Flondar 1917 - Pico Cavalieri
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Flondar 1917 - Pico Cavalieri
Flondar 1917 Bruno Pisa 425a compagnia mitragliatrici Comune di Ferrara Documentazione Storica Ass. Ricerche Storiche “Pico Cavalieri”- Ferrara 1 -2- Flondar 1917 Bruno Pisa 425a compagnia mitragliatrici a cura di Stefano Chierici In collaborazione con Enrico Trevisani Comune di Ferrara Documentazione Storica Associazione Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” Ferrara -3- Distintivo in tessuto per mitragliere S. Etienne Distintivo in tessuto per mitragliere Distintivo in tessuto per berretto di ufficiale mitragliere -4- PREMESSA Per il secondo anno consecutivo, nel corso delle manifestazioni celebrative del 4 Novembre, viene presentata una pubblicazione dedicata ad un Caduto ferrarese. Alla monografia su Dante Tumaini, realizzata lo scorso anno, fa ora seguito la biografia del Sottotenente Bruno Pisa (1897 – 1917), studente di giurisprudenza la cui vita fu crudelemente spezzata in battaglia. Anche in questo frangente riteniamo che bene si presti una considerazione già da noi esposta nella nota introduttiva al precedente opuscolo: “Proiettati all’interno di una conflagrazione di immani dimensioni, gli episodi individuali offrono la percezione di microcosmi costantemente densi di incognite”. Il toccante sacrificio di Bruno Pisa (esponente di una prestigiosa famiglia ferrarese) viene qui descritto attraverso i documenti di un interessante fondo archivistico conservato presso l’Associazione di Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” di Ferrara che, da alcuni anni, svolge una fruttuosa opera di collaborazione con il Centro di Documentazione Storica del Comune di Ferrara, soprattutto sulle tematiche legate alla Grande Guerra. I durissimi combattimenti dell’agosto 1917, sintetizzati al termine dell’opera biografica, contribuiscono a contestualizzare la più ampia e tragica realtà di guerra nella quale venne coinvolto questo giovane militare ferrarese. Confidiamo vivamente che la storia di vita di Bruno Pisa possa offrire alle nuove generazioni spunti per una nuova e consasapevole cultura di pace. Gian Paolo Borghi Centro di Documentazione Storica del Comune di Ferrara -5- L’undicesima battaglia: schieramento italiano il 10 agosto 1917 -6- Bruno Pisa Il fondo Bruno Pisa, che trova collocazione negli archivi della Associazione di Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” di Ferrara, è costituito da molteplici documenti e quotidiani tra cui una fitta corrispondenza intercorsa tra il padre, i colleghi ufficiali e i parenti di Bruno Pisa nel periodo immediatamente successivo alla sua morte. Tra i documenti sono purtroppo presenti solamente alcune lettere scritte da Bruno Pisa; il fondo risulta comunque di notevole interesse storico in quanto permette di comprendere pienamente il carattere, gli ideali della persona e gli avvenimenti che lo hanno condotto alla morte. Il fondo comprende inoltre alcuni negativi e fotografie inedite, la medaglia d’argento al valore militare, i documenti relativi alla concessione della medaglia d’argento e della Croce al Merito di Guerra a Bruno Pisa e della medaglia di gratitudine nazionale alla madre. La lettura dei documenti e dei quotidiani appartenenti al fondo non solo permette di seguire passo a passo fino Bruno Pisa bambino nella casa di famiglia -7- agli anni ’20 la tragedia della famiglia per la morte del giovane Pisa, ma presenta il quadro delle relazioni di parentela e amicizia che legavano la famiglia Pisa ad alcune delle famiglie più influenti e facoltose citate spesso nella storia ferrarese. Possiamo ricordare tra queste la famiglia Ravenna, la famiglia Minerbi, la famiglia Hirsch, la famiglia Finzi