99 - Centro Studi Cinematografici

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99 - Centro Studi Cinematografici
SOMMARIO
n. 99
Anno XV (nuova serie)
n. 99 maggio-giugno 2009
Amici del bar Margherita (Gli) ............................................................
11
Angeli e Demoni ................................................................................
18
Antichrist ............................................................................................
27
Appaloosa ..........................................................................................
32
Battaglia per la Terra in 3D ................................................................
38
Canto di Paloma (Il) ...........................................................................
46
17 Again – Ritorno al liceo ................................................................
25
Disastro a Hollywood .........................................................................
33
Estate ai Caraibi (Un’) .......................................................................
3
Spedizione in abb. post.
(comma 20, lettera C,
Legge 23 dicembre 96, N. 662
Filiale di Roma)
Fortapàsc ..........................................................................................
15
Franklyn .............................................................................................
36
Fuga dal Call Center ..........................................................................
47
Si collabora solo dietro
invito della redazione
Fuori menù ........................................................................................
21
Garage ...............................................................................................
4
Hannah Montana – The Movie ..........................................................
17
Io & Marley ........................................................................................
13
Lezioni d’amore .................................................................................
35
Look Both Ways – Amori e disastri ....................................................
45
Louise-Michel ....................................................................................
42
Notte al museo 2 (Una) – La fuga .....................................................
20
Quarantena ........................................................................................
29
Reader (The) – A voce alta ...............................................................
30
Riunione di famiglia ...........................................................................
26
Rocknrolla ..........................................................................................
23
Sacro e profano .................................................................................
7
Sbirri ..................................................................................................
6
Sogno nel casello (Il) .........................................................................
5
Star System ......................................................................................
9
Terazza sul lago (La) .........................................................................
10
Terminator Salvation ..........................................................................
24
Ti stramo ............................................................................................
40
Ultimo crodino (L’) ..............................................................................
43
Uninvited (The) ..................................................................................
14
Uomini che odiano le donne ..............................................................
39
Vincere ..............................................................................................
2
Bimestrale di cultura cinematografica
Edito
dal Centro Studi Cinematografici
00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6
tel. (06) 63.82.605
Sito Internet: www.cscinema.org
E-mail: [email protected]
Aut. Tribunale di Roma n. 271/93
Abbonamento annuale:
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intestato a Centro Studi Cinematografici
Direttore Responsabile: Flavio Vergerio
Direttore Editoriale: Baldo Vallero
Cast e credit a cura di: Simone Emiliani
Segreteria: Cesare Frioni
Redazione:
Marco Lombardi
Alessandro Paesano
Carlo Tagliabue
Giancarlo Zappoli
Hanno collaborato a questo numero:
Veronica Barteri
Elena Bartoni
Chiara Cecchini
Tania Di Giacomantonio
Fabio de Girolamo Marini
Silvio Grasselli
Elena Mandolini
Diego Mondella
Fabrizio Moresco
Francesca Piano
Manuela Pinetti
Valerio Sammarco
Stampa: Tipostampa s.r.l.
Via dei Tipografi, n. 6
Sangiustino (PG)
Nella seguente filmografia vengono
considerati tutti i film usciti a Roma e
Milano, ad eccezione delle riedizioni.
Le date tra parentesi si riferiscono alle
“prime” nelle città considerate.
Film
Tutti i film della stagione
VINCERE
Italia/Francia, 2009
Art director: Briseide Siciliano
Trucco: Francesco Nardi
Acconciature: Patrizia Corridoni
Supervisore effetti speciali: Fabio Traversari
Effetti visivi: Massimo Cipollina
Supervisore effetti visivi: Stefano Marinoni
Suono: Gaetano Carito
Interpreti: Giovanna Mezzogiorno (Ida Dalser), Filippo Timi (Benito Mussolini), Fausto Russo Alesi (Riccardo Paicher), Michela
Cescon (Rachele Guidi), Pier Giorgio Bellocchio (Pietro Fedele), Corrado Invernizzi (dottor Cappelletti), Paolo Pierobon (Giulio Bernardi), Bruno Cariello (Giudice), Francesca Picozza (Adelina), Simona Nobili (Madre Superiora), Vanessa Scalera (Suora Misericordiosa), Giovanna Mori (La Tedesca), Silvia Ferretti
(Scarpette Rosse), Corinne Castelli (Lacrime), Patrizia Bettini
(La Cantante), Fabrizio Costella (Il piccolo Benito Albino)
Durata: 128’
Metri: 3416
Regia: Marco Bellocchio
Produzione: Mario Gianani per OffSide/Rai Cinema/Celluloid
Dreams Productions in collaborazione con Istituto luce
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 20-5-2009; Milano 20-5-2009)
Soggetto: Marco Bellocchio
Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Daniela Ceselli
Direttore della fotografia: Daniele Ciprì
Montaggio: Francesca Calvelli
Musiche: Riccardo Giagni
Scenografia: Marco Dentici
Costumi: Sergio Ballo
Produttore esecutivo: Olivia Sleiter
Direttore di produzione: Lilia Cioccarelli
Casting: Stefania De Santis
Aiuto regista: Francesca Polic Greco
Operatori: Matteo Carlesimo
Operatore Steadicam: Matteo Carlesimo
1
914, Milano. Benito Mussolini è un
giovane e arrembante giornalista
del quotidiano socialista L’Avanti.
Un giorno, mentre sta sfuggendo alle guardie, dopo aver guidato un infiammato corteo da cui si levano inni minacciosi contro
il Re, si imbatte per caso in una donna.
Lei si chiama Ida Dalser, è originaria
della provincia di Trento e gestisce un atelier di moda. Tra i due, che si frequentano
clandestinamente, scoppia subito una passione sfrenata, fatta di focosi e concitati
incontri amorosi.
Nel momento in cui l’Italia si trova a
scegliere se partecipare o meno alla Prima Guerra mondiale, Mussolini si schiera
a fianco degli interventisti, rinnegando così
la sua iniziale posizione di convinto pacifista.
Capisce che questa è finalmente l’occasione giusta per dar sfogo alle sue grandi
ambizioni politiche. Fonda quindi un nuovo giornale, Il Popolo d’Italia, grazie anche al generoso contributo in denaro della
Dalser, disposta a vendere tutti i suoi averi per amore del suo uomo.
Due anni più tardi, dalla loro relazione, nasce Benito Albino, che egli riconosce come suo figlio naturale. Nel frattempo, però, Mussolini si è sposato con Rachele Guidi, una donna di umili origini
dalla quale ha avuto una figlia, Edda.
2
Quando Ida scopre la verità, offesa e umiliata, cerca in tutti i modi di rivendicare il
suo status di unica moglie legittima appellandosi alle autorità.
Ma, malgrado i tentativi, più volte andati a vuoto, di riconciliarsi con l’ex amante, la donna viene mandata in esilio assieme a suo figlio piccolo. Condotta a forza a
Sopramonte (Trento), a casa della sorella
e del cognato Riccardo (cui viene assegnata la tutela del bambino), è sorvegliata
giorno e notte dagli uomini di Mussolini.
Quest’ultimo, che lei non riuscirà più
a vedere, se non attraverso le immagini dei
cinegiornali, nel 1922 si insedia al governo, dando inizio alla sua folle e vertiginosa scalata al potere. Il gesto avventato di
avvicinarsi al ministro Fedele (braccio
destro del Duce) costa alla Dalser l’arresto e l’imprigionamento nel manicomio di
S. Clemente a Venezia.
Qui, dove viene dichiarata insana di
mente, seppur costretta a vivere lontana dal
figlio e in condizioni di prostrazione, ha
comunque la forza di urlare la propria rabbia per il torto che ha subìto. Nel 1927,
dopo essere stata trasferita al nosocomio
di Pergine Valsugana, viene definitivamente interdetta.
Anche Benito Albino, strappato alle
cure dello zio per essere affidato legalmente al podestà fascista Bernardi, finisce per essere rinchiuso, prima in un istituto di suore e poi, alcuni anni dopo, anch’egli in un ospedale psichiatrico. Qui
vi morirà nel 1942, cinque anni dopo sua
madre, deceduta a seguito di un emorragia cerebrale.
Film
N
el 2006, il quotidiano francese Le
Monde, commentando il film Il
regista di matrimoni, coniò per il
suo autore la seguente definizione: «l’ultimo iconoclasta». Il piacere e la fascinazione per l’immagine (che nei decenni si è
fatto vero e proprio culto, come d’altronde
è stato per il “maestro” Buñuel) sono il
motore trainante di tutto il cinema di Marco Bellocchio. Dallo sconvolgente esordio
di I pugni in tasca (1965), all’ultima “fatica”
Vincere.
Anche in questa pellicola, infatti, non
si può non rimanere rapiti dalla magistrale
abilità di metteur en scène (inteso come
“costruttore di immagini”) dell’artista piacentino. Citiamo solo qualche esempio. Ida
Dalser attraversa una Milano scossa dai
primi fermenti della Grande Guerra: in un
clima convulso di panico generale, in cui
masse di dimostranti scappano alla rinfusa, lei emerge da una nuvola di fumo e
porta tranquillamente a spasso in carrozzella l’appena nato Benito Albino.
O ancora: Mussolini, reduce dalla battaglia sul Carso, giace ferito in un letto in
mezzo a una chiesa adibita per l’occasione a ospedale militare. Mentre sul soffitto
vengono proiettate le scene relative alla
crocifissione del Cristo. Infine, sul magico
sfondo di una gelida notte imbiancata dalla neve, un’affranta (anche se mai indomita) Dalser si arrampica alle grate del manicomio per gettare le innumerevoli lettere
scritte ma mai recapitate al Duce.
Le sequenze sopra descritte (seppur
in sintesi per ovvie ragioni di spazio) confermano la ricchezza visiva del linguaggio
di Bellocchio, più che mai stratificato: gli
inserti di repertorio in bianco e nero, finemente assemblati dalla Calvelli, rischiano,
a volte, perfino di sovraccaricare la narrazione. Ma quelle ammalianti immagini rivelano anche l’inesauribile potenziale evocativo. Qui la labile soglia che separa la
realtà dall’immaginazione viene ad annullarsi (proprio come auspicavano i benamati
surrealisti), in nome di una dimensione
quasi lisergica in cui vige uno stato di permanente epifania.
A fronte di tutto ciò, appare tempo sprecato disquisire intorno alla verosimiglianza o meno del soggetto. Corrisponde a
verità il fatto che i documenti ufficiali attestanti il matrimonio tra Mussolini e la sua
amante non siano mai stati ritrovati. Ma è
altrettanto legittimo dare atto al regista di
avere raccontato le presunte nozze come
se fosse una fantasia a occhi aperti della
donna.
D’altra parte il Maestro di Bobbio non
è nuovo alle sfide: ama confrontarsi con
pagine di storia scomode e controverse per
Tutti i film della stagione
poterle poi plasmare a propria immagine
e somiglianza. Vi ricordate la fuga di Aldo
Moro, scappato ai suoi sequestratori, nel
finale a sorpresa di Buongiorno, notte ?
Sono pochi gli autori che possono permettersi la libertà di questi slanci onirici. I sogni e gli ideali hanno il potere di cambiare
il destino del mondo.
Non è un caso, quindi, che Bellocchio
abbia scelto un’eroina dimenticata come
la Dalser, ribelle e temeraria, per declinare per l’ennesima volta il suo “cinema antagonista”. Le regole e le istituzioni non
sono mai andate giù al nostro cineasta più
arrabbiato. Sarà per questo che i Festival
non lo hanno mai premiato come invece
avrebbe meritato... .
Il suo sguardo non riconciliato si posa
sull’Italia meschina e autoritaria del Ventennio fascista, dove per sopravvivere era
necessario recitare una parte, ovvero tacere. Dove chi non era disposto a sottostare ai dettami del regime, veniva bollato
come pazzo e recluso a vita come la protagonista, con tanto di camicia di forza. Le
matte da slegare – tanto per richiamare
alla mente una pellicola cara al regista –
compaiono attraverso insistiti flashback dal
sapore vagamente sinistro.
L’unica donna capace di tenere testa
al Dux, nell’interpretazione sofferta e granitica di Giovanna Mezzogiorno, emerge
quale vera e propria icona futurista: provocatoria e incendiaria più di qualsiasi verso di Marinetti o tela di Boccioni. Ma anche istintiva, carnale e passionaria, come
testimoniano le prolungate scene di ses-
so della prima parte del film (amplessi così
intensi non si ricordavano dai tempi dello
scandaloso Il diavolo in corpo).
In queste scene di intimità non è da
meno neppure il suo partner, che dispone
della sua amante come fosse una preda o
un bottino di guerra. Filippo Timi; senza per
nulla assomigliare al capopopolo fascista,
riesce comunque a veicolare, emozioni e
pulsioni dirompenti. Anche solamente col
suo sguardo patibolare, con i suoi occhi
arroventati di sangue.
La recitazione, a tratti fin troppo esasperata nei toni e nei gesti, è un rischio
ampiamente calcolato, voluto. Ciò che
Bellocchio ha voluto infatti rappresentare
è la caricatura e la follia del potere. Basti
pensare alle scene in cui un adulto Albino,
prima di fronte ai suoi compagni e poi in
manicomio (con il volto ferito e i denti rovinati), fa l’imitazione del padre parlando
perfino in tedesco.
Dinamico, energico e chiaroscurale,
nella regia come nel montaggio e nella
scelta dei temi musicali, Vincere è un’opera di avanguardia, proprio come è il movimento artistico che si propone di fotografare. Perché sprigiona da ogni inquadratura l’ansia di nuovo, di modernità, l’utopia
del progresso. Forse, soltanto nel secondo dopoguerra, il nostro Paese ha conosciuto da vicino e coltivato la stessa fiducia nell’avvenire. Oggi, purtroppo, di quel
sano e positivo entusiasmo non è rimasta
alcuna traccia.
Diego Mondella
UN’ESTATE AI CARAIBI
Italia, 2009
Regia: Carlo Vanzina
Produzione: International Video 80/Medusa Film. In collaborazione con Sky
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 12-6-2009; Milano 12-6-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Carlo Vanzina, Enrico Vanzina
Direttore della fotografia: Claudio Zamarion
Montaggio: Raimondo Crociani
Musiche: Manuel De Sica, Luigi Mas
Scenografia: Serena Alberi
Costumi: Rossella Palma
Organizzatore generale: Totò Gallo
Suono: Candido Raini
Interpreti: Enrico Brignano (Angelo Cerioni), Carlo Buccirosso (Roberto), Biagio
Izzo (Vincenzo Acampora), Martina Stella (Laura), Enrico Bertolino (Giacomo), Alena Seredova (Anna), Paolo Ruffini (Max), Paolo Conticini (Tommy), Jayde Nicole
(Jennifer, la barista), Maurizio Mattioli (Remo Santucci), Gigi Proietti (Alberto), Sascha Zacharias (Britt Ikea), Maria Lauria (Nunziatina), Francesco Procopio (Antonio), Maurizio Antonini II (sosia Berlusconi)
Durata: 110’
Metri: 3116
3
Film
M
ax, speaker radiofonico, viene
lasciato dalla fidanzata che si
mette col suo migliore amico.
Inconsolabile segue la nuova coppia durante un viaggio ai Caraibi. Qui Max per far
ingelosire la sua ex e farla ritornare da lui
“affitta” una bellezza del luogo che spaccia per la sua compagna. Il piano riesce alla
perfezione ed i due ritornano insieme.
Angelo è l’autista di un volgare politico romano. Costretto a subire ogni forma
di sopruso dal suo datore di lavoro, durante una vacanza ai Caraibi si ribella, gli
ruba i soldi, lo fa arrestare e si gode la
vacanza in compagnia di una costosissima escort.
A Roby, un impiegato napoletano, viene diagnosticato per errore un tumore. Disperato compie una rapina e scappa ai Caraibi. Il suo medico curante, nonché amico,
lo raggiunge in vacanza spiegandogli
l’equivoco. Roby felice, ma disperato per i
soldi rubati, propone al medico di fingersi
suo compagno e stipulare una polizza sulla
vita intestata a lui. Il medico accetta e, dopo
qualche giorno, inscenano una finta morte.
Tutto va come da copione, i due stanno per
intascare il denaro, quando arriva, però, la
bella figlia del proprietario dell’Ikea con
un assegno milionario da destinare a Roby
per averle salvato giorni prima la vita. Il
“morto” e il medico fanno due conti e decidono che è meglio intascare l’assegno, piuttosto che il premio assicurativo; quindi simulano una “resurrezione” in extremis. La
signorina Ikea, alla vista do Roby vivo e
vegeto, esulta e gli chiede di tornare in Svezia con lei come suo fidanzato. L’uomo felicissimo acconsente e dona parte dell’assegno al medico.
Vincenzo, dentista partenopeo, si barcamena fra una moglie petulante e
un’amante insoddisfatta.
Con la scusa di un congresso a Miami,
parte con l’amante per i Caraibi. Qui, però,
incontra la sorella della moglie che gli rovina ogni progetto romantico. Per giustificare la sua presenza nell’isola, allora, le
dice che è stato chiamato per curare Silvio Berlusconi. Fortuna vuole che il presidente del Consiglio soggiorni effettivamente lì in quei giorni e abbia mal di denti.
Vincenzo, disponibilissimo a curarlo, gli
chiede un favore: telefonare alla moglie,
qualificarsi e chiedere il permesso di “trattenerlo” ai Caraibi per qualche settimana
per farsi curare. La moglie sentendo la
voce del premier acconsente e Vincenzo,
insieme all’amante, si gode il resto della
vacanza in spensieratezza.
Alberto vive da anni ai Caraibi. Per
campare, insieme a un bambino del posto,
mette a segno truffe a danno di ignari turi-
Tutti i film della stagione
sti. Un giorno in paese arriva una coppia
di italiani che vuole adottare il bambino
in cambio di 300.000 euro. Alberto è titubante, ma il bambino accetta dicendo che
entrambi potranno fare una vita migliore
separati. Arrivato il momento di partire,
però, decide di rimanere con Alberto e continuare a vivere di espedienti.
P
olitici corrotti, truffatori, un po’ di
malasanità, qualche escort e Silvio Berlusconi salvatore della
patria. Questo non è il ritratto del Bel Paese proveniente dalla stampa estera, ma
l’ultima fatica cinematografica dei fratelli
Vanzina, Un’estate ai Caraibi.
Fedeli alla formula scacciapensieri, gli
inventori del cinepanettone, hanno confezionato anche per quest’estate un filmettino che farà la gioia degli assidui frequentatori del cinema-discount.
A differenza, infatti, del precedente
Un’estate al mare che, in qualche modo,
omaggiava la commedia italiana e poteva
risultare godibile per alcuni aspetti,
Un’estate ai Caraibi è un simpatico minestrone di insulsaggini, troppo caldo per
essere digerito con l’afa estiva.
Le donnine scollacciate, il turpiloquio
che sostituisce i dialoghi e altre rozzezze,
non scandalizzano ormai più nessuno, ma
vale ancora la pena di alzare la voce contro una grettezza culturale che minaccia
di ammantare anche quella parte di società
non ancora nelle grinfie dei reality.
L’Italia è questa, si potrebbe obiettare,
e forse i fratelli Vanzina, a cui certo non va
insegnato il mestiere, dei cantori di gesta
che le generazioni future ringrazieranno.
Ringrazieranno e omaggeranno per aver
offerto uno spaccato reale dell’Italia balneare d’inizio millennio.
Certo la forma lascia a desiderare: la
sceneggiatura è faticosa, i comici sono
drammaticamente tristi, incluso purtroppo
Gigi Proietti, che nella pellicola precedente aveva meritato più di un applauso; le
uniche a salvarsi sono le presenze femminili molto credibili nel “difficile” ruolo di Miss
Maglietta Bagnata.
Particolarmente coraggiosa, viste le
ultime vicende, la scelta di inserire fra i vari
personaggi il premier Berlusconi (ovviamente un sosia) nel ruolo di “ruffiano aggiustatutto”, perché, oltre al singolo episodio di cameratismo maschile, sottolinea
l’inguaribile servilismo della gente semplice al potere.
Per il resto, innocuo piattume che non
viene risollevato neanche dalle incantevoli
spiagge di Antigua volutamente celate dalla
macchina da presa per dar risalto alle smorfie, agli sberleffi di un’Italia traballante, capace, però, ancora di ridere delle sue colpe.
Francesca Piano
GARAGE
(Garage)
Irlanda, 2007
Regia: Leonard Abrahamson
Produzione: Ed Guiney per Element Pictures/Broadcasting Commission of Ireland/
Bord Scannan na hEireann/Film4/Radio Telefís Éireann (RTÉ)
Distribuzione: Mediaplex
Prima: (Roma 5-6-2009; Milano 5-6-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Mark O’Halloran
Direttore della fotografia: Peter Robertson
Montaggio: Isobel Stephenson
Musiche: Stephen Rennicks
Scenografia: Padraig O’Neill
Costumi: Sonya Lennon
Produttori esecutivi: Peter Carlton, Andrew Lowe
Casting: Amy Rowan
Aiuti regista: Sean Griffin, Anna Harrison, Lisa Kelly, John Wallace
Art director: Michael Moynihan
Trucco: Tom McInerney
Acconciature: Anna Gronerus, Noel Sutton
Supervisore costumi: Angel Concepcion
Interpreti: Pat Shortt (Josie), Anne-Marie Duff (Carmel), Conor Ryan (David), Tommy
Fitzgerald (Declan), Andrew Bennet (Sully), Denis Conway (Garda Michael), Tom Hickey (Sig. Skerrit), George Costigan (Dan), John Keogh (Sig. Gallagher), Una Kavanagh
(Pauline), Jason Nelligan (Lester), Don Wycherley (Breffni), Suzy Lawlor (Louise)
Durata: 85’
Metri: 2610
4
Film
Tutti i film della stagione
I
n una piccola e semideserta cittadina irlandese, Josie lavora presso la stazione di servizio del signor
Gallagher. È un uomo solo, ha un’anca fuori
posto, cammina male e vive in un modesto
alloggio: nonostante ciò, ha conservato l’ingenuità di un bambino, è dotato di un gran
cuore e ha il sorriso sempre pronto. La sua
vita monotona si svolge tra il lavoro, le soste al negozio di alimentari della graziosa
Carmel per cui nutre una segreta passione
e le serate al pub in cui i compaesani lo
prendono in giro per la serietà e la dedizione che mette nel suo lavoro. Un giorno il
signor Gallagher gli presenta David, un
quindicenne che lo andrà ad aiutare nei
weekend. Ben presto, Josie fa amicizia con
David, anch’egli molto solo: dopo il lavoro
qualche volta, i due si siedono davanti all’officina a bere una birra. Alcune sere Josie
porta le birre a David e ai suoi amici che
passano le serate lungo la ferrovia. Una sera
al pub, Carmel, mezza ubriaca, invita Josie
a ballare con lei e per un minuto si lascia
andare ad un abbraccio. Appena Josie corrisponde al suo abbraccio teneramente, la
ragazza si ravvede e lo respinge brutalmente. Josie continua la sua vita; una sera va a
bere con David in riva al lago e i due si addormentano fino al mattino. Un giorno, un
camionista regala a Josie una videocassetta
porno. Una sera, Josie, tanto per scherzare,
mostra a David la videocassetta ma il ragazzino, infastidito e scioccato, va via. Il
giorno dopo, Josie viene prelevato dalla
polizia che perquisisce la stazione di servizio e lo conduce in commissariato. C’è stato un esposto da parte dei genitori di David: Josie ha mostrato un film porno a un
minorenne e gli ha offerto dell’alcool. Josie
cerca di difendersi dicendo che si è trattato
solo di un gioco e di qualche lattina di birra
dopo il lavoro. Josie è costernato, non capisce nemmeno di cosa lo si accusi, vuole scrivere una lettera di scuse alla madre di David
ma il poliziotto gli intima di stare lontano
dal ragazzo e dalla sua famiglia e di non recarsi in città. Poco dopo il signor Gallagher
va da Josie. Scosso, Josie va vicino al fiume
e entra piano piano nell’acqua.
J
osie è un uomo solo, cammina
male, veste male, abita in un
squallidissimo e misero alloggio,
nessuno lo ascolta sul serio, nessuno lo calcola, né come amico né tantomeno come
amante. È lontano anni luce dalla società
di oggi e ha delle qualità che oggi non sembrano contare più come l’onestà, la disponibilità, la generosità, l’ingenuità e ha un sorriso per tutti. È a suo modo un “diverso”.
Vive le sue giornate in una stazione di servizio isolata dove solo di rado si ferma qualche auto a fare benzina, egli compie sempre gli stessi gesti meticolosi, con grande
cura anche quando si tratta semplicemente di mettere di fuori l’espositore con i flaconi di olio lubrificante per auto.
Il piccolo paese dell’Irlanda, con il suo
piccolo pub, la sua isolata stazione di servizio, fotografate sempre con tonalità grigiastre sono un ovvio corrispondente dello stato d’animo del protagonista e dalla
sua grigia e misera esistenza, sempre animata da un sano ottimismo. Ma la provincia irlandese è bigotta e sa raggiungere
delle vette di ferocia estrema fino all’inesorabile isolamento di chi è “diverso”.
Il simbolismo rappresentato dal cavallo solitario che Josie si ferma ad accarezzare e a cui porge da mangiare sarà anche semplice e magari scontato ma è di
una potenza visiva disarmante. Come lo è
il dialogo con il vecchio disperato e solo
davanti al lago, parlando di “sporche vecchie cose”.
Un film piccolo e silenzioso ma durissimo. Il regista irlandese Leonard
Abrahamson guarda con una consistente
dose di tenerezza al suo personaggio trasformando la sceneggiatura di Mark O’Halloran (con cui aveva già collaborato nel
2004 per Adam and Paul) in una vera elegia della solitudine impreziosendola di un
finale che richiama quello di Mouchette, il
capolavoro di Robert Bresson del 1967.
Una nota di merito tutta particolare va al
protagonista, l’attore irlandese Pat Shortt
che vanta una importante carriera tra televisione e cinema, praticamente perfetto.
Vincitore del Festival di Torino nel 2007,
Garage è una perla davvero notevole.
Elena Bartoni
IL SOGNO NEL CASELLO
Italia, 2007
Regia: Bruno De Paola
Produzione: Tonino Cappiello, Nicola Spina per Vesevo Film
Distribuzione: A.B. Film
Prima: (Roma 13-3-2009; Milano 13-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Bruno De Paola
Direttore della fotografia: Saverio Guarna
Montaggio: Patrizia Ceresani
Musiche: Mario De Paola
Scenografia: Tony Di Pace
Costumi: Imma Simonetti
Suono: Alberto Bianchi
Interpreti: Clotilde Sabatino (Silvia), Lucio Allocca (Signor Fusco), Mario Porfito
(Pietro), Pietro Pignatelli (Marco), Raffaello Tullo (Luca), Carmen Scivittaro (Signora
Maria), Raffaele Esposito (Signor De Gregorio), Antonella Morea (Antonietta)
Durata: 93’
Metri: 2600
5
Film
N
apoli. Marco è un giovanotto di
trentatré anni che lavora per le
autostrade meridionali. Passando le sue giornate tra monotoni turni al casello e le soffocanti premure di sua mamma
con cui vive, una calda giornata di fine luglio Marco si imbatte per caso in Silvia, una
bella ragazza piena di bagagli che accorre
goffamente ad aiutare. Poco dopo, durante
una riunione di condominio, Marco scopre
che Silvia ha preso in affitto un appartamento nel suo stesso pianerottolo. Per il giovane
è il colpo di fulmine e si confessa con l’amico Luca che lavora nella macelleria del padre. La sua felicità però dura poco, quando,
tornato a casa, trova la madre disperata perché ha ricevuto una lettera di sfratto. La signora non vuole farsi una ragione: dopo
trent’anni, deve lasciare quell’appartamento nel giro di un mese. Deciso a farsi avanti
con Silvia prima che sia troppo tardi, Marco
riesce a “spedire” la mamma per qualche
tempo dai parenti a Paestum. Finalmente
solo, il giovane riceve la visita del ragionier
De Gregorio, proprietario dell’appartamento, che pretende di riscuotere i soldi dell’affitto del mese successivo in anticipo. Marco
finisce per avere un alterco con lui minacciando di non andarsene dall’appartamento. Subito dopo, Marco non riesce a invitare
a cena Silvia perché la madre telefona nel
momento meno opportuno. Il ragionier De
Gregorio si sfoga con il barbiere che gli suggerisce di rivolgersi a una fantomatica Agenzia Esposito. Il ragioniere si reca all’agenzia dove il losco Esposito lo rassicura che
risolveranno il suo problema con una terapia d’urto nei confronti dell’inquilino recidivo. Per strada, Marco incontra di nuovo
Silvia e tenta di invitarla a cena ma la ragazza è stanca per i suoi misteriosi turni di
lavoro notturni e preferisce andare a dormire. Quella sera, Marco riceve il primo “avvertimento”: un fattorino gli consegna un
gran numero di pizze che non ha mai ordinato pretendendo il pagamento di un conto salato. Quella stessa notte, il giovane viene tempestato di telefonate anonime e passa la notte insonne. Il giorno dopo Marco racconta a
Luca le sue disavventure; poi, tornato a casa,
trova la serratura bloccata tanto che è costretto a chiamare i vigili del fuoco. Intanto
Esposito rassicura De Gregorio: ora passeranno alle maniere forti con un professionista. Poco dopo, Marco riceve la visita di un
tale. Il giovane lo riconosce: è il suo vecchio
amico Antonio. L’uomo racconta di lavorare per un’agenzia che aiuta i proprietari delle case a cacciare gli inquilini e confessa di
essere lì per minacciarlo. Marco incontra De
Gregorio disperato davanti casa di Silvia:
tra le mani ha una lettera d’addio della ragazza che ha lasciato improvvisamente l’appartamento. Marco capisce la ragione di tutti
quei sabotaggi: De Gregorio si era innamo-
Tutti i film della stagione
rato di Silvia e voleva cacciarlo di casa per
andare ad abitare accanto alla ragazza. Ma
ora è tutto inutile, l’abitazione non gli serve
più, lo sfratto è revocato. La mamma torna a
casa e trova Marco sconsolato per la partenza di Silvia. È la sera del 31 luglio: quella
sarà una notte di fuoco per chi lavora al casello autostradale, visto che ormai milioni
di viaggiatori decidono di fare le cosiddette
“partenze intelligenti” e viaggiare di notte
creando il caos sulle autostrade. Naturalmente a Marco tocca il casello quella notte ma lo
attende una sorpresa: finalmente lavora insieme alla collega del turno di notte che non
ha mai visto, Silvia.
D
ue cuori e ... un casello. Si, avete
capito bene, un casello autostradale.
Un classico ‘teatrino alla napoletana’
modellato sul genere di L’amico del cuore,
fortunato esordio cinematografico di Vincenzo Salemme datato 1998. Ed ecco anche
qui il nostro gruppetto di maschere in salsa
partenopea: il protagonista sfortunato con
le donne, l’amico-confidente (qui è un giovanotto figlio di un macellaio che di notte,
smessi i panni del macellaio, si diletta a fare
il deejay), la mamma iperprotettiva e soffocante, il collega con cui passare le interminabili ore di monotono lavoro al casello. A
fare da contorno, un teatrino di comparse
buffe al punto giusto: il “matto” che chiede
l’elemosina al casello e che porta appesi al
collo esilaranti messaggi, il ragioniere prepotente padrone di casa, il proprietario di
una losca agenzia di “recupero crediti”, l’automobilista in piena crisi di nervi.
Il nostro giovanotto vive situazioni tra
realtà e sogno, o peggio incubo, come nel
caso della divertente scena iniziale dell’ufficio postale. Il povero ‘cocco di mamma’ è
in fila con le solite bollette da pagare tra le
mani, ma se la deve vedere con clienti che
gli fumano in faccia in barba ai divieti, con
prosperose signore che, sfinite, gli si gettano con tutto il peso addosso per alleviare la fatica di tante ore in piedi, con impiegati che si prendono tranquille pause caffè con le code interminabili agli sportelli e,
infine, con l’irruzione di un gruppo di malviventi per l’immancabile rapina. Scene da
“Napul’è mille colori” insomma.
Dietro la macchina da presa c’è Bruno
De Paola, napoletano di Torre del Greco,
classe 1968, qui al suo esordio alla regia
cinematografica dopo una lunga carriera
come regista di serie televisive. A prestare il volto al “bamboccione” protagonista è
Pietro Pignatelli, un lunga gavetta in teatro come interprete di spettacoli di prosa e
musical e in televisione come interprete di
fiction e spot pubblicitari, ben affiancato
dalla deliziosa Clotilde Sabatino, attrice di
teatro, televisione e cinema (ricordiamo la
sua apparizione nella commedia Un altro
anno e poi cresco con Paola Cortellesi).
Un racconto lineare, semplice, quotidiano, che vola lieve sulle ali di un sogno
d’amore che non ha età, anche e soprattutto ora, nell’era dei bamboccioni, paffutelli e profumati.
In quest’epoca di transizione, di precarietà, di flessibilità, di eterno movimento, non c’è da stupirsi se anche una storia
d’amore potesse sbocciare nel luogo di
passaggio per eccellenza, e cioè un casello autostradale.
Elena Bartoni
SBIRRI
Italia, 2009
Regia: Roberto Burchielli
Produzione: Raoul Bova, Chiara Giordano per Sanmarco. In collaborazione con Mauro
Parissone, Laura Guglielmetti per H24 Film
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 10-4-2009; Milano 10-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Roberto Burchielli. Con la collaborazione di Duccio
Camerini
Direttore della fotografia: Gigi Martinucci
Montaggio: Elvis Millesi, Alessandro Paseri
Musiche: Fabrizio Pippo Lamberti
Scenografia: Stefano Giambanco
Costumi: Stefano Giovani
Interpreti: Raoul Bova (Matteo Gatti), Luca Angeletti (Luca Martani), Simonetta Solder
(Sveva Gatti), Alessandro Sperduti (Marco Gatti)
Durata: 100’
Metri: 2750
6
Film
R
oma. Matteo Gatti è un affermato giornalista televisivo di successo, che spesso è assente da casa.
Il figlio adolescente, Marco, muore a Milano dopo aver preso una pasticca d’ecstasy. La moglie Sveva, incinta, casca a
pezzi. Matteo, deciso a capire chi c’è dietro al giro di droga e per colmare un senso
di inadeguatezza, parte per Milano per girare un servizio-inchiesta sulla droga. Sveva gli dice di non tornare più a casa, poiché parte proprio nel momento in cui lei
ha più bisogno della sua presenza. A Milano, Matteo, conosce l’UOCD, un’unità
speciale di agenti in borghese, in cui viene
infiltrato. Col fidato cameraman e camuffato nell’aspetto per non essere riconosciuto, inizia la sua inchiesta. Interrogatori,
piccoli inseguimenti, giovani che per motivi svariati si iniziano alla droga (fare il
fico con gli amici, problemi a casa); Matteo assiste a tutto questo, senza mai trovare la risposta agognata: chi devo incolpare della morte di mio figlio?
Nella sua mente prendono vita diversi
ricordi: Marco che gli chiede di andare a
Milano con amici, di quando gli aveva recriminato la costante assenza paterna da
casa, o di quando si era scordato di andare
all’importante finale di calcetto del figlio.
Pian piano, impara anche a conoscere
le storie personali dei poliziotti: quella
della ragazza i cui familiari non erano felici della sua scelta professionale, l’uomo
che lo fa per passione, il cosiddetto Cane
che, monitorando il comportamento degli
spacciatori, fruga per trovare la droga.
Matteo si confida col capo della squadra, in merito ad alcuni video anonimi che
riceve via mail e che ritraggono la vita del
figlio assieme agli amici, in procinto di
partire per Milano; viaggio fatto per rivedere alcune ragazze conosciute a Roma.
Tutti i film della stagione
Sveva, sola a casa, continua a non reagire.
Proseguono le indagini. Matteo, è sempre più consapevole della miseria e della
solitudine che gira attorno al mercato della droga, ma di quella risposta ancora non
c’è traccia.
Dopo giorni, capisce che non è stato
un buon padre. Manda un videomessaggio
alla moglie dicendole che l’ama ancora e
che vuole ricominciare una vita assieme;
gli risponde dicendo a sua volta che lo ama
e lo aspetterà.
Durante un’altra retata, Matteo viene
chiamato dall’ospedale: Sveva sta per partorire.
Il capo della squadra, poco prima che
Matteo parta, gli rivela d’avergli inviato
lui stesso quei videomessaggi: non si può
trovare un vero colpevole, è arrivato il momento di tornare a vivere. Con l’ultimo video, che guarda in treno, Matteo scopre
che è stata una coetanea a dare l’ecstasy
al figlio e che, fino all’ultimo, si era rifiutato di prenderla. Matteo fa riprendere la
nascita della figlia; per sua stessa ammissione, il miglior servizio da lui mai ideato.
U
n ibrido. Fiction e realtà tentano
la fusione. La storia del giornalista Matteo Gatti (finzione) incontra le vere indagini della squadra UOCD
ossia l’Unità Operativa Criminalità Diffusa.
Raoul Bova si è realmente infiltrato nella
squadra per seguirne retate e quant’altro;
proprio come Gatti; l’attore si è dovuto altresì camuffare per non farsi riconoscere
per le strade di Milano.
Il regista Roberto Burchielli è un esperto di realmovie; tanto per fare un nome l’ottimo La vittima e il carnefice girato per
RaiTre è opera sua.
In Sbirri utilizza un nuovo modo di de-
scrivere una storia già raccontata altre
volte: un padre che non si dà pace per la
morte del figlio e che preso nella ricerca
di una risposta a tale dolore, lascia andare alla deriva una già forte crisi familiare.
