Neoclassicismo

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Neoclassicismo
Anton Raphael Mengs, Il Parnaso, 1760-1, Roma,
Villa Albani
Raffaello, Il Parnaso, 1511, Città del Vaticano,
Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura
Infine, il generale e principale contrassegno dei capolavori greci è una
nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che
nell'espressione. Così come la profondità del mare rimane sempre
tranquilla, per quanto infuri la superficie, così l'espressione delle figure
dei Greci mostra, in mezzo a tutte le passioni, un'anima grande e posata.
Johann Joachim Winckelmann, Pensieri sull’imitazione dell’arte greca,
1755
La bellezza suprema è in Dio, e il concetto di bellezza umana diviene perfetto quanto più può
essere pensato in maniera conforme e armonica con l'essenza suprema, che il concetto di unità
e indivisibilità ci fa distinguere dalla materia. Questo concetto di bellezza è come uno spirito
che, tratto dalla materia mediante il fuoco, cerca di generare un essere vivente secondo il ritratto
della prima creatura razionale concepita dall'intelletto della divinità. Le forme di una simile
immagine sono semplici, continue e molteplici nella loro unità, e perciò si presentano
armoniche; allo stesso modo un tono dolce e gradevole viene prodotto dal corpo le cui parti siano
uniformi. Attraverso l'unità e la semplicità ogni bellezza si eleva, così come grazie a essa si
eleva tutto ciò che facciamo e diciamo: ciò che è grande in sé viene infatti elevato se effettuato
e formulato con semplicità […]. Quella armonia che incanta il nostro spirito non è costituita
da toni infinitamente spezzati, intrecciati e annodati tra loro, bensì da semplici impulsi di lunga
durata. […] Dall'unità deriva un'altra proprietà della bellezza sublime, la sua non definizione,
in quanto le sue forme non vengono descritte ne con punti ne con linee diversi da quelli che
formano la bellezza; di conseguenza essa è una forma che non appartiene né a questa o a
quella determinata persona, né esprime un qualsiasi stato d'animo o sentimento passionale,
elementi che mescolano alla bellezza tratti estranei e ne spezzano l'unità. In base a questo
concetto la bellezza dev’essere attinta come l'acqua più pura dalla falda della sorgente, la quale,
quanto meno sapore ha, tanto più viene considerata salutare, poiché è depurata da tutti
gli elementi estranei […].
J. J. Winckelmann, Geschichte der Kunst des Alterthums, 1764
La natura e la struttura dei corpi più bei corpi sono però raramente prive di difetti, e presentano
forme o particolari che si possono trovare o concepire più perfetti in altri corpi; sulla base di tale
esperienza, questi saggi artisti agivano come un bravo giardiniere che innesta su un frutto diverse
margotte di qualità pregiata. E come l'ape succhia da molti fiori, così i concetti di bellezza non
restarono limitati al singolo bello individuale, come talvolta lo sono i concetti dei poeti antichi e
moderni e della maggior parte degli artisti contemporanei; gli antichi cercarono invece di cogliere
e armonizzare il bello da molti bei corpi. Essi purificarono le loro immagini da ogni inclinazione
personale che distoglie il nostro spirito dal bello autentico. […]
Lo spirito degli esseri che pensano con razionalità è dotato di un’inclinazione e una brama innate
per elevarsi al di sopra della materia nella sfera spirituale dei concetti, e la sua beatitudine
autentica consiste nella creazione di idee nuove e raffinate. I grandi artisti della Grecia, che
dovevano considerarsi nuovi creatori anche se lavoravano meno per l'intelletto che per i sensi,
cercavano di vincere l'oggetto solido della materia e, se fosse stato possibile, di spiritualizzarlo;
tale loro nobile aspirazione, anche nelle primissime epoche artistiche, ha fornito l'occasione per
il mito della statua di Pigmalione. Dalle loro mani venivano infatti creati gli oggetti del sacro
culto che, per suscitare profondo rispetto, dovevano sembrare immagini ispirate da esseri di natur
superiore. Pigmalione, re di Cipro, secondo la leggenda s’innamorò di una statua d’avorio
raffigurante una donna, secondo alcune versioni scolpita da lui stesso. Egli richiede a Venere
di accordargli una donna che assomigliasse alla statua: la dea esaudì il desiderio infondendo
la vita a quest’ultima.