e il noto ingegnere ed urbanista Ciro Contini. Bruno Pisa (Sottotenente nella 425a compagnia mitragliatrici del gruppo mitragliatrici divisionali, 28a Divisione, XIII° C. d’Armata, IIIa armata) nato a Ferrara il 29 Ottobre 1897 e studente della facoltà di giurisprudenza di Al Corso Allievi Ufficiali a Caserta -8- Ferrara, era uno dei quattro figli di Luigi Pisa (industriale in articoli in ferro con depositi a Ferrara e Bologna), e Graziella Pisa-Ravenna. La famiglia, formata da padre, madre e dai figli Bruno, Gilberto, Manlio e Vittorina Pisa risiedeva in Ferrara a palazzo Mosti in Corso Vittorio Emanuele 37 (oggi Corso Ercole I d’Este), l’attuale sede della facoltà di Giurisprudenza. Dei tre figli maschi anche Gilberto era militare durante la prima guerra mondiale, come soldato di artiglieria da montagna. Durante una pausa al Corso Allievi Ufficiali La lettera più significativa e che permette di comprendere lo stato d’animo, i pensieri e gli ideali è quella scritta da Bruno Pisa al Sottotenente Pietro Pisa (Ospedale da campo 0102, 27a -9- Divisione, Ia Armata) il 14 settembre 1916 alla vigilia della sua partenza per la Scuola Allievi ufficiali di Caserta. Nella parte finale dello scritto, dopo il resoconto della vacanza dello scrivente, è possibile comprendere le motivazioni che spingono Bruno Pisa ad inoltrare i documenti per i corsi allievi ufficiali, in contrasto con la famiglia che lo sollecitava ad arruolarsi come volontario di artiglieria, condizione militare ritenuta più sicura della fanteria. Corso Allievi Ufficiali a Caserta Dalle sue parole traspare chiaramente il senso del dovere e gli ideali di giovane studente che non desidera la guerra e i dolori che può provocare alla sua famiglia, ma che sente di non potersene sottrarre: ”… la mia coscienza mi diceva che incontro -10- a qualsiasi pericolo o dolore io fossi andato, quello era il mio dovere e non potevo venire a transazioni o a mezze vie. La Patria domandava che chi ha una certa cultura si offra come allievo ufficiale, ed io mi sono offerto. Gli studenti di legge vanno in fanteria ed io andrò in fanteria.”. Il 1° Ottobre 1916 Bruno Pisa entrò nella scuola allievi ufficiali di Caserta da cui ne uscì con il grado di aspirante ufficiale il 10 marzo 1917 e fu assegnato al 49° Reggimento Fanteria fino al 20 maggio 1917. Con la nomina a sottotenente fu destinato alla 425a compagnia mitragliatrici del gruppo compagnie mitragliatrici divisionali della 28a divisione con sede a Ronchi di Monfalcone. Tra le cartoline in franchigia appartenenti al fondo sono da segnalare quelle inviate dalla zona di guerra il 23 luglio 1917 dal tenente Arturo Minerbi a Luigi Pisa (padre di Bruno) per informarlo del buono stato di salute del figlio, incontrato a Ronchi, dove la 425a cmp. svolge servizio contraereo con mitragliatrici S. Etienne (fornite all’esercito italiano dalla Francia) e quella inviata dalla zona di guerra il 16 agosto 1917 (quindi dalla prima linea per l’undicesima battaglia dell’Isonzo) dal cap. Giuseppe Brocchi comandante la 425a compagnia mitragliatrici a Luigi Pisa per ringraziarlo del biglietto di elogio ricevuto per aver inoltrato al comando di divisione la domanda di promozione di Bruno. Mostrine per mitraglieri (St.Etienne: blu e bianco, Fiat: rosso e bianco) -11- L’ultima corrispondenza intercorsa tra Bruno Pisa e la famiglia è costituita dalla cartolina postale spedita dal padre il giorno 21 agosto, il giorno precedente la morte di Bruno. La cartolina riporta anche l’indirizzo in zona di guerra cancellato da righe rosse e una sovrascritta “morto” sempre in rosso. Dal testo si capisce che in una precedente lettera di Bruno erano contenute esortazioni alla famiglia a mantenersi serena nonostante l’inizio delle