. et al. Bereitschaftspotential augmentation by neuro-feedback training in Parkinson's
disease. Clin Neurophysiol. 2013 Jul;124(7):1398-405. doi: 10.1016/j.clinph.2013.01.026. Epub 2013
Apr 12.
Suppa A. Boosting neural activity in cortical motor areas through neurofeedback in Parkinson's
Disease. Clin Neurophysiol. 2013 Jul;124(7):1262-3. doi: 10.1016/j.clinph.2013.02.013. Epub 2013
Mar 20.
XIV Congresso Nazionale SIRN
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93
Abstract Book
C04 BASI NEUROANATOMICHE DEI DISTURBI ACQUISITI DI LETTO-SCRITTURA
E. Ripamonti1, S. Aggujaro2, F. Molteni2 , G. Zonca3 , M. Frustaci4, C. Luzzatti5
1 Sezione di Statistica, Dipartimento di Economia, Metodi Quantitativi, Strategie di Impresa,
Università degli Studi di Milano-Bicocca
2 Ospedale Riabilitativo Villa Beretta, Costamasnaga, LC
3 Fondazione S.Maugeri, Montescano, PV
4 Azienda Ospedaliera G.Salvini, Passirana, MI
5 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca
Introduzione
Negli ultimi due decenni, i substrati neuroanatomici dei processi di letto-scrittura ed i
correlati anatomici dei modelli a due vie sono stati indagati da molti studi di neuroimaging
funzionale (fMRI). Tuttavia, esiste una certa discrepanza tra i risultati degli studi di
neuroimaging ed evidenza sperimentale proveniente da studi su pazienti cerebrolesi. Ampie
lesioni perisilviane sinistre sono state riportate come il correlato anatomico sia della
dislessia fonologica sia di quella profonda. Per quanto riguarda la dislessia superficiale,
essa è associata ad atrofia/lesioni del lobo temporale. La dislessia lettera per lettera è
associata a lesioni occipitali e temporali inferiori. Il presente studio si propone di investigare
i correlati neuroanatomici dei disturbi di letto-scrittura in un ampio campione di pazienti
cerebrolesi.
corticali sia sottocorticali; la dislessia superficiale è risultata associata a lesioni temporali
posteriori. Infine, la dislessia lettera-per-lettera coinvolge a lesioni inferiori temporali.
Conclusioni
In analogia con la maggior parte degli studi di neuroimaging funzionale, il presente studio
riporta tre principali substrati per quanto riguarda la dislessia fonologica. Nel caso della
dislessia superficiale, i risultati sono convergenti sia con studi fMRI, sia con l’evidenza
proveniente da casi singoli. Nel caso della dislessia lettera per lettera, si è riportato il
classico correlato occipitale e inferiore-temporale. Infine, la dislessia profonda (2 pazienti) è
risultata associata ad ampie lesioni emisferiche sinistre, nel primo caso perisilviane, nel
secondo fronto-parietali.
Riferimenti
Luzzatti, C., Willmes, K., & De Bleser, R. (1996). Aachener Aphasie Test. Firenze: Organizzazioni
Speciali.
Toraldo, A., Cattani, B., Zonca, G., Saletta, P., & Luzzatti, C. (2006). Reading disorders in a language
with shallow orthography: A multiple single-case study in Italian. Aphasiology, 20(9), 823-850.
Materiali e metodi
Abbiamo definito i criteri operazionali per diversi tipi di disturbi della lettura: dislessia
superficiale, dislessia fonologica, dislessia profonda, dislessia indifferenziata e dislessia
lettera-per-lettera. I pazienti sono stati testati con la versione italiana del Aachen Aphasia
Test (Luzzatti et al., 1996), con un compito di lettura di parole e non parole, un compito di
lettura di parole trisillabiche con posizione dell’accento non prevedibile (Toraldo et al., 2006)
e con un compito di scrittura di parole e non parole. Le lesioni (TC / RM) sono state
mappate con il software MRIcron e si è utilizzata sia una metodologia di tipo sottrattivo, sia
la Voxel-based lesion-symptom mapping (VLSM).
Risultati
Estese lesioni fronto-temporo-parietali sono emerse come correlati anatomici della dislessia
profonda; la dislessia fonologica è associata a lesioni fronto-temporali e parietali inferiori, sia
94
C06 LO STUDIO DELL’APATIA NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER
C. Fonte, V. Varalta, A. Maier, A. Magalini, S. Tamburin, E. Muti, R. Bottura, N.Smania, A.
Fiaschi
Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Movimento, Università degli Studi di Verona; Fondazione
Mons. Arrigo Mazzali, Mantova.
INTRODUZIONE
La prevalenza dell’apatia nella demenza di tipo Alzheimer varia tra il 25 e l’88% (Chase,
2011) con una tendenza all’aumento con l’aggravarsi della patologia (Starkstein et al.,
2006). I pazienti apatici con Malattia di Alzheimer manifestano maggiori difficoltà nelle
attività della vita quotidiana, segni extrapiramidali più gravi e una minore capacità di insight
rispetto a pazienti dementi non apatici (Starkstein et al., 2001).
L’obiettivo di questo studio è comprendere le variabili che si manifestano in associazione
con l’apatia in pazienti con Malattia di Alzheimer allo scopo di conoscere meglio questo
disturbo per poter, in un momento successivo, fornire indicazioni sulla gestione dei pazienti
apatici e su eventuali prospettive riabilitative.
riconosciuta più facilmente è la felicità, mentre la paura risulta quella più difficile da
attribuire; sul versante uditivo invece si nota come l’emozione maggiormente riconosciuta
sia la rabbia mentre paura e disgusto le più difficili da riconoscere.
CONCLUSIONE
Dallo studio sembrerebbe emergere che la gravita dell'apatia tenda ad aumentare
all’avanzare dello stadio di demenza. L'apatia inoltre non sembrerebbe dovuta a deficit
cognitivi, bensì a difficoltà nel riconoscimento delle emozioni. Sembrerebbe quindi che la
perdita di motivazione e la scarsa capacità di provare emozioni dipendono in parte dalla
difficoltà nel riconoscere le emozioni stesse. Dallo studio si conferma inoltre che l’apatia si
manifesta anche in assenza di depressione e che questi sono disturbi ben distinti, pur
essendo entrambi molto frequenti nei pazienti con Alzheimer. Infine i risultati hanno
mostrato che all’aumentare del grado di apatia si assiste ad un aumento del grado di stress
da parte del familiare.
MATERIALI E METODI
Sono stati visitati 41 pazienti con diagnosi di Malattia di Alzheimer e Apatia riferita dal
caregiver e dal neurologo. Di questi, 24 sono risultati idonei allo studio. Ogni paziente è
stato successivamente sottoposto ad approfondita valutazione neuropsicologica, durante la
quale sono stati indagati: funzionalità cognitiva globale, comprensione non contestuale di
ordini specifici, comprensione orale di parole e frasi, capacità di riconoscere cinque
emozioni da stimoli visivi (volti umani), capacità di riconoscere emozioni dalla prosodia e i
sintomi depressivi percepiti. Infine è stata somministrata un’intervista semi-strutturata al
familiare con lo scopo di indagare i cambiamenti avvenuti nei pazienti dopo l’esordio della
malattia e come questi reagiscano agli eventi.
RISULTATI
Dall’analisi dei dati si evidenzia una correlazione positiva quasi significativa tra la presenza
di apatia e stadio della demenza. Allo stesso modo è emerso come il grado di apatia correli
positivamente con lo stress del caregiver. Per quanto riguarda il riconoscimento delle
emozioni, i pazienti con Alzheimer sembrano avere maggiori difficoltà nel riconoscimento
delle emozioni sulla base della gravità dell’apatia. Sul versante visivo, l’emozione
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Abstract Book
C07 RIABILITAZIONE COGNITIVA NELLA SCLEROSI MULTIPLA: UN TRATTAMENTO
PERSONALIZZATO INTENSIVO A DOMICILIO TRAMITE UN'APPLICAZIONE PER
TABLET NON COMMERCIALE
L. Pedullà, A. Tacchino, C. Vassallo, L. Bonzano, M.A. Battaglia, M. Bove, G. Brichetto
Università di Genova, Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, Università di Siena
Introduzione: Le persone con sclerosi multipla (SM) soffrono frequentemente di disturbi
cognitivi, con ripercussioni negative sulla vita sociale e professionale. Di grande interesse è
la ricerca di strumenti innovativi per la riabilitazione cognitiva (RC) nella SM, tra cui nuovi
supporti tecnologici che possano offrire assistenza a domicilio, programmi riabilitativi gestiti
autonomamente e trattamenti personalizzati [1, 2]. La memoria è uno dei domini cognitivi
maggiormente colpiti nella SM, e il suo recupero è cruciale nel ripristino delle funzioni
cognitive. È stato dimostrato che nei soggetti sani un allenamento intensivo basato su
esercizi della memoria di lavoro (WME) eseguiti al computer migliori le funzioni cognitive [3].
L' obiettivo dello studio è valutare un programma intensivo di RC basato su WME in persone
con SM, e testare l'utilizzo di un nuovo strumento in grado di somministrare RC
personalizzata a domicilio.
Conclusioni: Un programma di RC basato su WME sembra migliorare le funzioni cognitive
nei pazienti con SM. Uno strumento che permetta un trattamento personalizzato intensivo a
domicilio potrebbe essere cruciale per il recupero della memoria. Ulteriori studi sono
necessari per aumentare il numero del campione e aggiungere un gruppo di controllo per
confrontare il trattamento cognitivo proposto con gli approcci riabilitativi tradizionali.
Bibliografia
O'Brien AR, et al. Arch Phys Med Rehabil. 2008;89(4):761-9.
Cha YJ, et al. NeuroRehabilitation. 2013;32(2):359-68.
Takeuchi H, et al. Neurosci. 2010;30(9):3297-303.
Metodi: Quattro pazienti con SM recidivante-remittente (età media di 48.5 ± 6.24 anni,
EDSS media di 3.0 ± 1.15) sono stati sottoposti a RC a domicilio per 8 settimane, con una
sessione giornaliera di WME di 30 minuti, 5 giorni alla settimana. Per somministrare la RC a
domicilio, è stata sviluppata un'applicazione per dispositivi portatili che imposta
automaticamente la difficoltà del livello degli esercizi alla massima soglia di lavoro del
partecipante, tramite un algoritmo che elabora i risultati delle prove precedenti.
Le funzioni cognitive dei pazienti prima e dopo il trattamento sono state valutate tramite i
seguenti test: Symbol Digit Modalities Test (SDMT), Paced Auditory Serial Additional Test
(PASAT), e Tower of London Test (TLT). L'analisi statistica è stata effettuata tramite t-test
per campioni appaiati.
Risultati: Tutti i 4 pazienti con SM hanno completato il programma riabilitativo. È stata
riscontrata una differenza significativa tra le sessioni di valutazione prima e dopo il
trattamento nel PASAT (t=4.88, p=0.01) e nel TLT (t=3.22, p<0.05). Il punteggio del SDMT è
aumentato dopo il trattamento ma non ha mostrato differenza significativa (t=2.92, p=0.06).
96
POSTER
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97
ABSTRACT BOOK
2
P01 LA PERCEZIONE DEGLI ARTI NELLO SPAZIO: TEST IN COORDINATE
INTRINSECHE ED ESTRINSECHE
R. Iandolo, V. Squeri, D. De Santis, P.Giannoni, P. Morasso, M. Casadio
simmetrica: lo scostamento dalla posizione desiderata è minore(p=0.03), la variabilità nel
tornare in una stessa posizione è ridotta (p=0.002)e la dimensione dello spazio di lavoro
risulta meno distorta (p=0.02). Nei soggetti con esiti da ictus tali risultati sono accentuati.
Università di Genova
Introduzione:
La valutazione della propriocezione è spesso effettuata con un test che richiede di portare
un arto in una posizione simmetrica corrispondente a quella in cui si trova l’altro arto. Con
questo lavoro ci chiediamo se ci siano differenze fra task che richiedono di portare le mani
nella stessa posizione nello spazio di lavoro o di portarle in posizioni specularmente
simmetriche rispetto alla linea mediana del corpo. Se pianifichiamo il movimento degli arti o
se valutiamo la loro posizione con un sistema di coordinate estrinseco, il task con geometria
speculare presenterà una difficoltà aggiuntiva poiché sarà necessario calcolare le
coordinante del target nell’emi-spazio simmetrico. Se consideriamo invece un sistema di
riferimento intrinseco, per portare le mani nella stessa posizione nello spazio di lavoro
dobbiamo calcolare angoli diversi per ciascun arto.
Materiali e Metodi:
Il setup è costituito da un manipolatore robotico planare che porta passivamente l’arto
sinistro in diverse posizioni dello spazio di lavoro ed una telecamera calibrata che monitora
le traiettorie dei marker fissati sulle articolazioni di entrambe le braccia. Al soggetto è
richiesto di muovere la mano destra in modo da far corrispondere la posizione delle due
mani nello spazio. Il task è eseguito in coordinate estrinseche (mani nello stesso punto dello
spazio di lavoro) o intrinseche (mani in posizione specularmente simmetrica rispetto alla
mid-line del corpo). Sono stati reclutati 8 soggetti destrimani senza problemi neuromotori e
due soggetti con emiparesi sinistra da esiti da ictus. Ogni soggetto (bendato) ha eseguito 4
blocchi che consistevano ciascuno di quaranta movimenti di matching: due per il test in
coordinate estrinseche e due in intrinseche. La valutazione della performance si è basata su
tre indicatori: errore di matching, variabilità del raggiungimento di uno stesso target,
distorsione della dimensione dello spazio di lavoro [1].
Risultati:
Le performance nel caso in cui si porti una mano nella stessa posizione dell’altra nello
spazio di lavoro sono migliori di quelle in cui la si porti in posizione specularmente
Conclusioni:
I dati supportano l’ipotesi che i due task conducano a risultati diversi e ci proponiamo di
verificarli su una popolazione più ampia di soggetti, anche con differenti patologie
neuromotorie
1. Dukelow, S.P., et al., Quantitative assesment of limb position sense following stroke.
Neurorehabilitation and Neural Repair, 2012, Vol. 24 no. 2, 178-187.
P02 STIMOLAZIONE TRANSCRANICA A CORRENTE CONTINUA ED AFASIA. GLI
EFFETTI A LUNGO TERMINE
Rosellini S.* – Vestito L.* – Mantero M.* – Butini M.* – Feller S.* – Bandini F.**
Rosellini S.* – Vestito L.* – Mantero M.* – Butini M.* – Feller S.* – Bandini F.**
* Associazione Rinascita Vita, Genova
**S.C. Neurologia Ospedale San Paolo, Savona
Introduzione
Il presente lavoro è mirato ad illustrare un protocollo di stimolazione transcranica a corrente
continua (tDCS) recentemente ideato e applicato su pazienti afasici cronici.
Questo studio pilota ha avuto come obiettivo verificare se gli effetti benefici della tDCS
perdurano nel tempo per un lungo periodo (21 settimane dalla fine della stimolazione), oltre
che confermare l’efficacia del trattamento on-line con stimolazione anodica (A-tDCS) nel
migliorare le prestazioni linguistiche di pazienti afasici cronici.
Materiali e Metodi
Lo studio ha coinvolto tre soggetti afasici cronici post-ictus. Il danno linguistico dei soggetti è
stato valutato alla baseline con test standardizzati (Aachner Aphasie Test e Boston Naming
Test).
Sono state create due liste di quaranta parole ciascuna e sono state studiate le
performance di ogni singolo paziente impegnato ogni giorno a denominarle durante una
stimolazione in sham (S-tDCS) di 20 minuti applicata alla corteccia frontale sinistra in
Abstract Book
regione perilesionale e durante una stimolazione in modalità anodica (A-tDCS) sempre di 20
minuti a 1,5 mA con la stessa localizzazione.
I pazienti sono stati rivalutati dopo un ciclo di trattamento, dopo un secondo ciclo di
trattamento e a distanza di quattro, otto, dodici, sedici e ventuno settimane dalla fine della
stimolazione.
Il test non parametrico McNemar per misure ripetute è stato utilizzato per confrontare le
prestazioni in S-tDCS e A-tDCS per ogni paziente per il periodo di stimolazione. Lo stesso
test è stato utilizzato per confrontare le prestazioni ai follow-up con quelle della baseline.
Risultati
Vengono presentate graficamente le performance di ogni paziente alle quaranta prove di
denominazione in S-tDCS e in A-tDCS. L’ analisi dei dati ha provato un chiaro effetto
benefico della A-tDCS rispetto alla S-tDCS in tutti i soggetti. Per ognuno, il numero di
risposte corrette non è mai sceso fino alla sedicesima settimana e comunque è rimasto
superiore ai valori delle baseline.
Vengono poi illustrati i risultati ai test standardizzati da cui si evince che tutti i pazienti hanno
ottenuto buoni risultati: l’effetto benefico della A-tDCS si è protratto a lungo termine fino alla
dodicesima settimana; i punteggi all’ AAT e al BNT sono rimasti comunque superiori alla
baseline fino alla settimana 21.
Conclusione
Visti i risultati ottenuti, l’assenza di effetti collaterali e la facilità di esecuzione si ritiene che la
A-tDCS debba supportare la riabilitazione tradizionale dell’afasia con uno o più cicli all’anno
a seconda del protrarsi dei suoi effetti benefici.
Bibliografia
• Holland R, Crinion J. Can tDCS enhance treatment of aphasia after stroke? Aphasiology, 2012, 26
(9), 1169–1191.
• Monti A, Ferrucci R, Fumagalli M, Mameli F, Cogiamanian F, Ardolino G, Priori A. Transcranical
direct current stimulation (tdcs) and language. Cognitive neurology, 2013.
