Introduzione alla Com unicazione efficace
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Introduzione alla Com unicazione efficace
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione Percorso in Comunicazione Istituzionale e d’Impresa Introduzione alla Com unicazione efficace VIAGGIO ALLA RICERCA DI MODELLI PER UNA COMUNICAZIONE FUNZIONALE Tesi di laurea in SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE Studente: Luca Bartoli Relatore: Prof.ssa Elena Esposito ANNO ACCADEMICO: 2004- 2005 A Fulmine… Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione 1 2 3 4 Introduzione ___________________________________________________________________3 1.1 (Post)modernità ed interdipendenza ____________________________________________3 1.2 II ruolo della comunicazione __________________________________________________3 1.3 La domanda _______________________________________________________________4 1.4 La tesi ____________________________________________________________________4 1.5 Comunicazione efficace e persuasione___________________________________________4 1.6 Oggetto d’analisi ___________________________________________________________5 1.7 Scelta dei modelli ___________________________________________________________6 1.8 Differenti chiavi di lettura ____________________________________________________8 I maestri della retorica __________________________________________________________9 2.1 Premessa _________________________________________________________________9 2.2 Introduzione _______________________________________________________________9 2.3 Dalla Magna Grecia alla Grecia ______________________________________________12 2.4 L’oratoria romana _________________________________________________________28 2.5 L’epilogo della retorica _____________________________________________________39 2.6 L’eredità della retorica _____________________________________________________41 Psicologia sociale della persuasione _______________________________________________43 3.1 Introduzione ______________________________________________________________43 3.2 Modelli e teorie ___________________________________________________________44 3.3 Studi sul processo di persuasione______________________________________________49 3.4 La persuasione a livello personale_____________________________________________61 La pubblicità _________________________________________________________________73 4.1 Premessa ________________________________________________________________73 4.2 Introduzione ______________________________________________________________73 4.3 Piccolo vocabolario della pubblicità ___________________________________________78 4.4 Considerazioni strategiche___________________________________________________78 4.5 A scuola dai maestri della pubblicità ___________________________________________82 4.6 L’influenza pubblicitaria ____________________________________________________91 Luca Bartoli -1- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione 4.7 5 6 7 Produrre l’emozione________________________________________________________95 Public Speaking e dintorni _____________________________________________________110 5.1 Premessa _______________________________________________________________110 5.2 Introduzione _____________________________________________________________112 5.3 Metodologia didattica _____________________________________________________114 5.4 Il passo più difficile _______________________________________________________114 5.5 Comunicare ad un pubblico _________________________________________________119 5.6 Preparare una presentazione ________________________________________________121 5.7 Il manuale del buon oratore _________________________________________________127 5.8 Supporti audiovisivi _______________________________________________________134 5.9 Dirlo in sei minuti ________________________________________________________135 5.10 Oltre al public speaking ____________________________________________________137 Programmazione Neuro-Linguistica _____________________________________________140 6.1 Premessa _______________________________________________________________140 6.2 Introduzione _____________________________________________________________141 6.3 Cornice sociologica _______________________________________________________143 6.4 La PNL come atteggiamento ________________________________________________146 6.5 Alcuni strumenti proposti dalla PNL __________________________________________152 6.6 Problemi aperti __________________________________________________________172 Conclusioni __________________________________________________________________175 7.1 Limiti e opportunità _______________________________________________________175 7.2 Perché non un modello unico? _______________________________________________177 8 Ringraziamenti_______________________________________________________________179 9 Bibliografia: _________________________________________________________________180 9.1 Testi formato cartaceo o audiovisivo: _________________________________________180 9.2 Materiale on line _________________________________________________________184 Luca Bartoli -2- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione 1 Introduzione 1.1 (Post)modernità ed interdipendenza Possiamo definire la nostra struttura sociale come un “reticolo di rapporti di in- terdipendenza relativamente stabili che sussistono fra un determinato insieme di posizioni sociali, ruoli, istituzioni, gruppi sociali 1”. Ne emerge la centralità del concetto d’interdipendenza, mutuato dalla matematica, tanto è vero che confluisce nel significato stesso di funzione sociale, a partire dai primi decenni del XX secolo2. Nel concreto della vita quotidiana tutto questo si traduce nella necessità continua, per ognuno di noi, di collaborazione3 con gli altri, per raggiungere i propri obiettivi4. 1.2 II ruolo della comunicazione Preso atto di questa interdipendenza e delle sue conseguenze nel concreto della vita quotidiana, cosa facciamo ogni volta che abbiamo bisogno della collaborazione di qualcuno? Esistono casi specifici in cui il medium del denaro è in grado di assicurarci da solo questa collaborazione5, ma nella maggior parte dei casi l’individuo deve ricorrere ad una specifica operazione: la comunicazione. Saper usare la comunicazione è, per questo motivo, di fondamentale importanza per ognuno di noi. 1 Gallino, 1993 (pag 672) 2 Ibidem 3 “Collaborazione” è da intendersi in senso lato, in un continuum che va dal non opporre resi- stenze alla collaborazione attiva 4 Alcuni rapporti di interdipendenza sono ormai così consolidati da apparire naturali, si pensi all’esistenza stessa dei mercati. Così non era evidentemente quando le famiglie erano organizzate come sistemi di produzione/consumo, e gli scambia avvenivano secondo logiche diverse rispetto a quello che oggi conosciamo come “economia” 5 Si pensi agli scambi borsistici Luca Bartoli -3- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione 1.3 La domanda L’interrogativo a questo punto, nasce spontaneo: “Come si può comunicare meglio?”. A una questione così generale possono essere date infinite risposte e non è nostra intenzione trattare un tema così esteso. Possiamo riformulare quest’interrogativo alla luce di quanto affermato sulle conseguenze dell’interdipendenza, enfatizzando il ruolo degli obiettivi. La domanda acquista, così, maggiore concretezza nella forma “Come si può comunicare in modo più efficace?”; intendendo per efficace “ciò che si rivela capace di produrre l’effetto cercato6”, quindi in modo funzionale agli scopi che motivano la comunicazione stessa. 1.4 La tesi Nelle prossime pagine cercheremo di rispondere a questa domanda, l’impresa è decisamente ambiziosa anche perché non si trovano tracce in letteratura di un’opera pensata per questo scopo e in questi termini7. Il lavoro è, quindi, da considerarsi un primo passo introduttivo verso uno studio completo della comunicazione efficace, da cui il titolo della tesi. 1.5 Comunicazione efficace e persuasione Il concetto di “comunicazione motivata da uno scopo e capace di produrre l’effetto desiderato”, può evocare, in un certo modo, quello di persuasione. Per chiarezza definiamo la comunicazione persuasiva, quel “particolare tipo di comunicazione che ha come obiettivo l’indurre nel destinatario un cambiamento d’atteggiamento o comportamento 8”. Esplicitandole così, si può notare che le due definizioni si incrocino a vicenda. L’una si occupa della realizzazione o meno di un determinato scopo, l’altra specifica uno scopo possibile 6 Definizione tratta incrociando quelle fornite da alcuni vocabolari: Devoto Oli, Zingarelli 7 In letteratura esistono una molti titoli, per lo più esterni al mondo scientifico, che promettono più o meno esplicitamente di insegnare a comunicare meglio, il riferimento è, però, ad ambiti specifici e non ad un’idea globale di comunicazione efficace 8 Definizione tratta da Vannoni, 2001 Luca Bartoli -4- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione della comunicazione, indipendentemente dal successo o meno. Esisteranno così comunicazioni efficaci di tipo persuasivo o meno, e comunicazioni persuasive più o meno efficaci. In letteratura esiste un’ampissima ricerca, soprattutto nell’ambito della psicologia sociale, sull’efficacia della comunicazione persuasiva, a cui dedicheremo uno specifico capitolo9. 1.6 Oggetto d’analisi Delineato così il nostro studio, non resta che partire, si ma da dove? A questo scopo ci viene in aiuto la Teoria dei sistemi sociali. Niklas Luhmann, probabilmente, il più grande sociologo del ‘900, nel suo LA REALTÀ DEI MASS MEDIA, a proposito del romanzo e dell’intrattenimento in genere, afferma che “Ciascuno di noi, appena nato, è già qualcuno che deve determinare la propria identità o farsela determinare… Diventa allora molto allettante sperimentare su se stessi le realtà virtuali…10”. In sostanza significa che “i mass media attraverso il genere chiamato intrattenimento, così come i romanzi, offrono alla gente modelli (di comportamento). Modelli che possiamo seguire o non seguire, ma in ogni modo, più modelli abbiamo più la nostra personalità può essere complessa riferimento a quest’idea possiamo considerare quanto affermato ne LA TICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA 11 ”. In PRAGMA- (Watzlawitck, Beavin, Jackson) circa l’equivalenza tra comunicazione e comportamento12. Possiamo ipotizzare, per tanto, che se avere modelli di comportamento arricchisce la personalità, cono9 L'idea centrale è che la “comunicazione efficace” non è motivata solo da finalità persuasive. L’intenzione ambiziosa è di fornire stimoli utili, per rendere più efficace la propria comunicazione, a “comunicatori” dalle motivazioni eterogenee. A questo punto si potrebbe distinguere tra scopi sub-persuasivi, si pensi ad un formatore che intenda tenere alta l’attenzione durante una spiegazione o a un medico che intende migliorare la comunicazione coi propri pazienti; scopi persuasivi, l’esempio più immediato è la vendita; e scopi sovra-persuasivi, si pensi a quando la pubblicità crea legami emotivi” tra consumatori e marche 10 Luhmann, 2000 11 Esposito, 2000 12 “Ora, se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi non si può non comunicare” (Watzlavick – Beavin – Jackson, 1971) Luca Bartoli -5- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione scere modelli di comunicazione può allargare la capacità (personalità) comunicativa. Da quest’idea nasce il sottotitolo “Viaggio alla ricerca di modelli per una comunicazione funzionale”. Intendendo per funzionale ciò che è adeguato a soddisfare i propri scopi (comunicativi). 1.7 Scelta dei modelli Definito che ci occuperemo di modelli resta semplicemente da definire quali trattare. In questa opera introduttiva saranno privilegiate e analizzate alcune tra quelle discipline che più o meno scientifiche, hanno risposto, rispondono o cercano di rispondere all’esigenza di comunicare in modo efficace. Com’è inevitabile i modelli tenderanno qualvolta a sovrapporsi e, altre volte, a essere complementari. I primi casi confermano che in ogni modo, seppur da differenti punti di vista, i modelli svolgono tutti la stessa funzione. I tratti di discontinuitàcomplementaità conferiscono, invece, tratti di autonomia alle varie discipline. 1.7.1 La retorica Il prossimo capitolo sarà completamente dedicato all’antica arte della parola, intesa soprattutto come comunicazione orale. Per questo motivo ci soffermeremo soprattutto sul contributo dei maestri greci e latini. La maggior parte del materiale trattato è stato fornito, sviluppato e presentato nell’ambito del corso di RETORICA E NUOVI MEDIA, svoltosi nel 2004 presso la facoltà di Comunicazione Eco- nomia e Informazione dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. 1.7.2 La psicologia sociale della persuasione Questo capitolo svolge una duplice funzione: da una parte è una sorta di stato dell’arte sui principali studi svolti sulla comunicazione persuasiva, e offre così criteri per analizzare tutti i modelli di comunicazione efficace presentati; dall’altra parte questi studi possono essere riletti considerando quello fornito dalla psicologia sociale, un modello di comunicazione efficace a se stante. Pro- Luca Bartoli -6- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione prio per questa seconda funzione, particolare enfasi13 sarà data agli studi di Robert Cialdini, sull’influenza personale. 1.7.3 La pubblicità Il terzo modello presentato nasce dallo studio dei principali testi di riferimento sul settore pubblicitario, dalla frequentazione dei corsi di TEORIE DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA E TECNICHE e di PROMOZIONE D’IMMAGINE, svoltisi nel- la suddetta facoltà nell’anno scolastico 2003, e dall’esperienza vissuta in prima persona nel reparto creativo di un’agenzia pubblicitaria dal Febbraio 2005. 1.7.4 Il public speaking Il quarto modello presentato si riferisce al moderno insegnamento del parlare in pubblico, erede della tradizione retorica ma che presenta rispetto a questa alcune discontinuità. Il capitolo è scritto basandosi sullo studio dei principali testi di riferimento, su materiale audiovisivo e on line sull’argomento e grazie alla partecipazione diretta ad un corso di Public Speaking. 1.7.5 La programmazione neurolinguistica Il quinto e ultimo modello presentato si riferisce ad una disciplina nata negli anni ’70, da alcuni studi sulla comunicazione in ambito terapeutico, con particolare riferimento al processo di cambiamento. Il capitolo è scritto basandosi sullo studio dei principali testi di riferimento, su materiale on line, grazie alla partecipazione a seminari in cui la PNL è utilizzata, presentata e insegnata e alla frequentazione come partecipante ad un gruppo auto-gestito da praticanti programmatori neurolinguistici. 13 Come si leggerà nella premessa del capitolo quest’enfasi potrebbe sembrare eccessiva alla luce della tipologia di testo analizzato Luca Bartoli -7- Introduzione alla comunicazione efficace - Introduzione 1.8 Differenti chiavi di lettura Presentare, analizzare e conoscere modelli così diversi può essere funzionale a differenti strategie. Si potrebbero utilizzare i modelli allo scopo di diventare comunicatori più capaci di raggiungere i propri scopi, oppure al contrario potremmo utilizzare questa conoscenza per difenderci da chi utilizza principi di comunicazione efficace “contro” di noi. Chi fosse interessato potrebbe utilizzare i modelli per scoprire tratti di influenza della tradizione retorica su altre discipline della modernità. L’analisi sociologica potrebbe spingersi oltre, ricercando i perché del ritorno di forme antiche e legate all’oralità, in un società come la nostra, che si definisce moderna o persino post-moderna. Il ricercatore interessato allo studio del processo d’influenza personale potrebbe trarre dai modelli ispirazione per le proprie ipotesi di ricerca… Al di là degli esempi forniti, probabilmente non gli unici, l’idea è quella di approcciarsi ad un tema nuovo, una nuova visione di ciò che è sempre stato sotto i nostri occhi, fonte di nuovi stimoli, nuove soluzioni e nuovi problemi. E che il viaggio cominci… Luca Bartoli -8- Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica 2 I maestri della retorica 2.1 Premessa Il presente capitolo propone una rassegna dei principali punti di riferimento, storici e teorici, per un'analisi della nascita e dello sviluppo della retorica classica (che coincidono poi con la nascita e lo sviluppo della retorica tout court). Per la strutturazione e la presentazione dei contenuti ho attinto in particolare al materiale prodotto nell'ambito dell'insegnamento RETORICA bile (previa identificazione tramite E NUOVI MEDIA password) e disponi- all'indirizzo web: http://dolly.cei.unimo.it/. Autori del materiale suddetto, oltre alla docente del corso, sono gli studenti che al corso hanno partecipato, in particolare: Alessio Bucco, Alice Bellelli, Francesca Torricelli, Mirco Bertolini, Chiara Dini, Nicole Noberini, Elena Dalla Ghirarda, Mariagrazia Ferro e Isabella Cavalieri. 2.2 Introduzione14 2.2.1 Nascita della retorica Siracusa 485 a.C., due tiranni, Gerone e Gelone appoggiati dal consiglio dei Sapienti, espropriano la popolazione delle proprie terre, per assegnarle ai mercenari che hanno combattuto alla conquista della città. Anni dopo, una rivolta popolare depone il regime oligarchico e istaura un regime democratico. La prima richiesta dei cittadini è la restituzione delle rispettive terre. Poiché i diritti di proprietà sono stati offuscati, la questione richiede innumerevoli processi per stabilire chi ha diritto a cosa. La tipologia di processo è innovativa: di fronte a grandi giurie popolari bisogna dimostrare di aver diritto alla terra, si deve essere convincenti, eloquenti e persuasivi. Nasce la necessità di presentare argomentazioni probatorie, e al tempo stesso, saperle esporre di fronte ad un pubblico eterogeneo. Subentrano i primi esperti della parola: logografi (scrittori di 14 Fonti: Lausberg, 1969; Barthes, 1972; Mortata Garavelli, 1988; Guardiano, RETORICA E NUO- VI MEDIA, CEI, Reggio Emilia, 2004; Luca Bartoli -9- Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica discorsi), maestri d’eloquenza e oratori (antenati degli attuali avvocati). I primi retori di cui si ha notizia sono Empedocle, Corace e Tisia. Negli anni si sviluppa un corpus di indicazioni e procedure, primo caso di teorizzazione retorica. 2.2.2 Alla ricerca di una definizione Nel senso comune il termine “retorica” ha acquisito un duplice significato: da una parte indica “l’arte e la tecnica del parlare (e dello scrivere) con efficacia persuasiva15”, mentre dall’altra, connota in modo dispregiativo una “modalità di scrivere o di parlare ampolloso e pieno di ornamenti, ma privo d’impegno intellettuale16”. Possiamo ipotizzare che, nell’uso corrente, il senso dispregiativo sia prevalente rispetto al senso tecnico, è più facile ascoltare espressioni come “questa è solo retorica!” o “niente di più retorico”, rispetto a sentir parlare, in una conversazione quotidiana, dell’arte secolare nata in Magna Grecia e sviluppatasi prima in Grecia e poi a Roma. L’enciclopedia ENCARTA® definisce la retorica come “l’arte del parlare e dello scrivere in modo ornato e persuasivo. L’obiettivo è il consenso dei destinatari, l’effetto pragmatico è centrato sui discorsi verosimili, fuori dal territorio delle certezze filosofiche o scientifiche17”. Secondo questa fonte, per raggiungere il suo scopo, la retorica definisce le regole che devono governare la composizione del discorso sulla base di convenzioni che risalgono in buona parte alla cultura greca. Roland Barthes nel suo LA RETORICA ANTICA definisce la retorica come un metalinguaggio - discorso che ha il discorso come proprio oggetto - che comprende in sé vari aspetti, varie retoriche: • Una tecnica, o arte nel senso classico della parola: corpus di regole, ricette finalizzate al convincere l’ascoltatore (lettore) anche di ciò che è falso; 15 Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana 16 Ibidem 17 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761574514/Retorica.html Luca Bartoli - 10 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Un insegnamento: l’arte trasmessa personalmente dal retore agli allievi o clienti è via via penetrata nelle istituzioni formative, scuole e università, diventando oggetto d’esame; • Una scienza, o proto scienza: studio degli effetti del linguaggio, classificazione dei fenomeni (ad esempio l’elenco delle figure retoriche); • Una morale: sistema di “regole” con una finalità pratica e, al tempo stesso, codice che limita il linguaggio passionale; • Una pratica sociale (strumento del potere): questa tecnica e i suoi costosi insegnamenti assicurano alle classi dirigenti la proprietà della parola. Visto che il linguaggio è potere e grazie ad una inizializazione costosa è possibile per secoli mantenere lo status quo; • Una pratica ludica: accanto al sistema istituzionale si sviluppa nei secoli una contro-retorica, o retorica nera, parodia della retorica spesso allusiva che utilizza tecniche retoriche per sostenere tesi assurde. 2.2.3 La nostra definizione Per indicare la retorica, senza voler essere troppo retorici, possiamo definirla come ”l’insieme delle tecniche che permettono di utilizzare la parola allo scopo di persuadere un uditorio relativamente ad un dato argomento18”. Come emerge dalla nostra definizione, oggetto e strumento imprescindibile per l’esistenza stessa della retorica è la parola. Di tutte le caratteristiche della parola è fondamentale l’autoreferenzialità, la capacità di parlare di ciò che è stato o sarà detto. La retorica è, infatti, un discorso sul discorso, un discorso autorefeferenziale, un metalinguaggio, come osserva lo stesso Roland Barthes. 2.2.4 Etimologia Se consideriamo i termini che stanno all’origine dei lessemi italiani “retorica, retore”, “oratoria e oratore”, e cioè ρητορiκή τέχνη, ρήτωρ (in greco) e ars ora- toria, orator (in latino) possiamo osservare un interessante parallelismo: 18 Guardiano, 2004 Luca Bartoli - 11 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • ρη- e or- sono forme diverse della stessa radice, di origine indoeuropea, che ha il significato generico di dire, parlare; • -τορ e -tor sono forme diverse del suffisso indoeuropeo per i nomi di agente, “colui che esercita l’attività di”; • -iκή e -ia sono suffissi di appartenenza; • τέχνη e ars, sono i termini che rispettivamente in greco e latino indicavano genericamente un’abilità, la capacità di fare qualcosa. Le due locuzioni ρητορiκή τέχνη e ars oratoria sono pertanto equivalenti dal punto di vista etimologico, ed hanno il significato di ‘abilità di parlare’, ‘arte del dire’. Tuttavia nei secoli i due termini hanno subito nel tempo, sviluppi semantici diversi fino ad arrivare ad indicare rispettivamente la disciplina, la scienza, con particolare riferimento alla scrittura (retorica), e la pratica legata all’oralità. 2.3 Dalla Magna Grecia alla Grecia19 Corace, allievo siracusano di Empedocle d’Agrigento, fissa le grandi parti dell’oratio, questa divisione rappresenterà per secoli la matrice comune del discorso retorico: • esordio • narrazione • argomentazione o prova • digressione • epilogo Fin dalla metà del V secolo a.C. la pratica retorica entra ad Atene, è proprio nel mondo greco che nasce la retorica politica. Per interpretare questo fenomeno dobbiamo considerare due fattori storico-politici: 19 Fonti: Barili, 1976; Platone, Gorgia, traduzione italiana con testo greco a fronte Zanetto, 1994; Aristotele, Retorica traduzione italiana Montanati, 1996; Guardiano, 2004; Bucco, 2004; Bellelli, 2004; Torricelli, 2004; Noberini 2004; Dalla Ghirarda, 2004. Luca Bartoli - 12 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • L’ordinamento politico delle poleis prevede un’organizzazione democratica della vita della città di tipo assembleare. In questo conteso nasce Il genere politico, o deliberativo-assembleare; • la guerra del Pelloponneso rende necessario l’uso di uno strumento in grado di mantenere alto il morale della popolazione, nonostante le ingenti perdite umane. Nasce così il genere epidittico-laudativo: attraverso gli encomi si rende onore ai caduti e si trasformano i soldati in eroi. 2.3.1 Un nuovo concetto di verità Alcuni pensatori del V-IV sec a.C. iniziano a insegnare filosofia dietro compenso20; costoro sono definiti Sofisti, sapienti. La retorica dei sofisti si svincola totalmente dalla ricerca della verità assoluta, si arriva a negare l’esistenza di una verità esterna alla parola. Nulla esiste al di fuori di quello che gli uomini costruiscono sulla base dell’esperienza, del dibattito, del confronto verbale. Giusto e ingiusto, per i Sofisti, non sono categorie date a priori: la tesi che vincerà il confronto verbale sarà la verità, quindi, ciò che è giusto. 2.3.1.1 La sofistica Per comprendere pienamente la retorica sofista è bene soffermarci ad analizzare la matrice filosofica da cui ha origine. La sofistica rappresenta più un atteggiamento generale che una vera e propria scuola filosofica; fondamentali sono alcuni aspetti: • Relativismo, per cui la conoscenza si riduce all'opinione e il bene all'utilità. La verità e i valori morali non sono più certezze, ma si ammette che verità e valori possano mutare a seconda dei luoghi e dei tempi; • Maggiore concentrazione sui problemi dell'uomo, e un minore interesse per le questioni teoretiche legate alla ricerca del principio e della giustificazione del mondo; Questi primi due punti sono riconducibili in special modo a Protagora e Gorgia, mentre la seconda sofistica pone come centrale il concetto di: 20 All’epoca questo aspetto fece scandalo Luca Bartoli - 13 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Eristica, ovvero l'abilità di sostenere e confutare contemporaneamente argomenti tra loro contraddittori; Centrale è, quindi, il tema del relativismo, ovvero la consapevolezza che la realtà è filtrata e interpretata da ogni uomo in modo diverso. Nel sofismo l'argomento polemico dell'impossibilità della verità deriva dalla constatazione che ogni conoscenza è frutto di una contrapposizione tra tesi contrarie e che tali tesi, ognuna sostenuta dalle diverse scuole di pensiero, impongono le proprie conclusioni come verità sulle altre. Tali dissidi insanabili portano i sofisti a dichiarare l'impossibilità, da parte della conoscenza umana, di raggiungere la certezza e la verità universale: la verità è l'opinione. Col tempo tale atteggiamento divenne quasi una forma di estetismo della ragione. Per questo la logica non era più al servizio della verità ma al servizio della confutazione e della dimostrazioni di tesi ad hoc, attraverso l'uso della retorica come strumento tecnico codificato. Molti sofisti, soprattutto nella seconda fase del movimento, organizzavano regolarmente vere e proprie esibizioni pubbliche in cui davano sfoggio delle loro abilità retoriche: lo spettacolo preferito erano le antinomie, ovvero la contemporanea dimostrazione di una tesi e del suo contrario, e quindi eristica. 2.3.1.2 Protagora Con Protagora assistiamo alla dissoluzione del concetto di Verità. La sua opera principale sono le ANTILOGIE, discorsi antitetici, contrapponendo ad ogni argomento il suo contrario, si dimostra come la verità sia impossibile da raggiungere nell'ambito della ragione: la ragione ha in sé l'errore, per cui è impos- sibile dimostrare qualsiasi verità razionalmente. Per Protagora non esiste altro criterio per stabilire la verità se non l'esperienza stessa, che si pone in modo diverso di fronte a uomini diversi. Solo ciò che i sensi percepiscono è reale, ciò che non è percepito non esiste. L'uomo è misura di tutte le cose, ovvero, ciò che viene percepito dall'uomo è l’unico criterio per giudicare la realtà e la verità. Da ciò ne deriva che non esiste una sola verità, perché lo stesso fenomeno percepito in un certo modo da un uomo, può essere percepito diversamente da un altro e in tal caso, entrambi i giudizi, costituiscono verità. Se ogni uomo ragLuca Bartoli - 14 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica giunge la verità con i propri mezzi, seguendo le proprie percezioni, compito del filosofo non è più la ricerca della verità assoluta che non esiste. Il filosofo deve aiutare le persone a migliorare l'esposizione delle proprie idee e dei propri giudizi, così da predisporli verso un sapere più ampio. Lo scopo è elevare l'uomo a livelli di civiltà superiori, non perché costituisca verità nei confronti di civiltà inferiori, ma in quanto l'elevarsi a civiltà superiore conviene in senso utilitarista. 2.3.1.3 Gorgia Gorgia era in grado di confutare qualsiasi tesi a richiesta, spesso nemmeno lui si curava troppo di credere in ciò che sosteneva, non era importante visto che, da buon sofista, predicava una verità diversa per ogni diversa situazione. Scopo della sua filosofia non era la ricerca del vero assoluto, ma la scelta delle parole più utili che gli garantissero di prevalere nello scontro dialettico. Gorgia diede prova di grande perizia dialettica sul tema parmenideo dell'essere e del nonessere, dimostrando che: • Nulla esiste; • Se anche qualcosa esistesse, non potrebbe essere comprensibile all'uomo; • Se anche qualcosa fosse comprensibile, sarebbe incomunicabile. Massimo esempio del metodo teorizzato e attuato da Gorgia è L’ENCOMIO AD ELENA, ritenuta da sempre colpevole di aver scatenato la guerra di Troia. Ne L'ENCOMIO Gorgia sostiene che essa fu convinta a tradire il marito Menelao dalle affabulazioni verbali di Paride: ella non aveva quindi proprie colpe specifiche che ne danneggiassero la virtù. Ne deriva che Gorgia riconosce alla parola il potere di ipnotizzare l'interlocutore, fino a fargli perdere la ragione. La difesa di Elena può considerarsi, storicamente, un omaggio alla parola come unica edificatrice di verità. 2.3.2 Socrate Socrate non amava la scrittura e, probabilmente, non sapeva neppure scrivere21, per questo motivo conosciamo il suo pensiero indirettamente, per lo più 21 Reale G, Socrate. Alla scoperta della sapienza umana, Rizzoli, 2000 Luca Bartoli - 15 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica come protagonista dei DIALOGHI di Platone. È pressoché impossibile stabilire dove finisca il pensiero del maestro e dove inizi, invece, quello dell’allievo. Tuttavia possiamo attribuire a Socrate alcuni tratti di originalità a livello comunicativo, che possono essere interessanti per la nostra riflessione, pur non trattandosi di retorica22: 2.3.2.1 Lo stile e il metodo socratico. Al contrario dei sofisti Socrate, atteggiandosi a uomo inesperto e rozzo23, utilizza discorsi semplici e paragoni spesso ineleganti per smontare le presunzioni dei altrui. La dialettica si realizza attraverso il metodo dell'interrogazione e del dialogo, Socrate evita i lunghi discorsi e induce gli interlocutori ad autoesaminarsi e a riconoscere i propri limiti. Il metodo socratico consiste nella maieutica, dal greco maieutiké (sottinteso: téchne), letteralmente sta per "l'arte della levatrice” per la quale Socrate stesso si paragona alla madre Fanarete, ostetrica. Con la dialettica il filosofo deve tirar fuori all'allievo pensieri personali. Uno degli strumenti più usati è l’elenchos serie di domande e risposte riguardo le definizioni o logos che cerca di determinare le caratteristiche generali dei pensieri specifici. “Come la levatrice porta alla luce il bambino, Socrate portava alla luce le piccole verità dal discepolo24“. L’ironia socratica o dubbio metodico è parte integrante della maieutica: si ricorre a battute brevi e taglienti per portare l'interlocutore a dubitare di ciò che prima riteneva certo. Così, facendo l’interlocutore è gettato nell'inquietudine e costretto alla ricerca. Il filosofo usa quest’arma contro quelli che definisce i falsi saccenti, a differenza dei quali, professa la propria ignoranza. Il filosofo ritiene 22 Socrate, come si può leggere, aveva un atteggiamento ed uno stile assolutamente antiretori- co 23 Socrate pone il sapere di non sapere a fondamento di qualunque altra verità e conoscenza. Questa paradossale affermazione fu trasmessa nell'aneddoto dell'Oracolo Delfico che dichiara che per questo Socrate è il più sapiente di tutti gli uomini 24 http://www.matura.it/enciclopedia/maieutica.htm; Sull’arte socratica della maieutica si veda Reale, 2004 Luca Bartoli - 16 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica che questo è l'unico atteggiamento che stimola la ricerca, evitando il pericolo d'invischiarsi in posizioni dogmatiche. Aristotele attribuirà a Socrate la scoperta del metodo della definizione e in- duzione, che considera l'essenza del metodo scientifico, affermando che non è adatto all'etica. Il filosofi al contrario applica il suo metodo all'esame dei concetti morali fondamentali del suo tempo come le virtù di pietà, saggezza, temperanza, coraggio, e giustizia. Con quest’esame sfida gli interlocutori, portandone alle luce le contraddizioni e inadeguatezze, e normalmente generando in loro lo stupore e smarrimento conosciuto come aporia. 2.3.3 Platone Platone contrappone all’apparenza della retorica la sostanza della dialettica, definendola come l’arte del discutere (parlare interagendo). La dialettica, come la retorica, si serve ampiamente della parola, ma a differenza di questa è un vero mezzo di conoscenza e si propone di analizzare ed esporre contenuti specifici. L’obiettivo è guidare l’animo delle persone; il percorso attraverso cui questo diventa possibile è costituito da tre fasi: • Esposizione; • Analisi; • Scomposizione. Possiamo così riassumere le principali differenze tra dialettica e retorica: Dialettica Retorica Incontro di anime Arte mondana finalizzata al divertimento Interventi brevi Macrologia: discorso continuo e riccamente articolato Brachilogie: proposizioni corte, prive di elementi estranei e digressioni Strumento di conoscenza Strumento di corruzione 2.3.3.1 Il Gorgia di Platone Già in un’opera giovanile Platone condanna la retorica sofistica, sostenendo che la parola ha valore solo se utilizzata per trasmettere saperi superiori e non Luca Bartoli - 17 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica per fini manipolativi. Questa posizione si radicalizza nel GORGIA, dialogo diviso in tre atti preceduti da un prologo, che vede come protagonisti principali: Socrate, Cherefonte, Polo, Callice e naturalmente Gorgia. L’atteggiamento di Platone, espresso per bocca di Socrate, è di condanna verso la teche retorica. È però per bocca Gorgia stesso che sappiamo che questa presunta arte non richiede, da parte di chi parla, nessuna competenza specifica sul tema affrontato, ne è richiesta nessuna conoscenza da parte di chi ascolta. Anzi affinché la retorica produca il suo effetto, il pubblico deve essere composto da sprovveduti: di fronte a loro il buon retore sa essere più convincente di qualsiasi specialista. La condanna arriva per bocca di Socrate con la teoria dell’adulazione, secondo cui, le attività umane che non perseguono un fine utile si propongono soltanto di procurare piacere, assecondando i desideri della gente: non sono arti ma la brutta copia delle arti. La retorica, quindi, sarebbe l’equivalente contraffatto della giustizia. Il filosofo continua dimostrando che il bene non si identifica col piacere. Esisterebbero piaceri buoni e piaceri cattivi, bisogna saper distinguere, poiché solo il bene è fine dell’uomo. Si tratta di scegliere tra una vita secondo retorica, volta al piacere, o una vita secondo filosofia, volta al bene. 2.3.3.2 Il Fedro Il FEDRO è un dialogo più maturo rispetto al GORGIA; il tema principale è l’amore in particolare il rapporto che lega Eros e anima. Ad un certo punto Platone distingue tra una retorica vera, o dell’essere, e una retorica falsa, o dell’apparire, finalizzata al consenso pubblico ottenuto attraverso un’apparenza di verità. La retorica vera, al contrario, dirige gli animi verso la verità, in modo più personale, non si considera più il pubblico come entità indistinta ma si pone l’attenzione sulle singole anime. Il rifiuto della retorica, così ridimensionato non è un rifiuto della bella parola, quanto piuttosto l’esaltazione di uno strumento tanto importante quanto pericoloso. Per bocca di Socrate, Platone afferma la necessità dell’equilibrio tra le diverse parti del discorso: • Proemio o antefatto; • Narrazione o fatto; • Testimonianze; Luca Bartoli - 18 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Verosimiglianza; • Conferma; • Riconferma • Confutazione • Contro-confutazione 2.3.4 Aristotele La teorizzazione di Aristotele rappresenta uno dei passi fondamentali per lo sviluppo della disciplina; tutti gli autori a lui successivi si rifanno, in un modo o nell’altro, alle sue classificazioni. È lo stesso Aristotele che, per la prima volta, elenca le quattro operazioni della retorica: • Inventio, scoperta degli argomenti con l’aiuto dei quali ottenere il consenso, più che di un’invenzione si tratta di una vera e propria ricerca. Si procede con il ragionamento attraverso deduzione – da premesse generali a conseguenze concrete – e induzione – dall’esempio concreto a considerazioni più generali di carattere universale –. Mentre il discorso scientifico procede in modo deduttivo, l’induzione è la procedura tipica della retorica. • Dispositio, organizzazione, strutturazione e collocazione degli argomenti nella struttura del discorso. Si può partire dagli argomenti minori o più marginali, per innescare una marcia ascendente e arrivare a quelli più centrali – strategia organizzativa ascendente – oppure partire dalle argomentazioni più solide, per ottener immediatamente consenso, ed arrivare successivamente a quelli minori, magari mascherandole all’interno delle prime – strategia organizzativa discendente –. • Elocutio, trasformazione dei contenuti in prosa da res a verba. Una sorta di make-up del discorso; qui entrano in gioco le figure retoriche, si scelgono le parole più adatte – electio – e le si mette insieme – compositio –. • Actio, il buon oratore non si limita a pensare e enunciare il suo discorso, deve agirlo, recitarlo, deve essere attore (da actor, fare/agire). Si tratta di presentare discorso con l’ausilio di accorgimenti scenici: gesti, atteggiamenti Luca Bartoli - 19 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica del corpo, effetti sonori (sapiente alternanza tra parlati e silenzi, toni intensi e smorzati). Per Aristotele la retorica ha uno statuto ambiguo, in essa coesistono: Forma Contenuto La persuasività in parte dipende Le argomentazioni devono necessariadall’aspetto estetico delle argomentazioni mente essere probanti e il ragionamento deduttivo Arte Abilità Abilità manuale di costruire qualcosa, in Abilità di tipo cognitivo questo caso un discorso Teoria Apparato teorico di regole Pratica Le regole non esistono in sé e per sé, ma devono essere applicate Aristotele a differenza degli autori visti fin ora, non concepisce la retorica co- me dibattito a due attore, ma come forma di ragionamento solitario e razionale in grado di portare a conclusioni necessariamente corrette. Questo tipo di ragionamento è chiamato sillogismo, deduzione per cui, date due premesse, una maggiore ed una minore, si giunge ad una conclusione univoca, dimostrata necessaria: • Premessa maggiore: Tutti gli uomini sono mortali • Premessa minore: Socrate è un uomo • Conclusione: Socrate è mortale Illustrato, così, lo schema di ragionamento sillogistico appare perfetto; il problema sta tutto in quali premesse si considerano vere. Già Aristotele intuiva che ci sono ambiti come la politica, che proietta le sue decisioni sul futuro, in cui le premesse non sono necessariamente vere. Di fronte a questo problema esistono due soluzioni: • Non si procede col ragionamento deduttivo; • Si assume come premessa qualcosa che pur non essendo verificabile risulta accettabile Æ verosimile. La strada più semplice è basarsi sull’opinione dei Sapienti. Luca Bartoli - 20 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica Il risultato di questo espediente è chiamato entimema, figura retorica che ha la forma di un sillogismo ma la cui conclusione non è né certa né necessaria: • Premessa maggiore: Tutti i ladri sono malvagi • Premessa minore: Aristandro è malvagio • Conclusione: Aristandro è un ladro In alcuni casi, nell’entimema, una delle due premesse manca, così, il compito di completare lo schema è lasciato all’uditorio. 2.3.4.1 La Rhetorica aristotelica LA RHETORICA è il libro che Aristotele rivolge ai suoi discepoli, per essi riassume storicamente l’evoluzione della disciplina fino a lui e ne elabora teoricamente i contenuti. L’opera è divisa in tre libri: • Libro dell’oratore • Libro del pubblico • Libro del messaggio È chiaro quale importanza abbia avuto questa partizione, emittente – messaggio – ricevente: da qui provengono la maggior parte dei modelli teorici sulla comunicazione umana. 2.3.4.1.1 Il libro dell’oratore Aristotele suggerisce di cercare argomenti intrinsecamente persuasivi, attin- gendo e facendo leva sulla logica, il carattere e le passioni. Il punto su cui si pone enfasi è il tema della fiducia: il buon retore deve sapersi conquistare quella del pubblico, non rendendosi simpatico, ma trasmettendo sicurezza ed affidabilità, attraverso il ragionamento. Il rigore argomentativo dev’essere supportato, ma non surclassato dalla piacevolezza della parola. Aristotele codifica la retorica in tre generi: • Deliberativo: riguarda il futuro, si consiglia o si sconsiglia su ciò che sarà utile o dannoso; Luca Bartoli - 21 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Giudiziario: è relativo al passato, si giudica ciò che è stato legale o illegale, accusando e difendendo; • Epidittico: si occupa del presente, si elogia o si biasima ciò che è bello o disonorevole. 2.3.4.1.2 Il libro del pubblico La retorica esiste in funzione di un giudizio e, affinché questo sia favorevole, bisogna porre attenzione a tutti e tre gli elementi del discorso: il messaggio, se stessi e chi giudica; La persuasività dell’oratore dipende da tre elementi: • Assennatezza, responsabile della formazione di opinioni corrette; • Virtù, responsabile della trasmissione di opinioni corrette; • Benevolenza, responsabile del consigliare al meglio poiché si desidera il bene altrui. Le argomentazioni comuni sono di 2 generi: • Entimema, che include la massima, affermazione di carattere universale che concerne ciò che è in relazione con le azioni e che può essere scelto o evitato in funzione di essa. • Esempio, parlare di fatti avvenuti in precedenza – fatti storici – o libera invenzione di fatti, similitudini e favole. Gli esempi devono essere utilizzati come dimostrazione solo se non si dispone di entimemi, mentre possono essere posti a conclusione degli stessi se li si vuole mascherare. Gli esempi fanno, così, da testimonianze, occultando il ricorso al ragionamento induttivo. Gli entimemi possono essere dimostrativi - “del fatto che qualcosa è o non è” – o confutativi, in questo caso, si traggono conclusioni non accolte dall’avversario attraverso uno stretto accostamento di opposti. Le massime possono esprimere concetto imprevisto o controverso: “io, per parte mia, dal momento che non si deve essere oggetto di invidia né essere inattivi, affermo che i bambini non debbano essere educati”. Possono anche non esprimere nulla di inatteso: “Non esiste amante che non ami sempre”. In ogni caso per utilizzare le massime è necessario: • Avere una certa età; Luca Bartoli - 22 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Parlare di ciò di cui si ha esperienza; • Evitare di parlare in termini universali di ciò che universale non è; • Servirsi anche di massime abusate e comuni quando queste si rivelino utili, spesso l’essere comuni le fa apparire più veritiere. Le massime godono di un forte potere persuasivo, in quanto affermazioni universali. Gli uomini provano piacere nel sentire che le loro opinioni, formatesi nel particolare, vengono universalizzate. In oltre, chi pronuncia una massima si riferisce solitamente a propositi morali, se la massima è moralmente buona, anche il carattere dell’oratore apparirà buono. Alcune massime sono di carattere entimematico ma non sono parte di un entimema, “Essendo mortale, non serbare una collera immortale””. 