operazioni della undicesima battaglia dell’Isonzo: “Ricevo la tua del 18: è il giorno in cui si è iniziata la nostra grandiosa azione che deve riuscire una delle nostre più gloriose pagine militari - .. tutti i nostri auguri al nostro grande esercito!. Leggo con piacere le tue esortazioni alla calma e le prendo alla lettera fiducioso nella tua notoria sincerità. Mi meraviglia che dopo il nostro incontro tu sia rimasto senza nostre notizie, scrivo regolarmente tutti i giorni e vi deve essere un difetto di funzionamento presso le poste divisionali. …”. La lettera termina riportando alcune notizie ricevute il 20 Bruno Pisa Aspirante Ufficiale -12- agosto sulla buona salute e sull’appetito di Gilberto Pisa impegnato nell’istruzione delle truppe. Gli avvenimenti che portarono alla morte di Bruno Pisa ci vengono spiegati in una lettera scritta dal ten. Gino Cavalieri, ufficiale presso il comando della 28a divisione indirizzata all’amico avv. Felice Ravenna, zio di Bruno Pisa presumibilmente (manca la data) negli ultimi giorni d’agosto. Lo scritto riporta in dettaglio gli avvenimenti del 21 e 22 agosto e consente di capire l’esatto svolgersi dei fatti precedenti e seguenti la morte: “… nei giorni precedenti alla morte il povero Bruno appartenne sempre alla 425a comp. e non mutò di comp. finchè non vi era azione (il testo viene riportato senza modifiche) effettivamente la sua comp. aveva qui (Ronchi di Monfalcone) un servizio antiaereo ed egli vi era partecipe. Il 16 e il 17 che precedettero la partenza per la linea Bruno era allegro e calmissimo. Le due sere suddette ci radunammo fra amici alla sede della comp. brindando alla vittoria. La sera del 17 egli si portò ad una quota diversa dalla quota ove io mi recai per il combattimento, la mia essendo più dominante, la sua più a valle. Il 18 vi fu azione prevalente di artiglieria e fummo tutti battutissimi da tiri violenti. Anche la sua comp. ebbe perdite. Bruno si era separato da me con un bacio ed un ricordo a Ferrara. Il 19, il 20 e il 21 la comp. fu quasi di riserva; il 21 si portò più avanti e partecipò a(l) combattimento d’arme propria.Vi fu qualche perdita dolorosa fra cui quella del com.te la 419a ten. Pistilli. Bruno era tranquillo e sereno. Il 22 alle II ricevette la posta in linea e ne parve contento. Così mi ha riferito il capitano. Verso le 13 la sua comp. fu comandata a rinforzare le truppe di assalto di una quota contestata. Doveva attraversare in pieno giorno e sotto intensissimo fuoco (una) zona scoperta. Bruno alla testa dei suoi compiè sereno e benone il tragitto. Giunto al luogo di -13- assegnazione la sua sezione fu investita da raffiche violente. Allora egli tranquillissimo volle sporgersi dalla trincea per vedere come andava il proprio tiro e per regolarsi sulla provenienza del tiro nemico. Fu così che cadde, immediatamente, colpito a morte. La rivoltella che teneva in mano pure gli fu spezzata da una scheggia di proiettile tanto che una mano era sanguinante, ma già la pallottola di mitragliatrice austriaca lo aveva ucciso”. “…. Ella può immaginare la difficoltà del recupero. Perché il povero Bruno morì all’assalto in quota appena occupata dai nostri sotto fuoco micidialissimo. Furon dei suoi pietosi soldati che portaron la salma alquanto indietro anche sperando sul momento che il loro ufficiale fosse solo ferito. Invece morì senza soffrire sul colpo per pallottola di mitragliatrice al cuore. Fu adagiato nel camminamento e lasciato là. Saputo della sua morte, addoloratissimo, sapendo anche del bene che il suo capitano gli voleva mandai ad avvertire che volevo assolutamente che il cadavere “a qualunque costo” fosse portato in paese per il seppellimento. Che avrei inviato cassa e portaferiti. Il capitano mi fece sapere che avrebbe esaudito il mio desiderio ma che i camminamenti erano affollati e il trasporto pericoloso ed in zona scoperta. Replicai che si poteva eseguire di notte e che mandavo per il recupero. Ottenni in tal modo il ritorno….”