J. J. Winckelmann, Geschichte der Kunst des Alterthums, 1764
Borromini portò la bizzarria al più alto grado del delirio. Deformò ogni forma, mutilò
frontespizi, rovesciò volute, tagliò angoli, ondulò architravi e cornicioni, e profuse cartocci,
lumache, mensole, zigzag, e meschinità d’ogni sorta. L’architettura borrominesca è
un’architettura alla rovescia. Non è architettura, è una scarabbattoleria d’ebanista
fantastico. E come si portò egli a tanto delirio? Per l’invidia ch’egli ebbe contro il Bernini.
Quell’invidia era sì arrabbiata, che alla fine impazzì, divenne frenetico, e si ammazzò. Per
superar il Bernini, non prese l’unico spediente di far meglio e più correttamente: il secolo
della correzione non era più, era il secolo della corruzione. Onde egli prese il partito di
farsi singolare con l’andar fuori d’ogni regola. Niente di più facile che l’irregolarità:
dall’irregolarità alla singolarità, alla stravaganza, alla frenesia è un passaggio inevitabile.
Il Borromini in architettura, il Bernini in scultura, Pietro da Cortona in pittura, il cavalier
Marini in poesia, sono peste del gusto. Peste ch’ha appestato un gran numero di artisti.
Non v’è male, da cui non si possa trarre del bene. E’ bene veder quelle loro opere e
abbominarle. Servono per sapere quel che non si deve fare. Vanno riguardate come i
delinquenti che soffrono le pene delle loro iniquità per istruzione de’ cagionevoli.
Francesco Milizia, Dizionario delle belle arti del disegno, 1787
In questa storia dell'arte ho già oltrepassato i suoi confini, e malgrado nella riflessione sul suo tramonto
abbia quasi avuto una sensazione simile a colui che, nel descrivere la storia della sua patria,
dovrebbe accennare alla sua distruzione che egli stesso ha vissuto, non ho potuto tuttavia trattenermi
dal seguire la sorte delle opere d'arte fin dove è potuto giungere il mio occhio. Come una donna amata
segue dalla riva del mare con gli occhi piangenti l'amato che si allontana, senza speranza di rivederlo e
crede di vedere l'immagine del suo innamorato anche sulla vela lontana, pure a noi, come alla donna amata,
rimane quasi soltanto un'ombra dell'oggetto dei nostri desideri; ma tanto maggiore è la nostalgia suscitata
da ciò che è perduto, e noi osserviamo le copie degli originali con maggiore attenzione di quanto avremmo
fatto se ne avessimo il pieno possesso. Ci succede spesso come a coloro che vogliono vedere gli spiriti
e credono di vederli, dove non c'è nulla: il nome di antichità è diventato un pregiudizio, ma anche
questo pregiudizio non è privo di vantaggi. Ci si immagini sempre di trovare molto affinché si cerchi molto,
per poi scorgere qualcosa. Fossero stati più poveri, gli antichi avrebbero scritto meglio di arte; nei
loro confronti siamo come eredi mal tacitati; ma noi rivoltiamo ogni pietra, e attraverso le deduzioni di
molti singoli perveniamo almeno a una ipotetica certezza che può diventare più istruttiva delle
notizie lasciateci dagli antichi in eredità, le quali, a parte qualche indicazione saggia, sono
meramente storiche. Non bisogna temere di ricercare la verità anche a svantaggio della propria reputazione,
e alcuni devono sbagliare affinché altri vadano per la strada giusta.