• Baker JM, Rorden C, Fridriksson J. Using transcranial direct-current stimulation to treat stroke
patients with aphasia. Stroke 2010;41:1229–36.
P03 DISPOSITIVO ROBOTICO PER FACILITARE L'APPRENDIMENTO DELLA
SCRITTURA CORSIVA
I.Tamagnone, E. Delfino, A. Basteris, V. Sanguineti
Università di Genova, School of Computer Science Hertfordshire
Introduzione
L’uso di dispositivi aptici può facilitare l’apprendimento della scrittura corsiva? Diversi studi
hanno suggerito che l’interazione aptica può giocare un ruolo importante nell’acquisizione di
questa capacità. Uno dei nostri obiettivi è capire se è l’assistenza aptica ad essere
effettivamente benefica, o se invece quello che conta è fornire indicazioni temporali
sull’esecuzione, indipendentemente dalla modalità (visiva o aptica). Per approfondire questo
punto abbiamo sviluppato un sistema robotico, a basso costo e portatile, pensato per
allenare l’abilità della scrittura. Quindi abbiamo messo a punto uno studio che compara gli
effetti di allenamenti basati sulle diverse modalità di assistenza.
Materiali e Metodi
Un piccolo robot – Novint Falcon – è stato usato per registrare le posizioni della mano e
generare forze assistive. Ai soggetti veniva richiesto di riprodurre con la mano non
dominante quattro lettere in scrittura corsiva, ripetutamente. I soggetti sono stati assegnati a
tre gruppi. Nel gruppo visivo (V) i soggetti potevano vedere la traccia di riferimento, in quello
di guida visiva (GV) un target si muoveva lungo il percorso con la stessa tempistica del
riferimento, ed infine in quello di guida visiva e aptica (GVA) in aggiunta alla guida visiva il
robot generava delle forze dirette verso il target in movimento.
Il protocollo sperimentale consisteva in quattro sessioni, svolte in quattro giorni consecutivi.
Ogni giorno i soggetti si sottoponevano ad una fase di allenamento secondo la modalità di
assistenza prevista dal loro gruppo. Prima e dopo l’allenamento venivano testati sulle
stesse lettere, ma senza assistenza. Una valutazione completa comprensiva di sette lettere
e di tre dimensioni del carattere è stata ripetuta all’inizio e alla fine dell’esperimento. Lo
studio, tuttora in corso, prevede il coinvolgimento di un totale di 30 soggetti (10 per gruppo).
Risultati
Abbiamo sviluppato un apparato sperimentale e un’applicazione software che permette di
progettare e gestire protocolli per l’allenamento della scrittura, tramite un’apposita GUI. I
risultati preliminari suggeriscono che tutte e tre le modalità di addestramento migliorano le
abilità di scrittura con la mano non dominante.
Conclusioni
4
La scrittura corsiva è un’abilità indispensabile, sia per i bambini che per gli adulti. Data la
sua importanza è cruciale sviluppare soluzioni tecnologiche che promuovano l’acquisizione
di questa abilità. Il sistema che abbiamo proposto è promettente non solo come dispositivo
riabilitativo per uso ospedaliero o domestico o come un aiuto a scuola per bambini in età
scolare, ma anche come strumento per esplorare i meccanismi che intervengono
nell’apprendimento di abilità sensomotorie complesse.
P04 ORGANIZZAZIONE DELL’ATTIVITÀ AMBULATORIALE PER IL TRATTAMENTO
DELLA SPASTICITÀ
A. Picelli, S. Bargellesi, P. Bortolotti, R. Avesani, M. Bizzarini, A. Boccignone, A. Borghero,
A. Brugnera, P. Castellazzi, G. Crimi, L. Dalla Torre, E. Frasson, F. Galassini, M. Gandolfi,
M. Gasperi, M. Gugelmetto, M. Iannilli, A. Lucangeli, F. Lunghi, A.M. Marangoni
Università di Verona
Introduzione
La gestione ambulatoriale della spasticità necessita di adottare protocolli omogenei e
condivisi al fine di offrire all’assistito il miglior approccio terapeutico possibile, nonché di
favorire lo scambio di informazioni tra clinici. L’obiettivo di tale progetto è stato quello di
formare una rete territoriale di servizi ambulatoriali che potessero condividere lo stesso
protocollo per la valutazione ed il trattamento del paziente con spasticità secondo un
modello organizzativo condiviso.
Materiali e Metodi
Nel febbraio 2013 i clinici di 15 centri neuroriabilitativi si sono riuniti presso l’A.O.U.I. di
Verona per discutere della necessità di rendere omogenea e condivisa la valutazione
ambulatoriale del paziente con spasticità. E’ stato quindi realizzato un protocollo che
potesse essere adottato in via sperimentale da ciascuno dei partecipanti nei mesi
successivi. Nel dicembre 2013 si è svolto un ulteriore incontro fra i referenti al fine di
confrontarsi sulla fruibilità e applicabilità di un tale protocollo valutativo.
Risultati
Nel gennaio 2014 è stato redatto il protocollo definitivo. Esso si articola in una prima
sezione che include i dati anagrafici e anamnestici del paziente e la valutazione della
disabilità attraverso il Modified Barthel Index. Il protocollo prevede inoltre la valutazione
dell’arto superiore mediante l’analisi della sensibilità, la Disability Assessment Scale, gli
items distali del Motricity Index (mano funzionale) ed il Test di Bahkta (mano non
funzionale). La valutazione dell’arto inferiore prevede il 2 Minute Walking Test, il 10 Meter
Walking Test e la Walking Handicap Scale. L’Ashworth Scale è stata proposta per la
quantificazione dell’ipertono muscolare. È prevista la possibilità per il medico di eseguire
filmati in cui il paziente compie movimenti finalizzati con l’arto superiore ed esegue il
10MWT annotando eventuali considerazioni. Il dolore e la qualità di vita sono quantificati
mediante la Face Scale Pain Assessment. Il medico dovrà infine compilare la Goal
Attainment Scale specificando obiettivi del trattamento, risultati attesi dall’operatore e
dall’utente attraverso il trattamento con neurotossina botulinica.
Conclusione
L’adozione di un protocollo condiviso può rappresentare l’opportunità di ottenere uniformità
nella valutazione e nel trattamento ambulatoriale della spasticità a livello territoriale, al fine
di fornire al paziente il miglior approccio terapeutico possibile favorendo lo scambio di
informazioni tra clinici.
Bibliografia
Benini R et al. Update in the treatment of spasticity associated with cerebral palsy. Curr Treat Options
Neurol, 2012
Wissel J et al. European Consensus Table on the use of botulinum toxin type A in adult spasticity. J
Rehabil Med, 2009
Ward et al. A summary of spasticity management-a treatment algorithm, Eur J of Neurology 2002
P05 TRATTAMENTO NEURORIABILITATIVO CON BIOFEEDBACK IN PAZIENTI CON
DISTONIA CERVICALE IDIOPATICA: STUDIO PILOTA
L. Briscese, B. Fontana, L. Bonfiglio, S. Carozzo, A. Virgillito, M.C. Carboncini
Unità Operativa Neuroriabilitazione Universitaria
INTRODUZIONE Il biofeedback visivo (BFBv) è un tipo di esercizio terapeutico che
consente il controllo e l’ottimizzazione del movimento del capo permettendo al paziente (pz)
di venire a conoscenza di un evento fisiologico e di poterlo conseguentemente modificare
grazie alle informazioni sensoriali visive di ritorno all’esercizio proposto dal terapista. Scopo
del presente studio è stato quello di valutare gli effetti di un trattamento cinesiterapico
combinato con BFBv sulla disabilità associata a questa malattia e sul benessere psicofisico
del pz.
Abstract Book
MATERIALI E METODI I partecipanti reclutati (n=3) sono stati sottoposti a valutazione
fisiatrica iniziale (T0), intermedia (T1) e finale (T2) con le scale: TWSTRS (Toronto Western
Spasmodic Torticollis Rating Scale), SF-36, PWBS (Psychological Well-Being Scale) e
HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale); tutti hanno eseguito un totale di 20 sedute
di trattamento della durata di 1 ora ciascuna e a cadenza bisettimanale. Per l’ esecuzione
degli esercizi è stato usato un puntatore laser montato su una fascia elastica posta sul capo
del pz che era seduto davanti ad uno specchio diagrammato.
RISULTATI L’analisi dei risultati in funzione delle valutazioni ai tempi T0, T1 e T2 con le
scale suddette ha fatto registrare nella totalità dei pz un miglioramento evidente ai sub-items
di disabilità e dolore alla TWSTRS (9.67 vs 8.0 e 8.75 vs 3.58 rispettivamente), un
incremento del benessere psicologico alla PWBS (63 vs 68), e alla HADS (8 vs 4) oltre che
dello stato di salute generale al questionario SF-36 (59.4 vs 79.2).
CONCLUSIONI Anche se il campione esaminato in questo studio consente solo
considerazioni preliminari, i risultati ottenuti lasciano sperare che l’impiego del BFBv possa
rappresentare uno strumento valido per la riabilitazione dei pz con distonia cervicale. E’
chiaro infatti come sia possibile ridurre il grado di disabilità, aumentare le prestazioni
funzionali, controllare il dolore e migliorare la qualità di vita. Ulteriori studi saranno necessari
per confermare i suddetti risultati.
Bibliografia
Epstein LH, Blanchard EB. Biofeedback, self-control, and self-management. Biofeedback Self Regul.
1977 Jun;2(2):201-11.
P06 UN NUOVO PROTOCOLLO PER INTEGRARE VALUTAZIONE E TRAINING
ROBOTICO DEI DEFICIT PROPRIOCETTIVI DELL’ARTO SUPERIORE
D.De Santis, J. Zenzeri, V. Squeri, L. Masia, P. Morasso
Istituto Italiano di Tecnologia,Istituto Italiano di Tecnologia,Istituto Italiano di Tecnologia,Nanyang
Technological University,Istituto Italiano di Tecnologia
INTRODUZIONE
L’esito in seguito ad ictus è molto spesso caratterizzato dalla coesistenza di problemi motori
e sensoriali che insieme concorrono a determinare il livello di funzionalità motoria residua
dell’arto superiore. Recenti studi hanno evidenziato come la presenza di deficit propriocettivi
sia un predittore negativo del grado di recupero dell’arto emiplegico sul lungo periodo.
Poiché i metodi clinici di valutazione ad oggi in uso mancano di potenza discriminativa nei
confronti delle caratteristiche propriocettive del danno [1] e non esistono veri e propri
protocolli per la riabilitazione del senso di posizione, presentiamo in questo lavoro una
nuovo protocollo di valutazione quantitativa e training cinestetico per l’arto superiore
prossimale basato sull’utilizzo di una interfaccia robotica a ritorno di forza.
MATERIALI E METODI
L’obiettivo è fornire una misura spaziale dell’acuità cinestetica del braccio basata su misure
di Active Contribution (AC index [2]), in diverse direzioni sul piano frontale durante un
esercizio di reaching ad occhi chiusi guidato da un’assistenza in forza pulsata nel tempo e
fornita da un robot planare. Il soggetto, con il braccio supportato contro la gravità e vincolato
al robot, deve raggiungere più volte a partire da una stessa posizione 5 target disposti a
22.5° su un cerchio sfruttando il feedback aptico. Il sistema è in grado di adattare
automaticamente nel tempo l’intensità della forza guida sulla base del AC index nelle
diverse direzioni fino a raggiungere e mantenere nel tempo una performance target.
RISULTATI
Un test preliminare ha dimostrato che il sistema è in grado di identificare in modo affidabile
la minima forza da fornire al soggetto per raggiungere la performance target già dopo 10
movimenti lungo una stessa direzione. I valori trovati sono fortemente dipendenti dalla
direzione della forza e indicano che l’acuità cinestetica nel sano è dipendente dalla
configurazione del braccio. In particolare, l’accuratezza nel è maggiore lungo le direzioni
allineate con l’asse dell’avambraccio, ed è minima per direzioni ortogonali ad esso. Inoltre, i
valori di soglia sono apparsi sensibili a variazioni di acuità a seguito di adattamento
all’esercizio o affaticamento del soggetto.
CONCLUSIONI
Poichè il protocollo in soggetti sani si è dimostrato sensibile alle variazioni di acuità
cinestetica dipendenti sia da caratteristiche fisiologiche che strutturali, riteniamo possa
essere utilizzato con successo per caratterizzare e quindi allenare in modo mirato il senso di
posizione in pazienti neurologici con deficit sensorimotorio adattando il livello di assistenza
in favore di una riabilitazione della propriocezione progressiva e integrata al training
motorio.
REFERENCES
[1] S. P. Dukelow, T. M. Herter, K. D. Moore, M. J. Demers, J. I. Glasgow, S. D. Bagg, K. E. Norman,
and S. H. Scott, “Quantitative assessment of limb position sense following stroke.,” Neurorehabil.
Neural Repair, vol. 24, no. 2, pp. 178–87, Feb. 2010.
6
[2] D. De Santis, J. Zenzeri, M. Casadio, L. Masia, P. G. Morasso, and V. Squeri, “A new method for
evaluating kinesthetic acuity during haptic interaction,” Robotica, vol. in press, 2014.
P07 PROPOSTA DI UN MODELLO DI VALUTAZIONE VIDEOPOLIGRAFICA DEI
PATTERNS MUSCOLARI PATOLOGICI NEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO
INDIVIDUALIZZATO DEL PAZIENTE AFFETTO DA GRAVE CEREBROLESIONE
ACQUISITA (GCLA)
M. Falso, F. Lazzaroni, P. Bettini, A. Malvicini
UO di Riabilitazione Neurologica - Istituto Clinico Città di Brescia
Obiettivo: codificare un possibile modello di valutazione videopoligrafica dinamica dei
prinicipali patterns muscolari patologici del paziente affetto da GCLA, valutandone misure di
outcome clinico-funzionali e potenzialità predittive della efficacia del trattamento riabilitativo
proposto.
Materiale e metodi: 8 pazienti affetti da grave cerebrolesione acquisita (5 donne e 3 maschi,
con età media di 54aa) e ricoverati presso la nostra UO di Riabilitazione Neurologica
durante il mese di giugno 2013 sono stati reclutati nello studio. In linea con i criteri di
inclusione (GCS ? 12, LCF ? 3, DRS ? 17 e ? 21), i pazienti sono stati sottoposti al tempo
T0 (prima del trattamento riabilitativo) ed al tempo T1-T2-T3-T4-T5 (1 ora, 15gg, 30gg, 45gg
e 60gg dopo il trattamento riabilitativo), ad una valutazione clinica (pROM arti superiori ed
inferiori; spasticità mediante scala MAS; forza muscolare mediante MRC), ad una
delineazione dell’impairment funzionale (GCS, LCF, DRS) ed ad una valutazione
videopoligrafica di superficie del pattern di attivazione muscolare agonisti/antagonisti in 4
condizioni di studio (a riposo a letto, durante la mobilizzazione passiva ed attiva dei 4 arti,
durante la evocazione del riflesso di Babinski). I pazienti sono stati sottoposti ad un
trattamento riabilitativo individualizzato durante il periodo osservazionale, per 6gg alla
settimana, per 2 ore a sessione riabilitativa giornaliera, mediante esercizi di mobilizzazione
passiva degli arti, esercizi di stimolazione neurodinamica dei 4 arti ed esercizi di controllo ed
ottimizzazione dell’assetto posturale globale.
Risultati: il follow-up clinico (T1, T2, T3, T4, T5) post-riabilitativo evidenziava un incremento
del pROM agli AASS ed un suo decremento agli AAII, un andamento variabile ed irregolare
polisegmentale del grado di spasticità segnalabile mediante scala MAS, un incremento del
grado di reclutamento muscolare attivo a livello di emisoma dx. La valutazione SEMG
evidenziava in tutti i pazienti indagati uno stato di coattivazione fasica , con un livello di
muscle overactivity di fondo, degli agonisti/antagonisti dei 4 arti derivati durante la
condizione di riposo procedendo dal tempo T0 al tempo T5; in 4 pazienti su 8 si segnalava
un pattern di cocontrazione dinamica prossimo-distale degli agonisti/antagonisti durante la
mobilizzazione attiva degli arti; l’assenza di segnala SEMG nella mobilizzazione attiva degli
arti nei rimanenti pazienti reclutati, un pattern irregolare di coattivazione tonica
agonisti/antagonisti durante la mobilizzazione passiva degli arti in tutti i pazienti indagati ed
un pattern insignificante di attivazione SEMG durante la evocazione del riflesso di Babinski.
Conclusioni: il protocollo riabilitativo proposto ha condotto ad un andamento non lineare nel
tempo della sua efficacia terapeutica in tutti i pazienti reclutati. L’uso della SEMG ci ha
permesso di codificare un cluster di patologici pattern di attivazione muscolare
agonisti/antagonisti in un gruppo selezionato di pazienti affetti da GCLA. La videopoligrafia
dinamica si pone come un utile strumento di supporto clinico nella descrizione di anomali
pattern di attivazione muscolare ma non evidenzia potenzialità predittive in termini di
outcome funzionale in una coorte di pazienti affetti da GCLA e sottoposti ad un codificato
protocollo di trattamento riabilitativo individualizzato.
P08 PROPOSTA DI PROTOCOLLO PER LA VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA DEL
TRATTAMENTO CON TOSSINA BOTULINICA NELLE DISTONIE SECONDARIE
A. Lopopolo, L. Mastromauro, E. Romanelli, V. Palmisano, R. Marvulli, R. D'argento, P.
Fiore, G. Ianieri
Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" - Policlinico di Bari
Introduzione: i movimenti distonici caratterizzati da una contrazione involontaria e
afinalistica di alcuni gruppi muscolari, condizionano il mantenimento di una corretta postura,
l’armonia deambulatoria, l'esecuzione dei movimenti finalizzati all'azione. L'obiettivo del
nostro studio è stato monitorare le modificazioni dell'attività muscolare spontanea mediante
l’analisi elettromiografia, l’esame baropodometrico e stabilometrico e la miometria durante il
percorso di cura.