. Bruno Pisa venne seppellito nel cimitero di Ronchi di Monfalcone. La lettera prosegue fornendo alcune informazioni sull’attendente di Bruno, definita persona non meritevole e che “non si portò bene” in combattimento. Preziose sono le notizie e le fotografie relative alla sepoltura di Bruno nel cimitero di Ronchi, e alle pratiche molto complesse affinché la famiglia potesse ottenerne l’esumazione e il trasferimento in altra località. -14- La lettera scritta dal capitano Brocche (comandante la compagnia di Bruno) da quota 145 il 24 agosto al ten. Cavalieri ci permette anche di sapere l’iscrizione presente sulla tomba di Bruno Pisa: “questo tumulo provvisorio racchiude la salma gloriosa del sottotenente mitragliere Bruno Pisa di Luigi da Ferrara che immolò diciannovenne la giovane vita per una più grande Italia sulle alture di Flondar il 22 agosto 1917. 29 Ottobre 1917”. Altre lettere scritte nel mese di settembre sempre dal ten. Gino Cavalieri all’avv. Felice Ravenna, contengono i dettagli relativi al viaggio a Ronchi dell’avv. Ravenna e di Luigi Pisa per ottenere i documenti e il necessario all’esumazione della salma e al trasporto in altro cimitero. Tra i problemi più rilevanti del viaggio a Ronchi il tenente Cavalieri presenta quelli relativi al percorso Cervignano-Ronchi; durante la guerra era previsto solamente un treno al giorno, e i 15 km. potevano essere percorsi solamente a piedi o su un mezzo militare, non essendo disponibile alcun mezzo di trasporto civile. Nel mese di ottobre 1917 Luigi Pisa e l’avv. Ravenna compiono il viaggio a Ronchi per l’esumazione, la posa del corpo all’interno della cassa di zinco (necessaria per il trasporto nel cimitero israelitico di Ferrara) e la successiva inumazione in attesa dei permessi necessari alla traslazione. Le molteplici lettere di condoglianze e di disponibilità ad occuparsi della sepoltura di Bruno Pisa pervenute ai Pisa da amici e parenti, consentono al lettore di capire quanto fosse forte in queste persone il desiderio di alleviare le sofferenze della famiglia; tra queste è possibile citare quella di Giorgio Pisa (cugino di Luigi e sergente di sussistenza presso la XIIa -15- Divisione), oppure quella scritta da Gino Ravenna (Ambulanza chirurgica d’Armata n° 6) all’avv. Felice Ravenna, che in data 1 settembre scrivono dalla zona di guerra. Il 30 agosto perviene a Luigi Pisa un biglietto molto commovente di condoglianze del ten. Provenzali dell’VIII° Corpo d’Armata reparto allievi ufficiali, amico di Bruno, che scrive dalla zona di guerra. Bruno Pisa (il primo da destra) al Corso Allievi Ufficiali Sempre il 30 agosto 1917 Il Rettore dell’Università di Ferrara comunica a Luigi Pisa che al figlio verrà conferita la laurea ad honorem. -16- Sul Vessillo Israelitico, rivista bimensile, datata 15-31 agosto 1917, viene tracciata la figura di Bruno Pisa come “....appena ventenne, e forse non ancora, aveva troncati, a mezzo, alla nostra Università, gli studi di legge, per rispondere all’appello della Patria e lo aveva fatto con schietto e giovanile entusiasmo noncurando di cercare…. Comode vie di scampo, come forse avrebbe potuto fare: la sua fede …. era assoluta …. Il 10 dicembre 1917 viene conferita a Bruno Pisa e ad altri studenti di giurisprudenza morti al fronte, la laurea ad honorem; anche in questa occasione, nelle poche righe che accompagnano la notizia sulla Gazzetta Ferrarese dell’11 dicembre 1917, vengono esaltate le sue doti di tenacia e volontà. Un documento che porta il lettore a riflettere non solo