2.3.4.1.3 Libro del messaggio Lo stile dell’oratore, ovvero la modalità con cui si espongono gli argomenti, è una sorta di recitazione per corrompere l’uditorio, agendo su volume della voce, ritmo ed armonia. L’espressione brillante fa apparire le cose “davanti agli occhi” – evidenza –, mostra i fatti in termini di antitesi e facilita la comprensione attraverso la metafora. La metafora coglie i nessi di somiglianza tra le cose distanti, conferendo piacevolezza, eleganza e chiarezza alla prosa. La dispositio serve a ordinare in maniera efficace, all’interno del discorso, il materiale che proviene dall’inventio. Aristotele si rifà a Corace per quanto riguarda le parti del discorso e aggiunge che: esordio ed epilogo fanno leva sui sentimenti del pubblico. Pro posizione ed argomentazione fanno leva sulla sua razionalità. L’esordio è il principio del discorso, precede l’argomento vero e proprio. Nel discorso epidittico si useranno la lode e il biasimo, l’esortazione e la dissuasione, l’offerta di un consiglio e l’appello ai sentimenti dell’ascoltatore benevolo. Si danno anticipazioni sull’argomento del discorso, rendendo evidente il fine a cui tende il discorso. Nel discorso deliberativo gli esordi sono rari in quanto l’argomento trattato è già a conoscenza dell’uditorio, al massimo serve ad eliminare il pregiudizio, ma più facilmente è un semplice ornamento. Nel discorso giudiziario serve agire sul giudice e sul pubblico, rendendoli benevoli, attenti e arrendevoli. In caso di difesa da un’accusa è già nell’esordi che si anticipa qua- Luca Bartoli - 23 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica le strada verrà usata. Aristotele elenca, inoltre, alcuni dei modi in cui un accusato si può difendere: • ricorrere ad argomenti che possano confutare un sospetto infamante; • sostenere che il fatto non sussiste; • sostenere che non c’è danno per quella particolare persona; • sostenere che il danno non ha l’importanza attribuitagli; • sostenere che il torto non comporta disonore; • sostenere che ciò di cui si viene accusati sia un errore, una sventura oppure una costrizione; • ricordare che l’accusatore è stato coinvolto nella stessa accusa; • contro-accusare l’accusatore; La proposizione è il racconto dei fatti trattati. Nel discorso epidittico la proposizione può essere estranea alla tecnica, se l’oratore non è causa dell’azione, o inerente alla tecnica, nel caso in cui si attribuisce importanza e veridicità all’azione che viene narrata. In ogni modo la narrazione non è mai continua, sono da narrare le azioni non “popolari” mentre quelle più famose vanno solamente richiamate alla memoria dell’uditorio. Nel genere giudiziario fondamentale per l’oratore è la misura; il discorso deve essere più breve possibile, sono da esporre solo le azioni passate che non producono né pietà né indignazione. Fondamentale è rendere chiaro il proposito morale delle proprie azioni e al tempo stesso basarsi sugli elementi emozionali. Infine, “presenta subito te stes- so in modo che il pubblico veda te, e anche il tuo avversario, come una persona di un certo genere, ma fallo in modo da passare inosservato”. Nel discorso deliberativo si procede con la sola narrazione dei fatti passati attraverso la critica o la lode. Si ritiene, infatti, che solo attraverso il racconto delle vicende trascorse, l’uditorio possa deliberare meglio su quelli futuri. L’argomentazione è il cuore del discorso persuasivo, è il momento in cui si adducono le prove che devono essere dimostrate e si confutano le tesi dell’avversario. Nel discorso epidittico le prove sono utilizzate per enfatizzare e amplificare la nobiltà e l’utilità delle azioni. Nel genere giudiziario, utilizzando l’entimema si arriva ad una dimostrazione o conclusione necessaria. In caso di Luca Bartoli - 24 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica discorso deliberativo fondamentali sono gli esempi, da ricercare negli avvenimenti passati. È nel momento dell’argomentazione che si può e si deve attaccare la tesi dell’avversario. A questo scopo, le interrogazioni sono uno degli strumenti più potenti, Aristotele prescrive di usarle solo se: • è possibile evidenziare un’assurdità • si vuole giungere ad una conclusione evidente • si vuole dimostrare che l’avversario utilizza contraddizioni e paradossi • si vuole ottenere una risposta di carattere sofistico L’epilogo, ovvero la conclusione, consiste nel ricapitolare il proprio discorso disponendo l’ascoltatore favorevolmente nei propri confronti e sfavorevolmente nei confronti dell’avversario; questo è il momento in cui, amplificando e diminuendo l’importanza di quello che è già stato dimostrato, si cerca di suscitare reazioni emotive da parte dell’ascoltatore. 2.3.5 Dopo Aristotele25 Sullo sviluppo della retorica in Grecia dopo Aristotele abbiamo poche testimonianze: sappiamo, di certo, che nel I sec. a.C. si aprì una disputa tra i due modi diversi di concepire l’arte della parola: • L’Asianesimo, nato a Pergamo in Asia Minore fra il IV e il III sec. a.C, è uno stile oratorio che esalta l’ampollosità ed il procedere lento del discorso. La sintassi complicata e l’abbondanza di figure retoriche, hanno spinto molti autori a paragonarlo al barocco del XVIII secolo. • L’Atticismo si contrappone nettamente all’Asianesimo, perché predilige la sobrietà, eleganza, stringatezza e utilizza una lingua piuttosto standard. Gli attici fanno riferimento a Lisia, retore vissuto nel 459 – 380 a.C., noto per il suo stile essenziale, diretto e puro. 25 Rassegna sui sviluppi della disciplina nel contesto greco, si tralasceranno così le singole tap- pe storiche per prediligere le fasi cruciali Luca Bartoli - 25 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica 2.3.5.1 Il trattato Sul Sublime SUL SUBLIME, arrivato a noi privo d’autore, è stato scritto tra il primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo Cristo. Rispetto alla RETORICA aristotelica è un’opera meno tecnica, che offre, tuttavia, interessanti spunti. Si colloca sul fronte asiano, perché sostiene che la buona riuscita del discorso, non dipende dall’utilizzo mirato della parola, ma principalmente dall’estro dell’autore, sia nella uso della parola sia nell’uso del silenzio. Per comprendere bene il quadro è da tener presente l’opposizione tra due scuole di retorica facenti capo a due retori: • Apollodoro di Pergamo (104-22 a.C), di tendenza atticista, considera la re- torica come una scienza della persuasione attraverso la parola. Secondo lui e i suoi seguaci, questa scienza ha un fondamento razionale: prove, argomenti e fatti hanno molta più rilevanza dei fattori emozionali. • Teodoro di Gardara (I sec a.C.), non ci sono giunte sue opere, ma sappia- mo che si schiera in aperta polemica con i principi di Apollodoro. Secondo lui la retorica è un arte, quindi, fondamentale è la libertà d’ispirazione e di tecnica. Principio fondamentale è l’incontrastabile priorità del singolo caso, e quindi del pathos. Per riassumere le due posizioni possiamo ricorrere a una semplice classificazione: Apollodei Teodorei Razionalisti Libertà di creazione Stile atticista Stile asiano Analogisti Animisti Il trattato che si inserisce nell’accesa controversia tra apollodorei e teodorei, presenta tesi molto vicine alle posizioni di Teodoro di Gadara. Il sublime si manifesta nei momenti di massima tensione espressiva quando, la parola, provoca nel pubblico il cedimento della dimensione logico-razionale, uno stato di alienazione mentale, sensazioni di entusiasmo che soggiogano e trascinano la mente di chi ascolta. L’enfasi è posta sugli aspetti più irrazionale: pathos, esta- Luca Bartoli - 26 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica si, entusiasmo, delirio. Il sublime è “l’eco della grandezza d’animo” : il prodotto di una mente che non nutre pensieri meschini e abietti, che è in grado di lasciare un’ impressione duratura e che stimola la meditazione. Possiamo tutti essere consapevoli delle sua esistenza, la tendenza al sublime è radicata nell’uomo, le sue manifestazioni sono constatazione di quanto siano grandi i confini della mente umana: • Grandezza di uno spirito; • Profondità di un’idea; • Potere della parola. Da Aristotele in poi il concetto di sublime è stato legato a quello di stile, così per autori come Cecilio di Calacte e Teofrasto; quest’ultimo classifica gli stili entro cui può articolarsi il discorso letterario o retorico: • Umile, serve a dimostrare; • Medio, serve a dilettare; • Sublime, serve a commuovere. L’autore, però, ritiene che per sublime non si debba intender “ciò che i retori chiamavano stile sublime: una cosa può essere in stile sublime e tuttavia non essere affatto sublime”. Il sublime non e’ un tipo di stile e non si trova circoscritto ad un particolare genere letterario. La sublimità è un effetto istantaneo provocato dalla speciale funzione della parola che agisce sulla psiche di chi ascolta. L’anonimo non vuole offrire una precettistica del sublime ma spiegare come e da quali fonti scaturisce il vertice dell’arte e la suprema eccellenza della parola. Il sublime è il delicato convergere di doti naturali e doti acquisite con lo studio: • Fonti innate: capacità di grandi concezioni e passione violenta e ispirata; • Tecniche acquisite: impiego di figure retoriche, linguaggio nobile ed elevato, adattamento all’armonia della frase. Le espressioni di fantasia, nate dall’entusiasmo e dalla passione, si concretano più facilmente in immagini dotate di un’evidenza quasi visiva, strettamente collegate al pathos, la forza irrazionale dell’animo che genera la vera arte . Il Luca Bartoli - 27 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica genio è colui che riesce a raggiungere l’equilibrio tra le fonti innate e quelle, creando il sublime, anche dalla semplicità e con il silenzio. l Sublime del genio non è necessariamente ciò che è straordinariamente bello, si lega piuttosto a termini come sbigottimento, sorpresa e anche spavento. 2.3.5.1.1 L’emulatio La spinta verso il sublime è l’emulatio, energia vivificatrice che suscita espressioni artistiche non uguali a quelle degli artisti imitati, ma provviste di corrispondente verità ed efficacia. I grandi autori sono, così, addotti come modelli del sublime; attenzione però a non confondere l’emulatio con l’imitatio. Il falso sublime è quello prodotto dall’industria della parola che era la scuola della retorica: gli autori “falsamente sublimi” vengono smascherati facilmente “fanno ben misera figura comportandosi da invasati davanti a chi non lo è affatto”. In conclusione, l’anonimo rompe le regole della retorica classica e rivendica l’importanza del pathos rispetto ai precetti dettati dai canoni. Una volta acquisite le tecniche è la passione a fare la differenza: “la perfezione formale dipende dall’arte, mentre il sublime dal genio” 2.4 L’oratoria romana26 L’ingresso ufficiale della cultura greca a Roma è datato 240 a.C., anno in cui Livio Andronico traduce in latino e mette in scena, ai ludi romani, un dramma greco. L’influenza greca trasforma profondamente Roma: fino ad allora cultura, arte e letteratura sono state secondarie rispetto all’azione e alla conquista. I Romani subiscono il fascino dei filosofi e degli artisti greci: nasce l’interesse per i problemi dello spirito e del pensiero. Già dal II secolo a.C. i giovani romani, quelli che avevano la possibilità di dedicarsi agli studi facevano largo uso di raccolte di opinioni, dette tesi che introducevano alla conoscenza del pensiero greco. Lo studio di queste tesi aveva soprattutto un fine pratico: forniva elementi per le discussioni nei processi o per l’oratoria politica. Della retorica pre- 26 Fonti Barhes, 1972; Coletti, 2004; Cicerone, De oratore edizione italiana a cura di Narducci E, 1997; Quintiliano, Istitutio oratoria; Guardiano, 2004; Bucco, 2004; Batoli, 2004; Cavalieri, 2004 Luca Bartoli - 28 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica ciceroniana abbiamo solo fonti indirette: Cicerone stesso, nel BRUTUS, parla dei retori romani prima di lui, come Catone il vecchio, detto il Censore, difensore della tradizione e capace di enunciare un discorso scritto a tavolino facendo finta di improvvisare – dissimulatio –. Nella stessa opera si riportano le vicende dei fratelli Gracchi, istruiti fin da piccoli da maestri greci, e di Antonio e Crasso, noti uomini politici, con i quali l’oratoria latina raggiunge i livelli di quella greca. La prima fonte diretta per i romani è il RHETORICA AD HERENNIUM, 86-70 a.C., trattato di dubbia attribuzione che traduce e riassume la RETORICA di Aristotele, anche se non troviamo nessun riferimento esplicito al mondo greco. In quest’opera si introduce la quinta operazione, la memoria: l’oratore dovrà saper collegare luoghi fisici e nozioni, così da poter ripercorrere mentalmente i luoghi e richiamare le nozioni ad essi collegate. 2.4.1 Cicerone e il De Oratore Cicerone conosce la retorica grazie ai maestri greci e a soli diciannove anni scrive il DE re DE INVENZIONE ORATORIA, ORATORE, interamente dedicato all’inventio. Nelle ope- BRUTUS e ORATOR Cicerone assegna alla retorica un ruolo di arte legittima, arte delle arti, non più subordinata rispetto alle altre. Cicerone nella sua ricerca decide di concentrarsi, non sul vero, ma sul verosimile, sul probabile. Centrale è il tema dell’utilità del sapere, del significato che deve assumere per migliorare la vita degli uomini in società. Il DE ORATORE è un’opera in forma epistolare attraverso cui Cicerone desidera conoscere l’opinione degli uomini più autorevoli sull’arte oratoria. Confrontando l’eloquenza con le altre discipline, Cicerone mette in luce le difficoltà dell’arte delle arti che richiede al contempo: • Vasta cultura; • Stile plasmato nella scelta e nella disposizione delle parole; • Conoscenza dei sentimenti e delle passioni umane; • Qualità come eleganza, finezza e garbo; • Conoscenza della storia e dei grandi uomini; Luca Bartoli - 29 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Mimica e voce migliori degli attori; • Memoria, “scrigno di tutte le conoscenze”. La vicenda narrata è ambienta nel 91 a.C. nella Villa di Crasso. Crasso è raggiunto da Marco Antonio e Muzio Scevola, e da alcuni giovani amici con ambizioni politiche. Si discute dell’importanza della parola, del rapporto tra filosofia e retorica, di eloquenza, di arte e di tecnica. Emergono alcuni punti fondamentali, interessanti per la nostra analisi. 2.4.1.1 Sulla retorica I fondamenti della retorica sono prima di tutto doti naturali come: cuore, intelligenza, memoria, eleganza, lingua sciolta, timbro di polmoni, vigoria fisica, bel volto e armonia del corpo. La tecnica può migliorare ciò che è buono, ma non fa miracoli per qualcuno naturalmente negato. Circa la nascita della retorica: “la retorica sia nata dall’eloquenza e non viceversa, taluni hanno studiato l’istinto degli uomini eloquenti, traendo questi precetti”. 2.4.1.2 Sulle operazioni Cicerone recupera dalla tradizione aristotelica alcuni punti come i tre generi di orazioni – giudiziarie, politiche e laudative – e le quattro operazioni a cui aggiunge la memoria. Riguardo all’inventio, per bocca di Antimonio, Cicerone afferma che in una causa gli argomenti possono essere individuati all’interno della causa stessa e da ciò che può conciliare l’animo dei giudici o suscitare le emozioni. L’importante è prestare la massima attenzione a non danneggiare la causa, tacendo ciò che bisogna tacere, non introducendo discorsi estranei, non provocando un testimone, non rendere odiose qualità del cliente, non scagliandosi contro persone benvolute. La tattica è simile a quella di un combattente cauto e previdente: • Appigliarsi ai punti positivi: abbellirli, dilatarli, soffermarcisi, indugiarvi; • Scansare i punti negativi occultandoli sotto quelli favorevoli senza dare l’impressione di sfuggirli – dissimulatio –; • Far leva sulle prove o sull’animo dei giudici secondo causa; • Confutare avversario o sostenere la sua tesi; Luca Bartoli - 30 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Non replicare ad argomentazioni difficili o imbarazzanti; La dispositio dipende dalla natura della causa e dalla sagacia dell’oratore. Bisogna dare impressione di puntare solo a docere, facendo digressioni per toccare l’animo e distribuendo adeguatamente le argomentazioni: le più forti nell’esordio, le mediocri al centro e le migliori alla fine. La forma dell’esordio deve essere accurata, ingegnosa, nutrita di idee, stilisticamente propria e adatta alla causa, è all’inizio che si cattura l’ascoltatore calmandolo e affascinandolo. Gli elementi si devono ricavare dalla causa dopo averla esaminata approfonditamente e dopo aver disposto e sistemato gli argomenti. Caratteristiche dell’esordio: • Deve contenere un’idea del soggetto in discussione • Deve essere proporzionato alla materia • Deve essere coerente e ben coeso col resto del discorso, deve essere connesso con il resto • Deve ben disporre nei nostri confronti il giudice L’actio è il modo di esporre, la messa in scena del discorso retorico ed è ritenuta da Cicerone fondamentale per l'oratoria. Con l'actio si devono manifestare o simulare delle passioni. Le passioni non devono essere inibite, anzi si deve conferire ad ognuna di loro la giusta espressione attraverso il tono di voce. A questo livello sono fondamentali tutti gli aspetti non propriamente verbali della comunicazione: • Tono di voce, è il fattore più importante. Bisogna curare la voce e coltivarla, bisogna cambiare frequentemente il tono per mantenere viva l'attenzione, alzandolo ed abbassandolo senza mai superare la soglia massima e quella minima. • Gestualità, dev’essere chiarificatrice, non mimica, ma semplici cenni. Il busto dev’essere vigoroso, mentre le mani devono solo accompagnare le parole; • Espressioni del viso e degli occhi. La memoria è fondamentale per il successo di una causa perché aiuta a non ripetersi e a confutare l’avversario ricordando quanto detto da lui. La memoria Luca Bartoli - 31 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica ha una componente naturale e l’arte serve a svilupparla e consolidarla. La tecnica dei loci serve a dare ordine alla memoria: dal momento che restano maggiormente impresse nella nostra mente le immagini derivate dai sensi, più di tutte dalla vista, bisogna sfruttare la vista come risorsa per la memoria, collegando le parole ad immagini significative e collocandole nei luoghi. Questo raddoppiammento – memoria delle parole e delle cose – permette all’oratore di tenere a mente lunghi discorsi e a non perderne il filo. 2.4.1.3 Sulle parti del discorso La forma dell’esordio deve essere accurata, ingegnosa, nutrita di idee, stilisticamente propria e adatta alla causa, è all’inizio che si cattura l’ascoltatore calmandolo e affascinandolo. Gli elementi si devono ricavare dalla causa dopo averla esaminata approfonditamente e dopo aver disposto e sistemato gli argomenti. Caratteristiche dell’esordio: • Deve contenere un’idea del soggetto in discussione • Deve essere proporzionato alla materia • Deve essere coerente e ben coeso col resto del discorso, deve essere connesso con il resto • Deve ben disporre nei nostri confronti il giudice La narratio, parte centrale, deve essere breve e prespicua. È importantissima in quanto fonte di tutto il resto del discorso: • Breve: assenza di parole superflue; • Chiara: la mancanza di chiarezza potrebbe essere alquanto pericolosa in questa fase del discorso; • Comprensibile: usando parole tratte dal linguaggio quotidiano, rispettando ordine cronologico, assenza di interruzioni • Completamente esente dal rischio di danneggiare la causa Per le prove occorre stabilire oggetto della controversia e addurre le prove da una parte e dall’altra per confermare e confutare, due azioni complementari. L’epilogo amplifica gli argomenti e utilizza al massimo grado il pathos per in- Luca Bartoli - 32 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica fiammare o placare l’animo del giudice usando tutti gli elementi che possono commuoverlo e influenzarlo. 2.4.1.4 Sui generi Il genere deliberativo prevede che davanti all’Assemblea popolare, o di fronte al Senato, si possa dare libero sfogo alla capacità oratoria utilizzando varietà e solennità di linguaggio: il calore della moltitudine rende l’oratore capace. Nell’ambito politico l’oratore deve essere ottimo conoscitore della res publica e dei mores; lo stile oratorio dev’essere grandioso e splendido, poiché la massima aspirazione per un oratore è parlare davanti ad una moltitudine. L’orazione giudiziaria usa esortazioni e ricordi, spinge gli animi alla speranza,al timore, alla gloria e allontana da ira, vizi, invidia e crudeltà. Il discorso epidittico deve essere appropriato alla virtù, basandosi soprattutto sulle azioni di riflesso che la virtù genera, in primis se sono state compiute da uomini forti che hanno affrontato pericoli senza speranza di ricompensa. “L’unico motivo di lode dev’essere la virtù” , ovvero, l’uso moderato di qualità come stirpe, bellezza, forza e potenza (non superbia per il denaro, non tracotanza nell’esercizio del potere, non usare con l’eloquenza la superbia e il bene personale). Le virtù in senso stretto risiedono nell’indole e portano al bene – clemenza, giustizia,coraggio – e sono maggiormente apprezzate dall’uditorio perché portano bene collettivo, oppure risiedono in capacità intellettuali – saggezza, grandezza d’animo – quindi sono meno apprezzate perché sono più vantaggiose per il singolo. I fatti scelti devono essere grandi, unici e inauditi. L’oratore deve possedere un sapere enciclopedico, conoscendo sia le virtù che i vizi ad esse opposti. Oltre alle azioni, sono fonte di lode: • cariche rivestite; • premi al valore; • imprese esaltate dall’opinione pubblica; • volere degli Dei; • confronto con altri personaggi ragguardevoli. Occorre evitare difetti di orazione che susciterebbero disapprovazione: Luca Bartoli - 33 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Pronuncia di parole aspre o arroganti, rivelatrici di cattivo animo • Antipatia personale o malanimo • Argomento sgradito • Mal disposizione del popolo A questi difetti si può rimediare con rimprovero, ammonizione, preghiera e assicurazione che, se il pubblico ascolterà, sarà d’accordo. La battuta o il motto di spirito possono risultare preziose. 2.4.1.5 Sullo stile Per bocca di Crasso, Cicerone, parla dell'uso delle parole nel discorso retorico: per analizzarle le si deve considerare sia separatamente sia nelle loro combinazioni, le frasi. Per quanto riguarda le singole parole, ci sono 3 modi per rendere elegante lo stile: • Arcaismi, termini arcaici scomparsi dal linguaggio di tutti i giorni e che di solito troviamo nella poesia. A volte è bene usare anche qualcuno di questi termini per conferire solennità allo stile. • Neologismi, parole inventate e create dall'oratore, combinazioni artificiali • Metafore, si usano quando un concetto è difficilmente esprimibile con un termine proprio, oppure per aggiungere splendore all'orazione. Lo scopo è rendere più chiaro un concetto, oppure ottenere un effetto di concisione. Le metafore sono uno strumento molto potente, permettono di esprimere un concetto non noto o oscuro con un altro che, invece, è noto e chiaro. Sul loro utilizzo Cicerone prevede che: • Chi le utilizza ha un ingegno acuto; • Il pensiero di chi ascolta viene trasportato altrove senza perdere il filo; • Con una parola sola si sintetizza l'essenza; • Fa appello direttamente ai sensi; • Bisogna prendere la similitudine non troppo da lontano; • Evitare che le metafore faccia riferimento a qualcosa di triviale, rozzo; • Se è troppo forte, la si può attenuare con qualche parola che abbia la funzione di introdurla; Luca Bartoli - 34 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Deve essere discreta. Attraverso l’intervento di Crasso conosciamo le figure che caratterizzano lo stile del periodo: • Allegoria: figura che consiste nella sovrapposizione al senso letterale di un senso simbolico • Metonimia: la parola viene trasferita dal concetto cui propriamente si applica ad un altro concetto a cui è legato da un rapporto di contiguità semantica. Gli stili che un oratore può adottare sono: plenus –ricco e ben tornito–, tenius – semplice ma non privo di forza– e mediocris – combinazione degli altri due stili–. Il buon oratore deve sempre, nell'uso delle parole singole, usare metafore, neologismi e raramente arcaismi. Nella struttura del discorso, invece, deve formulare combinazioni piacevoli a livello fonetico e di ritmo e abbellire lo stile. Quando si tiene un discorso sono da considerare alcuni fattori: • Qual è il tipo di discorso da tenere: causa, narrazione… • Da chi è composto l’uditorio • Quali sono le caratteristiche dell’oratore stesso, come: età, carica ricoperta, prestigio ecc. • Quali sono le circostanze esterne: siamo in pace o guerra, quanto tempo abbiamo per la nostra orazione… 2.4.2 Quintiliano e l’Istitutio oratoria Quintiliano inizia l’attività forense a soli 19 anni, affiancandovi, da sempre, l’insegnamento della retorica. L’ISTITUTIO ORATORIA, la sua opera principale, non è concepita come un trattato di retorica, ma come un manuale per l’educazione e la formazione fin dalla nascita di un oratore. Il carattere dell’opera è di tipo enciclopedico, nessuno prima di Quintiliano ha trattato la retorica in questo modo. Intento di tutta l’opera è formare il perfetto oratore “un uomo moralmente retto… che possegga non solo un’eccellente dote oratoria, ma anche tutte le virtù dell’animo”. In tutta la minuziosa, descrizione del per- Luca Bartoli - 35 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica corso previsto fin dalla nascita del promesso oratore, Quintiliano offre spunti di riflessione che possono arricchire la nostra analisi. 2.4.2.1 Sulla retorica e il suo insegnamento L’oratore ideale, secondo Quintiliano, dev’essere prima di tutto un uomo onesto, grazie a questo potrà più facilmente convincere gli altri di ciò che è vero e onesto. Deve conoscere i principi che regolano la moralità, poiché l’onesta non può essere concepita senza la virtù. Anche la bellezza gioca il suo ruolo “un individuo bello ha sempre maggiore credibilità di uno meno bello”. Mentre, la coscentia è la sicurezza di sé, la consapevolezza del proprio valore, il miglior correttivo contro la timidezza. Il principale pregio dell’eloquenza è la chiarezza: i discorsi goffi, ampollosi e altisonanti non peccano per eccesso, ma per difetto; alla chiarezza seguono brevità e verosimiglianza. L’obiettivo di ogni discorso retorico è triplice: • docere; • movere; • delectare. Un buon maestro deve essere come un padre, maestro d’eloquenza e di morale; dovrà essere un modello per il giovane, sapendolo ammonire e guidare con l’esempio, perché più volentieri imitiamo coloro che ci piacciono, senza lasciar spazio alla sfrenatezza e mostrando cosa è da approvare e cos’è, invece, disdicevole. Ogni buon oratore, se vuole, può essere un ottimo insegnante, perché ha perfettamente appreso come si arriva all’eloquenza e quindi può insegnarla. La facilitas è la disinvoltura nell’espressione, di cui la ricchezza del lessico, la correzione e la riflessione, sono solo alcuni indicatori. Per acquisire e conservare questa facilità d’improvvisazione sono fondamentali gli esercizi di lettura e scrittura. Luca Bartoli - 36 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica 2.4.2.2 Sulle operazione della retorica La dispositio è l’operazione che si occupa di come distribuire la materia nel discorso. La strategia può essere ascendente o discendente a seconda che si preferisca partire dagli argomenti più forti o più deboli. La scelta e la messa in ordine delle parti di tutto il discorso, la collocazione delle idee – res – delle forme linguistiche – verba – e delle forme artistiche - figurae – servono a dare ritmo attraverso un turbamento dell’ordo naturalis. L’elocutio è l’esposizione delle idee trovate nell’inventio attraverso la scelta dello stile dell’orazione. Le figure costituiscono il corpus dell’elocutio, il nucleo centrale dell’orazione, si usano per creare un collegamento tra i due livelli dell’espressione. Le figure più tipiche sono i tropi, essi si fondano su una derivazione del significato primario dell’espressione. 2.4.2.3 Sulle parti del discorso La narrazione ha come obiettivo quello di illustrare i fatti, per questo sono necessari: • chiarezza, la prosa deve essere vicina al linguaggio comunene accompagnata da una gestualità composta; • brevità, bisogna dire ciò che è necessario e sufficiente; • verosimiglianza, per essere credibili l’esposizione dei fatti e delle circostanze devono essere ordinate, mentre è auspicabile tralasciare quei fatti che sono avversi. Chiarezza e brevità sono necessarie, ma talvolta si può esulare dalla verosimiglianza; i tre generi narrativi sono: il racconto, avulso da ogni forma di verità; il canovaccio, verosimile; la storia, ricostruzione di fatti realmente accaduti. Le prove possono essere: • Prove a evidenza diretta, extratecniche, si tratta di prove raccolte per cui non vi dev’essere dimostrazione; appartengono a questa categoria: sentenze già emesse, voci e dicerie che esprimono il giudizio della gente comune, confessioni ottenute attraverso la tortura, documenti, giuramenti e testimonianze. Luca Bartoli - 37 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica • Prove costruite dall’oratore, tecniche, prove di fatto ovvero indizi certi o verosimili, prove di ragionamento basate sul sillogismo ed esempi basati sulla similitudine. Lo scopo di questo genere di prove è dare credibilità a elementi dubbi. I luoghi comuni, loci, a cui si può attingere, sono relativi soprattutto alle persone:famiglia, nazionalità, sesso, età, aspetto fisico, indole… La proposizione serve a presentare per sommi capi ciò che si vuol provare o confutare. Le proposizioni possono essere semplici, doppie o multiple, in ogni caso dipende dalla formulazione dei capi d’accusa. La partizione può essere utile ad addebitare o demolire numerosi capi d’accusa, quando i singoli punti hanno una propria autonomia. Le questioni trattate possono essere: • questio infinita, in greco [tesis], il cui obiettivo è la conoscenza, ci si preoccupa qui in termini generali, ad esempio “se un uomo debba prender mo- glie” • questio finita, in greco [hypothesis], ovvero la specifica causa il cui obiettivo è l’azione, qui la questione sarà affrontata con persone, tempi e luoghi, ad esempio “se Catone debba prender moglie” La digressione serve ad addolcire il passaggio tra la narrazione e le prove, ma occorre prestare attenzione perché si tratta di una consuetudine pericolosa; talvolta deviare dal filo del discorso può essere un male. La perorazione o epilogo ha una duplice natura basata su fatti e sentimenti. Si tratta di una breve ripetizione dei fatti che serve a rinfrescare la memoria del giudice, attraverso l’accorpamento dei singoli punti. Si deve ripercorrere per sommi capi, vivacizzando il discorso e variando le figure retoriche, bisogna evitare la ripetizione secca che quasi diffida della memoria del giudice. Qui si dovrà insinuare dubbio per le risposte e per le lacune dell’avversario. Le controparti fanno appello pressappoco agli stessi sentimenti, anche se ad alcuni spetta il compito di stimolarli, agli altri di calmarli. Rispetto all’esordio vi è maggiore libertà: se all’inizio è richiesta una certa moderazione, dato che basta essere bene accetti… nell’epilogo, invece, il punto è con quale disposizione d’animo il giudice va a deliberare sul caso. Luca Bartoli - 38 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica 2.5 L’epilogo della retorica27 2.5.1 La retorica scritta Nel decimo libro dell’ISTITUTIO Quintiliano a proposito della facilitas (2.4.2.1) elabora per la prima volta una teoria retorica dello scrivere. La firma facilitas serve a combattere la sterilità, la paura della pagina bianca, senza cadere nella logorrea. Così, Quintiliano abbozza una propedeutica dello scrittore: bisogna leggere e scrivere molto, imitare molto, lasciar riposare i testi e poi correggerli. La differente velocità tra pensiero e mano è vista come benefica, la lentezza della mano permette all’autore di riflettere su ogni parola. La retorica, così, cessa di opporsi alla poetica, in favore di una letteratura non più istituita soltanto come oggetto d’insegnamento, ma come arte dello scrivere e tesoro delle forme letterarie. La svolta fondamentale avviene nei primi scoli d. C.: aumenta il distacco tra oratoria, l’insieme di mezzi con cui si può persuadere all’azione e la precettistica dell’esprimersi, poetica e grammatica. Questo cambiamento porterà alla fine della retorica, intesa come forma di comunicazione orale. 2.5.2 La Retorica cristiana La retorica con Aurelio Agostino (354 – 439) è relegata a strumento per l’esegesi, comprensione delle Sacre Scritture, per mezzo delle quali avviene l’educazione alla verità, cui sapienza ed eloquenza sono strettamente unite. Il modello per eccellenza è la Bibbia, esempio stile humilis privo di significati traslati e figure retoriche. Quest’umiltà serve a rendere la parola di Dio accessibile 27 Fonti: Barthes, 1972; Guardiano, 2004. Naturalmente la retorica ha avuto una sua evoluzione moderna e classica, inevitabilmente sacrificata in questa sede. La ragione di questo sacrificio è la scelta di focalizzarsi in questo capitolo sulla retorica applicata all’oralità, quindi classica, passata progressivamente in secondo piano con la scrittura, fino ad estinguersi. Tratti di questa retorica originaria, emergeranno riattualizzati nei modelli di comunicazione efficace che presenteremo in seguito. L’idea è quella che discipline che si dichiarano moderne o addirittura post-moderne attingano alla retorica classica molto più di quello che ci si potrebbe immaginare Luca Bartoli - 39 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica a tutti e si giustifica con la profondità assoluta del contenuto, che è più che sufficiente a suscitare vigore intellettuale a chiunque non sai superficiale. Nel tardo Medioevo l’insegnamento della retorica è sacrificato. In controtendenza un gruppo di gesuiti codifica nel 1586 la Ratio Studiorum consacrando la retorica come materia superiore alle altre. Così, lo studente primo in retorica, imperator, è considerato migliore di tutti. 2.5.3 La lotta per le idee. A partire dal XIII l’insegnamento della retorica assume un andamento agonistico, riflesso di una situazione di mercato. In diretta concorrenza con le scuole religiose, nascono scuole libere lasciate all’iniziativa di maestri, spesso, poco più che ventenni. Di questo periodo sono arrivati a noi aneddoti come quello dello studente Abelardo che sfida e liquida il suo maestro; la concorrenza finanziaria si ripercuote sulla lotta per le idee: lo stesso Abelardo costringe il maestro Guillaume de Champeaux a rinunciare al realismo, liquidandolo sotto ogni punto di vista. Nelle scuole della parola si praticano due esercizi: • Lezione, lettura e spiegazione di un testo fisso, generalmente Aristotele o la Bibbia. A questo livello si analizza il testo suddividendolo – expositio – e si analizzano i pro e contro delle proposizioni del testo, attraverso la forma sillogistica. Con gli anni la lezione è considerata sempre più noiosa e sacrificata in favore della • Disputa, vera e propria cerimonia dell’arte della parola, sfida dialettica sotto la presidenza di un maestro. Il riferimento è a una concezione sportiva: si formano gli atleti della parola, strumento di prestigio in grado di assicurare potere. La disputatio rappresenta, al tempo stesso, la massima espressione e la degenerazione della dialettica, intesa come arte del discorso vivo,a due. Questa concezione non ha nulla a che fare col senso platonico. Il dialogo è aggressivo, in posta c’è la vittoria, la battaglia è aperta, si combatte a suon di sillogismi ed entimemi. Il protocollo seguito nelle dispute è quello del Sic et non: si confrontano un contradditore e un candidato, che deve difendere la sua tesi dalle obie- Luca Bartoli - 40 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica zioni, arbitro e giudice è sempre il maestro che presiede. La disputatio è uno sport, invade ogni cosa: non solo rappresenta per gli studenti un vero e proprio esame, ma i maestri si sfidano davanti a loro una vollta a settimana. Il rituale è codificato e scandito da gesti formali, per impedire alla discussione di degenerare. Il rischi è sicuramente alto, il sillogismo è un’arma e i due guerrieri della parola non hanno nessuna remora ad utilizzarla per castrare l’avversario. Ad oggi, come osserva Roland Barthes, nonostante la forma della disputatio si sia estinta, il problema della gestione del conflitto verbale resta aperta. 2.5.4 Morte della retorica Roland Barthes colloca la morte definitiva della retorica, come forma di co- municazione sia orale sia scritta, nello stesso periodo in cui trionfa come forma di insegnamento. Il colpo mortale è inferto dal valore dell’evidenza (dei fatti, delle idee, dei sentimenti) che è di per sé autosufficiente e può fare a meno del linguaggio se non come espressione. La retorica viene tollerata ma è ormai monca, mutilata di una sua logica, rimane l’aspetto colorato, sempre più mal visto. 2.6 L’eredità della retorica Constatato il decesso28 della retorica, non possiamo che chiederci cosa è rimasto dell’arte della parola e su come abbia influito sulla nostra idea di comunicazione. La maggior parte dei modelli sulla comunicazione umana partono dalla distinzione tra un emittente, un messaggio ed un ricevente29, da parte nostra possiamo affermare che capostipite di tutti questi modelli e delle teorie su essi costruite è Aristotele e la sua ripartizione de LA RETORICA in libro dell’oratore, del pubblico e del messaggio. Come vedremo, molti spunti di ricerca psicologica nascono proprio dalle teorizzazioni dell’arte della parola. La pubblicità stessa 28 In realtà si tratta di un decesso apparente, o per meglio dire: muore l’arte ma non la tecnica, la disciplina ma non il bisogno che l’ha fatta nascere 29 Solitamente attribuita a Shanon e Weaver cui aggiungono solitamente il feedback, ovvero l’informazione di ritorno che il ricevente trasmette, anche inconsapevolmente, all’emittente Luca Bartoli - 41 - Introduzione alla comunicazione efficace - I maestri della retorica ruba alla retorica le sue idee, i suoi precetti e le sue tecniche per farne strumenti di persuasione, più o meno esplicita… E il nostro viaggio continua… Luca Bartoli - 42 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione 3 Psicologia sociale della persuasione 3.1 Introduzione30 Tra i vari temi affrontati dalla psicologia sociale, quello della persuasione è certamente uno dei più esaminati. Il primo studio risale al 1942, anno in cui un giovane professore di Yale, Carl Hovland, fu incaricato dal governo degli Stati Uniti d’America di studiare l’influenza di alcuni messaggi su cittadini e militari. Fonte dei messaggi era il governo stesso che, dopo la decisone di entrare in guerra, voleva assicurarsi sostegno e consenso da parte dei cittadini. Lo studio proseguì anche dopo la fine del conflitto mondiale e per vent’anni il programma analizzò e esaminò le caratteristiche che rendono più o meno probabile l’accettazione di un messaggio. Queste ricerche, come le successive, si basano sulla distinzione tra Emittente – Messaggio – Ricevente31. 3.1.1 Definizione È bene chiarire da subito che per persuasione, o comunicazione persuasiva, intendiamo quel “particolare tipo di comunicazione che ha come obiettivo l’indurre nel destinatario un cambiamento d’atteggiamento o comportamento32”. Se, così, distinguiamo la persuasione dalle altre forme di comunicazione, quasi come se fosse una sorella cattiva, non dobbiamo dimenticare che la persuasione, comunque, lascia al destinarlo “qualche margine di libera scel- ta33”. Così da differenziarla dalla coercizione, “influenza sociale in cui il desti- natario sperimenta l’impossibilità di scegliere34”. 30 Fonti: Cavazza, 1996; Vannoni, 2001; Moghaddam, 2002; 31 Che abbiamo visto risalire ad Aristotele, e alla sua divisione de La Retorica in Libro dell’ora- tore, Libro del pubblico e Libro del messaggio. 32 Vannoni, 2001 (pag. 4) 33 Moghaddam, 2002 (pag. 125) 34 Ibidem Luca Bartoli - 43 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione 3.2 Modelli e teorie35 3.2.1 Modelli mutuati: Shannon-Weaver e sue evoluzioni Per anni gli studi sulla persuasione prendono in prestito i modelli della psicologia comunicazione. 36 Solitamente, il primo modello citato in letteratura è quello di Shannon e Weaver pubblicato nel 1949. Partendo dalla distinzione tra una fonte, un messaggio e un destinatario, la comunicazione è vista come un processo di trasmissione e ricezione di informazioni, in grado di superare l’ostacolo del rumore. Come si può vedere l’idea è quella di un trasporto, quasi materiale, dell’informazione. Il modello trae spunto dai processi di interazione uomo-macchina e macchinacon-macchina. Probabilmente è funzionale a rappresentare questi tipi di comunicazione, ma non è davvero appropriato per quanto riguarda la comunicazione umana37. Modelli successivi, come quello di Schram, non sono altro che l’evoluzione del modello appena visto. Si tengono in considerazione più elementi, più operazioni e più possibilità di comunicazione, ma l’impostazione è la stessa. 35 Fonti: Cavazza, 1996; Vannoni, 2001; Moghaddam, 2002; Cavazza – Palmonari – Rubini, 2004 36 Tratto da Vannoni, 2001 37 Se così non fosse la razza umana sarebbe a rischio di estinzione. Basta guardare il modello per capire che, se concepissimo così la comunicazione, sarebbe impossibile invitare qualcuno ad uscire anche solo per una pizza. Luca Bartoli - 44 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione 38 3.2.2 Modelli specifici sulla persuasione Gli studi iniziati da Hovland durante la seconda guerra mondiale proseguirono e negli anni sempre più studiosi si dedicarono al tema. Tuttavia bisognerà aspettare fino agli anni ’80 perché si pubblichino le prime due proposte per una teoria generale del processo di persuasione. Le due proposte prevedono entrambe un doppio percorso. Per questo motivo sia il modello della probabilità di elaborazione di Petty e Cacioppo sia quello euristico-sistematico di Eagly e Chaiken, sono chiamati modelli a due vie. 3.2.2.1 Modelli a due vie Il modello della probabilità di elaborazione – ELM – di Petty e Cacioppo prevede che il cambiamento di atteggiamento possa seguire due strade diverse: un percorso centrale e un percorso periferico. Il percorso centrale richiede una discreta quantità di energie, si tratta di scelte attente ed accurate. Il percorso centrale è lineare, costituito da vari steps: • Attenzione; • Comprensione • Confronto • Integrazioni tra informazioni e credenze precedenti e quelle fornite dal messaggio 38 Tratto da Vannoni, 2001 Luca Bartoli - 45 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione • Valutazione Nel percorso periferico, invece, è più importante come sono presentate le argomentazioni rispetto alla loro logica. È qui che entrano in gioco, per esempio, l’attrattività della fonte, le associazioni a stimoli piacevoli o i fattori cromatici, detti anche indici periferici. La questione sta tutta nel capire quando le persone useranno un percorso e quando un altro. Il percorso centrale costa molto in termini di energie psichiche, e per questo è improbabile che la quantità di messaggi persuasivi che ogni giorno ci sbatte addosso, sia analizzata in modo attento ed accurato. Quale dei due sentieri sarà seguito dipende essenzialmente da due fattori, la motivazione e le abilità cognitive. La motivazione fa riferimento alla rilevanza del tema per il ricevente, mentre per “abilità cognitive” Petty e Cacioppo intendono sia il livello di intelligenza sia le competenze tecniche, fattori più stabili rispetto alla momentanea motivazione. In sostanza se il soggetto è motivato e possiede le abilità cognitive necessarie, seguirà un percorso centrale. Come abbiamo visto, questo percorso, lo può portare a cambiare opinione, ma solo dopo aver fatto attenzione, aver compreso il messaggio, averlo confrontato, integrato e valutato con cura. Quello che conta a questo livello è la qualità dell’argomentazione. Dall’altra parte, se il soggetto non è motivato o non possiede le abilità cognitive necessarie, seguirà il c.d. percorso periferico, dando maggior peso ai segnali periferici. Non dobbiamo però pensare ai due percorsi come strade alternative, si tratta piuttosto di poli opposti dello stesso continuum. Da esperimenti condotti da Petty, Cacioppo e Goldman, nel 1981, risulta che, in condizione di alta motivazione, nel caso specifico rilevanza personale, i soggetti hanno atteggiamenti nettamente più vicini alla posizione a cui sono stati esposti, se questa è stata sostenuta da motivazioni forti. In caso di bassa rilevanza personale/motivazione i soggetti fanno più attenzione alla fonte e alla sua expertise rispetto alla forza delle motivazioni. Luca Bartoli - 46 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione 3.2.2.1.1 Modello euristico-sistematico Negli stessi anni in cui viene pubblicata la proposta di Eagly e Cacioppo, altre due ricercatrici Shelly e Chaiken presentano il loro modello euristico- sistematico. Questo modello prevede due diversi processi, attraverso cui una persona valuta se accettare o meno un messaggio presentatogli. • Il processo sistematico, in analogia col percorso centrale, consiste nell’elaborazione approfondita dei contenuti. • Il processo euristico prevede il raggiungimento di un’opinione attraverso un euristica. Le euristiche sono scorciatoie cognitive che ci permettono di andare oltre i limiti della nostra memoria e della nostra attenzione39. Un esempio classico di euristica è “se costa tanto significa che è di buona qualità 40”. Le descrizioni ricordano quelle dei percorsi di Petty e Cacioppo e anche in questo modello motivazione e capacità cognitive sono fondamentali. Ma in cosa, allora, questo modello differisce dall’altro? Nel modello euristico-sistematico le due modalità non si escludono vicendevolmente, ma possono rafforzarsi l’un l’altra o attenuarsi a vicenda. Così in caso di coerenza tra giudizi sistematici e euristici le opinioni saranno forti e decise, mentre, in caso di contrasti più moderate e prudenti. 