Materiali e metodi: gruppo di 20 pazienti di età media compresa tra 15 e 50 anni con
diagnosi di distonia secondaria ad ictus cerebri in trattamento con tossina botulinica
Incobotulinum toxin A (Xeomin®). Al reclutamento (t0) e nei successivi controlli (t1:15 gg,
t2:30gg) i pazienti sono stati sottoposti a valutazione funzionale, esame baropodometrico e
stabilometria, misurazione miometrica del tono muscolare e valutazione dell'attività
muscolare spontanea mediante utilizzo di elettrodo ad ago concentrico a livello dei muscoli
Abstract Book
infiltrati (estensore comune delle dita ECD 100U, bicipite brachiale BB 100U) e analisi
quantitativa del rapporto turn/amplitude.
Risultati: il confronto dei dati ottenuti ai diversi tempi di osservazione mostra una riduzione
dei pattern di attivazione spontanea nei muscoli esaminati e dell'IPA oltre ad una riduzione
del tono dei muscoli trattati con tossina con conseguente miglioramento della stabilità e
della distribuzione dei carichi, rilevato mediante l'analisi dei carichi statici e dinamici e della
superficie dell'ellisse (Romberg Area) nell'ambito della valutazione stabilometrica.
Conclusioni: l'analisi elettromiografica, miometrica e stabilometrica fornisce valori oggettivi
che consentono un corretto monitoraggio dell'efficacia della tossina botulinica nel
trattamento della distonia, permette inoltre la personalizzazione del trattamento con
ripercussioni positive sulla QoL dei pazienti.
Bibliografia:
- Review EMG-interference pattern analysis Josef Finsterer, MD * Ludwig Boltzmann Institute for
Research in Neuromuscular Disorders, Postfach 348, 1180 Vienna, Austria. Journal of
Electromyography and Kinesiology 11 (2001) 231–246www.elsevier.com/locate/jelekin;
- Multichannel Electromyographic Mapping to Optimize OnabotulinumtoxinA Efficacy in Cervical
Dystonia
Camilla Kilbane, Jill Ostrem, Nicholas Galifianakis, Jamie Grace, Leslie Markun & Graham A. Glass
Department of Neurology, University of California, San Francisco, San Francisco, California, United
States of America., 2 Parkinson’s Disease Research, Education, and Clinical Center, San Francisco
Veterans Affairs Medical Center, San Francisco, United States of America.
P09 SERIOUS GAMES PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI DISTURBI COGNITIVI
C. Zucchella1, E. Sinforiani1, C. Tassorelli2,3, E. Cavallin3, D. Tost-Pardell4, S. Grau4, S.
Pazzi5, S. Puricell5, S. Bernini1, C. Bottiroli6, T. Vecchi3,7, G. Sandrini Giorgio2,3
1Laboratorio di Neuropsicologia/Unità Valutazione Alzheimer, IRCCS Istituto Neurologico Nazionale
Fondazione C. Mondino, Pavia, Italia
divertimento, che recentemente sono stati proposti anche in campo medico; rappresentano
strumenti nuovi, potenzialmente efficaci nella gestione e trattamento dei disturbi cognitivi
negli anziani.
Materiali e metodi: Un team multidisciplinare composto da neurologi, psicologi,
neuropsicologi, ingegneri biomedici, designer e sviluppatori di giochi ha collaborato alla
definizione dei requisiti clinici e tecnici del sistema ed alla loro realizzazione, utilizzando la
metodologia AGILE che ha previsto un ciclo continuo di verifiche della corretta
implementazione delle specifiche funzionali.
Risultati: La piattaforma 3D consiste in un ambiente domestico formato da cucina, salotto e
camera da letto, in cui i soggetti sono chiamati a svolgere compiti strettamente legati alle
attività quotidiane. Sono stati sviluppati 5 SG al fine di valutare diverse funzioni cognitive:
funzioni esecutive (ragionamento e pianificazione), attenzione (selettiva e divisa), memoria
(a breve e lungo termine, prospettica), orientamento visuo-spaziale. I soggetti navigano ed
interagiscono con l’ambiente attraverso un monitor touch-screen; l'applicazione si basa su
un paradigma in prima persona quindi non c'è nessun avatar 3D che simula l’utente. La
posizione virtuale dell'utente all'interno dell'ambiente è associata ad una telecamera e il
modello di navigazione consente di muoversi ad un'altezza costante sopra il piano del
pavimento e ruotare la telecamera (testa) entro una gamma limitata di angoli. Il punteggio
ottenuto ai SG è un indice composito, derivato da diversi parametri che includono numero di
risposte corrette, numero di errori, omissioni e tentativi, tempo e distanza percorsa.
Conclusioni: Una volta validata, questa piattaforma 3D costituirà un potente strumento di
screening per la diagnosi precoce dei deficit cognitivi su larga scala, con diversi vantaggi
rispetto agli strumenti di screening tradizionali. L'adozione dei SG in realtà virtuale, infatti,
oltre ad essere più divertente e motivante per i soggetti, permetterà di testare le funzioni
cognitive con compiti che simulano le attività quotidiane, aumentando la "validità ecologica"
della valutazione.
Introduzione: La valutazione cognitiva tradizionale, basata sulla somministrazione di test
neuropsicologici carta e penna, è dispendiosa in termini di tempo e richiede un’elevata
professionalità. La possibilità di creare strumenti che sfruttino le tecnologie dell'informazione
e della comunicazione potrebbe consentire lo sviluppo di strumenti facili da usare, in grado
di ridurre l'elaborazione dei dati e di fornire condizioni di prova ripetibili e controllate. I
Serious Games (SG) sono giochi a computer progettati con finalità differenti dal puro
8
P10 ESERCIZI ROBOT ASSISTITI PER IL RECUPERO FUNZIONALE DEL POLSO DI UN
SOGGETTO IN FASE SUB-ACUTA POST ICTUS
F. Marini, V. Squeri, A. Cuppone, A.Riva, P.Giannoni, L. Doglio, P. Moretti, P. Morasso, L.
Masia
Considerando le performance del soggetto nel corso delle sedute di robot terapia a cui si è
sottoposto, si è notato un incremento della qualità e, anche del range di movimento e una
riduzione del livello di assistenza necessario per compiere il task richiesto.
Istituto italiano di tecnologia Genova, Ospedale Gaslini medicina fisica e riabilitazione Genova,
SI4LIFE – Innovation hub for elderly and disabled people Genova, School of MAE Nanyang
Technological University Singapore
Conclusioni
La terapia robotica è un valido strumento nelle mani del terapista e può risultare efficace
anche in applicazioni a breve termine. È inoltre possibile adattare i protocolli alle singole
necessità dei pazienti aumentando così le potenzialità della regolare terapia fisica.
Il soggetto ha tratto benefici dalla terapia robotica e ci si ripropone di continuare a seguirlo
nonché estendere la robot terapia anche ad altri soggetti.
Introduzione
L'utilizzo di dispositivi robotici ha assunto un ruolo importante nella riabilitazione
neuromotoria dell'ultimo decennio, proponendosi come valido complemento alla
riabilitazione tradizionale.
Le ultime ricerche nel campo della riabilitazione neuromotoria hanno dimostrato come
l’utilizzo di sistemi robotici consenta di effettuare un addestramento sicuro ed intensivo
nonché appropriato a ciascun livello di abilità motorie residue. Tali ricerche hanno
evidenziato che l’inserimento di robot nella terapia riabilitativa può migliorare in maniera
significativa gli esiti della terapia stessa ed anche permetterne una valutazione oggettiva.
Tramite il robot, inoltre, il paziente può ricevere molteplici input sensorimotori e cognitivi,
ovvero stimoli propriocettivi, stimoli visivi e spinte motivazionali.
L’obiettivo principale di questo studio è lo sviluppo di un protocollo terapeutico efficace,
rivolto a migliorare la funzionalità e la mobilità dell'arto superiore emiparetico (in particolare
del giunto distale) di un giovane soggetto di anni 15 in fase sub-acuta post ictus.
Materiali e metodi
Per questo studio è stato utilizzato wristbot, un’interfaccia aptica progettata per la
neuroriabilitazione del polso, sul quale è stato implementato uno schema di controllo
caratterizzato da un’assistenza modulata in base al movimento dell’end effector individuato
dal dispositivo. Il robot accompagna, ed eventualmente completa, il movimento eseguito dal
paziente in base alle sue capacità motorie residue (strategia di controllo “assisted-asneeded”), in modo da promuovere il recupero e stimolare l’apprendimento della corretta
coordinazione motoria tra flesso-estensione e abduzione-adduzione del polso durante
l’esecuzione di un esercizio di reaching.
Risultati
P11 INCIDENZA DELLE GRAVI COMPLICANZE SECONDARIE NELLA FASE CRONICA
DI PERSONE IN STATO VEGETATIVO E STATO DI MINIMA COSCIENZA.
L. Simoncini, O. Cameli, A. Bonamartini, R. Formisano, J. Navarro, G. Righetti, A.
Sant’Angelo, R. Piperno e il gruppo VeSta
Azienda USL Bologna
INTRODUZIONE:
Nelle gravi cerebrolesioni acquisite di origine traumatica e non, l’ipertonia severa con profilo
distonico è presente in un alta percentuale di casi. Lo studio osservazione degli stati
vegetativi condotto a livello italiano (progetto VeSta) che ha visto la partecipazione a livello
italiano di 20 unità operative, ha permesso di portare alla luce il problema e le complicanze
ad esso correlate.
MATERIALI E METODI:
Sono stati analizzati i dati relativi a 327 pazienti inseriti nel registro VeSta con diagnosi di
SV e MCS. Le complicanze analizzate erano relative al sistema motorio, cutaneo e
osteoscheletrico: la presenza di disturbo distonico/ spastico, la presenza di lesioni da
decubito e l’anchilosi delle anche. L’età media dei pazienti era di 54 anni. Il 23% presentava
un’eziologia traumatica, il 68% un’eziologia non traumatica mentre il 6% era
un’associazione delle due.
RISULTATI
Il disturbo distonico/spastico è risultato essere presente in 211 pazienti con diagnosi SV e
MCS; in particolare, nel 54% dei pazienti con diagnosi di trauma cranico e nel 53% dei
pazienti ad eziologia emorragica, anossica ed ischemica. Parallelamente al dato della
Abstract Book
distonia è stato osservato un andamento lineare della presenza dell’anchilosi delle anche (
con percentuali pari al 31% e 32% nei due gruppi). La presenza di lesioni da decubito è
stata descritta nel 26% dei pazienti con età superiore a 40 anni. Il dato relativo all’anchilosi
delle anche è correlato alla distanza dall’evento: è presente un aumento progressivo della
percentuale fino al 45% nei pazienti ad una distanza di 2 anni dall’evento acuto. Un risultato
interessante è rappresentato dal fatto che la presenza di lesioni da decubito risulta essere
minore nei pazienti che sono a domicilio: 6 pazienti su 45 (13%) rispetto a 66 su 257 (
pazienti ricoverati presso strutture riabilitative e lungodegenze e socio assistenziali).
CONCLUSIONE
La distonia spastica severa rappresenta un disturbo motorio delle gravi cerebrolesioni
acquisite che condiziona la presentazioni di altre complicanze quali la presenza di lesioni da
decubito e anchilosi delle anche. A sua volta può essere correlata all’alta percentuale di
pazienti con presenza di ventricolomegalia non trattata.
BIBLIOGRAFIA:
Characteristics of dystonic movements in primary and symptomatic dystonias
M Svetel, N Ivanovic ?, J Marinkovic ?, J Jovic ?, N Dragas?evic ?, V S Kostic ?.
J Neurol Neurosurg Psychiatry 2004;75:329–330. doi: 10.1136/jnnp.2003.017632
P12 DISEGNO PRELIMINARE DI UN PROTOCOLLO DI STUDIO PER VERIFICARE
L’EFFICACIA DELL' APPLICAZIONE ANDROID UCSI (CLINICAL SCALE
INSTRUMENTATION) PER MISURARE IL CONTROLLO DEL TRONCO NELLA
PERSONA CON LESIONE MIDOLLARE
F. Bettini, P. Paglierani, V. D'Alleva, L. Chiari, C. Taccone, S. Mellone, F. Guerra, S. Cugusi,
J. Bonavita
Montecatone Rehabilitation Institute
Obiettivi: Lo scopo di questo lavoro è quello di presentare un protocollo di studio per
verificare l’efficacia di un sistema di valutazione strumentale basato su sensoristica inerziale
indossabile per misurare il controllo del tronco nella persona con lesione midollare. I sensori
indossabili integrano un accelerometro, un giroscopio ed un magnetometro triassiali. I
segnali vengono acquisiti tramite una connessione Bluetooth ed elaborati da uno
smartphone tramite un’applicazione Android chiamata uCSI (Clinical Scale Instrument).
Materiali e metodi: Si tratta di uno studio sperimentale interventistico prospettico con gruppo
di controllo.
Nei prossimi 12 mesi verranno analizzati i dati relativi a pazienti affetti da mielolesione ad
eziologia traumatica e non, paraplegici ASIA A e B, ), di età compresa tra 18 e 65 anni,
ricoverati in fase acuta presso l’Unità Spinale di Montecatone ad Imola (BO).
I pazienti inclusi nello studio verranno suddivisi in tre gruppi in base al livello neurologico
D1- D6 (primo gruppo), D7-D10 (secondo gruppo), D11-L1 (terzo gruppo).
Le valutazioni necessarie verranno effettuate sui pazienti in prima istanza, a distanza di 15
giorni dall’inizio del ricondizionamento alla posizione seduta nel paziente libero da ortesi e,
successivamente, alla dimissione. Il confronto dei dati sarà effettuato mediante analisi della
varianza standard.
Per lo studio dei parametri cinematici i sensori inerziali vengono posizionati in
corrispondenza di C7 e L4. Il sistema analizza l’equilibrio statico in posizione seduta,
l’equilibrio in condizioni dinamiche andando a variare la posizione degli arti superiori nello
spazio e le dinamiche di raddrizzamento, secondo un protocollo prestabilito.
Per ciascun gruppo di pazienti, verranno contemporaneamente rilevati i valori dell’outcome
SCIM relativi alla parte mobilità.
Risultati: L’ipotesi è che il sistema di valutazione strumentale applicato sia in grado di
apprezzare e oggettivare i miglioramenti nel controllo del tronco nel paziente mieloleso
durante il percorso riabilitativo, osservando il trend delle variabili cinematiche misurate da
uCSI rispetto ai valori rilevati in una popolazione di soggetti di controllo, in associazione con
l’ evoluzione progressiva dei valori di outcome SCIM relativi alla parte mobilità verso i valori
attesi per il relativo livello lesionale.
Conclusioni: Risultati preliminari confermano la capacità del sistema strumentale di misurare
le variabili cinematiche di interesse. L'utilizzo della strumentazione con sensori indossati e
smartphone risulta essere estremamente pratica e veloce.
Per poter procedere ad una validazione dello strumento stesso nel misurare il controllo del
tronco nel mieloleso, sarà successivamente utile verificare la consistenza e la coerenza
delle dinamiche dei parametri rispetto alla valutazione clinica.
Bibliografia:
1. E. Aidinoff et al, “ Expected spinal cord indipendence measure, third version, scores for various neurological
levels after complete spinal cord lesions”. Spinal Cord (2011) 49, 893-896.
2. Suzanne M Lynch et al “Reliability of measurements obtain with a modified functional reach test in subjects
with spinal cord injury” Pyhsical Therapy . Volume 78. Number 2. February 1998
10
3. Stephen Sprigle et al “ Developement of valid and reliable measures of postural stability” The Journal of Spinal
Cord Medicine Volume 30 Number 1, 2007.
P14 MISURARE LA PERCEZIONE DELLE ABILITA' COMUNICATIVE NELLA SCLEROSI
MULTIPLA: UNO STUDIO SU 40 PAZIENTI E 40 CAREGIVER
F. De Biagi, I. Battel, M. Garzon, F. Meneghello
I.R.C.C.S. Fondazione Ospedale San Camillo
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni in letteratura sono stati descritti deficit comunicativi in associazione a
Sclerosi Multipla (SM). Tali difficoltà, che si riscontrano già nelle fasi iniziali di malattia,
possono manifestarsi a vari livelli quali ad esempio nell’articolazione verbale, nell’accesso
lessicale, nella fluenza, nelle abilità narrative e nella comprensione del testo (Murdoch BE &
Theodoros D, 2000). Tuttavia non risultano ancora chiare le correlazioni tra deficit
comunicativi e deficit cognitivi nei pazienti con SM. Obbiettivo di questo studio è fornire una
misura delle abilità comunicative percepite dai pazienti stessi.
MATERIALI E METODI
Il La Trobe Communication Questionnaire (LCQ; Douglas et al, 2000) è un questionario,
nato per la valutazione di pazienti con trauma cranico, che prevede la somministrazione
tramite intervista di 30 domande le cui risposte seguono una scala Lickert a 4 punti
(1=mai/raramente; 4=sempre). LCQ è stato tradotto in italiano e somministrato a 40 pazienti
SM ricoverati presso la Fondazione Ospedale San Camillo IRCCS di Venezia e a 40 loro
caregiver. Tutti i pazienti sono stati sottoposti anche a valutazione neuropsicologica.
Mediante un’analisi con T di Student, i punteggi delle risposte dei pazienti e dei loro
caregiver sono stati confrontati sia nel totale che separatamente per i 30 items e per le 5
aree nel quale è suddiviso LCQ (quantità/qualità/modo/relazione/cognitivo).