L’aspetto più interessante è la vita di
questi sbirri che vengono pagati poco, rischiano molto, ma continuano a lavorare
per fare qualcosa di buono, per sentirsi utili.
Ciò che proprio non funziona è la storia
personale di Matteo: troppo enfatizzata da
una recitazione che invece di commuovere, quasi infastidisce. Anche la musica segue la stessa sorte; in alcuni tratti è eccessiva, troppo patetica. Gli unici momenti di fiction che risultano reali, sono i filmini
di Marco assieme agli amici.
Un’inchiesta giornalistica e un film possiedono un proprio linguaggio indipendente, che in questo tentativo di fusione perdono i loro connotati, lasciando lo spettatore disorientato. Burchielli tenta di unificare tali linguaggi, seguendo la vicenda di
Matteo quasi sempre con una cinepresa
libera, come fosse lei stessa un documentario.
Un film che non riesce ad addentrarsi
nelle corde personali, tanto da consentirci
un’immedesimazione coi drammi del protagonista. La consapevolezza del proprio
fallimento come padre, non segue un percorso in crescita per poi sfociare nel climax; si ha più l’impressione di un assopimento di Matteo e dell’improvviso risveglio finale con grida e urla. Un esperimento alla The Blair Witch Project, sicuramente molto più ambizioso e giusto nella sua
denuncia contro la droga, ma che non funziona.
Un ibrido, che ha ancora bisogno di
tentativi per una buona riuscita.
Elena Mandolini
SACRO E PROFANO
(Filth and Wisdom)
Gran Bretagna, 2008
Acconciature: Dejan Cekanovic
Effetti speciali trucco: Vesna Giordano
Coreografie: Stephanie Roos e Tiffany Olson
Interpreti: Eugene Hutz (A.K.), Holly Weston (Holly), Vicky
McClure (Juliette), Richard E. Grant (professor Flynn), Stephen Graham (Harry Beechman), Olegar Fedoro (padre di
A.K), Inder Manocha (Sardeep), Shobu Kappor (moglie di
Sardeep), Francesca Kingdon (Francine), Elliot Levey (Benjamin Goldfarb), Tim Wallers (signor Frisk), Hannah Walters (signora Goldfarb), Clare Wilkie (Chloe), Guy Henry (Lorcan
O’Neill), Nunzio Palmara (Nunzio), Luca Surguladze (giovane
A.K.), Steve Allen (Mikey), George Keeler (uomo delicato),
Ade (DJ), Gogol Bordello (se stessi)
Durata: 80’
Metri: 2820
Regia: Madonna
Produzione: Semtex Films in coproduzione con Exposure/HSI
Distribuzione: Sacher Film
Prima: (Roma 12-6-2009; Milano 12-6-2009)
Soggetto: Dan Cadan
Sceneggiatura: Madonna, Dan Cadan
Direttore della fotografia: Tim Maurice-Jones
Montaggio: Russell Icke
Scenografia: Gideon Ponte
Costumi: B.
Produttori esecutivi: Nicola Doring, Madonna
Casting: Daniel Hubbard
Aiuti regista: Tony Fernandes, Ben Howard, Andrew Mannion
Operatore: Peter Wignall
Trucco: Sinden Dean
7
Film
A.
K. è un musicista gitano costretto a soddisfare le voglie sadomaso dei suoi clienti per poter finanziare il suo gruppo punk. Nello stesso palazzo abita il professor Flynn, uno scrittore cieco che ha smesso di scrivere e passa
le sue giornate nel buio del suo appartamento. Il musicista tenta di spronare il professore a ricominciare a scrivere; è convinto che così stia solo sprecando il suo
talento.
La giovane Juliette lavora nella farmacia dell’indiano Sardeep, ma il suo sogno
è di fare la volontaria in Africa. Juliette
divide l’appartamento con A.K. e con Holly, una ballerina di danza classica che,
nonostante il suo talento, non riesce a trovare un impiego. A.K. consiglia a Holly di
fare la spogliarellista. Sulle prime riluttante, ma spinta dal bisogno di soldi, Holly si
reca nel night gestito da Harry Beechman.
L’uomo le presenta Francine che chiama
una ballerina per farle una dimostrazione
di lap-dance. Holly si sente impacciata, è
convinta che non riuscirà a essere disinvolta in quel tipo di ballo. Francine la invita a scuotersi e a smetterla di piangersi
addosso. A pranzo con il professor Flynn,
Holly confessa di non accettare il fatto di
doversi spogliare per vivere. Flynn le cita
Isadora Duncan e poi le rivela che A.K. è
innamorato di lei. Intanto Juliette riceve
la visita della sorella che le comunica che
andrà a fare il giro del mondo con i soldi
della madre. Al lavoro, Juliette riceve le
attenzioni di Sardeep che si arrabbia con
lei perché le ha trovato delle medicine in
tasca. Juliette si licenzia annunciando la
sua intenzione di andare in Africa. Holly
si esibisce per la prima volta come lap-
Tutti i film della stagione
dancer e ottiene successo. Intanto A.K.
cerca di scuotere il professor Flynn, ma
l’uomo lo caccia via. A casa, A.K. discute
con Juliette e in quel mentre arriva Sardeep che chiede scusa alla ragazza e le
porge una lettera: il Corpo della Pace ha
accettato la sua domanda e le offre un lavoro a Nairobi presso una struttura per
bambini orfani a causa dell’AIDS. Poi Sardeep le regala il biglietto aereo e la ragazza lo abbraccia. Arriva anche Francine con
un’altra busta per Holly: le sue mance.
Poco dopo A.K. canta in un locale: tra il
pubblico ci sono tutti i suoi amici, tra cui
il professor Flynn finalmente sorridente.
S
acro e profano, istinto e razionalità, follia e normalità, bene e
male, paradiso e inferno. Due facce della stessa medaglia? A proposito di
questa sua prima esperienza da regista
Madonna ha dichiarato: “Terminato il film
mi sono resa conto che ogni personaggio
rappresenta un aspetto della mia personalità e così l’esperienza si è rivelata tanto artistica quanto terapeutica”. È vero, forse non c’è personaggio nel mondo dello
show business più multiforme della signora Ciccone: più di tutto è lei a rappresentare due facce, una star dentro e fuori le regole. E la sua opera prima mette in scena
tutto ciò che lei ama e ha sempre amato:
travestimenti, musica, ballo, trasgressione,
comportamenti sadomaso, ma tutto senza violenze e senza conseguenze pericolose, solo avventure folli compiute tanto per
il gusto di divertirsi.
Ma c’è sicuramente un altro fattore da
considerare. Nella sua vita, la ex material
girl ha collezionato tante importanti espe-
rienze e lezioni di vita tra cui anche due ex
mariti registi come Sean Penn e Guy Ritchie dai quali ha sicuramente imparato
molto, soprattutto un bagaglio utile a fare
il grande salto dietro la macchina da presa (d’altronde è forse una delle poche cose
che non aveva ancora fatto nella sua multiforme attività).
Il filmino (attenzione il diminutivo si riferisce soprattutto alla sua breve durata) ha il
merito di seminare qui e là qualche gag,
qualche effetto musicale ben riuscito (uno
su tutti, l’esibizione della lap-dancer Holly
sulle note della celebre hit “Baby, One More
Time” con indosso lo stesso mini kilt da finta
ingenua studentessa di college che indossava la popstar nel video) e qualche nota
poetica (il professore-scrittore cieco chiuso
nel suo buio appartamento). È un’opera irriverente, ma non troppo, e acuta al punto giusto. La girandola metropolitana è a tratti divertente e i tipi che la animano sono sicuramente buffi (chissà come le saranno venuti
in mente, forse scavando nell’album dei ricordi dei primi anni Ottanta, quando era una
ragazza in cerca di notorietà e cantava
spensierata hit ‘danzereccie’ come “Lucky
Star” o “Holiday”? Oppure ricordandosi dei
personaggi e situazioni in stile Lock & Stock
– Pazzi e scatenati, che resta a tutt’oggi la
pellicola migliore dell’ex marito Ritchie?). Su
tutti spicca il musicista punk-gitano che si
aggira nella giungla londinese vestito in
modo inguardabile, sbarcando il lunario
come “prostituto” pronto a soddisfare le voglie sadomaso di clienti un tantino problematici per finanziare il suo gruppo rock chiamato “Gogol Bordello”. Vera voce narrante
del film, il curioso gitano ucraino (impersonato da Eugene Hutz, musicista nato in una
cittadina vicino Kiev, poi emigrato negli Stati
Uniti, dove ha portato al successo la sua
band punk-rock-gitana dei “Gogol Bordello”) dispensa qua e là alcune “perle” di saggezza che dimostrano come, al di là di facili moralismi, al di là delle bizzarrie, la vita
sulla terra sia essenzialmente una lotta continua per la sopravvivenza, un percorso
verso il paradiso che passa necessariamente attraverso l’inferno.
Filth and Wisdom (titolo originale del
film) cioè “sporcizia” e “saggezza”, come
dire: per vivere e arrivare alla saggezza
sei costretto a sporcarti (come tutti e tre i
giovani del film). Si, il film è proprio tutt’uno
con la sua regista. Lei, la diva “sporca” ma
“saggia” che a cinquant’anni suonati non
si concede un momento di pausa. E continua a guardare alla vita con gli occhi dei
vent’anni. Sarà questo il segreto della sua
eterna giovinezza?
Elena Bartoni
8
Film
Tutti i film della stagione
STAR SYSTEM – SE NON CI SEI NON ESISTI
(How to Lose Friends & Alienate People)
Gran Bretagna, 2008
Regia: Robert B. Weide
Produzione: Elizabeth Karlsen, Stephen Woolley per Number
9 Films/Film4/Intandem Films/Aramid Entertainment Fund/Lipsync Productions/UK Film Council
Distribuzione: Mikado
Prima: (Roma 8-5-2009; Milano 8-5-2009)
Soggetto: dal libro Un alieno a Vanity Fair di Toby Young
Sceneggiatura: Peter Straughan
Direttore della fotografia: Oliver Stapleton
Montaggio: David Freeman
Musiche: David Arnold
Scenografia: John Beard
Costumi: Annie Hardinge
Produttori esecutivi: Tessa Ross, Gary Smith, Courtney Solomon, Allan Zeman
Co-produttori: Laurie Borg, Toby Young
Casting: Justine Baddeley, Kim Davis, Jina Jay
Aiuti regista: Henry Mackintosh, Matthew Penry-Davey, Lance Roehrig, Ethan Anderson, Simon Downes, Stuart Jones,
Charlie Reed
Operatore: Jim McConkey
Operatore steadicam: Pete Cavaciuti
Art directors: Ray Chan, Anthony Gasparro
Arredatore: Sara Parks
Trucco: Tamsin Dorling, Nana Fischer, Persefone Karakosta, Peter King, Flora Moody, Lucy Sibbick
S
idney Young è un impacciato giornalista inglese. Lavora per una
rivista satirica, ma sogna il mondo dorato di Hollywood.
La sua mania per le star lo porta a
infiltrarsi in ogni evento mondano, rimediando figuracce che lo rendono famoso
in tutto l’ambiente. Le sue peripezie arrivano anche oltreoceano tanto che un famoso direttore statunitense, colpito dalla
sua caparbietà, gli propone di scrivere per
lui.
Per Sidney finalmente si schiudono le
porte di Hollywood. Ai party non è più
cacciato brutalmente, ma vezzeggiato da
star e agenti. I suoi colleghi, però, non sono
altrettanto disponibili eccetto Allison che,
dopo l’ostracismo iniziale, diventa sua
amica e lo aiuta a tirarsi fuori dai guai
che puntualmente lo perseguitano anche
in terra straniera.
Una delle vittime dei suoi modi maldestri è Sophie Maes, starlette in ascesa, di
cui Sidney è follemente invaghito. La giovane attrice, però, sembra non interessarsi a lui, fino a quando al giornalista non
viene affidato più spazio all’interno della
rivista.
Sidney è lusingato dalle attenzioni di
Sophie e addirittura, qualche giorno prima di una premiazione, le regala l’anello
Acconciature: Tamsin Dorling, Colleen Wheeler, Nana Fischer,
Peter King, Flora Moody
Supervisore effetti visivi: Sheila Wickens
Coordinatore effetti visivi: Samantha Tracey
Supervisori costumi: Michael Anzalone, Gabrielle Spanswick
Supervisore musiche: Karen Elliott
Interpreti: Simon Pegg (Sidney Young), Kirsten Dunst (Alison Olsen), Jeff Bridges (Clayton Harding), Danny Huston
(Lawrence Maddox), Gillian Anderson (Eleanor Johnson),
Megan Fox (Sophie Maes), Max Minghella (Vincent Lepak),
Miriam Margolyes (sig.ra Kowalski), Kelan Pannell (Sidney
Young bambino), Janette Scott (sig.ra Young), Kelly Jo Charge (presentatrice Apollo Awards), Christian Smith, Thandie Newton (ospiti Apollo Awards), Katherine Parkinson
(PR), Miquel Brown (assistente di Clayton), Charlotte Devaney (Bobbie), Margo Stilley (Ingrid), Isabella Calthorpe
(Anna), Hannah Waddingham (Elizabeth Maddox), Diana
Kent (Rachel Petkoff), Emily Denniston (assistente di Maddox), Ashley Madekwe (Vicky), Lisa McAllister (assistente
di Sophie Maes), Julia West (Madre Superiora nel trailer),
Charles De Bromhead (giovane prete nel trailer), Jane Perry (sig.ra Harding), Connie Wheeler, Lara Emunds (bambini Harding), Andy Lucas (mago/dentista), Bill Paterson
(Richard Young)
Durata: 110’
Metri: 2910
di sua madre in cambio della promessa di
una notte d’amore.
Intanto Allison, stanca dell’ambiente
lavorativo, si licenzia per dedicarsi a un
giornalismo più di spessore.
È la notte della premiazione, Sophie è
vicino a Sidney in attesa di sapere se vincerà. Il giornalista, però, inizia a guardare con occhi diversi il mondo dello spettacolo: realizza quanto questo ambiente sia
futile e ipocrita e, in un impeto di rabbia,
cerca di riprendersi, dal dito di Sophie,
l’anello materno.
L’attrice, riluttante a riconsegnarlo,
inizia a urlare scatenando una furibonda
lotta che coinvolge tutti i presenti.
Tutte le televisioni riprendono l’accaduto e Sidney viene licenziato in tronco,
ma non è triste, anzi, coglie l’occasione
per andare da Allison per manifestarle un
affetto che lo scintillio di Hollywood aveva per troppo tempo soffocato.
E
siste ancora “La dolce vita”? No,
probabilmente no. La stessa via
Veneto, palcoscenico ideale dei
sogni degli artisti, sembra ormai soltanto
il ricordo della visione felliniana, o, per rimanere in tema, un “amarcord”.
Nell’epoca dei reality e dei social
network purtroppo non ci resta che sorbirci
9
la dolse vita o, se siamo fortunati, la dolcie
vita, entrambe volgari imitazioni di un’epoca, di uno stile di vita che, per ragioni sociali e storiche, non può essere più riproposto. Eppure, mai come in questo periodo la
voglia di apparire, o meglio, di essere parte
di un determinato circuito influenza la quotidianità di insospettabili individui.
Una volta i “divi” lo erano nell’accezione più vera, ora, invece, si sente il bisogno di toccarli, umanizzarli, farli propri anche attraverso una foto scattata per pietà.
Questa smania postmoderna è ben
rappresentata da Sidney Young, personaggio della pellicola pre-estiva Star SystemSe non ci sei non esisti.
Sidney è un giornalista mondano, ma
al di là del suo lavoro in una rivista di gossip londinese ha una vera e propria ossessione per lo showbusiness che lo porta a combinare un guaio dopo l’altro anche solo per stringere la mano al divetto
del momento.
Robert B. Weide, il regista della commedia, sceglie il filone grottesco per raccontare le disavventure di un uomo semplice che cerca di vivere i suoi “15 minuti”,
anche di luce riflessa. Ce lo mostra imbranato, simpatico, a volte patetico, ma sempre con un sostrato di dignità che esplode
nel finale.
Film
Le innumerevoli gag, alternate all’eccessivo citazionismo felliniamo, però, non
creano l’effetto voluto: la pellicola non conquista, pur lasciandosi guardare e, nel
complesso, si può giudicare alquanto mediocre.
Tutti i film della stagione
Però, bisogna riconoscerlo, descrive
bene tutti i personaggi del grande carrozzone hollywoodiano, dal manager arruffone, alla diva sul viale del tramonto,
fino alla starlette poco santa e molto peccatrice. Ma non bastano le note di Nino
Rota e neanche il bagno di una seducente Megane Fox in piscina a ricreare
un’atmosfera. La “dolce vita” è proprio
finita.
Francesca Piano
LA TERRAZZA SUL LAGO
(Lakeview Terrace)
Stati Uniti, 2008
Coordinatori effetti speciali: John C. Hartigan
Supervisori effetti visivi: Dick Edwards (Invisible Effects),
Rocco Passionino
Coordinatore effetti visivi: Sean Tompkins
Supervisore costumi: Satcy Horn
Supervisore musiche: Pilar McCurry
Interpreti: Samuel L. Jackson (Abel Turner), Patrick Wilson (Chris Mattson), Kerry Washington (Lisa Mattson), Ron
Glass (Harold Perreau), Justin Chambers (Donnie Eaton),
Jay Hernandez (Javier Villareal), Regine Nehy (Celia Turner), Jaishon Fisher (Marcus Turner), Robert Pine (capitano Wentworth), Keith Loneker (Clarence Darlington), Caleeb Pinkett (Damon Richards), Robert Dahey (Jung Lee Pak),
Ho-Jung (Sang Hee Pak), Dallas Raines (conduttore del
meteo in TV), Bitsie Tulloch (Nadine), Michael Sean Tighe
(manager), Valeri Ross (anziana signora), Dartenea Bryant
(donna), Dale Godboldo (Dale), Lynn Chen (Eden), Wiley
M. Pickett, Vincent Laresca, Paul Terrell Clayton, Jeff Cockey (agenti), Wrenna Monet, Tabitha Taylor, Khira Thomas
(spogliarelliste), Cassius Willis (poliziotto), Vanessa Bell
Calloway (zia Dorrie), Cocoa Brown (barista), Marc Chaiet (vicino), Zorianna Kit (reporter tv), Hiep Thi Le (infermiera), Ajay Mehta (dottore), Michael Landes (tenente
Bronson)
Durata: 110’
Metri: 2850
Regia: Neil LaBute
Produzione: James Lassiter, Will Smith per Overbrook Entertainment/Screen Gems
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 31-10-2008; Milano 31-10-2008)
Soggetto: David Loughery
Sceneggiatura: Howard korder, David Loughery
Direttore della fotografia: Rogier Stoffers
Montaggio: Joel Plotch
Musiche: Jeff Danna, Mychael Danna
Scenografia: Bruton Jones
Costumi: Lynette Meyer
Produttori esecutivi: John Cameron, Jeffrey Graup, David
Loughery, Joe Pichirallo
Co-produttore: Orin Woinsky
Direttore di produzione: John Cameron
Casting: Heidi Levitt
Aiuti regista: Albert Cho, Donald Murphy, Peter Dress, Renee
Hill, Marc Newland
Operatore: Paul Sanchez
Operatore Steadicam: Kirk R. Gardner
Art directors: Paul Sonski, Thomas T. Taylor
Arredatore: Don Diers
Trucco: Allan A. Apone, Sara Vaughn Barry R. Koper
Acconciature: Rhonda O’Neal, Linda Villalobos, Marc Boyle,
Linda Stevenson-Khan, Robert L. Stevenson
D
alla finestra della sua splendida
villa immersa nel verde del quartiere residenziale di Lakeview
Terrace, Abel Turner scruta l’arrivo, con
annesso trasloco, dei nuovi vicini. Da quel
che vede si tratta – presumibilmente – di
una coppia di afro-americani come lui;
l’attraente donna, sulla trentina, è parecchio più giovane del proprio compagno.
Quando quest’ultimo è distratto da una telefonata sul cellulare, la donna prende a
baciarsi – con fastidiosa disinvoltura – con
un giovane traslocatore dalla pelle bianca. Disgustato dalla scena, Abel si allontana dalla finestra e incita i due figli – una
ragazza adolescente e un bambino – a sbrigarsi o faranno tardi a scuola. Intanto la
coppia della villa accanto, che risponde ai
nomi di Lisa e Chris Mattson (il presunto
traslocatore), è all’ingresso e si congeda
affettuosamente dal terzo uomo, che altri
non è che il padre di lei. Abel passa in quel
momento con l’auto, e saluta i due con
sguardo enigmatico, gelandoli. Chris cor-
re subito al lavoro, mentre Lisa, disegnatrice, svolgerà il proprio da casa.
La prima notte nella nuova casa non
è delle migliori, perché il potente faro
anti-ladro di Abel punta proprio sulla
camera da letto di Lisa e Chris, impedendo loro di dormire. Il mattino seguente,
Chris è deciso a far presente la cosa al
vicino, ma trova un messaggio di benvenuto di quest’ultimo sul parabrezza della
propria auto, a suo dire parcheggiata in
modo erroneo sulla strada comune. “Il
rispetto delle regole,” dice sopraggiungendo Abel, poliziotto tutto d’un pezzo,
“è molto importante”. Promette comunque di dirigere altrove il faro anti-ladro.
Al termine della giornata, i due si incontrano nuovamente, e Abel sorprende Chris
ad ascoltare musica rap in macchina, fumando uno spinello. “Domattina ti sveglierai comunque bianco”, gli dice a muso
duro. Al calare delle tenebre, la potente
luce di Abel illumina ancora a giorno la
stanza dei vicini.
10
La notte seguente è anche peggio, perché l’impianto di condizionamento è improvvisamente guasto e in casa non si respira per l’eccessivo caldo. Lisa e Chris
scoprono che i fili del motore sono stati
tagliati di netto e, lì accanto c’è un mozzicone degli spinelli di Chris. Il giorno dopo,
Abel sorprende i due figli che spiano da
una finestra i vicini che amoreggiano in
piscina; la cosa lo manda su tutte le furie.
Nonostante tutto, Lisa fa amicizia con
Celia, la figlia maggiore di Abel, che le
rivela che in famiglia si vive male da quando è venuta a mancare la mamma e, che il
padre è irragionevolmente severo e autoritario con i due figli. Lisa decide d’istinto
di invitare l’intera famiglia Turner alla festa di inaugurazione della nuova casa. La
situazione pare dunque appianata, ma, la
sera del party, Abel si presenta da solo e
rovina l’atmosfera gioviale, trattando con
saccenza gli amici della coppia (tutti democratici, mentre lui è fiero del suo essere
repubblicano) e finisce anche per far liti-
Film
gare Lisa e Chris tra loro. Intanto i telegiornali da settimane non parlano d’altro
che dei violenti incendi che devastano la
zona vicino Lakeview Terrace, anche se la
situazione sembra sotto controllo.
Chris, esasperato dai comportamenti di
Abel, passa al contrattacco e acquista, a sua
volta, un faro anti-ladro, puntandolo sulla
casa di Abel; pianta poi degli alberi al confine tra i giardini, ma il poliziotto, fuori di
sé, li abbatte sotto i suoi occhi. L’amicizia
tra Lisa e la figlia di Turner diviene sempre
più intima; sfidando i divieti paterni Celia
trascorre un pomeriggio spensierato in piscina con Lisa, ma Abel si inalbera nel vedere la figlia in bikini e aggredisce anche
Lisa, che gliela giura, perché tratta male e
senza alcun motivo la ragazzina.
La tensione contagia anche Lisa e
Chris, che litigano ferocemente: la donna
ha smesso di prendere la pillola anticoncezionale – e aspetta un bambino –, senza
prima essersi consultata con il marito, che
le aveva detto chiaramente di non voler
subito dei figli. L’uomo non si sente pronto ad affrontare il giudizio e le intromissioni del resto del mondo in questo nuovo
momento della loro vita di coppia.
Durante un barbecue dai vicini, Abel
manda un balordo di sua conoscenza nella
villa vuota di Lisa e Chris con l’ordine di
spaccare tutto. La donna però rincasa prima per un malessere, sorprende il vandalo
e fa scattare l’allarme. Abel e Chris accorrono insieme, Abel uccide l’intruso a colpi
di pistola. Chris, giorni dopo, ritrova il cellulare del balordo, e scopre che le ultime
telefonate le ha scambiate con Abel.
L’incendio ormai è alle porte di Lakeview Terrace, i vigili del fuoco invitano tutti
i residenti ad andarsene. Abel e Chris restano e si affrontano in strada in una sorta
di folle duello all’ultimo sangue. L’intervento delle forze di polizia evita il peggio
per Chris, già ferito seriamente; Abel muore sotto i colpi d’arma da fuoco dei colleghi, mentre le fiamme stanno per distruggere ogni cosa intorno a loro.
L
a casa dei sogni, un vicino da
incubo: il sottotitolo italiano del
film chiarisce, ancor prima che si
metta piede al cinema, l’argomento trattato
dal thriller firmato Neil LaBute. Eppure rivela
soltanto una parte di una storia che sa sfaccettarsi in molteplici punti di vista. La tematica razziale la fa da protagonista ed è affrontata, in questo film, da un punto di vista diverso dal solito; non ci troviamo di fronte, per
dirla in poche parole, al classico esponente
WASP in lotta di collisione con afroamericani, o altre minoranze etniche. A essere razzista è infatti proprio un veterano poliziotto
Tutti i film della stagione
afroamericano di Los Angeles e l’oggetto del
suo odio è, al momento, una coppia rampante e progressista che si insedia nella villa accanto alla sua, rea ai suoi occhi di aver
contratto un matrimonio multietnico, per lui
inconcepibile. Ma la realtà non è così semplice e neanche così scontata, perché sono
davvero poche le cose che vanno a genio
all’integerrimo Abel Turner: i due figli non
sono abbastanza rispettosi delle sue regole, le automobili non sono parcheggiate in
modo regolare lungo la strada di fronte casa,
troppi delinquentelli si aggirano nella “sua”
zona. L’ansia di controllo lo pervade e lo comanda, al punto da fargli creare una serie di
regole, di rigidi standard di comportamento,
che, nella sua mente ormai contorta, devono
necessariamente essere rispettati da tutti: in
famiglia – e i due figli sono al limite della sopportazione –; sul lavoro – verrà costretto a un
periodo di riposo per uso eccessivo della
forza –, nella comune vita di ogni giorno –
l’uomo si impone turni di vigilanza notturna
per controllare il suo quartiere, una piccola
e tranquilla zona residenziale che lui immagina sotto assedio di tutto il male del mondo.
Come se tutte le paure post 11 settembre si
riversassero in un unico individuo, portandolo a vivere eternamente in trincea. L’ansia si
trasforma rapidamente in follia e il razzismo
è chiaramente una scusa di facciata, che non
eviterà, comunque, una lotta violentissima
con i giovani malcapitati dirimpettai.
L’abilità registica di LaBute è tutta nel
saper rendere in modo efficace la sgradevolezza della situazione, di far respirare il
fastidio (prima) e il terrore (poi) delle due
vittime di turno, naturalmente ben disposte verso il prossimo e ignare dell’esistenza di cotanta cieca perfidia. Persone cosiddette normali, tranquille, in cui è fin troppo facile immedesimarsi, anche grazie ai
piccoli difetti – l’impulsività di lui, per esempio – che li caratterizzano. La tensione che
il regista costruisce, scena dopo scena, è
reale, sempre più incalzante, senza via di
scampo. Si parla, almeno all’inizio, di piccoli screzi tra vicini, di beghe quotidiane
per il controllo del territorio, di quella protezione della proprietà privata, di cui amano riempirsi la bocca tanti statunitensi, per
arrivare al limite del paradosso: il poliziotto Abel non abbandonerà la propria casa
neanche di fronte al fuoco, come se un
incendio non fosse altro che un nuovo nemico da combattere a ogni costo, da scacciare a mani nude dal proprio terreno. La
limitazione e la protezione dello spazio è il
vero tema del film, come dalle parole dello
sceneggiatore, David Loughery: “Volevo
mettermi alla prova e uscire un po’ dalla
mia zona di sicurezza, così ho scritto un
thriller che affronta problemi che normalmente non vediamo in questo contesto”.
Il punto di non ritorno a cui arrivano i
protagonisti vuole dunque, essere anche
un monito, un invito alla riflessione per lo
spettatore, senza ricorrere però a eccessivi moralismi, che, comunque, in un thriller difficilmente avrebbero trovato posto.
Manuela Pinetti
GLI AMICI DEL BAR MARGHERITA
Italia, 2008
Regia: Pupi Avati
Produzione: Antonio Avati per Duea Film/Raicinema
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Pupi Avati
Direttore della fotografia: Pasquale Rachini
Montaggio: Amedeo Salfa
Musiche: Lucio Dalla
Scenografia: Giuliano Pannuti
Costumi: Steno Tonelli
Direttori di produzione: Gianfranco Misiu, Tomaso Pessina
Aiuto regista: Roberto Farina
Suono: Piero Parisi
Effetti visivi: Justeleven
Interpreti: Diego Abatantuono (Al), Laura Chiatti (Marcella), Fabio De Luigi (Gian),
Luigi Lo Cascio (Manuelo), Neri Marcorè (Bep), Luisa Ranieri (Ninni), Pierpaolo
Zizzi (Taddeo), Claudio Botosso (Zanchi), Gianni Ippoliti (Sarti), Gianni Cavina (nonno
Carlo), Katia Ricciarelli (Madre di Taddeo), Niki Giustini (Pus), Bob Messini (Mentos), Caterina Sylos Labini (maestra Scaglioni), Maria Pia Timo (Beatrice), Gianni
Fantoni (padre di Gian), Lucia Modugno (merciaia)
Durata: 90’
Metri: 2500
11
Film
L
a voce over di Taddeo, un diciottenne che vive vicino al Bar Margherita, in centro a Bologna, ci
fa una carrellata dei suoi frequentatori
abituali nell’anno 1954. Al, il più carismatico, si divide tra il bar e un night club della zona; Manuelo è ossessivamente attratto dal sesso femminile; Sarti vende impermeabili a preti e suore, mentre Zanchi ha
una ditta che produce cravatte; Gianluigi
è antennista nell’azienda del padre, ma è
anche cantante (in arte Gian) e vorrebbe
partecipare al Festival di Sanremo; infine
Bep, un po’ ritardato, veste sempre dei
guanti da guidatore perché il padre una
volta gli ha promesso un’auto.
Taddeo sogna di far parte di questa
mitica compagnia. Riesce a farsi prestare
un’auto con la quale diventa l’autista di
Al. Ogni notte deve portarlo al night e poi
al ristorante. Questo basta come viatico per
entrare a far parte integrante della vita del
bar. Taddeo ha una madre e un nonno che
decide di punto in bianco di prendere lezioni di pianoforte da una bella insegnante a domicilio. Manuelo gira con un campionario di foto di auto rubate che usa
come catalogo. Ma di vendite nemmeno
l’ombra.
Intanto si sviluppano in parallelo due
storie d’amore. Una vede protagonista
Bep, che viene accalappiato da una ragazza in cerca di marito. L’altra riguarda Taddeo, innamorato di una coetanea che non
ne vuole sapere di lui. Manuelo, sempre
intento a portare a termine imprese folli,
tenta di percorrere bendato un lungo viale
alberato in auto. Naturalmente si schianta
prima della fine. Gli viene ritirata la patente. Il nonno invece fa una specie di saggio in casa davanti alle amiche della fi-
Tutti i film della stagione
glia. Il risultato è pessimo. Gian, che prende sistematicamente lezioni di canto, partecipa alle audizioni per Sanremo accompagnato dall’insegnante. La sua prestazione non sembra suscitare entusiasmi nella
commissione. Però, dopo qualche tempo,
gli arriva una lettera dalla Rai in cui si
comunica che la sua canzone è stata presa
al Festival.
Bep presenta la sua fidanzata agli amici del bar e tutti si rendono conto che, nella sua ingenuità, si fa completamente sottomettere da lei. Al allora decide di intervenire prima che i due si sposino. Assolda
Marcella, una entreneuse del night, perché seduca Bep e lo induca ad allontanarsi dalla fidanzata. Marcella incontra Bep
e, senza troppe difficoltà, riesce a trascinarlo in un albergo e a passare con lui una
notte d’amore.
Gian parte in treno alla volta di Sanremo insieme col padre. Si presenta alla
direzione del Festival con la lettera d’invito e tutto sembra andare per il meglio.
Tutti a Bologna ascoltano il festival per
radio, ma la canzone di Gian non viene
trasmessa. Poco prima della fine, Gian si
affaccia alla porta del Bar Margherita.
Racconta che la lettera era fasulla e che
al Festival è diventato lo zimbello dei concorrenti. Si scopre che l’artefice dello
scherzo è Zanchi, da tempo indispettito
dall’ossessione di Gian per Sanremo.
Bep ormai frequenta costantemente
Marcella. Il giorno prima del matrimonio,
decide di mandare alla fidanzata una lettera in cui spiega a suo modo il motivo per
cui non vuole più sposarsi e chiede a Marcella di partire con lui. Il mattino del matrimonio la fidanzata legge a tutti gli invitati la lettera, mentre Bep aspetta invano
Marcella in stazione. Arriva invece Al, che
gli spiega la vera natura di Marcella.
Manuelo riesce finalmente a vendere
una delle auto rubate, ma poco tempo dopo
viene arrestato. L’uomo è anche un bravo
giocatore di biliardo. Partecipa ai tornei
in coppia con Al e non perde mai. Con
Manuelo in carcere, però, si presenta la
necessità di trovare un sostituto per una
importante partita. Taddeo suggerisce suo
nonno. La partita è una disfatta: il nonno
non azzecca un tiro. Al, furioso, non ne
vuole più sapere di Taddeo e comincia a
evitarlo.
Il nonno, inoltre, viene a sapere che la
sua insegnante di piano si è sposata e si
deve trasferire a Milano. La notizia ha un
effetto devastante sul suo fisico, che comincia a deperire a vista d’occhio. Il medico
addirittura gli dà pochi giorni di vita. Ma
è anche il periodo del compleanno di Taddeo, che vuole a tutti i costi fare una festa
a casa, perché è l’unico modo che gli resta
per incontrare la ragazza di cui è innamorato.
Mentre si svolgono i preparativi per la
festa, Taddeo è anche incaricato di cercare l’insegnante di piano per un ultimo incontro col nonno. Mentre gli invitati arrivano e cominciano a ballare, il nonno dà
dei soldi all’insegnante per avere le attenzioni sessuali che erano sempre state la
vera natura dei loro incontri. La donna
dapprima si nega, in quanto ormai sposata, poi cede. È proprio mentre sta ballando con la ragazza dei suoi sogni che Taddeo viene chiamato dall’insegnante. Il nonno è morto fra le sue braccia. Taddeo prosegue con la festa come se nulla fosse, fino
a quando torna a casa sua madre che, urlando, caccia tutti i presenti. A rendere
omaggio al morto arriva anche Al, che
sembra aver perdonato Taddeo.
Bep, dopo la figuraccia pubblica col
matrimonio, non esce più di casa. Interviene nuovamente Al che porta Bep al night e lo fa incontrare ancora con Marcella, di cui diventa cliente fisso.
Foto annuale del Bar Margherita.
Sono già tutti in posa, quando arriva
di corsa Manuelo, appena uscito dal carcere. Taddeo, però si rifiuta di stare davanti all’obiettivo, perché preferisce guardare il gruppo dal punto di vista della macchina fotografica.
È
lo stesso Taddeo, nell’ultima sequenza, a spiegarci l’etica implicita della foto annuale del Bar
Margherita: un gruppo di persone che
mette in scena non tanto se stessa, quanto l’immagine che vuol dare di sé in pubblico. Taddeo insiste a voler guardare dal-
12
Film
l’altro punto di vista, a voler assistere all’istante della finzione, con l’intento, a posteriori, di mettere a confronto questa cristallizzazione visiva con la realtà di persone che mostrano inevitabilmente anche
un’altra faccia.
È infatti proprio la voce over di Taddeo
a raccontare i retroscena della compagnia
del bar in una delle possibili annate (lui la
spaccia per memorabile, ma si sa, ciascuno tende a mitizzare le vicende di cui è
stato testimone o protagonista in prima
persona) e a evidenziare senza ipocrisie
la discrasia che separa la realtà di quegli
individui dalla immagine cristallizzata di cui
sopra. Una realtà non necessariamente
squallida, ma che alterna momenti che
potremmo definire ingenui e autentici ad
altri, viceversa, cinici e deliberatamente
crudeli. E a volte il salto dall’uno all’altro è
veramente questione di poco.
Soprattutto nelle sequenze chiave del
Tutti i film della stagione
film, Avati alterna due forme di montaggio
che a mio parere contribuiscono a mostrare la doppia faccia (ingenua e cinica) del
quotidiano vivere. La prima gioca sull’ellissi temporale, con un conseguente effetto di sospensione e svelamento. La sequenza più esemplificativa è quella del
viaggio a Sanremo. Gian parte carico di
aspettative per la partecipazione al Festival. Avati interrompe la sequenza un attimo prima che al cantante risulti evidente
la burla di cui è stato vittima, per concentrare l’attenzione dello spettatore sulla successiva cruda resa dei conti al bar. Un procedimento simile caratterizza anche la
sequenza della lettera d’addio che Bep
indirizza alla fidanzata, il contenuto della
quale ci viene rivelato solo nella sequenza successiva, o quelle delle lezioni di pianoforte o della morte del nonno, ottenute
non tanto attraverso ellissi quanto piuttosto attraverso l’uso del fuoricampo.
