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a001290 scc n.24932-07 <<famiglia –separazione –assegno di
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A001290
FONDAZIONE INSIEME onlus.
SCC N.24932-07 <<FAMIGLIA –SEPARAZIONE –ASSEGNO DI MANTENIMENTO –DECORRENZA –
DIFFERENZE RISPETTO ALL’ASSEGNO DIVORZILE –CONFORMITA’ DELL’ART.3 COST.>>
sezione I civile della Cassazione.
Per la lettura completa del pezzo si rinvia all’ENTE citato.
FAMIGLIA - SEPARAZIONE - ASSEGNO DI MANTENIMENTO - DECORRENZA - DIFFERENZE
RISPETTO ALL'ASSEGNO DIVORZILE - CONFORMITA' ALL'ART. 3 COST.
La Corte ha espressamente chiarito che l'assegno di mantenimento attribuito
al coniuge in sede di separazione personale decorre dalla data della domanda, se
è assente una diversa determinazione in sentenza, in applicazione del principio
per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per
farlo valere in giudizio. Si è soffermata sulla diversa regola valida per
l'assegno divorziale, che decorre dalla data della pronuncia, in mancanza di
espressa deroga riconosciuta in sentenza, escludendo un trattamento
differenziato di situazioni analoghe, atteso che, mentre la sentenza di divorzio
ha natura costitutiva, quella di separazione, come per gli alimenti, ha natura
determinativa rispetto alla regolazione dei rapporti economici. Infine, la Corte
ha escluso la violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo del
trattamento uguale di situazioni economiche diverse nel tempo, essendo
consentito al giudice l'individuazione della decorrenza unica o differenziata
nel tempo in ragione dell'accertamento dei fatti nelle fattispecie concrete.
Testo Completo: Sentenza n. 24932 del 29 novembre 2007 (Sezione Prima Civile,
Presidente A. Scriscuolo, Relatore G. Salme'.)
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 3/12/2000 CFD ha proposto davanti al
Tribunale di Pescara opposizione al precetto intimatogli dalla moglie separata
AMP per il pagamento della somma di £26.953.300 per contributi di mantenimento,
nella misura determinata dallo stesso Tribunale con la sentenza n.27 del 2000
passata in giudicato e a far data dalla domanda giudiziale di separazione,
sostenendo l’erroneità dell’interpretazione del titolo esecutivo, nel senso che
la decorrenza del contributo al mantenimento avrebbe dovuto essere fissata alla
data della sentenza di separazione.
Il Tribunale, con sentenza del 27/1/2001 ha rigettato l’opposizione e la
decisione è stata confermata con la Corte d’appello dell’Aquila con sentenza del
26/9/2003.
La Corte territoriale ha innanzi tutto affermato che, non avendo la sentenza
di separazione fissato una diversa ricorrenza, il contributo per il mantenimento
dovuto alla AMP deve decorrere dalla data della domanda in applicazione del
principio generale, di cui l’art.445 C.C. costituisce attuazione, secondo il
quale un diritto non può essere pregiudicato dal tempo necessario per farlo
valere in giudizio.
Né a contrarie conclusioni poteva pervenirsi in
applicazione dell’orientamento secondo il quale la decorrenza dell’obbligo di
mantenimento dalla data della domanda di separazione riguarderebbe l’an, ma non
il quantum debeatur, perché tale orientamento autorizza il giudice a fissare
decorrenze distinte in relazione alle diverse quantificazioni, ma non esclude
che, in mancanza di diverse determinazioni, resta fermo il principio generale di
cui si è detto.
Inoltre, la diversa regola della decorrenza dell’assegno dalla
data della sentenza prevista in tema di divorzio è conseguenza della natura
costitutiva di tale pronuncia.
Infine la Corte territoriale ha anche osservato
che, anche se nel corso del giudizio di separazione i redditi del marito erano
aumentati, poiché la determinazione dell’entità del contributo si era basata sul
rapporto tra i redditi dei coniugi e non sull’entità dei redditi del marito alla
data della decisione, la variazione dei redditi del GFD non è incompatibile con
la determinazione del contributo.
La Corte territoriale, infine, ha regolato
le spese in applicazione del principio della soccombenza.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila il GFD ha proposto
ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
Resiste con controricorso la
AMP.
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MOTIVI DELLA DECISIONE.
1__ Con il primo motivo il ricorrente, deducendo la violazione di norme di
diritto e vizio di motivazione, lamenta che la Corte d’appello abbia
erroneamente affermato che nella specie veniva in considerazione il giudicato
formatosi sulla sentenza di separazione, mentre con tale pronuncia non è stato
affatto affrontato il tema della decorrenza del contributo di mantenimento.
Né
al fine di stabilire tale decorrenza si potrebbe fare riferimento al disposto
dell’art.455 C.C., in quanto in materia di separazione dovrebbe applicarsi il
diverso principio rebus sic stantibus.