sugli avvenimenti della guerra, ma anche su quelli successivi, è il giornale Il fascio datato 25 agosto 1918 e indirizzato ad un personaggio ferrarese molto noto, il ten. Italo Balbo, 7° Regg. Alpini, Batt. Pieve di Cadore – Reparto Arditi – Zona di Guerra, in cui compare un articolo scritto dallo stesso Balbo, per commemorare la morte dell’amico Bruno Pisa, di cui sottolinea la fede, l’orgoglio e l’ideale mazziniano. Nel documento di commemorazione letto al Circolo ferrarese di Cultura Israelitica il 22 ottobre 1919, viene presentato Bruno Pisa come “… l’Ebreo orfano dell’Idea di Divinità. Per Lui questa idea si era disciolta in tanti dei suoi elementi, di cui ognuno stava per sé stesso: famiglia, Patria, amicizia, dovere – e che Egli, intendendo potenti in sé, chiamava istinto….”. -17- Il 13 ottobre 1918 il Ministero della Guerra conferisce a Bruno Pisa la medaglia d’argento al valore militare, e il 3 marzo 1920 la Croce al merito di guerra. Fino al termine della guerra e ancora per tutti gli anni ’20, la famiglia Pisa fece molte donazioni, in particolare al Comitato di Preparazione e Organizzazione Civile di Ferrara, al Patronato provinciale per gli orfani dei contadini ferraresi morti in guerra e all’Opera Pia degli Ospizi Marini e Montani (Ospizio Ferrarese di Lizzano Belvedere). Il 4 settembre 1918 tramite le Opere Federate di Assistenza e Propaganda, vennero assegnate dalla famiglia Pisa tre cartelle di prestito, di lire 100 cadauna, a tre militari meritevoli, della sezione comandata da Bruno Pisa: Filippo Spirito, Girolamo Panarello e Angelo Balcerini. I resti mortali del Sottotenente Bruno Pisa, dopo la traslazione avvenuta al termine della guerra dal cimitero di Ronchi di Monfalcone, riposano presso il cimitero Israelitico di Ferrara nella tomba di famiglia. Mostrina per mitraglieri di reparto autonomo divisionale mitraglieri Fiat (blu, rosso e bianco) -18- Lettera apparsa sul giornale “il Fascio” di Ferrara del 25 agosto 1918 scritta dal ten. Italo Balbo -19- -20- -21- La 28a Divisione e i combattimenti dell’agosto 1917 (Undicesima battaglia dell’Isonzo) Il 15 luglio 1917 il gen. Cadorna (Comandante Supremo dell’esercito italiano) fissò per il mese successivo l’inizio della nuova offensiva, che avendo come teatro principale la zona del medio e basso corso del fiume Isonzo e la zona carsica, prese il nome di undicesima battaglia dell’Isonzo. Gli obiettivi principali individuati furono i seguenti: - attacco risolutivo: alla testa di ponte di Tolmino, lungo il fronte del medio e basso Isonzo e sull’altopiano della Bainsizza; - attacco sull’intero fronte carsico tendente alla conquista della linea monte Stol-Trstelj, linea Voiscica-Krapenka-SeloBrestovica, conquista del monte Hermada. La IIIa armata disponeva per l’attacco di 6 Corpi d’armata, di cui il XIII° Corpo d’Armata (gen. Sailer) nella zona di Monfalcone e del monte Hermada. Lungo il fronte isontino era schierata anche la IIa armata, che con la IIIa formava un colosso di ben 608 battaglioni, circa i due terzi dell’intero esercito italiano. Il XIII° Corpo d’Armata era composto dalle seguenti unità: - 33a Divisione di fanteria: brt. Mantova e Padova; - 28a Divisione di fanteria (magg. gen. Parola): IIa brt. (Brigata) Bersaglieri e brt. Murge; - 34a Divisione di fanteria: brt. Salerno e Catanzaro; - 45a Divisione di fanteria, a disposizione dell’Armata nella zona di Villa Vicentina: brt. Toscana e Arezzo. -22- - Alle dirette dipendenze del XIII° Corpo d’armata: XXVIIIa brt. di marcia, I° gruppo sqn. cav. Piamente Reale. Il 18 agosto iniziò l’azione dell’undicesima battaglia dell’isonzo. L’obiettivo monte Hermada fu assegnato al XIII° Corpo d’Armata. Secondo i piani la sua conquista prevedeva un’azione da svolgersi in due