Con la mia señora Heneida

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Con la mia señora Heneida
VIAGGI & PERSONE
IN VIAGGIO DI NOZZE
Con la mia señora Heneida
Un’altra lettrice racconta la sua esperienza di turismo responsabile
Non basta un viaggio di diciotto giorni
“voli inclusi” per permettersi di parlare
di un paese. Un viaggio di diciotto
giorni “voli inclusi” basta però per raccogliere impressioni, conservare il ricordo nitido di facce, parole e gesti,
l’odore dell’aria e i suoni. Basta per
cominciare a intrecciare relazioni che
hanno tutto in regola per diventare
amicizie e che trovo bello affondino le
loro radici in un viaggio. Antonio e io
siamo andati a Cuba per festeggiare in
un modo che a noi piace, viaggiando,
il nostro matrimonio. Abbiamo scelto
di andarci con Pindorama, un’agenzia
di viaggi responsabili, che per statuto
cerca “di entrare nei paesi in punta di
piedi”, facendo condividere ai viaggiatori, per quanto possibile, vita e abitudini degli abitanti del luogo visitato
(www.pindorama.org). Il viaggio è cominciato con la visita dell’Havana e
proseguito in varie zone della parte occidentale dell’isola (vi risparmio qui la
Avete uno sponsor?
cronaca dettagliata, ma se qualcuno
fosse interessato…). Ho tanti ricordi
conservati nella mente e nel cuore. Mi
limito al racconto dei cinque giorni
consecutivi a Trinidad nella casa coloniale di una bella signora: la mia señora Heneida. Cinque pomeriggi sulle sedie a dondolo a chiacchierare insieme
come con gli amici o, meglio, con la
famiglia, sorseggiando uno dei buonissimi succhi di guayaba di Heneida, che
li faceva apposta, perché sapeva che mi
piacevano un mucchio (a Cuba ci sono
molti tipi di frutta, alcuni sconosciuti in
Italia; la guayaba è un frutto dalla polpa rosa con tanti semini neri). A parlare dei nostri mestieri e dei loro, della
vita di ogni giorno, della figlia di Heneida, mamma giovane e bella con un
figlio e senza compagno, di ricette, di
viaggi, di come ci percepiamo gli uni
gli altri (noi i cubani; loro: noi stranieri
turisti, Lara e Antonio). La sera quando
ci preparava la cena, servito a tavola,
Certamente!
I nostri generosi
lettori hanno offerto
120 euro! Grazie
a tutti!
se ne andava discreta; poi ripassava a
scrutare se c’era piaciuto, se avevamo
mangiato tutto e ci chiedeva com’era
andata, cosa avevamo apprezzato di
più. Parla fiera Heneida ma senza arroganza né lamentele. Dice le cose belle
e brutte con rigore, quasi con sereno
distacco e poi sorride, per esempio
quando dice che le lingue non ha voglia d’impararle, non ha la testa e ci
parla in spagnolo, stupita un po’ perché io lo parlo, anche se alla mia maniera, mentre Antonio ascolta (è solo
che non sa la lingua, ma lei dice che
gliela devo insegnare…). La Cuba che
ho capito io, che mi è rimasta addosso
è a casa sua, in quelle chiacchierate
stentate ma sincere, nella voglia di conoscersi, nella libertà di volersi già un
po’ di bene. La Cuba che ho capito io è
anche quella degli autisti, Ramon e
Salvador, che guadagnano 8 dollari al
mese, strabuzzano gli occhi venendo a
sapere a quanto ammontano gli stipendi medi in Italia, si sono costruiti le loro case personalmente, con l’aiuto di
amici e parenti, un mattone sull’altro,
fanno il bagno con un paio di pantacalze, perché non hanno il costume, comprano una medicina per i figli a 28 dollari, una di quelle che non è prodotta in
patria e va cercata alla clinica internazionale. Bevono il rum come fosse
gassosa (o quasi) ed alzano il pugno
per salutarti all’aeroporto, nell’ora del
ritorno, con uno sguardo di nostalgia e
un sorriso. Ma, probabilmente, è “tutto
quello che non ho visto e capito”, che
mi spinge a fare tesoro del “poco visto
e capito”, a condividerlo e a
confrontarlo. A tenerlo d’occhio e
approfondirlo. A continuare il mio
viaggio a Cuba, da Paderno Dugnano o
da dovunque, e insieme a quelli che lo
faranno da ora in poi.
Lara Liberti
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n. 4 - dicembre 2002
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