Vivere in città o in campagna

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Vivere in città o in campagna
Vivere in città o in campagna
Decidere di abitare in città o in campagna è una scelta
personale.
C’è chi apprezza la calma e il silenzio della campagna
dove ancora la gente trova il tempo di conversare e sono
vivi i valori veri che esulano dal “dio del denaro” della
città.
Questo non vuol dire che non si dia valore ai soldi, ma si
vuole precisare che in campagna ci sono cose che gli
abitanti del centro non potranno mai permettersi anche
spendendo tutti i soldi del mondo: l’aria pulita che si
respira, la natura che ti avvolge con i suoi profumi e colori, il cibo sano che proviene dal
lavoro della propria terra. Il fruscio rilassante delle foglie, il cinguettio delizioso degli uccelli,
l’aria pulita e il profumo di verde, l’essere lontano dal rumore e dai problemi della città…
Tutti questi motivi spingono tantissime persone a vivere in campagna.
Ma qual è il vero vantaggio di coloro che vivono in campagna rispetto a chi vive in città?
Anche le persone che vivono nelle zone rurali hanno le stesse aspirazioni di quelle che vivono
una vita cittadina, ma evidentemente, mettendo a confronto i pro e i contro hanno optato per
la vita di campagna, magari un po’ svantaggiosa per certi versi (come la mancanza di negozi
o scuole, la distanza dei servizi…), ma certamente favorevoli alla mente e alla salute, infatti il
cervello di chi vive in città funziona diversamente da quello di chi vive in campagna.
Lo testimonia una ricerca di studiosi tedeschi dell’università di Heidelberg, pubblicata dalla
rivista “Nature” e oggi ripresa dal quotidiano inglese “Guardian”.
Analizzando con lo scanner il cervello di alcuni volontari, i ricercatori hanno scoperto che
nella gente di città le regioni celebrali che regolano le emozioni e l’ansia sono iper-attive, al
contrario della gente di campagna.
Questa scoperta spiega perché la popolazione urbana tende ad avere maggiormente problemi
mentali, dalla depressione alla schizofrenia, rispetto a coloro che vivono in campagna.
Poiché si pensa che entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in città, ricerche di
questo tipo possono aiutare a pianificare le città del futuro in modo che siano meno motivo di
ansia o stress.
Gli elementi che li provocano (e quindi da ridurre) sono principalmente tre:la frammentazione
sociale, il rumore e il sovraffollamento.
Nessuno vuole vivere in perenne stato di ansia, questo è vero… molta gente preferisce però
vivere in città forse perché essa offre più emozioni oltre che più opportunità di lavoro?
Anche l’immagine idilliaca della campagna ha il suo lato negativo.
In campagna si conoscono tutti ed è più facile scontrarsi con i pettegolezzi inoltre è difficile
raggiungere ospedali e scuole. Infatti nei paesi di campagna ci si attrezza con piccoli centri
medici, che però mancano di strumenti che in certi casi possono essere di vitale importanza e
non è raro che nei casi di emergenza si debba trasportare un paziente all’ospedale urbano più
vicino (magari anche con l’elicottero).
Per quanto riguarda l’istruzione spesso sono presenti solo le scuole primarie, dopo gli
studenti devono spostarsi anche per tragitti molto lunghi per proseguire gli studi.
In città è tutto più semplice: si hanno tutte le comodità a portata di mano. Si abita in grandi
palazzi, circondati da persone ma spesso ci si sente soli.
Proprio queste vicende vengono cantate da Adriano Celentano nella sua celebre canzone “il
ragazzo della Via Gluck”: da giovane ha dovuto lasciare la campagna per andare in città, ma la
rimpiange molto.
Che dire, la scelta di vita in entrambi i casi sacrifica qualcosa; molto dipende anche dalle
origini per cui spesso si assiste a persone nate in campagna che migrano verso le città per il
lavoro che però non sopportano il caos e non vedono l’ora che arrivi il fine settimana, per
sdraiarsi all’ombra calma di un albero in mezzo ad un prato o viceversa, ci va a vivere in
campagna, magari per inseguire un amore, poi finisce per sprofondare nella noia e scappa in
fretta e furia verso l’innegabile fascino dei rumori della città.
Francesca Frisoni, classe 3^ B