Infatti il contributo di mantenimento a
favore della AMP è stato determinato con riferimento ai redditi percepiti dal
GFD nel 2000, in una misura pari a circa il 20% del totale, mentre rispetto ai
redditi del 1994 (epoca della domanda di separazione) la misura del contributo
di mantenimento sarebbe pari al 40%.
Se veramente questa iniqua conseguenza fosse imposta dall’applicazione della
norma di cui all’art.445 C.C., la norma stessa sarebbe sospetta di
incostituzionalità per violazione degli art.3 e 23 cost. sia perché tratta in
modo eguale situazioni economiche diverse nel tempo, sia perché disciplinerebbe
in modo diverso situazioni analoghe come quella del divorzio e della
separazione.
Con il secondo motivo si censura la mancata compensazione delle spese di
lite, non ostante la richiesta in tal senso.
2__ Il ricorso non può essere accolto.
La Corte territoriale non ha affermato che la decorrenza dell’assegno di
mantenimento dovuto alla AMP dalla data della domanda discendesse dal giudicato
formatosi sul punto, ma, al contrario, ha preso le mosse proprio dal rilievo che
sul punto relativo alla decorrenza la sentenza di separazione non aveva
statuito.
Il giudicato è stato preso in considerazione solo nella parte
relativa alla determinazione del quantum del contributo di mantenimento, per
rilevare che tale determinazione non era basata sull’entità dei redditi
percepiti dal GFD nel 2000, ma sul rapporto tra i redditi dei coniugi senza
alcun riferimento all’ultima denuncia dei redditi del 2000.
Ora, quando la sentenza di separazione non abbia espressamente sancito la
retroattività dell’assegno, deve valere il principio, più volte affermato da
questa Corte, secondo cui l’assegno di mantenimento a favore del coniuge,
fissato in sede di separazione personale, decorre dalla data della relativa
domanda, in applicazione del principio per il quale un diritto non può restare
pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio (cass.
n.14886/2002, 4558/2000, 4011/1999, 7770/1997, 147/1991, 5749/1993,
3202/1986,4498 e 4411/1985).
Tale principio non è contraddetto dall’ulteriore
specificazione, contenuta nelle decisioni richiamate, secondo cui resta pur
ferma l’esigenza di determinare il quantum dell’assegno alla stregua
dell’evoluzione intervenuta in corso di giudizio nelle condizioni economiche dei
coniugi e quindi la legittimità delle pronunce che fissano misure e decorrenze
differenziate dalle diverse date in cui i mutamenti si siano verificati.
Poiché è incontestato che nella specie il giudice della separazione ha
determinato la misura dell’assegno in misura unitaria, senza prevedere misure e
decorrenze differenziate nel tempo e senza al contempo indicare la decorrenza
dell’assegno stesso, correttamente la sentenza impugnata han fatto applicazione
del principio secondo cui, in mancanza di diversa determinazione, la decorrenza
dell’assegno di mantenimento, riguardi esso il coniuge o i figli (per i quali
valgono anche diverse e ulteriori considerazioni: cass. n.21087/2004), deve
essere fissata alla data della domanda.
Né il principio al quale la Corte territoriale si è adeguata giustifica i
dubbi di legittimità costituzionale prospettati dal ricorrente, in primo luogo,
perché in tema di divorzio la decorrenza dell’assegno divorzile dalla data della
pronuncia –principio che può subire deroga (ai sensi dell’art.4, co.10, della
legge 1/12/1970 n.898, nel testo sostituito ad opera dell’art.8 della legge
6/3/1987 n.74) quando il giudice del merito fa espressamente decorrere tale
assegno, ove ricorrano le condizioni, dal momento della domanda –è connesso con
la natura costitutiva della sentenza di divorzio, mentre la sentenza di
separazione, quanto alla regolazione dei rapporti economici tra i coniugi, ha
natura determinativa, analoga a quella pronunciata in tema di alimenti.
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In secondo luogo la decorrenza unica o differita nel tempo dell’assegno di
mantenimento dipende dall’accertamento dei fatti e dalla valutazione
discrezionale del giudice e non da un principio di diritto perché le norme
vigenti consentono entrambe le soluzioni in rapporto alle diverse peculiarità
delle fattispecie concrete.
Quanto al motivo relativo alle spese, deve rilevarsi che si tratta di censura
inammissibile, perché, anche a voler superare l’estrema genericità del motivo, è
orientamento pacifico che, con riferimento alla compensazione, il sindacato
della suprema Corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio
secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte
vittoriosa, mentre esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale
del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o
in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia
nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi.
Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.
Le spese seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
di questo giudizio che si liquidano in € 1.500,00 (di cui € 100,00 per esborsi),
oltre alle spese generali e agli accessori, come per legge.
Così deciso in Roma il 14/6/2007 nella camera di consiglio della prima
sezione civile.