L’altra forma tecnica usata è il montaggio alternato, volta a mettere uno accanto
all’altro i due lati della medaglia. Indicativa
è la sequenza del matrimonio mancato,
montato in alternanza con l’attesa di Bep
alla stazione. Le crude (seppur involontariamente) parole scritte dal futuro sposo
affiancate alla sua ingenua speranza di una
fuga d’amore: ingenuità e cinismo insieme
nello stesso gesto. Discorso simile per l’abbinamento tra i preparativi della festa di Taddeo e il deperimento fisico del nonno, un
evento gioioso e uno luttuoso che si affiancano casualmente, la consapevolezza della morte imminente che spinge il nonno a
voler rivedere la donna che ha rallegrato
l’ultimo anno della sua esistenza con tanto
di “proposta indecente” e la volontà di procedere con una festa tanto desiderata quanto inopportuna da parte del nipote.
Fabio de Girolamo Marini
IO & MARLEY
(Marley & Me)
Stati Uniti, 2008
Coordinatore effetti speciali: Bruce E. Merlin
Supervisori effetti visivi: Ray Mclntyre Jr. (Pixel Magic),
Wayne A. Shepherd (At the Post), Edson Williams (Lola Visual Effects)
Supervisore musiche: Julia Michels
Supervisore costumi: Patricia McLaughlin
Interpreti: Owen Wilson (John Grogan), Jennifer Aniston (Jennifer Grogan), Eric Dane (Sebastian), Kathleen Turner (Ms. Kornblut), Alan Arkin (Arnie Klein), Ann Dowd (dr. Platt), Nathan
Gamble (Patrick, 10 anni), Haley Bennett (Lisa), Clarke Peters
(redattore), Finley Jacobsen (Conor, 8 anni), Lucy Merriam (Colleen, 5 anni), Bryce Robinson (Patrick, 7 anni), Ben Hyland
(Conor, 5 anni), Sarah O’Kelly (vicina), Keith Hudson (Big Guy),
Haley Hudson (Debby), Tom Irwin (dr. Sherman), Alec Mapa
(Jorge), Sandy Martin (Lori), Joyce Van Patten (Mrs. Butterly),
Zabryna Guevara (OB/infermiera GYN), Megan Mazaika (segretaria), Haley Higgins (Shannon), Ana Ayora (Viviana), Matthew J. Walters (Billy), Nicole Herold (bagnante), Paul Tei (tizio), Natalie Miller (agente immobiliare), Gaston Renaud (giornalista nella metro), Angelina Assereto (cameriera), Emmett
Robin (ragazzo), Dylan Henry (Patrick, 3 anni), Stephen Lee
Davis (vicino Steve), Bradley Frishman (Patrick, 20 mesi)
Durata: 120’
Metri: 3115
Regia: David Frankel
Produzione: Gil Netter, Karen Rosenfelt per Fox 2000 Pictures/Regency Enterprises/Sunswept Entertainment
Distribuzione: 20th Century Fox
Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009)
Soggetto: dal libro di John Grogan
Sceneggiatura: Scott Frank, Don Roos
Direttore della fotografia: Florian Ballhaus
Montaggio: Mark Livolsi
Musiche: Theodore Shapiro
Scenografia: Stuart Wurtzel
Costumi: Cindy Evans
Co-produttore: Kevin Halloran
Direttore di produzione: Dana Robin
Casting: Margery Simkin
Aiuti regista: Stephen Lee Davis, Vanessa Hoffman, Greg Gilman, Jessica Franks, Rebecca Baughman, Steve Dale
Operatore: Thomas Lappin
Operatore steadicam: Bob Gorelick
Art director: W. Steven Graham
Arredatore: Hilton Rosemarin
Trucco: Felice Diamond, Tina Earnshaw, Angela Levin
Acconciature: Diane Dixon, Kelsie Gigandet
Supervisore effetti speciali: J.C. Brotherhood
J
ohn e Jenny si sono appena sposati. Stanchi del freddo inverno
del Michigan si trasferiscono in
Florida per fare i giornalisti in due diverse testate.
Come tutte le giovani coppie, progettano un bimbo che però tarda ad arrivare.
Così decidono di adottare un cucciolo di
labrador, Marley.
Il cane è particolarmente vivace, tanto da sconvolgere la vita dei due coniugi. John, in particolare, inizia a scrivere
addirittura di lui nei suoi articoli riscontrando un successo enorme fra i suoi lettori.
Jenny, intanto, rimane finalmente incinta.
La nascita del primo figlio, l’abban13
dono forzato dal lavoro di lei creano tensione nella coppia e Marley con la sua esuberanza non rende le cose più facili.
Fortunatamente le divergenze si appianano e presto torna il sereno accompagnato da altri due bambini.
Intanto la carriera di John continua a
gonfie vele. Gli viene proposto di scrivere
in un’importante quotidiano e trasferirsi
Film
in un’altra città. Dopo le prime perplessità e aiutato da Jenny, accetta.
Tutto sembra tranquillo, una sera, però
Marley inizia a stare male. Viene portato
dal veterinario che, dopo averlo curato
avverte i padroni che il prossimo attacco
potrebbe essere fatale.
Il cane sembra riprendersi, ma dopo
poco tempo riprende a stare male. Il veterinario dice a John che non c’è più nulla
da fare e che per alleviare le sofferenze del
cane converrebbe sopprimerlo.
Con immenso dolore della famiglia viene fatta a Marley l’iniezione e, successivamente, un commovente funerale.
S
cene del genere al cinema non
si vedevano da tempo: uomini e
donne di ogni età che piangono
indecorosamente a pochi minuti dalla fine
della proiezione.
No, non è il remake di Love Story o di
Tutti i film della stagione
qualche altra tragedia strappalacrime, Io
& Marley di David Frankel è più semplicemente la storia di una famiglia come tante
che cerca di educare un cane pestifero.
Tutto qui? Sì. La trama, non è certo delle più avvincenti seppur supportata da due
attori freschi e simpatici come Jennifer Aniston e Owen Wilson. La crisi di coppia, le
frustrazioni lavorative e i bimbi piagnucoloni, inoltre, sanno di visto e stravisto.
Eppure...
Eppure c’è qualcosa, il “gradiente canino” che cambia completamente le carte
in tavola.
Solo chi ha avuto e, naturalmente,
amato un cane può comprendere certe
dinamiche. Sono dominio esclusivo di questa categoria e risultano incomprensibili al
resto, a coloro che considerano un cane
semplicemente un quadrupede.
Io & Marley si rivolge proprio a loro,
anzi solo a loro, ripercorrendo una via co-
mune che si fa quasi paradigma. Le prime
notti insonni, le scarpe mordicchiate, l’impossibilità ad addestrarlo, ma anche il pensiero di aver sbagliato e la dolorosa consapevolezza della fine.
Marley, infatti, non è la perfezione canina rappresentata al Cinema da Lassie o
Rin Tin Tin, ma neanche l’inverosimile eccesso dell’ingombrante Beethoven. È piuttosto il cane di casa, quello che, con i suoi
piccoli vezzi e qualche ululato di troppo
allieta l’esistenza di tante famiglie.
E dunque analizzando la pellicola in
quest’ottica è facile comprendere l’umore
in sala di chi, guardando gli occhi di Marley chiudersi per sempre, ha ripensato al
proprio Snoopy, Bobby o Fido, con la convinta speranza di rivederlo un giorno, in
qualche luogo remoto, per correre ancora
insieme.
Francesca Piano
THE UNINVITED
(The Uninvited)
Stati Uniti/Canada/Germania, 2009
Regia: Charles Guard, Thomas Guard
Produzione: Roy Lee, Laurie MacDonald, Walter F. Parkes per
Cold Spring Pictures/DWBC Productions/DreamWorks SKG/
MacDonald-Parkes Productions/The Montecito Picture Company/Vertigo Entertainment
Distribuzione: Universal
Prima: (Roma 29-5-2009; Milano 29-5-2009)
Soggetto: dal film coreano Two Sisters di Kim Jee-woon
Sceneggiatura: Craig Rosenberg, Doug Miro, Carlo Bernard
Direttore della fotografia: Dan Landin
Montaggio: Jim Page, Christian Wagner
Musiche: Christopher Young
Scenografia: Andrew Menzies
Costumi: Trish Keating
Produttori esecutivi: Doug Davison, Michael Grillo, Tom Pollock, Ivan Reitman
Co-produttori: Casey Grant, Riyoko Tanaka
Direttore di produzione: Casey Grant, Michael Grillo
Casting: Debra Zane
Aiuti regista: Jim Brebner, Justin Elsworth, James Bitonti, Megan M. Shanks, Rhonda Taylor
U
n ragazzo e una ragazza una sera
d’estate si stanno baciando, poi
la ragazza decide di tornare a
casa. Un terribile incendio e poi più nulla.
Sono passati dieci mesi e Anna viene finalmente dimessa dal suo psichiatra dalla
clinica in cui è ricoverata. La ragazza, a
causa della tragica morte della madre nell’incendio, è tormentata da un sogno ricorrente, chiaro presagio di morte e ha persino provato a suicidarsi tagliandosi le
vene. Tornata a casa, trova il padre, scrittore di successo, che nel frattempo si è fi-
Operatore: Stephen S. Campanelli
Art director: Margot Ready
Arredatore: Dominique Fauquet-Lemaitre
Effetti speciali trucco: Bart Mixon, Christopher Mark Pinhey
Trucco: Gitte Axen
Acconciature: Donna Bis
Supervisore effetti visivi: Bruce Woloshyn
Coordinatore effetti visivi: Alicia Johnson
Suono: Karen Schell
Interpreti: Emily Browning (Anna), Arielle Kebbel (Alex), David Strathairn (Steven), Elizabeth Banks (Rachel Summers),
Maya Massar (Mamma), Kevin McNulty (sceriffo Emery), Jesse
Moss (Matt), Dean Paul Gibson (dottor Silberling), Don S. Davis
(sig. Henson), Lex Burnham (Iris), Matthew Bristol (David),
Danny Bristol (Samuel), Heather Doerksen (Mildred), Alf Humphreys (prete), Ryan Cowie, Troy Rudolph (inserviente), John
Prowse (macellaio)
Durata: 87’
Metri: 2290
danzato con Rachel, l’infermiera che si
occupava della madre malata. Per Anna
non è facile accettare la situazione, tanto
più che inizia ad avere delle strane visioni. Lo spirito della madre infatti le si manifesta all’interno della casa, mettendola
in guardia riguardo alle intenzioni di Rachel. Insieme a lei c’è la sorella maggiore
Alex, l’unica a starle vicino e con cui può
confidarsi. Inoltre, c’è il ragazzo della
spiaggia, innamorato di lei, che sembra
sapere cosa successe la sera del terribile
incendio e che Anna ha rimosso totalmen14
te. La nuova donna del padre fa di tutto
per conquistarsi la simpatia della ragazza
e per non perdere quello “status” che si è
guadagnata durante la sua permanenza in
clinica. Tuttavia, Anna non riesce ad accettarla e, anzi, la crede responsabile della morte della madre. Con l’aiuto della sorella inizia a indagare sul passato della
donna e sulla sua non limpida identità.
Sembra infatti che alcune perle che porta
al collo possano farla identificare con una
serial killer, Mildred Kemp, che, per accaparrarsi il marito, aveva ucciso una don-
Film
na e i suoi tre figli ed è ancora a piede
libero. Intanto Anna e il giovane ragazzo
fissano segretamente un appuntamento
durante la notte, ma il ragazzo non si presenta. Il giorno dopo, viene trovato morto
affogato nelle acque della costa. Tutto riconduce a Rachel e Anna e la sorella organizzano un piano per smascherarla. Il
padre non vuole sentire ragioni e crede che
la figlia non sia ancora guarita e debba
tornare in clinica. Anna, dopo uno scontro
violento con la donna, riesce a scappare e
a raggiungere il commissario di polizia a
cui racconta la storia. L’uomo avverte
Rachel che durante la notte la riporta a
casa. Qui la ragazza viene drogata e, al
risveglio, trova Rachel morta, sistemata in
un cassonetto. È stata la sorella Alex a
ucciderla con un fermacarte. Anna è sconvolta. Arriva il padre e si scopre finalmente la verità. Anna quella famosa sera al
ritorno a casa aveva sorpreso il padre con
l’infermiera e, involontariamente, aveva
provocato l’incendio, durante il quale avevano perso la vita la madre e la sorella.
L’immagine di Alex è solo una costruzione
della sua mente, come tutto il resto. L’infermiera infatti non era una serial killer,
ma una ragazza costretta a cambiar nome
per le violenze del suo fidanzato. Colpevole dell’omicidio di Rachel, Anna viene
riportata nella clinica psichiatrica, dove
ad aspettarla c’è ancora la sua vicina di
stanza, tale Mildred Kemp.
N
onostante il titolo del film richiami alla memoria quello originale
La casa sulla scogliera del 1944,
in realtà The Uninvited, primo lungometraggio di Charles e Thomas Guard, sembra un
remake bello e buono di Two Sisters del coreano Kim Jee-woon. Anche lì, infatti, la vicenda di due sorelle che, tornate a casa da
un ospedale psichiatrico a seguito della morte della madre, si trovano a rapportarsi con
una sospetta matrigna e con strane presenze all’interno dell’abitazione. Proseguendo
la tendenza americana di realizzare pellicole ispirate al cinema horror orientale, i fratelli
inglesi Guard, esperti in spot pubblicitari, riprendono un soggetto ormai visto e rivisto.
A differenza dell’elegante e complessa pellicola originale campione d’incassi in patria,
The Uninvited risulta spogliato di tutte le complessità e arricchito di qualche elemento che
ne infoltisce la trama. I due registi concedono maggior spazio alle lugubri visioni di
Anna, riuscendo ad affievolire con efficacia
le linee di confine tra fantasia, realtà, paranoia e sogno. Il limite tra instabilità mentale
e presenze soprannaturali è sicuramente
molto labile. Man mano che il film prosegue,
aumentano i particolari del racconto, inca-
Tutti i film della stagione
nalando ora in un senso, ora in un altro le
supposizioni su quale sia la sua conclusione, fino all’inaspettato colpo di scena finale.
Il film trae ispirazione dal genere horror più
classico, al quale vuole rendere omaggio.
Dall’hitchcockiano L’ombra del dubbio, dove
si ha la sensazione che uno dei membri della famiglia abbia avuto un passato diverso
da come viene presentato, al più recente Le
verità nascoste di Robert Zemeckis, dall’ossessione della protagonista si cela qualcosa di terrificante.
La reale protagonista della pellicola è la
villa sul mare, spettatrice e custode di tragici
avvenimenti. Se ne trovano spesso nei film
horror americani degli ultimi anni. Grandi
case dall’aria rassicurante, che trasmettono
calore, simbolo di quell’amore virtualmente
indissolubile che, almeno in apparenza, lega
le famiglie che le abitano. Al loro interno, nelle
polverose soffitte, vecchie foto e oggetti legati alla memoria e ai ricordi di persone che
non ci sono più. Al loro esterno, il bosco tetro, con grandi sequoie che si ergono come
guardiani ultra centenari; lo spazio vitale
dell’uomo che si fonde con quello della natura. Il più delle volte c’è anche il lago: proprio vicino alla casa, all’ombra degli alberi,
uno specchio d’acqua calmo, che sembra
poter purificare ogni cosa e nascondere tutto sotto le proprie acque non proprio limpi-
de. A mano a mano che la storia scorre, ci si
rende conto che la grande casa di legno rassicurante e il bosco apparentemente protettivo formano, in realtà, una sorta di prigione.
Il mondo interno della casa, quello dei legami familiari, dei ricordi, non deve uscire all’esterno; in particolare, non devono uscirne
i segreti e i peccati. Il lago può depurare, ma
può anche ingoiarti, o far venire a galla tutto
ciò che di più intimo vi è nascosto e il bosco
può inghiottirti in un abbraccio letale.
Nonostante una buona dose di retorica, comunque il film è ben girato e, per
fortuna, le immagini sanguinolente sono
centellinate, al contrario della moda del
momento. Dignitoso anche il cast: nei panni
della giovane protagonista c’è Emily Browning, attrice capace di trasmettere l’instabilità e la fragilità del personaggio, Elizabeth Banks, affascinante bionda dallo
sguardo ambiguo, perfetta nei panni dell’intrusa (in inglese proprio “uninvited”), in
grado di destabilizzare l’armonia familiare, Arielle Kebbel, già esperta in diversi
ruoli in film per teenager e infine David
Strathairn, attore abbastanza noto che,
malgrado l’assai modesta qualità dei dialoghi, si distingue comunque nel ruolo del
padre.
Veronica Barteri
FORTAPÀSC
Italia, 2008
Regia: Marco Risi
Produzione: Angelo Barbagallo, Gianluca Curti per BiBi Film/Gruppo Minerva International/Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 27-3-2009; Milano 27-3-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Jim Carrington, Andrea Purgatori, Marco Risi
Direttore della fotografia: Marco Onorato
Montaggio: Clelio Benevento
Musiche: Franco Piersanti
Scenografia: Sonia Peng
Costumi: Ortensia De Francesco
Produttore esecutivo: Gianfranco De Rosa
Casting: Dino Giarrusso, Stefania Valestro
Aiuti regista: Dino Gianrrusso
Effetti speciali: Roberto Ricci
Supervisore effetti visivi: Stefano Marinoni
Suono: Massimo Simonetti
Interpreti: Libero De Rienzo (Giancarlo Siani), Valentina Lodovini (Daniela), Michele Riondino (Rico), Massimiliano Gallo (Valentino Gionta), Ernesto Mahieux (Sasà),
Salvatore Cantalupo (Ferrara), Gigio Morra (Carmine Alfieri), Gianfranco Gallo (Donnarumma), Antonio Buonomo (Lorenzo Nuvoletta), Renato Carpentieri (prof. Amato
Lamberti), Gianfelice Imparato (pretore Rosone), Daniele Pecci (capitano Sensales), Ivano Marescotti (GianLorenzo Branca), Roberto Calabrese (geometra), Maria
Lauria (infermiera), Marcello Mazzarella (emissario Siciliani), Tony Laudadio (Antonio Bardellino), Raffaele Vassallo (Ciro), Ettore Massa (Antonello Maresca)
Durata: 106’
Metri: 2860
15
Film
T
orre Annunziata (Napoli), 1985.
Giancarlo Siani è un giovane
giornalista precario che scrive di
cronaca nera per il quotidiano Il Mattino. Malgrado le raccomandazioni del suo
caporedattore Sasà, che cerca di distoglierlo dalla ricerca di scoop sulla criminalità organizzata locale, il ragazzo vuole raccontare la lotta per la spartizione
del territorio fra le più potenti famiglie
camorriste del posto: Bardellino, Nuvoletta e Gionta.
A capo di questa ultima c’è Valentino
Gionta, che viene arrestato durante la comunione del figlio e rilasciato appena tre
giorni dopo. È su di lui che si concentrano
i principali sospetti del cronista che, dalle
pagine del giornale per cui lavora, non
esita a denunciare lo strapotere del boss.
Munito del suo inseparabile taccuino
e con al suo fianco l’amico fotografo Rico,
è puntualmente presente ogniqualvolta si
consuma un assassinio di stampo camorrista. Sul luogo, il più delle volte, riesce a
“estorcere” informazioni preziose dalle
forze dell’ordine, in particolare dal Capitano Sensales.
A seguito dell’omicidio del fratello del
pericoloso Carmine Alfieri, si scatena una
guerra tra i clan del paese: un commando
armato fino ai denti, nascosto in un pullman, irrompe nel territorio nemico compiendo un’autentica strage.
Intanto, Siani, illuminato dalle parole
del professor Lamberti, inizia a spostare
la sua attenzione sulle corrotte istituzioni
locali, su cui vorrebbe far avviare un’indagine per presunto voto di scambio. L’amministrazione è inoltre colpevole di connivenza con gli ambienti criminali. Attraverso i suoi articoli, egli mette a nudo i vi-
Tutti i film della stagione
schiosi rapporti tra politica ed edilizia:
contesta, in particolare, al sindaco Cassano, la mancanza di trasparenza nelle gare
di appalto, che vengono gestite e truccate
dalla camorra.
Dopo la cattura del boss Gionta, Siani
viene trasferito alla redazione centrale di
Napoli, con la promessa di un contratto
da giornalista praticante. Qui, nonostante
si debba occupare di manifestazioni sindacali, non abbandona il suo interesse per
l’inchiesta di Torre Annunziata. Ma proprio quando viene in possesso di uno scottante dossier, consegnatogli dal pretore
Rosone, non fa in tempo a pubblicarlo. La
sera del 23 settembre del 1985, il ventiseienne Giancarlo Siani viene giustiziato da
due sicari sotto casa, mentre è a bordo
della sua macchina.
I
l coraggio di un film come Fortapàsc, forse, non verrà mai premiato abbastanza. Almeno dal distratto pubblico delle sale cinematografiche,
impreparato ad accogliere con favore storie di vita moralmente esemplari, spesso
e volentieri, al limite del martirio.
Ma, d’altronde, il “pensiero unico” imposto negli ultimi anni dalla sempre più invadente fiction televisiva ha abituato gli italiani a credere che gli Eroi siano appannaggio soltanto del piccolo schermo. Papi,
santi, carabinieri, medici e comuni mortali
vengono infatti omaggiati da platee di milioni e milioni di telespettatori, che per la
felicità dei direttori di rete, proni alla religione imperante dell’audience, assistono
passivamente a narrazioni che sembrano
fatte con lo stampino, in cui trionfa la retorica dei buoni sentimenti.
A questo punto, viene da chiederci: e
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se il film di Marco Risi fosse stato realizzato per la tv?
Ci avrebbe guadagnato sicuramente in
termini di ascolto, ma, forse, la qualità del
prodotto non sarebbe stata la stessa. Qualcuno potrà legittimamente obiettare sull’originalità del copione, ma, malgrado lo
sforzo lodevole degli sceneggiatori (Carrington, Purgatori e Risi), è difficile non
cadere nella prevedibilità.
La vicenda di Giancarlo Siani, come
quella di Peppino Impastato raccontata da
Marco Tullio Giordana in I Cento Passi (tanto per citare un altro esempio, datato 1999,
di come l’impegno civile possa essere rappresentato al cinema con rigore e onestà
intellettuale) è maledettamente segnata fin
dalla primissima inquadratura. Perfino le
parole della struggente canzone di Vasco
Rossi Ogni volta, che sentiamo mentre
scorrono i titoli di testa, suonano tristemente profetiche.
Ma se c’è una forza di cui si alimenta
lo stesso film, una traccia peculiare che è
in grado di consegnare, prima di tutto, alle
generazioni più giovani, e poi (si spera) a
futura memoria, è quella della leggerezza.
Sembra paradossale parlare di leggerezza in una pellicola cruda e, a tratti, spietata, ancor più di Gomorra, che non risparmia particolari agghiaccianti.
Eppure, nella Napoli ai tempi di Maradona, crocevia di sangue, violenza, cinismo e amoralità che pervade indistintamente ogni settore della società civile (dalla politica alla magistratura), quasi fosse
un’epidemia, un ragazzo semplice, che
come tutti ama divertirsi con il suo migliore amico Rico (Michele Riondino) e flirtare con la fidanzata (Valentina Lodovini),
rivendica il suo sguardo lieve e ironico sul
mondo marcio che lo circonda.
All’inizio, abbiamo l’impressione che il
giovane giornalista stia giocando, senza
saperlo, a qualcosa di molto più grande e
pericoloso di lui. E, invece, Siani mantiene intatto, fino al tragico quanto inevitabile
epilogo, quel suo stesso atteggiamento,
che – si intenda – non è di incoscienza,
ma, al contrario, è proprio di chi usa lucidamente l’“arma” della giovialità come antidoto alla rassegnazione.
Libero De Rienzo, chissà perché attore così poco sfruttato dal cinema (sempre più miope) di casa nostra, si cala perfettamente nei panni dello sfortunato cronista di Il Mattino, grazie ad una recitazione molto naturale e istintiva e ad un
fisico leggero, appunto, come una piuma
ma capace, con le sue incalzanti domande, di lanciare atti d’accusa taglienti come
fendenti.
Certamente si ricorderà la sua eccel-
Film
lente interpretazione, così densa di sfumature e profondamente intrisa di generosità
e amore per la vita (non da meno anche i
suoi colleghi Ernesto Mahieux, Ennio Fantastichini, Gianfelice Imparato, Renato
Carpentieri e i fratelli Gallo, che formano
un cast di quasi tutti partenopei doc di grande mestiere).
Ma è giusto che si ricordi Fortapàsc
Tutti i film della stagione
anche per la sua incredibile aderenza alla
contemporaneità.
La precarietà del lavoro (in questo caso
giornalistico) è un “cancro” che non si riesce ancora a debellare. Per non parlare,
poi, del malcostume di cui è protagonista
la classe dirigente di questo Paese, specie quando si tratta di speculare sulla pelle dei poveri terremotati...
Insomma, ciò che rattrista, forse ancor
di più della morte annunciata di un virtuoso cittadino e lavoratore italiano, è vedere
che quel suo accorato appello, rivolto ai
giovani liceali a metà degli anni Ottanta –
«Voi siete la speranza» – sia miseramente caduto nel vuoto.
Diego Mondella
HANNAH MONTANA: THE MOVIE
(Hannah Montana: The Movie)
Stati Uniti, 2009
Acconciature: Jose Zamora, Adruitha Lee, Beka Wilson
Supervisore effetti speciali: Everett Byrom III
Supervisori effetti visivi: John Fragomeni (Asylum), Gregory D. Liegey (CIS Hollywood)
Supervisore musiche: Steven Vincent
Supervisori costumi: Stephen K. Randolph, Janet Stirner Ingram
Coreografie: Jamal Sims
Interpreti: Miley Cyrus (Hannah Montana/Miley Stewart), Billy Ray Cyrus (Robby Ray Stewart), Emily Osment (Lilly Truscott/Lola Luftnagle), Jason Earles (Jackson Stewart), Mitchel
Musso (Oliver Oken/Mike Standley III), Moises Arias (Rico),
Lucas Till (Travis Brody), Vanessa Williams (Vita), Margo Martindale (Ruby), Peter Gunn (Oswald Granger), Melora Hardin
(Lorelai), Jared Carter (Derrick), Barry Bostwick (Mr. Bradley), Beau Billingslea (sindaco), Katrina Smith (moglie del sindaco), Emily Grace Reaves (Cindy-Lou), Jane Carr (Lucinda), Taylor Swift, Gary LeVox, Jay DeMarcus, JoeDon Rooney (se stessi), Joshua Childs (direttore del negozio), Rachel
Woods (Phoebe Granger), Natalia Dyer (Clarissa Granger),
Jerry Foster (anziano gentiluomo), Adam Gregory (Drew),
Shawn Carter Peterson (regista video), Jamal Sims (ballerino
del Rodeo Drive), John Will Clay (capitano di pallavolo), D.
Todd Hammond (allenatore), Michael Cornacchia (guardia sicurezza), Valorie Hubbard (commessa biglietti)
Durata: 102’
Metri: 2750
Regia: Peter Chelsom
Produzione: Billy Ray Cyrus, Alfred Gough, Miles Millar per
It’s a Laugh Productions/Millar Gough Ink/Walt Disney Pictures
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures
Prima: (Roma 30-4-2009; Milano 30-4-2009)
Soggetto: dai personaggi dell’omonima serie-tv creati da Michael Poryes, Richard Correll, Barry O’Brien
Sceneggiatura: Daniel Berendsen
Direttore della fotografia: David Hennings
Montaggio: Virginia Katz
Musiche: John Debney
Scenografia: Caroline Hanania
Costumi: Christopher Lawrence
Produttori esecutivi: David Blocker, Steven Peterman, Michael Poryes
Produttore associato: John Albanis
Direttore di produzione: Gabriela Vázquez
Casting: Lisa Beach, Sarah Katzman
Aiuti regista: James Alan Hensz, Brinton Bryan, Heather Grierson, Valerie Johnson, Dave Halls, Stephanie Kinch
Operatore: Frank Godwin
Art director: Elliott Glick
Arredatore: Fontaine Beauchamp Hebb
Trucco: Ann-Maree Hurley, Linda Boykin-Williams, Raqueli
Dahan, Sandy Jo Johnston, Cheryl Ann Nick, Kate Best, Michelle Vittone
L
a giovane Miley Stewart è sempre più divisa tra la propria vita
di adolescente normale, tra scuola, amici e famiglia, e quella del suo alter
ego, la pop star Hannah Montana. Anni
prima, per assecondare il suo desiderio di
cantare e scrivere canzoni, senza però che
questo le impedisse di condurre la propria
vita con serenità, il padre di Miley le aveva consentito di tentare la carriera musicale utilizzando questa doppia personalità. Ma la crescente popolarità di Hannah
Montana sembra aver fatto perdere di vista a Miley quelli che, secondo il padre,
sono i veri valori e quindi Miley è costretta a passare un mese di “vacanza” nella
fattoria della nonna paterna nel Tennesee,
a contatto con la natura e con la vita reale. La pacifica cittadina di Crowley Cor-
ners sta per essere sconvolta dall’apertura di un mega centro commerciale e tutta
la cittadinanza vuole mobilitarsi per impedirlo, raccogliendo fondi per acquistare il terreno sul quale dovrebbe erigersi.
Hannah Montana viene coinvolta nel progetto e invitata a tenere un grande concerto di beneficienza. Miley si trova così a
doversi dividere ancora una volta, correndo spesso il rischio di essere scoperta. Il
suo strano comportamento, che nasconde
i vorticosi cambi d’abito e di trucco per la
sua doppia identità, le alienano le simpatie di Travis, un ragazzo del luogo del quale
si è innamorata. Il giorno del concerto,
Miley decide di rivelare a tutti chi è Hannah Montanta e, soprattutto, di voler restare per sempre semplicemente Miley, lontana dalla musica pop e dallo star system,
17
ma è il pubblico stesso a reclamare Hannah, convincendola a continuare la carriera musicale.
L
’omonima serie in onda su Disney Channel arriva ora immancabilmente nelle sale cinematografiche, visto il successo planetario ottenuto in tv (oltre, si intende, ai vari gadget, cd musicali, vestiti, bambole e affini). Hannah Montana – the Movie è infatti la versione “allargata” della storia
della Miley, studentessa di giorno e pop
star acclamata da milioni di fan la sera,
con il nome e la fantomatica identità di
Hannah Montana, bionda e ancheggiante cantante pop. Figlia di un musicista
country, testardo e con i piedi per terra,
Miley ha visto nel padre proprio il suo
Film
miglior alleato, quando questi le ha consentito questo stratagemma, che le permette di vivere la propria vita da teenager insieme agli amici e alla famiglia.
Purtroppo però il successo dà alla testa
e, nonostante il “filtro” della doppia identità, Miley è sempre più portata a restare Hannah Montana, sfruttando tutti privilegi e i vantaggi che ne conseguono. Il
padre Billy Ray si vede alla fine costretto a mandarla con la forza nella fattoria
della nonna nel Tennesse, per riprendere contatto con la realtà e con le proprie
origini. È chiaro il tentativo di non fare di
Hannah Montana – the Movie una versione allungata e stiracchiata di un episodio tipo della serie di Disney Channel
(spalmato su due ore di durata cinematografica) e bisogna dare atto che, in fin
dei conti, ciò è riuscito. Gli sceneggiatori
si sono sforzati di inserire nuove avven-
Tutti i film della stagione
ture della teenager più famosa d’America senza sbilanciarsi troppo con l’inventiva e con la novità (giustamente), ricorrendo alla formula più classica che viene adotta in questo tipo di operazione,
quando si passa dall’episodio televisivo
al grande schermo. Rimane infatti quello
che è il tratto fondamentale della serie e
dell’episodio tipo, cioè l’alternanza schizofrenica e folle tra la vita mondana e
quella casalinga di Miley – Hannah. I realizzatori si sono presi però più spazio
per analizzare meglio i personaggi e
mostrare chi sono, da dove vengono,
cosa li ha resi così uniti e via dicendo.
Nel film ci sono ben 13 nuove canzoni di
Hannah Montana, con altrettanti numeri
musicali, divertenti e coreografati con
cura (soprattutto “Hoedown Throwdown”,
che mescola abilmente hip pop e musica country). La rappresentazione della
vita rurale del Tennessee è di maniera
ma efficace. Il finale lascia un po’ perplessi e non solo per la sua improbabilità (quanti infatti fra il pubblico presente
al concerto –brava gente del Tennesse,
non c’è dubbio, ma... – sarebbero disposti a mantenere il segreto alla stampa
sulla rivelazione di Miley e la vera identità di Hannah Montana?). Hannah Montana – The Movie resta comunque una
gradevole commedia per ragazzi (soprattutto ragazze, ma non è escluso che abbia motivi di interesse anche per i maschietti), semplice e mai volgare, realizzata con cura, interpretata abbastanza
correttamente e fruibile anche a chi non
ha familiarità con la serie tv. I protagonisti Miley Cyrus e Billy Ray Cyrus sono
figlia e padre anche nella vita.
Chiara Cecchini
ANGELI E DEMONI
(Angels & Demons)
Stati Uniti, 2009
Coordinatore effetti speciali: John S. Baker
Supervisori effetti visivi: Mark Breakspear (CIS Vancouver), Ryan Cook (Double Negative), Richard Higham
(The Senate VFX), Richard Stammers (MPC), Angus Bickerton
Coordinatori effetti visivi: Edward Randolph (The Senate
VFX), Toby White (Sony Pictures), Melanie Byrne, Simona De
Angelis, Holly Gosnell, Matthew A. Rubin, Rob Shears
Supervisore musiche: Bob Badami
Supervisori costumi: Augusto Grassi, Helen Monaghan
Interpreti: Tom Hanks (Robert Langdon), Ewan McGregor
(camerlengo Patrick McKenna), Ayelet Zurer (Vittoria Vetra), Stellan Skarsgård (Comandante Richter), Pierfrancesco Favino (ispettore Olivetti), Nicolaj Lie Kaas (assassino), Armin Mueller-Stahl (Cardinale Strauss), Thure Lindhardt (Chartrand), David Pasquesi (Claudio Vincenzi), Cosimo
Fusco (Padre Simeon), Victor Alfieri (Tenente Valenti),
Franklin Amobi (Cardinale Lamasse), Curt Lowens (Cardinale Ebner), Bob Yerkes (Cardinale Guidera), Marc Fiorini
(Cardinale Baggia), Carmen Argenziano (Silvano Bentivoglio), Howard Mungo (Cardinale Yoruba), Rance Howard
(Cardinale Beck), Steve Franken (Cardinale Colbert), Gino
Conforti (Cardinale Pugini), Elya Baskin (Cardinale Petrov),
Richard Rosetti, Silvano Marchetto (Cardinali del conclave), Thomas Morris (Urs Weber), Jonas Fisch (Adrian Bachman), August Fredrik, Ben Bela Böhm. Paul Schmitz
(guardia svizzere), Jeffrey Boehm (Guardia svizzera azzurra), Xavier J. Nathan (Philippe), Steve Kehela (reporter statunitense), Ursula Brooks, Rashmi (reporters inglesi), Yan
Cui (reporter cinese), Fritz Michel (reporter francese), Maria Cristina Heller, Pascal Petardi (reporters italiani), Yesenia Adame (reporter messicana), Kristof Konrad (reporter
polacco), Masasa Moyo (reporter sudafricano), Ed Francis
Martin (reporter sudamericano)
Durata: 138’
Metri: 3300
Regia: Ron Howard
Produzione: John Calley, Brian Grazer, Ron Howard per Columbia Pictures/Imagine Entertainment
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 15-5-2009; Milano 15-5-2009)
Soggetto: dal romanzo omonimo di Dan Brown
Sceneggiatura: David Koepp, Akiva Goldsman
Direttore della fotografia: Salvatore Totino
Montaggio: Daniel P. Hanley, Mike Hill
Musiche: Hans Zimmer
Scenografia: Allan Cameron
Costumi: Daniel Orlandi
Produttori esecutivi: Dan Brown, Todd Hallowell, Marco Valerio Pugini
Produttori associati: William M. Connor, Kathleen McGill,
Louisa Velis
Direttori di produzione: Diego Cavallo, Fabiomassimo Dell’Orco, Chris Thompson
Casting: Janet Hirshenson, Jane Jenkins
Aiuti regista: William M. Connor, Inti Carboni, Kristen Ploucha, Simonetta Valentini, Dennis Burell, Alessandra Fortuna,
Paul Schmitz, Nicola Marzano, Scorr R. Meyers
Operatori: Karl Morgan, Patrick B. O’Brien, Simon Priestman,
Andrew Rowlands
Operatore steadicam: Andrew Rowlands
Art directors: Alex Cameron, Keith P. Cunningham, Luke Freeborn, Marc Homes, Giles Masters, Dawn Swiderski
Arredatori: Robert Gould, Richard Roberts
Trucco: Kim Ayers, Alessandro Bertolazzi, John Blake, Joel Harlow, Douglas Noe, Richard Redlefsen, Viola Rock, Nicole Sortillon
Acconciature: Gloria Pasqua Casny, Giorgio Gregorini, Gary
J. Perticone, Theresa Rivers, Mitchell Stone
Effetti speciali trucco: Bart Mixon
Supervisore effetti speciali: Daniel Acon, Clay Pinney, Dominic Tuohy
18
Film
R
oma, Città del Vaticano. Il Papa
è morto. Il Camerlengo, distrugge l’anello piscatorio e annuncia
il conclave.
Ginevra. Cern (Consiglio Europeo per
la Ricerca Nucleare) l’equipe del sacerdote scienziato Silvano Bentivoglio riesce nell’inaudito esperimento d’isolare l’antimateria. Pochi attimi più tardi Vittoria Vetra,
assistente del vecchio fisico, scopre il cadavere del prelato e il furto dell’inestimabile bottino. Un agente della “Polizia Vaticana” interrompe gli esercizi acquatici
del Prof. Langdon per proporgli un delicato incarico investigativo a Roma.