39 Campus, 2000 40 Cavazza – Polmonari – Rubini, 2004 Luca Bartoli - 47 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione 3.2.2.2 Il modello unimodale 41 Dopo quasi vent’anni di dominio assoluto dei modelli a due vie, Kruglansky, Thompson e Spiegel pubblicano la sua proposta alternativa. Il modello è det- to unimodale, perché sostiene che il cambiamento di atteggiamenti è sempre il risultato dello stesso meccanismo. Sempre e comunque, si verificano le ipotesi e si fanno inferenze di tipo sillogistico42. La comunicazione attiva nel soggetto credenze pre-esistenti nella memoria del soggetto, queste credenze pertinenti al giudizio da formulare sono dette evidenze rilevanti. Non esistono, quindi, strade centrali o periferiche, e i risultati che sostengono i modelli duali sono dovuti ad artefatti metodologici, come il fatto che le informazioni sulla fonte sono immensamente più semplici e brevi di quelle sul messaggio. Persino quelli che Petty e Cacioppo definiscono elementi periferici possono essere oggetto di elaborazione approfondita. Mentre per dirla coi termini di Eagly e Chaiken persino le euristiche seguono lo schema sillogistico43. Secondo Kruglanski, Thompson e Spiegel la natura del processo è unica, quello che cambia è l’estensione del processo, ovvero la durata della verifica delle ipotesi successive prima di arrivare ad una conclusione soddisfacente. Questa durata dipende da motivazione e capacità cognitive. A questo punto il 41 Tratto da Cavazza – Palmonari – Rubini, 2004 42 Si veda 2.3.4.1 43 Aristotele definirebbe le euristiche “entimemi”, pseudo-sillogismi fondati sul verosimile. Luca Bartoli - 48 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione modello scende più a fondo: esistono vari tipi-specifici di motivazione, e tutti influiscono sulla probabilità di elaborazione. Per le abilità cognitive, c’è da distinguere tra: • Aspetti software: disponibilità e accessibilità di credenze pre-esistenti che facciano da premessa per ragionamenti di tipo sillogistico. • Aspetti hardware: attenzione e energia cognitiva disponibile. Il modello unimodale è confermato da recenti esperimenti, che hanno mostrato che in caso di maggiore motivazione non c’è preferenza verso una classe particolare di informazioni – qualità delle argomentazioni o segnali periferici –. La motivazione agisce solo sulla durata e sulla profondità del processo, ma non sul tipo di informazione processata, che di volta in volta è quella più rilevante per il soggetto. 3.3 Studi sul processo di persuasione44 Gli oltre 60 anni di studi sul processo di persuasione, per lo più, sono fondati sulla divisione aristotelica tra emittente, messaggio e ricevente, cui si è aggiunto un quarto fattore: il canale. Così, fino alla metà degli anni ‘8045 gli studi hanno considerato i quattro fattori singolarmente. Per quanto riteniamo preferibile una concezione olistica della comunicazione, riproporremo questa divisione al fine di analizzare il corpus delle principali scoperte fatte dalla psicologia sociale sul processo di persuasione. Come si vedrà, molti di questi studi si basano sulla pubblicità, argomento che affronteremo nel prossimo capitolo. 3.3.1 Studi sulla fonte della comunicazione Intendiamo per fonte, o mittente, chi o cosa origina il processo comunicativo. Sia che si tratti di una persona o di una istituzione (organizzazione), le caratteristiche influenzano direttamente l’elaborazione del messaggio e il peso assegna- 44 Fonti: Cavazza, 1996; Vannoni, 2001; Moghaddam, 2002; 45 Secondo Moghaddam a prestare maggiore attenzione all’intero processo, piuttosto che alle singole parti sono Petty e Cacioppo nel 1986, seguiti da Perloff (1993) e Larson (1995) Luca Bartoli - 49 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione to dal ricevente. Fin dagli anni ‘50 gli studiosi affermarono che, tra le caratteristiche della fonte ce n’erano tre che pesavano più delle altre: • Credibilità • Attraenza • Potere 3.3.1.1 Credibilità Nel valutare la credibilità di una persona ci basiamo soprattutto su reputazione, onestà ed etica. A questo livello influisce anche la percezione del possesso da parte della fonte di conoscenze, capacità ed esperienze rilevanti. Queste caratteristiche influenzano direttamente la percezione della qualità dell’informazione contenuta nel messaggio. Per massimizzare questa proiezione il contenuto del messaggio dev’essere legato alle capacità e alle esperienze che attribuiamo al mittente. In uno studio specifico McGuire ha dimostrato che gli esperti sono la categoria d’individui più persuasiva. La fonte credibile, attraverso il processo di interiorizzazione, influenza le credenze, le opinioni, gli atteggiamenti ed i comportamenti di un altro soggetto. Le opinioni così interiorizzate permangono, anche se il ricevente si scorda chi è stata la fonte. Alcuni studi si sono concentrati su quali strategie un soggetto può attuare per essere percepito più credibile: • Andare contro i propri interessi, o almeno farlo sembrare, sembra essere un’ottima strategia. Peachmann attraverso uno studio su alcuni testi- monials pubblicitari dimostra che le argomentazioni che contengono pro e contro – two sides message – sono più credibili di quelle che contemplano solo i lati positivi della proposta suggerita. Una buona tattica può essere, allora, parlare male di caratteristiche secondarie della nostra proposta per poi esaltarne le altre più importanti. Eagly e Chaiken hanno poi dimostrato che, in questo modo anche una fonte poco credibile acquista credibilità. Luca Bartoli - 50 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione • Prove e comparazioni sono una grande risorsa persuasiva soprattutto nella comunicazione commerciale. Questa possibile strategia si scontra contro alle legislazioni che spesso vietano la pubblicità comparativa. • Offrire una dimostrazione permette alla fonte di superare il fatto di non essere degna di fiducia, come ha dimostrato Ohànian. In questo caso le persone non credono a chi hanno di fronte ma ai loro occhi. In generale l’esposizione ad una fonte credibile può essere fondamentale se i destinatari hanno sul prodotto/servizio/proposta una opinione negativa. Invece in caso di posizione neutra la credibilità della fonte è meno influente. Pare addirittura che, in caso di opinione favorevole, una fonte molto credibile sia meno efficace di una mediamente credibile. Un’ipotesi molto interessante, anche se non sempre verificata, è quella dell’effetto sleeper46 che sembra normalizzare l’effetto della credibilità. In sostanza la persuasività di un messaggio sembra aumentare col tempo indipendentemente dalla credibilità della fonte. Così un ricevente può arrivare ad interiorizzare anche messaggi di una fonte poco credibile. Per l’effetto sleeper, infatti, col tempo l’associazione fonte-messaggio tende ad allentarsi ed i messaggi ricevuti sviluppano pian piano una loro credibilità autonoma. 3.3.1.2 Attraenza Sicuramente meno importante della credibilità, ma non certo da trascurare, è l’attraenza. La percezione di questo attributo può portare all’identificazione del ricevente verso la fonte. Questa identificazione è razionale e porta a integrare l’informazione a livello di credenze. Si parla in questo caso di alto ancoraggio perché se dopo un po’di tempo il mittente cambia opinione, e l’attraenza è stata fondamentale, molto probabilmente anche il destinatario la cambierà. Gli studi hanno analizzato l’attraenza componendola in tre elementi: • Similarità • Notorietà; • Piacevolezza fisica, comportamentale o nello stile di presentazione. 46 Cook, Gruder, Hennigan, Flay Luca Bartoli - 51 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione La similarità è fondamentale nel processo di persuasione: diversi studi hanno dimostrato che i clienti tendono ad essere più influenzati da venditori che percepiscono simili a loro. La traduzione di questo principio nei mass media è la presentazione di ambientazioni e comportamenti comuni, nei quali il pubblico si può riconoscere. La piacevolezza con cui viene presentato un prodotto o una argomentazione, spesso legata alla presenza di soggetti decorativi, pare si rifletta sulla percezione dell’oggetto della comunicazione47. Studi fatti, soprattutto sulla pubblicità, mettono in guardia sul fatto che la bellezza può creare attrazione verso la pubblicità ma non verso il prodotto48. Notorietà e piacevolezza si legano nell’utilizzo dei personaggi famosi, questi possono guidare le emozioni, gli atteggiamenti e i comportamenti d’acquisto. Questo è certamente uno strumento efficace, ma espone ad un certo numero di rischi. Il personaggio può mettere in ombra il prodotto, lo scetticismo dovuto al fatto che i testimonials sono pagati può annullare l’effetto cercato49 e non tutti i destinatari sono ugualmente sensibili al loro fascino. 3.3.1.3 Potere Ci sono casi in cui la fonte ha il potere di assegnare premi o punizioni al destinatario. Affinché ciò abbia effetto, il ricevente deve percepire nella fonte tre fattori: • Controllo – capacità di assegnare premi o punizioni • Cura delle risposte • Possibilità di valutazione del comportamento Il tipo di persuasione che deriva dall’uso del potere è la compiacenza: il destinatario mostra i segni dell’avvenuta persuasione, alla ricerca di premi e per evitare punizioni, non c’è, però, nessuna assicurazione che l’accordo mostrato sia reale. Oltre ad essere il meno certo nei risultati, l’elemento potere espone ad 47 Solomon, Ashmore, Longo; Baker, Churchill 48 Chestnut, La Change, Lubitz; Reid, Soley 49 Brown Luca Bartoli - 52 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione un grosso rischio: a lungo andare il rapporto mittente destinatario può essere danneggiato. 3.3.2 Studi sul messaggio persuasivo Senza entrare nello specifico dei contenuti affrontati da un messaggio, gli studi di psicologia sociale offrono interessanti spunti di riflessione per quanto riguarda gli aspetti formali del messaggio persuasivo: • Struttura del messaggio • Tipo di richiamo 3.3.2.1 La struttura del messaggio La complessità del messaggio è legata al linguaggio utilizzato, alla sequenza e alla logica delle argomentazioni. Questa complessità determina direttamente il comportamento del ricevente, e indirettamente quali caratteristiche della fonte sono chiamate in causa. I risultati degli studi in quest’area50 sembrano ribadire, ancora una volta, la tendenza al minor sforzo cognitivo possibile. Rispetto ad una comunicazione persuasiva a stampa, infatti, se il messaggio è semplice, i destinatari si accontentano di leggere direttamente le conclusioni. Mentre, se il messaggio è complesso, prima si leggono le conclusioni e poi si ricercano le argomentazioni che le sostengono. Inoltre rispetto ad un testo semplice sembra contare molto quanto la fonte del messaggio è attraente, mentre di fronte ad un messaggio complesso sembra contare più la sua credibilità, in particolare l’expertise. Rispetto al destinatario una complessità eccessiva può essere fatale per quanto riguarda comprensione e memorizzazione del messaggio persuasivo. Messaggi ad una o due facce. Consideriamo messaggio a una faccia quel tipo di comunicazione persuasiva che contiene solo argomentazioni a supporto dell’oggetto della persuasione. Un messaggio a due facce contiene, invece, pro e contro, argomentazioni legate o non legate direttamente alla conclusione. Come abbiamo visto quando si è parlato della fonte, un buona tattica consiste 50 Norman Luca Bartoli - 53 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione nel sostenere argomentazioni, apparentemente a nostro svantaggio, su aspetti irrilevanti, per apparire più credibili nel porre enfasi positiva sulle caratteristiche più rilevanti. Quale delle due tipologie sarà vincente dipende dal tipo di ricevente. Se il livello culturale è basso e le persone hanno già un’opinione favorevole funzionano meglio i messaggi del primo tipo51. I messaggi a due facce funzionano meglio se le opinioni sono contrarie e se i soggetti hanno un livello culturale medio-alto52. Studi sulla pubblicità53 hanno dimostrato che, se i destinatari conoscono il prodotto, funzionano meglio i messaggi ad una faccia; se, invece, il prodotto è nuovo o la marca non è attraente, funzionano meglio i messaggi a due facce. Un caso specifico di messaggio a due facce è la confutazione: si presentano la tesi e il suo contrario, che poi si confuta. Questa strategia è utilizzata nella comunicazione commerciale per rendere i destinatari insensibili alle contro-argomentazioni della concorrenza. Sull’ordine di presentazione le ricerche sull’apprendimento e sulla memoria confermano quanto sostenuto da Aristotele sull’ordine con cui si presentano le argomentazioni. Gli argomenti posti all’inizio e alla fine, sono i meglio ricordati54. Se questo era noto quattro secoli prima di Cristo, abbastanza recente è la spiegazione psicologica, che prevede l’interazione di due fattori: • L’oblio proattivo tende a preservare in memoria le prime informazioni ricevute a discapito delle successive. • L’oblio retroattivo porta a preservare in memoria le ultime informazioni a cui si è stati esposti. Le prime argomentazioni ricevono più attenzione (effetto primacy), mentre le informazioni finali si ricordano più facilmente55(effetto recency). Non a caso i retori utilizzavano l‘epilogo per riepilogare quanto dimostrato56. Alcuni studi57 51 Belch 52 Faison; Settle, Golden 53 Hovland, Lumsdaine, Sheffield; Faison 54 Sawyer, Howard 55 Jones, Goeethals 56 Sull’argomento si vedano Aristotele, Cicerone e Quintiliano nel capitolo precedente 57 Haugtvedt, Wegener Luca Bartoli - 54 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione hanno verificato che se il messaggio è breve, hanno più potere le argomentazioni poste all’inizio, mentre se il discorso è più lungo hanno maggiore efficacia le ultime. Inoltre può essere opportuno mettere all’inizio le argomentazioni forti se il destinatario ha posizioni opposte al mittente, prevenendo così le controargomentazioni e se i consumatori hanno poco interesse per l’oggetto, per far aumentare il loro interesse, perlomeno verso il messaggio. Condurre le conclusioni. La conclusione di un messaggio argomentativo può essere esplicitata o lasciata al destinatario. Secondo quanto studiato a partire da Hovland58, le conclusioni esplicite sono più comprensibili e più persuasive, si legano meglio a messaggi complessi e portano a risultati immediati. Se si preferisce, invece, lasciare la conclusione ai destinatari, e ciò può essere utile per rafforzare i punti argomentativi, bisogna assicurarsi che questi abbiano un sufficiente livello di attenzione, motivazione e capacità, per concludere nel modo desiderato. 3.3.2.2 Il tipo di richiamo Attrazione razionale o attrazione emotiva? Alcuni messaggi attraggono i destinatari informandoli, mentre altri scelgono di legarsi all’emotività. Una scelta accorta deve rispecchiare un certo equilibrio, ma soprattutto, essere rapportata al tipo di destinatario. Al di là degli stereotipi, esistono soggetti a maggiore bisogno di razionalità ed altri a maggiore bisogno di emotività59, ma influiscono anche le strategie personali auto-protettive. Per esempio è molto difficile convincere razionalmente un fumatore a smettere di fumare, perché questo ha creato tutta una serie di atteggiamenti a base emotiva per allontanare il problema. La paura è una risposta emotiva a qualcosa che esprime immediatamente o esplicitamente pericolo. Si è dimostrato60 che la paura aumenta l’accettazione fino ad un certo punto, superato il quale la probabilità di accettazione scende con il crescere della paura. In sostanza, sembra che la paura faci- 58 Hovland, Mandell; Howard; Chance 59 Petty e Cacioppo 60 Ray e Wilkie Luca Bartoli - 55 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione liti e al tempo stesso inibisca la persuasione. Un basso livello di paura può attrarre l’attenzione e aumentare la probabilità di persuasione. Se però il livello aumenta un blocco emotivo, che si manifesta in distrazione, percezione selettiva e negazione delle argomentazioni, può invalidare il processo persuasivo. Uno studio sugli effetti dei messaggi anti-fumo61, dimostra che poca paura produce una bassa motivazione a smettere di fumare, mentre livelli troppo elevati mettono in atto tattiche difensive che portano a evitare il messaggio. Anche per questo motivo le campagne di questo tipo ottengono più risultati nell’evitare che le persone inizino a fumare, rispetto a convincere a smettere. 62 Appelli umoristici. Un’altra strategia a base emotiva si basa sull’umorismo. Questa tipologia di messaggi può risultare vincente, persuasiva, perché: • L’umorismo attrae e mantiene l’attenzione sul messaggio; • Aumenta l’efficacia, creando uno stato d’animo positivo che si associa al messaggio e al prodotto; • Distrae il ricevente dalle contro-argomentazioni63. Anche su questa leva è necessario non spingere troppo. Si può distrarre il destinatario anche da quello che vogliamo sia ricordato64, se l’umorismo è troppo 61 Anand-Keller, Goldberg, Block 62 Tratto da Vannoni, 2001 63 Sternthal, Craig Luca Bartoli - 56 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione sottile non viene capito dalla massa, mentre se è troppo grossolano può dar fastidio a chi ha un livello culturale alto. L’umorismo, inoltre, è legato all’inatteso e questo si consuma rapidamente. La c.d. pubblicità comparativa chiama in causa, più o meno direttamente, i concorrenti. Se nei paesi in cui è ammessa, sono sorti dubbi sull’influenza sugli atteggiamenti di marca e sulle intenzioni di acquisto65, la sua efficacia è fuori discussione per le marche nuove66. Così come per le marche con piccole quote di mercato può essere utile il paragone-associazione con il leader di settore. 3.3.2.3 Messaggi verbali e messaggi visivi Molto speso i messaggi persuasivi, specie quelli proposti dai mass media, ci colpiscono con una componente verbale e una visiva. Il rapporto tra ciò che è scritto/detto e ciò che è mostrato: • Referenzialità: le immagini mostrano i concetti, gli oggetti e gli attributi descritti dalla componente verbale; • Conferma: le immagini confermano la parte verbale, senza riferirsi direttamente all’area semantica; • Opposizione: le immagini indicano la stessa area semantica, ma con significati opposti, apparentemente si nega quanto detto ma in realtà si evidenziano gli aspetti verbali; • Contrapposizione: le immagini si contrappongono per area semantica e significato al contenuto testuale, l’effetto cercato è attivare l’attenzione, magari in modo umoristico. Possiamo ulteriormente raggruppare questa classificazione in due macrocategorie: referenzialità e conferma, sono rapporti di congruenza, mentre opposizione e contrapposizione sono rapporti di incongruenza. Alcune ricerche67 64 Tutti ricordiamo la campagna “Buonaseeeraaaa” trasmessa in TV qualche anno fa, purtroppo (per l’azienda) non tutti ricordano che fosse una campagna FIAT 65 Pechmann, Stewart 66 lo storico spot Apple “1984” per il lancio di Mac rappresentava attraverso una serie di elemen- ti visivi il mondo IBM. 67 Houston, Childers, Heckler; Heckler,Childers Luca Bartoli - 57 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione hanno dimostrato che quando parte verbale e parte visiva sono legati da rapporti di incongruenza, essendo le immagini inattese, si crea maggior attenzione e maggior coinvolgimento, elaborazione e ricordo sono maggiori. Le incongruenze però non possono essere casuali, ma giustificate da un qualche rapporto semantico. Al tempo stesso, se il testo è rivolto a masse con livelli culturali poco elevati, è consigliato utilizzare rapporti di congruenza perché ricercare e giustificare le incongruenze, potrebbe richiedere troppa attenzione e troppe capacità cognitive. 3.3.3 Studi sul destinatario del messaggio persuasivo Gli studi su chi è oggetto della persuasione, oltre alla distinzione tra soggetti ad elevato bisogno di razionalità o di emotività, e al di là degli stereotipi68, vedono come caposaldo la teoria della personalità e della persuasione di McGuire. Secondo questa teoria il processo di persuasione si fonda su tre principi fondamentali: • Il principio di mediazione: la persuasione è mediata da tutta una serie di fattori quali percezione, comprensione, condivisione e memorizzazione. Qui entra in gioco la personalità dell’individuo, sia nella facilità di ricezione – percezione e comprensione – sia nella probabilità di resa – essere d’accordo o no con il messaggio –; • Il principio combinatorio: ricezione e resa sono fondamentalmente complementari69: al salire della percezione l’emozione, inevitabilmente, decresce. Un basso livello di intelligenza significa ricezione bassa, e alta emotività. Al contrario se è alta l’intelligenza, maggiore è la ricezione, e basso il peso dell’emotività, in questo caso il soggetto sarà sensibile solo alla rigorosa evidenza. La soluzione sta nell’equilibrio. A livelli estremi la persuasione non funziona o per problemi di ricezione o per problemi di emotività. 68 Secondo alcuni studi, evidentemente un po’ datati, le donne sarebbero più influenzabili degli uomini. 69 Il che tradotto significa che accettiamo e quindi ci lasciamo convincere sopratutto da quello che non capiamo. L’ipotesi è affascinante. Luca Bartoli - 58 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione • Il principio del peso situazionale: al di là di quanto appena affermato, spesso, i messaggi sono compresi praticamente da tutti ed è l’emotività ad avere il peso maggiore. Come abbiamo visto, al centro di questa teoria ci sono le caratteristiche personali. Per questo motivo è difficile prevedere come sarà percepito un messaggio di tipo persuasivo, da cui la minor rilevanza degli studi affrontati su quest’elemento. 3.3.4 Studi sul mezzo della comunicazione persuasiva “Il media è il messaggio70” affermava per la prima volta Marshal McLuhan negli anni ‘60. Oggi tutti noi sappiamo che il mezzo utilizzato per comunicare influenza la comunicazione stessa sia a livello di pianificazione sia a livello di ricezione. Se questo è vero per la comunicazione in generale, nel caso della comunicazione persuasiva l’influenza è ancora più netta, sopratutto per quanto riguarda il tipo di elaborazione. La principale differenza per quanto riguarda il canale è tra mezzi personali e mezzi non personali. La comunicazione personale diretta ha in genere maggiore potenza persuasiva: la possibilità di adattarsi al singolo destinatario e alla singola interazione e il poter contare su un feedback immediato sono le chiavi di questa maggiore probabilità di successo. Rispetto ad un messaggio mediato, standardizzato per tutti i destinatari o almeno per macro-categorie di destinatari71, il messaggio personale può adattarsi ai bisogni e agli insights – gli a priori – del ricevente. In questo modo i venditori spesso riescono a prevenire le controargomentazioni dei potenziali clienti72. La conseguenza dal punto di vista commerciale è che il contatto diretto con un venditore mette in moto tutta una serie di meccanismi d’influenza e di persuasione nettamente più efficaci e efficienti rispetto alla pubblicità. Inoltre l’interazione venditore-cliente è più prossima al 70 McLuhan, 1997 71 Anche se non è la consuetudine è possibile raggiungere vari tipi di pubblico attraverso mezzi e canali differenti. 72 Cash, Crissy Luca Bartoli - 59 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione momento d’acquisto. Il principio fondamentale della comunicazione commerciale personale73 è che il destinatario non deve rendersi conto di essere oggetto di una manipolazione, né che si tratti di una vendita forzata. Tra i messaggi veicolati dai media, l’informazione scritta è auto-misurata. La velocità di elaborazione è decisa dal destinatario. Mentre i messaggi audio e gli audiovisivi, in genere74, sono etero-misurati, la fruizione è controllata dal medium stesso. Questa differenza porta a teletrasmettere messaggi semplici e utilizzare la stampa per quelli complessi75. Da un altro punto di vista possiamo affermare che nei messaggi complessi è più importante la ricezione, quindi è meglio che siano i destinatari a controllarla, mentre per i messaggi semplici è più importante l’emotività, permessa dalla mescolanza di voce, musica e talvolta immagini in movimento76. Per questo motivo, quando ve ne è la possibilità, è consigliabile utilizzare più mezzi per ribadire lo stesso messaggio: i mezzi audiovisivi serviranno ad incuriosire e creare un legame emotivo, mentre i mezzi a stampa soddisferanno il bisogno di informazioni. Nel messaggio scritto, inoltre, conta molto più la credibilità della fonte che la sua attraenza, che è invece fondamentale nei mezzi audiovisivi77. I c.d. nuovi media si presentano in questo scenario come una forma ibrida: internet, CD-Rom e le altre tipologie di testi elettronici presentando aspetti di interattività, che di fatto emulano la comunicazione diretta. Rispetto a quella personale, la comunicazione mediata, oltre a non poter contar su feedback e adattabilità, incontra una serie di problemi legati al sovraffollamento della pubblicità sui mass media. Spesso quest’eccessiva concentrazione crea sentimenti negativi nei confronti della pubblicità stessa e blocca l’efficacia persuasiva del singolo messaggio. Al tempo stesso, la tenden- 73 rientrano in questa categoria anche le forme di comunicazione che utilizzano media interattivi, come il telefono 74 Non esistono solo radio e televisione, ma anche le audio e videocassette che da questo pun- to di vista funzionano come la stampa. 75 Chaiken, Eagly 76 McGuire 77 Chaiken, Eagly Luca Bartoli - 60 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione za di inserti sempre più brevi ha portato dal minuto e mezzo di CAROSELLO, ai sessanta secondi, poi ai trenta e oggi, sempre più spesso, ai quindici. 3.4 La persuasione a livello personale78 3.4.1 Considerazioni Come abbiamo scoperto dagli studi sul canale, la comunicazione personale ha un maggiore potere persuasivo. Oltre alla rilevanza del feedback immediato e all’importanza dell’adattabilità del messaggio, c’è da considerare che a livello personale entra in gioco tutta una serie di fattori non verbali e paraverbali che concorrono al processo persuasivo. Aspetti non verbali e paraverbali della comunicazione79 Fanno parte della comunicazione non verbale tutti quegli aspetti comunicativi, percebili in un’interazione faccia a faccia, esterni alla parola: Sono considerati aspetti paraverbali quelle componenti comunicative non propriamente verbali ma legate all’atto di emissione, in primis all’uso della voce: Aspetto esteriore Timbro Postura e prossemica Tono Orientazione Volume Gestualità Colore Espressioni del volto Inoltre ogni giorno per la maggior parte delle persone ci sono molte più occasioni di comunicare in modo personale che attraverso i media. Conoscere questo tipo di persuasione può essere senza dubbio più utile se vogliamo diventare comunicatori più efficaci. Senza dimenticare che le varie forme di comunicazione persuasiva mediata, prevedono a monte tutta una serie di riunioni e presentazioni, in cui essere capaci di vendere personalmente le proprie idee può fare la differenza. “Il fine ultimo della pubblicità è la vendita, e questo è iscritto nel 78 Fonti: Ciadini, 1995; Iani, 2004; Vannoni, 2004; Corbetta, 1999, Moghaddam, 2002, Cavazza, 1996 79 Iani, 2004 Luca Bartoli - 61 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione DNA della pubblicità, prima ancora che questa nasca. Saper vendere le proprie idee, il proprio lavoro e se stessi sono una cosa unica80” 3.4.2 Le armi della persuasione Robert B. Cialdini, docente di Psicologia Sociale all’Università dell’Arizona, ha offerto uno dei più interessanti contributi allo studio della persuasione a livello personale. I suoi studi sono stati raccolti in un volume di carattere divulgativo dal titolo INFLUENCE. THE PSYCHOLOGY OF PERSUASION, tradotto in Italia con LE ARMI DELLA PERSUASIONE. Se da un certo punto di vista il carattere dell’opera può rappresentare un limite, dobbiamo considerare che quello che se ne può ricavare è un modello abbastanza esplicito di comunicazione persuasiva efficace81 e quindi particolarmente utile per la nostra analisi. Peculiarità dello studio di Cialdini è focalizzarsi sui principi e le tecniche più utilizzate nel campo della vendita. Per studiarle il professore americano ha utilizzato oltre ai metodi d’indagine più convenzionali quello dell’osservazione partecipante, rispondendo ad annunci per aspiranti venditori, e sottoponendosi a corsi di addestramento. Che cos’è l’osservazione partecipante?82 L’osservazione partecipante è la tecnica di ricerca sociale che richiede il maggior coinvolgimento diretto fra ricercatore e oggetto studiato. Grazie a questo contatto diretto si arriva a una comprensione del fenomeno dall’interno. L’osservazione partecipante si basa su due principi: L’idea che una piena comprensione si raggiunge soltanto quando s’arriva a capire il punto di vista degli attori sociali; L’opinione che l’immedesimazione sia possibile solo grazie ad una partecipazione totale alla quotidianità degli attori. Questo fa sì che questa strategia di ricerca preveda che il ricercatore sia inserito direttamente in prima persona, per un periodo di tempo piuttosto lungo, in un determinato gruppo sociale, osservando ed interagendo nell’ habitat naturale del gruppo stesso e stabilendo un rapporto d’interazione personale allo scopo di descrivere le azioni e comprendere le motivazioni attraverso l’immedesimazioni. Al contrario della maggior parte di metodologie di ricerca sociale, oggettività e distan80 Da una conversazione con Stefano Basile, direttore creativo dell’agenzia pubblicitaria Alberto Cremona 81 In realtà obiettivo dichiarato è insegnar alla gente a difendersi dall’utilizzo della persuasione 82 Tratto da Corbetta, 1999 Luca Bartoli - 62 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione za, non sono i valori di riferimento. Neppure il percorso è lineare: l’osservazione partecipante si esplica in un flusso irregolare di decisioni determinate dal mutevole configurarsi degli eventi sul campo. Punto di partenza dello studio è che i venditori più capaci siano in grado utilizzare schemi automatici presenti nella specie umana; così come Ellen Langer, psicologa sociale di Harvard, ha dimostrato. L’esperimento consiste in una semplice richiesta, rivolta alle persone in fila per la fotocopiatrice di una biblioteca: “Scusi ho solo cinque pagine. Posso usare la fotocopiatrice, perché ho una gran fretta?”. L’efficacia della richiesta con spiegazione è sorprendente: il 95% degli interpellati lascia passare avanti nella fila. Come controllo è stata applicata in un’altra serie di casi la richiesta “Scusi ho solo cinque pagine. Posso usare la fotocopiatrice?” senza nessuna spiegazione, in questa situazione solo nel 60% dei casi le persone si lasciano superare. La differenza che genera lo scarto non dipende dalla appropriatezza della spiegazione “perché ho una gran fretta?” ma dal semplice idea-di-spiegazione. Come dimostra una terza richiesta “Scusi, ho cinque pagine. Posso usare la fotocopiatrice, perché devo fare delle fotocopie?” il 93% degli interpellati acconsente a cedere il proprio posto in fila. Quindi, il semplice perché fece scattare nei soggetti della Langer una risposta automatica, anche se dopo il “perché” non seguì alcuna ragione particolarmente rilevante. Motivazione fornita Percentuale di risposte affermative Perché ho fretta 95% Nessuna motivazione 60% Perché devo fare delle fotocopie 93% I principi individuati da R.Cialdini sono 6: • Contrasto; • Reciprocità; • Coerenza ed impegno; • Riprova sociale; • Simpatia; • Autorità. Luca Bartoli - 63 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione 3.4.2.1 Contrasto Secondo il principio del contrasto, ricevuti due stimoli, se questi differi- scono abbastanza, gli esseri umani tendono a percepire questa differenza maggiore di quanto sia realmente. Possibili applicazioni di questo principio si trovano nel campo immobiliare o nella vendita d’auto. Alcuni agenti immobiliari iniziano il giro coi clienti mostrando, senza nessuna intenzione di venderle, una o due case in rovina a prezzi gonfiati, per far apparire ancora più belle, le case successive. Chi vende auto sa di dover aspettare di aver concordato il prezzo di una macchina nuova, prima di suggerire l’acquisto degli accessori. Di fronte al costo di un’auto nuova anche il prezzo dell’autoradio più costosa appare meno esagerato. Il trucco pare stia tutto nel presentare gli extra uno alla volta, così che il prezzo appaia una irrisorio in confronto ad una spesa molto più grande già decisa. 3.4.2.2 Reciprocità Fra gli esseri umani esiste una regola non scritta: bisogna contraccambiare quello che gli altri ci danno. Questa norma è diffusa in tutte le culture, e se la pensiamo a livello di comunità offre un notevole vantaggio evolutivo permettendo fenomeni come la divisione del lavoro. Il professor Tennis Regan ha mostrato quanto sia facile approfittare del principio di reciprocità. In un esperimento i soggetti furono convocati con l’inganno, per una prova. Il compito assegnato si svolgeva in coppia con un altro studente “complice” del ricercatore. Le condizioni sperimentali erano due. Situazione A: a metà del compito lo studente-collaboratore usciva, e rientrava un paio di minuti bevendo una bibita e ne regalava una al soggetto. I due riprendevano la prova. Situazione B: a metà del compito lo studente-collaboratore usciva, rientrando un paio di minuti dopo, senza portare nulla con sé. I due riprendevano la prova. In entrambi i casi alla fine dell’esperimento lo studente-collaboratore chiedeva al soggetto di turno di comprare da lui uno o più biglietti della lotteria. Come era immaginabile nella situazione A i soggetti acquistarono più facilmente i biglietti, addirittura il doppio. Quel che è più interessante è che all’interno del gruppo A non ci sono differenze di comportamento tra quei soggetti a cui lo studente-collaboratore era simpaLuca Bartoli - 64 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione tico e coloro a cui era, invece, antipatico. Far sentir in debito qualcuno, è comunque, un’arma potentissima che va al di là dei sentimenti che gli altri possono provare per noi: la regola è soverchiante. Inoltre bisogna considerare che, all’epoca, il costo di ogni biglietto acquistato era più del doppio di quello della bibita offerta, ed alcuni soggetti ne acquistarono parecchi: gli scambi possono essere non equi e solitamente questo va a beneficio di chi si muove per primo. Una delle caratteristiche più interessanti è che il soggetto-persuasore può mettere in atto il meccanismo con il suo dono-favore, senza che il soggettovittima l’abbia richiesto in nessun modo, e riuscendo comunque a farlo sentire in debito. Questo aspetto è piuttosto chiaro, se lo vediamo alla luce del valore sociale della regola del contraccambio: la regola favorisce le relazioni reciproche, facendo sì che si possa prendere l’iniziativa senza paura di rimetterci. Dall’altra parte per molti di noi è davvero poco piacevole la sensazione di sentirsi in debito, anche quando il debito non è stato richiesto. 3.4.2.3 Impegno e coerenza Per comprendere quanti Impegno e coerenza possano influire sul comportamento iumano è necessario considerare il frutto degli studi dello psicologo sociale Leon Festinger. Teoria della dissonanza cognitiva Incoerenza e incogruenza, oltre ad essere socialmente non accettate, provocano agli individui sensazioni di disagio – dissonanza –. La teoria di Festinger sostiene che per evitare questo genere di emozioni gli individui sono motivati a rendere coerenti le proprie cognizioni, ri-allineandole al proprio comportamento. Per questo motivo presa una decisione, magari sofferta, il soggetto distorce la sua percezione della realtà fino a vedere e sentire l’alternativa scelta, come la migliore in assoluto. Per distorsione intendiamo che il soggetto tende sopravvalutare i lati positivi della scelta presa sottovalutando le possibili ripercussioni negative, mentre con un procedimento analogo dopo un po’le possibili alternative, su cui era stato a lungo indeciso, gli appariranno pessime. Questo meccanismo offre all’individuo un notevole vantaggio personale: farsi tornare i conti serve a mettere in atto la scelta fatta senza essere logorati dai dubbi. Queste considerazioni che oggi appaiono scontate, negli anni ’50 erano particolarmente innovative per un’epoca ancora influenzata dal comportamentismo. Una delle più celebri conferme di questa teoria è l’esperimento dei “venti dollari per una menzogna” condotto alla fine degli anni 50. Ad ognuno dei soggetti sperimentali fu assegnato un compito particolarmente noioso. Alla fine i partecipanti furono informati di aver fatto parte del gruppo di controllo e si chiese loro di sostituire l’assistente assente, preannunciando al soggetto successivo, in realtà un complice del ricercatore, che il compito sarebbe stato molto piacevole. La menzogna era ripagata o con 1 dolla- Luca Bartoli - 65 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione ro (condizione di bassa ricompensa) o con 20 dollari (condizione di alta ricompensa). Successivamente si chiese al soggetto di valutare il compito. Secondo il paradigma comportamentista i soggetti che avevano ricevuto un maggiore rinforzo, quindi una maggiore ricompensa, avrebbero espresso valutazioni più positive rispetto a quelli che ne avevano ricevuta una minore. I risultati empirici attestarono il contrario: i soggetti che avevano ricevuto 20 dollari espressero valutazioni decisamente più negative di quelli che avevano ricevuto 1 dollaro. La teoria della dissonanza cognitiva spiega perfettamente questo risultato. Come si è visto i soggetti sono sempre alla ricerca di un equilibrio tra i loro comportamenti e le loro considerazioni. I soggetti che avevano ricevuto la ricompensa maggiore raggiungevano l’equilibrio grazie all’informazione “ho mentito in cambio di una adeguata ricompensa”. Mentre chi aveva ottenuto solo 1 dollaro era costretto, per raggiungere il proprio equilibrio a riconsiderare il compito come “non troppo noioso”. Considerando il bisogno di coerenza una delle maggiori spinte motivazionali del comportamento umano, prendersi un impegno ha potenti conseguenze. Lo psicologo Moriarty offrì una serie di esperimenti su questo potere. In uno di questi un complice del ricercatore si sdraiava sulla spiaggia a fianco ad alcune persone, poi andava a fare una passeggiata. Dopo che questo se n’era andato un ladro si avvicinava rubandogli alcuni effetti personali, sotto lo sguardo impassibile della maggior parte dei partecipanti: solo 4 persone su 20 provarono ad impedirglielo (20%). Su un altro gruppo, invece, il bagnante prima di allontanarsi chiedeva di dare un’occhiata alle sue cose. Tra questi, ben 19 persone su 20 si trasformarono in vigilantes rincorrendo, fermando e malmenando il ladro (95%). Per capire questa spinta al comportamento, dobbiamo considerare la coerenza come una delle qualità socialmente più apprezzate. Essere coerenti con le decisioni prese, inoltre, ci offre poi tutta una serie di vantaggi in termini di produttività e raggiungimento degli obiettivi. Non è poi da sottovalutare quali e quanti vantaggi vengano dall’automatismo alla coerenza, anche in termini di risorse cognitive: maturata un’opinione su un argomento, ogni volta che si ripresenta lo stesso tema, non dobbiamo sforzarci di considerare tutti i fattori ma basta essere coerenti con se stessi. Su questo principi si basano due tecniche sviluppate nel campo commerciale: la tecnica del piede nella porta e quella del colpo basso. La tecnica del piede nella porta prevede che la cosa più importante per un venditore di fronte ad un nuovo cliente, è ottenere un primo acquisto. Per quanto piccolo possa essere l’importo questo primo scambio ha un valore incredibile. Una volta rotto il ghiaccio con un piccolo acquisto/richiesta, passare a acquisti/richieste di maggiore Luca Bartoli - 66 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione entità sarà molto più facile. Negli anni ’60 Freedman e Fraser pubblicarono uno studio che lasciò sbalorditi molti esperti dell’epoca. Un ricercatore si recò di casa in casa in un quartiere residenziale californiano, fingendosi un volontario dell’associazione per la sicurezza stradale. Dopo essersi presentato chiese alle persone di istallare un enorme cartello con scritto “Guidate con prudenza” nel proprio prato mostrando la foto di una bella casa rovinata da un cartello. Naturalmente solo una minoranza, il 17%, delle persone accettò. Presso un altro gruppo di famiglie dello stesso quartiere, un altro “volontario” chiese con analoghe motivazioni di esporre un piccolo adesivo 8 x 8 cm, con la scritta “Guida sicura”. Ad una richiesta così insignificante quasi tutti accettano. Quindici giorni dopo il ricercatore-volontario si presentò nuovamente e chiese alle famiglie di istallare l’enorme cartello “Guidate con prudenza”. Questa volta ad accettare furono il 76% delle famiglie. L’aver acconsentito ad una richiesta di minor entità, in un qualche modo porta le persone ad accettare a richieste analoghe e di maggiore entità. Tipo di richiesta Percentuale di assensi Richiesta semplice 17% Richiesta preceduta da una richiesta di minore entità 76% La tattica del colpo basso nasce nel mercato delle vendite di automobili e prevede che si attirino i clienti con offerte eccezionalmente vantaggiose rispetto alla concorrenza. Dopo aver confermato l’offerta i clienti solitamente decidono l’acquisto. Prima di firmare, però, c’è una lunga serie di pratiche come compilare i moduli e richiedere finanziamento che impegnano le energie della futura vittima. Nell’affrontare questa montagna di scartoffie il cliente, per quanto detto fin ora su coerenza e dissonanza, inizia a sviluppare tutta una serie di convinzioni a sostegno della sua decisione al di là del fattore “prezzo vantaggioso”. Inoltre, spesso, in attesa dei tempi tecnici di risposta, al cliente viene concesso di tenere l’auto in prova un paio di giorni. Il legame prima squisitamente razionalecalcolatore, si fa via via più emozionale. Un attimo prima di firmare il contratto, però, accade qualcosa come un errore di calcolo o un contrordine della direzione che annulla vantaggio di prezzo. Ormai però il povero cliente-vittima è spinto Luca Bartoli - 67 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione all’acquisto dai buoni motivi che lui stesso ha sviluppato per giustificare la sua decisione, anche se questa era motivata da un vantaggio che ormai non c’è più. Una variante ancora più artificiosa consiste nel valutare eccessivamente l’usato in permuta. Il cliente fiutato l’affare, vuole concludere in fretta prima che il venditore ci ripensi. All’ultimo minuto, però, il responsabile dell’usato interviene e riporta i valori a quelli di mercato. Il cliente sapendo che l’offerta è corretta conclude comunque l’affare, non senza un senso di vergogna per aver cercato di approfittare del povero venditore. 