RISULTATI
La durata dell’intervista è stata inferiore ai 20 minuti. Le medie dei punteggi totali dei
pazienti (Mp =39,3) e dei famigliari (Mf= 46,4) sono relativamente basse, indicative di lievi
disfunzioni comunicative. Tuttavia, nel confronto fra Mp e Mf, è emersa una differenza
significativa (p<0,001). Anche ad un’analisi più approfondita, è stata evidenziata una
differenza significativa in 13 items su 30 e in tutte le 5 aree. Tali dati rilevano che i pazienti
generalmente tendono a sovrastimare la loro efficacia comunicativa.
CONCLUSIONE
Ulteriori dati sono necessari per definire l’entità e le caratteristiche di questi disturbi. Tuttavia
il LCQ, benchè ancora non validato in italiano, potrebbe essere uno strumento agevole e
sensibile nell’evidenziare aree critiche di disfunzione comunicativa. Ciò al fine di individuare
appropriati obbiettivi di trattamento, in un’ottica globale di condivisione e collaborazione con
il paziente e i caregiver.
BIBLIOGRAFIA
1.Murdoch, BE & Theodoros D (2000). Speech and Language disorders in Multiple Sclerosis.
London. Whurr Publishers.
2.Douglas JM, O’ Flaherty, C, Swop, PC. (2000). Measuring perception of communicative ability: the
development and evaluation of the La Trobe Communication Questionnaire. Aphasiology; 14(3): 251268
3.Douglas, JM, Bracy, CA, Snow, PC. (2007). Measuring perceived communicative ability after
Traumatic Brain Injury: Reliability and validity of the La Trobe Communication Questionnaire. J Head
Trauma Rehabil; 22(1): 31-38
P15 VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DEL TRAINING DEL CAMMINO ROBOTIZZATO
IN UN PAZIENTE AFFETTO DA ESITI DI SOSPETTA POLINEURITE DEMIELINIZZANTE
E RADICOLOPATIA CERVICALE E LOMBOSACRALE: CASE REPORT
G. Cristella, S. De Trane, V. Palmisano, E. Romanelli, V. Licomati, P. Dicillo, G. Lelli, S.
Mennuni, G. Ianieri, S. Damiani, M. Megna, P. Fiore, A.P. Amico
Policlinico di Bari, U.O. Medicina Fisica e Riabilitazione e U.S.U.
Introduzione
Scopo del presente studio è quello di descrivere l’efficacia del trattamento con training del
cammino robotizzato (Reoambulator®) in un paziente di 49 anni, affetto da paresi brachiocrurale sinistra, a maggiore espressione a livello dell’arto inferiore, esito di sospetta
polineurite demielinizzante esordita da circa 18 mesi al momento della nostra prima
valutazione, nel contesto di una radicolopatia cervicale e lombosacrale. Ad oggi il paziente
deambula con ausilio di un bastone canadese, con base lievemente allargata, con
baricentro fortemente spostato verso destra, con andatura falciante a sinistra. L’obiettività
mostra lieve paresi dell’arto superiore sinistro, paresi più grave dell’arto inferiore
omolaterale, prevalentemente distale, associata a ipoestesia dello stesso emilato.
• Materiali e Metodi
Abstract Book
Sono state effettuate valutazioni strumentali della postura e del cammino prima e dopo il
ciclo di training del cammino robotizzato effettuando esame baropodometrico statico e
dinamico e gait analysis. Sono state inoltre somministrate le seguenti scale di valutazione:
Medical Research Council Scale(M.R.C.) per la forza segmentaria, Functional Ambulation
Categories (F.A.C.) e Walking Handicap Scale (W.H.S.) per l’autonomia funzionale del
cammino, Scala di Tinetti (S.T.) per equilibrio ed andatura, Ashworth Scale (A.S.) per
l’ipertono spastico e Barthel Index (B.I.) per l’autonomia nelle attività della vita quotidiana.
Il ciclo di training del cammino robotizzato si è svolto in 20 sedute, di durata
progressivamente maggiore, fino a 45 minuti ciascuna, distribuite in 2 o 3 sedute
settimanali.
• Risultati
Prima dell’avvio del trattamento il paziente presentava per l’arto inferiore sinistro quanto
segue. Flesso-estensione di anca e ginocchio ed estensione di alluce M.R.C. = 3/5, flessoestensione di tibio-tarsica M.R.C. = 2/5. FAC = 1/5. WHS = 3/6. S.T. equilibio = 5/16, ST
andatura = 5/16, ST totale = 10/32. A.S.= 1/5 in flesso-estensione di anca e ginocchio, A.S.
=0/5 per i restanti distretti. B.I. = 65/100.
• Conclusioni
Il trattamento è tuttora in corso. I risultati che emergono da una valutazione intermedia
appaiono promettenti in termini di tonotrofismo muscolare, assetto posturale statico e
dinamico e motivazione del paziente.
Bibliografia
Geroin C, Mazzoleni S, Smania N, Gandolfi M, Bonaiuti D, Gasperini G, Sale P, Munari D, Waldner
A, Spidalieri R, Bovolenta F, Picelli A, Posteraro F, Molteni F, Franceschini M; Italian Robotic
Neurorehabilitation Research Group. Systematic review of outcome measures of walking training
using electromechanical and robotic devices in patients with stroke. J Rehabil Med. 2013
Nov;45(10):987-96. Doi: 10.2340/16501977-1234.
Esquenazi A, Packel A. Robotic-assisted gait training and restoration. Am J Phys Med Rehabil. 2012
Nov;91(11 Suppl 3):S217-27; quiz S228-31. doi: 10.1097/PHM.0b013e31826bce18.
Schwartz I, Sajina A, Neeb M, Fisher I, Katz-Luerer M, Meiner Z.Locomotor training using a robotic
device in patients with subacute spinal cord injury. Spinal Cord. 2011 Oct;49(10):1062-7. doi:
10.1038/sc.2011.59. Epub 2011 May 31.
P16 FOLLOW UP REINSERIMENTO LAVORATIVO DOPO GRAVE CEREBROLESIONE
ACQUISITA INDAGINE SU 119 GCA
C. Maggio , G. Panizza , S. Feller
Progettazione Cooperativa Sociale
Introduzione
Le persone con gravi cerebrolesioni acquisite (GCA) presentano menomazioni complesse
ed eterogenee con disabilità motoria e cognitiva comportamentale con implicazioni per la
vita sociale ostacolanti il reinserimento lavorativo.
Abbiamo quindi pensato ad un modello di intervento che potesse arginare l’esclusione
sociale e lavorativa riservata ad alcuni soggetti GCA (1) .
Materiale Metodi
Si tratta di 119 casi GCA, di età media di 35 aa, indagati per i fattori predittivi ed in base agli
indicatori di successo nel reinserimento lavorativo ;i primi riguardano caratteristiche pretrauma rilevanti e elementi post-trauma precoci; i secondi valutano le sequela persistenti
dalle reazioni post- traumatiche ai fattori ambientali collegati all’attuale condizione
lavorativa.
Successivamente l’équipe che progetta e realizza le azioni di accompagnamento al lavoro
formata da psicologo, assistente sociale, esperto di organizzazione aziendale, educatore,
tutor ha provveduto all’inserimento lavorativo utilizzando un modello concettuale basato su
fattori metacognitivi, emotivi e dell’ambiente sociale per migliorare gli esiti lavorativi.
Con questionario telefonico è stato verificato l’esito occupazionale; un lavoro a tempo pieno
pagato è considerato un importante fattore di successo, ma per alcuni l’obiettivo della
riabilitazione occupazionale è la possibilità di esperire un percorso positivo stabile
temporalmente, piuttosto che raggiungere un obiettivo del momento: “il processo è più
importante dell’obiettivo (2).
Risultati – Relativi a Persone con inserimento lavorativo stabile
Gruppo di riferimento: 49 casi - Maschi 37 - Femmine 12
Tipologia Lesione: TCE 35 – CV 14
Tipo di occupazione: 80% non lavora presso il luogo di lavoro pre-trauma
Tempo di permanenza: 38 persone lavorano da più di 3 anni – 11 sino a 3 anni
Il 69% dichiara di svolgere oggi una mansione diversa e dequalificata
Il 59% e soddisfatto del lavoro che svolge
Il 73% ha trovato lavoro con supporto (pubblico – cooperativa)
12
Conclusioni
Dai dati raccolti emerge che, superate la difficoltà di inserimento, l’occupazione tende a
stabilizzarsi, pur su mansioni deprofessionalizzate e con part-time.
Dai questionari somministrati emerge come la criticità coinvolga sia la disabilità che
l’esclusione sociale.
La gravità della lesione e degli esiti non incidono significativamente sulle opportunità
occupazionali, anche se prevale la fascia dal 46 al 75% di invalidità che consente alle
aziende di ottemperare agli obblighi di legge.
Lo stato di benessere di chi lavora è sostanzialmente buono: l’80% risponde da buono a
molto buono.
Il numero di inserimenti lavorativi realizzati dalla cooperativa è diminuito da un 25% sui
pazienti in carico del 2007 (con utilizzo di corsi professionalizzate FSE e disponibilità
aziendali pre-crisi) ad un a 4% dello scorso anno (3).
1) Donatello M, Michielin P. Lavoro e oltre. Inserimento lavorativo e sociale delle persone con
disabilità. Londra, McGraw-Hill, 2003.
2) Onsworth,T.; McKenna,K., Investigation of factors related to employment outcome following
traumatic brain injury: a critical review and conceptual model, Disabil. Rehabil 2004; 26 (13):765-83
3) Cattelani R; Tanzi F; Lombardi F; Mazzucchi A, Competitive re-employment after severe traumatic
brain injury: clinical, cognitive and behavioural predictive variables, Brain Inj. 2002; 16(1):51-64
P17 RECUPERO DELL’ECCITABILITÀ NEL MUSCOLO DENERVATO: PRIMO STEP
PER L’UTILIZZO DELLA FES NELLE LESIONI NERVOSE PERIFERICHE.
A. Marcante (1), R. Zanato (2), S. Zampieri (3), U. Carraro (3), S. Stramare (2), S. Masiero (3)
UOC Riabilitazione Ortopedica, Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova ; (2)
Istituto di Radiologia, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Padova; (3) Laboratorio di
Miologia Traslazionale, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Padova
Introduzione
Segnaliamo il caso di un ragazzo di 26 anni che, in seguito ad un trauma della strada, ha
riportato una frattura sottotrocanterica del femore destro che ha causato una lesione
completa del nervo sciatico. La frattura del femore è stata ridotta chirurgicamente mediante
il posizionamento di un chiodo PFNA lungo, ma clinicamente il paziente presentava
un’anestesia completa a livello di gamba e piede e algie alla regione glutea. La forza degli
ischiocrurali era buona (MRC 4/5), ma la flesso-estensione attiva di caviglia era abolita, con
una grave compromissione della deambulazione. Il paziente è stato sottoposto ad un
intervento chirurgico di neurolisi con rimozione di un voluminoso neuroma e posizionamento
di un innesto di 8 centimetri da nervo surale controlaterale. Un anno dopo l'intervento
chirurgico il paziente riferiva la scomparsa del dolore gluteo, un rafforzamento degli
ischiocrurali, ma nessun miglioramento nei muscoli del gamba.
Materiali e metodi
A due anni dal trauma si è deciso di procedere con un test di elettrostimolazione per
verificare la risposta del tibiale anteriore e tricipite surale. Nel test è stata applicata una
corrente monofasica triangolare con intensità variabile da 10 a 30 mA , lunghezza impulso
da 5 a 150 msec e pausa di 1000 o 2000 msec . La migliore risposta muscolare senza
dolore per il paziente era evidente (clinicamente e mediante ecografia muscolare) ad una
intensità di 20-25 mA, lunghezza impulso di 150 msec e pausa per 2 secondi. Il paziente ha
quindi eseguito a domicilio un ciclo di elettrostimolazioni giornaliere al tibiale anteriore con i
suddetti parametri. Dopo due mesi, un secondo test di elettrostimolazione ha rivelato la
presenza di contrazione muscolare anche con una lunghezza d’impulso di 50 msec.
Risultati
Due mesi di adeguata stimolazione hanno permesso di ridurre ad un terzo la durata di
stimolo necessaria a produrre una scossa muscolare, anche in un muscolo cronicamente
denervato. Questo recupero di eccitabilità non ha però influito sul processo di atrofia
muscolare.
Conclusioni
Il passo successivo nel processo di recupero funzionale sarà impostare un training di
elettrostimolazione che preveda l’ulteriore riduzione della durata dell’impulso e l’aumento
della frequenza in modo da raggiungere un tetano muscolare. Una volta ottenuta la
contrazione tetanica sarà possibile influire sul processo di atrofia e creare inoltre un
dispositivo FES per il piede cadente nella lesione nervosa periferica.
Abstract Book
P18 QUALITÀ DI VITA POST ICTUS – L’INFLUENZA DEL TRATTAMENTO POSTDIMISSIONE
V. Reiterer, P. Storm, C. Meinecke, S. Cataldo
Azienda Sanitaria Bolzano- Comprensorio di Merano
Obiettivo dello studio: Valutazione dell’effetto del trattamento ambulatoriale sulla qualità di
vita (QoL) in pazienti con ictus cerebrale dopo la riabilitazione post-acuta residenziale.
Materiali e metodi: Studio prospettico in pazienti dimessi da un reparto di riabilitazione
specialistica, tra cui un gruppo di pazienti ha proseguito il trattamento riabilitativo in regime
ambulatoriale sulla base di indicazioni funzionali. La rilevazione degli outcome funzionali è
stata ottenuta mediante l'European Stroke Scale (ESS) all’ingresso, alla dimissione ed al
follow-up ad un mese dalla dimissione. Al follow-up ai pazienti è stato somministrato lo
Stroke Impact Scale version 2.0 (SIS) per l'autovalutazione della QoL. I dati sono stati
analizzati utilizzando il Mann-Whitney U test (inter-group), il Wilcoxon test ed il Friedman
test (intra-group). Le correlazioni tra items delle scale SIS ed ESS sono state valutate
attraverso il coefficiente Rho di Spearman.
Risultati: Sono stati coinvolti 21 soggetti di età media 72,5 anni (D.S. 11,02) e con degenza
media di 42,43gg (D.S. 18,0) . A 5 soggetti è stata prescritta ergo- o fisioterapia
ambulatoriale. I due gruppi risultano omogenei per genere, età e degenza. Tutti i soggetti
evidenziano un incremento nello score ESS mediano durante il ricovero (trattati: 79/100 vs.
57/100,p=0,042; non trattati 87/100 vs. 70/100,p=0,001). Al follow-up, i soggetti trattati
ambulatorialmente presentano un ulteriore guadagno funzionale (mediana 86/100,p=0,043)
livellandosi con i non trattati anch’essi migliorati (mediana 88/100,p=0,001) . Tuttavia,
l’autovalutazione della QoL ad un mese dalla dimissione risulta in generale migliore nei
soggetti trattati ambulatorialmente, con una differenza significativa in 4 items (pratiche
economiche, p=0,019; transfer, p=0,040; attività tempo libero, p=0,033; emotività, p=0,042).
Nell'insieme dei soggetti, si osservano correlazioni positive significative tra alcuni items della
ESS e della SIS, in particolare tra linguaggio e capacità comunicative ( =0,533,p=0,013),
motricità dell’arto superiore e funzioni manuali ( =0,521,p=0,015/ =0,663,p=0,001), e – con
segno negativo - tra deambulazione e partecipazione sociale ( =-0,475, p=0,030).
Conclusioni: I dati mostrano che, indipendentemente dal recupero funzionale, i soggetti
trattati dopo la dimissione valutano meglio la propria QoL. Sembra che il trattamento
ambulatoriale, oltre a sostenere un’evoluzione ulteriore del recupero funzionale, favorisca
l’autostima e la partecipazione. Di conseguenza, nella programmazione di interventi
riabilitativi post-ricovero sarà importante focalizzare l’attenzione più sui fattori che realmente
hanno un impatto diretto sulla QoL, anziché sulle indicazioni funzionali. Futuri studi
serviranno quindi per conoscere meglio questi fattori, tra cui probabilmente il coping ed il
contesto socio-spirituale individuale.
P19 STUDIO CLINICO CONTROLLATO RANDOMIZZATO DI COMPARABILITÀ E
SICUREZZA DELLA TOSSINA BOTULINICA PURIFICATA PER IL TRATTAMENTO
DELLA SPASTICITÀ NELLE PARALISI CEREBRALI INFANTILI
E. Carraro, E. Trevisi, A. Martinuzzi
IRCCS "E. Medea" - Ass. La Nostra Famiglia, Conegliano (TV)
Introduzione:
La tossina botulinica si è affermata come potente trattamento della spasticità dalla metà
degli anni ’90: a livello commerciale la tossina è reperibile nella forma A in tre formulazioni
(Onabotulinum, Abobotulinum, Incobotulinum).
Uso e dosaggio della tossina botulinica nella paralisi cerebrale infantile (PCI), in base a
peso corporeo ed età, sono stati stabiliti dall’European Consensus Table 2009, solo per
Onabotulinum e Abobotulinum, non esistendo studi per Incobotulinum. Gli effetti collaterali
sono estremamente rari nelle PCI sottoposte a chemodenervazione; tra gli effetti
indesiderati va sottolineata la possibile evocazione di una reazione immunitaria
neutralizzante. Nella Incobotulinum le proteine complessate vengono rimosse durante il
processo di preparazione del prodotto ma non esiste al momento in letteratura un dosaggio
specifico per tale formulazione nel trattamento della spasticità in età evolutiva; studi
effettuati in età adulta suggeriscono dosaggio equivalente a Onabotulinum. Obiettivo del
nostro studio era comparare la sicurezza di impiego di Onabotulinumun e Incobotulinum
Toxin nel trattamento della spasticità del piede equino in bambini affetti da PCI.