tempi: dapprima occupazione delle quote 247, 208, 199, 165 e dell’abitato di Duino; quindi avvolgimento da sud del bastione montuoso. Alle ore 5 e 33 minuti il XIII° Corpo d’Armata assaltò la posizione Flondar. Nel giro di pochi minuti l’intero altipiano carsico si trasformò nuovamente in un inferno. Ovunque gli avversari si incunearono nelle opposte posizioni. Medaglia al Valor Militare Dalla Punta Sdobba pesanti cannoni da marina italiani concessa a Bruno Pisa colpivano inesorabilmente il settore meridionale del fronte: l’Hermada e le vie di comunicazione Il 19 gli italiani attaccarono l’Hermada che si ergeva davanti a loro; il XIII° Corpo d’Armata si portò sotto Medeazza e alle porte di San Giovanni. Gli austriaci si -23- difesero accanitamente e fino a sera gli attacchi non cessarono. Reggimenti su reggimenti di fanti si lanciarono contro la posizione del Flondar, lottando con rabbiosa tenacia per pochi metri di terreno fra i due tunnel ferroviari di S. Giovanni. A quota 146/147, un punto oggi del confine italo-slavo, gli austriaci riuscirono in parte a resistere. Alcune caverne furono prese dagli italiani; il ten. Col. Franek al comando di un’unità austriaca tornò al contrattacco e liberò alcuni prigionieri austriaci rinchiusi nelle caverne, per poi cedere Carta topografica della zona del fronte carsico -24- nuovamente il terreno conquistato. La Brigata Murge ricevette l’ordine di spostarsi gradualmente in avanti su quota 100 per occupare le trincee presidiate dalla IIa Brigata bersaglieri che si spostò su quota 130. Il 259° conquistò la quota 145, ma la posizione presa dal fuoco d’infilata dovette essere abbandonata. I fanti della Brigata Murge ripiegarono su quota 130 rafforzandola. La IIa Brigata bersaglieri iniziò l’azione, un nutrito tiro nemico e un incendio sui rovesci di quota 100 provocarono molte perdite, venne ferito anche il comandante del 7° Reggimento. Il XXXIII° batt. conquistò quota 130 e proseguì su quota 145; il X batt. si impadronì del Flondar e concorse all’attacco di quota 145; il VII° e XXXIX° batt. inviati di rincalzo per sostenere l’azione furono obbligati dal fuoco nemico a sostare su quota 130; mentre il X° e XLIV° furono costretti a ripiegare. Nel pomeriggio l’11° Reggimento rinforzato da un battaglione della Murge rinnovò l’attacco. All’alba del 20 agosto gli italiani rinnovarono gli attacchi. Nel terreno antistante l’Hermada il combattimento divampò feroce tra le linee difensive. All’urto italiano gli austriaci risposero con un arretramento che a tratti raggiunse i 2 km. Le truppe delle Brigate Padova e Murge (28a Divisione) in zona Flondar riconquistarono le quote 146 e 145 nord; gli austriaci replicarono immediatamente con un contrattacco. Infine gli italiani sfondarono la linea a.u. e la oltrepassarono, ma alle loro spalle l’altura a quota 146 non era ancora “sgombra” da nidi di resistenza austriaca. Così descrive questi attacchi la Relazione Ufficiale austriaca: “gli italiani attaccarono -25- con il coraggio della disperazione… ed invero essi non lasciarono intentata alcun mezzo per ottenere il loro scopo…”. Per la IIa Brigata bersaglieri la lotta si svolse con alterne vicende su quota 145 e nel pomeriggio venne occupata la selletta del Flondar Alle 8 di mattino del 20 agosto il generale Cadorna interviene per ammonire il comando della IIIa Armata, dando istruzioni di proseguire l’azione solamente qualora si profilino concreti successi. L’azione contro l’Hermada continuò per tutto il giorno e la mattina del giorno successivo. Il terreno conquistato quel giorno dagli italiani si rivelò di modeste proporzioni; fatta eccezione per il settore meridionale l’attacco italiano si era bloccato. Le tre divisioni impiegate per il raggiungimento di questo