Città del Vaticano. L’ispettore Olivetti
accoglie Langdon e lo presenta a Richter,
Comandante della Guardia Svizzera. Sul
corpo di Bentivoglio la dottoressa Vetra ha
scoperto il marchio a fuoco d’un ambigramma. Quattro cardinali, “i preferiti”,
nella cui cerchia il conclave è pronto a
eleggere il nuovo Papa, sono stati rapiti.
Il rapimento è stato rivendicato da un messaggio: si tratta degli “Illuminati”, una
setta creduta estinta nei secoli passati,
osteggiata e letteralmente sterminata dai
vertici ecclesiastici. Un cardinale verrà
sacrificato allo scoccare di ogni ora, fino
alla mezzanotte, finale compimento di un
dispositivo rituale che culminerà con
l’esplosione dell’antimateria – custodita in
un luogo segreto senza la necessaria alimentazione d’una batteria – e della conseguente cancellazione della Cattedra di
Pietro e di tutto il piccolo Stato pontificio
all’intorno.
Langdon e la dottoressa si precipitano
negli archivi vaticani, ai quali il professore sogna da tempo di poter accedere per
compiere il suo ultimo e più ambizioso studio. Da un libello misconosciuto del celebre Galileo – naturalmente compreso tra
gli illustri membri della setta segreta – i
due ottengono l’enigma che dovrebbe condurli alle quattro chiese degli Illuminati,
luoghi scelti per il sacrifico dei quattro
cardinali. Dopo l’erroneo passaggio al
Pantheon, Langdon, Vetra e Olivetti giungono a Santa Maria del Popolo dove si
trova la Cappella Chigi, opera dei due
artisti “eretici” Raffaello Sanzio e Gian
Lorenzo Berini. Nella cripta giace il cadavere dell’alto prelato tatuato con la parola “Terra”.
Nel frattempo il cardinal Strauss,
Grande Elettore del conclave, ha deciso di
non interrompere le votazioni rituali; al
ritorno in Vaticano della coppia d’investigatori, dal comignolo in San Pietro esce
la seconda fumata nera. Il comandante
Richter segue le operazioni di Langdon con
rigido sospetto, mettendo sotto chiave il
Tutti i film della stagione
diario di Bentivoglio giunto intanto da
Ginevra, nel quale forse si cela la soluzione al mistero. Vittoria Vetra scopre che il
Camerlengo è in realtà figlio adottivo del
Papa defunto e che la morte del pontefice
non è avvenuta per cause naturali.
Giunti in tempo sul luogo del secondo
assassinio, Lagdaon e Vetra non possono
far altro che assistere impotenti al rogo del
corpo del cardinale, al feroce dissanguamento dell’Ispettore Olivetti, al massacro
dei suoi uomini e alla fuga del killer misterioso. Pochi secondi impediscono, poi, di
fermare la terza efferata uccisione, consumata in mezzo alla folla riunita in Piazza
San Pietro. Ma Langdon riesce a impedire
la morte “dell’acqua”, tuffandosi da solo
nella Fontana dei Quattro Fiumi (ancora il
Bernini). La base del killer è a Castel Sant’Angelo. L’uomo è braccato, ma ancora
una volta – e per l’ultima – riesce a sfuggire agli inseguitori: mentre il professore e la
dottoressa corrono sul Passetto per salvare
il Camerlengo da morte certa, il killer salta
in aria nella sua auto. San Pietro è sul punto di esplodere mentre, in una scena concitata, Richter viene ucciso accusato dal Camerlengo d’essere l’oscuro traditore. Finalmente l’ordigno è scoperto nella cripta della Basilica; è il Camerlengo a cercare la
comune salvezza salendo su un elicottero e
facendo esplodere l’antimateria a grande
altitudine. Scampato alla morte, il giovane
irlandese, eroicamente intervenuto a difesa
della comunità, è designato elegibile a occupare la “Sede Vacante”. Ma, scomparso
il diario di Bentivoglio, resta una videoregistrazione a testimoniare l’impostura del
Camerlengo: dalle sue mani ha preso la
morte il pontefice colpevole d’aver accolto
e approvato la scoperta della “Particella
19
di Dio” da parte dello scienziato sacerdote; suo il piano omicida per ottenere la guida della Chiesa e condurla verso un nuovo
oscurantismo.
Il mattino seguente, la fumata bianca
annuncia il nuova Papa Luca I. “Luca era
un medico” dice a Langdon il Cardional
Strauss, nuovo Camerlengo, “chissà che
questo non possa essere l’auspicio d’una
nuova riconciliazione tra scienza e fede”.
R
on Howard torna nelle sale italiane a pochi mesi dall’uscita del
suo precedente – e poco fortunato – Frost/Nixon. Se ci fosse bisogno di
specificarlo, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Dan Brown, pubblicato prima di
Il Codice Da Vinci, ma arrivato al grande
pubblico solo sulla scorta del successo del
suo sequel. Per il cinema si è scelto di evitare tanto l’esplicita identificazione del secondo film come seguito del precedente,
tanto il complicato recupero dell’originaria
cronologia.
A guardarlo con occhio d’ingenuo spettatore Angeli e demoni, nonostante il titolo, sembra, nel complesso, meno oscuro
e perverso del primo; meno complicato,
meno contorto, meno concentrato sulla
narrazione del fanta-thriller, più facilmente giocato invece sull’azione a effetto, sul
colpo di scena da serie poliziesca, sul finale lineare e conciliatorio. Un film semplice, un po’ mediocre, facile da seguire,
ma senza grande soddisfazione.
Come troppo spesso accade, le – false – polemiche sorte intorno al film si son
rivelate, usciti dalla sala di proiezione, le
solite utili facezie che case di produzione,
di distribuzione e uffici stampa si occupano di confezionare per attirare il più possi-
Film
bile la (scarsa) attenzione del pubblico.
Non ci sono offese né attacchi veri e propri alla Chiesa Cattolica, né alla religione
cristiana. Le offese peggiori le subisce forse l’intelligenza e l’istruzione del pubblico
internazionale, ma forse non è cosa così
grave. Per di più, non sembra lecito offendersi visto che il tono del film è così palesemente fumettistico-romanzesco e che
per di più l’intelligenza e l’istruzione del
pubblico si sono dimostrate meritevoli di
tanto spregio della verosimiglianza e dell’accuratezza narrative trovandosi spesso
gabbate dalle (davvero poco) fantasmagoriche fandonie collezionate nel film.
Il ritmo serrato insieme alla ricchezza
visiva, ottenuta grazia al grande dispiego
Tutti i film della stagione
di tecnologie digitali, sono forse le due cose
migliori della pellicola. La sceneggiatura di
certo è invece il punto più basso, più debole e meno difendibile d’un impianto narrativo povero, poco intelligente e per nulla
raffinato, dove solo alcune trovate piuttosto grossolane (qualche dettaglio surrealistico nella messa in scena dei cardinali,
il nome del nuovo Papa, ecc.) salvano dalla
noia senza appello. In questo goffo zibaldone fintamente barocco, evidentemente
ottuso, dotato di scarsa immaginazione, gli
interpreti, tutti o quasi attori di livello (Skarsgård, Mueller-Stahl e Mc Gregor tra gli
altri) sembrano spaesati e storditi, come il
grande attore di teatro catapultato sul palco della filodrammatica: tra grandi smorfie
e piccoli gesti per tentare di stare nei panni di cartapesta di personaggi scritti senza alcuna perizia, nessuno ne esce bene,
solo qualcuno limita i danni.
Al finale si arriva stanchi. Per scoprire
che, anche dentro le gerarchie ecclesiastiche, in fondo un futuro migliore è possibile: i giovani sono i cattivi – retrogradi,
oscurantisti, violenti e integralisti – ed è da
vecchi inermi e un po’ inebetiti – difesi e
condotti per la mano dalla luce dell’ateismo – che invece può venire la salvezza
comune. Un lieto fine che, senza volerlo,
sembra tra i più disperati e orrorifici degli
ultimi anni.
Silvio Grasselli
UNA NOTTE AL MUSEO 2-LA FUGA
(Night at the Museum: Battle of the Smithsonian)
Stati Uniti, 2009
Effetti speciali trucco: Michelle Lemieux, Craig Lindberg,
Ann McLaren
Supervisore effetti speciali: Chris Hampton
Supervisori effetti visivi: Raymond Chen (Rhythm & Hues),
Scott Gordon (CafeFX), Dion Hatch (Digiscope), Dan Deleeuw,
Coordinatori effetti visivi: Charise E. Angone, Jennifer Avery (Rhythm & Hues), Shad Davis (Studio), Aaron D. Wright
(Cafe FX), Steve Carter, Collin Fowler, Liyr Tobias Johansen,
Abbigail Ponek
Supervisori costumi: John Casey, Alexandra Krost
Interpreti: Ben Stiller (Larry Daley), Amy Adams (Amelia
Earhart), Owen Wilson (Jedediah Smith), Hank Azaria (Kahmunrah/il pensatore), Robin Williams (Teddy Roosevelt), Christopher Guest (Ivan il Terribile), Alain Chabat (Napoleone
Bonaparte), Steve Coogan (Ottavio), Ricky Gervais (dottor
McPhee), Bill Hader (Generale George Armstrong Custer),
Jon Bernthal (Al Capone), Patrick Gallagher (Attila), Jake
Cherry (Nicky Daley), Rami Malek (Ahkmenrah), Mizuo Peck
(Sacajawea), Kerry van der Griend, Matthew Harrison, Rick
Dobran (neanderthal), Randy Lee, Darryl Quon, Gerald Wong,
Paul Chih-Ping Cheng (unni), Jay Baruchel (Joey Motorola),
Mindy Kaling (insegnante), Samuel Patrick Chu, Augustus
Oicle, Kai James (adolescenti), Thomas Morley (Darth Vader),
George Foreman (se stesso), Josh Byer (gangster Capone),
Dave Hospes (astronauta), Keith Powell, Craig Robinson
Durata: 105’
Metri: 2820
Regia: Shawn Levy
Produzione: Michael Barnathan, Chris Columbus, Shawn Levy,
Mark Radcliffe per Twentieth Century-Fox Film Corporation/
1492 Pictures/21 Laps Entertainment/Museum Canada Productions
Distribuzione: 20th Century Fox
Prima: (Roma 22-5-2009; Milano 22-5-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Thomas Lennon, Robert Ben
Garant
Direttore della fotografia: John Schwartzman
Montaggio: Dean Zimmerman, Don Zimmerman
Musiche: Alan Silvestri
Scenografia: Claude Paré
Costumi: Marlene Stewart
Produttori esecutivi: Thomas M. Hammel, Josh McLaglen
Produttore associato: Ellen Somers
Direttore di produzione: Patricia Anne Doherty
Casting: Donna Isaacson
Aiuti regista: Josh McLaglen, Misha Bukowski, Ashley Bell,
Robert Rogers, Gordon Piper, Aliason C. Rosa, Rhonda Taylor
Operatori: Chris Banting, Ian Fox
Art directors: Michael Diner, Anthony Dunne, Helen Jarvis,
Grant Van Der Slagt
Arredatore: Lin MacDonald
Trucco: Emanuela Daus, Kate Biscoe, Cyndie Boehm, Stephanie Pasicov
Acconciature: Susan Boyd, Cydney Cornell
S
ono passati ormai due anni dalla
prima avventura di Larry nel
Museo di Storia Naturale di New
York. Non più guardiano notturno, Larry è
il proprietario della sua omonima azienda
di gadget; ma non lavora più con lo stesso
entusiasmo con cui gestiva gli abitanti animati del Museo. Dopo mesi, riesce finalmente ad andare a trovare i suoi vecchi
amici, ma ha una sorpresa: bisogna rinnovare il Museo con nuove tecnologie,
quindi tutte le statue di cera verranno spostate nell’archivio dello Smithsonian Museum a Washington D.C. Purtroppo la statua-Presidente Roosevelt gli confida che al
Museo resterà anche l’antica tavoletta egiziana, quella che riesce a dare vita a tutte
le statue di cera. Per loro è, quindi, l’ultima notte di vita.
La notte seguente, mentre Larry si trova a cena col figlio, riceve una telefonata
da Jedediah, piccola statua di cera western,
20
che chiede aiuto: la scimmia ha rubato la
tavoletta e ora il perfido principe egizio
Kahmunrah, il cui fratello buono Ahkmenrah è parte degli amici di Larry, la vuole
per riportare in vita il suo esercito.
Larry risponde alla chiamata d’aiuto.
Lo aspetta l’avventura di una notte dove
grazie all’aiuto di Amelia Earhart, la prima donna ad aver attraversato l’Atlantico
con un aereo, cercherà di salvare i suoi
amici; in primis, proprio Jedediah che vie-
Film
ne catturato dal Principe per ricattare Larry. Per salvarlo, Larry dovrà decifrare
l’enigma della tavoletta per trovare “la
password” con cui il l’egiziano potrà richiamare l’esercito. Amelia, innamoratasi di Larry, gli confida che nei suoi occhi
non c’è vita, non c’è passione e tenta quindi
di far capire cosa si deve fare per essere
felici. Girando in quasi tutte le sezioni animate del Museo, alla fine trovano la soluzione all’enigma. Kahmunrah richiama
l’esercito. A salvarli arriva la grande statua di Lincoln che rimanda indietro i guerrieri. Dopo una lunga battaglia fra i buoni
e i cattivi, Larry fa ritornare Kahmunrah
nel regno dei morti. Infine riporta tutti i
suoi amici nel Museo di New York. Amelia
e Larry si salutano con un bacio d’addio.
Poi, Larry, avendo capito che la felicità
risiede nel fare un lavoro che appassioni,
vende la sua società; con i soldi ricavati
ha finanziato in toto il suo amato Museo,
con la promessa che dovranno restare tutte le statue di cera al suo interno e la costante apertura notturna del Museo stesso. Così facendo, per tutti, le statue di cera
altro non sono che attori, mentre gli animali degli animatronics. Larry torna a fare
il guardiano e incontra una ragazza iden-
Tutti i film della stagione
tica ad Amelia, con cui avviene il colpo di
fulmine.
S
tesso team artistico del primo
film, ma differente risultato. Il regista Shawn Levy confeziona una
regia indubbiamente buona, senza sbavature; come esempio di tale lavoro si può
menzionare la sequenza della fuga di Larry e Amelia sull’aereo. Così anche gli effetti speciali delle statue e dei quadri animati (che nel primo non c’erano), sono
realizzati con altrettanta cura. Quello che
non funziona sono alcuni dialoghi, francamente fini a se stessi e che rasentano un
basso livello di scrittura. Indubbiamente
alcuni adattamenti del doppiaggio italiano
non aiutano. Napoleone ad esempio, fa
impliciti ma comprensibilissimi riferimenti
a Silvio Berlusconi, riferendo che vi sono
suoi discendenti in Italia; in alcune scene
arriva persino a imitare il modo di parlare
del Presidente. Così anche alcune scene
potrebbero tranquillamente essere omesse, senza recare danno alla storia stessa.
Il merito del soggetto è comunque quello di tentare uno spostamento delle vicende di Larry cercando di non ricalcare troppo il film precedente. Mentre nel primo il
protagonista doveva maturare e trovare un
lavoro che gli consentisse di ottenere l’affidamento congiunto del figlio, qui deve capire qual è la strada da perseguire per raggiungere la felicità. Altro non poteva essere
che non sono i soldi a fare la vera felicità,
ma un lavoro che amiamo e che ci dia soddisfazione anche se poco retribuito.
Ben Stiller, è ormai un navigato attore
delle commedie americane per famiglie;
memorabile la sua interpretazione nel film
Ti presento i miei (2000). In questa pellicola, però, sembra ormai stanco, col risultato che neanche lui ci crede fino in fondo.
Idem per il suo alter ego Owen Wilson;
ovunque vi è un attore di solito ritroviamo
anche l’altro. Discorso differente per Amy
Adams, giovane attrice che è stata protagonista sia di film fantasy (Come d’incanto) che in altri maggiormente importanti
come Il dubbio, accanto ai due premi
Oscar, Meryl Streep e Philip Seymour
Hoffman.
Uno di quei casi in cui si poteva tranquillamente evitare un sequel, lasciando
negli annali cinematografici un bel film per
famiglie.
Elena Mandolini
FUORI MENÙ
(Fuera de carta)
Spagna, 2008
Trucco: Susana Sánchez
Acconciature: Nuria Vela
Supervisore effetti speciali: Juan Ramón Molina
Coordinatori effetti visivi: Ferrán Piquer
Suono: Sergio Bürmann
Interpreti: Javier Cámara (Maxi), Lola Dueñas (Alex), Fernando Tejero (Ramiro), Benjamín Vicuña (Horacio), Cristina Marcos (Marta), Junio Valverde (Edu), Luis Varela (Jaime), Fernando Albizu (Valero), Jorge Alonso (medico), Yiyo
Alonso (idraulico), Chus Lampreave (Celia), Carlos Leal
(Pascal Sánchez), Alberto Jo Lee (Dae-Su), Alejandra Lorenzo (Alba), Alexandra Jiménez (Paula), Carlos Olalla (Quique), Mariano Peña (Álvaro), Jesús Fuente (direttore del
collegio), Santiago Meléndez (cliente arrabbiato), Ana Prada (signora), María Jesús Llorente (moglie cliente), Pepe
Martín, Eduardo Molina (bambini), María Tasende, Raquel
Ortega (infermiere), Font García, Fernando Cueto (operai),
Mari Franç Torres, Alberto Rivas Orio (cantanti), Pascal Cid
Arregui (padre calciatore), Eduardo Velasco, Manuel Vidal,
Adela huete
Durata: 111’
Metri: 2915
Regia: Nacho G. Velilla
Produzione: Daniel Écija, Nacho G.Velilla, Tadeo Villalba Hijo
per Antena 3 Televisión/Canguro Produzioni Internazionali Cinematografiche/Ensueño Films
Distribuzione: Bolero Film
Prima: (Roma 24-4-2009; Milano 24-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Oriol Capel, Antonio Sánchez,
David S. Olivas, Nacho G. Velilla
Direttore della fotografia: David Omedes
Montaggio: Angel Hernandez Zoido
Musiche: Juanjo Javierre
Scenografia: Javier Fernández
Costumi: Silvia García Bravo
Produttore esecutivo: Javier Méndez
Produttori associati: Silvia García-Calvo, Eva Garrido
Direttore di produzione: José Ripoll Sánchez
Casting: Luis San Narciso, Tonucha Vidal
Aiuti regista: Rafael Carmona, Eva Sánchez, Elena Valverde,
Mari Franç Torres
Operatore steadicam: Yosu Inchaustegui
Art director: Javier Fernández
Arredatore: Javier Lorenzo
P
rimo chef dell’esclusivo ristorante la Xantarella de La Chueca, il
quartiere gay di Madrid, Maxi è
un uomo che vive la cucina con estremo
trasporto, elaborando ogni ricetta con
furore creativo, all’insegna della filoso-
21
fia della “sessualità” del cibo. L’uomo
dopo un matrimonio fallito da cui sono
nati l’ormai adolescente Edu e la picco-
Film
la Alba, ha deciso di vivere liberamente
la sua omosessualità e si dedica anima e
corpo al suo locale, in trepidante attesa
di ricevere il riconoscimento della stellina Michelin. Nonostante il ristorante
ultimamente non navighi in ottime acque,
Maxi ogni giorno gestisce con allegria e
senza perdersi d’animo il suo personale
di cuochi con un severo atteggiamento
paternalista. Il suo staff è composto dai
tipi più eterogenei e bizzarri: una ragazza rasta incinta, alcuni ragazzi asiatici,
Ramiro un giovane sboccato e beone e,
infine, da Alex, una maître single vivace
ed esuberante, ma molto sfortunata in
amore. Improvvisamente, l’abitudinaria
esistenza dello chef viene scossa dalla
morte improvvisa di tumore della ex moglie. Così, da un giorno all’altro, gli vengono affidati quei due figli abbandonati
fin da piccoli, a lui quasi sconosciuti.
Come se non bastasse, arriva anche un
nuovo vicino di casa, Horacio, un ex calciatore argentino bello come il sole. Alex
senza perdere troppo tempo si fa avanti
per conquistare il cuore del bel calciatore; tuttavia, nonostante l’infinita dolcezza e un fantastico decolletè, proprio
non riesce nella sua impresa. Anzi Horacio sembra avere tutt’altre mire. In un
attimo infatti, inaspettatamente Maxi e
Horacio si trovano l’uno nelle braccia
dell’altro, pur non sapendo come giustificarsi agli occhi di Alex. Intanto Edu e
Alba si trasferiscono a casa di Maxi e
cominciano, loro malgrado, a prender
parte alla vita del padre. Edu non condivide molti atteggiamenti di Maxi e gli
rinfaccia sempre la sua assenza. L’uomo, inesperto in fatto di figli, cerca di
fare il suo meglio, ma sembra ancora in-
Tutti i film della stagione
capace di prendersi le proprie responsabilità. Intanto Edu comincia a seguire
gli allenamenti di Horacio e ai due
amanti comincia a pesare la segretezza
del loro rapporto. Così, in malo modo,
mettono fine alla storia. Maxi diventa
sempre più nervoso e intollerante anche
con i figli, tanto da allontanarli ancor
più da sé. Horacio, infelice e frastornato, durante una trasmissione sportiva, fa
outing davanti alle telecamere e riconquista il cuore di Maxi. Ora possono vivere serenamente la loro storia. Finalmente al ristorante arriva la notizia che
verrà a cena un ispettore della guida
Michelin. All’uomo non sembra vero: tutto deve essere perfetto. Però, proprio
quel giorno, è il compleanno di Edu e
lui non può di certo mancare come tutti
gli altri anni. Quindi lascia il ristorante
in mano ai suoi cuochi e in compagnia
di Horacio va a trascorrere la giornata
con i suoi figli. Nonostante l’intervista
per il riconoscimento non vada come
previsto, Maxi ha ripreso con sé i suoi
ragazzi e con Horacio ormai possono
dire di formare una vera famiglia.
O
pera prima del regista spagnolo
Nacho Garcìa Veilla, autore della fiction tv di successo Un medico in famiglia, Fuori menù fa venire in
mente Pedro Almodòvar. Non è solo perché il protagonista, Javier Camara, ha
recitato nei suoi film, ma anche per l’atmosfera che si respira, a metà strada tra
la farsa e il dramma, con un retrogusto
sensuale di fondo. Certo in fretta ci si accorge di essere lontani anni luce da Volver o Parla con lei, ma comunque si sorride. È soprattutto l’aspetto di commedia
sociale a colpire, articolata con una serie di equivoci e classici cliché, incastrati tra loro. Al tentativo di parlare del delicato rapporto padre-figlio, si aggiunge
quello del rapporto omosessuale. Fuori
menù però ci tiene a mostrare con orgoglio come il suo paese sia stato negli ultimi anni pioniere delle battaglie per i diritti civili dei gay. Tuttavia la leggerezza
del tocco diviene inconsistenza del messaggio. Per realizzare una ricetta di questa difficoltà occorrerebbe una struttura
di una tale complessità che il film di Nacho Garcìa Velilla non si sforza più di tanto di costruire. Così che la maturazione
di un istinto paterno appare superficiale
e alcuni passaggi trovano giustificazione solo attraverso l’alibi narrativo della
cornice favolistica, che precede ogni capitolo del film. Alcuni inserti animati provano a dare colore alla pellicola, virandola in una fiaba che mantiene comunque i suoi scomodi accenti realistici. Per
fortuna, non guasta un po’ di autoironia
e, tra una battuta e l’altra, non ci si prende mai seriamente. La divertente descrizione dell’esercito di cuochi al servizio
del protagonista, che, fra un’aragosta e
una zuppa, ci rendono parte del loro
strampalato vissuto, è l’intuizione più felice del regista, accanto alla verve dei
dialoghi che sembra avere particolarmente a cuore.
Il film, premiato come miglior Film al
Festival di Málaga e miglior attore Javier
Camara, rappresenta in tutto la Spagna
di Zapatero, dinamica, progressista, piena di spinte contraddittorie, ma al primo
posto in fatto di tolleranza. Le potenzialità degli interpreti vengono enfatizzate
al massimo. Tra tutti il protagonista Javier Cámara e Lola Dueñas, i due feticci
di Almodòvar e il caratterista Fernando
Tejero, che rappresentano gli stereotipi
di personaggi già visti e vissuti. Convenzionali e poco originali appaiono anche
molte situazioni, così come la stessa costruzione narrativa basata sulla triade incontro-conflitto-riappacificazione e il
classico finale in corsa contro il tempo,
in cui i sentimenti devono per forza di
cose prevalere su tutto il resto. L’opera
di Velilla, in conclusione, non suggerisce
alcun ingrediente o piatto “fuori menù”
all’evoluzione della famiglia dei nostri
giorni, ma si diverte a prendere nota dei
cambiamenti in corso e delle difficoltà
che ne conseguono per adattarsi a essi.
E lo fa col sorriso sulle labbra e con un
sincero ottimismo.
Veronica Barteri
22
Film
Tutti i film della stagione
ROCKNROLLA
(RocknRolla)
Gran Bretagna, 2008
Regia: Guy Ritchie
Produzione: Steve Clark-Hall, Susan Downey, Guy Ritchie, Joel
Silver per Warner Bros. Pictures/Dark Castle Entertainment/
Toff Guy Films/Studio Canal
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Prima: (Roma 24-4-2009; Milano 24-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Guy Ritchie
Direttore della fotografia: David Higgs
Montaggio: James Herbert
Musiche: Steve Isles
Scenografia: Richard Bridgland
Costumi: Suzie Harman
Produttori esecutivi: Navid Mcllhargey, Steve Richards
Produttori associati: Martin Askew, Mickey De Hara, Lauren Meek
Direttore di produzione: Tom Avison
Casting: Reg Poerscout-Edgerton
Aiuti regista: Max Keene, Matthew Baker, Paul Bennett
Operatore/Operatore steadicam: Julian Morson
Art director: Andy Nicholson
Arredatore: Debbie Moles
Trucco: Jenny Harling, Laura McIntosh, Kath Rayner, Kirstin
Chalmers
L
ondra, oggi. Gran parte dei quartieri sono controllati da Lenny
Cole, boss della “vecchia scuola” ammanicato a livello politico per gestire, di fatto, tutto il mercato immobiliare
della città. Alle porte c’è un accordo con
Uri Obomavich, potente e misterioso miliardario russo, disposto a spendere sette
milioni di euro per raggirare la burocrazia e avere la possibilità di costruire nel
giro di sei mesi. A suggellare l’intesa, Obomavich lascia in prestito a Cole un dipinto
d’enorme valore, suo quadro portafortuna. Per disporre della cifra, il russo si rivolge a Stella, affascinante consulente finanziario in grado di spostare grosse somme di denaro bypassando i controlli della
finanza. La donna, annoiata da un matrimonio di copertura con un avvocato omosessuale, è in perenne ricerca di emozioni
forti: per questo, comunica al malvivente
Mr. One Two i dettagli dell’operazione, accontentandosi del 20% della quota. Il colpo va a segno, così il criminale e il suo
compare Mumbles riescono a saldare Lenny Cole, con il quale erano in debito di
due milioni di euro per un precedente accordo andato a finire male. I soldi vengono consegnati ad Archy, braccio destro del
boss e narratore dell’intera vicenda. Che
da quel momento sarà impegnato a risolvere anche un’altra questione: il quadro
del russo è stato rubato dallo studio di
Acconciature: Kirstin Chalmers
Supervisore effetti speciali: David Harris
Supervisore effetti visivi: Jonathan Privett (Rushes Post
Production)
Coordinatore effetti visivi: Warwick Hewett (Rushes Post
Production)
Supervisore musiche: Ian Neil
Interpreti: Gerard Butler (One Two), Tom Wilkinson (Lenny
Cole), Thandie Newton (Stella), Mark Strong (Archy), Idris Elba
(Mumbles), Tom Hardy (Handsome Bob), Karel Roden (Uri
Omovich), Toby Kebbell (Johnny Quid), Jeremy Piven (Roman), Ludacris (Mickey), Jimi Mistry (consigliere), Matt King
(Cookie), Geoff Bell (Il capo Fred), Dragan Micanovic (Victor),
Michael Ryan (Pete), Nonso Anozie (Tank), Gemma Artenton
(June), David Bark-Jones (Bertie), David Leon (Malcolm),
Bronson Webb (Paul), Kelly George (Danny), Roland Manookian (Bandy), Jamie Campbell Bower (Rocker), Alex Kovas
(Chechnyan), Mario Woszcycki (Chechnyan), Mickey De Hara
(Turbo), Scott McNess (Johnny, 12 anni), Tim Wallers, Jasper
Jacob (avvocati), James Greene (giudice), Johnny Harris
(Gary), Tiffany Mulheron (Jackie), David Sterne (barman)
Durata: 114’
Metri: 3000
Lenny, nel frattempo infastidito dal mancato pagamento dei sette milioni e, tra le
altre cose, dalla notizia (da subito considerata falsa) della morte della famosa
rockstar Johnny Quid, suo figliastro, nonché irrecuperabile tossicomane. Neanche
a farlo apposta, le piste battute da Archy
per capire che fine abbia fatto il dipinto portano proprio a lui: l’incastro si complica;
alla partita prendono parte anche Tank (conoscitore di tutti i movimenti della malavita londinese), Mickey e Roman, gestori di
una decina di locali notturni, un tempo stretti collaboratori di Johnny Quid. Il quale continua a vivere nascosto insieme al fidato
Pedro, tra pipe di crack, deliri filosofici e
flashback della sua infanzia non proprio
felice con l’arcigno Lenny. Intanto, il russo
si rivolge nuovamente a Stella per “far muovere” altri sette milioni, la donna accetta
e, come l’altra volta, gira l’informazione
a Mr. One Two. Non sarà semplice come
in precedenza, però: l’operazione è controllata da due ex soldati e combattenti
russi, che venderanno cara la pelle prima
di mollare il bottino. Il quadro, nel frattempo, viene sottratto a Johnny da due drogati di passaggio che successivamente lo
vendono a Cookie, altro tossico che bazzica la bisca di One Two, al quale regalerà
il dipinto per far sì che, a sua volta, lo doni
a Stella. Alla notizia del secondo furto dei
sette milioni, il russo crede sia tutta opera
23
di Lenny e, per questo, gli fa spezzare le
gambe in quattro punti. Poi l’intrigo si
scioglie: Mickey e Roman trovano Johnny,
Archy viene informato sui reali artefici
della doppia rapina. Tutti vengono portati
da Lenny, ma la situazione si capovolge
quando Johnny svela ad Archy che fu proprio il suo patrigno – che in realtà continua a fare i propri comodi perché tutelato
dalla legge in quanto informatore della
polizia – a farlo condannare tempo prima
a quattro anni di galera. E la tortura riservata per anni ai suoi nemici sarà la stessa che subirà dal suo uomo più fidato.
S
alutato con particolare entusiasmo alla scorsa edizione del Festival Internazionale del Film di
Roma, ma passato pressoché inosservato alla prima settimana di programmazione nelle sale, RocknRolla di Guy Ritchie –
famoso più per i trascorsi da “ex Signor
Madonna” che per la carriera da cineasta
– segna il ritorno del regista britannico alle
atmosfere e alle derive malavitose dei londinesi Lock & Stock e Snatch – Lo strappo. Cercando di dimenticare i tremendi flop
dell’indecoroso Travolti dal destino e Revolver (ambientato a Las Vegas), Guy Ritchie si affida nuovamente a coralità, racconto a incastro, montaggio da videoclip e
colonna sonora “da urlo” (tra gli altri The
Clash, The Sonics e Lou Reed), per ricor-
Film
darci – ancora una volta – quanto vorrebbe essere Tarantino.
Seppur supportato da un cast all’altezza, il film mostra il fianco in breve tempo però,
vuoi per una sensazione di déjà-vu insopprimibile, vuoi per la continua indecisione di
un regista che, in più di un’occasione, rima-
Tutti i film della stagione
ne in perenne bilico tra la volontà di osare
(senza mai farlo davvero) e il desiderio represso di prendersi maledettamente sul serio, trascinando “l’incastro” ben oltre i limiti
necessari e dimenticando con troppa facilità di “chiudere” alcune situazioni lasciate frettolosamente in sospeso (che fine fanno Mr.
One Two e compari?). Senza contare la
smaccata e perenne ricerca di una scena
da regalare ai posteri e la promessa (minaccia?...) che la vicenda del RocknRolla (Johnny Quid/ Toby Kebell) non sia finita qui...
Valerio Sammarco
TERMINATOR SALVATION
(Terminator Salvation)
Stati Uniti/Germania/Gran Bretagna/Italia, 2009
Regia: McG
Produzione: Derek Anderson, Moritz Borman, Victor Kubicek,
Jeffrey Silver per The Halcyon Company/Wonderland Sound
and Vision
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 5-6-2009; Milano 5-6-2009)
Soggetto: dai personaggi create da James Cameron, Gale Anne
Hurd
Sceneggiatura: John Brancato, Michael Ferris
Direttore della fotografia: Shane Hurlbut
Montaggio: Conrad Buff IV
Musiche: Danny Elfman
Scenografia: Martin Laing
Costumi: Michael Wilkinson
Produttori esecutivi: Jeanne Allgood, Peter D. Graves, Mario Kassar, Dan Lin, Joel B. Michaels, Andrew G. Vajna
Produttori associati: Bruce Franklin, Steve Gaub, April
A.Janow, James Middleton, Anjalika Mathur Nigam
Co-produttore: Chantal Feghali
Direttore di produzione: Don Zeplef
Casting: Justine Baddeley, Kim Davis
Aiuti regista: Bruce Franklin, Jeff Okabayashi, Bryan Snodgrass, Cyndi Martin
Operatore steadicam: George Billinger III
Art director: Troy Sizemore
Arredatore: Victor J. Zolfo
Effetti speciali trucco: Mike Smithson, Rolf John Keppler,
Aimee Macabeo, Michael Ornelaz, Arjen Tuiten
Trucco: Kimberly Greene, Erin Wooldridge, Georgia Allen, Deidre Parness
Acconciature: Betty Lou Skinner
2
003. Prima di essere giustiziato,
Marcus Wright, nel braccio della morte, firma il proprio consenso alla dottoressa Serena Kogan affinché,
una volta deceduto, il proprio corpo venga messo a disposizione della scienza.
Quindici anni più tardi, nel 2018, la civiltà ha conosciuto il Giorno del Giudizio e
un esercito di Terminator, in uno scenario
post-apocalittico, cerca di portare a compimento lo sterminio uccidendo o catturando i
pochi esseri umani rimasti, ora nascosti nelle città desolate, o in deserti inospitali. Leader carismatico della Resistenza, John Connor – l’unico che tempo addietro aveva previsto questo futuro per la sua specie – potrebbe finalmente neutralizzare Skynet
(network di intelligenze artificiali che con-
Supervisori effetti speciali trucco: John Rosengrant (Stan
Winston Studio)
Effetti speciali trucco:Laura Elliott, Damian Fisher, Allan B.
Holt, Keith Marbory
Acconciature: Betty Lou Skinner
Coordinatori effetti speciali: Mark Hawker, Michael Meinardus
Supervisori effetti visivi: John Dietz, Gregory Yepes (Rising Sun Pictures), Nathan McGuinness, John Fragomeni
(Asylum), Ben Snow, Edward Hirsh (ILM), Sebastien Moreau
(RodeoFX), Charles Gibson
Coordinatori effetti visivi: Joseph Bell, Steve Fait (ILM),
Christine Felman (Asylum), Jennie Zeiher (Rising Sun Pictures), Llyr Tobias Johansen
Supervisore costumi: Robert Q. Mathews
Interpreti: Christian Bale (John Connor), Sam Worthington
(Marcus Wright), Moon Bloodgood (Blair Williams), Helena
Bonham Carter (dottoressa Serena Kogan), Anton Yelchin
(Kyle Reese), Jadagrace (la Star), Bryce Dallas Howard (Kate
Connor), Common (Barnes), Jane Alexander (Virginia), Michael Ironside (Generale Ashdown), Ivan G’Vera (Generale
Losenko), Chris Browning (Morrison), Dorian Nkono (David),
Beth Bailey (Lisa), Victor J. Ho (Mark), Buster Reeves (Tunney), Kevin Wiggins (Generale Olsen), Greg Serano (Hideki),
Po Chan (Naima), Babak Tafti (Malik), Bruce Mclntosh (prete), Treva Etienne (Len), Dylan Kenin (Turnbull), Michael Papajohn (Carnahan), Chris Ashworth (Richter), Diego Joaquin
Lopez, Zach McGowan (soldati), Greg Plitt (uomo ibrido), Omar
Paz Trujillo (guardia), Terry Crews (capitano Jericho)
Durata: 115’
Metri: 3050
trolla i Terminator e che, in precedenza, diventando consapevole di se stesso, si è rivoltato contro i suoi stessi creatori), ma prima
di annientarlo vorrebbe provare a liberare
tutti gli esseri umani tenuti prigionieri, tra i
quali Kyle Reese, ancora giovanissimo, ma
pedina fondamentale di un prossimo futuro
che, anni prima, la madre di John imparò a
conoscere. Per farlo, ha un’unica possibilità: fidarsi di uno sconosciuto arrivato dal
passato, Marcus Wright appunto, il cui ultimo ricordo è quello di essere stato in prigione e di essersi svegliato in questo nuovo mondo. Facile a dirsi, quasi impossibile a farsi:
Marcus Wright è un ibrido, con un cuore e
un cervello umani, ma con le parti interiori
tipiche di un robot. Ignaro del suo status fino
a poco prima l’ingresso nella sede dei ribel24
li, Marcus continua a considerarsi umano,
anche se supportato da braccia e gambe di
metallo e cerca, in tutti i modi, di convincere
Connor della sua buona fede, spiegandogli
che l’unica possibilità di riuscita per trarre
in salvo Kyle Reese è infiltrarsi con lui a Skynet. Una volta dentro, Marcus scopre di essere stato progettato come nuovo modello
di Terminator e che il disegno di Skynet era
proprio quello di portare lì dentro John Connor per poterlo eliminare una volta per tutte. Ma la sua parte umana si ribellerà a
questo destino e aiuterà il futuro capo della
Resistenza a portare in salvo molti umani,
tra cui Kyle Reese. Ferito mortalmente, infine, Connor sarà salvato proprio dal “cuore” di Marcus, che deciderà di sacrificarsi
per tenerlo in vita.
