Franco Farinelli ∗ / Lo spazio, il luogo e la crisi della ragione
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Franco Farinelli ∗ / Lo spazio, il luogo e la crisi della ragione
LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale Franco Farinelli ∗ / Lo spazio, il luogo e la crisi della ragione cartografica. Spaziocinema 2009 Iniziamo da Cristoforo Colombo: vi è un episodio dell’avventura colombiana che è stato finora, straordinariamente sottovalutato e la cui interpretazione ci riconduce direttamente a quello che è stato appena detto. E’ l’episodio decisivo e fondamentale nella storia in cui, per la prima volta, si avvista ciò che poi sarà chiamata America; ed è una storia molto complicata, straordinariamente complicata. Il 12 ottobre 1492 Juan Rodríguez Bermelo, meglio conosciuto come Rodrigo de Triana sale sulla coffa della Pinta e appena si fa giorno grida: «Terra, terra». Quando Rodrigo de Triana - questo è il nome del marinaio scende sul ponte è molto lieto non soltanto perché ha avvistato la terra, ma perché ha vinto il premio, quel premio che Cristoforo Colombo stesso, qualche giorno prima, aveva stabilito di dare a chi per primo avesse scorto la terra. La delusione di Rodrigo de Triana sarà terribile e, infatti, causerà degli strascichi una volta tornati avventurosamente in Spagna con tanto di cause in tribunale che si susseguiranno nel corso dei mesi. Colombo, insomma , asserisce di aver visto la terra per primo: «si» dice Colombo «è esattamente lì , dove stamattina hai scorto la terra, che io ieri sera prima di andare a letto, facendo l’ultimo giro sul ponte in compagnia del nostromo - che mi può essere testimone -, ho visto un puntino luminoso che si accendeva e si spegneva, tanto che ho pensato che fosse una costa lungo la quale avanzasse una processione con dei ceri accesi». Ora l’interesse della storia non sta nel come va a finire: a chi va la somma in denaro e il giubbotto in seta colorata che erano stati promessi in premio; il vero interesse della storia, sta nella traduzione inglese dell’ ultima frase pronunciata da Colombo; come si dice in inglese «un punto che si accende e si spegne» ? Si dice vanishing point, un punto che ora c’è e che ora non cè. Tecnicamente è l’espressione con la quale in inglese si nomina il punto di fuga della prospettiva lineare, cioè il punto fondamentale che regge tutta la costruzione che darà luogo nel Quattrocento all’invenzione dello spazio. Qualcuno avvertiva di stare attenti all’uso delle categorie di Franco Farinelli (Ortona, 1948) è il preside del corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi territoriali presso l’Università di Bologna. Ha insegnato per anni presso le università di Ginevra, Los Angeles, Berkeley e Parigi. Tra le sue pubblicazioni: I segni del mondo. Immagine cartografica e discorso geografico in età moderna, La Nuova Italia 1992; Geografia. Un'introduzione ai modelli del mondo, Einaudi 2003; La crisi della ragione cartografica, Einaudi 2009. ∗ LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale luogo e di spazio; bisogna stare davvero molto attenti perché luogo e spazio sono l’un l’altra irriducibili. Lo spazio rinasce a Firenze alla fine del Quattrocento sotto quel formidabile monumento, che è il più importante non dico di Firenze, ma di tutta la modernità e di tutto l’occidente, che è il Portico degli Innocenti, cioè quel portico che Filippo Brunelleschi, costruisce ( già era inaudito a Firenze concepire la facciata di un edificio come un portico) soltanto per far vedere ai suoi concittadini che cosa è lo spazio. Sotto quel portico accadono davvero cose inenarrabili: finisce definitivamente il mondo classico, cioè quel mondo che si reggeva sul fatto che in qualsiasi fenomeno, la vista e il tatto dovevano andare d’accordo per restituirmi l’informazione relativa. Il Portico degli Innocenti, ripeto, è il luogo di nascita dello spazio tecnicamente inteso perché metaforicamente noi possiamo far significare a spazio quello che vogliamo, come tutte le volte che adoperiamo delle metafore - , parola che proviene da stadion cioè dalla misura metrica lineare standard. Ecco perché Paul Zumthor (La misura del mondo. La rappresentazione dello spazio nel Medio Evo, 