Materiali e Metodi
Studio clinico controllato randomizzato in doppio cieco, con reclutamento di bambini di età
3-18 anni affetti da PCI con indicazione a chemodenervazione nel muscolo tricipite surale. Il
trattamento prevede inoculo di tossina botulinica 5U/Kg per tricipite. L’insorgenza di eventi
avversi a 48 ore, 10 giorni e 3 mesi è stata indagata con apposito questionario a check-list
in cui erano elencati gli effetti collaterali più frequenti in letteratura consegnato ai genitori. I
pazienti venivano inoltre contattati entro 48 ore dall’inoculo e successivamente visitati entro
10 giorni e a 3 mesi.
14
Risultati
Sono stati reclutati 36 pazienti (24 M, 12 F; 19 emiplegici, 17 diplegici; età media 9.2 ±
4.31anni) randomizzati in due gruppi: 18 pazienti nel gruppo studio (GS, Incobotulinum) e
18 nel gruppo controllo (GC, Onabotulinum). Sono stati inoculati 50 tricipiti (27 GS e 23
GC). Il 25% dei pazienti ha presentato un effetto collaterale (tra questi annoverati anche
affaticabilità, debolezza muscolare, alterazioni del pattern di cammino,….) nelle prime 48
ore, il 17% entro 10 giorni e il 9% entro 3 mesi senza differenze statisticamente significative
trai due gruppi indagati. Non si è registrato nessun effetto avverso severo.
Conclusioni
Il numero di effetti avversi riscontrato risulta paragonabile ad altri studi in letteratura (es.
Naumann 2006) ma questo è strettamente legato al metodo di raccolta dati. Non si sono
individuate differenze statisticamente significative nella presentazione di effetti avversi tra le
due formulazioni.
P20 PERCORSO DIAGNOSTICO-RIABILITATIVO DEL BAMBINO CEREBROLESO CON
DEFICIT VISIVO CENTRALE: DESCRIZIONE DI UN CASO DI ENCEFALITE
NECROTICO-EMORRAGICA DA VIRUS H1N1
M. Chiari, E. Battagliola, C. Savi, D. Saviola, A. De Tanti
Centro Cardinal Ferrari - Santo Stefano Riabilitazione
Per deficit visivo centrale (DVC) si intende una compromissione della funzione visiva
secondaria a danno delle vie nervose retrogenicolate in assenza di patologie oculari. Negli
ultimi anni il DVC è la causa più frequente di deficit visivo in età pediatrica ed è spesso
associato ad altre disabilità motorie e intellettive. Il grave impatto che determina sulle aree
di sviluppo motorio, cognitivo, relazionale rende ragione della crescente esigenza di linee di
riferimento per la diagnosi e l’intervento precoce nei soggetti interessati. Presentiamo il caso
di una bambina di 5 anni con esiti di encefalite necrotico-emorragica da virus H1N1 occorsa
all’età di 3 anni. E’ presente una tetraparesi spastica in presenza di movimenti discinetici e
distonici. Il quadro neuroradiologico documenta aree poro encefaliche alla porzione dorsale
del ponte, emisferi cerebellari e cerebrali a destra. Dal punto di vista neuroftalmologico è
presente un importante disordine oculomotorio caratterizzato da esotropia di OS con
frequenti episodi di spasmi muscolari, deficit di elevazione bilaterale, ptosi, sguardo deviato
verso destra, con lieve posizione di torcicollo a destra e nistagmo a componente verticale e
rotatoria. Il visus non è quantificabile, ma i PEV da flash presentano un tracciato compatibile
con un residuo visivo. La bambina viene osservata e filmata seduta in ambiente a
illuminazione naturale, semioscurità e al buio a capo libero. Vengono esaminate le strategie
che utilizza per localizzare e afferrare gli oggetti nello spazio circostante, utilizzando target
differenti (volti, oggetti in bianco e nero e colorati di varie dimensioni e consistenza). Si
rilevano una fissazione incostante a capo libero, così come è presente un inseguimento
visivo in ogni direzione a capo libero, ma non a capo fermo. I movimenti saccadici di
esplorazione sono assenti, l’arrampicamento maculare è evocabile. Sono state messe in
atto strategie di coordinazione occhio-mano e trattamenti farmacologici (tossina botulinica) e
successivamente correzione chirurgica per ridurre lo spasmo dei muscoli retti e quindi
facilitare i movimenti oculari. La presa in carico ha lo scopo di valutare il residuo visivo, di
individuare le strategie di compenso e rendere il bambino consapevole del proprio
potenziale visivo ottimizzandone l’uso funzionale. Il setting riabilitativo ha previsto attività
multidisciplinari (fisioterapia, logopedia, psicomotricità, ortottica) finalizzate al miglioramento
della postura e della produzione verbale e allo sviluppo dell’attenzione e capacità di
osservazione. Con l’ausilio di filmati si documenta il percorso diagnostico-riabilitativo.
P21 EFFETTI DI GENERALIZZAZIONE SUL LINGUAGGIO DI UN TRAINING INTENSIVO
SULLE FUNZIONI ATTENTIVE
C. Cicchetti1, A. Di Palma2, A. Leccese3
1Centro Rham, 2FSM Cassano, 3Libero professionista
Introduzione
Alcuni dati della letteratura sostengono che soggetti con afasia hanno capacità di working
memory, controllo attentivo e meccanismi inibitori deficitari(Wright H.2012).Il trattamento
mirato delle funzioni attentive migliora indirettamente le abilità linguistiche e cognitive in
pazienti con problemi di linguaggio(Goldenberg 1994).
Obiettivi
Dimostrare il miglioramento delle abilità linguistiche e cognitive mediante la presentazione di
un caso singolo:paziente afasico con concomitante deficit disesecutivo sottoposto ad un
training attentivo intensivo.
Materiali e metodi
Il pz F.A,56 anni,presenta emiplegia destra e afasia transcorticale motoria.La TC cerebrale
e la RMN evidenziano ischemia lungo il decorso dell'arteria cerebrale anteriore sinistra con
Abstract Book
perfusione emorragica in sede parasagittale e paraventricolare del corno frontale. Dalla
valutazione del linguaggio, eseguita con il Bada, si osserva risparmio della ripetizione, della
comprensione uditiva e della lettura, deficit di accesso al lessico, perseverazioni soprattutto
nelle prove di scrittura ed ecolalia nell'eloquio spontaneo. Da un punto di vista qualitativo le
prove linguistiche risultano deficitarie per la presenza di scarso automonitoraggio e
impulsività nelle risposte. Dalla valutazione neuropsicologica (MMSE, Span di cifre e di
Corsi, Matrici Attentive, TMT A-B, Figura complessa di Rey, Test dell'orologio, Tol, FAB,
fluenza fonemica e semantica, Token Test,Wisconsin card test) e cognitiva (CPM,Waisprove non verbali) emergono difficoltà di attenzione, pianificazione e flessibilità cognitiva
con risparmio nelle prove di ragionamento logico non verbale e analisi visiva.Il paziente è
stato sottoposto ad un training computerizzato intensivo sulle funzioni attentive(vigilanza,
inibizione, memoria di lavoro, controllo delle interferenze e flessibilità cognitiva) della durata
di 4 settimane con 1 incontro al giorno di 45 minuti.
Risultati
A seguito del training,alle prove di retest, si nota una riduzione dell'ecolalia e delle
perseverazioni nell'eloquio spontaneo e nella scrittura,un numero inferiore di errori nelle
prove di evocazione lessicale e riduzione dell'impulsività,effetto di un verosimile
miglioramento del controllo attenzionale.
Conclusioni
I risultati sembrano suggerire un miglioramento delle capacità linguistiche conseguenti al
potenziamento del funzionamento cognitivo generale, in modo particolare dell’attenzione. Lo
studio è in fase di ampliamento, poiché non presenta attualmente caratteri di esaustività
data la scarsa numerosità del campione; ciò nonostante i dati appaiono interessanti e
promettenti per la prosecuzione dello studio.
Bibliografia
Sinotte,M. Attention training for reading impairment in mild aphasia:a follow-up
study.NeuroReabilitation 22(2007)303-310
Murray,L Treating attention in mild aphasia:Evaluation of attention process training-II.Journal of
communication disorder 39(2006)37-61
P22 EVIDENZA DI UN APPROCCIO DI TRATTAMENTO INTEGRATO DI UN QUADRO DI
CPA (COMPLEX POSTURAL ATTITUDES) IN UN PAZIENTE AFFETTO DA
TETRAPLEGIA SPASTICO-DISTONICA SECONDARIA A GRAVE TRAUMA CRANIOENCEFALICO (TBI).
Ma. Falso, Fr. Rossetti, A.Malvicini
UO di Riabilitazione Neurologica - Istituto Clinico Città di Brescia
Obiettivo: delineare un percorso di modificazione e miglioramento di un insieme di esigenze
posturali complesse (CPA) in un paziente affetto grave tetraplegia spastico-distonica assiale
e acrolocalizzata secondaria a grave trauma cranio-encefalico (TBI) e sottoposto ad un
modello ipotetico di trattamento clinico-riabilitativo integrato.
Materiale e metodi: paziente maschio di 37aa, affetto da tetraplegia a carattere spasticodistonico con conseguenti stereotpie posturali ad alto impato disfunzionale e condizionanti
la qualità di vita e la gestione assistenziale del paziente; time course del ricovero presso la
ns UO di Riabilitazione Neurologica dal mese di aprile al mese di luglio 2013. Il processo di
gestione integrata del paziente si è articolato in 3 steps:
- step 1
al’atto dell’ingresso presso la ns UO di Riabilitazione neurologica il paziente veniva
sottoposto (MF) ad una valutazione dello stato clinico funzionale di partenza, a letto ed in un
ambiente assolutamente silenzioso, con la delineazione del suo a) profilo cognitivocomportamentale; b) complesso di stereotipie ed esigenze posturali attitudinali in decubito
supino, in posizione seduta a letto, in condizione di posturazione viziata e disergonomica in
unità popsturale in adozione
- step 2
• il paziente veniva sottoposto ad un approccio di trattamento clinico-riabilitativo integrato
contrassegnato da a) un trattamento fisioterapico giornaliero, 6gg alla settimana, della
durata di 2 ore per sessione di trattamento e seguendo le linee guida della GCS National
Consensus Conference
• in linea con il nostro protocollo operativo interno di Reparto, il paziente veniva sottoposto a
15gg di distanza dall’ingresso a trattamento infiltrativo multisegmentale con BoNTX-A
(Xeomin®)
• ad 1 mese di ricovero, per la rilevazione di una marcata instabilità di caviglia sx,
completamento intraruotata e deviata in varo, il paziente veniva sottoposto ad un intervento
16
di artrodesi chirurgica mediante tecnica VALOR® Hindfoot Fusion System (Wright),
finalizzato al ripristino di un appoggio plantigrado fisiologico in ortostasi
- step 3
la valutazione clinico funzionale del paziente è stata condotta al tempo T0 (all’atto
dell’ingresso in reparto), T1 (ad 1 mese dal ricovero), T2 (a 2 mesi di ricovero), T3 (a 5 mesi
dal ricovero, in coincidenza con il ritorno al domicilio) mediante a) quantificazione del grado
di spasticità multisegmentale con scala MAS e delineazione del grado di controllo del tronco
mediante TCT, b) delineazione del profilo cognitivo-comportamentale, c) oggettivazione
delle attitudini posturali complesse in assetti differenziati
Risultati:
- nell’immdiato post-inoculo di BoNTX-A (Xeomin®) ed in sinergia con il trattamento
riabilitativo proposto si è osservato un significativo cambiamento dell’assetto asimmetrico
assiale del paziente, un incremento del reclutamento muscolare attivo dei parassiali lombari
nel mantenimento della stazione seduta a letto (aumento del TCT score), un drastico
decremento del laterocollo spastico-distonico e dell’atteggiamento in equinosupinazione del
piede dx (decremento del MAS score)
- in linea con la oggettivazione di un evidente cambiamento dell’assetto posturale globale e
grazie alla introduzione di un innovativo sistema di regolazione modulare dell’assetto
dell’unità tronco-bacino-AAII (Kit Seat by Leckey – Ottobock®) il paziente veniva posto nella
condizione di assumere long-term ed in ergonomia la posizione seduta in assenza di
schemi patologici secondari
- grazie al miglioramento dell’assetto posturale globale, del controllo del tronco e di un
ripristino chirurgico dell’appoggio plantigrado del piede sx, il paziente veniva ad 1 mese dal
ricovero e per la prima volta dal trauma sottoposto ad una verticalizzazione progressivacontrollata mediante un sistema di standing modulare (Stander by Leckey – Ottobock®)
Conclusioni: questo case evaluation report ha voluto dimostrare come un approccio di tipo
integrato (clinico-funzionale e chirurgico) sia asolutamente indispensabile e necesario per
ambire ad una funzionale ottimizzazione delle CPA (Esigenze Posturali Complesse)
secondarie ad una grave cerebrolesione da trauma cranico.
Bibliografia
Zampolini M, Zaccaria B, Tooli V, Frustaci A, Franceschini M; GISCAR group. Rehabilitation of
traumatic brain injury in Italy: a multi-centred study. Brain Injury 2012; 26(1): 27-35.
Falso M, Galluso R, Malvicini A. Functional influence of botulinum neurotoxin type A (Xeomin®) of
multifocal upper and lower limb spasticity on chronic hemiparetic gait. Neurology International 2012
June 14; 4(2)e8.
P23 GCA E STRESS OSSIDATIVO UN ESPERIENZA GENOVESE
S. Feller*, M.Mantero*, U. Zumaglini*, C. Vassallo*, E. Butini*, C. Salani**, E.L. Iorio***
*Associazione Rinascita Vita, Genova. **Asl 3 Liguria, Genova.
*** Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo, Salerno
Introduzione. Lo stress ossidativo (SO) – squilibrio tra produzione ed eliminazione, da parte
dei sistemi antiossidanti, di specie chimiche reattive, quali le reactive oxygen species (ROS)
– gioca un ruolo rilevante nella patogenesi dell’insulto neuronale conseguente all’evento
traumatico (1) o vascolare (2), primariamente responsabile di gravi cerebro-lesioni acquisite
(CGA), specialmente in caso di comorbilità. Di qui la necessità di approcci personalizzati
basati sulla diagnostica molecolare (3), volti a modulare la produzione esuberante di ROS
attraverso la mobilizzazione delle risorse cognitive e motorie residue, l’alimentazione e,
dove indicato, un intervento nutraceutico mirato.
Materiali e metodi. Per verificare la fattibilità di tale approccio, abbiamo sottoposto 30
pazienti con GCA afferenti al centro Rinascita Vita di Genova (Sezione di Neuroscienze
dell’Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo) a valutazione del bilancio
ossidativo su sangue attraverso il d-ROMs test (valori normali 250-300 U CARR) e l’antiROMs test (valori ottimali >200/>1000 ?Eq/L) (Diacron International, Grosseto) (3).
Risultati e discussione. Alla base delle GCA sono risultate le cause vascolari (n=16),
traumatiche (n=10) e anossiche (n=4). In 2 casi su 3 è stata rilevata una condizione di SO
relativo, con aumento della produzione di specie reattive (340±45 U CARR), specialmente
nelle donne (figura 1), senza compromissione significativa delle difese antiossidanti. Tale
condizione, particolarmente evidente nei pazienti cardiovascolari, è apparsa correlata non
solo alla patologia di base, alle sue comorbilità ed agli effetti indesiderati della frequente
politerapia farmacologica associata, ma anche al regime alimentare, spesso, per varie
ragioni, inadeguato.
Conclusioni. Quantunque preliminari, questi dati indicano che il tradizionale approccio
riabilitativo, sebbene conforme alle attuali linee guida, può associarsi ad uno SO,
potenzialmente responsabile, a sua volta, dell’innesco di pericolosi circoli patogenetici
viziosi in grado di aggravare il decorso già non favorevole della malattia di base. Pertanto,
allo scopo di controllare tale fattore emergente di rischio per la salute, purtroppo
completamente asintomatico e rilevabile solo attraverso la diagnostica molecolare, abbiamo
inserito i pazienti arruolati in questo studio nel programma B. R. A. I. N. (Bilanciare Radicali
e Antiossidanti con l’Intervento Nutrizionale). Quest’ultimo si prefigge di migliorare la qualità
della vita dei soggetti con GCA inserendo i medesimi in un percorso integrato che prevede,
Abstract Book
tra l’altro, la somministrazione di un regime nutrizionale (e, all’uopo, nutraceutico)
personalizzato sulla base dei profili redoxomico e lipidomico (3). Nelle nostre aspettative
anche un abbattimento dei costi della cronicità, attraverso il contenimento della spesa
farmaceutica e la riduzione degli accessi alle strutture sanitarie.
Bibliografia. 1. Cornelius C, Crupi R, et Al. Traumatic brain injury: oxidative stress and
neuroprotection. Antioxid Redox Signal. 2013. 19 (8): 836–853. 2. Altamura C, Squitti R, et Al.
Ceruloplasmin/transferrin system is related to clinical status in acute stroke. Stroke. 2009. 40 (4):
1282–1288. 3. Iorio EL, Balestrieri ML. Lo stress ossidativo. Trattato Italiano di Medicina di
Laboratorio, di Angelo Burlina, Ed. Balestrieri C, Piccin, Padova. Vol. IX. 533–549. 2009.
P24 EFFETTI UN TRAINING AEROBICO AD ALTA INTENSITA’ IN PAZIENTI CON
ICTUS CEREBRALE IN FASE CRONICA
D. Munari (1), A. Pedrinolla (2), F. Schena (2), C. Geroin (1), M. Gandolfi (1), A. Picelli (1) e N.
Smania (1, 3)
(1) Centro di Ricerca in Riabilitazione Neuromotoria e Cognitiva, Dipartimento di Scienze
Neurologiche e del Movimento, Università degli Studi di Verona (2) Dipartimento di Scienze
Neurologiche e del Movimento, Università degli Studi di Verona; (3) USO di Riabilitazione
Neurologica, Azienda Universitaria Ospedaliera Integrata, Verona.