Johann Joachim Winckelmann, Storia dell’arte degli antichi, 1764
“Flaxman sta facendo una serie completa di disegni ispirati
alla Commedia, uno per ogni canto … io cercherò
di mostrarteli non con la mia parzialità, ma nelle parole
del più importante pittore francese qui residente…: prendendo
due o tre disegni ha esclamato che erano
antichi, prendendone altri due o tre, ha detto che non erano
antichi, ma angelesque – non nel senso che erano simili a
Michelangelo, per Dio essi erano soltanto danteschi e
nessuno eccetto Flaxman poteva averli realizzati così; in
breve l’uomo era tutto in estasi e mezzo folle alla loro vista.
Essi sono della misura di mezzo piccolo foglio per scrivere
delineati con semplici linee, senza ombre e trattati con un
bellissimo gusto gotico, in cui il sentimento del poeta e quello
dell’artista s’uniscono”. Ann Flaxman, Lettera a William
Hayley, 1792
John Flaxman, Processione di donne troiane, dalle Coefore di
Eschilo. Incisione di Tommaso Piroli
John Flaxman, L’ineffabile visione, da
La Divina Commedia. Paradiso, canto XXXIII.
Incisione di Tommaso Piroli
Manifattura Wedgewood,
Vaso con Apoteosi di Omero,
1778 ca., Londra British
Museum
1745 Lenormant de Tournehem, zio di Mme de Pompadour, diventa Directeur général des
batiments du Roi
1)Ripristina la gerarchia economica dei generi
2) Istituzione dell’Ecole des élèves protégés. Aperta ai sei allievi distintisi nel Grand Prix de Rome
3) Attività di La Font Saint-Yenne contro il rococò, per il ripristino del grand goût del ‘600
1751 Gli succede il nipote Marigny, fratello della Pompadour, in carica fino al 1774
Linea classicista (1749-50 viaggio con Cochin e J. G. Soufflot in Italia)
Affida a Vien la direzione dell’Accademia di Francia a Roma
1774 Gli succede D’Angiviller che ne prosegue la politica
Salon
Nasce all’interno dell’Académie come esibizione di opere realizzate dagli Accademici
Dal 1664 al 1737 esibizioni irregolari
Dal 1737 esibizioni regolari ogni due anni
Fino alla Rivoluzione francese l’esposizione è ristretta ai membri dell’Accademia sotto il controllo
del Directeur général des Batiments du Roi
1791 Il Salon viene aperto a tutti gli artisti
P. A. Martini, Le Salon de 1785,
incisione
Biografia:
1748 Nasce a Parigi
1766 Entra nell’atelier di Vien
1774 Al quarto tentativo David vince il Prix de Rome con la Malattia di Antioco
1775-80 Soggiorno a Roma, presso l’Accademia di Francia a Palazzo Mancini
1780 San Rocco e gli appestati
1781 Belisario
1783 E’ accolto all’Accademia con l’Andromaca
1784-5 Secondo soggiorno a Roma dove dipinge il Giuramento degli Orazi
1787 La Morte di Socrate
1789 Espone al Salon Gli Amori di Paride e Elena e il Brutus
David assieme a un gruppo di Accademici richiede la rigenerazione delle accademie
1790 Entra nel club giacobino, comincia il Giuramento del jeu de Paume
1791 Il disegno del Giuramento è esposto al Salon
1792 Organizza feste giacobine; è eletto alla Convenzione come membro della Montagna, il gruppo più vicino
ai sanculotti; presa di distanza di David dai giacobini moderati
Su richiesta di David il posto di Direttore dell’Accademia di Francia è soppresso
1793 Marat assassinato; entra al comitato di Sicurezza generale
David vota per la condanna a morte del Re
In Agosto sotto la spinta di un gruppo di artisti capeggiati da David viene proclamata la soppressione delle