Film
Tutti i film della stagione
V
enticinque anni dopo il primo capitolo scritto e diretto da James
Cameron, Terminator Salvation si
pone come da sottotitolo (Il futuro ha inizio) quale reboot dell’intera saga; dimenticando senza alcuna difficoltà il precedente Le macchine ribelli (2003) di Jonathan
Mostow, questo di McG ha quantomeno il
merito di riprendere in mano alcune connessioni filologiche indispensabili per comprendere l’andamento narrativo e lo sviluppo dei personaggi cardine della saga.
Di fatto, l’ambientazione al 2018 – undici anni prima rispetto al prologo di Terminator, dove Kyle Reese insieme a un manipolo di uomini tenta di contrastare la furia
delle macchine – diventa indispensabile per
gettare le basi di un nuovo progetto atto a
rilanciare, anche se con caratteristiche dissimili, la portata del già di per sé indimenticabile quadro teorizzato da Cameron. Per
il regista di Aliens e Titanic, è vero, la storia
di Terminator si concludeva in quella vasca
di acciaio fuso che chiudeva il secondo episodio (Il giorno del giudizio, 1991), ma è
altrettanto vero che Hollywood non considera chiusa l’epopea e, molto probabilmente, nel prossimo futuro (il 2029...) ritroveremo John Connor costretto a rimandare indietro nel tempo (1984) suo padre, Kyle
Reese, per proteggere la sua futura madre,
Sarah Connor, dalla potenza del Terminator inviato da Skynet per ucciderla.
La magia di questo Terminator Salvation
è tutta qui, nel saper incarnare le infinite pos-
sibilità del mezzo cinematografico quale vettore capace di trasmigrare nello spazio e nel
tempo, autogenerandosi, autodistruggendosi e rigenerandosi milioni di volte. Ma non
solo: consapevole di non poter combattere
ad armi pari con i due, veri capisaldi della
saga (quelli di Cameron), il film di McG sfrutta
al massimo i 200 milioni di dollari di budget
(il più alto nella storia dei vari Terminator) –
non disdegnando momenti di alta spettacolarità, quali l’inseguimento aereo o motociclistico, fino all’apice dello scontro all’interno di Skynet, con il T-800 che riassume le
sembianze del primo Schwarzenegger, il cui
volto è utilizzato digitalmente sul corpo di un
wrestler professionista –, ma ha il coraggio
di sapersi affidare ad atmosfere e polverosità degne dei migliori B-movies di tanto cinema sci-fi anni ’70 e ’80, regalando un (nuovo) metaimmaginario post-apocalittico plumbeo e desolante, squarciato, ancora una
volta, dalla speranza di poter porre fine al
predominio delle macchine sull’uomo. Ritorno al futuro.
Valerio Sammarco
17 AGAIN - RITORNO AL LICEO
(17 Again)
Stati Uniti, 2009
Regia: Burr Steers
Produzione: Jennifer Gibgot, Adam Shankman per Offspring
Entertainment
Distribuzione: Eagle Pictures 2009
Prima: (Roma 15-5-2009; Milano 15-5-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Jason Filardi
Direttore della fotografia: Tim Suhrstedt
Montaggio: Padraic Mckinley
Musiche: Rolfe Kent
Scenografia: Garreth Stover
Costumi: Pamela Withers
Produttori esecutivi: Jason Barret, Keith Goldberg
Co-produttore: Dara Weintraub
Direttore di produzione: Dara Weintraub
Casting: Lisa Beach, Sarah Katzman
Aiuti regista: Lisa C. Satriano, Lisa M. Rowe, David Mendoza,
Jessica Lowrey, Efrain Cortes
Operatore steadicam: Chris W. Johnson
Art director: Tom Reta
Arredatore: Natalie Pope
Trucco: Erin Wooldridge, Kimberly Greene, Amy Harmon, Amy
Lederman
Acconciature: Marie Larkin, Melissa A. Yonkey, Kim M. Ferry
Coordinatori effetti visivi: Jennifer Avery
Supervisore musiche: Buck Damon
Supervisore costumi: Micelle Kurpaska
Interpreti: Zac Efron (Mike O’Donnell adolescente), Leslie
Mann (Scarlett O’Donnell adulta), Thomas Lennon (Ned Gold),
Matthew Perry (Mike O’Donnell adulto), Tyler Steelman (Ned
Gold adolescente), Allison Miller (Scarlett adolescente), Sterling Knight (Alex O’Donnell), Michelle Trachtenberg (Maggie
O’Donnell), Adam Gregory (Dom), Hunter Parrish (Stan), Mario
Cassem (Samir), Katerina Graham (Jaime), Tiya Sircar (Samantha), Melissa Ordway (Lauren), Melora Hardin (Preside
Jane Masterson), Brian Doyle-Murray (bidello), Josie Loren
(Nicole), Jim Gaffigan (allenatore Murphy), Randy Gordon (fotografo), Collette Wolfe (Wendy), Tommy Dewey (Roger), Lorna Scott (segretaria), Kodi Kitchen (hostess), Ellis Williams
(ufficiale giudiziario), Diana-Maria Riva (giudice), Jeff Snyder,
Angee Hughes (camerieri), Antonio Lewis Todd (arbitro, 1989),
Ed Ackerman (poliziotto della scuola), Will Schaub (arbitro),
Loren Lester (avvocato di Mike)
Durata: 102’
Metri: 2660
25
Film
N
el 1989, Michael O’Donnell era
l’idolo del liceo e nuova promessa del basket. Poco prima della
grande finale, Mike viene a sapere che la
sua ragazza, Scarlet, è incinta e decide
quindi di mollare tutto, posto e università,
per sposarsi. Vent’anni dopo, la vita di
Mike sta andando a rotoli: lui e Scarlet si
sono separati, il lavoro non lo soddisfa, i
figli Maggie e Alex non hanno nessun dialogo con lui. Un giorno, Mike capita per
caso dalle parti del suo liceo, rimpiangendo la sua vita da adolescente e le sue speranze nell’avvenire, e ha uno strano incontro con un vecchio bidello. Tornato a casa
dallo stralunato amico Ned Gold, con il
quale convive ora che Scarlet l’ha piantato, Mike scopre di essere tornato diciassettenne! Aiutato da Ned, Mike si iscrive a
scuola con il nome di Mark Gold per godersi di nuovo l’occasione irripetibile di
poter modificare il proprio passato ma si
accorge che questo dono improvviso serve
a qualcosa di più importante: vivendo ora
“sotto mentite spoglie”, Mark può avvicinare di più i propri figli e scoprire cose di
loro che non sapeva, aiutando Maggie a
superare le prime delusioni d’amore e spingendo Alex a trovare più sicurezza in se
stesso. Divenuto “amico” di Maggie e
Alex, Mark frequenta anche Scarlet, scoprendosene ancora innamorato. Il tempo
passa e si avvicina intanto la data dell’udienza per la causa di divorzio. Mark si
presenta in aula per leggere una lettera
scritta da Mike per risvegliare i sentimenti
di Scarlet che però scopre la verità. Durante la finale del campionato, Mark fa i
modo che sia proprio Alex a segnare il
Tutti i film della stagione
punto decisivo e, poco dopo, il misterioso
bidello lo scioglie dall’incantesimo. Ora
Mike è di nuovo felice insieme alla sua famiglia e viene nominato allenatore della
squadra di basket della scuola.
G
iusto vent’anni fa erano di gran
moda i film cosiddetti “body
swap”, basati sullo scambio magico di ruoli tra padri e figli, oppure sul catapultamento improvviso e inspiegabile in
un altro tempo. Tanto per citarne qualcuno, Big con Tom Hanks, Tale padre tale figlio col compianto Dudley Moore e l’idolo
delle teenagers del tempo Kirk Cameron,
Peggy Sue si è sposata di Francis Ford
Coppola (ma già siamo su un terreno diverso ...) e tanti altri, fino al recente 30 anni
in un secondo con Jennifer Garner.
17 again – ritorno al liceo ribalta in parte
il topos della trama “body swap” per catapultare il quarantenne Matthew Perry, il Chandler della serie culto degli anni ’90 Friends,
nei panni disinvolti e sempre più idolatrati del
giovane divo del momento Zack Efron, che
sembra non riesca – o non voglia – scrollarsi di dosso il ruolo del bello della scuola.
Con un’idea di partenza tanto esile e
così già ampiamente sfruttata, il risultato
poteva essere benissimo un semplice veicolo divistico per Efron dopo i successi
planetari della serie High School Musical.
Invece il film si sforza di elevarsi un po’ di
più dalla consueta “minestra riscaldata” a
uso e consumo della star di turno. Zack
Efron rivela gustose doti comiche, ancorché acerbe, e riesce a gestire bene da protagonista il film, rubando spesso la scena
al bolso Matthew Perry.
Il regista Burr Steers (in precedenza
attore per Tarantino, sceneggiatore di
Come farsi lasciare in dieci giorni e regista di interessanti serie tv) si cimenta anche nella rappresentazione della generazione adolescenziale nella scuola del nuovo millennio, nell’era dei videofonini e di
youtube. La regia è spigliata e movimentata, con un buon ritmo e una buona scelta dei tempi comici (anche se strizza un
po’ troppo l’occhio al mondo liceale dello
già citato High School Musical, tra balletti
propiziatori e partite di basket).
La sceneggiatura di Jason Filardi
saccheggia ampiamente da altri film simili, ma lo fa con intelligenza e dissemina qua e là citazioni più o meno velate a
La vita è meravigliosa e Ritorno al futuro. Le gag presenti nel film sono divertenti al punto giusto, lontane dalla volgarità liceale di American Pie e simili. Gli
interventi più riusciti riguardano comunque il personaggio di Ned Gold, interpretato da Thomas Lennon, il miglior amico
del protagonista ai tempi del liceo che
da nerd sfigato è riuscito a diventare
milionario grazie al boom della fantascienza, compiendo un percorso inverso, dalla stelle alle stalle, del suo compagno Michael. La lotta a colpi di spada
laser di Guerre stellari è sicuramente una
delle trovate più riuscite del film.
Ovviamente si tratta di un film di carta
velina, leggero e spensierato, che però riesce a divertire soavemente e senza scossoni per quasi un’ora e mezza, senza pretese e senza volgarità.
Chiara Cecchini
RIUNIONE DI FAMIGLIA
(En mand kommer hjem)
Danimarca, 2007
Operatore steadicam: Karsten Jacobsen
Art directors: Magnus Kasting, Manudela Riger-Kusk
Trucco: Jenny Fred
Supervisori effetti visivi: Michael Holm
Supervisori musiche: Michael Baird, Claude Letessier
Suono: Kristian Eidnes Andersen
Interpreti: Oliver Møller-Knauer (Sebastian), Ronja Mannov Olesen (Maria), Helene Reingaard Neumann (Claudia), Thomas Bo
Larsen (Karl Kristian Schmidt), Morten Grunwald (direttore), Gitte Christensen (Sarah Schmidt), Ulla Henningsen (zia Anna),
Karen-Lise Mynster (madre), Paw Henriksen (Peter), Shanti
Roney (cuoco), Salvatore Mastruzzo (assistente), Said Milanpouri
(direttore d’orchestra), Klaus Pagh (borgomastro), Thomas Bo
Larsen (cantante), Brigitte Christensen (moglie del cantante)
Durata: 100’
Metri: 2630
Regia: Thomas Vinterberg
Produzione: Morten Kaufmann per Breidablick Film AB/Nimbus Film Productions
Distribuzione: Teodora Film
Prima: (Roma 30-4-2009; Milano 30-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Morten Kaufmann, Mogens
Rukov, Thomas Vinterberg
Direttore della fotografia: Anthony Dod Mantle
Montaggio: Soren B. Ebbe, Valdís Óskarsdóttir
Musiche: Johan Söderqvist
Scenografia: Morten Isbrand, Anja Wessel
Costumi: Anne Mette Trolle
Co-produttore: Moa Westeson
Direttore di produzione: Lina Bach Christensen
Casting: Tine Saetter-Lassen
Aiuto regista: Bjorn Kopp
26
Film
I
n una cittadina danese fervono i
preparativi per celebrare il 750°
anniversario della sua fondazione.
L’albergo più importante è in subbuglio per
accogliere l’importante cantante d’opera
Karl Kristian Schmidt, tornato nella città
natia per l’occasione. Viene addirittura
chiamato uno chef dalla “nemica” Svezia
per garantire la massima riuscita dell’evento, di lì a poco minato sia per le difficili doti caratteriali dell’ospite d’onore,
sia per gli avvenimenti personali di un aiuto cuoco, Sebastian, giovane bello e balbuziente, convinto che il padre si sia suicidato quando lui era ancora bambino, cresciuto con la mamma e la zia, diventate
poi compagne di vita. Il ragazzo è prossimo al matrimonio con Claudia, ma basterà rincontrare Maria – suo antico amore,
scomparsa dopo la morte della madre, ora
neoassunta come cameriera nello stesso albergo dove lui lavora – per far vacillare le
sue certezze. Sebastian confessa a Claudia
di aver fatto l’amore con Maria e viene cacciato di casa. Tornato il giorno dopo per
prendere le sue cose, saprà dalla madre –
arrivata con la zia per i festeggiamenti della città – che il padre non è mai morto e
che, in realtà, è proprio il cantante, Karl
Kristian Schmidt. Il quale, nel frattempo, si
rifiuta di mangiare e porta stancamente
avanti il rapporto con la nuova moglie.
Completamente disorientato, Sebastian torna al lavoro e viene incaricato di portare al
cantante la colazione. Arrivato al suo cospetto, però, scoppia a piangere. Schmidt –
ancora ignaro si tratti di suo figlio – si prende cura del ragazzo e viene a conoscenza
del dramma d’amore in cui è coinvolto. Sen-
Tutti i film della stagione
za mezzi termini, lo convince che la strada
da seguire è quella che porta a Maria: per
questo, deciderà di invitare entrambi alla
cena in suo onore. La stessa sera, però,
Maria viene pesantemente umiliata da Claudia e, poco dopo, sale nella stanza del cantante per pulire il bagno, sporcato in precedenza da Sebastian. Dopo una crisi di pianto, Maria si concede a Schmidt, anche stavolta inconsapevole si tratti della ragazza
amata da Sebastian. Tutto l’intrigo si risolve a cena quando, seduti allo stesso tavolo, padre e figlio scoprono contemporaneamente ciò che fino a poco prima ignoravano: Sebastian si getta sull’uomo reo di
essersi portato a letto la sua amata, poi
viene allontanato a forza; Schmidt, tornato “alla vita” dopo aver saputo di essere
padre, si esibisce a ottimi livelli con “La
Traviata”. Il giorno dopo, si ritrovano su
una strada in mezzo al nulla e, dopo un
lungo abbraccio, si separano. Uno, Sebastian, al fianco di Maria, l’altro, il cantante, sapendo di avere un figlio.
P
resentato all’edizione 2008 del
Festival Internazionale del Film di
Roma, sezione L’altro Cinema/
Extra, Riunione di famiglia è, per ammissione dello stesso regista, “la naturale conseguenza di Festen, il film che avrei fatto
successivamente a quello se non avessi ottenuto tutto quel successo”. Thomas Vinterberg, fondatore tra gli altri e insieme a
von Trier del “Dogma 95” danese, torna dieci
anni dopo a esplorare i legami e i conflitti
familiari ma, a differenza di allora, oltre all’abbandono definitivo dei paletti stilistici del
“movimento di rivolta” di cui egli stesso si
faceva promotore (“Dogma è morto nel
momento stesso in cui ha dato vita a ulteriori, nuove convenzioni”, ha spiegato il regista), inserisce al substrato composto di
dramma e tragedia una nuova, funzionale,
componente ironica (gli aspetti caricaturali
dello chef svedese, inserito in un contesto
lavorativo, la cucina dell’albergo, che non
può non far pensare a un set cinematografico...) mista a lirismo. Esteticamente, il film
dà il meglio di sé nei chiaroscuri e nelle scene di forte illuminazione (l’incontro tra Sebastian e Maria, i flashback nei campi con
il protagonista bambino), vere e proprie
chiavi di volta per un discorso che trova –
anche attraverso il linguaggio delle immagini, contraddistinte ancora una volta dalle
luci di Anthony Dod Mantle, collaboratore
fedele di Vinterberg e recente premio Oscar
per The Millionaire di Danny Boyle –
un’apertura e uno sguardo verso il riscatto
intrecciato dei due personaggi principali,
padre e figlio che prima ignoravano la rispettiva esistenza e che, dopo, sapranno
affrontare la vita da un punto di vista differente, nuovo, consapevoli entrambi di aver
rimesso in carreggiata i propri giorni. Supportato notevolmente dalla prova di tutti gli
interpreti (Thomas Bo Larsen passa con disinvoltura dal ruolo di figlio interpretato in
Festen al ruolo di padre “redento”), Vinterberg dimostra nuovamente quanto, forse più
di ogni altra cosa, nel cinema conti saper
dirigere gli attori: anche così, probabilmente, è possibile trasformare un asettico incontro del cast in una ben più scoppiettante riunione di famiglia.
Valerio Sammarco
ANTICHRIST
(Antichrist)
Danimarca/Germania/Francia/Svezia/Italia/Polonia, 2009
Co-produttori: Madeleine Ekman, Lars Jönsson, Andrea Occhipinti, Ole Østergaard, Malgorzata Szumowska
Direttore di produzione: Rüdiger Jordan
Casting: Victoria Beattie, Antoinette Boulat, Leo Davis, Des Hamilton
Aiuti regista: Michael Elliott, Richard Styles
Art director: Tim Pannen
Trucco: Hue Lan Van Duc
Acconciature: Antje Bockeloh, Hue Lan Van Duc
Coordinatore effetti speciali: Erik Zumkley
Supervisori effetti visivi: Peter Hjorth, Anders Refn
Coordinatore effetti visivi: Sarah K. Hellström
Suono: Kristian Eidnes Andersen
Interpreti: Willem Dafoe (marito), Charlotte Gainsbourg (moglie)
Durata: 104’
Metri: 2870
Regia: Lars von Trier
Produzione: Meta Louis Foldager per Zentropa Entertainments. In coproduzione con Zentropa International Köln/Slot Machine/Memfis Film/ Trollhättan Film AB/Zentropa International
Poland/Lucky Red/Liberator Productions. In cooperazione con
Filmstiftung NRW/DR/ARTE/Film i Väst/SVT/CMC/Canal+/Det
Danske Filminstitut/DFFF/Nordisk Film & TV Found/Polski Institytut Sztuki Filmowej/SFI/ZDF
Distribuzione: Key Films
Prima: (Roma 22-5-2009; Milano 22-5-2009) V.M.: 18
Soggetto e sceneggiatura: Lars von Trier
Direttore della fotografia: Anthony Dod Mantle
Montaggio: Asa Mossberg, Anders Refn
Scenografia: Karl Júlíusson
Produttori esecutivi: Peter Garde, Peter Aalbæk Jensen
27
Film
P
rologo. Bianco e nero.
Un uomo e una donna fanno
l’amore. Un bambino, loro figlio,
li scopre avvinghiati, piange, poi si butta
dalla finestra e si schianta al suolo.
La donna è sconvolta dal lutto. Il marito, psicoterapeuta, apparentemente indifferente alla tragedia, cerca di aiutarla a
elaborare la perdita e trovare sollievo al
suo dolore. La strategia terapeutica consiste nell’individuare le paure più profonde della donna e vincerle. Così l’uomo propone alla moglie di tornare alla loro casa
in montagna, nel bosco, in cui la donna
era stata l’estate precedente, sola, insieme al figlioletto.
Capitolo 2. Pena. (Il caos regna).
Arrivati alla baita nel bosco di Eden,
inizia il percorso terapeutico che dovrà rintracciare i luoghi delle paure della donna.
Inquietanti segni costellano il soggiorno
della coppia fin dall’arrivo (l’uomo scorge nel bosco una femmina di cervo che
porta tra le zampe il corpo morto penzolante d’un cerbiatto appena nato; poi, ancora, una volpe nascosta nell’erba che si
mangia gli intestini e che con voce stentorea annuncia “il caos regna”). Le notti
sono piene d’incubi; le passeggiate in mezzo agli alberi e i colloqui con il marito sembrano però far bene alla donna.
Capitolo 3. La persecuzione delle
donne.
In un’atmosfera sempre più cupa e inquietante, dentro la fragilità della donna
si va facendo strada un’aggressiva ostilità. Tra i coniugi riprendono gli amplessi,
fino a che una sera i due si ritrovano a fare
l’amore in mezzo alla foresta, adagiati sulle
maestose radici d’un albero morto, circondati, nel bel mezzo dell’orgasmo, da una
Tutti i film della stagione
misteriosa distesa di cadaveri mezzo sepolti.
Il marito, insospettito dal comportamento della moglie, scopre i deliranti documenti che lei ha accumulato in soffitta
durante il suo periodo di studio passato,
da sola, con il figlio, a scrivere la sua tesi
di laurea. Quando poi trova alcune foto in
cui il figlioletto compare con le scarpe indossate al contrario, l’uomo sbotta e chiede ragione alla moglie delle strane deformazioni rinvenute sul corpo del piccolo nel
corso dell’autopsia. La donna reagisce con
violenza alle accuse. In un raptus colpisce
il marito ai genitali, tramortendolo; lo
masturba e lo sottopone a un sanguinoso
intervento, inchiodandogli una mola alla
caviglia. L’uomo, risvegliatosi, cerca
scampo nella tana d’una volpe. Ancora in
mezzo a incomprensibili fenomeni naturali, la donna scova il marito e lo riduce in
fin di vita.
Capitolo 4. I tre mendicanti.
Stesa accanto all’uomo privo di conoscenza e in preda a un’incomprensibile follia autodistruttiva, la donna si recide il clitoride. “Quando arrivano i tre mendicanti” vaticina la donna guardando le stelle
in cielo “ qualcuno deve morire”. Il marito guarda sgomento l’arrivo nella stanza
dei tre magici animali, il corvo, la volpe e
la cerva; poi, alzatosi quasi preso da una
trans, inizia una colluttazione che termina
con lo strangolamento della moglie. L’uomo, ferito e mezzo morto, si allontana dalla baita in mezzo ai cadaveri.
Epilogo.
Una didascalia prima della conclusione: “Questo film è dedicato a Andrei Tarkovskij”. Giunto in cima al crinale, nella
pallida e opaca luce dell’alba, l’uomo vie-
28
ne lentamente accerchiato da un gruppo
di donne il cui numero si stende in mezzo
agli alti alberi a perdita d’occhio.
L
e definizione sono spesso difficili, più di frequente inutili o dannose. È il caso di questo ultimo
disturbato e un po’ vigliacco lungometraggio firmato da Lars Von Trier, tornato dietro la macchina da presa dopo un lungo e
travagliato periodo di problemi psichici. Von
Trier, maestro indiscusso del cinema horror ancor prima che autore di cinema tout
court, ha dichiarato in più occasioni d’aver
voluto versare nel film paure e fantasie
della sua mente sofferente, usando il cinema come luogo di catarsi. Data un’occhiata alle poche immagini provenienti da
Cannes – dove la pellicola ha ricevuto
un’accoglienza poco positiva –, sembrava
lecito aspettarsi quanto meno uno spaventoso raffinato incubo in forma di film.
Invece quel che si capisce a una ventina di minuti dall’inizio è che l’unico ad aver
avuto paura è stato forse il regista stesso.
Nell’incipit ancora una volta Von Trier
dimostra il suo talento visivo, la precisione
d’uno stile che per troppo compiacimento
diventa subito maniera. Fino a che i due
coniugi non arrivano in un Eden perfettamente coincidente con l’Ade, sembra che
il danese stia tentando la via di un rimescolamento aggiornato di due capolavori
rosselliniani: Germania anno zero e Europa ’51. Poi, però, lo spavento, la visione,
l’inquietudine dell’incubo prendono il sopravvento. Pianti senza corpo, battiti cardiaci assordanti, nuche che sembra nascondano un indicibile orrore, che alludano a un’assenza nera e perniciosa iniziano a dispiegarsi tra l’apparizione d’un animale parlante e le orrorifiche criptiche dichiarazioni della povera moglie/madre
prossima alla dipartita. Lars Von Trier, però,
non affonda mai, non s’immerge fino alla
cima dei capelli nei suoi tormenti ma resta
invece sempre sopra la superficie della
ragione. Così le visioni più forti, raccapriccianti, capaci di mettere in subbuglio la
coscienza dello spettatore esclusivamente attraverso gli strumenti (estetici) propri
del cinema, vengono spezzate, indebolite
e quasi contraddette dalla mano del regista, sempre troppo pronta a ritrarsi dall’oscuro precipizio dal quale affiorano appena frammenti d’un profondo e carnalissimo travaglio esistenziale.
Evitati i facili rischi dello psicologismo
d’accatto, della psicanalisi da due soldi
(che pure affiora qui e lì, ma che non si
trova mai nelle fondamenta della messa
in scena), del cinema basato sulla narrazione amena, Von Trier costruisce un im-
Film
pianto classico sul quale poter montare un
gioco duro e puro di cinema cinema. Poi,
però, sembra mancare il coraggio di stare
all’idea di partenza: come accade con le
tetre ombre degli incubi notturni che vengono facilmente messe in ridicolo e neu-
Tutti i film della stagione
tralizzate dalla luce della coscienza (e della
ragionevolezza) diurna, l’irrazionale, il simbolico e l’allegorico sono qui quasi ridicolizzati dallo sfasamento oscillatorio d’uno
sguardo incerto che vanifica l’estasiante
esattezza delle oniriche visioni nel film.
La misoginia, il presunto satanismo, così
come la molto discussa crudeltà della pellicola sono semplici falsità, grossolanità, frutto d’una lettura molto meno che accurata.
Silvio Grasselli
QUARANTENA
(Quarantine)
Stati Uniti, 2008
Effetti speciali trucco: Leo Corey Castellano, Toby Lamm,
David A. Brooke, Clayton Martinez
Supervisori effetti visivi: Edson Williams (Lola Visual Effects), Rocco Passionino
Coordinatori effetti visivi: Sean Tompkins
Supervisore musiche: Pilar McCurry
Supervisore costumi: Laura E. Little
Interpreti: Jennifer Carpenter (Angela Vidal), Steve Harris (Scott
Percival), Jay Hernandez (Jake), Johnathon Schaech (George
Fletcher), Columbus Short (Danny Wilensky), Andrew Fiscella
(James McCreedy), Rade Serbedzija (Yuri Ivanov), Greg Germann (Lawrence), Bernerd White (Bernard), Dania Ramirez
(Sadie), Elaine Kagan (Wanda Marimon), Marin Hinkle (Kathy),
Joey King (Briana), Jermaine Jackson (Nadif), Sharon Ferguson (Jwahir), Denis O’Hare (Randy), Stacy Chbosky (Elise Jackson), Jeannie Epper (signorina Espinoza), Barry Sigismondi
(Bob Orton), Rosine ‘Ace’ Hatem (donna ferita), Christian Svensson, Scott Donovan (guardie armate), Michael Potter (capo della
polizia), Jane Park Smith (giornalista), Craig Susser (dottore),
Bert Jernigan, John Meier (guardie), Doug Jones (uomo contagiato), Shawn Driscoll, Bryan Ross (pompieri), Benjamin
Stockham (bambino infettato), Ben Messmer (Griffin)
Durata: 89’
Metri: 2530
Regia: John Erick Dowdle
Produzione: Sergio Aguero, Clint Culpepper, Doug Davison,
Carlos Fernandez, Julio Fernandez, Roy Lee per Andale Pictures/Screen Gems/Vertigo Entertainment
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Prima: (Roma 30-1-2009; Milano 30-1-2009) V.M.: 14
Soggetto: dalla sceneggiatura di Jaume Balagueró, Luiso Berdejo, Paco Plaza del film Rec del 2007
Sceneggiatura: Drew Dowdle, John Erick Dowdle
Direttore della fotografia: Ken Seng
Montaggio: Elliot Greenberg
Scenografia: Jon Gary Steele
Costumi: Maya Lieberman
Produttori esecutivi: Drew Dowdle, Carlos Fernandez, Julio Fernandez, Glenn S. Gainor
Produttore associato: Nicolas Stern
Direttore di produzione: Nicolas Stern
Casting: Lindsey Hayes Kroeger, David Rapaport
Aiuti regista: Adam Druxman, Jenny Nolan
Operatore: Joseph Aguirre
Art director: Chris Cornwell
Arredatore: Dena Roth
Trucco: Toby Lamm, Douglas NoeSandra Rowden
Acconciature: Solina Tabrizi
A
lla reporter televisiva Angela Vidal è stato assegnato l’incarico
di realizzare un reportage sull’operato dei pompieri di Los Angeles, seguendo il loro turno di notte. La giornalista e il suo fidato cameraman si recano così
in un edificio da cui è arrivata una chiamata di soccorso. Lì si trovano subito davanti a una donna anziana con la camicia
da notte sporca di sangue. La donna è affetta da un misterioso virus e aggredisce
un poliziotto. Angela, per cercare di documentare integralmente quello che sta succedendo, invita il suo cameraman a riprendere tutto. I vigili del fuoco cercano di portare il poliziotto all’esterno per chiamare
un’ambulanza, ma la porta è bloccata. Intanto, un altro pompiere viene improvvisamente colpito. L’anziana donna poi uccide un’altra persona e si scaglia, imbrattata di sangue, contro un agente prima di
essere abbattuta. Il nervosismo comincia
a contagiare tutti. Angela si scaglia contro il suo collaboratore chiedendogli di
vedere tutto ciò che hanno filmato. I vigili
del fuoco radunano tutti gli abitanti del
palazzo per portarli al piano terra. La polizia ha poi messo il palazzo in quarantena e ha bloccato tutte le vie di uscita. Ciò
ha generato una forte tensione tra gli agenti e i pompieri, anche perché ci sono alcuni di loro che hanno bisogno di essere soccorsi. L’isolamento è totale. Il palazzo viene anche sigillato dall’esterno. I cellulari,
walkie-talkie e radio non funzionano. Un
vigile del fuoco definisce questa situazione con il termine MBN (Minaccia Biologica Nucleare).
Angela, intanto, comincia a intervistare gli inquilini del palazzo, tra cui Briana,
una bambina di 5 anni. La situazione però
degenera. Un altro pompiere è colpito. Il
veterinario, che sta visitando tutti i feriti,
inizia a rintracciare in un abitante del palazzo i sintomi della rabbia. Un cane aggredisce nell’ascensore un abitante. Un’inquilina in preda a un raptus viene uccisa a
colpi di telecamera dal cameraman. Un
29
pompiere è in preda a un raptus e poi anche la piccola Briana viene contagiata. I
pochi superstiti cercano una via di salvezza. Un uomo cerca di uscire dall’edificio
ma viene colpito dal proiettile di un cecchino dal palazzo di fronte.
Angela è sempre di più disperata e crede anche lei di essere stata morsa. Ormai
la follia dilaga: persone che volano dalle
scale, sopravvissuti che pensano di essere
stati contagiati. A un certo punto, Angela
e il suo cameraman sono inseguiti e attaccati. La giornalista brancola nel buio. C’è
un’aggressione. La telecamera cade a terra. Angela resta sola. Cerca di avvicinarsi
all’obiettivo ma poi precipita.
D
opo il Giappone, ecco la Spagna.
L’horror statunitense prosegue la
sua programmatica opera di saccheggio. Se precedentemente era toccato
a cineasti nipponici come Hideo Nakata e
Takashi Shimizu, ora è il turno della Spagna; forse è la cinematografia europea, che
Film
attualmente sta facendo le più interessanti incursioni sul genere. I nomi di punta
sono Aleandro Amenábar e Jaume Balagueró, innanzitutto; ma in questo elenco
possono essere inclusi anche il veterano
Paul Naschy o Paco Plaza e Juan Antonio
Bayona, che si è messo in luce proprio
quest’anno con The Orphanage, altro possibile titolo da remake statunitense.
Quarantena è il rifacimento di uno degli horror più autenticamente truculenti,
Rec (2007) di Balagueró e Plaza, nel quale i due cineasti utilizzavano un unico
sguardo (la soggettiva del cameraman) e
riprendevano quella sporca inquietudine di
The Blair Witch Project, per mostrare i
media come una specie di nuovi zombie,
quasi una versione riaggiornata di La notte dei morti viventi di Romero.
Il sottotesto e la sporcizia che c’erano
in Rec, però, in Quarantena si perdono. Il
film di John Erick Dowdle (che si era già
confrontato con le forme sospese tra il thriller e l’horror con il precedente The Poughkeepsie Tapes del 2007) appare un remake svogliato, sia nella forma che nella
Tutti i film della stagione
sostanza, nel quale cerca soprattutto di
concentrare l’azione all’interno del palazzo isolato di Los Angeles. Forse Dowdle
guarda al modello, anche di scrittura, di
Quel pomeriggio di un giorno da cani, ma
qui non si sente quella sensazione di graduale, ma costante accerchiamento come
nel film di Lumet.
Se Rec era autenticamente splatter,
Quarantena sembra più distratto da elementi esteriori, come quella del fascio di
luce verde che si diffonde nell’ambiente e
sui volti o dall’amplificazione di elementi
sonori che, come è purtroppo avvenuto
nell’ultima produzione di horror in serie,
anticipano spesso l’effetto prima di farlo
vedere. La follia, che man mano dilaga
dentro il film, non coinvolge perché tutto
appare già preparato. Così i personaggi in
preda alla rabbia, il volto sempre più terrorizzato della reporter Angela (interpretata
da Jennifer Carpenter, che aveva positivamente sorpreso con la sua interpretazione in The Exorcism of Emily Rose),
oppure alcuni flash come il sangue sulla
telecamera o la macchina da presa sem-
pre più traballante, sono soltanto dei segni, sia di scrittura sia visivi, che prendono forma solo per disordinato accumulo.
Il finale, con la caduta della telecamera
del cameraman a terra, potrebbe essere
anche interpretato da un punto di vista soprattutto teorico: i limiti dello sguardo nei
confronti della rappresentazione. Ma Quarantena, anche da questa angolazione,
mostra di andare estremamente in superficie. Dall’altra parte, è invece troppo freddo
e calcolato e, malgrado la vicinanza estrema con ciò che viene inquadrato, è estremamente distante. Solo un urlo, un improvviso scatto di rabbia, può attrarre l’attenzione anche solo per un momento. Dowdle
mostra di avere il fiato corto e la mano pesante e ciò è evidente nel modo in cui mostra le forme del contagio. Non c’è bisogno
di essere Cronenberg per creare la minima
tensione, ma basta anche un’efficacia artigianale da B-movie. Ma Quarantena sembra avere altre ambizioni. Alla fine non si è
capito però quali siano.
Simone Emiliani
THE READER - A VOCE ALTA
(The Reader)
Stati Uniti, Geramania, 2008
Trucco: Gabriele Kent-Horspool, Linda Melazzo, Annett Schulze, Anna Von Gwinner, Ivana Primorac
Acconciature: Ivana Primorac
Supervisore effetti speciali: Adolf Wojtinek
Supervisori effetti visivi: Dayne Cowan (Double Negative), Jim Rider (Rhino FX), Mark Dornfeld
Coordinatore effetti visivi: Paulina Kuszta
Supervisore costumi: Heike Huett
Interpreti: Kate Winslet (Hanna Schmitz), Ralph Fiennes (Michael Berg), Jeanette Hain (Brigitte), David Kross (Michael Berg
giovane), Bruno Ganz (Professore Rohl), Susanne Lothar (Carla Berg), Alissa Wilms (Emily Berg), Florian Bartholomäi (Thomas Berg), Friederike Becht (Angela Berg), Matthias Habich (Peter Berg), Frieder Venus (dottore), Marie-Anne Fliegel (vicina di
Hanna), Hendrik Arnst (operaio alla Woodyard), Rainer Sellien
(insegnante), Moritz Grove (Holger), Joachim Tomaschewsky
(venditore di francobolli), Barbara Philipp (cameriera), Hans
Hohlbein (commesso), Jürgen Tarrach (Gerhard Bade), Kirsten
Block, Burghart Klauâner (giudici), Vijessna Ferkic (Sophie),
Vanessa Berthold (amica di Sophie), Benjamin Trinks (amico di
Holger), Fritz Roth (controllore del tram), Hannah Herzsprung
(Julia), Jacqueline Macaulay (lettrice di Heidelberg), Volker Bruch
(Dieter Spenz), Karoline Herfurth (Marthe), Max Mauff (Rudolf),
Ludwig Blochberger, Jonas Jägermeyr, Alexander Kasprik (gruppo studenti seminario), Torsten Michaelis
Durata: 124’
Metri: 3310
Regia: Stephen Daldry
Produzione: Donna Gigliotti, Anthony Minghella, Redmond Morris, Sydney Pollack per Mirage Enterprises/Neunte Babelsberg
Film/Weinstein Company, The
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 20-2-2009; Milano 20-2-2009)
Soggetto: dal romanzo A voce alta diBernhard Schlink
Sceneggiatura: David Hare
Direttori della fotografia: Roger Deakins, Chris Menges
Montaggio: Claire Simpson
Musiche: Nico Muhly
Scenografia: Brigitte Broch
Costumi: Donna Maloney, Ann Roth
Produttori esecutivi: Bob Weinstein, Harvey Weinstein
Produttori associati: Tarik Karam, Michael Simon de Normier, Nora Skinner
Co-produttori: Christoph Fisser, Henning Molfenter, Charlie
Woebcken
Direttore di produzione: Jan Enderlein
Casting: Simone Bär, Jina Jay
Aiuti regista: Richard Styles, Josh Newport, Carlos Fidel, Mara
Fiedler, Tonja Schürmann, Miguel Pate, David Blazina
Operatore: Marcus Pohlus
Operatori steadicam: Tilman Büttner, Patrick Kaethner
Art directors: Christian M. Goldbeck, Erwin Prib, Yesim Zolan
Arredatore: Eva Stiebler
G
ermania 1958. Il quindicenne
Michael Berg è malato di scarlattina. Un giorno, mentre è per
strada, si sente male e viene aiutato a tornare a casa da una donna. Dopo un lungo
periodo di convalescenza trascorso a casa,
30
decide di andare a ricercare la sua soccorritrice per ringraziarla.