3.4.2.4 Riprova sociale Nel 1953 Thomas Merton scrisse che NESSUN 83 UOMO È UN ISOLA . Oggi, per quanto si continui a parlare di società individualistica, per ognuno di noi il giudizio altrui è sempre molto importante. In un modo o nell’altro, sapere ciò che gli altri pensano su un determinato argomento è uno dei criteri con cui costruiamo la nostra opinione e decidiamo quale comportamento tenere in una determinata situazione. Dopotutto, generalmente, ci sono molti più rischi e svantaggi nell’andare contro-corrente rispetto a seguire la norma condivisa. Un possibile corollario del principio della riprova sociale, infatti, afferma che tanto maggiore è il numero di persone che trovano giusta una determinata idea, tanto più giusta è quell’idea. Negli anni ’60 Albert Bandura fu il primo psicologo ad utilizzare il principio di riprova sociale a scopi terapeutici. La terapia consisteva nel mostrare a bambini terrorizzati dai cani, filmati con gruppi di bambini che giocavano ognuno col proprio cane. Analogamente, come ha dimostrato O’Connor, si possono trasformare bambini con tendenze a isolarsi in bambini molto più socievoli, semplicemente mostrando loro vari video in cui un bambino solitario si unisce ad un gruppo di coetanei. Naturalmente il principio della riprova sociale non è usato solo a scopo filantropico. Leggendo la descrizione delle forme di controllo mentale esercitate dalle sette, ci si accorge di quanta importanza sia data al rapporto individuo-gruppo. “Viene creato un ambiente sociale dove la persona, per es- sere giudicata leale dai suoi amici, è portata a credere alle cose più bizzarre e si 83 ...e non Jon Bon Jovi, come dice Hugh Grant nell’incipit di About a boy. Luca Bartoli - 68 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione fa carico di azioni che, nella vita reale, verrebbero condannate84”. Uno dei fattori che determina la probabilità di conformarci al comportamento degli altri è quanto percepiamo questi stessi altri simili a noi. Quando sentiamo che qualcuno è come noi siamo più propensi a considerare il suo comportamento come giusto. Per questo motivo è più facile farsi guidare da chi ci appare simile a noi, rispetto a chi è diverso da noi. Queste osservazioni sono state verificate da un gruppo di ricercatori della Columbia University che lasciarono in vari punti di Manhattan alcuni portafogli. All’interno di ogni portafogli c’era anche una lettera che dimostrava che il portafogli era già stato perso una volta ed era stato restituito. Le lettere scritte da chi aveva ritrovato e restituito il portafogli potevano essere scritte in un buon inglese, simile a quello che più o meno parlavano i soggetti che ritrovano il portafogli, o in un modo sgrammaticato come se scritte da un immigrato. L’ipotesi della ricerca fu confermata: solo il 33% dei portafogli con la lettera scritta in cattivo inglese fu restituito, contro il 70% di quelli presumibilmente scritti da uno statunitense. Possiamo quindi affermare che gli esseri umani ricercano la riprova sociale soprattutto dagli individui simili a loro. Tipo di lettera Percentuale di erestituzioni Cattivo inglese 33% Buon inglese 70% 3.4.2.5 Simpatia Se osserviamo il nostro comportamento probabilmente noteremo che diciamo più facilmente di sì alle persone che ci piacciono. Questo principio è ben noto ai professionisti della persuasione che ne hanno fatto la base di ogni strategia per arrivare all’acquiescenza. A questo punto è interessante scoprire quali sono gli elementi che suscitano simpatia nelle altre persone. Le scienze sociali si sono da tempo cimentate in questa ricerca ed hanno individuato alcuni elementi: • Bellezza, con il suo effetto alone: una singola caratteristica della per- sona domina la percezione che gli altri ne hanno. 84 http://xenu.com-it.net/libri/csociale/01.htm Luca Bartoli - 69 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione • Somiglianza85. Su questo punto Cialdini riporta che in molti corsi di vendita viene insegnato agli allievi ad utilizzare l’approccio mirror and matching86, ovvero il ricalco a livello verbale, paraverbale e non verbale dell’interlocutore. Questa sorta di imitazione delle opinioni, del vocabolario, dell’umore, del tono di voce, della velocità del parlato, della postura e di molte altre caratteristiche, pare, da alcuni studi (LaFrace, Lock e Horwitz, Woodside e Davenport) essere un’ottima risorsa persuasiva. • Complimenti. Alcune ricerche87 hanno dimostrato che chi da solo giudizi positivi risulta più simpatico, anche quando il soggetto che li riceve capisce perfettamente che lo scopo è ingraziarselo, e anche quando si sa che le lodi non corrispondono al vero. • Familiarità • Collegamenti e associazione, con cui si spiega il ricorso a testimonial affacinanti88 e gli accordi trovati a cena89 3.4.2.6 Autorità Possiamo affermare che quando un’autorità, riconosciuta come legittima, impartisce un ordine tendiamo a concentrare le nostre energie nell’eseguire l’ordine, piuttosto che nel mettere in discussione l’ordine. Lo psicologo sociale Milgram attraverso un esperimento che all’epoca fece scandalo, riuscì a dimostrare fino a che punto possa arrivare il nostro desiderio 85 Tra i massimi esperti della forzatura del principio somiglianza-simpatia troviamo i venditori di automobili, addestrati a raccogliere informazioni utili studiando, letteralmente, il cliente e la sua auto. Le informazioni così estrapolate possono essere utili per accattivarsi il favore della vittima. Interessi in comune, origini per quanto banali queste somiglianze sono molto efficaci, come ha dimostrato Evan in una ricerca condotta nel mondo delle compagnie assicurative. 86 Per un approfondimento www.maxxmktg.com/mirror.html, www.trans4mind.com/personal_development/Vignettes/Mirroring1.htm, 87 Tra cui Drachman 88 Una modella secondo Smith e Engel è in grado di influenzare la percezione del valore di un’automobile 89 Razran ha verificato l’efficacia della regola dello spuntino, dimostrando che i soggetti sono più favorevoli alle cose e alle persone presentate loro mentre stanno mangiando Luca Bartoli - 70 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione di accondiscendenza nei confronti di un’autorità. Ai soggetti fu ordinato da un ricercatore di infliggere scosse crescenti ad ogni errore di un altro soggetto. In realtà si trattava di un complice del ricercatore che stava recitando il ruolo del soggetto sperimentale, in un esperimento sull’apprendimento. Accadde così, che persone del tutto normali si trasformarono in sadici carnefici, che solo un nuovo ordine del ricercatore riuscì a fermare. Naturalmente, riconosciuto il potere del principio di autorità, qualche professionista della persuasone ha cercato di trasformarlo in un’ arma. In pubblicità sono sempre più usati attori vestiti da medici o dentisti, come testimonials di prodotti relativi alla salute; anche se tutti sanno che si tratta di attore evidentemente funzionano. I simboli dell’autorità sembrano essere richiami molto più potenti di quel che pensiamo. Per simboli dell’autorità si intendono: • Titoli90; • Abiti91; • Ornamenti92. 3.4.2.7 Scarsità Secondo il principio di scarsità le opportunità ci appaiono più desiderabili quando la loro disponibilità è limitata. La paura della perdita potenziale sicuramente influenza i processi decisionali delle persone tanto è vero che spesso i venditori parlano di “numero limitato” alludendo all’esaurimento delle scorte. Una variante estrema consiste nel vendere l’articolo quando ormai è “troppo tardi” ovvero facendo finta che l’articolo sia esaurito e accordandosi, prima della verifica, sul prezzo di un eventuale “ultimissimo esemplare rimasto per sbaglio 90 Wilson dimostrò che la stima dell’altezza di una persona presentata come docente universita- rio è mediamente 5 cm di più della stessa persona presentata come studente 91 Bickman mostrò come la stessa richiesta fatta da un’uomo in borghese riceve il 63% dei con- sensi contro il 92% della stessa persona in uniforme 92 Da un esperimento condotto da Doob e Gross per le strade di San Francisco risulta che gli automobilisti aspettino un tempo decisamente maggiore prima di suonare ad un auto di prestigio ferma a semaforo verde, rispetto ad un auto economica Luca Bartoli - 71 - Introduzione alla comunicazione efficace - Psicologia sociale della persuasione in magazzino”. In pratica si chiede al cliente di impegnarsi all’acquisto nel momento in cui il prodotto sembra terminato, quindi massimamente desiderabile. 3.4.3 Ricerche italiane93 Anche gli psicologi sociali italiani si sono cimentati sul tema della persuasione livello personale. In particolare una ricerca dal titolo UNA NUOVA BELLEZZA, rea- lizzata presso l’Università di Bologna, rivela risultati molto interessanti. Presupposto teorico è il modello unimodale, la ricerca quindi parte dalla considerazione che il cambiamento delle opinioni segua lo stesso schema di qualsiasi processo di conoscenza. I risultati della ricerca verificano le ipotesi di partenza: • Quando una fonte aderisce ad un modello condiviso nella società le inferenze che derivano da questo hanno un peso maggiore rispetto alle bellezza e all’affidabilità, caratteristiche solitamente riconosciute come decisive dagli studi tradizionali. • In caso di alto interesse personale rispetto al tema della comunicazione, l’automatismo legato allo stereotipo non scatta. Negli esperimenti, la semplice presenza di una firma su una t-shirt, ha indotto nei soggetti94 impressioni positive anche su caratteristiche non associate alla bellezza. Questo risultato inaspettato può essere compreso con l’utilizzo del modello unimodale: in caso di scarso interesse i soggetti si formano un’opinione tenendo presenti pochi elementi salienti. Negli esperimenti evidentemente l’adesione ad un modello sociale, simboleggiata dalla scritta “Armani Jeans”, ha guidato in positivo il giudizio finale. In condizioni invece di più alta motivazione, sempre secondo il modello di Kruglansky, Thompson e Spiegel, si analizza un maggior numero di informazioni anche se questo comporta un maggiore sforzo cognitivo. Nella pratica, quando erano disponibili informazioni più salienti sulla fonte, i soggetti più motivati diedero meno peso alla semplice presenza di una scritta su una maglietta. 93 Cavazza – Palmonari, 2003 94 Tutti di sesso femminile come anche la persona ritratta nella foto, su cui i soggetti dovevano esprimere il proprio giudizio Luca Bartoli - 72 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4 La pubblicità 4.1 Premessa La pubblicità è da tempo studiata sia come ambito specifico di persuasione95 sia come forma culturale delle modernità96. Parallelamente all’interesse generale degli studiosi delle scienze sociali è stato sviluppato un corpus specifico di pubblicazioni realizzato dagli stessi pubblicitari, che hanno provato a modellizzare97 il proprio saper fare. Per quanto possibile, pur ammettendone la minor scientificità, si cercherà di dare più spazio possibile a questo secondo polo, conferendo alla comunicazione pubblicitaria una certa autonomia e cercando, così, di osservarla dall’interno98. 4.2 Introduzione99 4.2.1 Alla ricerca di una definizione La parola “pubblicità” passa dal significato originario di “azione di rendere pub- blico” a quello moderno solo nel 1830100, data che lega l’advertising all’industrializzazione e ai mercati massa. Le definizioni generali riducono la pubblicità alla azione del “far conoscere101” un’impresa e i suoi prodotti. Questo genere di definizioni è insoddisfacente visto 95 Soprattutto dalla psicologia sociale 96 Su questo secondo punto si incrociano sociologia e semiotica 97 Creare dei modelli per renderli trasferibili. 98 Cercherò per tanto di sfruttare l’occasione offertami dal lavorare come copy junior in agenzia pubblicitaria nei mesi in cui sto scrivendo la tesi. 99 Fonti: Mercurio, 2003; Luhmann, 2000; Mercurio, TEORIE E TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA, 100 CEI, Reggio Emilia, 2004, Esposito, 2000 In Italia fino è solo nel secondo dopoguerra che “pubblicità” supera l’espressione francese “réclame”, che tutt’oggi sopravvive 101 Il Nuovo Zingarelli recita “attività aziendale diretta a far conoscere l’esistenza di un bene o servizio e farne incrementare il consumo e l’uso” Luca Bartoli - 73 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità che non distingue la comunicazione pubblicitaria dalla rete di vendita e gli altri strumenti di promozione. Per trovare una definizione più precisa è bene rivolgersi a testi più specifici: • L’ADVERTISING MANAGEMENT 102 definisce la pubblicità come “una comuni- cazione di massa fatta per conto di interessi ben identificati: cioè quelli di un cliente che paga un medium per diffondere un messaggio generalmente creato da un’agenzia di pubblicità”. • Per REALITY IN ADVERTISING103 “si tratta di un sostituto della forza di vendi- ta. Un’estensione, si può dire, del venditore ambulante che vende la sua mercanzia con il megafono. Non fa altro che comunicare più velocemente attraverso i media quello che altrimenti dovrebbe essere espresso attraverso la voce dell’uomo. Tutto questo, ad un costo minore”. • LE PUBLICITOR 104, pur riconoscendo quanto la pubblicità mal si presti a definizioni lapidarie, definisce questa forma come “la comunicazione di massa necessariamente di parte. In questo senso non può essere confusa con l’informazione in senso stretto”. • Con una visione più allargata MARKETING TIVO 105 STRATEGICO E MARKETING OPERA- afferma che “la pubblicità è una delle componenti della pressione di marketing e il suo ruolo è inseparabile da quello degli altri fattori che concorrono alla vendita… la pubblicità risponde al bisogno d’informazione”. 4.2.2 La nostra definizione Tra le definizioni presentate, pur riconoscendo la difficoltà di fissare il concetto in poche parole consideriamo migliore quella proposta da LE PUBLICITOR, cui ci ispireremo: la pubblicità è una comunicazione di massa, necessariamente di parte con finalità manipolatorie. Questa strada permette di concentrarci 102 Aaker – Myers, 1991 103 Reeves, 1960 104 Brochard – Lendrevie, 1986 105 Lambin, 1991 Luca Bartoli - 74 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità sull’aspetto comunicativo della pubblicità, il riconoscimento da parte di un pubblico-ego dell’intenzione di comunicare da parte di un alter106. Questa definizione, così semplice, deve essere integrata da alcune considerazioni: • “La parte” di cui si parla è quella della marca. Possiamo quindi riscrivere la nostra definizione di pubblicità come la voce della marca indirizzata a un pubblico di massa. • Poiché la finalità è di tipo manipolatorio, il consumatore tende a rifiutare la pubblicità, e quando questa comunque lo influenza difficilmente ne è cosciente107; • Esiste un patto non scritto tra il pubblico dei consumatori e la pubblicità, un do ut des per il quale lo spettatore concede la sua attenzione solo a quelle campagne che lo sanno divertire, intrattenere ed emozionare. Quando la pubblicità non riesce ad essere all’altezza lo spettatore cambia canale o gira pagina mandando in fumo i costosi investimenti. • Solitamente ai lettori/spettatori la pubblicità non interessa. Se per i primi è una questione solo di voltare pagina, da molti tele-spettatori è vissuta come fastidiosa interruzione del normale flusso di programmi. • Il percorso che un annuncio deve necessariamente fare per raggiungere il proprio obiettivo è complesso e comprende vari steps. La pubblicità per riuscire a convincere il consumatore deve: □ Essere vista/sentita; □ Colpire l’attenzione; □ Essere capita; □ Coinvolgere; □ Essere ricordata. 4.2.3 Pubblicità e sistema dei mass media L’applicazione della teoria dei sistemi al mondo dei mass media, offre uno dei contributi più interessa alla comprensione dello stato attuale della pubblicità 106 parafrasando l’idea luhmaniana di comunicazione 107 http://www.econolink.com.ar/publici/pubinte1.htm Luca Bartoli - 75 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità come forma di comunicazione. Niklas Luhmann considera quello dei mass media uno specifico sistema che opera grazie alla distinzione – codice – informazione/non informazione. All’interno del sistema si distinguono tre ambiti108, ovvero tre differenti modi di usare il codice: • notizie e reportage; • pubblicità: • intrattenimento. Nella pubblicità coesiste, oltre al sistema dei mass media, quello economico109. Questa coesistenza non fonde i due sistemi che mantengono ognuno la propria chiave di lettura della realtà e quindi anche della pubblicità. Così mentre il primo la analizza in termini di informatività, l’altro continua a porsi solo problemi di redditività. Per il sociologo tedesco la pubblicità è uno dei fenomeni più complessi della modernità110: ogni anno si spendono cifre stratosferiche nella convinzione che le persone siano stupide, e per assurdo “la cosa funziona”. La comunicazione pubblicitaria si macchia del peccato originale dei mass media – il sospetto di manipolazione – e per di più lo fa in modo esplicito111 “gioca a carte scoperte … presuppone che lo si presupponga”. Pur dichiarando le sue motivazioni persuasorie, la pubblicità riesce a nascondere i suoi strumenti manipolatori, aggirando la critica e lasciando pochissimo spazio all’attenzione cosciente. Come si arriva a questo risultato? Di quali strumenti si serve la pubblicità per raggiungere i suoi scopi? Luhmann individua alcune forme di opacizzazione: • Gli spot catturano l’attenzione con temi e rappresentazioni sempre diversi annullando qualsiasi idea di omogeneità tra i vari messaggi. • Si ricorre continuamente a nuovi messaggi, ma solo per ricordare il vero messaggio: “compra X”. 108 La tipologia non è chiusa ma puramente induttiva 109 Luhmann parla di “accoppiamento strutturale” concetto che si è preferito parafrasare e sem- plificare 110 Tenendo presente che al contrario degli altri due ambiti la pubblicità non ha precedenti storici 111 Si pensi alla scritta “messaggio promozionale” Luca Bartoli - 76 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità • La tendenza alle belle forme annienta l’informazione sulle motivazioni , la bella forma si esplica da sé senza lasciare spazio per altre comunicazioni. • L’uso paradossale del linguaggio rende intrasparenti le motivazioni. Così è normale essere invitati dalla pubblicità a “risparmiare comprando” o ad acquistare beni “esclusivi” ma in realtà venduti sul mercato di massa. • La pubblicità talvolta gioca col rapporto figura/sfondo costringendo il destinatario a capovolgere l’immagine presentata. Lo stesso accade con le sequenze prima/dopo “O così, o Pomì” Le tecniche volte al paradosso lasciano apparentemente liberi di risolvere il paradosso e scegliere se acquistare o meno. Già nel momento in cui i potenziali consumatori si chiedono se comprare o no uno specifico bene, la pubblicità arriva al suo primo risultato, visto che altrimenti si starebbero chiedendo qualcos’altro. In ogni caso, secondo la teoria luhmaniana, né la pubblicità né nessun’altra forma di comunicazione, può determinare cosa pensano gli individui, al massimo può stimolare in loro dei pensieri. Secondo Luhmann la pubblicità, oltre a realizzare i suoi obiettivi economici, svolge due importanti funzioni per la società nel suo complesso: • Una funzione latente, ma non per questo meno importante: dare “gusto alla gente priva di gusto”. In questo la pubblicità è simile alla moda, non a caso il concetto moderno di “moda” nasce nel XVII sec. nel momento in cui scompare la classe che era in grado di determinare la distinzione gusto/non gusto. La moda sostituisce a questa dicotomia rigida, la distinzione alla moda/non alla moda (in/out), instabile per definizione. Per questo l’unico motivo per cui accettiamo la moda è che sappiamo che l’anno prossimo cambierà e cambierà sempre112. • Una funzione manifesta: portare ridondanza e al tempo stesso varietà nella vita di tutti i giorni. La pubblicità nel suo complesso presenta varietà superficiale e standardizzazione profonda113. 112 Esposito, 1999 113 Tanti modi diversi di diversi di dire la stessa cosa Luca Bartoli - 77 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.3 Piccolo vocabolario della pubblicità114 Il mondo della pubblicità ha un suo vocabolario di derivazione anglosassone necessario per un’analisi più approfondita. • Benefit: è il vantaggio legato al prodotto. “X lava meglio dei concorrenti” • Reason why: è la motivazione fornita a sostegno del benefit. Qui trovano spazio i principi attivi, le formule speciali, gli ultimi ritrovati della ricerca. Le reason why servono a rendere credibile il messaggio, ma al tempo stesso lo appesantiscono, mortificando la creatività. In Italia esiste una vera e propria mania, tanto che le si utilizza anche per i generi alimentari. • Insight: sono gli a priori del consumatore. Possono giocare contro la marca, “Tutti i detersivi lavano nello stesso modo”, oppure a favore “X fa dei buoni prodotti” Le parti di un annuncio Headline o titolo: contiene il benefit Visual: l’immagine Bodycopy: è il corpo del testo qui si esplica il benefit e si inseriscono le rason why Packshot è l’immagine del prodotto Logo: è l’evoluzione grafica della marca, diventando una firma inconfondibile Payoff: la frase che si accompagna al logo, è l’essenza della marca, può diventarne addirittura sinonimo. Ad esempio il “Just do it” di Nike. 4.4 Considerazioni strategiche115 4.4.1 Il vantaggio offerto dalla pubblicità La pubblicità non è l’unico mezzo attraverso cui una marca-azienda può comunicare. Nel capitolo precedente abbiamo visto come tradizionalmente si conferi- 114 Mercurio, 2004; Mercurio, 2003 115 Fonti: Mercurio, 2003; Kapferer, 1982; Mercurio, 2004, Gervasi, INCONTRI SULLE PROFESSIO- NI: LA PUBBLICITÀ VECCHIO E NUOVO MESTIERE, Luca Bartoli CEI, Reggio Emilia, 2003 - 78 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità sce alla comunicazione personale e diretta una maggiore efficacia persuasiva. Oltre a queste due forme esistono altri mezzi non tabellari116: realizzazione di eventi, promozioni sul punto vendita, fiere ecc. Perché allora si ricorre così tanto alla pubblicità? Per rispondere a questa domanda è necessario considerare i due principali vantaggi offerti dalla pubblicità: • Rispetto alla comunicazione affidata alla forza vendita la pubblicità ha un costo per singolo contatto inferiore. • Rispetto a fiere, promozioni ed eventi, il costo per contatto è prevedibile. 4.4.2 La marca Abbiamo definito la pubblicità come “la voce della marca”, ma come nasce questo fenomeno? E soprattutto cos’è che, precisamente, indichiamo con la parola “marca”? La marca (in inglese brand) è un fenomeno tipicamente moderno. Nel 1880 Mr. Lever, produttore e commerciate di saponi, rivoluziona il sistema economi- co mondiale grazie ad una piccola idea. Fino a quel momento la prassi prevede che il sapone prodotto in lunghe barre sia tagliato al momento dell’acquisto sotto gli occhi del cliente. Il piccolo uomo d’affari per risparmiare tempo decide di velocizzare il sistema pre-tagliando e pre-confezionando le singole saponette. La novità non è apprezzata. La reazione dei clienti fa crollare le vendite: non si fidano, non sanno chi “in verità” ha prodotto e tagliato quel sapone. Lever non vuole tornare indietro e decide di mettere la propria firma sopra al sapone, come garanzia, e decide dare un nome al suo prodotto: Sunlight117. Nasce così la prima marca della storia. Per maggiore chiarezza indichiamo con marca ciò che, unito alla cosa fisica118, costituisce il prodotto. È un apporto immateriale capace di fare la differenza 116 Per “tabellari” si intendono i media classici: stampa, affissioni, radio e tv 117 Ancora oggi venduto http://www.unileverceylon.com/UL/sunlight 118 Utilizziamo quest’espressione, davvero inelegante, per evitare di parlare nuovamente di pro- dotto, dato che l’espressione si riferisce sia al prodotto fisico, spogliato della marca, sia all’unione marca + prodotto. Luca Bartoli - 79 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità agli occhi del consumatore. Dato che qualità fisiche ed attributi dei prodotti sono sempre più standardizzati, la marca è ormai l’unico aspetto che differenzia un bene dall’altro. La marca è un insieme di valori, di aspirazioni, di modi di pensare e essere. La marca è, spesso, garanzia per il consumatore, ma lo è sicuramente di più per l’azienda che la detiene. La marca, infatti, crea gli a priori positivi fra i consumatori, garanzia delle loro future scelte. Per una marca forte i consumatori sono disposti a spendere di più, a lasciarsi guidare negli acquisti e a sperimentare le nuove proposte offerte. L’immagine di marca si costruisce negli anni e negli anni va mantenuta, non è frutto di episodici contatti ma di un rapporto continuo, di una relazione continuata tra consumatore e prodotto. Naturalmente, non in tutti i settori la marca ha lo stesso peso, si pensi a quanto conta nelle automobili e a quanto poco interessi nella scelta dei prodotti per la casa, eppure anche in quel settore i brands si affrondano a colpi di spot. 4.4.3 Analizzare una marca Kapferer sviluppa il prisma di identità, schema interpretativo che permette di distinguere e analizzare separatamente le diverse componenti della marca, sia dal punto di vista del prodotto, sia dal punto di vista del consumatore, sia nella loro relazione: • • Ciò che la marca trasmette: □ Fisicità, aspetto fisico caratterizzante □ Personalità, interpretare la marca attraverso caratteri umani Ciò che il destinatario esprime: □ Riflessi, il target ideale a cui è associata la marca, □ Self image, a percezione della propria immagine da parte di chi acquista prodotti della marca • Esteriorizzazione e interiorizzazione □ Relazione con il consumatore □ Valori e cultura Per quanto riguarda il messaggio, avendo individuato la marca come la fonte della comunicazione pubblicitaria, e essendo questa di tipo persuasivo, valgono Luca Bartoli - 80 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità le considerazione fatte nel capitolo sulla persuasione a proposito della fonte di un messaggio, in particolare quanto riportato su credibilità e attraenza. 4.4.4 Il posizionamento Primo obiettivo della pubblicità è far conoscere il posizionamento, offrire una visione chiara del rapporto marca/prodotto/consumatore. Il posizionamento è la prima pietra della strategia, con cui gli obiettivi di marketing si traducono in obiettivi di comunicazione. Il posizionamento risponde a quattro domande fondamentali: • Per chi? • Contro chi? • Quando? • Perché? 4.4.5 Marca, posizionamento e trattamento pubblicitario Oltre che considerare la necessità della coerenza tra i tre elementi che costituiscono l’essenza della comunicazione pubblicitaria, vale la pena di fare qualche altra considerazione. Il posizionamento è l’elemento centrale di tutto il processo, responsabile nel lungo periodo dell’immagine di marca e nel breve periodo dell’efficacia del trattamento. Dinamicamente parlando: • Possiamo considerare la marca come stabile; • Il posizionamento cambia lentamente evolvendosi con il consumatore; • Il trattamento cambia frequentemente. L’osservazione di Luhmann è evidentemente valida anche a livello strategico: “varietà superficiale e standardizzazione profonda”. 4.4.6 La missione della pubblicità Il mondo della pubblicità sa che per raggiungere i propri obiettivi, e quindi essere efficace, deve avere ben chiaro sia il contesto sia cosa vuole che la comunicazione faccia. Per questo motivo le agenzie si sono da tempo dotate di uno Luca Bartoli - 81 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità strumento che serve a fare chiarezza: la copy strategy. La copy strategy è l’origine di ogni campagna, racchiude in sé l’essenza del posizionamento. Costituisce il telaio razionale del meccanismo persuasivo, una serie di punti che esprimono la missione della singola campagna: • Target: a chi si parla. • Il benefit razionale, emozionale o aspirazionale, che si vuole mettere in risalto con la comunicazione. • L’end benefit ovvero il benefit del benefit. Il richiamo è al mondo delle emozioni, dei sogni e delle aspirazioni più alte. • Caratteristiche del target: quali insight ha sulla marca, sul prodotto e sulla categoria merceologica, quali sono i suoi bisogni, i suoi sogni e le sue aspirazioni. • La reason why: la motivazione logica che rende credibile il benefit. (Non è obbligatoria!) • Il tono, il linguaggio più consono per la comunicazione. Dev’essere in sintonia sia coi valori di marca sia con il target e le sue attese. 4.5 A scuola dai maestri della pubblicità119 La pubblicità moderna ama violare le regole, non a caso infrangere le norme è spesso considerato sinonimo di creatività. Senza conferire loro il valore di vere e proprie norme, esistono una serie di principi sviluppati dai c.d. maestri della pubblicità, tenuti in considerazione nelle realizzazione delle campagne pubblicitarie. Questi principi rappresentano al tempo stesso sia una guida per il trattamento creativo sia un criterio di valutazione delle campagne, per questo motivo capita spesso di sentirne parlare nelle continue riunioni in cui le proposte creative sono presentate, analizzate e comparate. 119 Fonti: Pirella, 2001; Sèguèla, 1989; Sèguèla, 1985; Reeves, 1985 Luca Bartoli - 82 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.5.1 Rosser Reeves (1910 – 1984) Fondatore negli anni ‘40 della Bates ADV, Reeves fu uno dei personaggi meno amati del suo tempo. La sua teorizzazione del martellamento pubblicitario senza troppi problemi di gusto e la sua avversione alle soluzioni più originali lo resero, da sempre, sgradito ai creativi. L’inventore dello slogan “M&M si scioglie in bocca, non in mano” è il padre degli spot da 30’’ e dell’USP, il principio zero della pubblicità moderna. 4.5.1.1 Unique Selling Proposition Per Reeves l’USP è la leva più importante di una campagna pubblicitaria. Il principio può essere definito su tre punti: • Ogni campagna deve proporre al consumatore un solo benefit. Ogni singolo messaggio deve dire “compra X per avere Y”. • Il benefit offerto deve rendere la marca unica, nessun’altra marca deve poterlo offrire. Deve essere originale, esclusivo, si tratti di una caratteristica o di un certo modo di parlare al consumatore. • Il benefit dev’essere così interessante da portare milioni di consumatori all’atto d’acquisto. Reeves contrappone USP alla pubblicità delle “belle vetrine” e dei “bla-bla sul prodotto”, ovvero le campagne che non esprimono nessun vantaggio, nessuna elusività, nessuna spinta all’acquisto. Per Reeves l’USP è l’unica soluzione che permette a una campagna di “trovare subito il posto in un angolo della mente”. I critici notarono da subito che l’USP poteva essere usato solo per quei pochi prodotti che offrivano realmente delle differenze rispetto ai concorrenti. A queste critiche Reeves rispose che, in questi casi bisogna dire al pubblico qualcosa che non è mai stato detto dagli altri, e farlo diventare proprietà esclusiva del prodotto/marca. L’eredità di Reeves: nonostante la sua teorizzazione risalga al ‘40 ed il mondo della pubblicità da allora si sia evoluto molto, il principio dell’USP riecheggia an- Luca Bartoli - 83 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità cora per gli uffici delle agenzie pubblicitarie. Così, una proposta creativa può essere bocciata, ancora prima di arrivare in riunione perché è “bella sì, ma lo possono dire anche gli altri”. 4.5.2 David Ogilvy (1911 – 2000) Grande autore di testi pubblicitari – copywriter –, David Ogilvy fu uno dei primi pubblicitari a preoccuparsi dell’immagine globale della marca, del suo territorio. “Ogni annuncio dovrebbe essere inteso come un contributo a quel simbolo complesso che è l’immagine di marca” 4.5.2.1 Antropomorfizzazione della marca Ogilvy propone di antropomorfizzare la marca: prendendo atto che molti pro- dotti sono praticamente tutti uguali, si tratti di whisky o di budini, la chiave del successo sta tutta nella personalità della marca. La marca oltre ad una sua personalità ha anche una sua storia. Per questo motivo solo una costante azione pubblicitaria per sostenere l’immagine può assicurale un futuro. 4.5.2.2 Story appeal David Ogilvy nel suo CONFESSIONI DI UN PUBBLICITARIO, ammette di essere ri- corso spesso allo story appeal, il fascino del racconto. Alcune delle sue campagne più celebri appaiono come una istantanea di una storia in pieno svolgimento, con un prima ed un dopo. Scoprire quello che è successo e ciò che accadrà è lasciato all’immaginazione del lettore120. La discrezione del non detto diventa più importante del detto, l’implicito suscita l’esplicito, il messaggio è racchiuso nel suo silenzio. Tale impostazione presuppone una grande considerazione delle capacità cognitive del pubblico. “La responsabile degli acquisti non è una sce- ma. È vostra moglie. È un insulto alla sua intelligenza pensare che basti uno slogan cretino e qualche aggettivo consulto per convincerla a comprare qualcosa”. 120 Ogilvy fu soprattutto un grande pubblicitario della carta stampata Luca Bartoli - 84 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità L’eredità di Ogilvy vive ancora nella pratica della costruzione degli annunci: siano anche immobili affissioni, si parte comunque da una storia, con un prima, un durante e un dopo. La televisione ha consacrato questa pratica: gli spot altro non sono che mini racconti condensati. 4.5.3 Leo Burnett (1891-1971) Dopo aver lavorato per anni alla Cadillac, Leo Burnett, ruppe con la tradizione newyorkese fondando la sua scuola di pubblicità a Chicago. Fino a quel momento nessuno aveva mai pensato che l’advertising potesse avere un'altro centro fuori dalla Madison Avenue, la maestosa via di New York in cui avevano sede tutte le principali agenzie. Qui Burnett può teorizzare il principio che lo renderà celebre, il common touch. 4.5.3.1 Il common touch Stanco dei modi newyorkesi Leo Burnett teorizza una pubblicità che parli un linguaggio semplice e vicina all’uomo della strada. Gli studenti della scuola di Chicago erano invitati a tener nota delle espressioni gergali lette sui giornali o ascoltate casualmente, perché anni dopo avrebbero potuto essere le scintille di una grande campagna. Oltre a dover parlare la stessa lingua del suo pubblico, il pubblicitario secondo Burnett, doveva condividere i valori, la tradizione e le aspirazioni della gente comune. 4.5.3.2 La personificazione della marca Gli annunci costruiti lontano dalla Madison Avenue, scritti con poche semplici parole erano popolati di animaletti antropomorfizzati che figurativizzavano la marca come Tony la tigre dei Kellog’s. Questi costrutti creativi rendevano facilmente riconoscibile la marca e il tipo di prodotto. Nel 1954 Philips Morris affidò all’agenzia Leo Burnett il suo budget per il lancio per una sigaretta destinata al target femminile. Il prodotto si chiamava Marlboro: il filtro era rosso per nascondere i segni del rossetto. Burnett pensava che questo posizionamento fosse sbagliato: era più corretto rivolgersi ad un target maschile. Per questo motivo: ridisegnò il pacchetto con colori forti, insistette perché il pacchetto fosse Luca Bartoli - 85 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità rigido e fece accorciare le sigarette. Il prodotto era decisamente più maschile ma mancava qualcosa per dare anche alla marca questa connotazione, così, frugando tra i miti cari alla cultura americana, Leo Burnette trovò che un cow boy121 avrebbe simboleggiato la virilità, e decise di rafforzare questo suo carattere con un tatuaggio. Seguì una galleria di personaggi Marlboro, tutti accumunati dal tatuaggio: marinai, duri e seduttori, che per anni personificò il mondo Marlboro. L’eredità di Burnett nel mondo della pubblicità vive ancora nei personaggi come Mastro Lindo e Capitan Findus, e in una spinta continua a semplificare il messaggio per farlo arrivare anche all’uomo della strada. 4.5.4 William Bernbach (1911 – 1982) Laureato in letteratura inglese, prima ghost writer122 per alcuni politici e poi pubblicitario, William Bernbach non pubblicò alcun libro; il suo pensiero, i suoi principi devono essere estrapolati dalle interviste rilasciate negli anni. 4.5.4.1 L’originalità come base del verosimile Berchbach sosteneva che la verità non è verità finché qualcuno non ci crede, e che la gente non può sapere ciò che non ascolta. Per essere ascoltati esiste un’unica regola: essere interessanti, e non si può essere interessanti a meno che non si dica qualcosa in modo originale, fresco e tale da stimolare l’immaginazione. 4.5.4.2 La sintesi Una volta fu chiesto a Berchbach quando dovesse essere lungo il testo di un annuncio. La risposta fu categorica “Non fate perdere tempo ai vostri lettori” 121 Il cow boy fu successivamente utilizzato anche per Marlboro Country, stratagemma con cui la Philp Morris superò i limiti dei paesi in cui le sigarette non potevano essere pubblicizzate. 122 Chi scrive per conto di terzi i discorsi Luca Bartoli - 86 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.5.4.3 L’ironia Gli annunci realizzati dalla Doyle Dane Barnbach amano giocare con il lettore, chiedendo il suo contributo. Questo gioco si concretizza nel ricorso all’ironia, affermando qualcosa e facendo capire che s’intende il contrario. Uno dei migliori esempi di questo stile sono gli annnunci Avis, capolavori del negative appro- ach, capaci di mettere in evidenza i difetti di un prodotto per poterne affermare meglio$ i pregi123. Negli anni in cui Barnbach realizza queste campagne, Hertz è leader del mercato dell’autonoleggio; Avis insieme a National e Budget si dividono la quota rimanente. Era la situazione giusta per essere provocatori, sopra le righe. Nacquero così titoli come “Siamo i numero 2. ecco perché dobbia- mo mettercela tutta” o “Avis è soltanto il numero 2. allora perché venite con noi?”. L’eredità di Barnbach è ancora oggi visibile in tutte quelle campagne che riescono a esaltare un prodotto senza prenderlo troppo sul serio, abbastanza rare in Italia e tanto premiate nei festival internazionali. 4.5.5 Jacques Séguéla (1934) Séguéla è senza dubbio il pubblicitario che vanta il maggior numero di pubbli- cazioni. I suoi libri rappresentano la risposta europea all’advertising americana, tra i più letti compaiono curiosi titoli come NON DITE A MIA MADRE CHE FACCIO IL PUBBLICITARIO LEI MI CREDE UN PIANISTA IN UN BORDELLO, BIANCO, FIGLIO DELLA PUBBLICITà. Séguéla HOLLYWOOD LAVA PIÙ è noto per essere stato lo stratega della campagna che ha portato alla presidenza francese Mitterrand nell’81, uno dei primi esempi dell’applicazione degli strumenti del marketing alla politica. 4.5.5.1 Verso una pubblicità più emozionale Séguéla dichiara superata l’american way of selling, lasciandosi alle spalle la logica dei benefit razionali, delle reason why e dati tecnici che supportano la 123 Approccio alla comunicazione persuasiva molto vicino ai two sides message incontrati negli studi sulla fonte della comunicazione, a proposito della credibilità Luca Bartoli - 87 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità promessa –supporting evidence–. Secondo il pubblicitario francese un approccio così razionale riduce la comunicazione alla semplice tecnica, la pubblicità ad una scienza esatta, e è questo impossibile. La contro-proposta di Séquéla parte dalla considerazione che i consumatori, prima di acquistare un prodotto comprano il suo sogno, l’alone di emozioni che lo circonda. “Chi può davvero interessarsi ad un detersivo che non sa far altro che lavare?” Solo i grandi sogni aiutano a vendere; la promessa dell’essere batte la certezza dell’avere. 4.5.5.2 Oltre la personificazione della marca Lo strumento con cui la pubblicità può diventare più emotiva ed emozionante, per Séguéla, è iscritto nella storia stessa della pubblicità. Aver smesso di parlare solo di marche e aver iniziato a considerarle come marche-persone124 è stato solo il primo passo, Tre sono i criteri con cui questo si attualizza questa personificazione: • La marca deve avere un fisico, legato al prodotto; • La marca deve avere un carattere, un cuore che seduce; • La marca deve avere un suo stile, un modo di sembrare che rispecchi il suo essere. Con lo stile usciamo dallo status generico di persona per approdare a quello di personaggio mitico, di star. La strategia di Séguéla consiste, in poche parole, nel costruire l’immagine di una marca come si costruiscono le immagini delle stelle hollywoodiane, che un poco alla volta entrano nel cuore del grande pubblico. La marca-star fa comprare, è duratura e seduce. Le idee di Séguéla sono state l’impronta genetica della fastosa pubblicità anni ’80. La sua eredità permane ancora oggi in tutte le campagne che con pochi e potentissimi segni creano aloni mitici intorno a marche e prodotti di ogni tipo. Nella pratica d’agenzia rimane un certo modo di approciarsi alle marche interrogandosi “Se fosse un animale quale sarebbe? se fosse uno scrittore? Un giornale? …”. A millenni da Aristotele la metafora è ancora lo strumento di conoscenza più potente per l’essere umano. 124 Per Séguéla questa prima rivoluzione è avvenuta negli anni ‘70 Luca Bartoli - 88 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.5.6 I maestri inglesi Verso la fine degli anni ’60 Londra è sede d’una incredibile concentrazione di talenti, tale da permettere alla city di rubare a New York lo scettro di capitale mondiale della pubblicità. Lo stesso Saatchi inizia sulle rive del Tamigi e proprio in questo periodo la sua carriera che lo porterà a fondare l’omonima agenzia, una delle più importanti del mondo. Oltre a Saatchi, i maestri dell’understatement125 sono Kaye, Haussman e Tarsem, interpreti di idee così innovative da cambiare per sempre il modo di pensare la pubblicità. 4.5.6.1 Quando la pubblicità non si prende troppo sul serio La cultura inglese è stata da sempre sinonimo di humour e ironico distacco, niente più della pubblicità britannica riflette questo stile. Come nota Ogilvy, in Inghilterra la pubblicità non concepisce la scelta del prodotto come una questione cruciale per il consumatore, così, gli inglesi riescono a trattare i prodotti con distacco, scherzando sulle marche con toni dissacratori. Una celebre campagna Timberland made in London riportava la fotografia di un indiano pellerossa e recitava “Abbiamo rubato le loro terre, i loro bufali e le loro donne. Ora siamo tornati per le loro scarpe”. 4.5.6.2 Il rapporto col consumatore Non considerando così fondamentale il prodotto, la pubblicità inglese pone l’accento sul consumatore, il resto è in secondo piano. Il più grosso contributo della pubblicità inglese è, probabilmente, l’introduzione della figura dello strate- gic planner126, la voce del consumatore all’interno delle agenzie. Cambia così 125 Letteralmente “sottotono” divenuto sinonimo di stile inglese 126 Lo strategic planner è colui che si occupa di tradurre gli obiettivi di marketing in una strategia di comunicazione corretta e coerente, ma al tempo stesso stimolante per i creativi. È una figura Luca Bartoli - 89 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità l’idea stessa della pubblicità: la relazione pubblicità-consumatore diventa sempre meno occasionale, gli spot diventano storie e le storie serial, un filo narrativo comune lega così settimane e settimane di programmazione. Così per i consumatori la pubblicità è sempre meno fruizione ripetitiva e sempre più un costruzione di un rapporto quotidiano. Di eredità inglese non si può ancora parlare. Al momento le campagne britanniche sono esempi di straordinaria sintesi e creatività difficilmente riproducibili in Italia. L’industria italiana non sopporta vedere ridicolizzati i propri prodotti e preferisce messaggi diretti e positivi. La stessa figura dello strategic planner è ancora più un eccezione che una regola nelle agenzie italiane. Così ai pubblicitari di casa nostra mortificati nella creatività e, spesso, costretti a soluzioni barocche non resta che sognare ad occhi aperti invidiando i colleghi d’oltremanica “…e poi ci sono gli inglesi che senza effetti speciali fanno una pubblicità e noi italiani rimaniamo a bocca aperta”. 