Introduzione
Il primo obiettivo del presente studio è stato di valutare gli effetti fisiologici di un allenamento
su treadmill ad alta intensità in pazienti affetti da ictus cerebrale in fase cronica. Il secondo
obiettivo è stato di esaminare i meccanismi adattativi sul consumo di ossigeno che
accadano a seguito di tale allenamento.
Materiali e Metodi
Sette soggetti con ictus cerebrale in fase cronica (Età 60 ± 5 anni; Peso 87.0 ± 13.0 kg;
Altezza 1.72 ± 0.07 m; BMI 29.2 ± 3.1) hanno eseguito un allenamento ad alta intensità su
treadmill per 3 mesi, 3 volte a settimana. Prima dell’inizio dell’allenamento (T0) i soggetti
sono stati sottoposti ad un elettrocardiogramma a riposo e sotto sforzo e hanno eseguito i
seguenti test: 6 minute walking test (6MWT), 10 meter walking test (10MWT), Time Up and
Go Test (TUG), Peak Oxygen Consumption (VO2peak), Cardiac Output (CO), Near infrared
Spectroscopy (Totale Emoglobina (TotHb), Emoglobina Ossigenata (HbO2) e
Deossiemoglobina (Hb)) in entramdi gli arti inferiori (vasto laterale). I test sono stati ripetuti
alla fine dell’allenamento (T1) che consisteva in 5 serie da 5 minuti di allenamento su
treadmill al 95% del VO2peak. I dati sono stati ordinati in fogli excel e processati attraverso
test non-parametrici (software statistico SPSS 20).
Risultati
Dopo l’allenamento i pazienti hanno riportato un incremento significativo del VO2peak
assoluto (8.9%± 3.7%). La TotHb nell’arto sano è aumentata del 12%± 2.6% e nell’arto
plegico del 7.8%±1.6%. La Hb nell’arto sano è aumentata del 15%±9.2% e nell’arto plegico
del 5.4%± 6.9%. Nel 6MWT e nel 10MWT sono stati riportati aumenti significativi.
Conclusioni
Il presente studio ha dimostrato che un training ad alta intensità migliora il consumo di
ossigeno in pazienti affetti da ictus cerebrale in fase cronica. Tale effetti sono da ricondurre
maggiormente ad adattamenti della muscolatura periferica in particolare del lato sano. I
risultati ottenuti dal presente studio sono in linea con la letteratura.
Bibliografia
Globas C, et al. Chronic stroke survivors benefit from high-intensity aerobic treadmill exercise:
a randomized control trial. Neurorehabil Neural Repair. 2012; 26(1):85-95;
Gjellesvik TI, et al. Effect of high aerobic intensity interval treadmill walking in people with chronic
stroke: a pilot study with one year follow-up. Top Stroke Rehabil. 2012. 19(4):353-60.
Veerbeek JM, van Wegen E, van Peppen R, van der Wees PJ, Hendriks E, Rietberg M, Kwakkel G.
What is the evidence for physical therapy poststroke? A systematic review and meta-analysis. PLoS
One. 2014 Feb 4;9(2):e87987.
P25 L’INTERVENTO LOGOPEDICO NELLA PPA: CASE SERIES
A. Dellomonaco1, G. Valentini2, A. Nuzzi3, V. Lavermicocca4, A. Parente5, T. Chiarelli6, P.
Fiore7, M. Megna8
1 Az. Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, 2 3 Università degli Studi di Bari Aldo
Moro, 4B.R.A.I.N. Centre for Neuroscience (TS) – Centro Giovanni Paolo II, Putignano (BA), 5Istituto
S. Agostino, Noicattaro (BA), 6 7 8 Dipartimento di Scienze di Base, Neuroscienze e Organi di senso,
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
L’Afasia Primaria Progressiva (PPA) è una patologia neurodegenerativa con esordio
insidioso, caratterizzata da un progressivo ed isolato deterioramento del linguaggio dovuto
ad un’atrofia corticale del lobo fronto-temporale sinistro.
Obiettivo dello studio è stato rilevare l’efficacia delle modalità di intervento logopedico nel
mantenimento delle competenze comunicativo-linguistiche.
18
Lo studio ha coinvolto 7 pazienti (5 donne e 2 uomini) di età compresa fra 62 e 82 anni con
scolarità media di 11,1 anni (DS ±6), di cui: 5 affetti da variante non-fluente e 2
rispettivamente da variante semantica e logopenica.
Per la valutazione linguistica sono stati utilizzati l’Aachener Aphasie Test (AAT) e le prove di
Fluenza Verbale. La Progressive Aphasia Severity Scale (PASS) è stata utilizzata per la
valutazione e il monitoraggio del grado di deterioramento dei nove domini linguistici coinvolti
dall’Afasia Primaria Progressiva:
articolazione, fluenza, sintassi e grammatica, accesso lessicale, ripetizione, comprensione
uditiva, comprensione di parole isolate, lettura e scrittura.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a trattamento logopedico, mirato al recupero dei domini
deficitari, con utilizzo di cantoterapia e training computer-based.
A distanza di sei mesi è stato possibile rivalutare il paziente affetto da variante logopenica e,
a distanza di un anno, tre dei casi affetti dalla variante non fluente/agrammatica: le modalità
di intervento messe in atto hanno prodotto risultati positivi sul lessico in input e il lessico in
output. Tuttavia, nella variante non fluente/agrammatica, nonostante sia stabile l’accesso al
lessico, si è osservata una riduzione della comunicazione conseguente allo scadimento
dell’intellegibilità dell’eloquio.
In letteratura non sono presenti chiare evidenze sull’efficacia della terapia logopedica nel
rallentare il deterioramento cognitivo, della comunicazione e del linguaggio, caratteristico
della PPA. Bisogna, comunque, prendere in considerazione che la mancanza di studi clinici
randomizzati è determinata dalla rapida progressione e dalla rarità del disturbo (incidenza di
2.7-4.1/100.000) . Numerosi studi con gruppi costituiti da piccoli campioni hanno, infatti,
dimostrato benefici dell’allenamento cognitivo sia nei domini linguistici, rilevanti a carico
dell’accesso lessicale, che in quelli funzionali.
Farrajota, Maruta, Maroco, Martins, Guerreiro (2012). Speech Therapy in Primary Progressive
Aphasia: A Pilot Study. Dement Geriatr Cogn Disord Extra , p. 321-331.
Sapolsky, Domoto-Reilly, Negreira, Brickhouse, McGinnis, & Dickerson. (2011). Monitoring
progression of ppa: current approaches and future directions. Neurodegen. Dis. Manage.
Gorno-Tempini, H. W. (2011). Classification of primary progressive aphasia and its variants.
Neurology, 1006-1014
P27 EFFICACIA DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO COMBINATO CON TDCS E
STIMOLAZIONE FES DEGLI ARTI SUPERIORI IN UN PAZIENTE CON DOPPIA
EMIPARESI ESITO DI INFARTO BULBARE BILATERALE
L. Mastromauro, A. Lopopolo, R. Marvulli, M. Dargenio, E. Antonaci, G. Cristella, M. Nisi, R.
Lerario, S. Damiani, P. Fiore, G. Ianieri, P. Amico
Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" - Policlinico di Bari
Introduzione: la patologia cerebro-vascolare, soprattutto quando coinvolge il troncoencefalo, determina l’insorgenza di gravi disabilità sul piano motorio e funzionale a causa
del deficit di forza e di destrezza manuale che ne deriva. L’obiettivo del nostro studio è stato
dimostrare l’efficacia della terapia combinata con tDCS e FES (NESS H 200) agli arti
superiori nel recupero della funzionalità motoria e della manualità.
Materiali e metodi: paziente di 54 anni affetto da grave doppia emiparesi esito di infarto
bulbare bilaterale in trattamento presso la nostra U.O. per riabilitazione neuromotoria
intensiva. Il paziente dopo valutazione clinico strumentale mediante scala ARAT, scala
Bartel Index e RMN funzionale a tempo t0 veniva sottoposto ad 1 ciclo di 5 sedute di tDCS
con stimolazione dell’area motoria (30 min. a seduta con corrente di 20mA) e a stimolazione
FES con sedute di 30 min. per arto per 30 giorni. Le valutazioni mediante scala ARAT,
Bartel Index e RMN funzionale sono state poi ripetute a tempo t1 ossia a fine trattamento.
Risultati: il confronto dei dati ottenuti sia alla valutazione della manualità con l’ARAT che alla
RMN funzionale ha evidenziato un netto miglioramento della forza muscolare e della
destrezza manuale come attestato dall'aumento significativo del punteggio ARAT, un
miglioramento dell'autonomia funzionale emerso dalla valutazione con Bartel Index ed un
ampliamento dell’area motoria di attivazione corticale rilevata alla RMN funzionale.
Conclusioni: durante l'iter terapeutico il trattamento multimodale tDCS e FES appare
efficace nel recupero delle abilità manuali con importanti ripercussioni sull'autonomia
funzionale e sulla qualità di vita del paziente.
Bibliografia
- Functional electrical stimulation increases neural stem/progenitor cell proliferation and neurogenesis in the
subventricular zone of rats with stroke - LIU Hui-hua, XIANG Yun, YAN Tie-bin, TAN Zhi-mei, LI Sheng-huo and
HE Xiao-kuo - Chines Medical Journal 2013;
- Functional electrical stimulation-induced neural changes and recovery after stroke - H Weingarden, H Ring Euromedicophys 2006;
- After vs. priming effects of anodal transcranical direct current stimulation on upper extremity motor recovery in
patients with subacute strok - Fusco A, Iosa M, Venturiero V., De Angelis D., Morone G., Maglione L., Bragoni
M., Coiro P., Pratesi L., Paolocci S.
Abstract Book
P28 ESPERIENZA CON BACLOFEN
CEREBROLESIONI E MIELOLESIONE
L.Bernardo
INTRATECALE
IN
PAZIENTI
CON
Fondazione Maugeri Centro di Telese Terme
Preferita comunicazione orale
Introduzione
La terapia con baclofen intratecale (ITB) è ormai una tecnica ampiamente diffusa per la
gestione della spasticità diffusa.
Abbiamo effettuato una analisi retrospettiva in pz affetti da gravi cerebrolesioni (GCLA) da
lesioni midollari (LM) (traumatiche o degenerative) per evidenziare eventuali differenze nella
ITB nelle due condizioni cliniche citate. La ITB è risultata molto utile anche per la gestione
del dolore e delle crisi neurovegetative.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati 62 pazienti: 46 con GCLA e 16 LM
In 5 casi con GCLA è stato utilizzato una infusione mista con ziconotide (range 2.2 – 7.7 ugr
die) per la gestione del dolore.
Risultati
In tutti i pz con GCLA e LM abbiamo avuto una riduzione della spasticità con conseguente
miglioramento del nursing, delle posture e maggiore facilitazione nel trattamento riabilitativo.
In alcuni è migliorato anche lo stato di coscienza. In tre casi il miglioramento si è avuto con
l’inizio della terapia con ziconotide. In altri tre casi si è avuto una netta riduzione delle crisi
neurovegetative.
In sei pazienti si è assistito ad una ripresa della deambulazione.
Il dosaggio medio di infusione è risultato più alto nei pz con GCLA in confronto a quelli con
LM.
In 3 casi di GCLA e 2 LM siamo ricorsi alla infusione flexa (diversa somministrazione del
farmaco tra notte e giorno associata a boli multipli durante il giorno).
Conclusioni
La ITB è una possibilità semplice ed efficace della gestione della spasticità diffusa che deve
far parte del bagaglio culturale del neuroriabilitatore.
La differenza nelle infusioni medie di farmaci nei due gruppi di pazienti potrebbe suggerire
forse un diverso tipo di meccanismo della spasticità tra le GCLA e le LM (distonia-ipertonia
nel primo caso?).
La modalità di infusione flexa dovrebbe essere utilizzata più diffusamente per limitare il noto
effetto di “tolerance” alla infusione con baclofen.
I pazienti high level (deambulanti) hanno necessità di modulazioni molto più fini della
infusione del baclofen e dosaggi medi sensibilmente più bassi rispetto ai low level.
Comunque anche un paziente che passa da stato di coscienza minima a gravemente
disabile passa da paziente low level ad high level: è probabilmente da cambiare il concetto
di high e low level.
P29 IMPIEGO DELLA TDCS IN NEURORIANIMAZIONE. PRESENTAZIONE DI UN CASO
CLINICO.
A. Dantone, S. De Trane, G. Cristella, A. Manigrasso, R. Lerario, S. Resta, A. Antezza, A. P.
Amico (^), S. Damiani (^), T.Fiore(*), M. Megna (*) P. Fiore(*)(^),
Università degli Studi di Bari-Policlinico di Bari
INTRODUZIONE
Lo studio ha valutato gli effetti della stimolazione elettrica transcranica (tDCS) in una
paziente in coma da grave cerebrolesione acquisita, sottoposta a VAM. Tale metodica
ormai ampiamente utilizzata in pazienti con esiti di ictus cerebri con miglioramenti delle
funzioni cognitive superiori (linguaggio e funzione motoria) e dello stato di coscienza,
raramente è stata adoperata nella fase acuta in rianimazione.
MATERIALI E METODI
A.C., (F.), 60 anni, grave disturbo di coscienza esito di emorragia cerebrale fronto-parietalebilaterale con disconnessione trans callosale, è stata trattata con due cicli, della durata di 5
giorni ciascuno, di stimolazione anodica con corrente transcranica diretta con un'onda di
tipo continuo per 30 minuti/die ad una intensità di corrente erogata di 2 mA. Prima e dopo
tali cicli abbiamo somministrato alla paziente scale cliniche di valutazione del grado di
coscienza e disabilità: GCS (Glasgow Coma Scale), CNCs (Coma Near Coma scale), LCF
(Level of Cognitive Functioning of Rancho Los Amigos), DRS (Disability Rating Scale),
abbiamo inoltre focalizzato l’attenzione sulla funzione respiratoria in termini di frequenza
respiratoria e di dipendenza della paziente da VAM.
RISULTATI
A fine secondo ciclo con tDCS abbiamo registrato miglioramenti in tutte le scale cui la pz era
stata sottoposta con passaggio da coma a stato di minima coscienza e relativo evidente
miglioramento clinico neurologico. Inoltre abbiamo rilevato miglioramenti della funzione
20
respiratoria con risoluzione della tachipnea passando da una totale dipendenza dal
ventilatore ad una graduale riduzione dell’assistenza ventilatoria (parziale/notturna dopo il
primo ciclo di tDCS e nulla a fine secondo ciclo).
CONCLUSIONI
La tDCS sembra dunque indurre fenomeni di neuroplasticità e di aumento dell’eccitabilità
neuronale utili non solo ad indurre una maggiore reattività psico-fisica in soggetti con
compromissioni dello stato di coscienza ma anche nel miglioramento del lavoro respiratorio
in pazienti in VAM.
Webster BR, Celnik PA, Cohen LG Noninvasive brain stimulation in stroke rehabilitation. NeuroRx.
2006 Oct;3(4):474-81.
P30 VALUTAZIONE LOGOPEDICA DEL PAZIENTE AFASICO IN FASE ACUTA: STUDIO
SPERIMENTALE SU 15 PAZIENTI
A. Dellomonaco1, A. Parente2, G. Tafuno3, V. Lavermicocca4, A. Nuzzi5, T. Chiarelli6, P.
Fiore7, M. Megna8
Dall’ELLM emerge che il 53,3% del campione in esame presenta afasia globale, il 20%
afasia di Broca, il 13,3% afasia di Wernicke ed il 13,3% afasia non classificabile. In
particolare, l’item di comprensione è risultato molto compromesso in oltre la metà dei
pazienti. Dalla Valutazione del linguaggio pragmatico, emerge come la qualità dell’eloquio
risulti severamente compromessa nell’80% dei pazienti esaminati.
Al termine delle due valutazioni, si è correlata la sottoprova di comprensione dell’ELLM con
il punteggio ottenuto a ciascuna delle 4 sottoprove della Valutazione del linguaggio
pragmatico ed è emersa una moderata correlazione tra comprensione e qualità dell’eloquio
ed una forte correlazione tra comprensione e atto propositivo, intenzioni locutorie e
sequenza degli atti linguistici.
Dai risultati emerge come, in fase acuta, la comprensione verbale sia un fattore fortemente
correlato alla comunicazione funzionale.
L’utilizzo dell’ELLM ha consentito di trarre una prima ipotesi diagnostica che, unita alla
valutazione pragmatica, fornisce una valutazione del contesto comunicativo globale in fase
acuta e predispone le prime linee operative terapeutiche per garantire rapida ed efficace
continuità riabilitativa.
1 Az. Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, 2 Putignano (BA), 2Istituto S.
Agostino, Noicattaro (BA), 3 Università degli Studi di Bari Aldo Moro,4B.R.A.I.N. Centre for
Neuroscience (TS) – Centro Giovanni Paolo II, 5 Università degli Studi di Bari Aldo Moro, , 6 7 8
Dipartimento di Scienze di Base, Neuroscienze e Organi di senso, Università degli Studi di Bari Aldo
Moro
1 Brust JCM, Shafer SQ, Richter RW, Bruun B. Aphasia in acute stroke.Stroke 1976; 7:167-174
2 Un esame del linguaggio per la diagnosi dei deficit afasici al letto del malato, Allibbrio G., Gori MA.,
Signorini G., Luzzatti C. Giornale di Psicologia, Vol. 3, No. 1, 2009
3 Mazzucchi A., “La riabilitazione neuropsicologica dei traumatizzati cranici”,1995, Milano Ed.Masson
In letteratura vi è accordo sul considerare come la valutazione del paziente in fase acuta
abbia la finalità di stabilire la presenza ed eventualmente la gravità di un’afasia e di
monitorarne l’evoluzione.