Dopo il primo incontro, il ragazzo vie-
Film
ne subito attratto dalla donna, che è molto
più grande di lui. Lei si chiama Hanna
Schmitz, vive da sola e fa la bigliettaia del
tram. La passione è reciproca. Michael, che
frequenta spesso il suo appartamento, di
nascosto dalla propria famiglia, stringe
con lei una relazione travolgente e appassionata.
Dopo i rispettivi doveri (la scuola per
il giovane e il lavoro per Hanna), si danno
appuntamento per fare l’amore. Oltre al
sesso, il rituale prevede anche che il ragazzo si sottoponga a una doccia e che legga ad alta voce pagine e pagine dei classici della letteratura.
Col tempo, però, qualcosa comincia a
incrinarsi nel loro rapporto. Hanna si dimostra sempre più nervosa e irascibile,
mentre il povero adolescente, completamente sottomesso, è costretto a chiedere
scusa anche di errori che non ha commesso durante i loro ripetuti litigi. Fino al giorno in cui la donna, senza lasciare alcuna
traccia, scompare misteriosamente.
Otto anni dopo, Michael è uno studente di Legge e assiste ai processi per i crimini di guerra nazisti. Nel corso di uno di
questi, rivede per caso Hanna, nel ruolo
di imputata: è accusata di aver lasciato
bruciare vive in una chiesa un centinaio di
donne prigioniere di Auschwitz, all’epoca
in cui era nelle fila delle SS come sorvegliante.
Una volta scoperto il suo passato criminale, si trova di fronte a un atroce dilemma: giustiziare o salvare la sua ex
amante? Benché sia coinvolto in prima
persona nel dibattimento come osservatore, vorrebbe dimostrare ai giudici l’innocenza della Schmitz. La quale, a costo di
non rivelare il suo analfabetismo per la
vergogna, è disposta a pagare una colpa
maggiore di quella reale. Ma, purtroppo,
non riesce a evitarle la condanna.
Non potendo fare a meno di pensare
ancora ad Hanna, a distanza di molti anni
decide di mandarle in carcere delle cassette registrate in cui recita i versi dell’Odissea. Lei, che nel frattempo ha imparato a leggere e a scrivere, inizia una corrispondenza epistolare con Berg. I due sembrano riavvicinarsi. Ma proprio il giorno
in cui la Schmitz finisce di scontare la sua
pena, viene ritrovata impiccata in cella.
Tutti i film della stagione
di ogni altro passo il subbuglio interiore da
cui è scosso il protagonista e, per traslato,
un’intera nazione (la Germania), che è
costretta a portarsi sulle spalle il peso di
un passato irredimibile.
E sì perché, in questo toccante romanzo, vicende private segnate dal peccato e
dal rimpianto, si riverberano negli interstizi più oscuri della storia recente: le infamie del Terzo Reich, dinnanzi a cui si può
solo «ammutolire», continuano a “rivivere” anche nel dopoguerra, nelle aule di tribunale, tramite i processi agli aguzzini dei
Lager.
Chi poi, come l’autore ne è stato un
osservatore privilegiato in quanto magistrato, utilizza con brillantezza la pagina
scritta per compiere, finalmente, e forse a
nome di tutto un popolo caduto nell’oblio,
un’opera di autocoscienza. Dolorosamente, anche al prezzo di logoranti interrogativi personali, che sembrano non avere mai
una risposta certa.
E non soltanto sulle responsabilità di
una generazione inumana come quella
artefice dello sterminio degli ebrei, ma sulle
ripercussioni psicologiche ed emotive che
lasciato in eredità una così tanto «incomprensibile e incomparabile» tragedia. Lo
scrittore denuncia, in particolare, lo stato
di intorpidimento che indistintamente avvolge vittime e carnefici. Ieri come oggi.
Proprio il continuo avvicendarsi di passato e presente è la terra di confine entro
il quale si muove nervosamente la regia di
Stephen Daldry. Rivelatosi come uno dei
talenti più sensibili nel panorama del cinema britannico contemporaneo, in virtù di
film riusciti come Billy Elliot (2000) e The
Hours (2002), l’autore di formazione teatrale è capace di infondere alle inquadra-
«E
ro, quindi, in ogni caso colpevole. E se non ero colpevole, perché tradire una criminale non può renderti colpevole, ero
colpevole perché avevo amato una criminale». Queste poche parole, tratte dall’omonimo libro di Bernhard Schlink A voce
alta - The Reader (1995), rivelano meglio
31
ture la stessa carica di sensualità e sottile
perversione che si respira nell’opera di
Schlink.
Il percorso di espiazione e, al contempo, di ricerca della verità, viene vissuto intensamente dal sempre credibile Ralph
Fiennes con tormentata consapevolezza.
La stessa con cui deve fare i conti, in continuo bilico tra pensiero e (in)azione, quando si sforza di mantenere in vita una storia
d’amore giovanile estrema e morbosa ormai finita, eppure sanguinante ancora
come una ferita aperta.
Lo scandalo suscitato dalla pellicola
per alcune scene di sesso molto forti ed
esplicite tra il minorenne Berg (David
Kross) e la matura Hanna rischia di intorbidare un testo già di per sé oscuro e decisamente ambiguo, facendo perdere di
vista i pregi reali di questa onesta trasposizione.
Kate Winslet, l’austera ex kapò nazista
indurita dalle grame condizioni di vita, ma
con un raffinato gusto letterario (ascolta onnivora da Checov a Omero), è capace di
comunicare con le sue esibite nudità rotondeggianti ciò che non riesce a parole: la vitalità e il calore. Il linguaggio del corpo, greve, immediato, senza finzioni, soverchia insomma quello dei sentimenti. Le immagini
colpiscono prima alla pancia. E poi al cuore.
L’attrice inglese mostra con fierezza,
forse per la prima volta in assoluto, la sua
anima ruvida e respingente. Grattando
grattando, insomma, sotto la scorza esce
sempre qualcosa di inaspettato che non
credevamo mai neppure lontanamente di
avere. E la Winslet, a giudicare da questa
prova, pare proprio che l’abbia trovato.
Diego Mondella
Film
Tutti i film della stagione
APPALOOSA
(Appaloosa)
Stati Uniti, 2008
Trucco: Kara Sutherlin, Brad Wilder
Acconciature: Mary L. Mastro, Geordie Sheffer, Tara D. Day
Coordinatore effetti speciali: Geoffrey C. Martin
Supervisore costumi: Robin McMullan
Interpreti: Ed Harris (Virgil Cole), Viggo Mortensen (Everett
Hitch), Renée Zellweger (Allison French), Jeremy Irons (Randall Bragg), Timothy Spall (Phil Olson), Lance Henriksen (Ring
Shelton), Tom Bower (Abner Raines), James Gammon (Earl
May), Ariadna Gil (Katie), Gabriel Marantz (Joe Whittfield),
Robert Jauregui (Marshall Jack Bell), Timothy V. Murphy (Vince), Luce Rains (Dean), James Tarwater (Chalk), Boyd Kestner (Bronc), Benjamin Rosenshein (ragazzo di città), Cerris
Morgan-Moyer (Tilda), Erik J. Bockemeier (‘Fat Wallis’), Freddie Hice, Neil Summers (uomini di Bragg), Tim Carroll (conducente del carro), Bounthanh Xaynhachack (Chin), Art Usher
(commesso), Mike Watson (cavaliere notturno), Rex Linn (sceriffo Clyde Stringer), Corby Griesenbeck (Charlie Tewksbury),
Adam Nelson (Mackie Shelton), Bob L. Harris (giudice Elias
Callison), Martin Connelly (Apache anziano), Danny Edmo
(giovane coraggioso), Argos McCallum (sceriffo Russell), Clark
Sanchez, Cliff Gravel
Durata: 115’
Metri: 3030
Regia: Ed Harris
Produzione: Ed Harris, Robert Knott,Ginger Sledge per New
Line Cinema/Axon Films/Eight Gauge Productions/Groundswell Productions
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 16-1-2009; Milano 16-1-2009)
Soggetto: dal romanzo omonimo di Robert B. Parker
Sceneggiatura: Robert Knott, Ed Harris, Robert B. Parker
Direttore della fotografia: Dean Semler
Montaggio: Kathryn Himoff
Musiche: Jeff Beal
Scenografia: Waldemar Kalinowski
Costumi: David C. Robinson
Produttori esecutivi: Sam Brown, Caldecot Chubb, Michael
Disco, Toby Emmerich, Michael London
Produttore associato: Kathryn Himoff
Direttore di produzione: Ginger Sledge
Casting: Nicole Abellera, Jeanne McCarthy
Aiuti regista: Kaaren F. Ochoa, Chemen Ochoa, Jai James,
Kate Marie Boyle
Operatore/Operatore steadicam: Ralph Watson
Art director: Steve Arnold
Arredatore: Linda Lee Sutton
V
irgil Cole e Everett Hitch percorrono il west come sceriffo e vicesceriffo a imporre la giustizia
delle armi e la loro forza morale in borghi e
città prive dell’una e dell’altra. Arrivano
ad Appaloosa, posto angariato dalla banda di Randall Bragg che spadroneggia nei
negozi e nelle strade senza onore né misura
e sono subito assoldati dai notabili del luogo ancora sotto shock per l’ultima azione
commessa da Randall, cioè l’assassinio
dello sceriffo precedente e dei suoi aiutanti, giunti da lui per arrestare due suoi uomini colpevoli, a loro volta, di un altro omicidio. Virgil ed Everett si fanno subito capire
dalla banda di Randall che si tiene da quel
momento ben lontana, anche se la violenza, talvolta inutile, di Virgil non aumenta
certo la simpatia della città per i due uomini di legge. La situazione sembra divenire
del tutto sotto controllo, quando Virgil ed
Everett arrestano lo stesso Randall sulla
spinta delle rivelazioni di un ragazzo della
banda disposto a testimoniare in tribunale.
Compare intanto ad Appaloosa Allie
French, giovane e carnale vedovella senza un soldo, in cerca di piazzamento logistico e sentimentale, subito trovato e bene
realizzato: di lei infatti si innamora Virgil
che usa i suoi buoni uffici per sistemarla
come pianista nell’unico albergo della città; anzi, le cose tra i due vanno così avanti
che pensano entrambi di fermarsi lì ad
Appaloosa e di mettere su casa.
Nel frattempo, ha luogo il processo a
carico di Randall che, giudicato colpevole
e condannato all’impiccagione, viene trasferito nel carcere di un’altra città sotto la
scorta di Virgil ed Everett; a una fermata
del treno però si presentano due killer assoldati dai complici di Randall con Allie
prigioniera e sotto tiro: propongono a Virgil lo scambio tra il prigioniero e la ragazza, questi è costretto ad accettare. L’inseguimento che ne segue è fruttuoso per
più di un motivo: i due sceriffi non solo
scovano il gruppo dei malviventi in fuga e
riacciuffano Randall ma scoprono che Allie se la faceva con i killer, divertendosi
con loro, nuda nel fiume. D’altra parte, già
precedentemente, lei, nell’offrirsi a Everett
che per onestà e amicizia aveva rifiutato,
si era dimostrata per quello che era, cioè
disposta a darsi al maschio al momento
presente.
Randall è rinchiuso provvisoriamente
in un carcere di passaggio, ma anche lì le
cose non vanno perché la stazione è sotto
il controllo dei fuorilegge: il conflitto a
fuoco che ne segue vede Randall in fuga e
Virgil ed Everett feriti a terra, il primo piuttosto gravemente, la sua gamba sinistra
sarà bloccata per sempre.
Guariti in qualche modo dalle ferite, i
due sceriffi riprendono la loro vita ad Appaloosa in una situazione ben differente:
Randall, grazie ai suoi buoni intrallazzi, è
stato graziato dal Presidente degli Stati
32
Uniti e ha rilevato l’albergo, rilanciandolo lussuosamente e fa una gran vita; Allie
suona ancora il piano in sala e, pur mantenendo la relazione stabile con Virgil, non
disdegna le attenzioni di Randall, l’uomo
forte e importante della città. È Everett a
dare una spallata alla situazione: restituisce la stella da sceriffo, uccide Randall in
duello e abbandona a cavallo la città.
S
trano caso quello del western.
Per mezzo secolo ha costituito
l’olimpica chiarezza di un mondo naturale fatto di grandi confronti umani
e d’azione, l’illusione felice dei sogni dell’infanzia, fondata sulla verità della leggenda; ed è stato anche un mezzo straordinario per fare cinema, il più grande, come
dicevano i giovani invasati della nouvelle
vague.
Poi, con la diversa presa di coscienza
sociale alla fine degli anni ’60, con la crisi
del sogno americano e quindi dell’epica, il
western, quel western si dissolse per rinascere a nuova vita con tagli ferocemente crepuscolari, immersi nel sangue, pieni
di significati contraddittori, specchio della
durezza e dell’instabilità dei nuovi anni. Poi
ancora più nulla, e definitivamente, tranne
le rivisitazioni solitarie di Costner e Eastwood, che non hanno mai indicato la rinascita di un genere, ma solo dei preziosissimi
omaggi a una stagione ormai perduta.
Ora Ed Harris mette sul tavolo la sua
Film
serietà di cineasta, la sua grande e umanissima forza d’attore e regista per darci
la sua idea di western che è legata, è evidente, a quel cinema lontano ma che, nello stesso tempo accoglie quello che c’è
oggi, il modo di essere, di parlare, il vuoto,
l’incapacità di relazionarsi, l’anormalità di
comportamenti senza risposta, addirittura
il disagio della nevrosi; perché Harris è un
cineasta moderno e non può non fare i
conti con tutto questo. Però si tratta di un
western, Harris lo sa e procede, così, in
questo lavoro a prezzo di una continua,
manifesta, diseguale lacerazione.
In par tenza non manca niente: i
cowboys e i cavalli, le armi, la banda taglieggiatrice, il capo, la città in crescita, i
notabili paurosi, lo sceriffo che eccede e
si impadronisce del potere, il saloon e il
wisky, l’hotel e il pianoforte; e, naturalmente, l’amicizia virile fatta di passato e di silenzi, di sguardi, battute e bicchieri che
rendono due uomini fratelli senza tanti
Tutti i film della stagione
perché; poi l’arrivo dirompente della donna, la presenza che spariglia e impone di
ricominciare da capo. Il primo quarto d’ora
è straordinario, certo un non nascosto
omaggio a Ultima notte a Warlock, ma di
questo più gelido, più rarefatto, meno austero e più fermo (nella prima scena del
saloon di fronte ai banditi i due sceriffi sono
sempre seduti), quindi più violento, di quella violenza di cui è fatta una scena quando non accade quello scoppio che ci si
aspetta. Successivamente, inizia il rapporto tra il personaggio di Harris, Virgil e quello
della Zelweger, Allie (noiosa e piatta la sua
prova d’attrice) e la definizione completa
di quest’ultimo e il western prende un’altra strada, fatta di momenti disarmanti e di
dialoghi da soap-opera: i due personaggi
si appesantiscono, coprendosi e annullandosi a vicenda, gettano alle ortiche qualsiasi ombra di fascino nel compromettere
ogni equilibrio narrativo con il resto del film:
sono un lui e una lei di oggi, o meglio del
mondo di oggi televisivamente rappresentato. Ma Harris sa meglio di noi tutto questo e cosa fa: lascia il personaggio di Everett interpretato da Mortensen (straordinario) a rappresentare il western, a fare da
ancora trainante a tutta la storia: più il personaggio di Virgil si scolora con beghe
casalinghe e dietro a una donna che non
può fare a meno di essere quella che è,
più il personaggio di Everett (baffi e pizzetto dei tempi di My darling Clementine e
un fucile calibro 8 più adatto ai bisonti) si
incupisce, recupera lampi lontani inafferrabili, si blocca dietro una serie di perché
senza risposta, fino a che non ce la fa più
e agisce: spara al bandito-politicante sfuggito alla forca e che nessuno finora aveva
avuto il coraggio di uccidere e si allontana
al galoppo dal suo amico di cui non comprende più il vivere, trascinando dietro di
sé anche le nostre disillusioni.
Fabrizio Moresco
DISASTRO A HOLLYWOOD
(What Just Happened)
Stati Uniti, 2008
Supervisore effetti speciali: Josh Hakian
Coordinatore effetti speciali: David Waine
Supervisori effetti visivi: Mike Uguccioni
Supervisore musiche: Allan Mason
Supervisore costumi: Donna Maloney
Coreografie: Micelle Elkin
Interpreti: Robert De Niro (Ben), Sean Penn (se stesso), Catherine Keener (Lou Tarnow), Bruce Willis (attore), John Turturro (Dick Bell), Robin Wright Penn (Kelly), Stanley Tucci (Scott
Solomon), Kristen Stewart (Zoe), Michael Wincott (Jeremy
Brunell), Jason Kravits (Pollster), Mark Ivanir (Johnny), Remy
K. Selma (Jimmy), Christopher Evan Welch (tipo dello Studio
Marketing), Lily Rabe (Dawn), Sam Levinson (Carl), Logan
Grove (Max), Alessandra Daniele (Sophie), Karina Friend Buck
(Verna), Peter Jacobson (Cal), Moon Bloodgood (Laura), Ari
Barak (Aba Peterson), Paul Herman (Jerry), Jonathan Charles Kaplan, Bandon Keener (giovane dello studio esecutivo),
Terrance Yates (istruttore di danza), Ron Li-Paz (rabbino),
Jacques Maroun (autista francese del taxi), Dey Young (Marilyn), Emily Alpren (assistente di Lou), Marin Hinkle (coordinatore di Vanity Fair), Paul Lieber (fotografo di Vanity Fair), Lindy
Booth (hostess), Kate Burton (dott. Randall), William Ragsdale (agente), Jonathan Charles Kaplan
Durata: 104’
Metri: 2830
Regia: Barry Levinson
Produzione: Mark Cuban, Robert De Niro, Barry Levinson, Art
Linson, Jane Rosenthal per 2929 productions/Art Linson Productions/Tribeca Productions
Distribuzione: Medusa
Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009)
Soggetto: dall’autobiografia di Art Linson
Sceneggiatura: Art Linson
Direttore della fotografia: Stéphane Fontaine
Montaggio: Hank Corwin
Musiche: Marcelo Zarvos
Scenografia: Stefania Cella
Costumi: Ann Roth
Produttori esecutivi: Eric Kopeloff, Todd Wagner
Casting: Amanda Mackey Johnson, Cathy Sandrich
Aiuti regista: Michael Lerman, Peter Thorell, Alyson Latz, Mark
Allan, Chip Signore, Yann Thomas
Operatori: Peter Hutchison, Jim McConkey
Operatore steadicam: Jim McConkey
Art director: Anthony D. Parrillo
Arredatore: Roya Parivar
Trucco: Cheryl Ann Nick, Bill Corso, Fleur Morell, Gerald Quist,
Carla White
Acconciature: Frances Mathias, Jerry Popolis
Effetti speciali trucco: Lee Romaire
U
n servizio fotografico della rivista Vanity Fair pubblica i trenta
uomini più potenti di Hollywood. Tra questi c’è Ben, un produttore cinematografico, non più nel fiore degli anni
con alle spalle una brillante carriera di
successi. Tuttavia sul set del servizio sta
accadendo qualcosa di non previsto. Un
flashback ci riporta indietro di una settimana. Ben ha una vita intensa: due matrimoni da gestire con figli al seguito, due
film da coordinare con i problemi che ne
derivano. Da una parte, c’è da finire Fiercely, un film pulp e visionario di Jeremy,
33
un regista inglese impasticcato e frenetico, interpretato dalla star Sean Penn (che
interpreta se stesso). Avendo ricevuto solo
critiche al test screening, la pellicola deve
trovare il miglior “final cut” per mantenere il posto di apertura al Festival di Cannes. Dall’altro lato, i preparativi per le ri-
Film
prese di un nuovo film, le cui star non sembra vogliano interagire. Ingaggiato per il
suo sex appeal uno tra le più amate star di
Hollywood, Bruce Willis, l’attore visibilmente appesantito, si ostina a presentarsi
sul set con una irsuta barba da talebano.
Il produttore deve, poi, districarsi tra due
ex mogli, una figlia adolescente di cui non
conosce nulla, e due bambini ancora piccoli, con cui si deve, suo malgrado, improvvisare padre. Se con la prima moglie
i rapporti sono molto distaccati, con la
seconda, Kelly, nonostante il divorzio e
le sedute di psicoanalisi, c’è ancora da
entrambe le parti un forte sentimento. Tra
agenti che si suicidano e sceneggiatori
bizzarri che scrivono soggetti ispirati ai
fiori, Ben cerca di convincere il bizzarro
regista a cambiare il suo finale, troppo sanguinolento per gli stomaci di un pubblico
benpensante. Jeremy, dopo aver improvvisato una delle sue abituali crisi isteriche,
pare essersi convinto e accontenta il produttore con un finale meno crudo e quasi
commovente. Tutto è pronto per Cannes.
Intanto Willis continua ostinatamente a
rimanere sulle sue posizioni, nonostante
Ben si adoperi in tutti i modi per convincerlo a togliersi la barba. Conteso tra vita
professionale e privata (che spesso è costretto a mettere in secondo piano), l’uomo trascorre la sua vita senza un attimo di
pausa, passando da una conversazione all’altra attraverso il suo amato cellulare.
Finalmente il suo film arriva sulla Croisette. Fa ben sperare il calore con cui è
accolto il suo cast, tuttavia quando arriva
il gran finale, Ben con stupore, tra i fischi
del pubblico, scopre che Jeremy ha lasciato quello originale. L’unica soddisfazione
sembra essere che Willis, nonostante il fi-
Tutti i film della stagione
sico poco atletico, si sia deciso almeno a
togliersi la barba. Intanto Ben prova come
meglio può a sistemare i pezzi per recuperare almeno il suo rapporto con Kelly. E
torniamo sul set dell’inizio di Vanity Fair
dove l’importanza di un uomo viene stabilita a seconda della sua posizione all’interno della scritta “power”. Ben, che un
tempo era abituato a essere al centro, ora
viene collocato in alto a sinistra, prima
della lettera “P”, quasi al di fuori della
scritta.
T
ratto dal romanzo “What Just
Happened: Amare dal fronte di
Hollywood” di Art Linson, noto
produttore americano, che ha curato anche
la sceneggiatura della versione cinematografica, Disastro a Hollywood è l’ultimo film
di Barry Levinson presentato al Sundance
Film Festival del 2008, nonché come pellicola di chiusura a Cannes. Regista di film
di successo come Good Morning Vietnam,
Sleepers, premio Oscar per Rain Man, l’uomo della pioggia, Levinson realizza un prodotto ironico e malinconico al tempo stesso, descrivendoci senza vergogna vizi e virtù della grande fabbrica dei sogni. Il mondo
dorato di Hollywood è messo sotto una
grande lente di ingrandimento, che, in equilibrio perfetto tra un’osservazione documentaristica e una distaccata e ironica, analizza visceralmente il mondo del cinema. Studiato per non essere una parodia, ma uno
sguardo dissacrante, Disastro a Hollywood è, senz’altro, un modo sofisticato e cinico per spoeticizzare il mestiere del far cinema. Spesso Hollywood ha parlato di se
stessa mettendo in scena il processo di un
film dal punto di vista del tormentone produttivo. Nulla di nuovo, né di sconvolgente
34
viene aggiunto quindi al calderone dei film
metacinematografici. Tuttavia, qui più che
mai la creatività registica si vende al servizio del dollaro e ai capricci della star di turno (il che poi riconduce sempre e comunque ai soldi che girano). Non si parla più di
“autori, registi, né star, solo di un numero,
un bel numero” come dice lo stesso protagonista; l’industria americana sforna titoli da
esporre in collezione sullo scaffale. Emerge un quadro di una Hollywood desolante,
fatto di vanità, capricci, velleità artistiche
inappagate e tanti, tanti miliardi. Il film è chiaramente di parte, il produttore è sempre
l’unico personaggio “sano”, ma, in realtà,
neanche troppo. Ben è infatti una vittima,
incastrato in un gioco delle parti di cui lui è
solo una delle tante marionette. Ed ecco che
le sue menzogne, necessarie per sopravvive e non essere ingoiato dal sistema, appaiono quasi del tutto giustificate. Dell’ attività di un produttore cinematografico ci vengono mostrati quasi tutti i passaggi: dall’approccio intimo che deve mantenere con il
regista del proprio film, alla diplomazia che
deve saper dimostrare con i capi degli Studios, dal sapersi imporre davanti ai capricci
di una grande star, alle capacità di comprensione commerciale di una nuova, per quanto
inusuale e stravagante proposta. Peccato
che il film, dal punto di vista registico, risenta di una costruzione a tratti eccessivamente
lenta, a discapito di quelle situazioni ironiche che avrebbero potuto aggiungere un
po’ più di pepe alla visione. Un vero peccato, perché le basi per una critica alla distruzione dei miti della Mecca del cinema c’erano tutte ed erano già pronte per essere sfruttate al meglio. È curioso notare come il fulcro dell’intera storia sembri cambiare a seconda del titolo imposto al film. L’inglese
What Just Happened? focalizza il taglio registico e i punti salienti della vita del produttore, caratterizzata da una frenetica routine che lo porta a chiedersi “che cosa succede”. Il titolo italiano, invece, preannuncia
già il disastro finale, dove l’importanza di
un uomo viene stabilita dalla sua posizione
all’interno di una scritta.
Punto di forza, un cast d’eccezione. Su
tutti Robert De Niro e le sue mille espressioni facciali, che, passando da momenti
di isteria, a pause di riflessione, ad atteggiamenti puramente professionali, riesce
a rendere Ben davvero irresistibile. Fantastica è inoltre la prestazione di Bruce Willis, quasi irriconoscibile in alcuni momenti,
che gioca in maniera sarcastica e graffiante con il suo personaggio da primadonna
in lotta per la difesa dei diritti morali della
sua barba, regalando allo spettatore momenti spassosi.
Curioso, inoltre, il ruolo di John Turtur-
Film
ro, che interpreta l’agente dei divi, in una
percezione completamente diversa da
quella a cui lo star system ci ha abituati.
Praticamente tutto ciò che un agente non
dovrebbe essere: debole, terrorizzato dai
Tutti i film della stagione
suoi clienti e vittima di atroci disturbi psicosomatici ogni volta che c’è un problema
da risolvere. Da non dimenticare Sean
Penn, fantastico nel ruolo esasperato di se
stesso e il simpaticissimo Stanley Tucci,
che come pochi altri sa fare il caratterista.
Originale il cameo sonoro (un po’ ruffiano)
di Morricone.
Veronica Barteri
LEZIONI D’AMORE
(Elegy)
Stati Uniti, 2008
Acconciature: Martin Samuel
Coordinatore effetti speciali: William H.Orr
Supervisori effetti visivi: Vincent Girelli (Luma Pictures)
Supervisore musiche: Isabel Coixet
Suono: Karen Schell
Supervisore costumi: Monique Warren
Interpreti: Penélope Cruz (Consuela Castillo), Ben Kingsley
(David Kepesh), Dennis Hopper (George O’Hearn), Patricia
Clarkson (Carolyn), Peter Sarsgaard (Kenny Kepesh), Deborah Harry (Amy O’Hearn), Charlie Rose (Charlie Rose), Antonio Cupo (giovane uomo), Emily Holmes, Michelle Harrison
(studentesse), Sonja Bennett (Beth), Chelah Horsdal (Susan
Reese), Marci T. House (infermiera), Julian Richings, Alessandro Juliani, Tiffany Lyndall-Knight (attori in scena), Laura
Mennell (ragazza attraente), Andre Lamal (ospite del talk
show), Shaker Peleja (studente), Kris Pope (fratello di Consuela), Tania Saulnier (ragazza di George), Michael Teigen
(cameriere)
Durata: 112’
Metri: 2800
Regia: Isabel Coixet
Produzione: Andre Lamal, Gary Lucchesi, Tom Rosenberg per
Lakeshore Entertainment
Distribuzione: 01 Distribution
Prima: (Roma 30-4-2009; Milano 30-4-2009)
Soggetto: dal romanzo L’animale morente di Philip Roth
Sceneggiatura: Nicholas Meyer
Direttore della fotografia: Jean-Claude Larrieu
Montaggio: Amy E. Duddleston
Scenografia: Claude Paré
Costumi: Katia Stano
Produttore esecutivo: Eric Reid
Direttore di produzione: Penny Gibbs
Casting: Haike Brandstatter, Coreen Mayrs
Aiuti regista: Sandra Mayo, Louisa Phung, Misha Bukowski,
Rhonda Taylor
Operatori: Isabel Coixet, Roberto W. Contreras
Art director: Helen Jarvis
Arredatore: Lin MacDonald
Trucco: Gitte Axen
D
avid Kepesh, un attempato professore di letteratura, è molto
sensibile alla bellezza femminile.
Egli di fronte a essa si sente disarmato, si
sente accecato senza riuscire a scorgere
altro. Nella sua vita ha sempre assecondato l’esigenza di libertinismo e i suoi corsi
all’università sono la veste giusta per conoscere nuove ragazze e non scomodarsi
troppo. Un giorno, però, entra Consuela
che sconvolge tutto: la tranquilla e rodata routine di abbordaggio viene interrotta dalla fanciulla incantevole che è raffinata nel parlare, misurata, dal portamento perfetto. “Consuela è cosciente del proprio fascino, ma non sa come usarlo. Sembra che sappia qualcosa della vita degli
adulti, oltre a stare seduta, stare in piedi
e camminare”, è il primo pensiero di David che è già conturbato e deciso a conoscerla al party di fine corso. Ma Consuela non è uguale alle altre, è la ragazza
che trova affascinanti gli impressionisti,
il Goya espressivo e famoso deve guardarlo bene, aguzzando gli occhi (sempre
con un senso di fastidiosa perplessità) e
mettendocela tutta per cogliere l’idea. Lei
sta lì, in attesa della nuova e sorprendente sensazione, del nuovo concetto, della
nuova emozione. Così Kepesh le parla, la
istruisce, la corteggia. La struggente attrazione che subisce, lo spingono a tecniche di seduzione intellettuali, che conducono a un gioco ammaliante e pericoloso. I due si innamorano focosamente, ma
le paure recondite di un uomo al cospetto
della vecchiaia vengono confidate solo
all’amico. Col passare del tempo, il desiderio di Kepesh nei confronti di Consuela diviene una vera e propria ossessione
e, alla fine, i suoi ripetuti sospetti di tradimento finiscono inevitabilmente per allontanarla.
Kepesh è un uomo distrutto, ora deve
anche fare i conti con l’ineluttabilità del
tempo e degli anni che passano; trova rifugio nel lavoro ed è costretto ad affrontare la perdita di vecchi amici...
Finché due anni dopo, improvvisamente, Consuela riappare nella sua vita, con
una richiesta disperata e urgente che cambierà il corso della loro storia.
E
legy, vero titolo del film, è approdato sugli schermi d’oltreoceano
lo scorso agosto: molto chiacchierato già mesi prima del debutto per le
scene di sesso e per i nudi di Penelope
Cruz, in Italia è uscito con il discutibile titolo Lezioni d’amore. Adattamento firmato
35
da Nicholas Meyer di un romanzo breve di
Philip Roth L’animale morente, il bel titolo
è tratto da Byzantium di Yeats: “Consumate via il mio cuore: malato di desiderio / e
legato a un animale morente / non sa più
cos’è, e accoglietemi / nell’artificio dell’eternità”. La storia è l’analisi di un tormento
che non lascia in pace il colto professore,
consumato da un passato che avrebbe
dovuto conferirgli saggezza invece di iniziarlo alla gelosia e ossessione. Nei versi
di Yeats, a perire è l’animale terrestre, ovvero il corpo di un uomo che ha consacrato il suo cuore innamorato all’eternità dell’arte. Mentre nel racconto di Roth, David
Kepesh non si lascia andare al destino di
un folle amore, quasi a congelare l’illusione di immortalità, allontanando ancora una
volta ciò che gli fa paura.
La complessità dell’opera letteraria di
Philiph Roth, trova in Isabel Coixet una
mano votata a storie che esplorano morte
e malattia in corpi non rassegnati (La mia
vita senza me, La vita segreta delle parole). La regista catalana scolpisce memorabili attimi di fragilità, ma non avvince lo
spettatore che rimane triste e perplesso
su un dramma fin troppo tragico.
Tania Di Giacomantonio
Film
Tutti i film della stagione
FRANKLYN
Stati Uniti, 2008
Arredatore: Dominic Capon
Operatore: Julian Morson
Operatore steadicam: Julian Morson
Trucco: Marie Le Bihan, Emma Sheldrick, Wakana Yoshihara
Acconciature: Marie Le Bihan, Wakana Yoshihara
Supervisore trucco: Bea Millas
Supervisore effetti speciali: David Harris
Supervisori effetti visivi: Richard Briscoe, Ryan Cook, John
Lockwood, Derek Moore, Steve Street
Coordinatore effetti visivi: Szvák Antal (Cube Effects)
Interpreti: Eva Green (Emilia), Ryan Phillippe (Jonathan Preest), Sam Riley (Milo), Richard Coyle (Dan), Jay Fuller (Monaco), Jeanie Gold (paziente), Bernard Hill (David Esser), Art
Malik (Tarrant), Kika Markham (Naomi), Gary Pillai (dottore),
Chris Wilson (agente di polizia), Mark Wingett (Frank Grant),
Susannah York (Margaret), Andrew Care (operatore di mercato), Sid Karne (ragazzo del caffè)
Durata: 94’
Metri: 2542
Regia: Gerald McMorrow
Produzione: Jeremy Thomas per Recorded Picture Company/
Aramid Entertainment Fund/Film4/UK Film Council/HanWay
Films
Distribuzione: Mediafilm
Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Gerald McMorrow
Direttore della fotografia: Ben Davis
Montaggio: Peter Christelis
Musiche: Joby Talbot
Scenografia: Laurence Dorman
Costumi: Leonie Hartard
Produttore esecutivo: Peter Watson
Co-produttori: Nick O’Hagan, Alexandra Stone
Direttore di produzione: Benjamin Greenacre
Casting: Nina Gold
Aiuti regista: Mick Ward, Simon Downes, Alex Kaye-Besley,
Henry Forsyth, Glen Carroll
Art directors: David Doran, James Wakefield, Jan Walker
I
n un imprecisato futuro, Jonathan
Preest è il temuto vigilante della
Città di Mezzo, un mondo dove
la religione è legge. Preest, l’unico ateo
in città, è in lotta contro la società ed è
ricercato dalla Polizia Ecclesiastica della città. Preest, eroe solitario, viene tradito dal suo informatore Wormsnakes.
Dopo un inseguimento sui tetti, viene arrestato dalla Polizia Ecclesiastica. In prigione, Preest pensa alla morte dell’ultima persona che ha cercato di proteggere,
Sara, una bambina di otto anni, per mano
del suo nemico, l’Individuo. Jonathan giura vendetta.
Intanto, nella Londra dei giorni nostri, vive Emilia, una giovane donna che
affronta difficili sedute di terapia familiare insieme a una madre che disprezza.
In perenne stato di depressione, Emilia
vive in un cupo appartamento dove mette
in scena, con impressionante regolarità,
i suoi tentativi di suicidio che riprende
con la telecamera per farne il lavoro finale del suo diploma d’arte. Nella stessa città, si aggira anche Milo, un giovane sofferente che è appena stato abbandonato dalla fidanzata a un passo dal
matrimonio. Un giorno, il ragazzo pensa di aver visto per strada l’amore della
sua infanzia, Sally. Milo la cerca ovunque, finché la vede di nuovo nella scuola
della loro infanzia dove ora Sally insegna. Il ragazzo chiede di rivederla e i due
si accordano per incontrarsi per una cena.
Poco dopo, Milo fa vista a sua madre raccontandogli dello straordinario incontro,
ma la madre gli spiega che Sally era diventata la sua amica immaginaria quando era più piccolo e aveva sofferto per la
morte del padre. Intanto, nella Città di
Mezzo, Preest viene rilasciato dal capo
della Polizia Ecclesiastica Tarrant. La
Polizia è infatti stata informata che l’Individuo sta arrivando in città e vuole che
Preest lo uccida. Il ragazzo visita Wormsnakes e gli viene detto che sarà l’Individuo a trovarlo.
Contemporaneamente a questi fatti,
Peter Esser, un uomo profondamente religioso, arriva a Londra in cerca di suo
figlio David, un ex militare che ha partecipato alla Guerra del Golfo e che era
sotto cure psichiatriche per una serie di
gravi problemi nati in lui dopo l’esperienza in guerra. Esser incontra Billy
Wasnik, vecchio compagno d’armi di
David, e il suo ufficiale superiore, Tarrant. Esser scopre che David nutre un
profondo rancore verso di lui dopo la
morte della sorella Sara. Wasnik dà a
Esser un indirizzo dove potrebbe trovare il figlio. Intanto Milo, consapevole di
essersi ingannato, decide comunque di
recarsi all’appuntamento con Sally. Peter Esser entra nello stesso ristorante,
nella speranza che suo figlio faccia la
sua comparsa. Nel frattempo, David irrompe nell’appartamento di Emilia che
si trova proprio di fronte al ristorante.