obiettivo riuscirono ad ottenere risultati positivi nella zona del Flondar, con l’occupazione del villaggio di Medeazza, ma furono quasi subito annullati da violenti contrattacchi nemici; la linea italiana si attestò, quindi, ad un centinaio di metri dall’abitato di San Giovanni di Duino. Gli attacchi del 20 agosto rinnovati su tutto il fronte, non ottennero risultati di rilievo, se non per la Brigata Lazio con l’occupazione di quota 241 a nord-est di Selo e per le Brigate Padova e Murge. Il 21 agosto le truppe italiane furono di nuovo all’attacco. Presso il XIII° Corpo, dopo un iniziale successo, la Brigata Mantova fu imbrigliata nel vallone di Brestovica dal fuoco dell’artiglieria austro-ungarica proveniente dal monte Hermata, mentre il resto della 33a Divisione non riuscì a procedere lungo la propria direttice di attacco. Fu gettata -26- anche la 45a Divisione nell’inferno della battaglia per tentare di avvolgere il monte Hermada, ma anche questa volta tutto fu vano. La Brigata Murge riprese la sua avanzata occupando la quota 175, mentre i reparti della 33a div. si affermarono su quota 146 bis, ma un violento contrattacco costrinse i fanti a ripiegare. Il nemico occupò la quota 146 dilagando nella selletta del Flondar e minacciando anche quota 130 con l’intento di rioccupare la vecchia linea, tagliando la ritirata alle truppe italiane. Il pronto intervento della brt. ristabilì la situazione, i fanti di slancio occuparono anche quota 175, ma incuneatisi troppo nelle linee avversarie dovettero ripiegare su quota 145. In serata i reparti del 260°, approfittando dell’incertezza e della stanchezza nemica si lanciarono nuovamente su quota 175 occupandola di sorpresa. Il generale Cadorna, recatosi alle ore 16 al comando della IIIa Armata sul monte S. Michele, ordinò di sospendere la battaglia, ma nonostante le precise istruzioni la necessità di operare il consolidamento delle posizioni raggiunte fece proseguire i combattimenti. Nella galleria ferroviaria di quota 40 i fanti italiani catturarono circa 200 prigionieri. Alle ore 22.00 il Comando Supremo considerò conclusa la prima fase dell’offensiva. Il giorno seguente (22 agosto) gli attacchi italiani verso l’Hermada non cessarono, ma la difficoltà di mantenere il fronte raggiunto si manifestò in modo preoccupante. Si effettuarono ancora attacchi locali per consolidare le posizioni raggiunte soprattutto sull’altura di Flondar davanti -27- all’Hermada dove i reiterati tentativi di stabilirsi definitivamente fallirono uno dopo l’altro. La sera del 23 agosto il fuoco dell’artiglieria cessò d’improvviso. La Brigata Murge perse in queste azioni 44 ufficiali e 1.612 uomini. Nella notte fra il 23 ed il 24 agosto venne sostituita trasferendosi a Robbia. Il 24 la IIa Brigata bersaglieri si trasferì fra San Paolo e Pieris. Perdite, 37 ufficiali e 2.500 uomini. Il monte Hermada Il monte Hermada, dall’apparenza insignificante, per chi osserva la carta topografica ai giorni nostri, era in guerra un pilastro di importanza fondamentale del fronte isontino, in quanto bloccava la via di accesso alla città di Trieste, obbiettivo italiano propagandistico forse più che strategico e rimasto in mano austriaca fino alla fine della guerra. Il nome di Hermada come quello di Carso risuonava sempre in modo triste tra i soldati inviati al fronte; infatti se la sorte era avversa a chi combatteva sui monti, il destino più orribile veniva riservato ai combattenti sul Carso. L’ordine di prendere posizione lungo il basso corso dell’Isonzo poteva essere considerato molto simile ad una condanna a morte. Il fronte davanti a Trieste era un vero inferno e il suo principale bastione, l’Hermada, continuava a mietere decine di migliaia di vite umane. Questo rilievo, alto 