4.5.7 Considerazioni 4.5.7.1 Lo stretto legame tra pubblicità e retorica Rileggendo le innovazioni dei maestri della pubblicità possiamo individuare due fenomeni: • Una tendenza alla chiarezza e alla brevità iniziata con USP (Reeves), continuata con il common touch (Burnett) e con l’esaltazione per la sintesi (Bernbach). In questa tendenza possiamo includere anche le varie forme di personificazione della marca. Personaggi e personificazioni sono, infatti, utilizzate per essere memorabili e richiamare immediatamente i valori di marca (Ogilvy, Burnett e Séguéla) ; • Risposte differenti al problema della credibilità: il monolitico ricorso alla logica (Reeves), la condivisione dei valori tra pubblicitario e pubblico (Burnett), l’originalità e l’ironia (Barnbach), il ricorso all’emozione (Séguéla). ancora poco diffusa in Italia, la sua importanza è fondamentale per rendere coerenti le relazioni tra la marca e il suo pubblico Luca Bartoli - 90 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità In sostanza la pubblicità del ‘900 si è posta gli stessi problemi127 a cui la retorica aveva cercato di dare risposta. Probabilmente non è un caso che si parli spesso di retorica pubblicitaria. L’espressione è per lo più utilizzata, in senso negativo, per indicare annunci e campagne spettacolari che cercano di nascondere la mediocrità dei loro prodotti. Al tempo stesso, i fenomeni appena evidenziati portano a pensare che il legame tra pubblicità, persuasone e retorica sia più stretto di quello che si immagini. Piuttosto che tre ambiti distinti sembra di trovarci a diverse interpretazioni dello stesso fenomeno: l’influenza della comunicazione sugli esseri umani. 4.5.7.2 Verso una pubblicità umana? Soffermandoci sull’evoluzione della rappresentazione della marca in pubblicità, emerge un ulteriore fenomeno l’umanizzazione della marca. L’antropomorfizzazione di Ogilvy, la personificazione di Burnette, le soluzioni estreme di Séguéla e l’enfasi sul rapporto col consumatore dei pubblicitari inglesi, spingono la pubblicità verso i codici dell’interazione umana. In pratica la pubblicità, supportata dalle tecnologia e alla ricerca di maggiore efficacia, tende a corrodere i confini tra comunicazione mediata e personale. È ipotizzabile che, non appena trovata una sua collocazione con le nuove tecnologie, l’advertising convergerà, grazie alle nuove possibilità interattive, verso una approccio ancora più interpersonale. Che un giorno i principi studiati da Robert Cialdini128 diventino gli assi nella manica dei nuovi maestri della pubblicità? 4.6 L’influenza pubblicitaria129 Scoperti quali sono i principi che contribuiscono alla creazione di un messaggio pubblicitario, è giunto il momento di andare un po’ più in profondità nella nostra analisi. La domanda a cui cercheremo di rispondere è “Come fa la comunicazione pubblicità a influenzarci?”. Con influenza intendiamo riferirci sia agli obiet- 127 Aristotele parlava di “chiarezza, sinteticità e verosimiglianza”, che possiamo considerare e- quivalente di quella che abbiamo considerato “credibilità” 128 Capitolo persuasione/Persuasione al livello personale/Le armi della persuasione 129 Fonti: Mercurio, 2003; Mercurio, 2004; Mercurio 2004 - 2005 Luca Bartoli - 91 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità tivi più strettamente persuasivi, come stimolare il comportamento d’acquisto e influenzare gli atteggiamenti, sia a risultati come creare legami di tipo emotivo, che vanno oltre la definizione di persuasione130. 4.6.1 La ripetizione del messaggio Il singolo messaggio pubblicitario non arriva al consumatore in modo isolato, ma fa parte di un flusso di altri messaggi dello stesso tipo. Questo flusso informativo, a sua volta, è solo parte dell’insieme di tutte le stimolazioni quotidianamente percepite dal soggetto. In condizioni di tale affollamento ogni messaggio rischia di restare solo rumore di fondo e di non essere capito. Solo chi può contare su una massiccia ripetizione – frequenza – può sperare di poter emergere. Chi si occupa di strategia mezzi sa che esiste una frequenza ottimale per il processo di memorizzazione, solo superato questo gradino ci si può attendere il ricordo attinente e spontaneo della pubblicità. Dal punto di vista dei riceventi la ripetizione conferisce al messaggio una qualche legittimazione intrinseca, la ripetizione diventa così uno dei fondamenti della verosimilianza. “Sono anni che lo dicono”, “lo si dice sempre” diventano per i soggetti argomentazioni a favore della veridicità di una tesi. Al tempo stesso c’è da tener presente che la ripetizione rende meno appetibile il messaggio, ciò che è già stato detto ha meno probabilità di essere ascoltato. Non a caso Bateson definiva l’informazione come “una differenza che fa la dif- ferenza”, da cui consegue che ciò che non è più una novità, non è più un’informazione. Ma allora che fare? Il mondo della pubblicità ha sviluppato una interessante soluzione, le c.d. campagne multisoggetto131. In pratica si realizzano e si trasmettono, nello stesso momento o a distanza di poco tempo, varie versioni dello stesso annuncio, creando una vera e propria saga132. Il cambia- 130 Si veda 3.1.1 pag. 43 131 Esempi su tutti sono le campagne della vodka Absolut e dei supermercati Esselunga 132 Quella Absolut contava più di 800, oltre a moltissime parodie Luca Bartoli - 92 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità mento è superficiale. A cambiare è la situazione e il contesto, mentre il formato e il messaggio di fondo rimangono costanti. Così il multisoggetto facilita sia l’impatto, dovuto alla novità, sia la comprensione, dovuta la ripetizione. L’importanza della ripetizione era già stata riconosciuta dai retori, Quintiliano a proposito dell’epilogo suggerisce di ripercorrere per sommi capi il discorso, vivacizzando e variando le figure retoriche. In questo modo si evita la ripetizione secca, che potrebbe offendere il giudice diffidando della sua memoria. Mentre sul potere semantico e poetico della ripetizione sono state sviluppate nei secoli vere e proprie figure retoriche133: Il potere della ripetizione è ancora oggi utilizzato da chi fa della persuasione e del convincimento134 esercizio quotidiano. Primi tra tutti i politici. Basti pensare alla retorica anti-comunista di Berlusconi, talmente enfatizzata da diventare oggetto di parodia da parte di chi fa satira135. A furia di parlare di “dittatura”, rischio di “rivoluzione” e altri temi evocativi del regime sovietico, per non parlare di quello stalinista, il cavaliere è riuscito a far passare questi temi nel suo elettorato. 4.6.2 Logica e emozione Che la chiave dell’influenza pubblicitaria non possa essere la logica razionale sembra evidente, la pubblicità informa raramente e quando lo fa l’informazione è comunque di parte. Rileggendo quelle che abbiamo definito le lezioni dei maestri della pubblicità individuiamo un progressivo allontanamento dall’argomentazio razionale. Se per Reeves era fondamentale raccontare un unico benefit razionale gli autori successivi nelle loro proposte fanno appello all’ironia, alla condivisione dei valori, all’emotività, allo humour e al legame col cliente. Gli osservatori esterni concordano sul fatto che la pubblicità, pur essendo frutto di scelte razionali, non faccia appello alla logica del consumatore, ma 133 Anafora, antistrofe, assonanza, dittologia, epanalessi, epifora,interazione… 134 Ammettiamo che dipenda solo dal punto di vista dell’osservatore, in particolare dalla condivi- sone o meno della tesi proposta. Così gli individui saranno convinti dalle tesi che condividiamo, e persuasi (ingannati) da quelle opposte alle nostre 135 Dandini e Guzzanti, in primis Luca Bartoli - 93 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità utilizzi altre strade. Su tutti Niklas Luhman esprime in modo particolarmente chiaro il paradosso. “Come è possibile che dei membri della società ben inseriti siano così stupidi da spendere tanti soldi per la pubblicità, soltanto per confermare la loro convinzione che gli altri siano stupidi?... Ma a quanto pare la cosa funziona 136” . Assodato che non si tratti della logica, qual è l’arma con cui la pubblicità influenza il nostro comportamento quotidiano? Sull’argomento i libri che forniscono indicazioni operative sul come fare pubblicità, e i pubblicitari stessi concordano che la chiave per aprire il cuore di ogni consumatore sia l’emozione. L’emozione è fondamentale sia per quanto riguarda l’impatto sia per quanto riguarda la memorizzazione di un messaggio. Le emozioni, anche quelle negative, hanno un potere attrattivo intrinseco. Basta pensare a quanti utenti della rete sono andati a caccia delle immagini delle decapitazioni degli ostaggi in Iraq. Verosimilmente lo spettacolo che si è mostrato al termine del download è stato terribile, e quel che è più paradossale è ciò era prevedibile. Episodi come questo mostrano come nella società che si definisce razionale, addirittura postmoderna, il bisogno di emozioni forti è una delle principali cause del comportamento umano. Rappresentazioni fisiologiche e cognitive delle emozioni137 La ricerca psicologica studia da tempo il tema delle emozioni, tuttavia non si è ancora stabilito con certezza se è l’attivazione fisiologica ad attivare l’esperienza soggettiva dell’emozione o se attivazione ed esperienza siano stimolate contemporaneamente. Sul tema si affrontano così alcune proposte teoriche: Teoria periferica delle emozioni. Secondo lo psicologo Wiiliam James e il fisiologo Carl Langue uno stimolo provoca anzitutto una reazione fisiologica ed espressiva, poi decodificate come emozione. Questa teoria è confermata dai risultati a cui è giunto lo psicologo Hohmann intervistando alcune persone con gravi lesioni alla spina dorsale. Chi a causa della lesione aveva perso l’uso della parte inferiore del corpo lamentò alterazioni minime delle emozioni. Chi, invece, aveva perso l’uso di tutto il corpo riferì una diminuzione delle principali emozioni. Teoria centrale delle emozioni. Il fisiologo Walter Cannon critica il modello JamesLange e avanza la sua proposta poi raffinata da Bard. I due autori mettono in luce che i cambiamenti corporei associati agli stati emotivi sono troppo lenti per essere causa degli stati stessi. Inoltre questi cambiamenti possono essere indotti senza che deter136 Luhmann, 2000 137 Tratto da Rubichi, PSICOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, Lettere e filosofia, Reggio Emilia 1999 Luca Bartoli - 94 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità minino le emozioni. Ad esempio attraverso la somministrazione di stimolanti si possono indurre aumento cella frequenza cardiaca, della respirazione, della pressione sanguinea, della tensione elettrica dell’epidermide, senza che il soggetto avverta paura. Secondo questo modello il talamo invia contemporaneamente impulsi al sistema nervoso simpatico che produce reazioni fisiologiche, e contemporaneamente, alla corteccia celebrale, responsabile della consapevolezza dell’emozione. Al di là della localizzazione dell’origine, il punto centrale di questa proposta è che reazione fisiologica e l’esperienza soggettiva siano attivate simultaneamente e separatamente. La teoria bifattoriale del juke-box sintetizza le due proposte tenendo conto delle critiche rivolte ad entrambe. Secondo lo psicologo Schachter per provare un’emozione è necessario sia sentirla (variazione dell’attività fisiologica), sia darle un nome (interpretazione cognitiva), così come per far funzionare un juke box è necessario sia inserire la moneta sia scegliere una canzone. 4.7 Produrre l’emozione138 Per emozionare la pubblicità deve, prima di tutto, farsi capire, rendersi chiara, e riuscire a farlo in tempi strettissimi139. Il problema d’essere chiari ed al tempo stesso emozionanti si pone in qualsiasi forma di comunicazione che hanno come obiettivo l’influenza. Nel capitolo 2 abbiamo visto le soluzioni proposte dai maestri dell’arte retorica. Proprio la tradizione retorica offre alla pubblicità gli strumenti per farsi capire ed emozionare il pubblico. Le figure retoriche diventano così la cassetta degli attrezzi del pubblicitari. Ancora una volta il legame tra retorica persuasone e pubblicità è più stretto di quanto avremmo pensato. La pubblicità fa sua l’eredità classica e si rende autonoma creando le figure proprie, alcune delle quali sono così raffinate da dare l’illusione di un convincimento razionale. Per questo motivo distingueremo cosi tra: • Figure retoriche classiche140 • Figure tipiche del discorso pubblicitario Lo schema presentato sarà utile ad analizzare la pubblicità perché permette di classificare le campagne nel loro aspetto formale, individuando le strutture narrative. Con ogni probabilità lo schema può essere utilizzato anche da chi fa del138 Fonti: Mercurio, 2004 – 2005; Ellero, 1997; Pittano, 1987 139 Si è calcolato che, ad esempio, un’affissione riceve mediamente 3 secondi di attenzione 140 Dalla trattazione sono escluse le c.d. figure di ritmo che agiscono sull’aspetto fonico del di- scorso. Non parleremo per tanto di rima, allitterazione, ripetizione, onomatopea, asindeto, polisindeto, ellissi, figure tipiche della poetica. Luca Bartoli - 95 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità la pubblicità il proprio mestiere, come stimolo e per agire in modo più consapevole. Per noi tale schema è fondamentale perché può essere stimolo per migliorare la nostra comunicazione, imparando dalla pubblicità a rendere le nostre parole più d’impatto e memorabili, soprattutto in quelle situazioni in cui il tempo per ottenere quest’effetto non è molto. 4.7.1 Figure retoriche classiche 4.7.1.1 Metafora “Il nostro addome è come il mare, se qualche volta si agita crampi e spasmi ci prendono a ondate. Ma per fortuna c’è BUSCOPAN, Buscopan agisce direttamente sullo spasmo, che a poco a poco si calma, così l’addome si rilassa e il mal di pancia si placa. BUSCOPAN la quiete dopo il mal di pancia” La metafora (dal greco metá “oltre” e phéro ”porto”) consiste nella sostituzione di un termine con una frase o un altro termine figurata legata ad esso da un rapporto di somiglianza. Accade così che un disturbo di stomaco venga raccontato come un mare in tempesta e un medicinale come “la quiete dopo il mal di pancia”, come nello spot Buscopan. 4.7.1.2 Allegoria “Sta per cominciare una nuova era. I migliori professionisti nel campo degli ٛ ettrodomestici, dell’elettronica, dell’informatica, della telefonia cellulare si unisconono e nasce TRONY, la più grande catena del settore. Da Trony troverete una grande scelta delle migliori marche, più convenienza, più professionalità, più servizi. Trony non ci sono paragoni” Luca Bartoli - 96 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità L’allegoria (dal greco aj;llh/ ajgoreu;w (allēi agoréuō), "parlare diversamente") è la costruzione di un discorso che, oltre al significato letterale, presenta anche un significato più profondo, allusivo e nascosto. L’allegoria è una delle figure retoriche più nobili e tradizionalmente considerate fra le più efficaci per trasmettere significati e messaggi profondi. Insieme alla metafora, è la figura più discussa nella tradizione del dibattito sulle figure e nella letteratura tradizionale e impegnate: dai miti greci (funzione testi religiosi) ai testi sacri. In pratica, si sostituisce al significato base un livello superiore rappresentato da simboli. Accade così che la nascita di una catena di negozi si trasformi in un momento epocale, l’inizio di una nuova era. 4.7.1.3 Metalessi La metalessi (dal greco metá “oltre” e lámbano “prendo”) consiste nell’uso improprio di aggettivi o sinonimi, che sarebbero invece consoni ad un altro contesto. La sua funzione è il “trasferimento semantico da un termine ad un altro, ed è mediata da elementi sottointesi141”. E’ una forma dell’umorismo, ma oltre al divertimento l’inadeguatezza produce sorpresa, quindi impatto. L’attenzione utilizzata per comprendere l’uso improprio rafforza il messaggio, tanto è vero che le mitiche campagne “liscia, gassata o Ferrarelle” sono ancora nella memoria di molti consumatori. Se l’improprio è iperbolico si sconfina nel paradosso. 4.7.1.4 Polisemia La polisemia (dal greco polys “molto” semeîon “segno”) consiste nell’utilizzo di una parola o di una perifrasi che possa avere differenti significati. Il doppio senso rende 141 Da dizionario di retorica metrica e stilistica UTET. Luca Bartoli - 97 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità attraente il messaggio. In pubblicità si usa molto spesso nel testo di un annuncio e talvolta anche nei titoli. In alcuni casi lo stesso nome del prodotto è creato su quest’ambiguità. 4.7.1.5 La citazione Un gruppo di uomini marcia lungo un corridoio, i passi sono coperti da una voce autoritaria che riecheggia per i corridoi. Sono prigionieri, ce lo dicono le loro divise e l’espressione sul volto. All’improvviso una ragazza in canottiera bianca e pantaloncini rossi corre verso la macchina da presa impugnando un grosso martello. Alcune guardie la inseguono. Il montaggio alterna la vigorosa corsa della ragazza, alla marcia dei detenuti. Arriviamo così in una stanza dove i detenuti, sedendosi in file regolari, seguono le istruzioni di un uomo proiettato su un grande schermo, da cui proviene la voce. La tensione sale: le guardie hanno quasi raggiunto la ragazza. La ragazza è ormai a qualche decina di metri dallo schermo, ha ancora qualche secondo prima che le guardie arrivino a lei, agita il pesante martello e lo scaglia contro lo schermo. Lo schermo esplode. Le persone sedute, incredule, sono impietrite. La voce fuori campo annuncia l’evento: “Il 24 gennaio Apple Computer lancerà Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come il 1984”. In conclusione il logo Apple: la mela morsa coi colori dell’arcobaleno disposti in modo irregolare. Il riferimento al romanzo di Orwell è esplicito: il Mac è venuto a liberarci. Il computer da oggi è più uno strumento di oppressione, ma di libertà. Con le citazioni la pubblicità si richiama alla letteratura e alla cinematografia, arti, o a se stessa. L’effetto diverso ma già visto conferisce maggiore impatto. Così, si può raccontare il lancio di Machintos richiamandosi a Gorge Orwell, come nella celebre campagna Apple “1984”. Luca Bartoli - 98 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.1.6 Sineddoche e metonimia La sineddoche (dal greco synekdé- khomai, "prendo insieme") utilizza in senso figurato una parola, ampliandone e riducendone il campo semantico. La metonimia invece è usare il termine iperonimo per l’iponimo o viceversa, la causa per quello l'effetto o viceversa. In pubblicità le due figure si confondono. Accade così che un telefono rosso sia utilizzato per rappresentare la possibilità di svolgere da casa tutte le pratiche di assicurazione, senza bisogno di recarsi in alcun ufficio. 4.7.1.7 Iperbole e enfasi L’iperbole consiste nell’esprimere in termini esagerati un concetto. L’enfasi (dal greco emphainein "dimostrare") consiste nel mettere in rilievo una parola o un'e- spressione, grazie ad una particolare sottolineatura. In ogni modo l’esagerazione è portata al punto da non essere più riconducibile ad alcun codice realistico. Trascendendo dalla realtà con l’iperbole la pubblicità può dire quello che vuole, senza essere accusata di dire bugie. Così per anni le campagne Duracell hanno potuto mostrare l’inesauribile Bunny reiterando lo slogan “Duracell dura di più” Luca Bartoli - 99 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.1.8 Antonomasia (Voce fuori campo di Dario Fo): “Questo film lo dedichiamo ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole, specie i regolamenti e non hanno alcun rispetto per lo status quo. Potete citarli, essere in disaccordo con loro. Potete glorificarli o denigrarli. Ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli. Perché riescono a cambiare le cose, perché fanno progredire l’umanità. E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio. Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero” L’antonomasia (dal latino antì onomasia) consiste nel denominare al contrario, ad esempio utilizzare il nome proprio di una persona in luogo di un nome comune e viceversa. L’ “apostolo” per Pietro, “è un Ercole” anziché “è un uomo forte” Così associando ripetutamente un personaggio a un concetto, il primo rappresenta il secondo. La pubblicità ama utilizzare i personaggi pubblici, dotati di una carica evocativa come testimonials. Uno degli esempi più riusciti è una campagna istituzionale Apple. Lo spot da un minuto era costruito con immagini di repertorio che ritraevano Martin Luter King, John Lennon, Mohammed Alì, Gandhi e di molti altri rappresentanti del “Think different”. Luca Bartoli - 100 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.1.9 Umorismo142 Una bella ragazza dall’aspetto serioso sta parlando col suo psicologo, lui le chiede “dimmi la prima cosa che ti viene in mente?”. Entriamo nella testa di lei e si susseguono 42 secondi in cui la vediamo fare di tutto: cavalcare un ragazzo con tanto di cappello da cow boy, picchiarne un altro, ammirarne un altro ancora mentre si mette l’olio abbronzante…poi fare il bagno in una fontana, ballare sopra un tavolo e dulcis in fundo cambiarsi i vestiti in autobus. Il montaggio alterna le immagini al suo viso sempre più divertito. Tornati nello studio, lo psicologo sollecitata nuovamente la ragazza a rispondere. Lei con la faccia pensierosa risponde “Choccolate”. L’umorismo si basa sul contrasto. La sorpresa, l’imprevisto, il malinteso e la esasperata ripetizione sono i detonatori più utilizzati dalla pubblicità. L’umorismo permette un raddoppiamento della realtà: ciò che di norma sarebbe motivo di vergogna a tensione diventa motivo per ridere. Lo spot Bacardi Breez mostra come piccoli grandi contrasti possano rendere memorabile un messaggio. Fanno parte del genere umorismo figure come: • L’ironia, l’affermare una cosa che è esattamente il contrario di ciò che si vuole intendere. Usare questa figura richiede che dall’altra parte l'ascoltatore o lettore sia capace di cogliere le ambiguità e di ricavare il vero messaggio. • La parodia, l’imitazione (tragi)comica di un tema o di un personaggio con esagerazioni spesso grottesche • Il paradosso (dal greco para "contro" e doxa "opionione") è un’affermazione che appare contraria al buon senso, ma che in realtà si dimostra valida a un'attenta analisi. Il paradosso presenta situazioni 142 Per un approfondimento sul tema consigliamo la lettura di RETORICA DELL’UMORISMO NEGLI SPOT PUBBLICITARI. ZIONE EFFICACE Luca Bartoli ANALISI E RICERCA DI MODELLI E LINGUAGGI UMORISTICI PER UNA COMUNICA- tesi a cura di Valentina Ballerini (Ballerini, 2004) - 101 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità assurde e incredibili, prive di buon senso e in contrasto con le convenzioni culturali. 4.7.1.10 Reticenza La reticenza (dal latino reticere, 'tacere') consiste nell’interrompere e la- sciare in sospeso una frase facendone intuire la conclusione. In pubblicità lasciare in sospeso una frase o una situazione, stimola fantasia del pubblico, lo coinvolge e rende memorabile il messaggio. Così per anni le campagne del rum Havana Club hanno lasciato allo spettatore concludere il ragionamento “Non c’è rum migliore del rum di Cuba e Havana Club è Cuba” 4.7.1.11 Climax Il climax (dal greco climax, "scala") è la progressione che sale di intensità: è una figura tipica della pubblicità a stampa, ma anche di alcuni spot. In questo caso è il montaggio che mostrando solo le inquadrature più salienti riesce a creare veri e propri crescendo in 30, massimo 60 secondi. Come nello spot Superga ambientato nei disordini di una manifestazione ecologista. Le immagini si susseguono in un crescendo di forza, sempre più serrate, che inchiodano lo spettatore alla poltrona. Il messaggio finale non conosce mezze misure “Superga: amala. Oppure odiala” Luca Bartoli - 102 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.1.12 Ossimoro L’ossimoro: (dal greco oksymoron, composto di oksys, "acuto" e morós, "sciocco" come modello di unione di concetti discordanti) è una forma di antitesi di singole parole che vengono accostate con effetti paradossali. La Pubblicità, come ha osservato Luhmann, ama accostare termini contraddittori. 4.7.1.13 Litote La litote afferma un concetto mediante la negazione del contrario. In pubblicità si utilizza per generare sorpresa, quindi humour. Così negare il concetto di “potenza senza controllo” enfatizza l’importanza della tenuta di strada. 4.7.1.14 Provocazione Siamo in una sala parto, una donna è in preda al dolore, urla. Il bambino è sparato letteralmente fuori dalla finestra. Il moto del bambino non si arresta, lo vediamo crescere e invecchiare mentre ancora “vola”. 35 secondi dopo l’uomo, ormai anziano, atterra violentemente dentro una tomba, la sua. Lo schermo si fa scuro e compaiono una dopo l’altra le scritte “la vita è breve”, “gioca ancora”, “Xbox”. Il messaggio è stato sparato con violenza nella testa del consumatore. La provocazione ha lo scopo di indurre nel destinatario una reazione di tipo emotivo. La pubblicità ama presentare i concetti in modo crudo e diretto, la reazione contribuisce a imprimere il concetto nella memoria, come nello spot Xbox. Luca Bartoli - 103 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.2 Figure tipiche della pubblicità 4.7.2.1 Problem solution Il problem solution è l’archeitipo di qualsiasi pubblicità. Ci si sofferma sul problema per poi mostrare il prodotto come la soluzione tanto attesa. Di solito si lega ad altre figure che lo vivacizzano. La legislazione italiana non permette di utilizzarlo in alcuni settori come gli alcolici. 4.7.2.2 Side By Side lI side by side è il più classico schema della pubblicità. Si mostrano da una parte la soluzione senza il prodotto e dall’altra il prodotto in azione. Naturalmente la prima situazione diventa un fallimento, mentre l’altra è un successo. Questa figura sacrifica l’impatto e la creatività in favore della chiarezza, è il linguaggio tipico dei prodotti per la casa. Luca Bartoli - 104 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.2.3 Torture test Con il torture test il prodotto è provato in situazioni limite. Così, detersivi di ogni genere lottano contro macchie più disparate. Una variante creativa è realizzata dalla colla Tesa, per dimostrare che il suo stick agisce in 10 secondi. La colla istantanea è applicata sulle lancette di un orologio in movimento. Nel tempo di uno spot riesce, così, la prova della promessa. Il torture test ha due varianti dolci: il good for baby e il buono sul pane. Nel primo caso si mostra un prodotto utilizzato su bambini affermando, più o meno esplicitamente, che se è abbastanza delicato per un bambino lo sarà anche per un adulto. Nel secondo caso si afferma o si da per scontato che se un condimento è buono sul pane, appunto, sicuramente lo sarà anche sul altri alimenti 4.7.2.4 Opinion leader in azione Oltre a star del cinema o della televisione, possono essere mostrati, per reclamizzare un prodotto, persone “comuni” rappresentanti di alcune categorie. In certi contesti, come l’igiene, il loro potere è immenso: si tratta di veri e propri leader d’opinione143. Capita così che Oral B si faccia fregio di essere “il dentifricio più raccomandato dai dentisti”. 143 Come evidenziato da Cialdini (3.4.2.6) Luca Bartoli - 105 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.2.5 Descrizione e presentazione “Dal limone il Limoncello, dal mapo Mapo Mapo. Il nuovo liquore al mapo” “Come parli bene Ninuzzo” “Mapo Mapo. Piacere mediterraneo Descrizione e presentazione non sono propriamente figure ma stili. Si utilizzano quando la pubblicità ha bisogno di parlare solo dell’esistenza del prodotto, soprattutto in fase di lancio. La descrizione è il contenitore dentro a cui si inserisce una figura, che la vivacizza. Ad esempio nei 15 secondi del lancio di Mapo Mapo tutta la scena, a metà tra il luogo comune e lo still of life, è costruita sul messaggio che descrive/presentare il prodotto. 4.7.2.6 Target story Un ragazzo sta giocando sulla spiaggia con il suo cane. All’immagine dei due si alternano in dissolvenza scritte bianche su sfondo nero: “Una mi vuole alla moda.” “Un’altra mi vuole alla moda.” “Francesca mi vuole sportivo.” “Datemi una Tuborg che ricomincio daccapo.” Conclude lo spot il ragazzo che chiede al cane: “E tu, come mi vuoi?” La target story serve ad avvicinare il prodotto al consumatore. Di fatto la marca assume come suo lo stile del suo target, con le sue aspirazioni, i suoi sogni, i suoi modi di dire e di pensare. Prodotto e consumatore diventano una cosa unica, la marca diventa un modo di vivere. Come in uno spot Tuborg. Luca Bartoli - 106 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.2.7 La seduzione del corpo La sensualità del corpo è una delle armi più usate ed abusa in pubblicità. Il corpo femminile in particolare è così inflazionato che lo si utilizza sia come richiamo per il target maschile (che di regola apprezza), sia col target femminile (che a volte si irrita). Nel secondo caso il richiamo è mascherato da modello aspirazionale come nella campagna Intimo Roberta. 4.7.2.8 Il piacere del corpo Il piacere del corpo è simile al modello appena visto, ma rispetto a questo segue una strada più pudica. Tutto il messaggio passa attraverso il corpo per generare impatto. È un racconto ego riferito: si offre al target un modello a cui ispirarsi. Si spera così che un corpo di donna diventi attrattivo anche per il target femminile. 4.7.2.9 Human contact L’Human contact si basa sull’emozione generata dal contatto umano. Visi, sorrisi e soprattutto abbracci costruiscono quest’emozione, soprattutto quando ci sono di mezzo cuccioli d’uomo. La marca che passa attraverso questo trattamento si personalizza, diventa “come una di famiglia”. Massimi esempi della categoria sono il mondo Barilla e Mulino Bianco. Luca Bartoli - 107 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.2.10 Finto redazionale Il finto redazionale è utilizzato sopratutto nel settore dei cosmetici. Si ricorre a questa figura quando la pubblicità ha deve veicolare molte informazioni. L’advertising decide, allora, di travestirsi da articolo redazionale, parassitando la credibilità del giornale stesso. È l’editore che a questo punto prende le sue precauzioni obbligando ad inserire il pay off, la firma della marca, per distinguerlo dai suoi redazionali. 4.7.2.11 Tranche de vie Con la trance de vie il prodotto è il protagonista assoluta, oltre che della comunicazione, della vita quotidiana rappresentata nella pubblicità. Si descrivono scorci di vita, soprattutto momenti passati in famiglia. Affinché il messaggio non risulti noioso serve qualcosa che vivaczi la situazione. Così il ritmo di un jingle o il sorriso di una battuta comica rendono arricchiscono un messaggio. Philadelphia ha creato in questo stile la saga di Kaori la ragazza orientale che entrava a far parte di una famiglia italiana. La presenza della ragazza era l’elemento vivacizzante e il pretesto per raccontare nuovi prodotti e nuovi utilizzi. Luca Bartoli - 108 - Introduzione alla comunicazione efficace - La pubblicità 4.7.2.12 Demo La demo è una pillola di comunicazione, che attraverso grafiche computerizzate, mostra l’effetto diretto di un prodotto. È usata per le reason why. Così lo spettatore a casa è catapultato dentro alle fibre di un tessuto per scoprire come funziona un detersivo. È molto usata per i prodotti cosmetici e per nell’igiene. Solitamente questa figura si inserisce su altre, diventando così una parentesi. Luca Bartoli - 109 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5 Public Speaking e dintor ni 5.1 Premessa In Italia l’insegnamento delle tecniche per comunicare in pubblico non è, solitamente, oggetto di insegnamento accademico144. Da una ricerca sul web145 scopriamo che alcune realtà universitarie – Milano Bicocca146, Università degli studi di Cagliari147 e di Genova148 – si stanno avvicinando all’argomento, attraverso incontri e seminari con esperti del settore della formazione, del giornalismo e dei media in generale. Dalla ricerca emerge un unico esempio di trattamento accademico: l’Università Bocconi istituisce un vero e proprio corso sul parlare in pubblico149 con tanto di verifica conclusiva, organizzato da CESDIA150. Il corso ha come obiettivo: “supportare gli studenti nello sviluppo di capacità di comuni- cazione orale efficace151”. In pratica si tratta di insegnare a ragazzi del II e III anno come: • Preparare una presentazione e metterla in atto con l’ausilio di tecniche di comunicazione; • Gestire l’ansia del parlare in pubblico e coinvolgere gli ascoltatori. In altri contesti, soprattutto in quello americano, l’insegnamento del public spe- aking è, invece, largamente diffuso, come dimostrano le oltre 346.000152 cita- 144 Neppure nei C.d.L. in Scienze della comunicazione 145 www.google.com: “parlare in pubblico” + università; “public speking” + università. 146 http://www.e-school.it/pagine/dettaglio_redazionale.asp?IDredazionale=123 147 http://csia.unica.it/formaz/corsi/demuro.pdf 148 http://orientamento.studenti.unige.it/cina/economia.html 149 Tenuto dalla Dr.ssa Roberta Da Sabbata, esperta di formazione e alimentazione, organizza- to da CESDIA – Centro per lo Sviluppo delle Capacità Didattiche e di Apprendimento – 150 Centro per lo Sviluppo delle Capacità Didattiche e di Apprendimento 151 Dalla brochure http://www.unibocconi.it/doc_mime_view.php?doc_id=30036&doc_seg_id=1 152 Ricerca fatta col motore www.google.com alle ore 17.14 del 29/03/05: “public speaking” si- te:.edu. Tecnica di ricerca con operatori booleani appresa durante i corsi TEORIE E TECNICHE DEI NUOVI MEDIA Luca Bartoli e EDITORIA MULTIMEDIALE, De Francesco, 2003 e 2004 - 110 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni zioni nei soli siti di università statunitensi (.edu). Sebbene non sia previsto a livello accademico, in Italia non manca la domanda per questo genere di insegnamento. Così, da noi la moderna arte oratoria è terreno fertile per le società di formazione153: HRD, Dale Carnegie Italia, NLP Italy, CEGOS, IFOA, HiPerformance solo per citarne alcune. Ma cosa viene insegnato ai moderni Cicerone? Quali sono le nozioni e le capacità che possono trasformare ognuno di noi in un animale da palcoscenico? Queste sono le domande a cui cercheremo di rispondere in questo capitolo. 5.1.1 Gli obiettivi di un public speaker Come per ogni tipo di comunicazione, si può dover/voler parlare in pubblico per differenti obiettivi. Per semplificazione ne considereremo quattro: • Convincere; • Informare; • Motivare; • Intrattenere154. Naturalmente con una presentazione possiamo voler raggiungere più di uno di questi obiettivi. Come si vede non si tratta necessariamente di vendere le proprie idee, perché questa espressione non si addice proprio, ad esempio, al contesto delle formazione, forse il motivo più nobile per comunicare di fronte ad un pubblico. Per queste considerazioni, quando nei prossimi paragrafi saranno utilizzate le espressioni “persuasione”, “persuasività”, “convincimento”, vanno intese in un senso più allargato rispetto al loro uso comune. Teniamo quindi presente che gli strumenti e le tecniche presentate in seguito possono essere utilizzati, anche semplicemente per essere più chiari e tenere più alta l’attenzione del pubblico. 153 I cui siti sono rispettivamente: www.hrdonline.it, www.dalecarnegie.it, www.pnl.info www.cegos.it, www.ifoa.it, www.hiperformance.it 154 Classificazione tratta da Dale Carnegie & Associates, 1982 – 2000 Luca Bartoli - 111 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.2 Introduzione155 5.2.1 Dale Carnegie e l’effective speaking Possiamo collocare la nascita della moderna arte del parlare in pubblico nel 1912, anno in cui Dale Carnegie (1889-1955), riconosciuto come il padre della disciplina, iniziò ad insegnare oratoria presso una delle sedi della YMCA156 di New York. Nel contesto nordamericano dell’epoca il parlare in pubblico era considerato una vera e propria arte, per cui erano necessari anni ed anni di studio, l’obiettivo era la perfetta eloquenza. Secoli di tradizione insegnano che, solo le elite hanno il privilegio di potersi dedicare allo studio di una disciplina del genere per così tanto tempo. Per questo motivo, l’arte della parola è stata per secoli uno strumento di potere, in grado di mantenere invariati gli equilibri e gli squilibri sociali. Carnegie, però, sapeva che il professionista medio desiderava semplicemente esprimersi con maggiore facilità e sicurezza nel suo ambiente di lavoro. La maggior parte delle persone non aveva né il tempo né il denaro per studiare le tecniche del discorso, l’impostazione della voce, le regole della retorica e la gestualità. Tra l’altro questa era stata l’impostazione della sua formazione alla State Teacher's College di Warrensburg. Ben presto l’uomo del Missouri si accorse che quella era la strada sbagliata: di fronte a lui c’erano adulti, già inseriti nel mondo del lavoro. Chi si iscriveva ai corsi voleva solo trovare il coraggio di alzarsi in piedi e pronunciare una relazione chiara durante una riunione. Fu così che Carnagie gettò i libri e decise di concentrarci su pochi semplici principi. Dal nostro punto di vista fu sepolta la retorica (la teoria della magnificenza) e fu resuscitata l’oratoria (la pratica del comunicare di fronte ad un pubblico). 155 Fonti: Carnegie, 1990, Partecipazione a HIGH IMPACT PRESENTATION (corso public spea- king), Dale Carnegie Italia, trainer: Sergio Borra, (Borra, 2003); (Re, 2001) 156 Young Men Cristian Association Luca Bartoli - 112 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.2.2 Retorica ed oratoria Sul rapporto tra retorica e oratoria è bene soffermarci un attimo e fare alcune considerazioni. Nel capitolo sulla retorica abbiamo affermato che “possiamo considerare come inizialmente equivalenti le espressioni retorica e oratoria, così come i nomi retore e oratore157”. Già con Quintiliano e con la retorica scritta, la pratica oratoria si separa dalla teorizzazione, i retori sono sempre più studiosi degli antichi e sempre meno attori della parola. Con Agostino l’arte della parola perde quasi definitivamente la sua valenza pratica per acquisirne una spirituale “strumento per migliorare l’interpretazione delle scritture158”. Gli unici spazi previsti per l’utilizzo concreto sono il proselitismo e “la difesa della fede cri- stiana”. Un ulteriore distinzione tra retorica e oratoria, probabilmente più vicina al discorso che stiamo affrontando, è iscritta nella valenza che i due termini hanno acquisito nel tempo. Come abbiamo visto retorica è utilizzata per lo più nel suo significato negativo, per indicare un “modo di scrivere o di parlare eccessiva- mente ridondante e prolisso...159”. Oratoria, invece, conserva il suo significato neutro di “arte o tecnica di parlare in pubblico…160”.. La distinzione così rivista ricalca la contrapposizione post aristotelica tra lo stile asiano e quello atticista, il primo di tendenze barocche, l’altro decisamente più sobrio. La necessità avvertita da Dale Carnegie è, quindi, quella di un insegnamento e di uno stile più semplice e immediato di parlare in pubblico. Da qui probabilmente il titolo “THE QUICK & EASY WAY FOR EFFECTIVE SPEACKING”, il libro ricavato dalle dispense uti- lizzate durante i corsi alla YMCA. 157 2.2.4 158 2.5.2 159 2.2.2 160 De Mauro, Vocabolario della lingua italiana Luca Bartoli - 113 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.3 Metodologia didattica L’aspetto più importante dei corsi di Public Speaking, che in genere si svolgono in full immersion (7/8 ore al giorno), è la possibilità di applicazione immediata di quanto spiegato, durante il corso sono infatti previste varie sessioni di prova. Ogni partecipante può così provare e ricevere un feedback mirato, sia dal trainer sia dagli altri corsisti, ed in ultimo da se stesso dato che le performance sono videoregistrate. L’idea è che comunicare in pubblico non sia tanto una questione di conoscenza dei (pochi) principi quanto di esercizio. Il feedback serve sì a correggere eventuali errori ma sopratutto ad evidenziare i punti di forza. Ma quali sono questi principi che insieme alla pratica possono introdurci alla moderna arte del parlare in pubblico? 5.4 Il passo più difficile161 5.4.1 La paura del palcoscenico Quasi tutti i corsi, i libri, i manuali sull’argomento partono da una considerazione: parlare in pubblico fa paura. Per andare un po’più nello specifico si tratta di una fobia sociale162 in grado di generare sintomi ansiosi: palpitazioni, tremori, sudori, tensione muscolare, nausea, secchezza delle fauci, vampate di calore, arrossamenti, mal di testa, ecc. Questo genere di paure è caratterizzato da ansia anticipatoria, in pratica il solo pensiero della situazione sociale ci fa star male. Proprio per questo motivo gli individui fanno di tutto per evitare tali situazioni. Come è logico le conseguenze di un tale stato d’animo sono paralizzanti a livello comunicativo. Siamo di fronte ad una profezia che si auto-avvera: avere paura di parlare in pubblico lo farà diventare un’esperienza terribile. Chi si iscrive a un corso per parlare in pubblico ha, con ogni probabilità, ben nota questo paura e i problemi che genera una situazione di comunicazione del genere, è verosimilmente l’unica cosa che ha chiara di tutta la questione. 161 Fonti: Carnegie, 1990, Borra, 2003; Re, 2001 162 http://www.ipsico.org/parlare_in_pubblico.htm Luca Bartoli - 114 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.4.2 A proposito della paura Paradossalmente gli autori-formatori si soffermano con enfasi, quasi sadica, su questo aspetto “Il nostro obiettivo è imparare a comunicare nella più difficile delle situazioni: il confronto con un pubblico 163 ”. Per affrontare il tema, solita- mente, si ricorre ad aneddoti di persone che, prima del corso, hanno passato gran parte della loro vita a evitare le occasioni di parlare di fronte ad un pubblico, terrorizzate alla sola idea. Nei racconti i sintomi, le conseguenze sulla vita professionale e personale sono sempre terribili, tragici, catastrofici. Il messaggio è chiaro “se costoro ce l’hanno fatta, perché non dovresti riuscirci tu”. Per quanto scontato possa essere questo genere di discorsi, sentirsi dire queste cose da sollievo, specie in una situazione di panico. Dopotutto se abbiamo comprato un libro/un corso è perché pensiamo che possa aiutarci, e questo suppone che c’è una possibilità di miglioramento. Il formatore di turno, un po’ psichiatra delle nostre fobie e un po’allenatore della nostre capacità comunicative, cerca così di associare al corso una sorta di effetto placebo164 convincendoci che, la sola partecipazione supportata dall’esercizio, ci daranno la sicurezza di cui abbiamo bisogno. Il tema della paura non è solitamente accantonato dopo questi racconti, il panico da palcoscenico, è il primo tema affrontato, e forse il più importante. Le considerazioni proposte sul tema sono grosso modo sintetizzate nelle parole con cui Dale Carnegie iniziava i suoi corsi: • “Non siete gli unici ad avere paura di parlare in pubblico”. Su questo punto sono citate statistiche e sondaggi fatti sui partecipanti ai corsi165. • “Una certa paura del palcoscenico è utile!”. Quindi non solo è normale ma addirittura aiuta166. 