1995) affermava, giustamente, che nel medioevo non c’era spazio, non perché le cose non si misurassero, anzi, proprio per il contrario: nel medioevo tutti quanti avevano le proprie unità per misurare il mondo; ogni città, ogni luogo aveva le proprie misure. Lo spazio significa un’altra cosa, esso implica lo standard, il che significa che la stessa misura si applica dappertutto indipendentemente dalla natura del contesto, cioè indipendentemente dalla natura dei luoghi. Ecco perché spazio e luogo sono irriducibili: il luogo è il contesto e la porzione della faccia della terra che penso dotata di qualità irriducibili a quella di qualsiasi altra parte della terra stessa; lo spazio è esattamente il contrario, esso è il regno dell’equivalenza generale. Significa che se io concepisco il mondo in termini di spazio, una parte vale l’altra, posso sostituire una parte con l’altra e, se tutto ciò rientra in un’ operazione che produco all’interno del dominio spaziale, non cambia nulla. E’ molto chiaro che una volta che si comprende la chiave, possiamo considerare agevolmente la follia descritta da Erasmo da Rotterdam come la logica del luogo. Che cos’è la follia in quel testo dell’inizio del Cinquecento? - libro scritto qualche mese prima che Thomas More, amico di Erasmo, scrivesse l’ Utopia (1516) - . La follia è esattamente la rivendicazione che esiste una ragione che è indipendente dal contesto, che non sia spaziale. Che cosa sta dicendo la follia, la Μωρία (morìa)? Sta dicendo esattamente che la ragione, la ratio, è una funzione del contesto, cioè del luogo, cioè sta LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale rivendicando il fatto che, sulla faccia della terra, esistano contesti laddove lo spazio invece opera al contrario: lo spazio oppone un'unica logica che essendo fondata sullo standard vale indipendentemente da ogni contesto , da ogni differenza qualitativa. Tutta la modernità si esercita all’interno di questa dialettica, anzi, di contrasto. La cosa straordinaria è che l’episodio, che ha un significato assolutamente centrale in tutto l’avvenimento che è la scoperta dell’America, sia completamente sottovalutato ( è vero ciò che scriveva recentemente uno scrittore americano, Gerry Wills: da quando gli americani si sono impossessati della figura di Cristoforo Colombo, ogni anno cha passa di Colombo e di quello che ha fatto se ne sa sempre meno): la cosa che io trovo assolutamente straordinaria è che il primo sguardo che si posa su ciò che sarà il Nuovo Mondo è uno sguardo prospettico. E’ uno sguardo spaziale, letteralmente; è lo sguardo improntato al modello della prospettiva lineare fiorentina. Il perché è scritto in maniera evidente all’interno della storia dell’organizzazione della modernità occidentale. Si parlava poco fa di E.J. Leed e del suo libro La mente del viaggiatore (1992) ebbene Cristoforo Colombo è il primo viaggiatore moderno, una volta tanto i manuali di storia dicono la verità, perché è il primo viaggiatore che viaggia con una mappa in tasca. La mappa che Colombo ha con se è la mappa prodotta e disegnata da un signore che è stato, e lo testimonia il Giorgio Vasari delle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, lo stesso signore che ha insegnato la geometria a Brunelleschi, e cioè Paolo dal Pozzo Toscanelli. Dunque ha perfettamente ragione Giorgio Bertone secondo me quando parla del fatto che i vedutisti americani sovraimprimono al paesaggio una mappa, questa è la mappa di Toscanelli, è la prima mappa che importa lo spazio - quello spazio, ripeto, che soltanto sotto il Portico degli Innocenti, ancora oggi, è possibile vedere. Quello spazio, che è assolutamente una maniera disumana e artificiale di concepire la realtà perché sotto Portico degli Innocenti finisce il mondo classico e anche quello medioevale: basta mettersi dove Filippo Brunelleschi vuole che la gente si metta, cioè in una delle due false porte di cui l’estremità del portico stesso si compongono e guardare di fronte a se in direzione di una. Tre regole sono importanti perché il trucco della prospettiva funzioni: della prima abbiamo parlato un momento fa: è l’immobilità del soggetto. Se esso si muove il trucco non funziona, il soggetto deve stare fermo come dirà