Accademie francesi
1794 Presidente della Convenzione; Caduta di Robespierre (9 termidoro); arresto di David (2 agosto),
liberazione (28 dicembre)
1795 (maggio-agosto) seconda incarcerazione
1795-9 Sabine
1800 David nominato da Napoleone Pittore del Governo, ma rifiuta
1801 Napoleone sul Gran San Bernardo
1805-9 L’incoronazione di Napoleone
1809 Saffo e Faone
1814 Finisce il Leonida; il 31 marzo la coalizione antifrancese (Inghilterra, Prussia, Russia, Austria, Svezia)
entra a Parigi; Napoleone abdica, esilio all’Isola d’Elba, prima Restaurazione di Luigi XVIII
1815 20 marzo Napoleone ritorna dall’Isola d’Elba dando inizio ai Cento Giorni; David gli resta fedele
1816 Proscritto come regicida dal governo di Luigi XVIII, D. si trasferisce a Bruxelles
1817 Cupido e Psiche per il conte Sommariva
1821-4 Marte e Venere
1826 Morte
J.L. David, Giove e Antiope (Satiro e Ninfa), Sens, Musée Municipal
J.L. David, Marte e Minerva, Paris, Musée du Louvre, 1771
J. L. David, Autobiographie, 1808
Qualche successo nel cattivo genere di pittura allora in voga, e degli elogi inopportuni di alcuni professori che
mi raccomandavano fortemente di non cambiare la mia maniera e di non fare come alcuni pittori che per
averne voluto prendere un’altra, erano ritornati a Roma peggiori di quanto lo fossero prima della partenza,
mi rafforzavano nella decisione di conservare la mia, ma ahimè coloro che mi davano consigli così cattivi
avevano mal visto l’Italia, perché appena fui a Parma, guardando le opere di Correggio, ero già scosso; a
Bologna cominciai a fare tristi riflessioni, a Firenze fui convinto della mia ignoranza, ma a Roma ne ebbi
vergogna. Confuso da tutte queste bellezze che mi circondavano non sapevo su quali di esse fissarmi.
Ero ancora instabile, il Cortona ahimè, lo dirò, aveva ancora un ascendente su di me. Feci qualche schizzo
da sue opere, il che durò poco; i miei giri nei musei, nelle gallerie m’aprirono gli occhi, quando la Colonna
Traiana]non fissò totalmente la mia irresolutezza; feci portare nel mio atelier molti di questi bassorilievi.
Passai sei mesi a copiarli. Cominciai allora a saper dirigere i miei studi, dimenticai a poco a poco le cattive
forme francesi che continuamente uscivano dalla mia mano, ciò che facevo cominciava a prendere un
carattere antico: perché è a questo che m’applicai principalmente.
Variavo il mio lavoro, disegnavo da Domenichino, Michelangelo e soprattutto Raffaello.
Raffaello, uomo divino! Sei tu che per gradi m’hai innalzato sino all’antico! Sei un pittore sublime!
Fra i moderni sei tu che maggiormente ti sei più avvicinato a questi inimitabili modelli. Sei tu stesso,
che mi hai fatto accorgere che l’antico era ancora al di sopra di te! Sei tu, pittore sensibile e benefico,
che ha posto la mia sedia dinanzi ai resti sublimi dell’antichità. Sono le tue pitture dotte e piene di grazia che
me ne hanno fatto scoprire le bellezze. Così a distanza di 300 anni, come premio al mio entusiasmo per te,
degnati o Raffaello di riconoscermi ancora come uno dei tuoi allievi. […] Sei tu che mi ponesti nella scuola
dell’antico; quanti ringraziamenti ti devo, quale grande maestro mi hai dato, perciò io non lo
allontanerò dalla mia vita.
22 luglio-20 agosto 1779 Visita a Napoli assieme a A. C.