163 Re, 2001 164 In medicina si tratta de “l’effetto riscontrato con qualunque composto … Si manifesta con al- terazioni dell’umore e altri effetti soggettivi, e con effetti oggettivi sul sistema nervoso. Se sfruttato vantaggiosamente può integrare notevolmente gli effetti farmacologici e decretare il successo o il fallimento della terapia” (Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia) 165 Decisamente autoreferenziale, ma non dimentichiamo che come abbiamo visto nel capitolo su La persuasione, la somiglianza genera simpatia e quindi persuasività 166 Il corsista a questo punto è quasi dispiaciuto di non essere abbastanza terrorizzato Luca Bartoli - 115 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni • “Molti oratori professionisti mi hanno confessato che non superano mai completamente la paura del palcoscenico. Gli oratori che affermano di essere sempre freddi e imperturbabili sono in genere individui insensibili e poco comunicativi”. Non solo la paura ci sarà utile ma guai a non averne, nessuno sopra un palco vuole apparire un robot. • “Il motivo per cui avete paura di parlare in pubblico è semplicemente la mancanza di abitudine a parlare in pubblico”. Il ragionamento non fa una piega: per quante volte una persona possa essere andata di fronte un palco, è improbabile che si iscriva ad un oneroso corso per imparare a parlare in pubblico se si ritiene per c.d. navigato. Per parlare delle abitudini, in questo genere di corsi167, capita spesso di sentir utilizzare la metafora della zona di comfort. Zona di comfort168 Col tempo ogni essere umano sviluppa una sua zona di comfort, o comfort bubble, insieme di luoghi, persone, attività, comportamenti e modi di pensare che ci sono propri, che ci trasmettono sicurezza. Finché restiamo all’interno della nostra zona di comfort ci sentiamo sicuri, certi come quando camminiamo per le strade della nostra città e sappiamo come raggiungere i luoghi a noi familiari. Quando invece ci muoviamo per la prima volta in una nuova città, ci sentiamo disorientati, incerti, insicuri. La stessa cosa vale, per alcuni, quando ci troviamo a contatto con persone nuove, o quando per la prima volta facciamo una cosa mai fatta prima169; insomma ogni qual volta usciamo dalle nostre abitudini. La sensazione che si prova è, per alcuni, così sgradevole da spingerci a trovare rifugio nelle nostre abitudini. Così, spesso, rinunciamo alle opportunità per cogliere le quali dovremmo affrontare un certo grado di ansia dato dall’insicurezza. Le reazioni sono ancora più forti quando a essere messi in gioco, non sono solo azioni e capacità, ma addirittura modi di pensare o di vedere le cose, e ancora peggio le nostre credenza. In questi casi possiamo arrivare a denigrare o addrittura ad odiare chiunque provi a spingerci a vedere le cose in un modo diverso. La storia è piena di esempi di questo tipo170. Teniamo, comunque, presente che gli stessi luoghi, le stesse persone, le stesse attività, gli stessi modi di pensare che le prime volte generano insicurezza col tempo entrano a far parte della nostra zona di comfort, è solo una questione di abitudine. “Tutte le cose sono difficili prima di diventare facili 171” 167 Con quest’espressione intendiamo riferirci all’intero menu di corsi realizzato dalle società che si occupano di public speaking, che possiamo genericamente classificare con l’espressione “sviluppo personale” 168 Re, 2004 169 Si pensi alla prima volta in cui, per imparare a guidare, si è saliti su un’auto 170 Da Galileo a Malcom X 171 John Norley Luca Bartoli - 116 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni Cambiare e uscire dalle zona di comfort sono, però, inevitabili se vogliamo imparare, crescere, migliorare. Ecco, allora, che se non vogliamo rimanere schiavi delle nostre abitudini, dobbiamo imparare a gestire l’insicurezza che se ne genera. Operativamente questo può significare che, ogni qual volta proviamo il disagio dato dall’incertezza, possiamo e dobbiamo re-incorniciare questa sensazione come “il sintomo dell’apprendimento”. Tutto questo può essere portato all’estremo: chi da tempo non si sente insicuro probabilmente sta imparando poco. 5.4.3 Soluzioni proposte Dopo aver aiutato a ridimensionare o perlomeno a guardare sotto un’altra ottica la propria paura, il formatore di turno suggerisce alcune soluzioni pratiche. La prima proposta è, solitamente, di tipo quasi filosofico: “per armarvi di coraggio di fronte ad un pubblico, agite come se già lo aveste”. Il principio è così semplice che vale la pena di estenderlo anche ad altri campi della nostra vita: Vuoi essere gentile? Comportati come se fossi gentile. Vuoi essere autoritario? Comportati come se fossi autoritario172. Si tratta, in sostanza, di spingere all’estremo uno degli insegnamenti goffmaniani de LA ZIONE SOCIALE: VITA COME RAPPRESENTA- “ognuno nella vita recita un personaggio, non si tratta di essere falsi, le persone diventano i personaggi che recitano173”. Questo genere di affermazioni è adottato sistematicamente in certi ambienti del mondo dello sviluppo personale174. Forse non migliorerà la vita degli altri ma permette a noi di risparmiare un sacco di tempo e sentirci al tempo stesso a posto con la coscienza. Dopotutto abbiamo dato il consiglio giusto, forse alla persona sbagliata, ma sicuramente era il consiglio giusto. Tornando al corso, se poi il formatore di turno attribuisce il principio a qualche psicologo autorevole, non importa se le sue teorie sono superate da 50 anni175, conferisce alle sue parole maggiore autorevolezza. Per quanto possa sembra strano quello che ci stanno dicendo, di nor- 172 Peccato che comportarsi come se fossimo simpatici, determinati, sicuri ecc. non sia così fa- cile 173 Ventimiglia, TEORIA E TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA, CEI, Reggio Emilia 2000 174 Programmazione Neuro Linguistica, e filosofie Next Age (Anthony Robbins e Deepak Cho- pra, in primis) 175 In questi ambienti il comportamentismo, pare, non esere ancora stato superato Luca Bartoli - 117 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni ma nessuno fa obiezione su questo punto176. Dopotutto se ci siamo iscritti al corso, lo abbiamo pagato anticipatamente e stiamo investendo il nostro tempo per imparare quello che la persona che sta palando ha da dirci sarebbe stupido fare resistenza… Oltretutto, ci sono altre persone che stanno ascoltando le sue parole, e sembrano convinte, tanto vale che assumiamo anche noi una espressione di accordo. È evidente dalla descrizione quanto tutta la situazione sia influenzata da potenti principi persuasivi quali autorità, riprova sociale e coerenza177. Insieme alla proposta filosofica di agire “come se”, è abitudine di libri e formatori dal vivo fornire tutta una serie di esercizi in grado di aiutarci ad affrontare la paura del palcoscenico. Sul tema si trovano anche parecchi articoli sulla rete, scritti da personaggi più o meno noti. Stilare una classifica completa è impossibile, tuttavia esistono alcuni principali rimedi proposti il più delle volte: • Respirare profondamente, con la pancia, per dissolvere la tensione; • Espirare con forza, soffiando fuori la paura; • Respirare profondamente col naso ed espirare lentamente con la bocca; • Per evitare gesti come mordere unghie e le labbra, o torturare i capelli, utilizzare gesti invisibili all’uditorio come valvola di sfogo, liberando la tensione nei piedi, muovendo le dita, oppure contraendo e rilassando i polpacci178 Sciogliere i muscoli del collo, “i muscoli del collo sono i primi a contrarsi • quando sei teso sciogliendoli contribuisci a rilassarti 179”; • Confessare il proprio nervosismo, ma senza scusarsi; • Occupare le mani con oggetti per risolvere il problema del “dove metto le braccia?”; 176 Ricordo di aver sentito presentare il principio del “Come se” in cinque o sei corsi diversi, dal- le 4 alle 12.000 persone, e di non aver mai sentito obiettare qualcuno 177 178 Vedi 3.4.2 http://guide.supereva.com/sviluppo_personale/interventi/2002/06/110182.shtml (Claudio Maffei) 179 http://guide.supereva.com/sviluppo_personale/public_speaking/ (Mario Furlan) Luca Bartoli - 118 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni • Non occupare le mani con oggetti per non scaricare su di essi la propria tensione. • Concentrarsi solo su quel che si dice; • Non concentrarsi solo su quel che si dice • Eccetera, eccetera, eccetera Nessuno di questi metodi è, evidentemente, valido per qualsiasi persona, al tempo stesso è probabile che conoscerne alcuni possa aiutare a gestire meglio lo stress da palco. 5.5 Comunicare ad un pubblico180 Il public speaking, probabilmente per soddisfare un forte bisogno di legittimazione, utilizza modelli mutuati dalla psicologia. Partecipando ad un corso181 può capitare di sentire accenni agli assiomi della comunicazione182, o di sentir parlare della finestra di Johary. 180 Fonti: Carnegie, 1990, Borra, 2003; Re, 2001 181 Borra, 2003 182 Watzlawick – Beavin – Jackson, 1971 Anche se in un corso di Public Speaking gli assiomi sono al massimo accennati, riportiamo alcuni appunti presi da Rubichi, 1999: “Gli assiomi della comunicazione sono regole che sottostanno alla comunicazione umana. Sono sviluppati nella terapia della famiglia ma sono applicabile a tutti i tipi di comunicazione: 1. Non si può non comunicare, persino il silenzio è una comunicazione 2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione che classifica il contenuto stesso 3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti 4. La comunicazione umana è composta di codici analogici e digitali, corrispondendo prevalentemente ad aspetti relazionali i primi e ad aspetti di contenuti i secondi 5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, quindi basati sull'uguaglianza o sulla differenza”. Luca Bartoli - 119 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.5.1 La finestra di Johary183 La finestra (o matrice) di Johary trae il suo nome dagli psicologi Joe Luft e Harry Ingram che la proposero nel 1961. La finestra è stata tradizionalmente utilizzata per comprendere le dinamiche di gruppo. Secondo questo modello, nel porsi di fronte agli altri ognuno di noi ha quattro aree: • Io aperto o arena: ciò che so su di me e voglio rivelare; • Io occulto o facciata: ciò che so su di me e non voglio rivelare; • Io ignoto o sconosciuto: ciò che non so su di me e non rivelo; • Io o punto cieco: ciò che non so su di me e mio malgrado rivelo agli altri. Quest’area è costituita da quei comportamenti, quindi quelle comunicazioni184 come lapsus, rossori e tremori… Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull'uguaglianza o sulla differenza. I rapporti razionali e formali vedono come protagonisti gli io aperti, mentre quelli manipolatori si basano sulla combinazione fra io aperto e io occulto. L'io cieco si rivela in situazioni emotivamente 185 coinvolgenti o stressanti. L'io ignoto solitamente non si manife- sta, e quando accade è una sorpresa sia per noi che per gli altri. 183 Appunti da Borra, 2003 integrati con http://www.problemsetting.com/pages/johari.htm 184 Secondo l’equivalenza “comportamento = comunicazione” che deriva dal (1° assioma della comunicazione) 185 Tratto da Borra, 2003 Luca Bartoli - 120 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.5.2 Detto, comunicato, percepito, capito In un corso di public speaking la finestra di Johary è presentata sotto forma di schema semplificato. Lo schema è utile a comprendere bene il senso della prima regola del public speaking: “La comunicazione non è ciò che vo186 gliamo dire, ma ciò che gli altri ascoltano e percepiscono187”. Analogamente, anche senza citare la finestra, c’è chi spiega quale è l’implicazione pratica “Regola numero uno nel comunicare con gli altri: se gli altri non hanno capito è colpa mia… non è sempre vero ma è sempre bene ragionare in questi termini… se questa persona non ha capito probabilmente c’era un altro modo di far arrivare il mio messaggio… soltanto se mi assumo la responsabilità della comunicazione potrò cambiare il risultato…188”. Questo modo di concepire la comunicazione in funzione della ricezione si avvicina alla definizione proposta dalla teoria dei sistemi sociali più di quanto facciano la maggior parte dei modelli psicologici. 5.6 Preparare una presentazione189 Presupposto che se non siamo proprio riusciti ad esorcizzare la paura del palcoscenico, abbiamo almeno deciso provarci, come si prepara una presentazione di fronte ad un pubblico? La risposta è semplice: non di fronte al pubblico. Tutto il lavoro di preparazione è fondamentale, soprattutto nelle situazioni in cui non abbiamo molto tempo. A tal proposito esemplare è la frase di Abram Lincol “Per preparare un discorso di due minuti mi ci vogliono due giorni, per pre- 186 Tratto da Borra, 2003 187 Borra, 2003 188 Re, 2001 189 Fonti: Carnegie, 1990; Borra, 2003; Re, 2001; Dale Carnegie & Associates, 1982 – 2000 Luca Bartoli - 121 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni parare un discorso di due giorni mi bastano due minuti”. Dale Carnegie ispirandosi all’uomo politico sosteneva che “soltanto l’oratore preparato merita di sentirsi sicuro”. Per utilizzare la classificazione aristotelica, presentata nel primo capitolo, in questa sezione sono trattate le operazioni di: inventio e dispositio. 5.6.1 Di cosa parlare? Nei corsi della YMCA gli allievi erano spronati a parlare di ciò che la vita aveva insegnato loro, cercando gli argomenti nel proprio background. A proposito degli argomenti, in anni e anni di corsi fu raccolta una tipologia delle aree dell’esperienza personale che pare ricevessero maggior attenzione dall’uditorio: • I primi anni di vita: ricordi d’infanzia e di scuola, vita familiare ecc. In poche parole, i primi ostacoli che la vita ci mette di fronte. Immaginare che nella persona che sta parlando ci sia stato un bambino, probabilmente, genera simpatia. Non a caso la pubblicità ricorre volentieri ai cuccioli d’uomo, sopratutto nell’human contact (4.7.2.9). • Esperienze insolite: tutto ciò che esula dalla quotidianità delle persone comuni, situazioni di grave pericolo o momenti straordinariamente piacevoli, riecheggia Bateson e il suo “una differenza che fa la differenza”; • Settori di expertise: nel capitolo sulla persuasione abbiamo già visto quanto questo fattore influenzi la ricezione di messaggi complessi. In pù punti del capitolo sulla psicologia sociale della persuasione abbiamo visto che i c.d. esperti sono la categoria d’individui più persuasiva. Secondo Dale Carnegie l’argomento non deve solamente appartenerci, ma anche appassionarci, solo quando siamo così convinti di un argomento da difenderlo dalle obiezioni l’argomento è quello giusto. 5.6.2 Cosa dire e cosa non dire? Una volta scelto di trattare un argomento appassionante e per il quale ci sentiamo all’altezza non possiamo trattarlo per esteso, dobbiamo delimitarlo e imporci rigorosamente di restare entro i limiti scelti. Una volta iniziato, anche con difficoltà, l’oratore medio tende ad allargare il suo argomento. Voler dire troppo Luca Bartoli - 122 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni rischia di essere un’esperienza traumatizzante per chi ascolta, che non fa in tempo a seguirci nei continui salti da un punto all’altro. In un corso dal vivo vengono fornite istruzioni operative per come affrontare la dura scelta del cosa dire e cosa non dire: • Raccogliere le idee a ruota libera attraverso mappe mentali e strumenti simili. La filosofia è quella del brainstorming: “Non criticare, non seleziona- re, prediligere la quantità delle idee alla qualità190”. • Determinare qual’è l’obiettivo: incuriosire il pubblico, stimolarlo, persuaderlo… • Pensare al pubblico, questo significa porsi tutta una serie di domande specifiche: □ Chi è il mio pubblico? □ Chi sono le persone che ho di fronte? □ Cosa fanno? □ A quale categoria sociale/professionale appartengono? □ Sono presenti spontaneamente o istituzionalmente? □ Cosa si aspettano? □ Quali sono i loro bisogni e i loro interessi? □ Come posso mettere in relazione ciò che voglio dire con la loro situazione professionale e sociale? • Cercare un filo conduttore • Evidenziare i punti di forza • Preparare un inizio ed una finale, anzi più inizi e più finali. “L’inizio serve per essere accettati, la fine per esser ricordi191”. Come si può vedere lo schema proposto è molto simile alla copy-strategy presentata nel capitolo precedente. Non è possibile affermare che lo schema di Carnegie, presentato per la prima volta nel 1912 abbia influenzato la soluzione 190 Mercurio, 2003 191 Borra, 2003 Luca Bartoli - 123 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni pubblicitaria192. Si tratta piuttosto di soluzioni analoghe allo stesso problema: “comunicare in modo convincente”. In ogni modo, dal brainstorming iniziale alla scaletta definitiva moltissimi argomenti e spunti vengono selezionati. Non si tratta però di una cancellazione totale, tutto ciò che è stato selezionato serve, come si dice in gergo, a fare serbatoio, energia di scorta che ci porteremo sul palco e che potrà essere utile a rispondere alle domande dell’uditorio o in caso di imprevisti. La nostra area pubblica, per usare la terminologia Johary, dev’essere solo la punta di un iceberg. 5.6.3 Come iniziare? Come evidenziò Aristotele esordio ed epilogo fanno leva sui sentimenti del pubblico, in particolare è proprio all’inizio che si cattura l’ascoltatore incuriosendolo e affascinandolo. I moderni maestri d’oratoria fanno propri questi insegnamenti enfatizzando quanto sia importante rompere bene il ghiaccio di fronte ad un pubblico. In un corso di public speaking può essere fornito un vero e proprio elenco di modi con cui iniziare un discorso193: • Elencare gli argomenti che saranno trattati; • Porre al pubblico le domande a cui si cercherà di rispondere; • Prendere spunto dall’attualità; • Raccontare una storiellina con una morale; • Fare un commento a favore dell’uditorio; • Raccontare un aneddoto; • Fare una citazione; • Lanciare una provocazione; • Porre una domanda all’uditorio, anche se poi non vi si cercherà di rispondere; • Riportare una curiosità; • Esporre fatti e cifre; 192 “Possiamo datare le prime copy-strategy formalizzate intorno agli anni ‘50” da una conversa- zione con Enrico Gervasi 193 Naturalmente l’elenco non è concepito come tipologia chiusa Luca Bartoli - 124 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni • Esporre il risultato di un sondaggio; • Iniziare semplicemente. La funzione di questo elenco194, così come di tutte le tipologie presentate in questo capitolo, svolge una duplice funzione, analoga a quella dello studio sulle principali figure retoriche utilizzate dalla pubblicità195. Oltre ad un sostegno pratico per preparare discorsi, un tale schema rende più sensibili all’analisi di testi particolari, le orazioni, esercizio cui solitamente non siamo abituati196. Il “come iniziare” a questo punto, è reso meno problematico dalla presenza di altenative. Valgono naturalmente le osservazioni fatte da Cicerone secondo cui l’esordio deve essere proporzionato all’argomento da trattare e deve contenere o almeno collegarsi all’idea dell’argomento in discussione. 5.6.4 Prove Spesso c’è qualcuno del pubblico che mentre ascolta un oratore si chiede “perché dovrei credergli?”. Sia che ai pensieri segua la formulazione di una domanda vera e propria sia che l’interrogativo resti nella testa di qualche membro della platea, il comunicatore può e talvolta deve supportare la propria comunicazione utilizzando le prove. Le indicazioni di Aristotele, Cicerone e Quintiliano riferite soprattutto al genere epidittico sono, così, allargate ad ogni genere di discorso. Nei corsi sono presentate esempi di prove utilizzate spesso: • Dimostrazioni, mostrare che qualcosa funziona; • Esempi, esperienze personali o di altre persone; • Fatti, informazioni considerate come vere; • Analogie con altre situazioni; • Testimonianze, pareri di persone autorevoli; • Statistiche; 194 Tipologia tutt’altro che chiusa 195 Capitolo precedente 196 In effetti in quest’ottica è ancora più assurdo che in C.d.L. di Scienze della Comunicazione non sia insegnato ad analizzare la comunicazione orale, dopo che la scuola dell’obbligo per anni fornisce strumenti per lo studio di quella scritta Luca Bartoli - 125 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni • Documenti di qualsiasi tipo. 5.6.5 Come concludere? Come osservò Quintiliano riallacciandosi a Cicerone ed Aristotele la conclusione agisce sia sui fatti sia sui sentimenti. Un bel discorso non si tronca, ma ha una conclusione che lo rende memorabile. Per quanto riguarda “come chiudere”, anche per questo problema è offerta una tipologia di possibili finali: • Riepilogare i punti trattati; • Dare una visione d’insieme; • Presentare la questione affrontata in termini di un problema/bisogno; • Presentare la questione affrontata in termini di un’idea/soluzione; • Mostrare le evidenze trovate; • Mostrare i vantaggi per il pubblico di quanto detto; • Invitare ad un’azione il pubblico. L’ultima soluzione è presentata come particolarmente indicata in contesti di tipo aziendale, situazioni in cui si ritengono condivise affermazioni come “lo scopo della vita non è l’erudizione bensì l’azione197”. A tal proposito un’altra affermazione chiarisce in cosa il public speaking moderno si richiama all’arte dell’eloquenza e permette di tracciare un primo approssimativo rapporto tra le due discipline: “Quando Cicerone parlava tutti dicevano – che bravo –, quando Demostene parlava tutti dicevano – andiamo a combattere! –198”. Cambia la forma ma non la sostanza! Non pensiamo, però, che in questo genere di corsi sia enfatizzato solo l’aspetto guerriero e cinico della comunicazione, lo rivelano affermazioni come “convincere non significa fregare, ma - vincere con -, quindi insieme al nostro interlocutore199” cui è data maggiore enfasi. 197 Borra, 2003 198 Ibidem 199 Ibidem Luca Bartoli - 126 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.7 Il manuale del buon oratore200 Frequentando un corso di public speaking è solitamente fornito un modello ideale di come dev’essere un buon comunicatore in pubblico. Per lo più si tende a trattare le singole caratteristiche nei momenti di feedback che seguono le varie presentazione che ogni partecipante fa durante al corso201. È possibile, al tempo stesso, che il trainer presenti il modello per esteso202. In questo caso il modello, è subito precisato, non è da intendersi né come l’unico modello possibile, né come un insieme di indicazioni normative da applicarsi in senso rigido. Alla conclusione è precisato che si tratta di tirare fuori il meglio di sé non di essere i cloni di qualcun’altro. A fianco alla funzione esplicita di esempio-guida, fornire un modello svolge una funzione latente: assorbire insicurezza203. Specie quando si è alle prime armi avere una traccia-guida, anche se non si tratta dell’unico modello possibile, offre un‘ancora di sicurezza. Il rischio è presentato in modo esplicito: “essere insicuri sulla propria capacità di comunicare trasferi- sce insicurezza in generale… letta come insicurezza sulla proposta stessa“. In questo caso, il modello del buon comunicatore fornisce soluzioni ai problemi legati a aspetti non verbali, paraverbali e verbali della comunicazione, con netta predominanza dei primi due rispetto ai terzi. Capita così che in un corso per imparare a parlare in pubblico sia insegnato, ad utilizzare: • Contatto visivo; • Gestualità; • Prossemica; • Voce; • Tipo di messaggi; • Scelte verbali; • Interiezioni e pause; 200 Fonti: Carnegie, 1990; Borra, 2003; Re, 2001; Dale Carnegie & Associates, 1982 – 2000. Tutte le immagini sono tratte da Re, 2001 201 Borra, 2003 202 Re, 2001 203 Mercurio, Corso di creatività, UdP 2004 Luca Bartoli - 127 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni • Aspetti della personalità. Imparare a curare questi aspetti non è da intendersi in senso teatrale, a tal proposito il trainer di turno non manca di ricordare che “imparare a comunicare non è imparare a recitare” si tratta piuttosto di presentare al meglio la propria proposta. Per utilizzare la classificazione aristotelica in queste sezioni di corso si offrono indicazioni a proposito dell’elocuitio e dell’actio. A fianco al modello positivo è fornito, in chiave comica, una sorta di bestiario del parlare in pubblico, insieme di errori che possono “creare ostacolo alla comunicazione”. Oltre alla valenza formativa che questo contro-modello possa avere, il messaggio sottointeso è che “gli individui imparano di più quando si divertono”. 5.7.1 Contatto visivo Il contatto visivo è importante nella comunicazione, per alcuni è addirittura rivelatore della sincerità o meno dell’interlocutore. Più in generale molte persone conferiscono allo sguardo la funzione di fonte di rivelazione degli aspetti più intimi della persona che hanno di fronte: gli occhi sono lo specchio dell’anima. Con un interlocutore singolo il fissare troppo o il guardare troppo poco negli occhi possono creare disagio o fraintendimenti. Per questo motivo non c’è una regola precisa e fissa, vale il principio di “fare più o meno quello che fa il nostro interlocutore”. Con un gruppo, invece, esistono una serie di regole che possono essere seguite per raggiungere un triplice risultato: • Evitare gli stimoli, che possono distrarre l’oratore, dalla cosa più importane: le persone che ha di fronte; • Trasmettere sicurezza e interesse per il pubblico stesso. Lo scopo è quello di evitare sia un atteggiamento di superiorità, sia un comportamento d’incertezza. • Controllare il nervosismo. Luca Bartoli - 128 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni A corollario di queste funzioni seguono alcune indicazioni: • Evitare lo sguardo nel vuoto, perdendosi nella stanza; • Evitare lo scanning204, bloccando lo sguardo prima su qualcuno del pubblico, poi su qualcun altro, così da abbassare la tensione. • Non rivolgere mai le spalle al pubblico. Se proprio è necessario scrivere alla lavagna, evitare comunque di dare le spalle utilizzando una posizione intermedia, mantenendo un contatto laterale. La stessa cosa vale per le immagini proiettate. Uno sguardo rivolto totalmente alla lavagna o allo schermo rischia di comunicare che il contenuto sia più importante del pubblico stesso. E questo, ci informa il trainer di turno è un errore imperdonabile per un comunicatore. • Evitare di creare gerarchie di simpatia/importanza. In ogni gruppo ci sono persone più positive, più interessate ed altre meno, la stessa scelta dei posti lo rivela. Guardare i primi naturalmente trasmette sicurezza, e specie chi è alle prime armi tende a preferirli. In altri contesti205, esistono gerarchie di importanza che lo sguardo tende a ricalcare. Si tratta in entrambi i casi di errori: escludere qualcuno con lo sguardo, comunica poca importanza. Far sentire qualcuno escluso può indurre comportamenti compensativi di ricerca dell’importanza, tra cui: ostacolare il comunicatore, in sua presenza o in sua assenza. Per altro bastano pochi secondi di sguardo a comunicare a qualcuno che questo è importante. 5.7.2 Gestualità Indubbiamente gesticolare mentre si comunica aiuta la comunicazione stessa, e noi italiani in questo siamo maestri. Nessun trainer scorda di ricordare queste 204 Termine utilizzato per indicare lo sguardo che viaggiare per l’aula. 205 Si pensi alle riunioni Luca Bartoli - 129 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni ovvie considerazioni206. Il problema è che quando si è di fronte ad un pubblico non riusciamo ad essere così naturali come in una conversazione uno ad uno. Ecco che le persone, alla ricerca di una posizione di partenza, iniziano a compromettere la propria comunicazione con tutta una serie di errori: bloccare le mani, giocare con oggetti su cui scaricano il nervosismo, chiudersi, tenere le mani in tasca ecc. Le soluzioni proposte per una gestualità efficace, tendono a conferire a questo aspetto maggiore spontaneità207: • Partire tenendo le mani lungo i fianchi, lasciando che naturalmente seguano il flusso della comunicazione; • Tenere il più possibile le mani libere da oggetti, evitando di scaricare su questi la tensione e di distrarre il pubblico; • Utilizzare una gestualità coerente con il messaggio verbale. Incoerenze di questo tipo sono lette dall’uditorio come indice di scarsa sincerità, e comunque di bassa convinzione nelle proprie parole. • Superare il condizionamento del controllo dei movimenti, lasciando che accompagnino la comunicazione i modo naturale. Possiamo riallacciare l’enfasi sulla spontaneità al ruolo della dissimulatio ciceroniana, recuperando la quale lo stesso Carnegie suggeriva che un buon discorso in pubblico non debba essere imparato a memoria ma deve essere dimenticato e improvvisato. Oggi nei moderni corsi di Public Speaking si insegna 206 Si noti come in questo giochino siano utilizzati i principi di reciprocità, e somiglianza. 207 Si noti la paradossalità dell’istruzione “dovete essere spontanei” Luca Bartoli - 130 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni a fissare, su un foglio di carta o con PowerPoint®, una scaletta con i punti e trattare i singoli punti a braccio. 5.7.2.1 Gestualità ed emozione Oltre ad accompagnare e rafforzare la comunicazione, la gestualità permette di scaricare tensione. Il movimento è energia, e con la gestualità si può trasformare il nervoso in energia positiva. L’importante è non cercare di bloccare l’emozione, perché in un modo o nell’altro si manifesterà comunque, facendoci balbettare, irrigidendoci o offuscandoci la mente. “Se sono nervoso la cosa peg- giore che posso fare è bloccare le mani, non importa se tremano lasciatele tremare, mal che vada la gente vedrà che siete emozionati”. 5.7.3 Gestione dello spazio Naturalmente la gestione dello spazio dipende dal tipo di aula in cui l’oratore comunica. I movimenti laterali sono quasi sempre possibili e consigliati. Mentre i movimenti verticali, quando sono possibili avvicinano non solo fisicamente al pubblico, e soprattutto nei casi in cui il pubblico è numeroso208 evitando che le persone lontano dal palco si sentano meno coinvolte. Entrare dentro al pubblico può essere, in oltre, molto utile poiché possiamo supporre che, chi in un’aula vuota decide di sedersi davanti sia più interessato rispetto a chi decide di sedersi dietro. In questo caso momenti di vicinanza fisica possono cercare di compensare la verosimile minor attenzione209. La prossemica può aiutare anche a conferire maggior peso ad alcune punti del discorso: “se dovete dire qualcosa di importante, fermatevi”. 208 Più di 100 persone 209 Per questo stesso scopo possono essere utilizzate anche domande specifiche rivolte dall’oratore a persone nel pubblico Luca Bartoli - 131 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.7.4 Uso della voce Volume, velocità e tono del parlato modulano la percezione del messaggio, possono stimolare reazioni entusiastiche o indurre a fenomeni di narcolessia. Tutti sappiamo come far addormentare un bambino nel raccontargli una fiaba, il problema è che alcuni utilizzarono lo stesso tono, volume e velocità per parlare in pubblico, e il risultato è, spesso, lo stesso. Una respirazione profonda e rilassata può aiutare a rendere più piacevole la nostra voce e ad abbassare la tensione. Molta importanza è conferita al tono iniziale, un “buongiorno” forte e deciso210 aiuterà a modulare meglio la voce, tenendo presente che cambiare tono e velocità rende più piacevole l’ascolto per l’uditorio. Come al solito tutti sappiamo farlo quando parliamo con uno o due amici, ma la cosa diventa estremamente difficile quando ci confrontiamo con un pubblico. Una soluzione possibile è proiettare la voce rivolgendosi inizialmente alle persone più lontane. 5.7.5 Scelte verbali Fornire esempi, analogie, metafore, aneddoti che le persone riescono ad immaginare rende la comunicazione più chiara e comprensibile, così come l’utilizzo di parole capaci di suscitare immagini. Su questo punto né i trainer né i libri si dilungano molto. Ad esempio di questo genere di scelte riportiamo parte del celebre discorso I HAVE A DREAM tenuto dal pastore Martin Luther King, uno dei più grandi oratori del ‘900, il 18 agosto 1963 durante la marcia su Washinton DC: “…tutti gli uomini sono creati uguali. Io sogno, che un giorno nella terra rossa di Georgia, i figli di quelli che una volta erano schiavi e i figli di quelli che erano i padroni degli schiavi si possano sedere assieme alla tavola della fraternità. Io sogno che un giorno anche lo stato del Mississippi, uno stato ardente per calore dell’ingiustizia, ardente per il colore dell’oppressione, sarà trasformato in un oasi di libertà e giustizia. Io sogno che i miei quattro figli, un giorno, vivranno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per il contenuto della loro personalità. Io ho un sogno211” 210 Rivolgersi alle file in fondo 211 http://www.stanford.edu/group/King/speeches/pub/address_italian.pdf Luca Bartoli - 132 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni Tecnicismi e linguaggi settoriali, necessari quando il confronto è con un pubblico di esperti, sono invece da evitare di fronte a pubblici più eterogenei. Se proprio l’oratore sente di doverli utilizzare, dovrà sforzarsi di rendere il pubblico un po’più esperto anteponendo una breve spiegazione. Conoscere il pubblico è comunque è importante, per non creare distacco, né apparire banali. 5.7.6 Tipo di messaggi Utilizzare messaggi brevi e semplici è utile se non si vuole perdere parte della platea, tenendo presente che, a volte, bastano poche persone che si distraggono rumorosamente a creare spiacevoli effetti domino e compromettendo la presentazione. L’oratore è tenuto a sapere molte più cose di quello che dice, vale sempre la metafora dell’iceberg, ciò che affiora – che è comunicato – dev’essere solo una minima parte di ciò che il comunicatore sa sull’argomento. L’importante è ciò che al pubblico serve sapere, non l’esibizione del comunicatore e della sua erudizione. Essere prolissi ci rende noiosi, essere sintetici ci rende interessanti. Chi è veramente esperto sa essere chiaro a tutti. 5.7.7 Interiezioni e pause “Cioè”, “praticamente”, mezze parole e suoni gutturali d’ogni tipo sporcano la comunicazione, sopratutto nelle situazioni di nervosismo212. Il public speaking naturalmente non fa eccezione, anzi sopra al palco, specie chi è alle prime armi, è spesso terrorizzato dall’idea di rimanere anche per pochi attimi in silenzio. Fare qualche pausa, al contrario aiuta, crea suspance e fa sembrare le parole frutto di maggiore riflessione. Una volta presa coscienza di questa tendenza questo è solo il primo passo, chiedere a qualcuno di farlo notare può aiutare maggiormente il novello comunicatore, ma “il miglior feedback è quello che ci diamo da soli” e per questo è consigliato audio-registrare le proprie presentazioni e riascoltarsi, per quanto traumatico possa essere. 212 Un esempio su tutti sono gli esami orali Luca Bartoli - 133 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.7.8 La personalità dell’oratore Fare attenzione alla propria comunicazione, seguendo un modello ideale come quello presentato fin ora non significa assolutamente spersonalizzarsi. Ognuno ha alcune caratteristiche vincenti ed è auspicabile che vengano fuori. “Non cercate di essere quello che non siete, cercate di essere al meglio quello che siete” L’auto-ironia è molto apprezzata, ma dipende dal pubblico. In genere con lo humour è bene non esagerare, non fa parte della nostra cultura iniziare ad esempio con una barzelletta213. In genere è meglio iniziare chiaramente dicendo chi si è e cosa si vuole. Se verso le cose di cui parla l’oratore prova entusiasmo, questo dovrà venir fuori. Come con l’entusiasmo nella pubblicità, l’obiettivo è contagiare il pubblico. 5.8 Supporti audiovisivi214 Oggi sempre più spesso i moderni comunicatori possono aiutarsi con supporti audiovisivi. Questo genere di supporti possono migliorare ma anche ostacolare una presentazione, per questo motivo alcuni corsi sul comunicare in pubblicano trattano anche di questo aspetto. I supporti servono a rendere più chiara la presentazione al pubblico, il supporto non dovrà mai essere più importante del comunicatore stesso. I supporti dovrebbero perciò sostenere la presentazione aggiungendo colore e dando ritmo, e non “essere” la presentazione. Probabilmente oggi il supporto che permette le maggiori possibilità, nel minor tempo di realizzazione possibile, è l’utilizzatissimo PowerPoint®. Nella creazione di ogni singola slide vanno considerati alcuni principi: • Gerarchia: è ciò che appare sullo schermo che accompagna l’oratore, non il contrario. Quindi, mai leggere ciò che è proiettato, il pubblico sa perfettamente leggere da solo; 213 Mentre pare sia la norma per gli anglosassoni 214 Fonti: Dale Carnegie & Associates, 1982 – 2000, James e Shephard, 2001 Luca Bartoli - 134 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni • Chiarezza: la singola slide proiettata dev’essere comprensibile in pochi secondi. Per raggiungere quest’obiettivo sono fornite semplici indicazioni operative: □ Massimo sei righe di testo da non più di cinque, sei parola l’una215; □ Caratteri da almeno 24 punti, un testo scritto più piccolo è fonte di distrazione □ Alternare maiuscole e minuscole, senza scrivere il testo tutto maiuscolo. • Pertinenza: tutto ciò che è mostrato o fatto ascoltare dev’essere pertinente al messaggio da comunicare; • Piacevolezza estetica: anche l’occhio vuole la sua parte. • Grado di ricordo: cercare di utilizzare grafici, immagini ed effetti che rendano memorabili le nostre parole. • Relazione con l’ambiente: lo sfondo e il colore delle scritte devono essere relazionati all’obiettivo, al pubblico e grado di illuminazione della stanza. 5.9 Dirlo in sei minuti216 Ron Hoff, pubblicitario, oratore e insegnante di oratoria statunitense lancia la sua proposta provocatoria contenuta nel titolo del suo libro DILLO IN SEI MINUTI. L’idea di partenza di Hoff è semplice: le persone durante riunioni, incontri, conferenze “parlano troppo!” Succede così che spesso nel pubblico le persone si annoino, si distraggano, si addormentino. Hoff cita tutta una serie di grandi discorsi pronunciati in meno di sei minuti, tra cui spicca quello di Nelson Mandela il giorno della sua liberazione dopo 27 anni di carcere (5 minuti). Ma come si realizza un discorso in sei minuti? Secondo l’autore il primo passo è eliminare la spazzatura: osservazioni preliminari; interiezioni e pleonasmi; espressioni graziose e lusinghiere; barzellette, 215 L’esperienza da studente mi ha insegnato che non appena compare più di una riga alla volta la maggior parte delle persone inizia a trascrivere ciò che è proiettato sullo schermo, quasi ignorando chi parla. Le animazioni di PowerPoint® per fortuna permettono questa soluzione 216 Hoff, 2000 Luca Bartoli - 135 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni aneddoti e storielle divertenti, giri di parole e parentesi che non si chiudono; incidenti, dimenticanze e gaffe; lunghe introduzioni… La metafora utilizzata è quella della corda, un discorso classico assomiglia alla corda del bucato: osservazioni preliminari, i vari “consentitemi di dirvi perché sono qui”, i vari “chi sia- mo” (riferimento all’organizzazione), il riferimento ai valori, ai metodi, la proposta, una serie di domande e risposte, osservazioni conclusive… Invece discorso in sei minuti deve assomigliare alla corda di un equilibrista, con una struttura concentrata: • La questione scottante, il problema visto dal punto di vista del pubblico e non dell’oratore. 30 secondi; • La visione d’insieme, perché si ritiene sia emersa la questione scottante e dove si intende trovare la risposta adeguata. 60 secondi; • L’idea in forma tangibile (IT), espressa in modo serio e frutto di un lavoro individuale, collettivo o di altri. L’idea dev’essere concretizzata in un oggetto fisico: un modello, un disegno, alcuni schizzi, un poster. 120 secondi. • Il risultato espresso in modo sintetico. Nei contesti aziendali basta una cifra o una percentuale raggiungibile in un lasso di tempo definito. • La conclusione interattiva: l’oratore comunica alle persone del pubblico che la decisione spetta a loro. 30 secondi. Naturalmente questo modello non può essere applicato in questa forma in tutti i contesti, ma può comunque essere una buona fonte di ispirazione. Il punto più importante di un discorso così costruito è l’idea in forma tangibile, Ron Hoff fornisce alcuni esempi di IT passate alla storia. I ventidue chili di programmi di bilanci che il presidente Regan batté con forza sul tavolo, esclamando che non avrebbe mai approvato un pasticcio così grande. Il martello e lo scalpello con cui il vicepresidente Al Gore, in un programma televisivo, espresse la volontà di ridimensionare i costi della pubblica amministrazione. “Sintetizza, sintetizza finché non raggiungi la verità” Robert Hass Luca Bartoli - 136 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni 5.10 Oltre al public speaking217 Parlando di persuasione a livello interpersonale, è emerso che il principio di simpatia è noto da anni ai professionisti della persuasione che ne hanno fatto la base di molte strategie. Sullo stesso principio Cialdini afferma che è impossibile sviluppare un’unica strategia di difesa, perché troppe sono le strade che possono essere utilizzate. Ma dove sono insegnate questa strade? La risposta è uno dei libri più letti al mondo, con 15 milioni di copie vendute218 e scritto dallo stesso Dale Carnegie. Mentre insegnava oratoria alla YMCA, l’autore si accorse che sempre che, oltre ad imparare a comunicare con chiarezza ed efficacia, molte persone avevano bisogno di imparare a convivere col prossimo. Purtroppo non esisteva all’epoca un manuale pratico di relazioni umane. Fu così che Carnegie decise di scriverlo. Iniziò a leggere biografie di grandi uomini del passato da Giulio Cesare a Theodore Roosvelt alla ricerca di cosa rendeva queste persone capaci di influenzare il prossimo. Fu così che l’insegnante di oratoria intervistò personalmente uomini politici, d’affare e dello spettacolo del suo tempo, noti per questa capacità. Da tutto il lavoro di ricerca venne fuori una conferenza tenuta annualmente a New York durante la quale Carnegie invitava il suo pubblico a sperimentare nella propria vita privata i principi presentati. Di anno in anno il programma era ampliato ed aggiornato e dopo quindici anni i cartoncini da conferenza divennero un libro HOW PEOPLE, TO WIN FRIEND AND INFLUENCE il vangelo dei venditori o “la bibbia dei manager americani219” come l’anno definito alcuni. Leggerlo da l’idea di una perfetta applicazione di tutte le armi studiate da Cialdini. Tenuto, però, presente della successione temporale220 e del numero di lettori, possiamo verosimilmente affermare l’opera abbia influenzato un certo modo di concepire la vendita, che poi si è diffuso, ed è stato successivamente oggetto di studio dallo psicologo sociale. Negli anni si è sviluppato, anche in Italia, un universo di corsi e di libri, rivolti soprattutto al management e a chi si occupa di vendita, che promettono di insegnare a in217 Fonte: Carnegie, 1994 218 http://www.anticalibreria.it/cataloghi_html/Filosofia%20e%20Psicologia.html 219 Ibidem 220 La prima edizione dell’opera di Cialdini esce negli stati uniti nel 1984 Luca Bartoli - 137 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni fluenzare in un certo qual modo il prossimo. Spesso questi corsi sono organizzati dalla stesse società di formazione che si occupano di public speaking. Sarebbe impossibile trattare il vasto universo di principi e procedure insegnati, è tuttavia possibile presentare un ideal-tipo. La maggior parte di questi insegnamenti è riconducibile ai principi presentati da Dale Carnegie nel suo HOW WIN FRIEND AND INFLUENCE PEOPLE. TO Si tratta di consigli semplici e in linea con il buonsenso. Visto che in fondo l’obiettivo è creare relazioni di fiducia, quale miglior strada che apparire una persona buona e piena di buonsenso? I principi di Dale Carnegie: • • • • Tecniche fondamentali per trattare con la gente: □ Non criticate, non condannare, non recriminare; □ Essere prodighi di apprezzamenti onesti e sinceri; □ Suscitare negli altri la vostra stessa volontà. Sei modi per farsi benvolere: □ Interessarsi sinceramente alle altre persone; □ Sorridere; □ Ricordarsi che per una persona il suo nome è il suono più importante e più dolce di qualsivoglia lingua; □ Essere buoni ascoltatori. Incoraggiare gli altri a parlare di se stessi; □ Parlare di quello che interessa agli altri; □ Fare in modo che gli altri si sentano importanti, e cercare sempre di ottenere questo risultato con la massima naturalezza e sincerità. Come convincere il prossimo a condividere le proprie opinioni: □ Il miglior modo per avere la meglio in una discussione consiste nell’evitarla; □ Mostrare rispetto per le opinioni altrui. Non dire mai: “Lei ha torto!”; □ In caso di torto, ammetterlo subito e spassionatamente; □ Cominciare sempre col mostrarsi amici; □ Fare in modo che il proprio interlocutore sia indotto a rispondere “sì” fin dal principio. □ Lasciare che gli interlocutori chiacchierino quanto vogliono; □ Dare agli altri la sensazione che siano stati loro per primi ad avere l’idea giusta; □ Cercare onestamente di vedere le cose dal punto di vista dell’interlocutore; □ Essere comprensivi nei confronti della idee e dei desideri altrui; □ Fare appello ai motivi più nobili; □ Drammatizzare le proprie idee; □ Lanciare una sfida; Essere un leader: come far cambiare opinione agli altri senza offendere nè suscitare risentimenti: □ Iniziare sempre con le lodi e l’apprezzamento sincero; □ Richiamare l’attenzione sugli errori altrui in maniera indiretta; Luca Bartoli - 138 - Introduzione alla comunicazione efficace - Public Speaking e dintorni □ □ □ □ □ □ □ Parlare dei propri errori prima di sottolineare quelli altrui; Fare domande invece di impartire ordini diretti; Fare in modo che l’altra persona salvi la faccia; Lodare ogni più piccolo progresso. Essere calorosi nell’approvazione e prodighi di lodi; Dare agli altri l’impressione di avere una reputazione da difendere; Usare l’incoraggiamento. Mostrare quant’è facile correggere gli errori; Far si che l’altra persona sia felice di fare ciò che quanto suggerito. L’aspetto più interessante è che spesso facciamo spontaneamente alcune di queste. Quest’aspetto, per dirlo con le parole di Luhmann, “opacizza” l’intenzione persuasiva. Trascendiamo in questa sede dal giudizio morale verso chi utilizza questa serie di piccoli espedienti per sembrare simpatici e sfruttare questo a proprio vantaggio221, si tratti di vendere di più, di motivare i propri collaboratori a fare di più o allargare il proprio consenso elettorale. Al di là di questo giudizio, quello offerto da Dale Carnegie è un modello che può aiutare in tutte quelle situazioni in cui non si sa come comportarsi. E di certo conoscere questa serie di trucchetti può immunizzare, rispetto a chi in modo molto raffinato cerca di fregare il prossimo. Esiste anche una terza possibilità: il modello può essere deliberatamente usato al contrario, se si vuole allontanare qualcuno da sé o creare volontariamente un’impressione negativa. 