Si considera acuta la fase che comprende le prime 4-6 settimane dopo lo stroke; tale fase è
caratterizzata da una rapida evoluzione del quadro neuropsicologico, fluttuazioni cognitive e
affaticabilità.
Secondo le LG nazionali è indicato procedere a una breve valutazione del linguaggio (15
minuti circa) tramite l’utilizzo di batterie standardizzate di rapida somministrazione ed ad una
valutazione funzionale della comunicazione.
Nello studio sono stati reclutati 15 pazienti post-stroke in fase acuta, testati in seguito a
richiesta di valutazione logopedica, tramite l’Esame del Linguaggio al letto del malato
(ELLM, Luzzatti et al., 2008) e la Valutazione del linguaggio pragmatico (Mazzucchi A.,
1995).
P31 CASE REPORT: MODULAZIONE DELLA SPASTICITÀ CON TRATTAMENTO
COMBINATO TOSSINA BOTULINICA– Δ- 9- ETRAIDROCANNABINOLO/
CANNABIDIOLO IN PAZIENTE CON SCLEROSI MULTIPLA
L. Mastromauro, E. Romanelli, A. Lopopolo, V. Palmisano, R. Marvulli, P. Fiore, G. Ianieri
Dipartimento di Scienze di base, Neuroscienze e Organi di Senso, UOC di Medicina Fisica e
Riabilitativa e Unità Spinale Unipolare, Università degli Studi di Bari "Aldo Moro",'Italia.
Introduzione: Nella Sclerosi Multipla (SM), l'ipertono spastico, i disturbi della
deambulazione, le clonie e il dolore sono il risultato di un deterioramento della guaina
mielinica e delle fibre nervose sottostanti nel sistema nervoso centrale con perdita
progressiva del controllo motorio che incide notevolmente sulle ADL. Il nostro è uno studio
osservazionale sulla modulazione della spasticità in una paziente affetta da SM sottoposta
Abstract Book
a trattamento combinato con tossina botulinica (Xeomin ®)
e Δ-9tetraidrocannabinolo/cannabidiolo (Sativex®)
Materiali e metodi: paziente 48enne con SM in trattamento da 8 anni con baclofene (1cp
25mg/die) e TB per l’ipertonia spastica prevalente agli arti inferiori. Per il peggioramento
della sintomatologia spastica, alla sospensione del baclofene la paziente ha intrapreso
trattamento farmacologico con cannabinoidi (Sativex®) e TB (Xeomin®) (TpC). La
valutazione, a t=0, t1=15, t2=30 e t3=90 gg, dell'azione combinata delle due terapie, sulla
spasticità, è stata effettuata con lo studio del potenziale d’azione motorio composto (cMAP),
la misurazione miometrica (My) del tono e scala MAS confrontata con gli stessi paramentri
ottenuti dalle valutazioni precedenti sia quando la paziente seguiva terapia solo con TB
(TpA) sia nel periodo di terapia solo con cannabinoidi (TpB)
Risultati: Tp A dx: MAS t0 3,t1 2, t2 2,t3 3;My t0 22,t1 17.4,t2 17.9,t3 22.5;cMAP t0 8.5,t1
0.5,t2 3.5,t3 8.1. sin:MAS t0 3,t1 2,t2 2,t3 3; My t0 28.2,t1 21.3,t2 22.1,t3 27.9;cMAP t0
7.3,t1 0.7,t2 3.9,t3 7.4. Tp B dx: MAS t0 3,t1 3,t2 3,t3 3;My t0 21.3,t1 22,t2 21.5,t3
22.1;cMAP t0 8.3, t1 7.5, t2 8.1, t3 7.5. sin: MAS t0 3,t1 3, t2 3, t3 3; My t0 27.3,t1 27.8, t2
26.9,t3 27.9; cMAP t0 8.2, t1 8.3, t2 7.9, t3 8.3. TpC dx: MAS t0 3,t1 2, t2 2, t3 2; My t0
21.3,t1 17.8, t2 17.9,t3 21; cMAP t0 8.2, t1 0.1, t2 1.4, t3 6.7. sin: MAS t0 3,t1 2, t2 2, t3 2;
My t0 27.9,t1 21.4, t2 22.1,t3 26.6; cMAP t0 7.3, t1 0.5, t2 2.5, t3 7.
Conclusioni: I valori della MAS, miometria e cMAP del nervo peroneo, nel muscolo tibiale
anteriore bilateralmente sono risultati essere leggermente inferiori rispetto a quelli rilevati
precedentemente, sempre agli stessi tempi, durante i trattamenti solo con TB e solo con
Sativex®; I dati indicano che l'utilizzo combinato di TB-cannabinoidi nella modulazione della
spasticità nella SM ha ripercussioni positive sulla qualità di vita della paziente
- The Pharmacologic and Clinical Effects of Medical Cannabis Laura M. Borgelt, Kari L. Franson,
Abraham M. Nussbaum, and George S. Wang. PHARMACOTHERAPY Volume 33, Number 2, 2013.
- Assessment of blinding to treatment allocation in studies of a cannabis-based medicine (SativexW)
in people with multiple sclerosis: a new approach . Stephen Wright1*, Paul Duncombe1 and Douglas
G Altman2. Wright et al. Trials 2012.
- Mini-review Cannabinoidi e Sistema Endocannabinoide . Franjo Grotenhermen nova-Institut,
Goldenbergstraße 2, D-50354 Hürth, Germany Cannabinoids 2006.
P32 VALUTAZIONE DI PREDISPOSIZIONE E MOTIVAZIONE ALL’USO DI
TECNOLOGIE IN PERSONE CON SCLEROSI MULTIPLA. STUDIO DI UN SISTEMA PER
IL MONITORAGGIO MOTORIO E COGNITIVO NON INTRUSIVO.
A. Tacchino, E. d’Amico, M. Ponzio, C. Spelta, S. Addeo, E. Piccardo, L. Pedullà, S.
Facchinetti, G. Brichetto, M. Bulgheroni
Fondazione Italiana Sclerosi multipla, Area Ricerca Scientifica
Introduzione: Negli ultimi anni le tecnologie hardware e software hanno mostrato un loro
crescente utilizzo sia nella vita quotidiana che in ambito riabilitativo. Si è così resa sempre
più evidente la necessità di valutare la disposizione al loro utilizzo. In particolare ciò è
maggiormente importante per sistemi indossabili creati per facilitare la qualità della vita di
persone con deficit motori e cognitivi. Scopo del presente studio è la valutazione della
propensione di persone con Sclerosi Multipla (PwMS) all’utilizzo di un sistema indossabile
per il monitoraggio motorio e cognitivo delle attività quotidiane finalizzato all’individuazione
precoce di variazioni dello stato psicofisico.
Materiali e Metodi: Lo studio utilizza il Technology Acceptance Model (TAM), strumento
standardizzato per misurare la predisposizione e la motivazione all’uso di tecnologie. Il
modello valuta l’utilità e la facilità d’uso percepite dall’utente sul sistema di interesse e si
applica attraverso la somministrazione di un questionario su scala Likert, previa illustrazione
delle sue caratteristiche tecniche agli intervistati. Il sistema qui in oggetto, indossabile e non
intrusivo e ancora in fase di progettazione, permette il monitoraggio motorio e cognitivo
lungo la giornata e il conseguente stato di benessere personale. I dati registrati verranno
giornalmente e automaticamente trasmessi al tablet o smartphone personali per analisi
capaci di individuare un possibile declino nelle performance motorie e cognitive e suggerire
semplici esercizi gestibili autonomamente per “ripristinare” i livelli ottimali. Sono state
intervistate 28 PwSM (età media 49,82 anni; EDSS 0- 8; forme RR, SP, PP).
Risultati: I risultati preliminari riguardo l’utilità percepita mostrano che i PwMS considerano il
sistema utile (75%) e capace di migliorare le proprie attività (79%) nonostante la minore
intenzione di utilizzo futuro (61%). Tale discrepanza può essere dovuta all’attuale mancanza
di un prototipo del sistema. Inoltre il 57% del campione ha un buon rapporto con la
tecnologia e non ne è spaventato (70%): il sistema è dunque ritenuto facile da usare e, se
supportata la fase di apprendimento, pienamente utilizzabile (68%) anche gradevolmente
(64%). Inoltre, una preesistente familiarità con le tecnologie ne favorisce l’uso. Variazioni
legate all’età e decorso sono attese e attualmente sotto indagine.
22
Conclusioni: Lo studio evidenzia una buona inclinazione all’utilizzo della soluzione proposta.
È questo un presupposto necessario per la progettazione del sistema che verrà disegnato e
sviluppato grazie alla partecipazione degli utenti finali. Lo stesso modello di TAM sarà poi
applicato durante la fase di prova del sistema per verificare come l’utilizzo possa modificare
le percezioni iniziali.
P33 LA RIABILITAZIONE INTENSIVA IN SOGGETTI AFFETTI DA SCLEROSI
MULTIPLA: EFFETTI SULLA CAPACITÀ DEAMBULATORIA E SULLA QUALITÀ DI
VITA
M. Venturi, C. Fanciullacci, I. Sabella, B. Rossi, C. Chisari
U.O. Neuroriabilitazione – Dipartimento di Neuroscienze-Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
Introduzione: La disabilità in soggetti affetti da Sclerosi Multipla (SM) si manifesta
soprattutto attraverso alterazioni del cammino, che con il tempo portano a gravi
complicanze come un aumento del rischio di caduta. L’esercizio fisico nei soggetti SM
induce un incremento delle funzioni motorie e riduce il senso di fatica. Tuttavia dalla
letteratura non emergono indicazioni chiare circa la specificità dell’intervento riabilitativo.
Materiali e Metodi: Abbiamo selezionato 17 soggetti, di età media 49 anni e moderata
disabilità (EDSS 4-5). I pazienti sono stati sottoposti a trattamento riabilitativo intensivo:
circuito funzionale a valenza progressiva, organizzato in: compiti motori che rispecchiano le
ADL, endurance del cammino e rinforzo muscolare. Ciascun soggetto ha effettuato 10
sedute, nell’arco di 2 settimane, 5 sedute/sett. All’inizio e al termine del trattamento sono
state effettuate scale clinimetriche (6 MWT, 10 MWT, TUG, Dynamic Gait Index,
Physiological Cost Index, Scala di Berg), scale psicologiche ( SF-36, PHQ-9, FSS, MSIS).
Risultati: I risultati sono stati analizzati con il test di Wilcoxon. Abbiamo ottenuto un
miglioramento: della velocità del cammino (10MWT p=0.047), destrezza (TUG p= 0.018)
equilibrio nei passaggi posturali (BBS p< 0.001) e durante la deambulazione (DGI p= 0.018)
ed un decremento del dispendio energetico ( PCI p= 0.034). E’ stato osservato inoltre una
diminuzione dell’impatto della malattia sulla vita quotidiana (MSIS p= 0.08, un miglioramento
dell’umore (PHQ-9 p<0.001); la sensazione di fatica e la qualità di vita hanno mostrato un
miglioramento seppur non statisticamente significativo.
Discussione: I dati ottenuti, nel complesso, evidenziano che un trattamento intensivo e taskoriented non si presenta dannoso per i pazienti SM e migliora alcune funzioni motorie.
Inoltre il miglioramento funzionale ha una buona ricaduta anche sul tono dell’umore,
sull’impatto della malattia, sulle attività quotidiane e quindi sulla qualità di vita. In
conclusione possiamo affermare che un trattamento come quello da noi proposto può
essere utilizzato in maniera specifica su pazienti SM con disabilità moderata.
Bibliografia:
U Dalgas, E Stenagerand, T Ingemann-Hansen. Multiple sclerosis and physical exercise:
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A J Mitchell, J Benito-León, JM González, J Rivera-Navarro. Quality of life and its assessment in
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2005; 4: 556–66.
P35 INFLUENZA DELLA ALTERAZIONE DELLA VISIONE BINOCULARE NELLE
STRATEGIE MOTORIE DELLA DEAMBULAZIONE NEI SOGGETTI CON STRABISMO
I. Aprile1, M. Ferrarin2, L. Padua1,3, E. Di Sipio1, C. Simbolotti1, S. Petroni4 , C. Tredici5 e A.
Dickmann5
1 Fondazione Don Carlo Gnocchi, SM Provvidenza Laboratorio del Movimento, Roma, Italia
2 Fondazione Don Carlo Gnocchi IRCCS, Polo Tecnologico, Milano, Italia
3 Dipartimento di Neuroscienze, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia
4 Dipartimento di Oftalmologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italia
5 Istituto di Oftalmologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia
INTRODUZIONE
Scopo del presente studio è eseguire l'analisi del cammino in soggetti con strabismo al fine
di valutare la possibile influenza di un’alterata visione binoculare sulle strategie
neurofisiologiche della deambulazione. La nostra ipotesi è che gli adattamenti
neurosensoriali presenti nello strabismo potrebbero influenzare il ciclo del passo.
MATERIALI E METODI
Sono stati inclusi nello studio 25 pazienti con strabismo ad insorgenza congenita o precoce
(19 esotropici, 6 exotropici) e 21 soggetti sani comparabili per età. Su tutti i soggetti sono
state eseguite valutazioni di parametri spazio-temporali, parametri cinematici e grandezze
cinetiche caratterizzanti la deambulazione. Le acquisizioni, eseguite per mezzo del sistema
stereofotogrammetrico SmartD500, sono state eseguite lungo un percorso rettilineo di circa
6 metri.
RISULTATI
Abstract Book
Per quanto riguarda i parametri spazio-temporali, il confronto tra il gruppo dei pazienti e
quello dei controlli ha mostrato una riduzione significativa della lunghezza del passo nei
pazienti (p<0,0000). Un’analisi tra i due tipi di strabismo e i controlli sani ha mostrato un
comportamento differente di questo parametro tra gli esotropici e gli exotropici rispetto ai
sani: i primi hanno una larghezza del passo del passo inferiore ai soggetti sani (p<0.01); gli
exotropici hanno una larghezza maggiore dei sani (anche se non statisticamente
significativa).
Per quanto riguarda i dati cinetici, i pazienti exotropici hanno mostrato una potenza inferiore
alla caviglia rispetto sia ai soggetti sani che ai pazienti esotropici .
Inoltre, la deviazione dei valori di angolo di fissazione per lontano e per vicino hanno
mostrato una relazione statisticamente significativa con la potenza massima al ginocchio e
alla caviglia e con la larghezza del passo: nei pazienti exotropici l’aumentata larghezza del
passo risulta correlata con l'aumento dell'angolo di deviazione, e l'aumentato angolo
deviazione è in relazione con una riduzione della potenza al ginocchio e alla caviglia. Nei
pazienti esotropici una ridotta larghezza del passo è correlata con l'aumento dell'angolo di
deviazione, e l’aumentato angolo di deviazione è correlato con una maggiore potenza al
ginocchio e alla caviglia .
CONCLUSIONI
In conclusione, sembra che i pazienti exotropici ed esotropici si comportino diversamente
per compensare le loro difficoltà nel cammino; queste diverse strategie probabilmente sono
dovute alle differenze di un campo visivo ampliato nei pazienti exotropici e ridotto nei
pazienti esotropici. Questi dati dovrebbero essere considerati nel programma riabilitativo di
pazienti affetti da strabismo congenito o precoce.
REFERENCES
[1 ] Iosa M, Fusco A, Morone G, Paolucci S. Effects of visual deprivation on gait dynamic stability.
ScientificWorldJournal. 2012;2012:974560.
[2] Legrand A, Quoc EB, Vacher SW, Ribot J, Lebas N, Milleret C, Bucci MP. Postural control in
children with strabismus: effect of eye surgery. Neurosci Lett. 2011 Aug 26;501(2):96-101.
P36 VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI VITA NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER: UN
CONFRONTO PAZIENTE-CAREGIVER
C. Zucchella1, M. Bartolo2, M. Picascia1, S. Bernini1, G. Sandrini3, E. Sinforiani1
1Laboratorio di Neuropsicologia/Unità Valutazione Alzheimer, IRCCS Istituto Neurologico Nazionale
Fondazione C. Mondino, Pavia, Italia
Introduzione: Lo studio della Qualità di Vita (QdV) nei pazienti affetti da Malattia di
Alzheimer (AD) non è ben definito a causa delle difficoltà insite nell’effettuare questo tipo di
valutazione in pazienti con disturbi cognitivi. Ad oggi non esiste una terapia definitiva per la
cura dell’AD e l’ottimizzazione della QdV rappresenta quindi l’unico risultato raggiungibile in
ogni fase della malattia. Poter valutare la QdV appare quindi indispensabile, anche se
diverse evidenze suggeriscono una discrepanza tra la percezione della QdV espressa da
paziente e caregiver. Obiettivo dello studio è stato quello di valutare le variabili associate
alla QdV di pazienti affetti da AD e confrontare le valutazioni dei pazienti e dei loro
caregivers.
Materiali e metodi: Lo studio ha arruolato coppie consecutive di pazienti affetti da AD con il
loro caregiver primario, informale. Oltre ad un questionario socio-demografico i pazienti
sono stati valutati con Mini Mental State Examination, Geriatric Depression Scale, Activity of
Daily Living, Instrumental Activity of Daily Living, Neuropsychiatric Inventory. Inoltre, i
caregiver hanno completato il Beck Depression Inventory e il Caregiver Burden Inventory.
La QdV è stata valutata attraverso il Quality of Life – AD (QoL-AD), che fornisce un
punteggio di autovalutazione delle propria QdV espresso dal paziente ed una valutazione
della QdV del paziente, valutata dal caregiver.