Quatremère de Quincy
David alla conclusione del viaggio dichiara di essersi
“operato di cataratta”
J. L. David,
San Rocco intercede
presso la Madonna
per gli appestati, 1780,
Marseille, Musée des
Beaux-Arts
Dipinto per la cappella
del Lazaretto di Marsiglia,
eseguito a Roma
“Ogni giorno lo vedo e
ogni giorno credo di
vederlo per la prima volta”
Denis Diderot, Salon de 1781
J. L. David, Belisario, 1781, Lille, Musée des Beaux Arts
N. Poussin,
Martirio di S. Erasmo,
1628, Roma, Pinacoteca
Vaticana
N. Poussin, Mosé salvato
dalle acque, 1647, Paris
Musée du Louvre
N. Poussin, Paesaggio con i funerali di Focione, 1648 Cardiff, National
Museum of Wales
Jacques-Louis David, Il giuramento degli Orazi, 1784, Paris, Musée du Louvre
Avis important d’une femme sur le Salon de 1785
“E’ ben più dolce all’occhio come alla mano percorrere un
oggetto in tutta la sua estensione, senza incontrarvi delle
asperità, dei buchi che la arrestino, la
allontanino e la facciano saltare; la sua
sensibilità vuole essere condotta
mollemente e percorrere senza pena
tutte le parti della catena di una
composizione. Ecco perché si esige
con ragione in ogni soggetto una serie
stretta e progressiva di corpi, delle luci
e dei passaggi di colore; di
conseguenza, il dipinto di David è
scorretto; esso presenta tre gruppi
su tre piani poco distinti;
il gruppo dei fratelli, poi un
buco; il vecchio Orazio, poi
un buco,e infine il gruppo delle donne,
le sole che conservano tra di loro
quell’incatenamento graduato comandato
dall’esempio e dai precetti
dei grandi maestri”
Jacques-Louis David, Il giuramento degli Orazi, 1784, Paris, Musée du Louvre
J. L. David, Orazio vincitore rientra a Roma e uccide la sorella Camilla, 1781, disegno, matita nera e penna,
Vienna Graphische Sammlung Albertina
Libero adattamento della
scena finale dell’Horace
di Corneille
J.-L- David, Il vecchio Orazio che difende suo figlio,
1782-3,disegno, matita nera e penna, su carta, Paris,
Musée du Louvre
J.L. David, studio per il Giuramento degli Orazi, matita, penna, inchiostro su carta, Parigi
École Nationale des Beaux-arts
Disegno preliminare per il Giuramento degli Orazi, Penna, inchiostro, acquerello
Lille, Musée des Beaux-Arts
J. L. David, Il giuramento degli Orazi, bozzetto, Paris, Musée du Louvre
Heinrich Fussli,
Il giuramento del Rüttli,
1780, Olio su tela
Zurigo Kunsthaus
L’opera celebra l’antico patto
stabilito nel 1291 dai rappresentanti
di tre cantoni elvetici di liberarsi
dalla tirannide austriaca. Da tale
evento si faceva risalire la
nascita della Confederazione
elvetica
Bruto giura di
vendicare Lucrezia,
sua parente, violetata dal figlio di Tarquinio il Superbo. Fonderà la Repubblica romana
Gavin Hamilton, Il giuramento di Bruto, 1760 circa
Jacques-Antoine Beaufort, studio per il Giuramento di Bruto, 1769 olio su tela, collezione privata
D. Cunego, incisione da G. Hamilton, Giuramento di Bruto, 1767
Nicolas Poussin, La morte di Germanico, 1627 ca.,
Minneapolis Institute of Art
J. L. David, Disegno di una Conclamatio romana,
1777 ca., Paris, Louvre
J. L. David, La Morte di Socrate, 1787, New York, Metropolitan Museum of Art
J. L. David, I littori riportano a Bruto il corpo di suo figlio, 1789, Paris, Musée du Louvre
Il dipinto fu in parte finanziato dal club giacobino;
il cartone fu esposto nel suo atelier nel 1791 e poi al
Salon. D. abbandonò il progetto perché, a causa del
radicalizzarsi della Rivoluzione, poteva apparire
sospetto.