323 metri sul livello del mare, è oggi una delle mete preferite dai gitanti triestini. Da Sistiana una -28- larga mulattiera di guerra consente di raggiungere la sua sommità, deturpata da un piccolo posto di guardia. Il panorama è comunque meraviglioso, e consente di capire con precisione le direttrici e le fasi delle offensive italiane, che per quasi tre anni tentarono di sfondare il fronte austro-ungarico in direzione di Trieste e Lubijana. A sud e a sud-ovest si vede a pochi chilometri di distanza il mare Adriatico e dietro il golfo di Panzano la foce dell’Isonzo, chiamata dagli italiani Punta Sdobba. In questa La 245esima compagnia verso la prima linea zona lagunare, intersecata da numerosi canali, erano schierati durante la prima guerra mondiale alcune centinaia di pezzi d’artiglieria, anche dei massimo calibri, che montati su basi fisse o pontoni galleggianti costituivano una vera spina nel fianco dei difensori dell’Hermada, per la difficoltà di essere neutralizzate dal fuoco austriaco. Gran parte dei colpi sparati dall’artiglieria a.u. in direzione di Punta Sdobba cadeva infatti -29- nelle acque dei canali e delle zone paludose, risultando inefficaci. Oltre alla quota 323 della cima anche altre posizioni circostanti la dorsale dell’Hermada risultano note per i violenti scontri avvenuti durante la grande guerra, come quota 208 di Medeazza, quota 199 e le quote 145, 146 e 147 delle alture di Flondar dove ha trovato la morte il S.ten. Bruno Pisa. Percorrendo oggi la strada costiera che da Duino e Sistiana porta a Trieste, è possibile scoprire che questa fascia di terreno carsico in prossimità del mare fu teatro di vicende spaventose. Per il possesso di Duino si combattè con estremo accanimento. La larga dorsale dell’Hermada, che si estende verso quello che fu definito “l’inferno di Doberdò”, sbarrava la via agli italiani, che per raggiungere Trieste sacrificarono nel corso delle varie battaglie innumerevoli divisioni. Basti pensare che nella sola undicesima battaglia dell’Isonzo (battaglia in cui muore Bruno Pisa), combattuta tra Tolmino e il mare, ossia su un fronte di 36 chilometri, le perdite italiane ammontarono a 18.974 morti, 89.173 feriti e 35.187 dispersi (compresi i prigionieri) per un totale di 143.174 uomini, mentre quelle austriache furono sensibilmente inferiori e quantificate in circa 110.000 uomini, e tutto questo nel corso di un’offensiva durata soltanto 10 giorni. La violenza della battaglia risulta ancor più evidente dai rapporti dell’artiglieria austriaca, che segnalò la perdita del 38% delle sue bocche da fuoco per l’eccessivo logoramento. Nell’alternarsi di attacchi e contrattacchi, si disintegrarono da entrambe le parti reggimenti e divisioni. L’Hermada fu conquistato più volte dagli italiani, ma subito dopo ripreso a seguito della reazione -30- della difesa, e restò sino alla fine della guerra in mano austriaca. Lo scrittore Fritz Weber, allora comandante di una batteria schierata sull’Hermada ha scritto, riferendosi all’undicesima battaglia dell’Isonzo, che la visione dei battaglioni decimati che tornavano dalla battaglia faceva sorgere nel cuore un Bruno Pisa non ancora soldato desiderio di pace ben più forte e genuino di quello invocato da scrittori antimilitaristi o da retori sentimentali. Soltanto chi vedeva un simile spettacolo poteva comprendere e ricordare per sempre il calvario di quegli uomini e la loro sofferenza. Si ringraziono per la collaborazione gli amici: Massimo Moretti, Daniele Marini e Donato Bragatto dell’Associazione Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” di Ferrara. -31- Altre pubblicazioni: Dante Tumaini “un soldato tra tanti” a cura di Enrico Trevisani Ferrara 2000 Cartografica Artigiana – Ferrara Ottobre 2001 -32-