Risultati: Sono state arruolate 62 coppie. Secondo le valutazioni dei pazienti, la QdV correla
positivamente con l’autonomia nel quotidiano e negativamente con l’umore depresso,
mentre la QdV dei pazienti espressa dai caregiver correla negativamente con umore
depresso e disturbi comportamentali. Dall’analisi è emersa la tendenza da parte dei
caregiver a sottostimare la QdV rispetto alle autovalutazioni dei pazienti; l’analisi di
regressione ha identificato l’indipendenza del paziente nello svolgimento delle attività
quotidiane di base,la presenza di disturbi comportamentali, così come la depressione ed il
“carico” dei caregiver come i principali fattori predittivi di tale discrepanza nelle valutazioni.
Conclusioni: Questi risultati suggeriscono che molti fattori giocano un ruolo nella definizione
di un concetto complesso come quello di QdV e che spesso le valutazioni fornite dai
pazienti e dai familiari non coincidono. Pertanto, l’utilizzo dei familiari come sostituti del
24
paziente nell’esprimere valutazioni relative alla QdV deve essere considerato con cautela,
tendendo sempre conto della presenza di potenziali bias.
P37 IL PROTOCOLLO GCA CRONICI DI SAN PELLEGRINO TERME
G.P. Salvi, A. Quarenghi, L. Manzoni, L. Smirni, M.G. Inzaghi, M. Simonini, E. Ancona
Istituto Clinico Quarenghi
INTRODUZIONE
Scopo dello studio è valutare l’outcome dei pazienti sottoposti a protocollo GCA Cronici a
San Pellegrino Terme.
MATERIALI E METODI
Sono stati studiati 26 pazienti provenienti dal reparto di Riabilitazione Neuromotoria
dell’Istituto Clinico Quarenghi affetti da GCA con evento acuto da almeno 12 mesi, età
compresa tra 25 a 84 anni. Il campione era costituito da 9 femmine e 17 maschi e la durata
del protocollo in regime di ricovero era 1 mese. I criteri di esclusione erano gravi limitazioni
osteoarticolari; gravi lesioni da decubito; gravi comorbidità cardiocircolatorie ed un evento
acuto entro i 12 mesi. Il protocollo prevedeva: valutazione fisiatrica iniziale con utilizzo delle
scale TINETTI, FIM e MMSE, valutazione cognitiva eseguita dal neuropsicologo,
trattamento di riabilitazione neuromotoria (30 min) comprendente esercizi per la facilitazione
e la modulazione del carico dinamico, per il miglioramento della fase oscillante ed il training
del passo con il superamento degli ostacoli e l’esecuzione delle scale; si proseguiva con il
trattamento con pedana stabilometrica modello BIODEX BALANCE SD (15 min) per l’analisi
dell’indice di stabilità e di oscillazione, il trattamento con treadmill modello BIODEX GAIT
TRAINER (15 min) per valutare la velocità del cammino, il ciclo del passo e la relativa
lunghezza oltre che la distribuzione del carico. Il protocollo prevedeva anche il trattamento
in ambito ecologico (TEST ECOLOGICO DEL CAMMINO DI SAN PELLEGRINO TERME)
ossia la valutazione delle attività eseguite all’esterno della palestra: come camminare su
ciottolato, su sentieri o tra la gente, salire e scende dalle scale. Discriminante per l'accesso
al trattamento con Realtà Virtuale (30 min) era il punteggio MMSE ?24 (punteggio corretto).
La valutazione finale veniva eseguita dal medico fisiatra.
RISULTATI
Analizzando i parametri in ingresso ed in dimissione abbiamo ottenuto un incremento medio
della FIM (11.21%), della Tinetti (20.18%), con una riduzione del rischio di caduta (indice di
stabilità ed indice di oscillazione migliorati rispettivamente del 18.5% e del 16.7%). La
velocità di deambulazione registrata al treadmill era incrementata del 60%. Migliroate anche
le lunghezze del passo destro e sinistra aumentate rispettivamente del 30% e del 40%.
CONCLUSIONI
Il trattamento secondo protocollo si è dimostrato efficace nei casi trattati. La tecnologia è da
considerare come parte importante nel processo di recupero funzionale. Lo studio è
attualmente in corso e stiamo raccogliendo ulteriori casi al fine di approfondire ulteriormente
l'analisi statistica.
BIBLIOGRAFIA
FISCHER S, GAUGGEL S, TREXLER LE, Awareness of activity limitations, goal setting and
rehabilitation outcome in patients with brain injuries., Brain Inj 2004Jun; 18:547-62
P38 IL TRAINING CON BODY WEIGHT SUPPORT (BWS) COME ADD-ON DEL
TRATTAMENTO RIABILITATIVO TRADIZIONALE NELLA MALATTIA DI PARKINSON
R. De Icco(1), M. Berlangieri(1), Y. Falzone(2), M. Allena(2), I. De Paoli(1), M. Fresia(2), M.
Bolla(2), C. Tassorelli(1,2), G. Sandrini(1,2)
(1) Centro per le Tecnologie Innovative in Neuroriabilitazione, Dipartimento di Scienze del Sistema
Nervoso e del Comportamento, Sezione di Neurologia Clinica e Riabilitativa, Università degli Studi di
Pavia, Pavia; (2) Unità Complessa di Neuroriabilitazione, IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico
Nazionale C. Mondino”, Pavia
I disturbi del cammino rappresentano uno dei sintomi più frequenti e disabilitanti della
Malattia di Parkinson (MP), determinanti alto rischio di cadute, con severo impatto sulla
qualità di vita dei pazienti. Sebbene la terapia farmacologica risulti efficace, un approccio
riabilitativo è attualmente considerato di fondamentale importanza. L’utilizzo di treadmill ed
allevio del peso corporeo (BWS) risulta efficace nei pazienti affetti da stroke o lesioni spinali,
ma ad oggi non esistono dati precisi in merito alla MP.
Scopo dello studio è dimostrare se il trattamento con BWS possa potenziare l’efficacia della
terapia riabilitativa tradizionale nei pazienti affetti da MP. Sono stati arruolati 36 pazienti
affetti da MP, sottoposti a ciclo riabilitativo in regime di ricovero della durata complessiva di
un mese. I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi omogenei per età, parametri clinici e
strumentali: il Gruppo di Controllo (n.26) veniva sottoposto a sedute di fisiochinesiterapia
tradizionale della durata di 60 minuti, mentre il Gruppo BWS (n.14) è stato sottoposto a 40
minuti di fisioterapia più 20 minuti di training con BWS.
Abstract Book
I pazienti sono stati testati prima e dopo il ciclo riabilitativo mediante scale di valutazione
(UPDRS, FIM) ed analisi cinematica del cammino. Abbiamo considerato i seguenti
parametri del cammino: velocità, cadenza del passo; lunghezza e durata del ciclo completo
del passo, della fase di singolo e doppio appoggio e della fase di volo.
Al termine del trattamento è stato riscontrato un significativo miglioramento clinico sia per il
Gruppo Controllo (UPDRS da 34,4±12 a 26,8±10,7; FIM da 99,5±16,2 a 110,1±15,4), sia
per il Gruppo BWS (UPDRS da 33,4±11,6 a 23,4±9,2; FIM da 99,6±12,3 a 107±10,4).
Nel Gruppo Controllo sono risultati significativamente aumentate la lunghezza del ciclo
passo (da 48,4±15,8 a 51,8±15,9), la velocità (da 0,73±0,2 a 0,83±0,3) e la durata della
fase di volo (da 35,5±5,8 a 38,7±11,2), con riduzione della durata della fase di singolo
appoggio (da 64,5±5,8 a 61,3±11,2).
Nel Gruppo BWS è stato riscontrato un aumento significativo della lunghezza del ciclo del
passo (da 45,1±10,8 a 47,9±9,7), della velocità (da 0,68±0,2 a 0,78±0,2) e della cadenza
(da 85,9±16,4 a 90,8±14,1), con riduzione della durata del ciclo del passo (da 1447±283 a
1353±210) e del doppio appoggio (da 384,8±201,8 a 324,4±140,9).
Tra i due gruppi solo la durata del doppio appoggio è risultata significativamente diversa
dopo trattamento, per una riduzione più evidente nel gruppo BWS.
Il training riabilitativo è risultato efficace in entrambi i gruppi con miglioramento degli
outcome principali. L’aggiunta di training con BWS riduce in maniera più evidente la durata
del doppio appoggio e sembra potenziare i risultati della fisioterapia su alcuni parametri del
passo tendendo a velocizzarne la dinamica.
Bibliografia
- Mehrolz J, et al. Treadmill training for patients witj Parkinson’s disease. Cochrane Database of
Systematic Reviews 2010, Issue 1.
- Hesse S, et al. Treadmill training with partial body weight support after stroke. Phys Med Rehabil
Clin N Am. 2003 Feb; 14 (1 Suppl):S111-23.
P40 STUDIO SUL SENSE-OF.COHERENCE NELLA MALATTIA DI PARKINSON, CASI
IN DAY HOSPITAL
A. Gison, F. Rizza, S. Lisi, S. Giaquinto
IRCCS San Raffaele Pisana
Uno degli avanzamenti moderni del rapporto medico/paziente è la visione olistica e
integrata della Medicina della Persona, travalicando il concetto di Medicina di Organo. In
questa visione si colloca il concetto di Sense of Coherence (SOC), definito come: “Il grado
di una forte e stabile convinzione di un ambiente predittivo di Salute dove le cose vanno
nella migliore maniera che uno può ragionevolmente aspettarsi”. A tutt’oggi solo un articolo
descrive il SOC nella malattia di Parkinson (PD, 1) e mancano studi in ambito riabilitativo.
La presente ricerca si propone di verificare se il LOC nel PD sia diverso rispetto a un gruppo
di controllo (CG) e se esso sia predittivo di buona qualità della vita (QoL) e di basso disturbo
emotivo (HADS).
Il campione è composto da 50 casi di PD (31 uomini, età media 67 anni, istruzione media 10
anni, MMSE>24), reclutati in regime di Day Hospital, confrontati con 50 volontari sani,
pareggiati per età, sesso e istruzione. Lo studio è di tipo cross-sectional.
La distribuzione dei dati è risultata quasi-gaussiana. CG: media 56 (ds 6), PD media 54 (ds
7). La differenza CG/PD non è statisticamente significativa. Anche i Fattori che compongono
la SOC sono sovrapponibili
(C = comprensibilità, Ma = gestibilità, Me = significato). Infatti,
CG: C 23 Me 16 Ma 17. PD: C 22 Me 16 Ma 16
Correlazioni di Pearson: SOC/WHO-5, R= 0.35, SOC/HADS: R= -0.39.
In conclusione, apparentemente il SOC dei PD è uguale a quello della gente comune. Il
dato si spiega, secondo noi, con le difficoltà sociali contemporanee, che hanno abbassato i
valori nella popolazione esterna. Infatti in uno studio italiano del 2011 (2) i valori SOC sono
più alti. A conferma di questa interpretazione ci sono i dati correlativi: alti valori SOC si
associano a buona qualità della vita e basso disturbo emotivo. Depressione e SOC sono
inversamente correlati anche in soggetti non PD (3).
Bibliografia
1) Pusswald G et al. Int Psychogeriatr. 2012;24:1972-9.
2) Sardu C et al. Clin Pract Epidemiol Ment Health. 2012;8:1-6.
3) Luutonen S et al. J Ment Health. 2011;20:43-51.
26
3) Zampieri M, de Souza EA. J Health Psychol. 2011;16:980-7.
P41 STUDIO SUL LOCUS OF CONTROL IN PERSONE CON PARKINSON IN AMBIENTE
RIABILITATIVO
A. Gison, F. Rizza, F. Tonto, S. Giaquinto
IRCCS San Raffaele Pisana
Preferenza Poster
La Medicina ha valorizzato negli ultimi anni i tratti di personalità che possono condizionare il
cosiddetto coping nelle malattie disabilitanti. Il Locus Of Control (LOC) è un modo di
pensare, di sentire e di vivere (1). Il LOC è stato poco studiato nella malattia di Parkinson
idiopatico (PD,2 e 3), ma mai in ambiente riabilitativo, pur essendo chiara l’importanza del
coping per gestire la propria vita in condizioni stressanti. Il LOC quindi indica la percezione
che ciascuno ha circa la possibilità di controllo sui fatti della propria esistenza. Esistono due
tipologie: attribuzione interna del controllo della propria vita (LOC int) e attribuzione esterna
del controllo (LOC ext), per effetto di fattori extra-personali, ad esempio il destino. Il LOC è
considerato importante in psicologia, perché determina l’atteggiamento, la motivazione e la
spinta ad agire dell’individuo.
La presente ricerca si propone di verificare se il LOC nel PD sia diverso rispetto a un gruppo
di controllo e se sia predittivo di buona qualitè della vita (QoL) e disturbo emotivo (HADS).
Il campione è composto da 50 casi di PD idiopatico (31 uomini, età media 67 anni,
istruzione media 10 anni, MMSE>24), reclutati in regime di Day Hospital, confrontati con 50
volontari sani, pareggiati per età, sesso e istruzione. Lo studio è di tipo cross-sectional.
La distribuzione dei dati è risultata quasi-gaussiana. In CG: LOC ext medio 18 (ds 9) e LOC
int 24 (ds 5). Nei PD LOC ext 27 (ds 8) e LOC int 23 (ds 6). Nei PD il LOC ext è più alto del
LOC int (P= 0.008). Il LOC ext dei PD è anche nettamente superiore al valore analogo dei
CG (P< 0.00001). Viceversa i LOC interni dei CG e PD non mostrano differenze
statisticamente significative.
Le correlazioni di Pearson nei PD sono significative solo per il LOC ext: LOC ext e WHO-5
(R= -0.32); LOC ext e HADS (R= 0.35). Invece, LOC imt e WHO-5 (R= -0.01); LOC int e
HADS (R= -0.17).
In conclusione, il LOC ext mostra la più netta differenza con CG e la migliore correlazione
con QOL e HADS. Conviene, quindi, inserire questa variabile in modelli gerontologici.
Bibliografia
1) Farma T, I. Cortinovis I. www.isuri.org/Farma2000.html
2) Gruber-Baldini AL et al. Parkinsonism Relat Disord. 2009;15:665-9.
P42 RECUPERO DELLA FLUIDITÀ DEL CAMMINO DOPO CHIRURGIA DI
CORREZIONE DEL PIEDE EQUINO-VARO (PEV) IN SOGGETTI CON ESITI DI STROKE
VALUTATO CON ACCELEROMETRO TRIASSILE. STUDIO PROSPETTICO.
E. Giannotti, P. Zerbinati, M. Longhi, A. Merlo, P. Prati, S. Masiero, D. Mazzoli
Dipartimento di Riabilitazione Ortopedica, Università degli Studi di Padova, Padova (PD)
INTRODUZIONE: Nel PEV, la più frequente deformità a seguito di danno cerebrovascolare,
si assiste a modificazioni del pattern deambulatorio, con importante asimmetria e riduzione
della fluidità. L'acceleromero triassiale è in grado di misurare la fluidità del cammino,
indicatore indiretto di consumo energetico [1].
MATERIALI E METODI: in12 pazienti emiplegici (52+/-11 anni, 6 emiplegici dx, 4+/-2 anni
dall’evento, Functional Ambulation Classification 2-5, Walking Handicap Scale 3-6, 6
Minutes Walking Test 37-390 m) è stata valutata la deambulazione mediante accelerometro
(GWalk, BTS, Milano) prima, ad 1 e 3 mesi dall’intervento di chirurgia correttiva di PEV.
Dalla prima giornata post operatoria i pazienti sono stati sottoposti a trattamento riabilitativo
intensivo assistito da ortesi per 30 giorni. Si sono sviluppati algoritmi adatti all’analisi di
tracciati accelerometrici dei pazienti con importante asimmetria e si sono calcolati i
parametri temporali del cammino, gli indici di simmetria [2] e di fluidità complessiva [3]. Il
confronto degli indici nel tempo è stato effettuato mediante utilizzato il test di Wilcoxon per
dati appaiati.
RISULTATI: Nel campione esaminato la cadenza media è aumentata da 61+/-24 step/min a
72+/-23 (p<0.05) e si è mantenuta a 3 mesi mentre la fluidità del cammino è aumentata
progressivamente nel tempo, con significatività al terzo mese (p<0.05) (Figura).
Gli indici di simmetria hanno mostrato un comportamento differente nei vari soggetti. A un
mese dall'intervento in 9 soggetti su 12 gli indici di simmetria sono migliorati verso la
normalità. Di questi, 6 sono ulteriormente migliorati a tre mesi mentre 3 sono ritornati verso
un cammino asimmetrico. Tale comportamento si è verificato nei soggetti più asimmetrici
alla valutazione pre-operatoria. Nei restanti 3 soggetti su 12 gli indici di simmetria sono
risultati peggiorati ad un mese, a seguito di una netta riduzione nell'ampiezza del picchi di
accelerazione antero-posteriore relativi al lato plegico, con un parziale recupero al terzo
mese. Questi 3 pazienti erano i più compromessi nel campione considerato alla valutazione
pre-chirurgica (vel. 0.1-0.3 m/s e tripode).
CONCLUSIONI: La correzione chirurgica abbinata a trattamento riabilitativo precoce ha
migliorato la cadenza e la fluidità del cammino nel pazienti con PEV a 3 mesi dall'intervento.
Abstract Book
Il recupero della simmetria è variabile ed è influenzato dal livello funzionale pre-operatorio
del paziente. La valutazione accelerometrica, semplice ed ambulatoriale, può essere
utilizzata per monitorare l’evoluzione dei pazienti attraverso indici globali di simmetria e
fluidità del cammino.
BIBLIOGRAFIA: [1] Gait & Posture 9 (1999) 207-231; [2] Gait & Posture 18 (2003) 1–10. [3]
NeuroRehabilitation 33 (2013) 523–530
28