Ora è chiaro che la Città di Mezzo è un
luogo partorito dall’immaginazione di
David Esser e che Jonathan Preest è in
realtà David. Nella sua mente, trauma36
tizzata e tormentata, il padre è diventato
l’Individuo, ritenuto responsabile della
morte della sorella. David ha trasformato suo padre nell’uomo che deve uccidere. Affacciatosi alla finestra dell’appartamento di Emilia, David prende la mira
con il suo fucile inconsapevole del fatto
che Emilia si trova nel mezzo di un altro
tentativo di suicidio e che la stanza si
sta riempiendo di gas. Nel ristorante,
Milo, saluta per l’ultima volta Sally mentre David spara. Il proiettile manca Esser ma colpisce Milo. Nello stesso momento David vede suo padre e capisce
ciò che ha fatto: con un accendino dà
fuoco all’appartamento. Emilia riesce a
salvarsi, scappa per strada dove incontra Milo ferito. I loro sguardi si incrociano e una scintilla guidata dal destino
si accende.
F
ilm di debutto alla regia dello
scrittore Gerald McMorrow autore anche della sceneggiatura originale che ha tirato fuori l’idea di Franklyn
poco dopo aver completato il cortometraggio Thespian X del 2002. Sottolineando
come amore, fede, redenzione, suspense, bene e male, siano gli elementi alla
base di questa “favola urbana”, egli pone
al centro della storia un destino che coinvolge e fa incrociare le vite di quattro personaggi completamente diversi e apparentemente distanti, tutti alla ricerca di
qualcosa.
Imprimendo sulla tela del suo quadro
diversi stili, colori, e sapori, McMorrow
Film
sceglie di dosarli in un serrato montaggio
alternato. E così la cupa e inquietante
Città di Mezzo, luogo dei fantasmi del giovane Jonathan Preest, vero ‘melting pot’
di architetture, un mondo fantasioso, dove
il giovane “giustiziere” si muove tra le ombre di un totalitaristico controllo religioso,
si alterna con l’altrettanto dolente e cupa
Londra contemporanea, in cui si muovono gli atri tre personaggi della storia. Milo,
il giovane tormentato segnato dal fidanzamento fallito, che sopravvive pensando che forse la possibilità di catturare il
vero amore sia persa e che pensa di intravedere un raggio di luce nel primo
amore immaginario della sua infanzia; il
maturo Esser chiuso in un mondo solitario in cerca di un figlio mentalmente instabile che non vede da tempo; la giovane Emilia, anima persa che vive chiusa
nel suo appartamento, teatro dei suoi (teatrali) tentativi di suicidio che spaccia per
installazioni d’arte ma che in realtà sono
grida di aiuto verso una madre ritenuta in
parte responsabile delle sue sofferenze
di infanzia.
E le traiettorie si incrociano un proiettile destinato a un padre che colpisce un
giovane sofferente che, in fuga dal colpo
sparato, finisce per incrociare il suo sguardo con quello della giovane donna aspirante suicida in fuga dall’esplosione della
sua casa.
I tre giovani del film sono figure dolenti, statue immortalate nel contorcimento del
dolore, tutti hanno eretto barriere e costruito luoghi mentali alternativi alla realtà di
un vissuto che li ha lacerati. Una metropoli del futuro dominata dal fanatismo religioso, un amore immaginario e leggiadro,
la messinscena artistica autodistruttiva. Il
quarto personaggio, l’unico di età più avanzata, è l’unico.
Il solo a non aver costruito un mondo
alternativo, l’unico che vive il dolore nella
sua dimensione presente.
Il bilanciamento di ragione e fantasia che il regista ha dichiarato di voler
mettere in scena, si avviluppa sui piani
paralleli di un racconto che offre la possibilità di leggere gli eventi in due modi.
Il piano della ragionevolezza, secondo
cui è chiaro che le esistenze parallele
dei quattro o la Città di Mezzo siano
coincidenze, o il frutto di problemi psicologici o di delusione, e un piano diverso, più alto, il piano di lettura che
spiega l’esistenza di incarnazioni di un
potere più alto (è il caso di Sally, eterea
apparizione, donna della fantasia, del
sogno d’amore del fanciullo sofferente
per la morte del padre, o di Pastor Bone,
Tutti i film della stagione
un angelo annunciatore? Un angelo custode?), che si mostrano quando la linea tra i mondi cominciano a confondersi e gli individuo hanno deviato dal loro
percorso.
E tra angeli custodi, eroi mascherati,
mondi dominati dal fanatismo religioso, il
punto nodale del film è proprio il tema della fede. Lo stesso regista si è detto fiducioso che la sua storia possa provocare
dibattiti sulla possibilità di rivendicare l’innocenza e la fede che gradualmente scompare da noi, quando cresciamo diventando più saggi ma anche più cinici. Spera
che possa sollecitare un commento sull’ossessione del mondo per il credo religioso e la follia del potere e del controllo
in nome della fede.
La Città di Mezzo è un luogo dove tutti
devono essere credenti, dove ci sono uffici che pullulano di pratiche per registrare i
culti, dove i poliziotti sono preti (la Polizia
Ecclesiastica), e dove un eroe mascherato unico abitante ateo della città (ma Preest ha la stessa pronuncia del sostantivo
“priest” cioè prete) combatte il Male identificato con un essere chiamato l’Individuo.
Un mondo che risente degli influssi dei
fumetti, della graphic novel, ma anche di
un certo cinema fantasy se è vero che il
clima della Città di Mezzo richiama alla
mente l’atmosfera di pellicole come Dark
City di Alex Proyas e l’iconografia dell’antieroe solitario richiama Darkman di Sam
Raimi.
Un thriller che si capovolge e si ribalta attraverso una visione del mondo come
lo conosciamo verso un mondo che non
conosciamo e verso le aree grigie, lì, nel
mezzo.
37
Il potere della fede e il potere di manipolazione su chi ha fede può essere riassunto con la massima di Epicuro citata dal
regista: “La religione è considerata vera
dalle persone comuni, falsa dai saggi e
utile ai potenti”.
Il film mescola tanti ingredienti: un bel
po’ di thriller, una buona dose di fantasy,
un pizzico di action movie e un cucchiaino
di dramma di sentimenti. Vero leit-motiv è
il dolore, quello che lacera, fa perdere il
controllo di sé, del proprio spazio, del proprio tempo. E di dolore il mondo di oggi ne
ha davvero troppo. La frase finale “Stai
sanguinando” indica ancora al sangue che
scorre di tante ferite aperte, nel corpo e
nell’anima.
Riflessione sugli effetti disastrosi della
guerra nell’intimo dei cuori e delle famiglie.
Che cosa succede davvero dentro i tanti
ragazzi mandati a combattere in guerre per
cui non sono emotivamente preparati, incapaci e immaturi per affrontare la brutalità di un conflitto. Paul Haggis ha detto queste pesanti parole sui giovani soldati in
guerra: “Partono pensando di essere Davide, piccoli eroi che vanno a combattere
un nemico enorme, ma quando arrivano
nella loro Valle di Ekah si rendono conto,
al contrario, che sono loro i Golia, perché
hanno loro le armi più potenti. Quando rientrano a casa, cosa è successo al loro cuore? Sono partiti come bravi ragazzi, pensando di essere eroi: tornano sconvolti per
ciò che hanno visto, per le atrocità che
hanno vissuto e sono distrutti dal punto di
vista emotivo e psichico. Tra i veterani c’è
un altissimo tasso di suicidi”.
Elena Bartoni
Film
Tutti i film della stagione
BATTAGLIA PER LA TERRA 3D
(Terra)
Stati Uniti, 2007
Supervisore musiche: Bryan Lawson
Voci: Evan Rachel Wood (Mala), Dennis Quaid (Roven), Luke
Wilson (Jim Stanton) Danny Glover (Presidente Chen), James
Garner (Doron), Justin Long (Senn), Amanda Peet (Maria Montez), Danny Trejo (maggiore Barum), Ron Perlman (maggiore
Vorin), Mark Hamill (maggiore Orin) Brian Cox (Generale
Hemmer), Michael Scovotti (tenente Evans), Rosanna Arquette (professor Lina), Beverly D’Angelo (Wright) Chris Evans
(Stewart Stanton), Brian Johnson (tenente Johnson), Vanessa
Johansson (Sora), Jim Devoti (colonnello Wheeler), Zoe Sidel
(Kima), Brooke Bloom (tecnico Quinn), Tom Connolly (tecnico
Williams), Alec Holden (Tulo), Masam Holden (Tumi), Worm
Miller (Tuki), Chad Allen (scienziato terriano), David Krumholtz
(comandante terriano), Bill Birch, Timi Prulhiere (terriani)
Durata: 85’
Metri: 2188
Regia: Aristomenis Tsirbas
Produzione: Keith Calder, Ryan Colucci, Dane Allan Smith,
Jessica Wu per MeniThings LLC/Snoot Entertainment
Distribuzione: Mediafilm
Prima: (Roma 29-5-2009; Milano 29-5-2009)
Soggetto: Aristomenis Tsirbas
Sceneggiatura: Evan Spiliotopoulos
Direttore della fotografia: Aristomenis Tsirbas
Montaggio: J. Kathleen Gibson
Musiche: Abel Korzeniowski
Scenografia: Aristomenis Tsirbas
Casting: Micelle Morris
Animazione: Heather Shrewsbury, Tom Sorem, Tom K. Gurney, Jeremy Collins, Harry Porudominsky, Heather Shrewsbury,
Michael Galbraith, Tom Judd, Kevin Koch, Billy Vu-Lam, Shannon Pytlak, Mike Safianoff, Dane Stogner
I
n un pianeta della galassia, la
vita è pacifica, gli abitanti vivono prevalentemente di agricoltura e sfruttano l’energia solare come risorsa energetica. Grandi occhi e una coda al
posto delle gambe, si muovono con eleganza, sembrano quasi fluttuare nell’aria.
Mala è una giovane dalle spiccate doti inventive; orfana di madre, il padre è il medico rispettato da tutto il popolo. Mentre
gioca col suo migliore amico Senn su piccoli deltaplani, Mala è la prima a vedere
l’astronave aliena che si posiziona proprio
davanti al sole, facendo cadere il pianeta
nell’oscurità. Il sovrano riesce a far mantenere la calma al suo popolo, ma gli invasori aspettano solo poche ore per attaccare. Molti vengono rapiti, fra cui il padre
di Mala. La ragazza, cercando di farsi catturare anche lei per raggiungere il genitore, alla fine riesce a far schiantare una
navicella nemica. Ne esce un uomo, che,
stordito dall’impatto, sviene.
Mala lo porta a casa e, grazie all’aiuto del robottino dell’umano, Giddy, riesce
a salvare il soldato Jim. Quest’ultimo,
avendo capito le doti ingegneristiche di
Mala, stipula un patto: lei riparerà la navicella e lui la porterà da suo padre. Inizialmente diffidente e aggressivo, Jim impara a conoscere Mala e fidarsi realmente
di lei. Giddy le racconta la storia del pianeta di Jim: la Terra. I terrestri l’hanno
sfruttata al punto tale da dover colonizzare i due pianeti vicini; secoli dopo i coloni
si sono ribellati dando vita a una guerra
galattica, col finale annientamento dei tre
pianeti. Ciò che resta dell’umanità si trova ora nella grande nave spaziale giunta
per invadere, come ultima speranza di so-
pravvivenza, il pianeta di Mala, chiamato
dagli umani Terra. L’equilibrio fra i due si
rompe quando Senn scopre l’alieno in casa
dell’amica. Mala, Jim e Giddy fuggono nel
luogo dov’è avvenuto l’impatto, ma la navicella è sparita. Seguendone le impronte,
arrivano nel luogo proibito del pianeta,
dove Mala vede dei quadri raffiguranti
scene di guerra fra la sua gente. Con uno
stratagemma, riescono a fuggire dal pianeta. Giunti sull’astronave madre degli
uomini, Mala resta nascosta nella piccola
navicella. Jim ritrova il fratello minore
Stewart e il perfido Generale Hemmer, che
lo aggiorna sulle condizioni dell’astronave: ormai restano solo due mesi di ossigeno. Intanto Mala, decisa a ritrovare il padre, non aspetta il ritorno dell’amico umano e inizia a girare per l’astronave. Trova
una sala, dove i suoi amici vengono analizzati e il padre, che si sacrifica per farla
fuggire. Infine, catturata da Hemmer, viene messa in una camera iperbarica con
Stewart; l’aria all’interno della camera è
quella della Terra di Mala, grazie ad un
dispositivo che muta quell’aria in quella
della vecchia Terra, Mala morirà, mentre
Stewart, si salverà. Jim, ricattato da
Hemmer deve decidere chi salvare dei due:
salverà il fratello, ma ordina a Giddy di
aiutare Mala. Assieme al robottino, Mala
ritorna sul suo pianeta per avvertirli di un
imminente attacco. Il re le racconta il passato del pianeta: prima erano come gli
umani, ma avendo capito i propri sbagli,
hanno cambiato in toto la loro vita. I Terriani, decisi a combattere riesumano le
armi. Hemmer deciso alla guerra fa scogliere il consiglio, che era contrario, e inizia la battaglia. Fra i due popoli vi è una
38
forte lotta, a cui partecipano anche Mala
e Senn. James si trova sul campo, anche se
non è più convinto che quella sia la giusta
strada. Gli umani, grazie al dispositivo per
cambiare l’aria del pianeta, stanno vincendo. James, ormai convinto che non sia giusto uccidere un popolo pacifico, decide di
schiantarsi, morendo, contro il dispositivo
distruggendolo ed uccidendo Hemmer che
si trova al suo interno.
Passa del tempo. Il consiglio degli
umani e il Re di Terra hanno trovato una
soluzione pacifica di convivenza. Gli umani
vivranno in una grande cupola dove i Terriani li stanno aiutando a ricostruire il proprio pianeta in piena armonia con la natura. Al centro si trova una grande statua
commemorativa di Jim.
I
ndubbiamente il 3D sta vivendo
una seconda stagione ben rigogliosa. Iniziata un po’ in sordina col
remake di Viaggio al centro della Terra
(2008), passando per ancora più recenti
horror, adesso tocca a questo progetto
d’animazione low budget. Per Aristomenis Tsirbas si tratta della prima regia di
un lungometraggio. Precedentemente
aveva lavorato nel settore degli effetti speciali sia per Titanic (1997) che per Hellboy (2004).
Battaglia per la Terra è un film che spicca paradossalmente più per i contenuti che
non per la forma, che resta comunque ben
curata. Diversi sottotesti possono, infatti,
esser analizzati in un’opera più comprensibile a un occhio adulto. Una civiltà potente, con armi all’avanguardia arriva a
distruggere un mondo pacifico, con abitanti
dediti alla madre terra. Dal genocidio dei
Film
nativi americani, ai più recenti sviluppi
mondiali che hanno coinvolto l’America;
sono accostamenti facili da riscontrare.
Elemento di novità è che per una volta “gli
alieni” siamo proprio noi umani. Il punto di
vista, attraverso cui è narrata la storia è
quello della protagonista Mala. Primo obbiettivo è quindi quello di creare empatia
con un mondo a noi sconosciuto. Obiettivo raggiunto da Tsirbas, che nei primi minuti, ci racconta questa terra che sembra
quasi un mare privo d’acqua con balene
Tutti i film della stagione
che possono volare accanto agli abitanti
stessi del pianeta. Tutto si muove con calma, quasi un ralenti che porta a rilassare
il pubblico, poi turbato dall’arrivo degli invasori che oscurano il sole, fonte unica di
sostentamento.
Dal punto di vista tecnico, gli umani non
hanno tratti ben definiti e non si muovono
con la giusta fluidità. Differenti sono i Terriani, caratterizzati da grandi occhi che ricordano quelli dolci di ET. Le sequenze
ambientate nello spazio sono ben realiz-
zate, così anche l’astronave madre delineata con locali claustrofobici, già visti in
film come Alien (1979).
Peccato per la breve durata, che non
consente una più profondita analisi dei
rapporti fra i personaggi e quindi, a sua
volta, non permette una maggiore giustificazione di determinati comportamenti.
Un film comunque godibile e fruibile da
tutti.
Elena Mandolini
UOMINI CHE ODIANO LE DONNE
(Män som hatar kvinnor)
Svezia/Danimarca, 2009
Supervisore effetti speciali: Johan HarnesK
Supervisore effetti visivi: Tor-Bjorn Olsson
Coordinatore effetti visivi: Sarah K. Hellström
Suono: Anders Hörling
Interpreti: Michael Nyqvist (Mikael Blomkvist), Noomi Rapace
(Lisbeth Salander), Lena Endre (Erika Berger), Sven-Bertil Taube (Henrik Vanger), Peter Harber (Martin Vanger), Peter Andersson (avvocato Nils Bjurman), Marika Lagercrentz (Cecilia Vanger), Ingvar Hirdwall (Dirch Frode), Björn Granath (Gustav Morell), Ewa Fröling (Harriet Vanger), Per Oscarsson (Holger Palmgren), Michalis Koutsogiannakis (Dragan Armanskij), Annika
Hallin (Annika Giannini), Sofia Ledarp (Malin Erikson),
Thomas Köhler (Plauge), Gösta Bredefeldt (Harald Vanger),
Jacob Ericksson (Christer Malm), David Dencik (Janne Dahlman),
Reuben Sallmander (Enrico Giannini), Georgi Staykov (Alexander Zalachenko), Christian Fiedler (Otto Falk), Margareta Stone
(Birgit Falk), Yasmine Garbi (Mimmi Wu), Nina Norén (Agneta
Salander), Stefan Sauk (Hans-Erik Wennerström), Fredrik Ohlsson (Gunnar Brännlund), Gunnel Lindblom (Isabella Vanger)
Durata: 152’
Metri: 4065
Regia: Niels Arden Oplev
Produzione: Soren Staermose per Yellow Bird Films/Nordisk
Film/Swedish Television/ZDF Enterprises
Distribuzione: BIM
Prima: (Roma 29-5-2009; Milano 29-5-2009) V.M.: 14
Soggetto: dal romanzo omonimo di Stieg Larsson
Sceneggiatura: Rasmus Heisterberg, Nokolaj Arcel
Direttore della fotografia: Eric Kress
Montaggio: Anne Østerud
Scenografia: Nils Sejer
Costumi: Cilla Rörby
Produttori esecutivi: Anni Faurbye Fernandez, Lone Korslund, Peter Nadermann, Ole Søndberg, Mikael Wallen
Line producer: Susann Billberg-Rydholm
Direttore di produzione: Tobias Åström
Casting: Tusse Lande
Aiuti regista: Daniel Chilla, Maria Billberg
Operatori: Victor Davidson
Operatori steadicam: Kunt K. Pedersen, Johan Phillips
Effetti speciali trucco: Love Larson
Trucco: Jenny Fred
S
toccolma. Il giornalista Mikael
Blomkvist perde la causa contro
un ricco industriale in seguito ad
un articolo pubblicato sulla rivista Millennium in cui si mettevano in risalto alcuni
traffici illeciti. Contemporaneamente,
l’abile hacker Lisbeth Salander viene ingaggiata per scoprire se il giornalista nasconde qualcosa, o se ci si può fidare di
lui. Fatte salve le sue credenziali,
Blomqvist viene a sua volta convocato dall’anziano Henrik Vanger, potente magnate
ed esponente della famiglia proprietaria di
un’intera isola, che vuole affidargli le indagini sulla sparizione della nipote Harriet, avvenuta 40 anni prima. Benché il
corpo della donna non sia mai stato ritrovato, lo zio è convinto che sia stata assassinata e che il responsabile sia un membro
della sua stessa, disfunzionale famiglia. Il
giornalista – che ha ancora qualche mese
a disposizione prima della pena detentiva
che dovrà scontare – accetta l’incarico e,
poco a poco, inizia a fare luce sulla storia
di ogni singolo componente dell’intera famiglia Vanger. La svolta nelle indagini arriva quando Blomqvist trova nel diario di
Harriet una serie di nomi assegnati a sequenze numeriche: tutto rimanda ad alcuni strani omicidi avvenuti in quel periodo,
ma per comprendere il vero legame tra
questi e l’appunto della ragazza il giornalista dovrà attendere l’inaspettato aiuto di
Lisbeth Salander. Curiosando ancora sui
suoi dati sensibili, infatti, la hacker manda
un’email a Blomqvist nel momento in cui
capisce che il nesso tra i nomi e i numeri è
la Bibbia. Da questo momento in poi, i due
lavoreranno fianco a fianco per portare a
termine l’indagine: Lisbeth lo raggiunge
sull’isola e, ancora scandagliando il passato dei vari esponenti della famiglia Van39
ger, arriveranno a comprendere che la verità si potrebbe nascondere dietro le simpatie nazionalsocialiste di Harald Vanger, fratello di Henrik. Il giornalista si porta nella
sua casa di notte, ma viene sorpreso. Lisbeth, contemporaneamente, esamina i libri contabili dell’azienda di famiglia, scoprendo, attraverso date e spostamenti, che
l’esecutore di tutti quegli omicidi fu Martin, figlio di Harald e ora tra i pochi della
famiglia ad aver accolto apparentemente
senza problemi l’intrusione nella loro vita
di Blomqvist. Sarà proprio lui, infatti, a neutralizzarlo, e dopo averlo portato nel suo
“laboratorio” segreto – dove ha continuato per anni a torturare ed uccidere giovani
donne, ma non Harriet, fuggita chissà dove
dopo essere stata molestata da Harald e dal
cugino – tenta di ucciderlo. L’intervento
tempestivo di Lisbeth riesce a fermarlo.
Martin fugge su un’auto ma la ragazza lo
Film
insegue e – quando l’uomo finirà fuori strada – non farà nulla per salvarlo dalla morte. Alla fine, Blomqvist capirà che l’ultima
foto che ritraeva Harriet in realtà era della
cugina di lei, morta anni dopo in Inghilterra. E che, assumendo il suo nome, la donna
si nasconde oggi in Australia. La raggiunge e la riporta indietro, dove finalmente potrà riabbracciare l’amato zio Henrik.
T
ratto dal primo romanzo della trilogia “Millennium” dello svedese
Stieg Larsson, Uomini che odia-
Tutti i film della stagione
no le donne è un discreto thriller, strutturato secondo i canoni classici del genere,
sorretto da un impianto – la regia del danese Oplev, le interpretazioni di Noomi
Rapace e Michael Nyqvist – tutto sommato funzionale.
Paradossalmente più avvincente, anche per una questione di ritmo, nella prima parte – quando, di fatto, i due veri protagonisti della vicenda ancora non si sono
incontrati e il mistero portante lascia spazio all’approfondimento dei personaggi
(soprattutto Lisbeth Salander, sociopati-
ca, bisessuale e dal passato segnato da
violenze e molestie) – il film trova nella
commistione dei vari linguaggi il vero punto di forza: non è tanto l’adesione più o
meno fedele al romanzo, allora, il perno
su cui la trasposizione poggia, quanto la
volontà di portare avanti un discorso non
solo politico (l’incapacità storica, e attuale, della società contemporanea ancora
patriarcale di non perpetrare crudeltà nei
confronti delle donne), ma anche – appunto – linguistico. La memoria e il progresso, le foto in bianco e nero da una
parte, le derive tecnologiche dall’altra, si
sovrappongono, trasformando, passo
dopo passo, la detection story in qualcosa d’altro, nel recupero del passato di
un’intera nazione (la Svezia socialdemocratica, al cui interno germogliavano non
solo “timide” simpatie filonaziste) con cui,
ancora oggi, alcuni protagonisti della storia sono chiamati a fare i conti. Portato
alla luce il misfatto, e riportato a casa “il
premio” delle ricerche, tutto però sembra svanire sotto i colpi della mannaia
consolatoria e di facile impatto: dall’abbraccio strappalacrime dei due Vanger,
fino alla Salander, con parruccone biondo artefice di una clamorosa rapina, passando per Blomqvist tornato alla carica
contro l’iniziale obiettivo della sua inchiesta.
Valerio Sammarco
TI STRAMO
Italia, 2008
Regia: Pino Insegno, Gianluca Sodaro
Produzione: Guido e Maurizio De Angelis.In collaborazione con
Mikado. In associazione con Fabrizio Politi Productions/La
Dolce Vita Productions
Distribuzione: Mikado
Prima: (Roma 28-11-2008; Milano 28-11-2008)
Soggetto e sceneggiatura: Francesca Draghetti, Claudio
Insegno
Direttore della fotografia: Massimiliano Trevis
Montaggio: Gianfranco Amicucci
Musiche: Maurizio De Angelis, Guido De Angelis
Scenografia: Michele Modaferri
Costumi: Luciano Capozzi
Casting: Ornella Morsilli
Aiuto regista: Flavia Carimini
Effetti: Enrico Pieracciani
Suono: Simone Corelli, Marco Fazzalari, Dario Ramaglia, Anton Giorgio Sabia
Canzoni/Musiche estratte:
Interpreti: Marco Rulli (Stram), Carlotta Tesconi (Bambi),
Stefano Pinto (Tacchino), Pino Insegno (Extramarcio), Daniele Formica (Il Subumaro), Raul Bova (Il dottore), Corinne Clery (nonna), Luca Lionello (Gigio), Patrizia Pellegrino (mamma di Stram), Giampiero Ingrassia (Bigio),
Laura Garofoli (ragazza ospedale), Emanuela Aurizi (Robertina), Ughetta D’Onorascienzo (Didi), Aurora Cossio
(Fabiana), Noemi Angeloni (Sandra), Matteo Ripaldi (Alberto), Alessandro Bardani (Stefano), Fabiola Biancospino (Tin), Alessandro Sansone (Ricky), Marco De Angelis
(Alex), davide Paganini (Jack), Francesco Arienzo (DJ),
Teresa Battaglia (Giuggiola), Matteo Pianezzi (Toni), Michele Vannucci (Mauro), Aqlaia Moa (Prof. Martuccia), Roberto Ciufoli, Massimo Vanni (professori), Gianluca Morini (Paolo), Simone Gallo (Amante Madre di Stram), Marco
Cataldo (Virgilio il palestrato), Gaia Casanova (fisioterapista)
Durata: 93’
Metri: 2630
40
Film
S
tram è un gran “fico”, gira a bordo della sua moto e passa il suo
tempo con gli amici a fare
“bravate”. Suo padre, Extramarcio, vuole
il resoconto delle sue imprese: si meraviglia se il bilancio di una giornata è “solo”
una rissa e lo picchia alla notizia che a
scuola ha la media dell’8. Intanto, in un
liceo romano è l’ultimo giorno di scuola e
i ragazzi dell’ultimo anno si apprestano
a preparare gli esami di maturità. Tra di
loro, spicca la più secchiona della scuola, Bambi Germogli, orrenda ragazza con
il viso devastato dall’acne, un vero incubo per la professoressa Martuccia che,
esausta dell’eccessiva bravura di Bambi,
ha chiesto il trasferimento all’università
“La saccenza”. Gli amici di Bambi sono
Stefano, un ragazzo perennemente sotto
l’effetto delle canne, Didi, logorroica e petulante, la sorella Robertina, una grassona esuberante, mangia-uomini e cellulare-dipendente. In occasione della festa di
compleanno di Giuggiola, le amiche portano Bambi in un salone di bellezza per
un trattamento di ricostruzione. La ragazza diventa bellissima. Alla festa nessuno
la riconosce e il playboy della scuola,
Toni, la corteggia. Ma Stram e la sua banda irrompono alla festa seminando il caos,
Stram resta folgorato da Bambi e la porta in camera da letto dove la ragazza,
desiderosa di andare al sodo, lo incita con
una provocante tenuta sadomaso. Con
l’irruzione della polizia, la festa finisce.
Toni riaccompagna a casa Bambi, ma la
macchinina del ragazzo viene bloccata
dalla banda di Stram. Tocca di nuovo a
Bambi risolvere la situazione prendendo
a calci Stram che, giunto in ospedale, viene molestato da una fisioterapista ninfomane. Pochi giorni dopo, Stram incontra
Bambi che è in un bar con gli amici a
parlare degli esami imminenti e la invita
a uscire con lui. I due vanno a Ponte Milvio: la ragazza ammira quel posto romantico, mentre a Stram rubano la moto lasciando solo il lucchetto della catena. Il
ragazzo chiede aiuto al fratello che gli dà
le chiavi di una moto da montare. Recuperata la moto, Stram va a fare benzina
ma viene abbordato da una ragazza manesca, Tin, che lo invita al “cimitero”.
Anche Bambi si reca al “cimitero” che
altro non è che un raduno di motociclisti.
La gara tra motociclisti viene vinta da
Stram. All’arrivo della polizia, Stram e
Bambi scappano, ma, ancora una volta, il
giovane non riesce a baciare la ragazza. I
due vanno poi in un parco acquatico ma
neanche lì non succede niente. Stram è incapace di parlare d’amore a Bambi. La
ragazza chiede aiuto a Stram per gli esa-
Tutti i film della stagione
mi. Il giorno degli esami, il giovane si traveste da Bambi e, nonostante la scarsa
preparazione, stupisce la commissione con
una disquisizione su freni e gomme. Dopo
aver saputo che ha passato l’esame con la
media dell’8, la ragazza dice a Stram che
tra loro è finita. Stram si sfoga col padre
che a sua volta confessa al figlio che la
sua donna è la professoressa Martuccia.
Dopo gli esami, tutti si ritrovano in discoteca: Bambi e Stram fanno la pace. I due
giovani si recano a Ponte Milvio e lo trovano pieno di lucchetti. La ragazza dice
che la catena degli innamorati è nata quando un imbecille si è fatto rubare la moto
legata a quel palo. L’amore trionfa e si ritrovano anche Extramarcio e la professoressa Martuccia.
I
l gioco di parole del sottotitolo
enuncia subito le intenzioni del
regista (Pino Insegno coadiuvato
da Gianluca Sodaro) e della sceneggiatrice (la fedele compagna di Insegno in tanti
anni di “Premiata Ditta” Francesca Draghetti). Ho voglia di - un’ultima notte – da
manuale – prima di – tre baci sopra il cielo, la scomposizione è d’obbligo per capire il senso dell’omaggio-parodia. I campioni d’incassi del cinema “giovanilistico” sono
al centro del mirino. I titoli di riferimento
vanno dal filone mocciano di Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te, Scusa ma ti
chiamo amore ai film suoi derivati come
Notte prima degli esami, fino a riferimenti
sparsi qua e là agli altri ‘cult’ interpretati
dal bellone Scarmarcio come Manuale
d’amore 2.
Neanche a dirlo, il lavoro sui nomi occupa un posto fondamentale. I protagonisti sono Stram, ovvio diminutivo-accrescitivo del divo Scamarcio, e Bambi, evidente storpiatura della Babi protagonista del
capostipite della serie Tre metri sopra il
cielo, una fanciulla dal look a metà strada
tra Katie Saunders e Cristiana Capotondi. Accanto a Stram, c’è poi l’amico Tacchino, fratello gemello del fido Pollo di
3MSC.
In materia di stereotipi poi, non manca
nulla: Stram è l’eroe bello e maledetto, un
ragazzo pieno di interessi (la sua moto, la
sua moto, la sua moto), mentre Bambi è
la racchia secchiona tutta brufoli che si trasforma in “topa atomica” in un centro estetico (dopo una seduta sotto le grinfie dello
scienziato pazzo e sanguinario Daniele
Formica), diventando (guarda caso!) una
“bulimica” affamata di vita e d’amore, perfetto esempio di una delle tante ragazze
di oggi che affrontano la vita con fretta e
aggressività, esigendo tutto-e-subito.
Il parco-amici, poi, è un campionario
41
della gioventù “mocciana”: si passa dal giovane stralunato dall’effetto delle canne che
parla con una zeppola “muccinesca”, al
bravo ragazzo ‘pariolino’ con immancabile
‘macchinina’, dalla esuberante logorroica
che colleziona gaffe e che non riesce a
tenere un segreto, alla grassona ninfomane cellulare-dipendente.
Siamo in piena zona parodia intesa nel
senso più classico del termine come vera
“contraffazione di opera artistica preesistente”. La storia della parodia cinematografica ci ha insegnato infatti che più un
genere è fiorente, più prospera la parodia,
perché la folla, sottolineava il letterato Alberto Savinio, “ama essere dominata, ma
le piace pure di mostrare che prende in
giro chi la domina”. Per ammissione degli
stessi registi, si è cercato di evitare il pericolo Scary Movie spezzettato cercando di
sviluppare un’idea narrativa unica.
Accanto al duo di protagonisti immancabilmente giovani e carini, il bel tenebroso Marco Rulli (L’estate del mio primo bacio) e la deliziosa Carlotta Tesconi (protagonista della fiction televisiva “Raccontami”), vanno menzionate una serie di apparizioni illustri su cui spiccano, oltre al già
citato Daniele Formica, il divo Raul Bova
nei panni di un medico claudicante che fa
il verso al “Dottor House”, l’affascinante
Corinne Clery nel ruolo-cameo di una “nonnina” liberal in odor di confidenze erotiche
e naturalmente Pino Insegno nel ruolo del
papà dell’eroe “Extramarcio”.
Satira a tratti grottesca, parodia dell’omologazione e della superficialità a metà
strada tra demenziale e coatto. Ecco tutto.
E tra squilli di cellulare e rombi di moto, alla
fine resta davvero solo il profumo triste (e
lieve come la più inconsistente delle acque
di colonia) della (pretesa) sociologia giovanilistica “mocciana” affacciata su Ponte Milvio. Davvero un “vuoto a perdere”.
A proposito, la canzoncina-morale dei
titoli di coda la canta J-Ax (si proprio lui,
quello dei lontani Articolo 31-Tranqui
funky). Ne citiamo solo un passaggio: “Io
vorrei darti 3 baci sopra il cielo/Sei alta un
metro e mezzo/ e quando ci arrivi al cielo?/Limoneremo al multisala all’americana/Con te che ti fai chiamare Carmen
quando sei Carmela/Io del cielo non mi
accontento/Ti faccio sentire Saturno dentro/Volevi un quarantenne come Bova/ Ma
ti sei fatta uno che sembra Borat/Le Capotondi da noi sono ciocche 40 kg più della quattro ciocche/Il film italiano rinasce
adesso/Col tempo delle mele pimpato col
lucchetto/ ”.
Davvero illuminante.
Elena Bartoni
Film
Tutti i film della stagione
LOUISE MICHEL
(Louise-Michel)
Francia, 2008
Effetti speciali trucco: Frédéric Balmer, Alexis Kinebanyan
Supervisori effetti visivi: Chadi Abo, Xavier Perol
Suono: Guillaume Le Bras
Interpreti: Yolande Moreau (Louise Ferrand), Bouli Lanners
(Michel Pinchon), Benoît Poelvoorde (ingegnere Guy), Albert Dupontel (Miro), Joseph Dahan (impiegato delle pompe
funebri), Mathieu Kassovitz (proprietario della fattoria), Agnèse Aubé (la vedova), Kafka (Flambart, il vicedirettore), Hervé Desinge (il direttore della fabbrica in Picardie), Fabienne
Berne (la segretaria), Terence Debarle (Terence), Yannic
Jaulin (l’impiegato di banca), Jacqueline Knuysen (Jackie),
Sylvie Van Hiel (Sylvie, la delegata sindacale), Pierrette Broodthaers (Pierrette), Christine Ancelin (Christine), Patricia
Sageot (Patricia), Silvie Sageot (Silvie), Béatrice Croisille
(Béatrice), Stéphanie Davergne (Stéphanie), Margherite
Ducroquet (Margherite), Jackye De Nayer (padrona), Lumir
Richet (Lumir), Jean-Michel Carlier, Philippe Arezki, Benoît
Delépine (clienti)
Durata: 94’
Metri: 2510
Regia: Gustave de Kervern, Benoît Delépine
Produzione: Benoît Jaubert, Mathieu Kassovitz per MNP Entreprise. In coproduzione con No Money Productions/arte France Cinéma. Con la partecipazione di Canal+/CinéCinéma/
Centre National de la Cinématographie. Con il supporto di
Région Picardie/Département de l’Aisne
Distribuzione: Fandango
Prima: (Roma 3-4-2009; Milano 3-4-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Gustave de Kervern, Benoît
Delépine
Direttore della fotografia: Hugues Poulain
Montaggio: Stéphanie Elmadjian
Musiche: Gaëtan Roussel
Scenografia: Paul Chapelle
Costumi: Cécile Roullier
Produttore esecutivo: Elisa Larrière
Direttore di produzione: Loïc Jouanjan
Aiuti regista: Gérard Bonnet, Cécile Roullier
Arredatore: Laurent Weber
Trucco: Geraldine Garetier
U
na fabbrica nella regione francese della Piccardia riduce il
personale. Pochi mesi dopo, le
operaie sono in allarme, ma il direttore
le convoca per una sorpresa: un camice
con ricamato sopra il nome di ciascuna.