221 Da una conversazione con alcuni responsabili de l’ordine dei medici di Massa-Carrara è e- merso che questo molti rappresentanti farmaceutici utilizzano costantemente questo genere di espedienti. Luca Bartoli - 139 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6 Programmazione Neuro-Linguistica 6.1 Premessa Un rapporto 1995 del National Research Council, il CNR americano, concludeva che "Molte delle teorie considerate congruenti con la PNL sono metafore che non hanno grande influenza o non sono accettate nella letteratura scientifica222”. Il rapporto proseguiva affermando che per quanto riguarda alcune le possibilità di cura delle fobie in tempi record realizzate grazie alla programmazione neurolinguistica “Non ci sono studi che corroborino questa affermazio- ne223”. Tuttavia la PNL, da oltre 30 anni, si sta diffondendo sia negli USA, dove è utilizzata anche dall’FBI224, sia nel resto del mondo. In Italia lo stesso CNR dal 1998 organizza corsi “concepiti secondo i principi della programmazione neuro- linguistica225”. In questa sede non si vuole assolutamente sostenere l’efficacia terapeutica della PNL, argomento estraneo alla tesi stessa, e nemmeno intendiamo dimostrare una presunta efficacia comunicativa della PNL. Ci limiteremo a considerarla possibile fonte di stimolo per la comunicazione. Convinzione supportata dall’interesse che questa disciplina sta ricevendo, anche in ambito accademico negli USA e in Canada226. In Italia esiste almeno un precedente noto la tesi LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE COME PROCESSO DI INFLUENZA SOCIALE: L'APPROCCIO DELLA PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA227 discussa presso l’Università degli studi di Trieste nell’anno 2001-2002. Al di là di questo, i programmi accademici italiani, salvo poche eccezioni228, non si occupano della 222 http://www.cicap.org/articoli/at101621.htm 223 Ibitem 224 http://www.fbi.gov/publications/leb/2001/august2001/aug01p1.htm 225 http://www.cnr.it/cnr/news/CnrNews?IDn=536 226 Due esempi su tutti: http://chicory.stanford.edu/nlp/ homepage del gruppo d’interesse sulla programmazione neuro linguistica dell’università di Stanford, http://erickson.edu/nlp/basic.html l’Erickson College di Vancouver organizza corsi per pratictioner e master pratictioner in PNL 227 Consultabile on line http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=7455 228 Per lo più a livello di master e corsi di perfezionamento: Luca Bartoli - 140 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica disciplina. Ma che cos’è questa programmazione neurolinguistica? Di cosa si occupa? Quali strumenti propone? In questo capitolo cercheremo si fornire risposta a questi interrogativi229. 6.2 Introduzione230 6.2.1 Nascita Università di Santa Cruz, California, uno studente di matematica ed informatica di nome Richard Bandler si mantiene gli studi lavorando per una piccola casa editrice: il suo compito è buttare giù e riordinare le trascrizioni dei seminari e delle terapie tenuti da F. Perls (Fondatore della Gestalt Therapy). Guardando e riguardando più volte i filmati, Bandler scopre di possedere, probabilmente grazie alla sua forma mentis matematica231, un particolare talento nell'assorbire e riprodurre le sequenze utilizzate da Perls nei suoi interventi. La scoperta lo spinge a creare un proprio gruppo settimanale di terapia della Gestalt. Frequentando l’università, lo studente conosce John Grinder, linguista e ricercatore, già distintosi per aver sviluppato alcune teorie della Grammatica Generativotrasformazionale di N. Chomsky. In quel periodo il giovane ricercatore conduce studi sui processi che portano le persone ad assorbire ed adottare i comportamenti altrui. Partendo da backgrounds così diversi i due, all’epoca en- Università Cà Fosceri (VE) www.univirtual.it/varie/bando%20real.doc, Università degli studi della Basilicata http://www.unibas.it/documenti/bandi_concorsi/bando_114_1.pdf, Università degli Studi di Trieste: http://www-amm.univ.trieste.it/perfez.nsf/vBando/937?Open 229 Il capitolo si basa sullo studio di alcuni testi ufficiali (trascrizioni di seminari edite da Astrola- bio e NLPITALY), alcuni testi di tipo introduttivo-divulgativo (editori vari), materiale disponibile on line, e la partecipazione ad alcuni corsi 230 Fonti: Dilts – Grinder – Bandler – Bandler – DeLozier, 1982; Castelnuovo – Ceriani – Colan- tonio, 2004; Ganchi – Piovano, 2002; Partecipazione diretta ai corsi (Belotti – Roberti, PRATICTIONER IN PNL, NLP Italy, Milano, 2004) e (Martelli – Zenzani – Belotti – Roberti, MASTER PRA- TICTIONER IN PNL, NLP Italy, Milano, 2005); www.pnl.info; http://www.ecomind.it/Pagine/PNL/; http://www.modellidicomunicazione.com; 231 Bandler stesso in alcune terapie dichiara “Sono un matematico, non mi interessa il contenu- to, mi occupo solo del processo” Luca Bartoli - 141 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica trambi hippy, avviano un progetto di ricerca comune, sostenuti e incoraggiati dallo stesso Bateson, che scrive un’entusiastica introduzione al loro primo libro LA STRUTTURA DELLA MAGIA. “…hanno fatto qualcosa di simile a ciò che i miei colleghi e io abbiamo cercato di fare una quindicina di anni fa… Ma per la verità molto di ciò che era così difficile dire nel 1955 è straordinariamente più facile a dirsi nel 1975 232 ”. Il talento naturale dello studente, fu così affiancato dalla pre- parazione dell’accademico, celebre è la frase “Insegnami ciò che sai fare, e io ti insegnerò come lo fai”. Bandler e Grinder si dedicarono così allo studio di alcuni noti terapeuti del tempo: lo stesso Friz Perls, Virginia Satir e in seguito Milton Erickson. I tre erano diventati famosi per i risultati ottenuti nel trattare i propri pazienti, tanto da essere considerati maghi della terapia. I modelli teorici cui si ispiravano erano, tuttavia, molto diversi e spesso incompatibili tra loro, la ragione dei loro successi andava cercata in qualcos’altro. Bandler e Grinder osservandoli al lavoro, e grazie alle possibilità di videoregistrazione, intuirono che esisteva una struttura costante nei loro comportamenti con i quali inducevano il cambiamento. L’idea non era quella di creare una nuova teoria, ma individuare le modalità comunicative utilizzate, per renderle replicabili. Nacque, così, la programmazione neurolinguistica. 6.2.2 Precisazioni Al di là di questo affascinante racconto sulla genesi della PNL, per tutto il capitolo bisognerà tenere a mente che non si tratta di una disciplina scientifica, nel senso che nessuna delle conclusioni presentate è stata dimostrata scientificamente. Come si noterà la tendenza è verso spiegazioni iper-semplificate di fenomeni di natura molto complessa. La scelta in questo capitolo è di presentare i principi chiave e i principali strumenti proposti dalla PNL utilizzabili nella comunicazione, così come sono trattati sui libri e nei seminari, e successivamente presentare le principali critiche rivolte alla disciplina nel paragrafo 6.6 PROBLEMI APERTI 232 pag. 172 Bandler – Grinder, 1981 (pag. 10–11) Luca Bartoli - 142 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.2.3 Definizione e oggetto di “studio” La programmazione neurolinguistica si definisce come “lo studio della struttu- ra dell’esperienza soggettiva233”, il suo oggetto è, quindi, come l’individuo interpreta se stesso e il proprio ambiente. La PNL ammette che l’esperienza di ciascuno di noi è soggettiva – di fronte alla stessa situazione reagiamo tutti in modo diverso – ma non per questo casuale. Parte della ricerca della PNL si concentra sui legami tra gli stimoli esterni e le reazioni/stati emotivi interni. In oltre, ci si propone di analizzare ogni comportamento scomponendolo in sequenze di elementi osservabili, riproducibili e modificabili. Nel suo nome la PNL include tre elementi: • Programmazione: i comportamenti di ogni individuo sono riconducibili a programmi (di funzionamento) analizzabili e riproducibili. Programmare significa organizzare le comunicazioni e i processi mentali in funzione di un obiettivo o un risultato desiderato. • Neuro: ogni comportamento è il risultato di processi mentali che hanno basi neurologiche. Nessuno è a contatto con il mondo direttamente, l’esperienza è mediata dai segnali che il sistema nervoso riceve ed elabora. • Linguistica: il linguaggio è una modalità, convenzionale, analogica o digitale di tradurre i pensieri per rappresentarli internamente o per comunicarli agli altri. Il linguaggio struttura e riflette il modo in cui pensiamo. Appare evidente quanto il backgroud informatico Bandler e quello linguistico di Grinder abbiano influenzato direttamente la disciplina fin dalla sua genesi. 6.3 Cornice sociologica234 Una chiave di lettura per comprendere la grande diffusione della programmazione neurolinguistica dalla metà degli anni ’70 a oggi è il riferimento al movi- 233 Dall’omonimo libro 234 Fonti: Introvigne, 2000; http://www.modellidicomunicazione.com Luca Bartoli - 143 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica mento NEW AGE235, convenzionalmente nato nel 1962, e al passaggio tra NEW AGE e NEXT AGE, avvenuto236 negli anni ’90. Heelas considera l’insegnamento della programmazione neurolinguistica come uno degli ambiti di quella che definisce religione dei seminari, corrente interna al movimento della NUOVA ERA, che si esprime attraverso tutta una serie, praticamente infinita corsi di crescita personale. Per capire le ragioni di questa diffusione237 bisogna tenere presente che quello NEW AGE, lontano da essere un movimento unitario238, presenta quasi ovunque tratti di neo-gnosticismo ed è alla ricerca continua di “nuove visioni 239 ”, da cui per esempio l’esaltazione delle discipline orien- tali. I new ager, seppur diversi tra loro, sono accomunati da posizioni avverse sia all’autorità della religione tradizionale sia a quella del metodo scientifico, accusato di essere troppo rigoroso240. In particolare il popolo NEW AGE eredita dalla filosofie orientali il concetto di un primato dell’esperienza rispetto alla conoscenza, quindi di tutto ciò che è vissuto in prima persona rispetto a quello che può essere solo letto. Non ci stupisce, quindi, che una disciplina che secondo lo stesso Bateson poggiava su “un'epistemologia scadente241” trovi terreno fertile all’interno di un tale movimento. La NEW AGE è poi a sua volte parte di un movimento più grande, quello della nuova spiritualità, che spesso è sfocia nell’esoterismo. Esoterismo con cui – secondo Introvigne – la programmazione neurolinguistica “particolarmente in Europa – mantiene un costante in- 235 L’ipotesi di un legame tra PNL e NEW AGE non è gradita ad alcuni praticanti della disciplina 236 Gordon Melton, Introvigne 237 Non sono disponibili dati su corsisti, appassionati e praticanti; ci accontentiamo dei 2.170.000 di risultati ritrovati con google per “nlp” e dei 1.980.000 per “pnl”. Teniamo comunque presente che questi risultati sono “sporcati” dai quelli relativi ad altre discipline come la Natural Lenguage Processing e a “prodotto nazionale lordo” o “piano nazionale del lavoro” 238 Introvigne definisce la NEW AGE come un network 239 Introvigne, 2000 240 http://www.pediatric.it/New-age.htm, http://www.homolaicus.com/religioni/new_age/new_age2.htm, 241 Critica che Bateson rivolse agli sviluppi successivi della PNL, accumunando la disciplina a molte psicoterapie del ‘900 (Fonte: http://www.modellidicomunicazione.com) Luca Bartoli - 144 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica terscambio…, dopotutto i suoi fondatori pretendono – per la prima volta dal rinascimento – di aver compreso la struttura della magia242 ”. La crisi della NEW AGE, la sua degenerazione, inizia secondo le stesse voci più autorevoli del movimento243 con gli anni ’90, periodo che coincide con l’ascesa di Anthony Robbins244, motivatore e consulente che vanta tra i propri clienti nomi come il presidente B. Clinton e il campione di tennis A. Agassi245. In particolare il passaggio dalla NEW AGE alla NEXT AGE è il passaggio da una prospettiva di miglioramento sociale utopico – millenarismo progressista – a un ripiegamento individualista. Il messaggio è “il mondo forse non può migliorare, ma tu puoi migliorare te stesso”. Per questa ragione (An)Tony Robbins, erede della tradizione del self-help246 – il c.d. pensiero positivo – e formatosi con PNL, è divenuto insieme a Deepak Chopra247, punto di riferimento della NEXT AGE. Il motivatore, in realtà, aveva iniziato a tenere corsi e seminari caratterizzati dal firewalking248 fin dal 1983; ma solo il cambiamento di paradigma lo ha portato, dalla posizione marginale a cui lo aveva relegato il movimento NEW AGE classico, al centro della scena, permettendogli di diffondere le idee della PNL249. 242 Introvigne, 2000 (p.34) 243 Spangler autore di The New Age Vision (’67), William Irwin Thommpson fondatore della Lin- disfarne Association 244 Robbins, 1987; www.tonyrobbins.com, www.anthonyrobbinsdc.com, www.anthonyrobbins.com/ o una qualsiasi delle 216.000 citazioni nel web si trovano con google.it, stringa “anthony robbins” 245 Ma anche Mirco Gasparotto, amministratore delegato della Arroweld, azienda meccanica veneta, considerato uno tra i manager italiani “numeri uno”, spesso invitato ai corsi di PNL come testimonial dei risultati ottenibili con la disciplina (Fonte: www.qualitas1998.net/qualityreport/20040129.htm, http://guide.supereva.com/sviluppo_personale/interventi/2003/07/140109.shtml ) 246 Lo stesso Dale Carnegie Napoleon Hill e Jim Rohn di cui fu allievo 247 Medico ayurvedico di origini indiane, autore di 30 libri pubblicati anche in Italia, www.chopra.com 248 La camminata sui carboni ardenti che lo ha reso celebre 249 Molti dei suoi libri sono best-seller internazionali, mentre ai suoi corsi partecipano anche di- verse migliaia di persone (Robbins, UNLEASH POWER WITHIN, 2004) Luca Bartoli - 145 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.3.1 Chi si avvicina alla PNL250 Chi si avvicina alla PNL è spinto dalla curiosità, l’interesse per la comunicazione, le relazioni interpersonali, la crescita personale e più in generale, per “tutto ciò che è psicologico”. A far scattare la passione è la sensazione di una “maggiore capacità nel gestire gli eventi e situazioni critiche” e di “una maggiore focalizzazione sugli obiettivi”, la “maggiore consapevolezza sul proprio comportamento e su quello degli altri” e un miglioramento generale delle proprie relazioni e della propria comunicazione. 6.4 La PNL come atteggiamento251 Secondo lo stesso Richard Bandler “La PNL è prima di tutto un atteggiamen- to, fondato su una metodologia, che comprende una serie di tecniche” 6.4.1 Origine epistemologica Bandler e Grinder hanno sempre tenuto un atteggiamento da outsider nei confronti della comunità scientifica. Per questo motivo manca una teorizzazione esplicita della PNL. Tuttavia è possibile risalire alle teorie che hanno influenzato la nascita della disciplina attraverso i riferimenti bibliografici de LA DELLA MAGIA, STRUTTURA il primo e più scientifico dei testi di PNL, tesi di laurea stessa di Richard Bandler. la cui bibliografia è divisa in sezioni: • Grammatica generativo-trasformazionale: Chomsky, Jacobs e Rosenbaum, Grinder, Lakoff, Katz… • Terapia: Erickson, Perls, Satir, Watzlawitz, Beavin, Jackson… • Modellamento/Sistemi formali: Ashby, Bateson, Russel, Vaihinger… 250 Tratto da una serie di dichiarazioni rilasciate dai partecipanti di un gruppo di praticanti di PNL di Milano, ci ho partecipato per alcuni mesi. Il gruppo si riunisce con cadenza settimanale per studiare e analizzare gli insegnamenti della programmazione neurolinguistica, e scambiarsi esperienze riguardo al tema 251 Fonti: Castelnuovo – Ceriani – Colantonio, 2004; Belotti – Roberti, 2004; Martelli – Zenzani – Belotti – Roberti, 2005 Luca Bartoli - 146 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica Emergono da questa sintetica esposizione le influenze, oltre che dei tre maghi della terapia252 presi a modello, della Scuola di Palo Alto, della Teoria dei Sistemi, della Gestalt e della filosofia del “come se”. Influenze che si riflettono nei presupposti chiave. 6.4.2 I presupposti chiave Come già affermato, la PNL non sviluppa una sua teorizzazione, né si richiama a qualche dogma indimostrabile. Bandler e Grinder hanno tuttavia fissato, mutuandoli, alcuni presupposti chiave, linee guida e punto di partenza: 6.4.2.1 Ogni comportamento è comunicazione: non si può non comunicare Secondo questo principio, ereditato da La scuola di Palo Alto il comportamento, e quindi anche la comunicazione, non ha un suo opposto. Sia ciò che facciamo sia ciò che non facciamo ha un valore di messaggio. Quindi anche nel caso in cui non si voglia comunicare, il comportamento – per esempio il restarsene in silenzio o, ancor peggio, andarsene via – comunica qualcosa all’interlocutore. La PNL spinge al massimo questo concetto ritenendo oggetto d’analisi persino i movimenti oculari, in grado secondo i praticanti di rivelare se il soggetto sta ricordando o immaginando, e qual è il contenuto sensoriale del ricordo/astrazione. 6.4.2.2 Modificare la percezione della realtà è più utile che cambiare la realtà stessa Questo principio, ripreso da Watzlawick e formulato, forse, per la prima volta da Epitteto253, poggia sulla considerazione che nessuno sia in contatto diretto con la realtà, ma semmai con la propria percezione della stessa. Per questo è, spesso, più importante modificare questa percezione – mappa –, piuttosto che agire materialmente sulla realtà – territorio –. A volte si tratta di cambiare pun- 252 Si veda 6.2.1 Nascita 253 Con la massima “non sono le cose in sé che ci preoccupano, ma le opinioni che abbiamo delle cose “ (Fonte: http://erewhon.ticonuno.it/arch/rivi/campus/wterapia.htm) Luca Bartoli - 147 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica to di vista, altre volte di focalizzarci su qualche altro elemento (le proprie risorse anziché i propri limiti), ma può trattarsi anche di ristrutturare i propri obiettivi, riallieandoli per esempio coi propri valori. 6.4.2.3 Il significato della comunicazione è nella risposta che si ottiene, indipendentemente dall’intenzione La PNL concepisce la comunicazione come un meccanismo di feedback all’interno di un sistema. Il significato del messaggio non va cercato nell’intenzione (nei pensieri) di chi si esprime, ma solo in ciò che l’interlocutore recepisce. Essendo impossibile sapere cosa l’altro ha capito254 la PNL invita a porre la massima attenzione alla risposta che si ottiene, mettendo in secondo, terzo… ultimo piano le proprie intenzioni. “Tuttavia il significato di qualsiasi co- municazione non sta in ciò che noi pensiamo che significhi: sta nella reazione che provoca. Se cercate di fare un complimento a qualcuno e lui si sente insultato, il significato della vostra comunicazione è un insulto 255”. 6.4.2.4 Tutte le distinzioni sono riconducibili ai sensi Secondo questo principio tutte le distinzioni che gli esseri umani sono in grado di fare sull’ambiente e il comportamento sono rappresentate attraverso i cinque sensi. Sapere se, per il soggetto, un’idea (o una opinione, un ricordo, una paura ecc.) è codificata con un’immagine, un suono o una voce, o una sensazione256, è fondamentale se vogliamo modificare questa rappresentazione. 6.4.2.5 L’individuo ha già tutte le risorse di cui ha bisogno La PNL ammette che ognuno di noi abbia limiti insuperabili, fissati dalla natura, tuttavia, la maggior parte delle cose che si ritengono impossibili, per la PNL, sono solo potenzialità non ancora espresse. Il problema è che, il più delle volte, quando sosteniamo che una cosa non faccia per noi, la credenza si trasforma in 254 Per la PNL sarebbe un errore da “lettura del pensiero”. Per la teoria dei sistemi sociali: pen- sieri e comunicazioni sono operativamente chiusi, gli uni sono ambiente dell’altro, al massimo ci può essere accoppiamento strutturale 255 Bandler – Grinder, riportato da Castelnuovo – Ceriani – Colantonio, 2004 256 Tra cui includiamo i sapori e gli odori Luca Bartoli - 148 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica una profezia che sia auto-avvera257. Per questo motivo la programmazione neurolinguistica sostiene che spingere i soggetti oltre quelli che credono essere i loro limiti, può farli accedere a risorse ancora inesplorate. Esiste poi tutta una serie di aforismi disponibili sul tema, da Henry Ford “Che tu creda di farecela o di non farcela, avrai comunque sempre ragione” a Walt Disney “Se lo puoi immaginare allora lo puoi fare”, e una serie infinita di aneddoti di persone che hanno saputo superare, quelli che fino a quel momento erano considerati, limiti invalicabili, tra tutti l’esempio più citato è Roger Bannister258. 6.4.2.6 La mappa non è un territorio La PNL adotta l’idea che la mappa che ognuno ha del mondo, ovvero la sua percezione, dipende da ciò che i nostri sensi decodificano del nostro ambiente. Ricevendo un numero elevatissimo di stimoli in ogni attimo, le informazioni sono filtrate, così da ottenere rappresentazioni interne semplificate del mondo, che compongono la nostra esperienza. Queste mappe, generate attraverso scorciatoie, se da un lato sono necessarie, dall’altro possono impoverire i soggetti, poiché questi tendono a cercare conferme alla propria esperienza. La PNL suggerisce quindi di essere consapevoli di avere solo una rappresentazione limitata della realtà, e di mantenere l’apertura mentale di un bambino, che si lascia stupire continuamente. 6.4.2.7 C’è sempre un’intenzione positiva che motiva ogni comportamento ed esiste un contesto nel quale ogni comportamento assume un significato La PNL adotta il principio secondo cui ogni comportamento, per quanto possa apparire strano o senza senso, ha un senso se inserito, in una certa mappa, in una certa situazione individuale, interpersonale, culturale e sociale, in un certo 257 Non ci cimentiamo nell’impresa o lo facciamo in modo non convinto 258 Chi racconta quest’aneddoto sostiene che Roger Bannister fu il primo corridore nella storia in grado di correre il miglio in meno di 4 minuti (6 maggio 1954), tempo sotto il quale si pensava fosse impossibile scendere. La cosa eclatante è che, a quanto si narra, l’anno successivo ben 35 atleti lo eguagliarono, e oltre 300 nei successivi tre anni. Luca Bartoli - 149 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica momento storico e in un certo contesto. Questa sorta di relativismo259 (tipico di molti movimenti tra cui la stessa NEW AGE) porta a non assumere un atteggiamento giudicante, e a non farsi troppi problemi sui “perché” dei comportamenti. Tutta l’attenzione è spostata sul “come” eventualmente arricchire, allargare la mappa dell’interlocutore260. Comunicativamente parlando, al di là del contesto terapeutico261, questo si traduce nell’evitare, sempre e comunque, le contrapposizioni. Dopotutto, per quanto assurda o offensiva possa sembrarci la cosa che ci ha detto il nostro interlocutore, se fossimo lui, con la sua stessa mappa e nella stessa situazione avremmo detto la stessa cosa. Per questo motivo le distinzioni usate dalla PNL non sono mai del tipo giusto/sbagliato ma del genere funzionale/non funzionale, ecologico262/non ecologico. 6.4.2.8 Non esistono i fallimenti, solo i risultati Secondo la PNL “fallimento” o “errore” sono solo etichette appiccicate sopra a quelle situazioni in cui non sono stati raggiunti i risultati desiderati. Si tratta in realtà di feedback da cui possiamo imparare molto più, rispetto a tanti c.d. successi. Re-incorniciando, così, i risultati negativi sembrerebbe che si possa trasformarli in opportunità di crescita. Da manuali e seminari si evince che di fronte a queste situazioni, l’atteggiamento dovrebbe essere quello di chi si chiede “cosa posso imparare da questa situazione?”. La domanda avrebbe anche funzione retro-attiva permettendo così re-incorniciare anche quegli insuccessi che ci hanno causato piccoli e grandi traumi. 259 Che si esprime attraverso frasi come “La realtà non esiste, è quello di cui ci siamo messi d’accordo” 260 Non dimentichiamo che la PNL nasce in ambito psicoterapeutico 261 La PNL è utilizzata nella vendita, nella negoziazione, nella formazione, nella motivazione sportiva in molti altri ambiti 262 La PNL riprende il concetto di ecologia da Bateson e considera ecologico “ciò che è funzio- nale a tutti gli aspetti della nostra personalità" Luca Bartoli - 150 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.4.2.9 Maggiori scelte abbiamo maggiori saranno le possibilità di successo La PNL adotta e re-interpreta la legge della varietà indispensabile263 di Ashby e fa della flessibilità la chiave per il successo personale. Praticamente, questo si traduce nel consiglio ad imparare il maggior numero di tecniche possibili ricavandole, mutuandole e rubandole dai più disparati campi, per essere in grado di adattarsi alle continue e imprevedibili variazioni ambientali. 6.4.3 Il modeling Principio zero dalla Programmazione Neurolinguistica è il modellamento, ovvero la ricerca di qualcuno capace di fare qualcosa in modo eccezionale. Trovato questo qualcuno, lo si prende a modello, lo si analizza, si estraggono i comportamenti funzionali in un determinato contesto e si cerca di riprodurli in situazioni simili. Oggetto del modeling possono essere: lo stato interno della persona, le sue emozioni e le sue sensazioni; i processi interni, le sue convinzioni, i valori, le strategie, i suoi comportamenti e abilità, la fisiologia, la gestualità e il linguaggio. La PNL stessa si dichiara originata in questo modo: si sarebbero studiati dapprima terapeuti eccellenti, poi i migliori venditori, oratori, campioni dello sport ecc. Questo, secondo alcuni, sarebbe il modo più veloce per arrivare ad un risultato: “Accade che un individuo abbia speso anni di prove e riprove per trovare la maniera di servirsi del proprio corpo e della propria mente, per ottenere un risultato. Ma voi potete prendere l’iniziativa di imitare le azioni che hanno richiesto anni per essere perfezionate, e produrre risultati simili in pochi istanti o mesi, o per lo meno in un tempo assai minore di quello che è occorso alla persona che ha ottenuto i risultati sperati 264 ”. Il modeling-tipo si attua attra- verso 5 fasi: 263 Secondo cui “solo la varietà incorporata in un regolatore (umano o meccanico) può ridurre (e, al limite, eliminare) i disturbi di ogni tipo capaci di impedire a un certo sistema di raggiungere determinati obiettivi. Solo la varietà (disponibile al regolatore) può distruggere la varietà (dei disturbi)” 264 Robbins, 1987 Luca Bartoli - 151 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica • Accesso fisico alla persona; • Acquisizione dei patterns, sospensione delle proprie convinzioni e imitazione della persona; • Replica sistematica dei patterns; • Codifica dei patteners, in cui si formalizza logicamente ciò che è stato imitato; • Verifica: ciò che è stato trovato permette di raggiungere gli stessi risultati o per lo meno risultati simili? Può essere facilmente insegnato? Il principio per quanto mai dimostrato, sembrerebbe noto da sempre: il SUBLIME propone l’emulatio dei grandi autori, modelli di verità ed efficacia, come mezzo per elevare il proprio stile. Quintiliano è ancora più esplicito suggerendo che ogni buon oratore possa essere maestro di retorica, perché in grado di essere modello per i giovani e di guidarli con l’esempio, mostrando loro come si attualizzano i principi di chiarezza, brevità e verosimiglianza. 6.5 Alcuni strumenti proposti dalla PNL265 6.5.1 Il Rapport L’influenza psicoanalitica spinse Bandler e Grinder ad adottare il concetto di rapport266, e a farne l’elemento chiave della persuasione stessa. Secondo la PNL il rapport è la situazione di armonia e accordo tra due o più persone, l’essere sulla stessa lunghezza d’onda267. Le persone entrerebbero naturalmente in rapport tra di loro: fra amici, con la persona amata… Paradossalmente 265 Fonti: Belotti – Roberti, 2004; Martelli – Zenzani – Belotti – Roberti, 2005; Erickson – Rosen, 1983; Ganchi – Piovano, 2002; Bandler – Grinder, 1981; Bandler – Grinder, 1984; http://ipnosi.interfree.it/ 266 Termine che sembrerebbe esser stato utilizzato per la prima volta in relazione alla terapia da Anton Mesmer. (Fonte: Erickson – Rosen, 1983) 267 Per un collegamento con altre discipline si pensi che una definizione possibile di marketing politico è “il posizionare il candidato sulla lunghezza d’onda del suo elettorato potenziale” (Rodriguez, COMUNICAZIONE POLITICA, CEI, Reggio Emilia,2003) Luca Bartoli - 152 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica questo può accadere anche con una persona appena conosciuta268. La PNL si spinge molto oltre offrendo strumenti per la creazione del rapport. 6.5.1.1 Ricalco-guida Abbiamo già incontrato questo strumento nel capitolo sulla persuasione, sotto il nome di mirror and maching, sul quale il professor R. Cialdini cita alcuni studi269 che ne mettono in evidenza l’efficacia persuasiva. La PNL fa suo questo strumento e lo attribuisce allo studio della comunicazione di alcuni terapeuti, soprattutto M. Erickson. La PNL insegna a tale proposito che, se si vuole creare rapport con qualcuno, dobbiamo imparare a concentrarci sulle somiglianze anziché sulle differenze, gli “anch’io” rispetto agli “io invece no”. Se a livello verbale esplicito la cosa è abbastanza facile, sia da fare che da riconoscere, la PNL presenta un sistema più elegante270 che consiste nel parafrasare, sotto forma di domanda, quello che ci hanno appena detto, tipo “Dimmi se ho capito bene, mi stai dicendo X e Y… Giusto?”. Oltre che a livello verbale la PNL suggerisce di creare rapport, sopratutto ricalcando, l’aspetto paraverbale e quello non verbale. A livello paraverbale si tratta di ricalcare la velocità, il tono, il volume dell’interlocutore271. A livello non verbale è consigliato allenarsi a ricalcare la postura, la prossemica, la gestualità, la respirazione dell’interlocutore, in pratica a rispecchiare l’interlocutore. I manuali e i trainer invitano, a questo proposito, a guardarsi intorno e a notare quante persone sono sedute nello stesso modo, o hanno la stessa camminata o la stessa gestualità quando sono insieme272. Ne- 268 Di solito si usano espressioni come “Mi sembra di conoscerlo/la da una vita”. Si noti che il presupposto che c’è dietro questa frase è che a certi livelli di armonia si possa arrivare solo dopo anni. [Cialdini, familiarità Æ simpatia (3.4.2.5)] 269 LaFrace, Lock e Horwitz, Woodside e Davenport 270 Aggettivo che in PNL diventa sinonimo di “efficace” e “veloce” 271 Ma non l’accento o i difetti di pronuncia, che potrebbero non essere apprezzati 272 Il ricalco (senza guida) è anche uno dei modi per attuare il modelling, si ricalca il comporta- mento ma anche le convinzioni di qualcuno, con l’obiettivo di ottenere gli stessi risultati o risultati analoghi. Uno esempio cinematografico di questa strategia potrebbe essere addotto dal film Collateral (2005), in cui il protagonista, un taxista, è per una serie di vicende costretto a recitare la parte del suo antagonista, uno spietato killer interpretato da Tom Cruise. Il corso degli eventi Luca Bartoli - 153 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica gli ultimi anni la diffusione di alcune tecniche della PNL come il ricalco-guida rende sconsigliabile il semplice rispecchiamento della postura, si consiglia a tale proposito il ricalco incrociato, cross-mirroring, con cui si ricalca con un elemento della propria comunicazione, ad esempio la velocità del parlato, un altro elemento della comunicazione dell’interlocutore, per esempio la respirazione. Una volta creato il rapport con il ricalco, corsi e manuali insegnano a fare piccoli gesti come grattarsi il naso, toccarsi i capelli, o cambiare postura. Se l’interlocutore ci seguisse e facesse la stessa cosa, significherebbe che il rapport è stato creato e si può iniziare a guidare il/gli interlocutori. Per quanto possa sembrare strano, il principio è coerente con alcuni degli studi fatti in psicologia sociale a proposito delle ripercussioni persuasive dei principi di: reciprocità (3.4.2.2), somiglianza-riprova sociale (3.4.2.4) e somiglianza-simpatia (3.4.2.5). 6.5.1.2 Sistemi rapresentazionali273(V-U-K) Negli anni ’70 Virginia Satir sembra fosse nota come eccezionale terapeuta della famiglia: soprattutto in quei casi in cui marito e moglie non riuscivano più comunicare; pare che la Satir fosse in grado di porsi sulla lunghezza d’onda di entrambi e creare un ponte tra di loro. Bandler e Grinder, studiandola per mesi, dichiararono d’aver capito alcuni dei suoi segreti. Uno tra questi consisteva nella capacità di parlare la “lingua del cliente” attraverso l’utilizzo dei sistemi rappresentazionali. Come già visto, per la PNL tutte le distinzioni sono riconducibili ai sensi, e inevitabilmente ognuno avrebbe un sistema rappresentazionale preferito tra il visivo, l’auditivo o il cinestetico274. Esisteranno così, persone più visive (V), altre più uditive (U) ed altre più cinestetiche (K)275. Secondo la PNL la modalità dominante influenza le scelte di espressioni verbali. fa si che il protagonista entri sempre di più nella parte fino a sconfiggere l’antagonista con le “sue stesse armi” 273 Per una applicazione della PNL alla scrittura, con particolare enfasi sui sistemi rappresenta- zionali, si veda Lucchini, 2005 e http://www.comuniconline.it/magia_scrittura.htm 274 o cenestetico dentro cui si fanno rientrare non solo le sensazioni ma anche l’olfatto e il gusto 275 Visivo, uditivo e cinestetico non vanno considerati in senso rigido, si può essere prettamente visivi sul lavoro e prettamente cinestetico in famiglia Luca Bartoli - 154 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica Sistemi di rappresentazione e espressioni verbali • Visivi: vederci chiaro, focalizzarsi, illuminante, immaginare, prospettiva, colorato. Vedo il tuo punto di vista. Riesco a darti un immagine chiara della situazione? È vero senza ombra di dubbio. • Auditivi: ascoltare, discutere, sentire, armonia, dissonanza, stonate, tono. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Ti suona bene quello che ti sto dicendo? Corrisponde al vero parola per parola. • Cinestetici: toccare, percepire, solido, tensione, gustare, pressione, gustare. Sento di essere d’accordo con te. Riesci a cogliere il senso di quello che dico? È solido come una roccia. Una volta individuata la tipologia dell’interlocutore, si ricalca questo aspetto, prediligendo, così come faceva la Satir, le sue espressioni verbali. Secondo la PNL la modalità dominante influisce anche su altre caratteristiche dell’individuo, sarebbe perciò possibile riconoscere i tre tipi anche dai c.d. segnali d’accesso; i trainer solitamente precisano che si tratta di una mappa, frutto di semplificazione, generalizzazione e distorsione276. Sistemi di rappresentazione e segnali d’accesso • Visivi: spalle dritte, capo eretto, gestualità rivolta verso l’alto, respirazione toracica, tono di voce tendente all’acuto, velocità d’eloquio, tono muscolare teso; ritmo di voce soggetto a numerose variazioni. • Auditivi: spalle curve e abbassate, arti spesso incrociati, respirazione mediana, posizione della testa rivolta all’ascolto o inclinata di lato, movimenti armoniosi, ritmo di voce costante. • Cinestetici: tono muscolare rilassato, braccia e mani in posizione di riposo, palmo delle mani rivolto verso l’alto, parlata lenta con molte pause, difficoltà nel trovare le parole, tono di voce profondo, respirazione addominale. 6.5.2 Ancoraggio La programmazione neurolinguistica eredita dalla psicologia comportamentista il concetto di neuro-associazione, cioè il legame automatico che associa uno stimolo ad una risposta appresa, e lo ricalca per fondare il concetto di ancora. In PNL si definisce ancora “una associazione acquisita tra uno stato d’animo 276 Questo considerazione è da tener presente, a detta degli stessi fondatori, anche per la stes- sa PNL, quindi anche per le semplificazioni che presenteremo in questo capito Luca Bartoli - 155 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica e uno stimolo scatenante277” o a livello ancora più generale “una qualsiasi rappresentazione che ne innesca un’altra 278 ”. Il concetto di ancora sembra portare all’estremo il principio di associazione279 individuato da Cialdini (3.4.2.5). Rifacendoci alla divisione V-U-K, e alla possibilità ricevere stimoli dall’esterno o di produrli internamente (pensare ad un’immagine, un suono o ad una sensazione) esistono: • Ancore visive esterne: vedendo un oggetto, una persona o un luogo, il soggetto ritorna all’esperienza e alle sensazioni ad essa associate; • Ancore visive interne: pensando ad una immagine il soggetto ritorna alle sensazioni associate; • Ancore auditive esterne: ascoltando una voce, un rumore o una musica280 il soggetto rivive l’esperienza collegata a tale stimolo; • Ancore auditive interne: riascoltando internamente una voce, un suono o una musica il soggetto rivive una certa sensazione; • Ancore cinestetiche esterne: una particolare sensazione tattile, un particolare odore o sapore, ci riporta a una data situazione; • Ancore cinestetiche interne: una intensa situazione rivissuta può far tornare in mente al soggetto, immagini o suoni ad essa collegati. 6.5.2.1 Caratteristiche delle ancore Poiché qualsiasi evento emotivamente significativo può generare un’ancora, il mondo sembra pieno di ancore. Il fatto è che anche una espressione verbale detta in un certo modo, un determinato abbigliamento o una pacca sulla spalla potrebbero scatenare ricordi e sensazioni non sempre piacevoli, così possiamo essere, nostro malgrado, vittime delle ancore. Per questo la PNL suggerisce di essere diventare volontariamente creatori di ancore per gli altri o per se stessi. Sono presentate, così, alcune procedure per generare un ancoraggio, e le caratteristiche un’ancora deve avere per essere efficace. In un ancoraggio-tipo, il 277 Dal manuale UPW Robbins, 2004 278 De Vecchi, 2004 279 A proposito del quale Cialdini cita gli studi di Smith, Engel e Razran 280 Si pensi alla vita di coppia e a quella che è definita “La nostra canzone” Luca Bartoli - 156 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica primo passo sarebbe quello di portare il soggetto281 nello stato desiderato, facendolo prima rilassare attraverso la respirazione, poi facendolo tornare con la memoria ad un momento in cui ha già provato la sensazione che vuole ancorare. A questo punto si inviterà il soggetto a rivivere l’esperienza in modo associato282, aiutandolo a recuperare la sensazione esplorando le varie modalità ( V – A – K ), con domande come “Vedi quello che vedevi coi tuoi occhi?”, “Senti quel- lo che sentivi con le tue orecchie?”, “Hai le stesse sensazioni?”. Si può far crescere la sensazione esplorando e modificando le differenti sub-modalità283 “Pro- va a mettere più a fuoco”, “Rendi colori più nitidi”, “Aumenta il volume” ecc. E si può chiedere direttamente al soggetto di aumentarla “Ora fai crescere dentro di te questa sensazione284”, “Ad ogni respiro senti questa sensazione che cresce dentro di te285”. Ad ogni modo una volta rievocata la sensazione, l’ancora dev’essere: • Univoca e comoda: l’ancora deve essere uno stimolo univoco, un gesto che non sia tra quelli ripetuti più volte nella giornata. Oltre che univoco, il gesto, dev’essere comodo per poter essere richiamato ogni volta che si desidera. • Gettata durante il picco emotivo: affinché l’associazione risulti efficace, l’ancora va gettata nel momento in cui il coinvolgimento emotivo è alto, così da rappresentare un messaggio inequivocabile. • Associata a un intenso stato emotivo: quanto più intenso e coinvolgente è lo stato emotivo tanto più efficace e duratura sarà l’ancora. 281 Il soggetto possiamo anche essere noi stessi 282 Per associato si intende, rivivere la scena in prima persona, per fare un paragone cinemato- grafico possiamo pensare ad una inquadratura “in soggettiva”. Al contrario le scene possono essere rivissute dissociadosi, dall’esterno, e generalmente questo diminuisce la carica emotiva 283 Per la PNL sono sub-modalità visive: Colore/bianco e nero, luminosità, dimensione immagi- ni (scala), associato/dissociato, a fuoco/sfuocato ecc; sub-modalità uditive: volume, ritmo, tonalità, mono/stereo ecc; sub-modalità cinestetiche: temperatura, pressione, vibrazione, densità, ubicazione ecc. 284 Pare che questo genere di esercizi sia utilizzato nella recitazione 285 Particolarmente indicato quando le sensazioni da richiamare sono calma e tranquillità Luca Bartoli - 157 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica • Ripetuta più volte: stabilita l’ancora va ripetuta più e più volte per stabilire un forte collegamento con lo stato d’animo desiderato. La ripetizione crea l’automatismo. • Verificata a posteriori: una volta istallata l’ancora dev’essere provata successivamente, più volte, proiettandola sulla situazione futura in cui si desidera avere accesso allo stato-risorsa (ricalco su futuro). 6.5.2.2 Altri tipi di ancore La PNL suggerisce di utilizzare le ancore anche nel public speaking, si tratta di ancore spaziali: parlare di un certo concetto in una certa posizione o gesticolando in un certo modo, per poi richiamare quel concetto semplicemente senza parlarne286. Sull’ancoraggio si basa il NAC, il condizionamento neuroassocativo, derivazione dalla PNL, di Anthony Robbins. Il NAC insegna ad arrivare al cambiamento, associando sensazioni massimamente negative287 al comportamento o alla credenze che si vogliono sostituire, e sensazioni massimamente positive ai nuovi schemi con cui vogliamo sostituirli288. 6.5.3 Linguistica 6.5.3.1 Il meta-modello Il metamodello si ispira direttamente alla linguistica generativo- generazionale di Chomsky e nasce per essere utilizzato in terapia, considerata come “una serie di transazioni verbali tra il cliente e il terapeuta 289 ” in cui il terapeuta, in prima istanza, cerca di scoprire il modello del mondo del cliente. Naturalmente quando il cliente comunica la sua mappa – la sua struttura pro- 286 Pare che Berlusconi sia solito parlare di un’Italia-buona gesticolando a destra e di un’Italia- cattiva gesticolando sinistra, guarda caso, il comportamento si replica nel parlare di alleati ed avversari (Belotti – Roberti, 2004) 287 Durante quest’associazione molte persone, incluso il sottoscritto, arrivano a piangere e a di- sperarsi (Robbins, 2004) 288 Non esistono dati scientifici su questa pratica, la mia personalissima (e quindi non generaliz- zabile) esperienza mi fa ammettere sia molto potente 289 Bandler – Grinder, 1981 (p. 59) Luca Bartoli - 158 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica fonda – lo fa attraverso strutture superficiali – le frasi –. Nel passaggio tra la struttura profonda e quella superficiale si determinano tre tipi di fenomeni: cancellazioni, generalizzazioni, deformazioni. Esistono casi in cui per poter operare una trasformazione il terapeuta può aver bisogno di recuperare le parti mancanti, specificarne altre e annullare le distorsioni. Per fare questo si potrebbe utilizzare il metamodello come guida. Lo schema ricorda in un certo modo la maieutica socratica (2.3.2), e permette di tirare fuori dal “cliente290” i suoi pensieri. Per utilizzarlo sembra sia necessaria una particolare attenzione alle espressioni del cliente e una buona prontezza di risposta. 