quel grande genio russo di Pavel Florenskij - morto nei gulag di Stalin- , la prospettiva a differenza dell’icona bizantina presuppone un osservatore immobile come se fosse stato paralizzato dal curaro, avvelenato. Seconda caratteristica: l’osservatore deve guardare LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale tutto e subito, lo sguardo non si può arrestare perché esso è come risucchiato dal vanishing point, dal punto di fuga, dietro il quale, se ne accorge Leon Battista Alberti, si spalanca il vuoto infinito, lo spazio vuoto e infinito. Da dove viene questo spazio e perché a Firenze all’inizio del Quattrocento? Gli storici dell’arte ci hanno spiegato molto bene perché questo accade, accade perché nel Quattrocento a Firenze viene reimportata da Bisanzio la Geografia di Tolomeo, cioè quel trattato che uno dei più grandi geografi dell’antichità aveva scritto, nel II secolo dopo cristo, all’epoca della massima espansione e floridezza dell’ Impero romano, per insegnare a trasformare il globo in una mappa, per insegnare a fare le carte. Quando il testo di Tolomeo scomparso dall’occidente dopo il crollo dell’impero romano torna all’inizio del Quattrocento da Bisanzio a Firenze e viene ritradotto dal greco, prima in latino e poi in volgare allora i fiorentini scoprono lo spazio, perché hanno un modello davanti fatto, cioè, dalla griglia ortogonale di meridiani e paralleli dove, appunto, ogni parte è esattamente equivalente all’altra e non c’è nessuna variazione qualitativa che si possa pensare, ogni luogo e scomparso, ogni qualità è scomparsa. Bene, quando questa griglia viene riscoperta dopo qualche anno Brunelleschi inventa letteralmente con il Portico degli Innocenti il modello che sarà uno delle grandi esportazioni, insieme con la tecnica bancaria, della cultura italiana in tutto il mondo. Il made in Italy nasce così, e se adesso il made in Italy è costituito da scarpette, borsette, guanti e capelli di paglia, fino all’inizio del Seicento, le città italiane si arricchivano, esportando modelli immateriali per la comprensione del funzionamento del mondo. Qui siamo a Genova dove, nel Quattrocento, nasce l’ideologia della stabilità monetaria, nasce la moneta di sconto che ancora oggi è la moneta con le quali le banche calcolano quanto l’un l’altra si debbono. Straordinario modello immateriale del tutto astratto, il capitale genovese si riproduce in senso capitalistico all’interno di quello che è il primo grande ciclo di accumulazione sistemica occidentale. La scelta di Firenze è territorialista, non capitalista in senso stretto , i capitali fiorentini vengono investiti in annessioni territoriali organizzando il territorio intorno a Firenze, organizzando ed estendendo il contato fiorentino fino a farlo diventare ciò che oggi è, nei suoi limiti, la regione toscana. E tutto questo attraverso la tecnica della spazializzazione della realtà; si badi bene, sia la moneta di sconto genovese - la lira genovese- , sia la prospettiva funzionano esattamente alla stessa maniera in entrambi i casi si tratta di metter apunto un dispositivo in base al quale tutte le variazioni locali, la differenza di valori delle singole monete nel caso della moneta genovese, le differenze LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale qualitative dei luoghi, nel caso della prospettiva fiorentina (tutte le differenziazioni locali possono essere ricondotti ad un'unica logica ed ad un unico principio), del ciclo sistemico territoriale e la lira genovese (la moneta di sconto), per quanto riguarda invece la strategia propriamente capitalistica genovese. Lo spazio nasce così. La frontiera era per tutto il Quattrocento la costa atlantica della Spagna e del Portogallo dove tutti gli avventurieri, da Colombo a Vespucci o Martino il boemo, erano presenti ciascuno con un globo in mano, - perché tutti sapevano che la terra era rotonda- , tutti in cerca di capitali per fare il grande balzo per andare a vedere cosa c’era aldilà: tutti sapevano che c’era qualcosa. Una faccenda sulla quale si riflette poco ma è decisiva secondo quello che sto cercando qui di dire è perché, soltanto nel Quattrocento, la gente comincia ad esplorare? La spiegazione è molto semplice: fino alla fine del