Il dono tranquillizza gli animi. Rientrando a casa, una decina di operaie celebra
l’avvenimento in un caffè. La mattina seguente, le operaie si recano al lavoro ma
trovano la fabbrica smantellata. La direzione è scomparsa. Il gruppo di operaie si riunisce nello stesso caffè dove la
rappresentante sindacale annuncia la
cifra che spetta a ciascuna: 2.000 euro
per i quarant’anni passati a lavorare in
fabbrica. Le donne pensano di unire i
loro soldi, 20.000 euro, per finanziare un
progetto di reimpiego. Nessuna delle idee
proposte sembra però trovare unanime
consenso, tranne quella di Louise: pagare qualcuno per uccidere l’ex capo. Le
colleghe accettano e la incaricano di trovare il sicario. Pochi giorni dopo Louise
si imbatte per caso in Michel Poinon, uno
strano tale che dice di lavorare nel campo della sicurezza. L’uomo la porta nel
luogo dove vive, un comprensorio di prefabbricati di cui si dichiara ‘security manager’. Louise gli offre 20.000 euro per
uccidere il suo ex capo, Michel accetta
subito. Il giorno dopo, Michel va a trovare la cugina Jenny, malata terminale
di cancro, per chiederle di uccidere il padrone di Louise. La ragazza accetta, ma
spara all’uomo sbagliato per suicidarsi
subito dopo. Dopo aver parlato con le
colleghe, Louise decide di andare a stanare il capo a Bruxelles e parte con Michel. I due si recano presso la sede di
una società internazionale dove Michel
assolda un altro killer che finisce per
sparare ancora alla persona sbagliata.
Michel vorrebbe tornare a casa, ma Louise non vuole mollare. Dopo essersi riunita con le colleghe, la donna decide di
andare a cercare il padrone sull’isola di
Jersey. Lì Louise e Michel si mettono
sulle tracce di un facoltoso uomo d’affari. Michel sembra finalmente sparare all’uomo giusto. La strana coppia festeggia. Qualche mese dopo, Michel, che in
realtà è una donna, partorisce un bebè.
Tutto sembra finito per il meglio, ma non
è così. Anche a Jersey, l’uomo ucciso non
era quello giusto, il vero padrone è altrove. Una delle colleghe di Louise recluta un cugino serbo che però si autoelimina. Insomma forse tocca proprio a
una di loro uccidere il capo.
L
o scorso 31 marzo François-Henri Pinault, patron del celebre
gruppo del lusso PPR, veniva
sequestrato da alcuni dipendenti del
gruppo per un’ora. Quasi contemporaneamente, alcuni dipendenti del gruppo
“Caterpillar” sequestravano per una notte alcuni dirigenti dell’azienda negli uffici di Grenoble: nei giorni precedenti
l’azienda aveva annunciato la soppressione di più di settecento posti di lavoro.
42
Solo qualche giorno prima, l’amministratore delegato della Sony francese era
stato sequestrato dai dipendenti e costretto a passare una notte nella fabbrica di Pontonx-sur-l’Adour di cui era stata annunciata la chiusura.
Louise-Michel è stato pensato e girato prima di questi fatti, ma il film ha
anticipato, estremizzandolo, un malessere reale. Comunque sia, una cosa è
certa: i registi Benoît Delépine e Gustave de Kervern hanno ammesso di essersi ispirati a un fatto reale; un padrone di una ditta delocalizzò lo stabilimento ventiquattro ore dopo aver deciso di
comprare dei camici nuovi per tutte le
sue operaie. Una vera beffa che deve
aver colpito molto i due registi che hanno apertamente dichiarato di voler fare
un film dallo stile libero, “un western sociale”, in cui i buoni più buoni potessero
diventare cattivi e dove i cattivi fossero
degli irriducibili criminali. “Una commedia ambientata in una realtà sociale a
metà strada tra i Dardenne e i fratelli
Coen”. Certamente sul piatto della bilancia devono aver “pesato” i lunghi anni
di lavoro per la televisione, in cui si sono
fatti le ossa scrivendo e interpretando
sketch e serie comiche (da ricordare il
programma satirico “Groland”) prima di
passare al cinema con Aaltra seguito da
Avida, due commedie assurde e surreali.
Questo film mostra ciò che è doloro-
Film
sa realtà in un mondo che non ha più potere contro i “poteri forti”, se è vero che in
epoca di multinazionali non è semplice
fare chiarezza dietro ai nomi di società
fantasma, coperte da altre società di comodo con sedi in fantomatici paradisi fiscali.
Ad arricchire il piatto già di per sé in
salsa piccante c’è poi l’aggiunta di quella “deriva trans-gender”, che si svela solo
nel finale a sorpresa e che spiega quel
titolo così strano con quei due nomi che
possono essere maschili o femminili, separati solo da un trattino: il killer-per-caso
(nato bambina e poi ‘mascolinizzatosi’)
e l’operaia (un ‘donnone’ un po’ troppo
mascolino). Commedia grottesca e a tratti nera (anzi nerissima), il film mescola
surrealismo con una consistente dose di
spirito anarchico. Tutto è disordine e rovesciamento: tanto le gerarchie padroni-operai, quanto le distinzioni di sesso.
E proprio il rovesciamento sessuale avviene in conseguenza del caos delle regole sociali (entrambi i protagonisti cambiano sesso per trovare lavoro). Attorno
ai due protagonisti “rovesciati” si muove
un universo di personaggi, che strambi
è dire poco: l’ingegnere cospiratore e paranoico che ricrea gli avvenimenti dell’11
settembre nel proprio giardino, il proprietario di un agriturismo dove tutto è biologico (e dove i proprietari ricavano il riscaldamento dai loro stessi escrementi), il riccone che al telefono “compra e
vende” a getto continuo senza mai scendere dal suo tapis-roulant. E che dire dei
malati terminali che si improvvisano giustizieri?
I due registi hanno un modo di girare
assolutamente anticonvenzionale, fuori
dagli schemi, a partire dall’abitudine di lavorare con persone che ammirano, come
il caso dei due protagonisti Yolande Moreau (attrice belga dalla prestigiosa carriera teatrale e cinematografica, che ha
lavorato con nomi del calibro di Agnès
Varda e Jean-Pierre Jeunet) e Bouli Lanners (personaggio bizzarro, pittore e artista autodidatta, attore e regista belga che
abbiamo visto nei panni di regista e interprete del curioso e surreale road movie
Eldorado Road), o con amici come Mathieu Kassovitz (che del film è anche coproduttore). Per il resto si tratta di scelte
dettate sopratutto dall’umanità, come il
caso delle colleghe di Louise che sono
quasi tutte vere operaie del settore tessile che hanno perso il lavoro. Qui tutto è
estremo (come il male mostrato e il suo
rimedio), tutto è politicamente scorretto,
tutto è anarchia: e la didascalia finale,
Tutti i film della stagione
omaggio alla più famosa anarchica francese di fine Ottocento (Louise Michel,
militante rivoluzionaria, una delle prime
femministe della storia francese vissuta
tra il 1830 e il 1905), ne è il giusto suggello.
“Bisogna essere stupidi per essere
ottimisti nel 2008!”, ecco ben riassunta
la visione pessimistica e ansiosa del
mondo di Kervern e Delépine. Ma esiste
un’ancora di salvezza? Forse si e forse
risiede nel tentativo di creare nuove idee
e, perché no, nuovi desideri, che è poi la
sfida dichiarata che sta alla base del loro
lavoro per la televisione e per il cinema.
“Niente bombe, ma alternative reali” hanno detto: ecco, forse è davvero questa
l’anarchia del terzo millennio ...
Elena Bartoni
L’ULTIMO CRODINO
Italia, 2008
Regia: Umberto Spinazzola
Produzione: Mauro Berardi, Luigi Musini, Vittorio Zeviani per Luna Rossa Cinematografica/On My Own Produzioni Cinematografiche
Distribuzione: Mikado
Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009)
Soggetto: Pietro Galeotti
Sceneggiatura: Francesco Cenni, Federico Mazzei, Michele pellegrini
Direttore della fotografia: Luciano Federici
Montaggio: Osvaldo Bargero
Musiche: Giuseppe Fulcheri
Scenografia: Emanuela Zappacosta
Costumi: Francesca Arcangeli
Organizzatore generale: Bruno Ricci
Aiuto regista: Claudia Bernardini
Fonico: Remo Ugolinelli
Trucco: Nadia Ferrari
Acconciature: Fiorella Novarino
Supervisori effetti visivi: Gaia Bussolati
Interpreti: Ricky Tognazzi (Crodino), Enzo Iacchetti (Pes), Serena Autieri (Patrizia),
Marco Messeri (il commissario), Enzo Provenzano (Nicodemi), Dario Vergassola
(Callisto), Elena Sofia Tognocchi
Durata: 100’
Metri: 2542
43
Film
I
n un paesino della bassa Val di
Susa, vivono monotone giornate
Pes, un operaio delle acciaierie,
e Crodino, un autista con velleità da piccolo imprenditore. Ottenuto un prestito
bancario per mettere su un’azienda biologica, la Bio Susa, i due si mettono al
lavoro per ottenere le necessarie certificazioni. Ma qualcosa va storto: i polli
risultano contaminati e gli analisti fanno chiudere l’azienda. Pes e Crodino
sono senza un soldo, un lavoro e pieni di
debiti con la banca. Per di più, Pes ha
una ex moglie che minaccia di non fargli vedere più la figlia e Crodino deve
vedersela con la moglie Patrizia, proprietaria di una profumeria. Patrizia è
amica di Robertini, il direttore della banca cui Crodino ha chiesto il prestito, che
posticipa il pagamento della prima rata
del mutuo. Intanto muore Enrico Cuccia,
storico direttore di Mediobanca. Mentre
vede passare il corteo funebre, Crodino
ha un’idea e spiega il suo piano a Pes:
rubare la bara di Cuccia e chiedere un
riscatto alla famiglia. Sulle prime contrario, Pes finisce per accettare. La notte del colpo, prima di andare al cimitero, Crodino spacca il parabrezza dell’auto di Robertini. Al cimitero, i due trafugano la bara e la portano nel rudere della
suocera di Crodino. Dopo aver scattato
una polaroid, spediscono una lettera
anonima a Roma indirizzata a un certo
Paolo Cuccia. Il giorno dopo, Crodino
viene arrestato: una telecamera lo ha ripreso mentre compie un atto di vandalismo contro l’auto di Robertini. Dopo poche ore, il direttore di banca ritira la denuncia per intercessione di Patrizia. Intanto, convinto che la polizia abbia scoperto il furto, Pes cerca di sbarazzarsi
della bara gettandola giù per la valle,
ma Crodino arriva appena in tempo per
fermarlo. I due improvvisati malviventi
continuano nel loro piano con diverse
telefonate anonime a un numero a cui
non risponde mai nessuno. I due lasciano messaggi in segreteria chiedendo il
versamento della somma richiesta in
franchi svizzeri sul conto corrente indicato nella missiva. Poco dopo, la polizia scopre la scomparsa della bara di
Cuccia. La notizia rimbalza su giornali
e TV. Il maresciallo del paese riceve la
lettera anonima che i malviventi hanno
spedito a un presunto figlio di Cuccia e
viene informato di una serie di messaggi
minatori lasciati a una segreteria telefonica di un numero dell’ACEA di Roma.
Tutti i film della stagione
I messaggi e la lettera risultano provenire da quel paese della Val di Susa. Da
Roma arriva il dottor Nicodemi, incaricato di approfondire le indagini. Le impronte lasciate sulla lettera evidenziano
che si tratta di incensurati e gli inquirenti pensano di tendere loro una trappola. Il dottor Maranghi di Mediobanca
fa un appello in TV. Poco dopo, Crodino
telefona all’uomo e lo ricatta chiedendo
una grossa somma per l’indomani. Il
giorno successivo gli inquirenti localizzano la cabina da cui i due malviventi
chiamano. Il maresciallo e Nicodemi si
recano alla cabina situata sulla piazza
di fronte al bar abituale di Pes e Crodino. I due richiamano Maranghi da una
cabina diversa: l’uomo prende tempo accampando una scusa. Alla successiva
chiamata, i due vengono individuati. Pes
viene preso mentre Crodino scappa e va
a nascondere la bara scavando una buca
alla Bio Susa dove trova bidoni contenenti rifiuti tossici: è stata la diossina a
uccidete i polli del loro allevamento. Intanto la polizia trova Crodino con la bara
alla Bio Susa. Sul camioncino che li porta in galera, Pes osserva laconicamente
che chi nasce povero è destinato a morire povero.
D
i tentate truffe mal riuscite l’Italia
è piena e questo film ne racconta una, quella di due ingenui che
sognavano una vita migliore e che circa
otto anni fa (era il marzo 2001) tentarono
un colpo ma(ld)estro: rubare la bara del
notabile nonché manovratore dell’alta finanza italiana Enrico Cuccia.
A dire il vero la storia presenta delle
somiglianze con quella raccontata da
Calo Mazzacurati nel 2000 in La lingua
del santo, dove due poveri falliti (i ben
più convincenti Fabrizio Bentivoglio e
Antonio Albanese) tentavano il trafugamento di una preziosa reliquia, la lingua
di Sant’Antonio da Padova. Anche lì si
creavano situazioni tra il comico e il paradossale proprio quando i due poveri
diavoli dovevano trattare il riscatto con
un industriale del salume in cerca di
pubblicità. In entrambi i casi c’è il tentativo di raccontare un presente disastrato, popolato di disperati, ma mentre
Mazzacurati coglieva (almeno in parte)
nel segno quando lanciava frecciatine
intrise di veleno verso il “miracolo del
Nord-Est d’Italia”, Spinazzola, pur dimostrando di conoscere bene la realtà dei
luoghi che descrive (ben coadiuvato
44
dagli sceneggiatori Michele Pellegrini,
Francesco Cenni, Federico Mazzei) e
pur mantenendo lo stile asciutto nel raccontare ciò che, sebbene strano, è davvero cronaca, finisce per non convincere del tutto.
Effettivamente nel film di Umberto
Spinazzola, i due malviventi da strapazzo sembrano parenti stretti di Totò, Peppino e i fuorilegge (da cui copiano lo
stesso vecchio metodo per scrivere lettere anonime ritagliando le lettere da
giornali e riviste) più che dei due disperati falliti protagonisti di La lingua del
santo. Un “braccio” (l’operaio Pes, diminutivo di Giampaolo Pesce) e una “mente” (il risoluto Crodino sopranominato
così dal nome del suo aperitivo preferito) come nel classico schema della storica commedia all’italiana. Due criminali da strapazzo con poco di tutto, privi
tanto della giusta dose di “balordaggine” quanto della necessaria dose di
astuzia e la Val di Susa, una zona che
ha una storia molto particolare. È una
valle incastonata fra le montagne che
negli ultimi anni è diventata un luogo di
grosse tensioni sociali: il movimento NO
TAV, gruppi di anarchici e insurrezionalisti, misteriose sette sataniche, il sospetto di dosi massicce di diossina presenti nel sottosuolo. Ce n’è abbastanza
per rendere l’idea di un luogo strano, sicuramente inquieto, dove la ricerca di
“rottura” convive con la piatta quotidianità di piccoli paesi di montagna dove
non succede mai niente. Ma la storia
folle di due criminali molto ingenui (telefonano a un omonimo di Cuccia Jr.
cercando il numero sull’elenco!) non decolla pur cercando un compromesso tra
la vena picaresca e il velo di malinconia
che sottende alla misera storia dei due,
forse perché davvero siamo troppo lontani sia dal vecchio padre Monicelli, sia
dal più giovane Mazzacurati.
Tra i personaggi di contorno ne spiccano due: il maresciallo cui dà vita un
ottimo Marco Messeri e l’agente di Stato mandato da Roma, Nicodemi, cui presta il volto un efficace Enzo Provenzano.
A servire “l’analcolico biondo che fa
impazzire il mondo” il barista Dario Vergassola, ma qui non impazzisce davvero nessuno, soprattutto quando tutto finisce con
la più scontata delle morali. Riconsolatevi
con un Crodino che è meglio.
Elena Bartoni
Film
Tutti i film della stagione
LOOK BOTH WAYS - AMORI E DISASTRI
(Look Both Ways)
Australia, 2005
Regia: Sarah Watt
Produzione: Bridget Ikin per Hibiscus Films
Distribuzione: Fandango
Prima: (Roma 19-6-2009; Milano 19-6-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Sarah Watt
Direttore della fotografia: Ray Argall
Montaggio: Denise Haratzis
Musiche: Amanda Brown
Scenografia: Rita Zanchetta
Costumi: Edie Kurzer
Produttore esecutivo: Andrew Myer
Produttore associato:Barbara Masel, Vicki Sugars
Direttore di produzione: Leone Cichoc
Casting: Angela Heesom
Aiuti regista: Chris Odgers, Clair Parker, Brad Lanyon
Operatore: Nick Matthews
Art director: Simon McCutcheon
Arredatore: Toni Forsyth
Supervisore trucco e acconciature: Tracy Phillpot
Supervisore effetti speciali: Peter Stubbs
Supervisore effetti visivi: Peter Webb
A
delaide (Australia). Durante un
torrido fine settimana si intrecciano i destini di tre abitanti della zona. Meryl, un’artista sola e spiantata, mentre è di ritorno dal funerale del padre, immagina che il treno dal quale è appena scesa sia coinvolto in un incidente.
In effetti, accade proprio così: il telegiornale dice che, a causa di un deragliamento, sono morti alcuni passeggeri e ci sono
anche numerosi feriti.
Sul luogo della disgrazia accorrono
Andy e Nick, rispettivamente giornalista e
fotografo del quotidiano locale. I due indagano, però, sulla misteriosa morte di un
uomo finito sotto il convoglio. Il giovane
cronista sostiene che sia stato un suicidio,
mentre il suo capo riporta la notizia come
se si trattasse di una pura fatalità. Meryl
viene interrogata come testimone, mentre
la moglie della vittima, sgomenta di fronte
alla tragedia, viene immortalata dal fotografo.
Dopo quel primo incontro, Meryl e
Nick si rivedono e iniziano a frequentarsi. Fra loro nasce subito una forte intesa.
È dovuta, molto probabilmente, a una
paura che li accomuna entrambi: la morte. L’uomo, da quando ha scoperto di avere un cancro, non fa che vedere il male in
ogni persona che incroci per strada, oltre a essere assillato dal ricordo del padre morente.
Non riesce a confessare la verità ai
suoi colleghi di lavoro, né tanto meno al-
Supervisore musiche: Julie Hodges
Animazione: Emma Kelly
Interpreti: William McInnes (Nick), Justine Clarke (Meryl Lee),
Anthony Hayes (Andy Walker), Lisa Flanagan (Anna), Andrew
S. Gilbert (Phil), Daniella Farinacci (Julia), Maggie Dence
(Joan), Edwin Hodgeman (Jim), Sacha Horles (Linda), Andreas Sobik (conducente del treno), Mary Kostakidis (giornalista SBS), Robby Hoad (Rob), Leon Teague (dottore), Elena
Carapedis (Maria), Tamara Lee (poliziotta), Irena Dangov (moglie del conducente del treno), Jacquelynne Willcox (reporter), Laura Peisley (Emily), Alex Rafalowicz (figlio del conducente del treno), Jacqueline Cook (Miriam), Olive Gilbert (Jasmine ‘Jas’), Miranda Gilbert (Sophie), Lucia Mastrantone
(Cathy), Isabella Reimer (Maddie), Jordan Leovic (Oliver),
Edwin Hodgeman (Jim), Maggie Dance (Joan), Violet Gilbert
(bambina di Phil), Joshua Clarke (ragazzo sulla sedia a rotelle), Taimi Allen (madre incinta), Eliza Lovell (madre spaventata), Rocky Feo (padre del bambino malato), James Edwards
(cameriere), Philip Spruce (attore)
Durata: 100’
Metri: 2650
l’anziana madre. A malincuore, è costretto
a usare il “pretesto” della malattia per
lasciare la ragazza, a cui non può garantire una relazione duratura. Anche lei,
scossa dal lutto di famiglia e dall’incidente al quale ha assistito, immagina continuamente scenari di sofferenza e distruzione.
Perfino Andy sta attraversando un
momento di crisi nella sua vita: umiliato
e oppresso dalla ex moglie che gli impedisce di vedere i due figli, deve, in aggiunta, affrontare una gravidanza non desiderata della compagna, l’infermiera
Anna.
I tre si rincontrano al termine del weekend, sotto una pioggia torrenziale: Nick
rivede prima il suo amico giornalista che
sta (forse) tentando di buttarsi sotto un treno, e poi Meryl. Con questa ultima, dopo
aver troncato bruscamente la storia, si lascia andare a un appassionato bacio pacificatorio.
A
vete mai immaginato di essere attaccati da un pescecane mentre
siete in acqua? Oppure, vi è mai
capitato di pensare che il treno sul quale
state viaggiando possa uscire improvvisamente fuori dai binari? Tutto questo e molto altro ancora, come terremoti, morti e
sciagure di vario genere, sono possibili in
Look Both Ways – Amori e disastri (al solito la traduzione italiana pecca di originalità... per non parlare della tempestività
45
dell’uscita nelle nostre sale: quattro anni
dopo!).
Ma partiamo dal titolo. Con la dicitura
“look both ways”, appunto, si intende –
“guardare in entrambe le direzioni”. Questo segnale, che compare nella scena iniziale, è un avviso rivolto non solo al capotreno, ma anche agli “imprudenti” passeggeri che si trovano nelle vicinanze
delle rotaie. E chi non lo rispetta (in questo caso rimane il mistero: sarà stata colpa del ferroviere o dell’uomo che faceva
jogging?), può provocare terribili conseguenze....
Proprio l’incidente del treno costituisce
l’evento scatenante, attorno al quale Sarah
Watt fa convergere tre storie di ordinaria paranoia e solitudine quotidiana. Grazie ai suoi
disegni a mano dai colori pastosi e dai tratti
essenziali, realizza simpatiche sequenze
animate, in cui si concretizzano fobie più o
meno inconsce di una giovane donna. La
pittrice, dall’aria perennemente sfasata e
dotata di una fantasia a dir poco lugubre,
ha il volto di Justine Clarke, una brillante
attrice-cantante, nonché presentatrice di
programmi per bambini.
L’opera prima della regista australiana
(che con i suoi corti di animazione ha spopolato nei festival di mezzo mondo), ondeggia tra realtà e immaginazione, a dimostrazione del fatto che “look both ways”
vale anche come saggia regola con cui
bisognerebbe guardare alla vita. Dove si
nasconde, allora, la verità sulle tristi vicen-
Film
de del prologo? Nel sogno a occhi aperti
di Maryl, oppure nella fotografia della moglie della vittima?
Quella immagine, pubblicata il giorno
dopo la sventura in prima pagina, quasi a
voler premiare l’ultimo (?) scoop di Nick,
ricorre incessantemente lungo tutto il film
con la stessa enigmaticità di cui era portatrice la celebre foto di Blow-up scattata nel
parco.
Oltre ai quadri dell’artista e ai già citati
bozzetti, che si mescolano col mondo reale attraverso i coloratissimi murales urbani, c’è infatti molto spazio per le diapositive, che scorrono con ritmo febbrile a rievocare stagioni di vita vissute dal fotoreporter malato.
Tutti i film della stagione
Una parte fondamentale la gioca
pure la musica. Le canzoni scandiscono
le fasi più drammatiche, unendo in un
unico grande afflato la totalità dei personaggi: da quelli già ricordati agli altri (non
meno emblematici), come l’infermiera, il
direttore del giornale, il capotreno, la
vedova.
L’ultimissima scena richiama, seppur
lontanamente, un momento saliente di
Magnolia: tutti quanti piangono in preda
alla disperazione, o ai sensi di colpa, bagnati da un diluvio provvidenziale, mentre
in sottofondo risuonano le note di una
malinconica ballata aussie.
Come nel capolavoro di Paul Thomas
Anderson, anche qui ci si interroga con
sottile ironia su temi universali quali la
morte, la malattia, la famiglia, il destino.
E la cineasta Watt lo fa avvalendosi di una
geniale quanto stravagante commistione
di arti.
È vero che allo spettatore può venir
voglia di alzarsi dalla poltrona e scappar
via, tanta è l’angoscia che inducono i pensieri catastrofici dei protagonisti. Ma, forse, il metodo migliore per esorcizzare le
proprie ipocondrie è proprio quello di vederle rappresentate sul grande schermo.
A volte, il cinema può essere davvero terapeutico. Questa piccola pellicola indipendente ne è un felicissimo esempio.
Diego Mondella
IL CANTO DI PALOMA
(La teta asustada)
Spagna/Perù, 2009
Regia: Claudia Llosa
Produzione: Antonio Chavarrías, Claudia Llosa, José María
Morales per Oberón Cinematográfica/Vela Producciones/Wanda Visión S.A.
Distribuzione: Archibald Enterprise
Prima: (Roma 8-5-2009; Milano 8-5-2009)
Soggetto e sceneggiatura: Claudia Llosa
Direttore della fotografia: Natasha Braier
Montaggio: Frank Gutiérrez
Musiche: Selma Mutal
Scenografia: Susana Torres, Patricia Bueno
Costumi: Ana Villanueva
I
n una baraccopoli della periferia di Lima, la ventenne Fausta
assiste la madre negli ultimi momenti della sua vita. La donna, cantando,
le ricorda che lei è stata svezzata con il
“latte del dolore”, perché nata negli anni
’80, periodo caratterizzato dal terrorismo
e da reiterate violenze sulle donne, stuprate proprio come accadde alla donna,
vittima di uno stupro quando incinta della figlia e che vide morire sotto i suoi occhi il marito. Cresciuta con questa continua paura, terrorizzata all’idea di dover
subire qualcosa di simile, la ragazza non
riesce a liberarsi dal giogo di un’esistenza che la rende incapace di vivere socialmente e ha fatto del suo corpo un vero e
proprio “terreno”, tanto da inserire nella propria vagina una patata, con la quale difendersi da eventuali violenze; patata il cui tubero ha iniziato a germinare e
che, di tanto in tanto, le procura degli svenimenti.
Fausta vorrebbe offrire alla madre un
Direttore di produzione: Delia García
Art directors: Patricia Bueno, Susana Torres
Trucco: Luciana Salomón
Interpreti: Magaly Solier (Fausta), Susi Sánchez (Aída),
Efraín Solís (Noé), Marino Ballón (zio Lúcido), Antolín Prieto
(figlio di Aída), Bárbara Lazón (Perpétua), Karla Heredia
(Severina), Delci Heredia (zia Carmela), Anita Chaquiri (nonna), Fernando Caycho (Melvin), Leandro Mostorino (Jonny),
María Del Pilar Guerrero (Máxima), Edward llungo (Marcos),
Daniel Núñez (Amadeo), Summy Lapa (Chicho)
Durata: 94’
Metri: 2710
funerale e una degna sepoltura, ma i pochi soldi della famiglia sono stati tutti
investiti per l’imminente matrimonio della cugina. Lo zio le chiede però di seppellire il corpo prima delle nozze e allora la ragazza, oltre a dare una mano nell’agenzia che organizza matrimoni degli
zii, inizia a lavorare anche come cameriera presso una ricca pianista in una
villa di Lima. Qui conosce il giardiniere, uomo che, poco a poco, riesce a stabilire con lei un rapporto fatto di poche
parole ma comunque capace di allentare quel terrore atavico insito nella ragazza. Nel frattempo, la pianista – preoccupata per il concerto che dovrà tenere fra qualche settimana – stabilisce con
Fausta un patto particolare: ogni volta
che lei canterà le regalerà una perla di
una preziosa collana. Sarà proprio la
melodia di una di quelle canzoni inventate a garantirle la riuscita del concerto, ma, quando, di ritorno in macchina,
Fausta farà presente che quella era la
46
sua canzone, la donna chiederà al figlio
di farla scendere in mezzo alla strada,
abbandonandola nella notte. Impaurita,
la ragazza cerca riparo, fugge, alla fine
sviene. La mattina seguente, il giardiniere la trova di fronte alla villa, ancora
addormentata. Se la carica sulle spalle
e la porta in ospedale. Qui sarà operata, le toglieranno la patata, ma per tutto
il tempo dell’intervento stringerà nel palmo della mano le perle che le spettavano di diritto, prese dalla casa della pianista la sera prima. Finalmente potrà
seppellire la madre. Lungo il cammino
verso la sepoltura, però, farà fermare il
furgone e adagerà il suo corpo sulla sabbia, di fronte all’oceano.
P
rimo film peruviano ad aggiudicarsi l’Orso d’Oro al Festival di
Berlino, Il canto di Paloma (La
teta asustada in originale) è il secondo lungometraggio della trentatreenne Claudia
Film
Llosa (Madeinusa, inedito in Italia), che per
il ruolo della protagonista si affida anche
in questa occasione a Magaly Solier, brava a dare vita a un personaggio – così
come il film – sospeso nello spazio e nel
tempo, incarnazione di un contrasto che,
proprio in un paese tanto incantato quanto misero, porta dentro di sé la magia e il
dolore di una tradizione e di un passato
impossibili da cancellare.
Ed è proprio il contenimento, il trattenere la cifra stilistica su cui la regista punta per raccontare il disagio di un’esistenza
segnata dalla paura e dalla sofferenza, da
una “malattia” che – radicata nell’immaginario popolare andino – si trasmette attraverso il latte materno.
Suggestivo nel racconto di luoghi e
usanze (i festeggiamenti nuziali, le nenie cantate dalla stessa protagonista, i
barrii polverosi), il film antepone alla piattezza di una narrazione, tutto sommato
lineare e “povera”, la magia di suoni e
Tutti i film della stagione
volti difficilmente dimenticabili, affidando alla musicalità prima che ai dialoghi il
nerbo portante dell’intera struttura. Scelta coraggiosa, così come quella della Archibald Enterprise che ha deciso di distribuire in Italia il film. Per fortuna la-
sciando in lingua originale almeno le
canzoni che accompagnano, di volta in
volta, l’evoluzione della vicenda e del
personaggio principale.
Valerio Sammarco
FUGA DAL CALL CENTER
Italia, 2008
Regia: Federico Rizzo
Produzione: Franco Bocca Gelsi, Gianfilippo Pedote, Enzo Coluccio, Egidio Artaria per Cooperativa Gagarin/Ardaco. Distribuzione: Gagarin
Prima: (Roma 17-4-2009; Milano 17-4-2009)
Soggetto: Federico Rizzo, Emanuele Caputo
Sceneggiatura: Federico Rizzo, Emanuele Caputo, Nerina Fiumanò, Alessandro Leone
Direttore della fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Manuel Donninelli, Carlotta Cristiani, Valentina Andreoli
Musiche: Michele Salvemini
Brani colonna sonora: Caparezza, Tre Allegri Ragazzi Morti, Peppe Voltarelli, Le Luci della Centrale Elettrica, Jimsonweed, Superpartner, Guido Tognarini
Scenografia: Valentina Pavan, Alessio Baskakis
Costumi: Antonella Frazzetta
Produttore esecutivo: Franco Bocca Gelsi
Produttori associati: Pierfrancesco Fiorenza, Gabriella Pedranti
Co-produttore: Pierfrancesco Fiorenza
G
ianfranco Coldrin si è appena
laureato in vulcanologia con 110
e lode. Una ragazza che ama,
Marzia e la nonna che lo ha cresciuto dopo
la dipartita dei genitori, morti in cima a
un vulcano, completano la sua esistenza.
La Nonna si trasferisce dal nonno di Marzia: sono anni che i due sono segretamen-
Direttore di produzione: Rinaldo Bassi, Jacopo Linetti
Aiuto regista: Sarah Pastori
Operatori: Daniele Azzola
Art directors: Alessio Baskakis, Valentina Pavan
Trucco: Tea Bakota
Suono: Roberto Mozzarelli
Montaggio del suono e mix: Giorgio Vita Levi
Interpreti: Angelo Pisani (Gianfranco Coldrin), Isabella Tabarini (Marzia), Natalino Balasso (istruttore), Paolo Pierobon (geometra Palma), Debora Villa (Kelly Le Truc), Diego
Pagotto (Popeye), Paolo Riva (Calindri), Tatti Sanguineti
(psicologo aziendale), Peppe Voltarelli (responsabile antitaccheggio), Luis Molteni (prof. Culacchio), Estelo Pupa
(Gill), Raman Turhan (amministratore condominio), Martin
Giantullio (nonno di Marzia), Laura Magni (nonna di Gianfranco), Emanuele Asprella, Pedro Sarubbi (direttore call
center erotico), Andrea Riva De Onestis (Franco Bocca Dirosa), Cristian Lo Cicero, Matteo Gianoli (amico concerto),
Roberta Arrigoni
Durata: 95’
Metri: 2670
te innamorati. Gianfranco e Marzia, laureanda in giornalismo e cameriera in un
ristorante, vanno così a convivere.
Tre mesi dopo la laurea, Gianni ancora non ha trovato un lavoro idoneo ai suoi
studi; viene quindi spinto dalla ragazza a
trovarne uno che consenta a entrambi di
mangiare. Dopo un colloquio viene assun47
to al call center di una società che si occupa di indagini di mercato. Nessuno degli
assunti si rende conto che, oltre a lavorare
per la suddetta ditta, sono anche monitorati come soggetti di scommesse clandestine. La paga è talmente minima che Gianni è costretto anche a fare pulizie in casa
di filippini; assieme a Marzia non riesce
Film
neanche a farsi dare un prestito in banca
per comprarsi un’auto. Marzia scopre di
essere rimasta incinta; è così costretta a
trovare di nascosto da Gianni, un secondo
lavoro come telefonista erotica. Le tensioni portano problemi seri all’interno della
coppia, che decide di dividersi dopo l’ennesimo litigio; Gianni si trasferisce a casa
del nonno di Marzia. Gianni, che ha anche iniziato ad avere allucinazioni a lavoro, trova così il diario segreto della madre: scopre che era rimasta incinta durante il ’68, col risultato che nessuno sa chi
sia il suo vero padre. Declassato al lavoro, perché è arrivato un vulcanologo più
in gamba di lui, Gianni va a vivere a casa
di alcuni colleghi. Un giorno, gli viene richiesta un’intervista sul lavoro. È Marzia.
Dopo un po’ di tensione, la ragazza gli rivela la gravidanza. Gianni le fa capire che
la ama ancora e che vuole tornare con lei.
L’intera storia è intervallata da filmati di uomini e donne che raccontano la loro
esperienza nei call center.
N
on lasciarsi ingannare dal titolo.
Fuga dal call center, non offre
solo un semplice sguardo su di
una nuova categoria lavorativa, ma un vero
Tutti i film della stagione
e proprio spaccato dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro.
Due gli aspetti da prendere in considerazione: la storia di Gianfranco e i filmini realizzati in b/n, riguardanti le reali esperienze e le relative impressioni di chi, nei
call center, vi lavora veramente.
La storia personale del protagonista
è ben strutturata con colpi di scena nei
giusti tempi di sceneggiatura. Decisamente lineare a livello temporale, non subisce intrecci nella fabula; nessun flashback dei genitori neanche nel momento
della rivelazione sulla sconosciuta identità paterna. Occhio alla sequenza del
colloquio di lavoro e di quello successivo con lo psichiatra: decisamente divertente quanto surreale. Una buona sceneggiatura, che ci regala una visione
asettica di questo piccolo universo rispetto a quella più patinata, delineata nel
precedente Tutta la vita davanti di Paolo
Virzì.
Bravo Angelo Pisani che con quell’aria
trasognata unita a due grandi occhiaie, ben
si cala nel personaggio di Gianfranco a cui
tutto sembra cadergli dal cielo. La colonna
sonora è ben studiata e composta essenzialmente da canzoni italiane, i cui brani
sottolineano ed enfatizzano le emozioni
della giovane coppia.
I filmati, che nel film si scoprono essere girati da Marzia stessa, disegnano questo nuovo universo dei call center, ben tratteggiato nella sua alienante quanto demoralizzante realtà. In questo contesto, i lavoratori diventano una categoria a se stante; un anno vissuto al suo interno diventa
una nuova naja da superare (tanto per parafrasare un’affermazione dello psichiatra)
e c’è per chi, quest’anno, diventa il lavoro
di una vita. Quello che stupisce guardando questa parte documentaristica, è che
la maggior parte degli impiegati intervistati
altro non sono che trentenni o persone
anche più grandi; non più quindi, come si
potrebbe immaginare, liceali o universitari
che lavorano per integrare la paghetta, ma
uomini e donne che non riescono a trovare un posto migliore, o che sono ancora in
attesa del lavoro dei loro sogni, quello per
cui hanno studiato.
Il regista Federico Rizzo riesce a far
funzionare questi due aspetti, senza mai
farli cozzare, passando dall’uno all’altro
con estrema naturalezza.
Elena Mandolini
VALUTAZIONI PASTORALI
Amici del bar Margherita (Gli) –
consigliabile / semplice
Angeli e Demoni – complesso / problematico
Antichrist – sconsigliato / non utilizzabile / negativo
Appaloosa – complesso / problematico
Battaglia per la Terra in 3D – n.c.
Canto di Paloma (Il) – consigliabileproblematico / dibattiti
17 Again – Ritorno al liceo –
consigliabile / brillante
Disastro a Hollywood – consigliabile /
problematico
Estate ai Caraibi (Un’) – futile / semplice
Forteapasc – consigliabile-problematico / dibattiti
Franklyn – complesso / velleitario
Fuga dal Call Center – consigliabileproblematico / dibattiti
Fuori menù – Futile / superficiale
Garage – n.c.
Hannah Montana – The Movie –
consigliabile / semplice
Io & Marley – consigliabile / semplice
Lezioni d’amore – complesso-problematico / dibattiti
Look Both Ways – Amori e disastri –
consigliabile / problematico
Louise-Michel – complesso / problematico
Notte al museo 2 (Una) – La fuga –
consigliabile / semplice
Quarantena – futile / violento
Reader (The) – A voce alta – complesso-problematico / dibattiti
Riunione di famiglia – complesso /
problematico
48
Rocknrolla – futile / violento
Sacro e profano – n.c.
Sbirri – consigliabile / problematico
Sogno nel casello (Il) – n.c.
Star System – consigliabile / brillante
Terazza sul lago (La) – accettabile /
problematico
Terminator Salvation – consigliabile /
semplice
Ti stramo – inconsistente / banalità
Ultimo crodino (L’) – consigliabile /
semplice
Uninvited (The) – consigliabile / semplice
Uomini che odiano le donne – complesso / scabrosità
Vincere – complesso-problematico /
dibattiti