6.5.3.1.1 • Cancellazioni Cancellazioni semplici: “Ho paura”, cui si può rispondere “Hai paura di chi o di cosa?”; “Sono curioso” cui si può rispondere “Di cosa sei curioso?” • Comparazioni: “è troppo costoso” cui si può rispondere “rispetto a cosa è troppo costoso?”; “Mario è il migliore” cui si può rispondere ”Migliore di chi, migliore di cosa?” • Mancanza di indice referenziale: “Gli italiani sono creativi?” cui si può rispondere “Quali italiani?”; “Loro arrivano tardi” cui si può rispondere “loro chi?” 6.5.3.1.2 • Generalizzazioni Quantificatori universali: “Sono sempre in ritardo” cui si può rispondere “Sempre? Non ricordi neppure una volta che sei arrivato in orario?”; “Tutti gli X sono fannulloni?” cui si può rispondere “Tutti gli X? Non conosci nemmeno un X, che almeno una volta non sia stato non fannullone?” • Operatori modali: di necessità Æ “Non posso rimanere” cui si può rispondere “Cosa te lo impedisce?”; di possibilità Æ “Non posso rimanere” cui si può rispondere “Cosa accadrebbe se lo facessi?” • Performative persa: “è giusto arrivare in orario” cui si può rispondere “Secondo chi?”; “Si dice che sei in gamba” cui si può rispondere “Chi lo dice?” 290 Espressione utilizzata nei primi libri di PNL editi da Astrolabio Luca Bartoli - 159 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.5.3.1.3 • Distorsioni Nominalizzazioni291: “Ho bisogno di aiuto” cui si può rispondere “Cosa posso fare per aiutarti?”; “Non c’è più amore” cui si può rispondere “Cosa intendi per amore?” • Lettura del pensiero292: “So che sei arrabbiato” cui si può rispondere “Cosa ti fa pensare che io sia arrabbiato?”; “Per Mario è meglio così” cui si può rispondere “Come lo sai?” • Causa effetto: “la vista del sangue mi fa svenire” cui si può rispondere “cosa nel vedere il sangue ti provoca questa reazione?”; “Ilaria mi fa arrabbiare” cui si può rispondere “Cosa fa Ilaria per farti arrabbiare?”. • Equivalenza complessa: “Se non mi porti i fiori vuol dire che non mi ami” cui si può rispondere “in che modo il non portarti i fiori significa che…?”, oppure “Tutte le persone che ti amano ti portano i fiori?”, oppure “Tutte le persone che non ti portano i fiori non ti amano?” • Presupposizioni: “Continuo ad essere triste?” cui si può rispondere “Eri triste anche prima?”; “Ovviamente sei in ritardo” cui si può rispondere “Cosa intendi per ovviamente?” Oltre alle domande specifiche esistono alcune domande universali per metamodellare, “Come?” e “In che modo specificatamente?”. Ricordiamo che il metamodello nasce originariamente come supporto a (psico)terapie tradizionali, oggi è proposto come strumento per la comunicazione medico-paziente, nella 291 Quando un processo (verbo) viene trasformato in un evento (nome), gli eventi sono definiti come finiti e i loro risultati come fissati, senza che si possa agire su di essi. Questa maniera di presentare la propria esperienza impoverisce, nel senso che i clienti perdono il controllo dei processi in corsoi presentandoli come eventi 292 Per la PNL nessun soggetto può sapere cosa pensa un’altra persona, neanche se questa glielo dice; questa idea è perfettamente coerente col concetto di chiusura operativa, secondo cui un sistema psichico è chiuso rispetto agli altri Luca Bartoli - 160 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica consulenza e nel coaching293, e sono ipotizzabili applicazioni anche ad altri campi294. 6.5.3.2 Comunicazione ipnotica Bandler e Grinder, dietro indicazioni dello stesso Bateson dedicarono molto tempo allo studio di Milton Erickson, probabilmente uno dei più grandi ipnoterapeuti della storia. Per questo motivo i due assistettero dal vivo per oltre un anno alle sedute nello studio a Phoenix, dove il terapeuta si era ritirato. L’approccio ericksoniano è caratterizzato da un uso costante dell’ipnosi, anche se spesso questa non è dichiarata. Per comprendere bene questa affermazione non dobbiamo pensare all’immagine classica dell’ipnosi, caratterizzata da una trance profonda; sembra che Erickson lavorasse spesso con una trance leggera, tipica di tanti momenti di vita quotidiana, semplicemente comunicando con il proprio interlocutore. Alcuni autori295 definiscono quella di Erickson ipnosi senza trance. Per maggiore chiarezza consideriamo come trance leggera ogni volta che sogniamo ad occhi aperti, ma anche ogni volta che ci focalizziamo su un elemento dell’ambiente isolandoci dal resto. “La trance, secondo Erickson, è quello stato in cui l’apprendimento e la disponibilità al mutamento hanno le maggiori probabilità d’aver luogo… La trance è uno stato naturale che ciascuno di noi ha provato… L’esperienza più familiare è quella del sogno ad occhi aperti, ma altri stati di trance possono aver luogo quando meditiamo, preghiamo o facciamo degli esercizi, come lo Jogging… In queste situazioni, la persona è conscia di vivere le proprie sensazioni interne, sia mentali che fisiche, e gli stimoli 293 Per approfondire questo tema: Dilts, Il manuale del coach, Alessio Roberti editore, 2003; Roberti – Belotti, Il Coach, Alessio Roberto editore, 2003 294 Alcuni account utilizzano parti del metamodello nel briefing, la riunione in cui un cliente si ri- volge ad una agenzia pubblicitaria esponendogli quali sono i suoi obiettivi 295 Tra questi Tardone Luca Bartoli - 161 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica esterni quali i suoni e i movimenti acquistano minore importanza296”. Le caratteristiche di quest’approccio297 sono espressi dallo stesso Erickson: • “Non è necessario rendere cosciente l’inconscio”: si tratta di far si che il “cliente” non ricordi coscientemente alcuni messaggi. Questa sorta di amnesia può essere indotta con metodi naturali come i discorsi lunghi, vaghi e generici, frequentemente inframezzati con suggestioni di stanchezza e sonnolenza o con commenti casuali. Al termine del trattamento Erickson impartiva comandi post-ipnotici di tipo paradossale “fa ciò che ti ho detto ma dimentica l’ordine”. Così, anche a detta di altri autori che hanno studiato l’ipnoterapeuta298, i soggetti facevano quanto ordinato senza essere consapevoli del perché lo stessero facendo. • “Utilizzate in modo creativo ciò che c’è già”, l’idea di Erickson è che i sintomi, anche i più inabilitanti, svolgano comunque una funzione per il soggetto. I sintomi non vanno cancellati, si possono utilizzare, modificare o al massimo sostituire con altri sintomi che però soddisfano gli stessi bisogni di fondo299. • “Non è necessario che la suggestione sia diretta”. Agire indirettamente300 scavalca il filtro razionalità (“Io cosciente”) e fa si che il messaggio passi senza essere processato. • “Cominciate da poco e da vicino e poi create un campo affermativo positi- vo”. Con queste parole Erickson suggerisce di iniziare con piccole richieste e di fare in modo che il “paziente” risponda sempre di sì, ad ogni ulteriore e più grande richiesta. Quest’idea ci riporta ad un argomento già trat296 Erickson - Rosen, 1982 297 Questa breve esemplificazione non vuole certamente essere esplicativa del metodo erickso- niano, su cui sono stati scritti molti libri, ma vuole semplicemente presentare alcuni utilizzi del modello ericksoniano applicabili a comunicazioni “normali” 298 Jay Haley,Ernest Rossi, Watzlawick, Zeig 299 Questo principio della sostituzione, pare, sia insito negli esseri umani, non a caso quando smettono di fumare molte persone iniziano a mangiare di più. La PNL consapevole di quest’omeostasi consiglia di “cercare sempre un altro comportamento più ecologico, prima di abbandonare le vecchia abitudine” 300 Si veda 6.5.3.4 Metafore p.166 Luca Bartoli - 162 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica tato, la persuasività del principio di coerenza (3.4.2.3) e la c.d. tecnica del- la palla bassa; • “L’approccio naturale è sempre il migliore301”. • “Superate le limitazioni apprese attraverso la ristrutturazione”. La “ristrutturazione” è una tecnica “come se”, si tratta di portare il soggetto ad agire o a vivere l’esperienza di agire, come se avesse già il risultato che vuole ottenere. Ad esempio per una fobia si può portare, con l’immaginazione, il paziente nel suo passato a quando non aveva ancora la fobia, oppure si può nel futuro, a quando sarà guarito dalla fobia. Secondo Erickson, si crea così una profezia retroattiva, perché “predire una cosa equivale a provocarla”302. Da qui nasce l’idea di ricalco sul futuro. • “Utilizzate la dissociazione”. Erickson spingeva i suoi pazienti ad osservarsi dall’esterno, e ad osservare, come se si trattasse della vita di qualcun’altro, episodi della propria infanzia. Il risultato era una maggiore oggettività, che stimolava nuove associazioni a proposito di “quella persona”. Il principio è intuitivo, dopotutto, in molti sappiamo di essere ottimi consiglieri degli altri ma non di noi stessi. 6.5.3.3 Milton model Uno tra i principali frutti dello studio di Bandler e Grinder su Milton Erickson è stato modellizzato e battezzato Milton model, ovvero “il modo in cui parlava Erickson”. Lo strumento si basa su quella che Erickson stesso chiamava ricerca transderivazionale: un tipo di linguaggio abilmente vago ed evocativo pieno di cancellazioni, generalizzazioni, distorsioni, frammenti di frasi, frasi sgrammaticate, ambiguità fonologiche, sintattiche e di punteggiatura. In sostanza con questo genere di linguaggio si costringerebbe l’individuo a risalire alla struttura profonda della frase, per recuperarne il significato completo, tramite una ricerca, per lo più inconscia, al fine di dare a queste parole un significato come se fossero state dette per noi. Questo comporterebbe l’attivazione dell’emisfero de301 Così come i migliori public speaker, quindi anche i più persuasivi, “devono essere naturali” 302 Se tutto questo utilizzo dell’auto suggestione sembra assurdo, basta pensare che la fobia stessa è di fatto un’auto suggestione Luca Bartoli - 163 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica stro, poiché saremmo portati ad allucinare e a proiettare dei contenuti immaginati su questa comunicazione. Questa spiegazione che si può ricavare da vari testi, viene iper-semplificata in un corso dal vivo: “Potremmo definire il Milton model come il linguaggio dei politici: parlare in modo vago per andare in ricalco con tutti. Avete in mente il meta-modello? Ecco in pratica lo si usa al contrario”. 6.5.3.3.1 Raccolta informazioni La categoria “raccolta informazioni”, serve a creare un messaggio sufficientemente vago da favorire un’interpretazione congrua con la struttura profonda di qualsiasi interlocutore. • Nominalizzazioni, termini generici come risorse, difficoltà ecc. • Verbi non specificati, che in pratica non dicono nulla sul modo in cui l’azione accada: saprai, conoscerai, capirai ecc. • Indice referenziale non specificato: ”le persone imparano facilmente”. Ogni volta che sentiamo parlare delle persone, o della gente tendiamo a proiettare quanto detto su noi stessi e sulla nostra esperienza • Cancellazioni: “questa giornata è interessante per molti aspetti”. Cui si potrebbe replicare “Interessante per chi?” 6.5.3.3.2 • • Malformazioni semantiche Congiunzioni: □ E: “mi guardi e ti rendi conto che…”; □ Temporali: “mentre mi guardi ti rendi conto che…”; □ Causa-effetto: “il guardarmi ti fa rendere conto che…”; Lettura del pensiero: “ti starai chiedendo cosa c’è di bello in tutto questo…”; • Performativa persa: “è importante conoscere i modelli linguistici”, cui si potrebbe replicare “Chi l’ha detto?”, “Secondo chi?” 6.5.3.3.3 Limitazioni al modello • Quantificatori universali: “ora potrai usare tutte le tue risorse…” • Operatori modali “adesso ti è possibile aprire i tuoi orizzonti” Luca Bartoli - 164 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.5.3.3.4 • • Metafore Citazioni: “mia madre diceva sempre –lavati le mani prima di cenare–“ Violazioni: “il tappeto volante disse…” 6.5.3.3.5 Forme di estrazione indiretta • Postulati di conversazione: “sai che ore sono?” • Ambiguità fonetica, di significato, di punteggiatura; • Domande indirette: “mi chiedo a cosa stai pensando” • Comandi negativi “non pensare ad un elefante rosa!” • Comandi nascosti: “ed allora cominciarono a rilassarsi profondamente” • Sottolineatura analogica, sottolineare con la pronuncia alcune parole “Ave- vo una sorellina piccola che aveva cominciato a imparare a camminare carponi. Io, invece, dovevo imparare a stare in piedi e a camminare. lascio a voi immaginare con quale interesse stavo a guardare la mia sorellina che passava dal camminare a quattro zampe all’imparare a stare in piedi. Non sapete nemmeno come facevate a camminare. Voi potete pensare di camminare in linea retta per sei isolati (a parte altri pedoni e veicoli). Ma non sapete che allora non riuscivate a camminare in linea retta a un passo regolare” 6.5.3.3.6 Presupposizioni Le presupposizioni servono a far passare un concetto, senza che questo sia processato come se si trattasse di un’affermazione. • Subordinate temporali: “l’ordine lo vuole fare prima o dopo cena” sottointende che l’ordine comunque “lo farai”. • Numeri ordinali: “fate l’iscrizione per primi” sottintende che ci saranno dei secondi • O, oppure: “Pollo o carne”, sottintende che non esiste una terza alternativa per esempio “non mangiare”. • Predicati di consapevolezza: “se sapessi quanto sei bella”, oggettivizza l’affermazione al di là della percezione soggettiva della persona Luca Bartoli - 165 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica • Avverbi e aggettivi “questa bellissima auto costa solo…”, sposta l’attenzione sul prezzo facendo passare il fatto che l’auto sia comunque bellissima. • Verbi ed aggettivi che cambiano il tempo “Cominci ad essere entusiasta?” • Avverbi e aggettivi “Fortunatamente ne ho uno” 6.5.3.4 Metafore303 Nel Milton model si è accenna all’utilizzo utilizzo da parte di Erickson della metafora durante le terapie, aspetto che per la nostra analisi è importane analizzare. Il terapeuta utilizzava spontaneamente la metafora, il riferimento alla propria storia e alle proprie limitazioni304 ricalcava per analogia l’esperienza del paziente e lo guidava verso il superamento dei propri limiti. La metafora consentirebbe di mutare la mappa cognitiva del cliente, senza cercare di eliminare il negativo, ma lasciandolo “libero” di fare le proprie scelte. La metafora aggirerebbe le resistenze (razionali) del cliente, che è nell’impossibilità di controbattere, visto che dopo tutto non si sta parlando direttamente di lui. Con la metafora il terapeuta ricalca il cliente, parlando il suo linguaggio, e può così entrare nel suo mondo per riorganizzarlo in modo creativo. Il cliente affascinato dalla metafora inizierebbe un processo di ricerca di un significato nascosto, poi, intuito il senso profondo della metafora vive la scoperta come frutto del proprio lavoro e non di quello del terapeuta. Perché ciò si realizzi la metafora non deve ricalcare in modo troppo diretto l’esperienza del cliente, ma avere alcuni punti di contatto, qualche tratto isomorfo, tale da non far scattare le difese razionali. In ogni modo l’obiettivo non è quello di fornire una soluzione metaforica, ma quello favorire nuove associazioni, “possibilità nuove305” nella testa del cliente. Così, i racconti di Erickson sembravano del tutto casuali, e spesso sembravano tali anche allo stesso terapeuta. In realtà, egli aveva grande fiducia nel proprio inconscio306 303 D’ora in tutto il capitolo i termini “metafora”, “analogia”, “aneddoto” sono da considerarsi fun- zionalmente sinonimi. Per un approfondimento sul tema: http://ipnosi.interfree.it/, 304 Daltonico, atono e dislessico fin dalla nascita, colpito due volte dalla poliomielite, paralizzato al liceo, costretto a lasciare il mondo i accademico per gravi allergie 305 Erickson – Rosen, 1983 306 Ibidem Luca Bartoli - 166 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica e riteneva che quello che gli sarebbe venuto spontaneo sarebbero state le parole giuste per dar vita al cambiamento. Le metafore ericksoniane possono anche essere incastrate l’una nell’altra. In sostanza si crea una metafora principale – analogica o isomorfa – che ricalchi il problema, e durante il suo svolgimento si creano altre metafore che servirebbero a recuperare risorse per portare il cliente nello stato desiderato. Questo secondo tipo di metafora sono racconti o aneddoti di carattere universale. Esempio, di questo secondo tipo di metafora è il racconto di come ognuno sia stato capace di raggiungere le prime mete della vita: “E quando eri un bambino molto piccolo, e imparasti a strisciare a carponi vedevi il sotto e le gambe dei tavoli, e il mondo aveva un certo aspetto. E quando per la prima volta ti sei tenuto in piedi, hai avuto un nuovo insieme di percezioni del mondo. Il mondo intero ti sembrava diverso. Sono cambiate le cose che ti interessavano, è cambiato il modo in cui vedevi le cose, e sarebbe cambiato ciò che potevi fare. Ma se ti piegavi in avanti e guardavi tra le gambette, il mondo aveva un altro aspetto ancora307”. Ricalcando le metafore incastrate Bandler ha ricavato lo strumento della nidificazione, in pratica si inizia un racconto principale e prima che questo giunga al compimento atteso, si inizia un’altra storia, e poi un’altra e un’altra ancora. Il soggetto che ascolta desideroso di sentire come la prima storia va a finire darà attenzione anche alla seconda, così nella speranza di sapere come sia la prima che la seconda storia andranno a finire, darà ascolto anche alle terza e così via. 6.5.4 Il potere delle parole308 Alcuni recenti studi di Robert Dilts309 hanno sviluppato modelli detti Sleigh of mouth310 allo scopo di stabilire, cambiare e trasformare convinzioni-chiave at- 307 Ibidem 308 Fonte: Dilts, 2004 309 Allievo di Bandler e Grinder, oggi uno dei più principali punti di riferimento della programma- zione neurolinguistica. Dopo aver proseguito gli studi di Bateson sui livelli logici, si è occupato soprattutto del tema della leadership Luca Bartoli - 167 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica traverso il linguaggio. Premesso che non esistono ricerche che ne corroborino l’efficacia, i modelli sono una interessante fonte di stimoli. L’idea di fondo è quella che il linguaggio sia uno degli elementi chiave della costruzione delle mappe (mentali) del mondo, e che possa influenzare la percezione della realtà stessa e il modo di rispondere ad essa. Scopo degli Sleigh of muth non è ribaltare la convinzione bensì, allargare la mappa dell’interlocutore. Secondo Dilts il linguaggio incornicia l’esperienza, per esempio nel collegare due affermazioni “Oggi è una bella giornata”, “Domani pioverà” la scelta della congiunzione pone in primo piano o sullo sfondo, l’una o l’altra affermazione: • “Oggi è una bella giornata ma domani pioverà” • “Oggi è una bella giornata e domani pioverà” • “Oggi è una bella giornata anche se domani pioverà” Lo stesso vale per frasi come “Oggi sono contento” ma/e/anche se “So che non durerà” e con molte altre affermazioni. La chiave è, appunto, la cornice. Un esempio di cornice sono le cornici-temporali, in grado di trasformare anche un evento istantaneamente doloroso in un’esperienza poco significativa rispetto a tutto il resto della vita. In PNL si utilizza frequentemente la cornice-risultato (focalizzazione sull’obiettivo e su come raggiungerlo), al posto della corniceproblema (focalizzazione sulla mancanza311 e sui perché di questa mancanza). Inevitabile, secondo la PNL, che con la prima si trovino le risorse e con la seconda si trovino i limiti. 6.5.4.1 I principali tipi di reincorniciamento: • 310 Cambiare le dimensioni della cornice; Letteralmente “giochi di bocca”, meglio tradurli come “giochi di prestigio verbale” come li chiama il prof. C. Maffei 311 In fondo un obiettivo è uno stato-delle-cose-non-ancora-raggiunto, quindi di fatto una man- canza Luca Bartoli - 168 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica • Reincorniciare il contesto, ovvero considerare che un determinato evento (o comportamento) avrà implicazioni e conseguenze diverse in contesti diversi; • Reincorniciare il contenuto, ovvero modificare la propria prospettiva rispetto ad un evento (o comportamento). Si tratta in sostanza di spostare tutto verso un altro risultato. 6.5.4.2 Reincorniciare i critici e le critiche Una particolare attenzione merita, il tema delle critiche. Il problema principale delle critiche è che sono espresse sotto forme di giudizi generalizzati “Questa idea non funzionerà mai” di fronte alla quali si può solo essere d’accordo o contrari. Ancora peggio è quando la critica attacca non solo il comportamento, ma l’identità “Quell’idea è stupida e tu sei stupido perché l’hai avuta”. Come si può allora re-incorniciare giudizi del genere? Per farlo bisogna tenere presente che le critiche, come tutti gli altri comportamenti, hanno un’intenzione positiva (6.4.2.7). Il problema sta sopratutto nella forma: le critiche, solitamente, sono espresse in funzione di quello che non si vuole, piuttosto che di quello si desidera. Motivo per cui non è facile ricavare dalla struttura superficiale della frase l’intenzione positiva: da un “è una perdita di tempo” non è poi così intuitivo leggere il desiderio di “utilizzare le risorse disponibili in maniera accorta ed effica- ce”. Per scoprire l’intenzione positiva che si cela sotto una critica bisognerebbe riuscire a porre domande del tipo “se (la perdita di tempo) è ciò che non vuoi cos’è che vuoi veramente?” o “Che cosa ti porterebbe se fossi capace di evitare ciò che non vuoi?”. Una volta riformulata in positivo la critica312, si può procedere trasformandola in una domanda. Trasformare un giudizio o una generalizzazione in una domanda cambia notevolmente le possibilità di risposta: sentirsi dire “Non è un progetto realistico” o “Come puoi rendere più realistico questo pro- getto?” non è di certo la stessa cosa. Nel primo caso dobbiamo difendere il nostro progetto da un’accusa (e quindi saremo portati a spiegare perché non lo è), 312 “Paura di fallire” Æ “desiderio di riuscire”, “irrealistico” Æ “concreto e raggiungibile”, “stupido” Æ “saggio e intelligente” Luca Bartoli - 169 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica nel secondo caso abbiamo la possibilità di illustrarlo nei dettagli (come sarà). Come già visto, per la PNL non tutte le domande sono uguali, e a quelle tipo “perché?” – cornice-problema – sarebbero da preferirsi quelle “come?” – cornice-risultato –. Analogamente si può rispondere all’intenzione anziché al comportamento, così ad un “…temo che sia troppo costoso” si può rispondere “Vedo che per lei è importante spendere bene il proprio denaro”, affermazione che verosimilmente ricalca l’opinione che l’interlocutore ha di se stesso, e continuando con “Quindi lei pensa che ha un prezzo troppo alto per le sue possibilità?”, spostando il problema dal prodotto al cliente. Il cliente a questo punto può scegliere di rispondere sì313, ammettendo di non potersi permettere il prodotto in questione, oppure no, ammettendo di poterselo permettere risposta che implica che il prezzo non è troppo alto, in ogni modo il venditore ha la possibilità di replicare con uno sconto o proponendo un finanziamento personalizzato. 6.5.4.3 I modelli Sleight of mouth I modelli sleight of mouth, consistono essenzialmente in re-incorniciamenti continui delle credenze dell’interlocutore. Sono il risultato di un modellamento di molte persone, quindi si tratta di cose che facciamo tutti i giorni, magari inconsapevolmente: • Intenzione: Scoprire qual è lo scopo o l’intenzione positiva della convinzione e rispondere a questa • Ridefinizione: prendere una o più parole critiche riformulare la frase con parole dello stesso significato ma che comportano implicazioni più positive • Conseguenza: Trovare un effetto diverso della convinzione o della relazione definita della convinzione • Chumking up: Considerare la convinzione specifica in un contesto più ampio • 313 Chumking down: Focalizzarsi su un aspetto specifico della convinzione Si noti l’eleganza di un passaggio da una critica ad un “sì”, che inevitabilmente aumenta le possibilità di convincimento. “Il bravo venditore cosa fa: fa dire un sacco di volte sì prima di proporre l’acquisto” frammento del corso Belotti – Roberti, 2005, perfettamente congruente con la tecnica del piede nella porta illustrata da Cialdini a proposito del principio di coerenza (3.4.2.3) Luca Bartoli - 170 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica • Analogia: Trovare un’altra relazione analoga a quella definita dalla convinzione (espressa in senso metaforico), che ha implicazioni differenti • Cambiare la dimensione della cornice: Inserire la convinzione in cornice temporale più lunga (o più breve), applicarla ad un numero maggiore o minore di persone, oppure ad prospettiva più grande o più piccola, così da trovare nuove implicazioni • Un altro risultato: Trovare altro risultato o questione più rilevante di quella affermato o implicato dalla convinzione • Modello del mondo: Trovare un modello del mondo differente che fornirebbe una prospettiva molto diversa con questa convinzione • Strategia di realtà: Trovare quali percezioni cognitive del mondo si sono rese necessarie per aver costruito questa convinzione e come si potrebbe percepire il mondo affinché questa convinzione sia vera • Contro-esempio: Trovare qual è un esempio o un’esperienza che costituisce un’eccezione alla regola definita dalla convinzione • Gerarchia di criteri: Trovare un criterio potenzialmente più importante, fra quelli a cui fa riferimento la convinzione, che non è stato ancora considerato • Auto-appliczione: utilizzare la convinzione sulla convinzione stessa • Meta-cornice: Trovare qual è la convinzione relativa a questa convinzione che potrebbe cambiare o arricchire la percezione In ogni modo, lo scopo della risposta è riconfermare sia l’intenzione positiva sia la persona che ne ha la convinzione, e nello stesso tempo, riformulare la convinzione in una cornice-risultato o in una cornice-feedback. Luca Bartoli - 171 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.6 Problemi aperti314 6.6.1 Critiche alla disciplina Quelli che sono stati presentati fin ora non sono altro che la storia315, i principichiave316 e i principali strumenti della PNL. Di solito le trattazioni manualistiche, anche quelle degli autori italiani (solitamente più complete) si fermano qui. Per una trattazione più scientifica del tema è necessario considerare le principali critiche mosse alla programmazione neurolinguistica. Innanzitutto il principio zero della PNL, ovvero il modellamento, per quanto verosimile non è mai stato dimostrato: non è assolutamente detto che imitando qualcuno che fa qualcosa si possa imparare più velocemente rispetto ad andare per tentativi. La grande fiducia nel raggiungimento della comprensione (rapport) per mezzo dell’imitazione (matching) degli atteggiamenti del corpo per quanto utilizzata in alcune psicoterapie non è mai stata dimostrata empiricamente, così come le correlazioni tra i sistemi rappresentazionali e i predicati verbali o scritti. Neppure la teoria della PNL circa la determinazione del sistema di rappresentazione preferito da un partecipante in base all’osservazione del comportamento esterno (segnali d’accesso) non può essere sostenuta dall’evidenza sperimentale. Il National Research Council, il Comitato sulle tecniche per il miglioramento delle prestazioni umane ha incluso una valutazione della PNL nel suo rapporto datato 1995: " I fondamenti della PNL... sono una serie di aneddoti e di fatti concatenati che non portano ad alcuna conclusione... La descrizione dei processi biologici fondamentali è piena di errori piccoli ma significativi... I riferimenti alla letteratura biologica e psicologica sono obsoleti... e le citazioni di psicologia cognitiva ignorano gli ultimi venti anni di risultati in questo campo... In breve, il sistema dei modelli oculari, linguistici, di postura e di tono della PNL non deriva né è derivabile da lavori scientifici noti". In conclusione non vi sono prove empiriche a sostegno sia degli assunti sia dell’efficacia della PNL. 314 Fonti: http://www.cicap.org/articoli/at101621.htm e capitoli precedenti 315 Probabilmente un po’romanzata, ma così viene presentata nei corsi e nei manuali di PNL 316 Per lo più mutuati dagli ambiti scientifici più all’avanguardia negli anni ‘70 Luca Bartoli - 172 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica 6.6.2 La PNL come modello di comunicazione efficace Pur ritenendo valide queste critiche, evidentemente scientificamente rigorose, possiamo andare alla ricerca di collegamenti ed analogie con gli altri modelli di comunicazione efficace fin ora presentati: • Il modellamento – il principio zero della PNL – come abbiamo già visto può essere ricollegato all’emulatio dei grandi autori proposto dall’anonimo del SUBLIME (2.3.5.1), e nelle considerazioni di Quintiliano a proposito dell’insegnamento della retorica (2.4.2.1); • L’idea secondo cui maggiori scelte abbiamo maggiori sono le probabilità di successo”, almeno comunicativamente parlando è coerente con l’idea di Cicerone e Quintiliano, secondo cui il comunicatore deve possedere una competenza enciclopedica ( 2.4.1.1e 2.4.2.1); • L’idea della creazione del rapport come base persuasiva richiama l’idea aristotelica della necessità della conquista della fiducia da parte del retore; • La tecnica del ricalco-guida oltre che essere considerata dal prof. Cialdini, alla luce di alcuni studi, “un’ottima risorsa persuasiva” (3.4.2.5), è con- gruente coi principi di reciprocità (3.4.2.2), somiglianza-riprova sociale (3.4.2.4) e somiglianza-simpatia ( 3.4.2.5); • Il ricorso a soluzioni “come se” ricorda quanto proposto a proposito della paura del palcoscenico (5.4.3); • L’ancoraggio pare portare alle estreme conseguenze il principio di associazione-simpatia (3.4.2.5) individuato dallo stesso Cialdini; • Il meta-modello sembra ri-attualizzare in chiave terapeutica i principi della maieutica socratica (2.3.2.1); • La comunicazione modellizzata da Erickson nella sua componente fortemente emozionale e poco razionale, può essere collegata all’analoga descrizione dell’influenza pubblicitaria (4.6.2); • L’uso della metafora nel contesto terapeutico, applicata dalla PNL anche a contesti diversi come la formazione, non che l’ennesima applicazione di questo potente strumento utilizzato dai maestri della retorica, ad iniziare da Aristotele (2.3.4.1.3) e da quelli della pubblicità (4.7.1.1); Luca Bartoli - 173 - Introduzione alla comunicazione efficace - Programmazione Neuro-Linguistica Questa serie di considerazioni non può certo, controbilanciare le critiche sopra esposte; ma può aiutarci a comprendere317 la diffusione della PNL. Per queste ragioni, soprassedendo sulla scientificità delle conclusioni318, possiamo considerare quello della programmazione neurolinguistica, al pari della retorica, della pubblicità e degli insegnamenti moderni sul parlare in pubblico, a tutti gli effetti un modello di comunicazione efficace, fonte di possibili stimoli per una comunicazione funzionale. In fondo come sosteneva già lo stesso Aristotele in campi come la politica è necessario procedere anche senza potersi basare su premesse certe, e al massimo verosimili319. 317 Possiamo affiancare questa serie di considerazioni a quelle trattate nella cornice sociologica 318 In fondo non ci interessiamo qui né dell’efficacia terapeutica, né della rigorosità del metodo utilizzato, poiché non intendiamo considerare la PNL una disciplina scientifica 319 La riflessione del filosofo continuava con la formalizzazione dell’entimema, figura che par- tendo da premesse non necessariamente vere arriva a conclusioni altrettanto non-vere Luca Bartoli - 174 - Introduzione alla comunicazione efficace - Conclusioni 7 Conclusioni 7.1 Limiti e opportunità 7.1.1 Critiche Giunti alla fine del nostro viaggio, arriva il momento di fare un bilancio e di trarre alcune conclusioni. Possibile critica che si potrebbe rivolgere a una tesi che per oltre 170 pagine parla di “comunicazione efficace”, è che in uno solo320 dei cinque modelli presentati questa efficacia è supportata da risultati empirici. È opportuno a questo punto fare una serie di considerazioni. Per quanto riguarda la retorica le testimonianze dell’epoca e lo sviluppo della disciplina ci spingono a considerare il modello valido; considerazione confermata da alcune ricerche sperimentali321 su quanto teorizzato già secoli prima di Cristo. Per quanto riguarda la pubblicità, tutti gli autori trattati, tra cui lo stesso Luhmann, danno per scontato che funzioni322. Il moderno public speaking si pone in continuità con gli insegnamenti classici, con più enfasi per le operazioni di elocutio e ac- tio in quanto, evidentemente, si possono dare per assunti nella modernità buona parte degli insegnamenti sulle altre operazioni323. Sulla programmazione neurolinguistica, avendo questa una storia più recente e non avendo ancora offerto prove della propria efficacia in ambito terapeutico324, il percorso è stato diverso: si è analizzato e studiato il modello includendo le critiche e si è poi andati alla ricerca di nessi e analogie con gli altri modelli di comunicazione efficace, concludendo che la PNL proprio alla luce di queste analogie possa essere, ve320 (quello che si può derivare dalla psicologia sociale della persuasione, cap. 3) 321 Si pensi agli effetti primacy e recency 322 Che non manca di evidenziare la paradossalità di questo “funzionamento” 323 Storicamente gli insegnamenti della retorica hanno influenzato ogni riflessione fatta sulla comunicazione (si pensi ai modelli emittente – messaggio – ricevente e a come questi ricalchino la ripartizione della Retorica di Aristotele) 324 Ricordiamoci che la PNL nasce inizialmente come strumento di supporto ai differenti approc- ci terapeutici e questo rimane il nucleo principale di applicazione pur essendo proposte applicazioni negli ambiti più disparati, tra cui formazione e vendita Luca Bartoli - 175 - Introduzione alla comunicazione efficace - Conclusioni rosimilmente, considerata fonte di possibili stimoli per una comunicazione funzionale. Altra critica che si potrebbe rivolgere al lavoro è che l’obiettivo della tesi, cosa si voglia dimostrare, non sia immediatamente comprensibile. In effetti, l’unica ipotesi fatta è che esporsi a modelli di comunicazione possa migliorare la competenza comunicativa, ed in particolare che lo studio e l’analisi di modelli comunicativamente efficaci (veri, assunti come tale o verosimili) migliori l’efficacia della propria comunicazione. Nel nostro viaggio abbiamo trovato tutta una serie di idee coerenti con questa nostra idea iniziale. In primis, emulatio (Sublime) e fa- cilitas (Quintiliano) per la retorica, le lezioni dei maestri della pubblicità come guida per il trattamento creativo325, la funzione latente dei modelli come catalizzatori d’insicurezza nel public speaking e il modeling piennellistico. In sostanza, trattandosi di un lavoro introduttivo, si è scelto di presentare e analizzare direttamente i modelli, anche in coerenza con l’idea di favorire molteplici chiavi di lettura326. 7.1.2 Opportunità Nell’introduzione sono state previste alcune di queste differenti chiavi di lettura: aumentare la propria efficacia comunicativa, imparare a riconoscere i principi della comunicazione efficace anche a scopo difensivo, scoprire tratti di influenza retorica nella modernità, avere un punto di partenza per interrogarsi sui perché di questa influenza. Ci sembra per tanto, che lo studio presentato sia funzionale a queste chiavi di lettura, tra le quali abbiamo considerato anche la possibilità di ispirare ricerche sul processo d’influenza e da questo punto di vista la mancanza di risultati sperimentali sull’efficacia può trasformarsi da apparente limite ad opportunità reale. A queste strategie iniziali si sono aggiunte, strada facendo, nuove possibilità. Ad esempio, lo studio dei vari modelli può sviluppare 325 In effetti gli autori trattati come maestri della pubblicità mi sono stati personalmente consiglia- ti in agenzia nella mio percorso di formazione creativa 326 L’idea è quella che “poiché, inevitabilmente, lettori differenti possono approciarsi allo stesso con differenti strategie e trarne idee, significati e spunti diversi; tanto vale che l’autore preveda questo in partenza” Luca Bartoli - 176 - Introduzione alla comunicazione efficace - Conclusioni una maggior sensibilità verso l’analisi di testi quali spot pubblicitari, orazioni e comunicazioni faccia-a-faccia, cui solitamente non siamo abituati. Pertanto è ipotizzabile che, prima o poi, i contenuti presentati siano inseriti in un C. d. L. in Scienze della comunicazione. Nel corso della tesi poi, ci siamo resi conto di quanto peso abbiano avuto le persone, gli attori, i comunicatori, non a caso contraddistinti con un apposito stile di carattere327. Non si può neppure escludere pertanto che in suddetto corso di laurea, sia inserito una sorta di corso sulla “storia dei grandi comunicatori328”. 7.2 Perché non un modello unico? A questo punto ci si potrebbe aspettare che lo studio si concluda con la proposta di un modello unico di comunicazione efficace, fondato sulle numerose analogie tra retorica, psicologia della persuasione, pubblicità, public speaking e programmazione neurolinguistica. L’idea avrebbe una sua logica, ma la domanda che ci siamo posti all’inizio era “Come si può comunicare meglio?329”. Se l’obiettivo è migliorare la propria competenza comunicativa, più che un minimo comune denominatore è meglio avere un massimo comune multiplo!330 Questo, oltretutto, è coerente con gli insegnamenti di Cicerone e Quintiliano sulla necessità per il retore (antenato del moderno comunicatore efficace) di una cultura enciclopedica. Ci auguriamo per tanto che in questa piccola enciclopedia della comunicazione efficace il lettore abbia potuto trovare soluzioni e problemi, risposte e domande, e soprattutto stimoli che lo aiutino a comunicare meglio e in modo più consapevole. E se durante la lettura è capitato che nella testa del lettore siano partite libere associazioni e collegamenti con la propria esperienza comunicativa, allora il nostro obiettivo è stato pienamente raggiunto. 327 Per la cronaca C-personaggio 328 Quest’idea è in tendenza con il recente inserimento di un corso in Retorica e nuovi media, ma ci si potrebbe spingere oltre inserendo in uno specifico corso “i maestri della pubblicità” come li abbiamo chiamati noi, Dale Carnegie, Martin Luther King e chissà quanti altri 329 Specificata poi in “Come si può comunicare in modo più efficace?” 330 L’idea è che piuttosto che avere un modello minimo costituito dai punti i comuni è meglio a- vere una molteplicità di modelli, con le loro analogie e le loro variazioni sul tema Luca Bartoli - 177 - Introduzione alla comunicazione efficace - Conclusioni 7.2.1 Omaggio ad una protagonista Se proprio dovessimo indicare un elemento protagonista della comunicazione efficace, la scelta cadrebbe sulla metafora, usata, attualizzata e riattualizzata nella retorica, nella pubblicità, nel public speaking e persino in ambito terapeutico. Non a caso, forse, abbiamo utilizzato una metafora per raccontare il nostro percorso, e a questo punto il nostro viaggio può dirsi concluso. Luca Bartoli - 178 - Introduzione alla comunicazione efficace - Ringraziamenti 8 Ringraziamenti Decisamente arrivati alla fine, anzi oltre, non resta che porgere un omaggio a tutte le persone grazie alle quali questo piccolo sogno nel cassetto è diventato realtà. In primis il ringraziamento va a Cristina, implacabile editor, per le sue correzioni e i suoi commenti,Veronica per le sue acute osservazioni e a Kikka il cui confronto sulle varie tematiche è stato più importante di quanto possa immaginare. La mia particolare gratitudine va alla mia relatrice per aver avuto fiducia nel mio “strampalato” progetto e a tutti i docenti e formatori che in questi anni coi loro insegnamenti, stimoli e consigli hanno saputo trasmettermi gli strumenti per comunicare le mie idee. Al di là di là del contribuito materiale non posso non ricordare chi in questi anni di università e in questi mesi di tesi mi è stato vicino (e mi ha sopportato): i mitici compagni di studio del “Dream team”; Alex, inseparabile compagno di stanza, e tutti i ragazzi dell’Ostello di Reggio Emilia; i ragazzi dell’UdP, Daniele e tutti gli amici e colleghi del MIDHO di Forte dei Marmi, quelli dell’agenzia Alberto Cremona di Milano e del gruppo di pratica di PNL. Naturalmente, concludo ringraziando la mia famiglia, tutti i parenti inclusi; sperando di non aver scordato nessuno… Luca Bartoli - 179 - Introduzione alla comunicazione efficace - Bibliografia: 9 Bibliografia: 9.1 Testi formato cartaceo o audiovisivo: 9.1.1 Introduzione Gallino L., DIZIONARIO DI SOCIOLOGIA, UTET, Torino, 1996 Luhmann N., LA REALTÀ DEI MASS MEDIA, Franco Angeli, Milano, 2000 (ed. ori- ginale: DIE REALITÄT DER MASSENMEDIEN, Munich, 1996) Watzlavick P. – Beavin J. H. – Jackson D. D., LA ZIONE UMANA. 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Luca Bartoli - 180 - Introduzione alla comunicazione efficace - Bibliografia: 9.1.3 Psicologia della persuasione Campus D., L'ELETTORE PIGRO. INFORMAZIONE POLITICA E SCELTE DI VOTO, Il Mulino, Bologna, 2000 Cavazza N. – Palmonari A., UNA NUOVA BELLEZZA: STUDI SULL’EFFETTO PERSUA- SIVO DI UNA FONTE CHE ADERISCE A UN MODELLO, PSICOLOGIA tratto da GIORNALE ITALIANO DI n. 2 / 2003 Cavazza N. – Polmonari A. – Rubini M., PSICOLOGIA SOCIALE, Il Mulino, Bolo- gna, 2004 Cavazza N., LA PERSUASIONE, Il Mulino, Bologna, 1996 Cialdini R., LE SÌ ARMI DELLA PERSUASIONE. COME E PERCHÉ SI FINISCE COL DIRE DI , Giunti, Firenze, 1995 (ed. orig: INFLUENCE. THE PSYCOLOGY OF PERSUASION) McLuhan M., GLI STRUMENTI DEL COMUNICARE, Milano, Il Saggiatore, 1997 (ed. originale: UNDERSTANDING MEDIA, New York, 1964). Moghaddam F.M., PSICOLOGIA SOCIALE, Zanichelli, Bologna, 2002 (ed. origina- le: SOCIAL PSYCOLOGY. 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LIBRI VII-XII, CEI, Reggio Emilia, 2004 Cocconcelli M., DE ORATORE, CEI, Reggio Emilia, 2004 Dalla Ghirarda E., RETORICA, CEI, Reggio Emilia, 2004 Dini C., GORGIA, CEI, Reggio Emilia, 2004 Ferro M., ANONIMO: SUL SUBLIME, CEI, Reggio Emilia, 2004 Luca Bartoli - 184 - Introduzione alla comunicazione efficace - Bibliografia: http://dolly.cei.unimo.it/ http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761574514/Retorica.html Noberini N., RETORICA, CEI, Reggio Emilia, 2004 Torricelli F., DE ORATORE ; GORGIA, CEI, Reggio Emilia, 2004 www.matura.it/enciclopedia/maieutica.htm 9.2.2 Psicologia della persuasione http://xenu.com-it.net/libri/csociale/01.htm Iani C, PSICO-COM-31-03-04, CEI, Reggio Emilia, 2004 www.maxxmktg.com/mirror.html www.trans4mind.com/personal_development/Vignettes/Mirroring1.htm 9.2.3 La pubblicità www.econolink.com.ar/publici/pubinte1.htm www.unileverceylon.com/UL/sunlight 9.2.4 Public Speaking e dintorni http://csia.unica.it/formaz/corsi/demuro.pdf http://guide.supereva.com/sviluppo_personale/interventi/2002/06/110182.shtml http://guide.supereva.com/sviluppo_personale/public_speaking/ http://orientamento.studenti.unige.it/cina/economia.html www.anticalibreria.it/cataloghi_html/Filosofia%20e%20Psicologia.html www.cegos.it www.dalecarnegie.it www.e-school.it/pagine/dettaglio_redazionale.asp?IDredazionale=123 www.hiperformance.it www.hrdonline.it Luca Bartoli - 185 - Introduzione alla comunicazione efficace - Bibliografia: www.ifoa.it www.ipsico.org/parlare_in_pubblico.htm www.pnl.info www.unibocconi.it/doc_mime_view.php?doc_id=30036&doc_seg_id=1 www.unibocconi.it/index.php?proc_id=29&nav_level1=15&nav_level2=5&nav_l evel3=13 9.2.5 Programmazione neurolinguistica http://chicory.stanford.edu/nlp/ http://erewhon.ticonuno.it/arch/rivi/campus/wterapia.htm http://erickson.edu/nlp/basic.html http://ipnosi.interfree.it/ www.cicap.org/articoli/at101621.htm www.cnr.it/cnr/news/CnrNews?IDn=536 www.ecomind.it/Pagine/PNL/ www.fbi.gov/publications/leb/2001/august2001/aug01p1.htm www.ilcoach.info www.modellidicomunicazione.com www.pnl.info www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=7455 www.unibas.it/documenti/bandi_concorsi/bando_114_1.pdf www.univirtual.it/varie/bando%20real.doc www-amm.univ.trieste.it/perfez.nsf/vBando/937?Open Luca Bartoli - 186 -