Il 20 giugno 1789 i membri del Terzo stato
si riuniscono nella Sala della Pallacorda di
Versailles e giurano solennemente di non
separarsi fino alla promulgazione di una nuova
Costituzione
J. L. David,Rappresentante del Popolo
Disegno a penna e acquerello,1794
Paris, Musée Carnevalet
“Crudele come la Natura,
questo quadro ha tutto il profumo
dell’Ideale. Che bruttezza era dunque
questa, che la Santa Morte ha saputo
cancellare così presto, solo sfiorandola
con la sua ala ?Marat può ormai sfidare
l’Apollo; la Morte lo ha appena
sfiorato con le sue labbra amorose
ed egli già riposa nella calma
della sua metamorfosi. C’è in
quest’opera qualcosa di tenero,
e, al tempo stesso di straziante;
nell’aria fredda di questa stanza, su
questi muri freddi,attorno a questa fredda
e funebre vasca da bagno, volteggia
un’anima”
C. Baudelaire, Salon de 1846
J.L. David, Marat assassinato,1793, Bruxelles, Musées Royaux
Anonimo, Esposizione del corpo di Marat alla chiesa dei cordeliers 15 giugno 1793, Paris,
Musée Carnevalet
J. L. David, Les Sabine, 1799, Paris, Musée du Louvre
I Sabini cercano di riprendersi le loro donne rapite dai romani, ne nasce una contesa che vede
protagonisti Romolo e Tazio. Le donne sabine, Ersilia in primo piano, con i figli nati dalla loro
unione con i romani, interrompono la lotta.
“Il maestro, sul punto di incominciare le Sabine e sentendosi più che mai attratto dal gusto delle opere antiche
era giunto a limitare a tal punto l’ammirazione per le opere moderne, da proporsi come modello le opere
greche ritenute dell’epoca di Fidia. Tra i bassorilievi, egli ricercava quelli il cui stile era il più antico;
altrettanto faceva con le medaglie, e vantava in modo particolare la naturalezza e l’eleganza del tratto
delle figure dipinte sui vasi detti
etruschi. Si sa ciò che capita in
una scuola: le opinioni del
maestro, esagerate dagli allievi,
anche i più intelligenti, sono
spesso snaturate dai sempliciotti
E’ ciò che accadde nella scuola
di David, in quest’occasione,
dopo che egli ebbe detto a
proposito del suo progetto
relativo alle Sabine: “Forse
ho mostrato troppa anatomia ne
mio quadro degli Orazi; in
questo delle Sabine, la
nasconderò con più cura e più
gusto. Questo quadro sarà più
greco”.
Jacques-Louis David, Le Sabine, 1799, Paris, Musée du Louvre
Etienne-Jules Delécluze,
David, son école et son temps,
Paris, 1855
J. L. David, Napoleone varca le Alpi,
1801, Rueil Malmaison, Musée National
J.-L. David, Consacrazione
di Napoleone, 1805-7
Louvre
480 a.C. tra
Spartani e Persiani
Gli spatani si votano
a morte per permettere
agli alleati di difendere
Sparta
J. L. David, Leonida alle Termopili, Paris, Musée du Louvre
Opera cominciata forse nel 1798, abbandonata nel 1800, ripresa nel 1811 e conclusa nel ‘14
Opera commissionata dal conte Sommariva, uno dei più importanti collezionisti dell’epoca, amante di opere a soggetto
erotico-mitologico
J. L. David, Amore e Psiche, 1817, Cleveland, Cleveland Museum of Art
J. L. David, Marte disarmato da
Venere e dalle Grazie, 1824,
Bruxelles, Musées Royaux des
Beaux-Arts