Quattrocento il modello della terra, il modello attraverso il quale si pensava alla terra, era il modello aristotelico, il modello aristotelico è il modello che, nel linguaggio delle scienze cognitive, chiamiamo ricorsivo cioè nel modello aristotelico le cose stavano dentro le cose. Come immaginava Aristotele il cosmo? Il cosmo erano sette sfere una dentro l’altra, sette sfere concentriche sul modello delle matrioske , la sfera più interna, la bambolina più piccola, era la terra a poi intorno c’era quella dell’acqua. Nel medioevo si pensava che il rapporto tra la sfera terrestre e quella dell’acqua fosse di 1/12 , dopodichè vi era la sfera dell’aria, quella del fuoco e poi le sfere delle stelle fisse o mobili. L’universo era, cioè, qualcosa di chiuso. Come spiegare, allora, la presenza della terra emersa? – il modello prevedeva che tutta la terra fosse circondata dalla sfera molto più grande dell’acqua - , qui si faceva intervenire certo da un lato le sacre scritture ( la storia del diluvio universale), e dall’altro, la provvidenza divina. Il modello restava valido ma l’eccezione dipendeva dall’intervento provvidenziale divino che aveva fatto emergere una piccolissima zolla al di sopra della sfera delle acque e ciò anche in riferimento al fatto che la Bibbia stessa ricorda che dopo il grande diluvio, progressivamente, le terre si erano asciugate ed erano tornate, almeno in parte, in superficie. Era questo il modello. Quali sono i limiti di una sfera? Non ci sono. Gli antichi greci la chiamavano Deloinfinita per il semplice fatto che la forma di Delo era, grosso modo, circolare e quindi non si poteva indicare un limite vero e proprio alla forma stessa. Tutto questo dura fino al Quattrocento. Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento vi è una rapidissima rivoluzione nella concezione dei modelli con i quali rappresentiamo la terra e l’universo. Salta il modello aristotelico che viene disintegrato, LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale non dai professori dell’Università che già allora esistevano, ma dai marinai da gente molto pratica che si accorge che non è vero quello che si credeva, non è vero, cioè, che in realtà ciò che gli antichi chiamavano Ecumene (le terre emerse) fosse molto piccola, non era vero che al di sotto del 14° di latitudine sud, l’inizio del Sahara, non ci fosse più vita. Colombo era stato sicuramente anche lì , si vedeva che in realtà la terra era ancora abitata e c’era un sacco di gente ma, soprattutto, si vedeva che le terre emerse erano molto più ampie di quanto ci si raccontasse fino ad allora. Erano molto più estese. E allora tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento vi è una straordinaria mutazione del modello con cui immaginiamo la terra. Da una sfera racchiusa dentro altre sfere diventa una tavola, i mari diventano interni, non sono più l’involucro che abbraccia dall’esterno la terra, tutti i mari diventano dei grandi laghi più o meno circondati da profili terrestri, e come se la terra si riducesse alla sua pelle: nasce il concetto della faccia della terra che prima non c’era. La terra assume il modello di una tavola perché questo è lo spazio. Hanno insegnato a scuola che la carta geografica è la copia della terra ma è vero esattamente il contrario: è la terra che è diventata per noi in tutta la modernità la copia della mappa, ve ne do un rapidissimo esempio: pensiamo allo stato, la formazione statale territoriale moderna, lo stato territoriale centralizzato come dicono i politologi. Quale genere di qualità deve avere lo stato in cui noi stessi viviamo? Aprite un atlante storico e fate caso a ciò che oggi noi chiamiamo Germania; ancora nella prima metà dell’Ottocento voi vedete sotto di voi una serie di coriandoli nel senso che ogni stato –c’erano già gli stati naturalmente - era composto di una miriade di pezzettini sparsi qua e la, per tutta la terra dove si parlava tedesco e tra un pezzettino e l’altro di un singolo stato vi erano tanti altri pezzettini di tanti altri singoli stati qua è là. Gli storici chiamano questa forma di territorialità microterritorialità ed è la territorialità d’ origine aristocratico-feudale. Ma invece com’è lo stato moderno? Deve essere continuo, cioè tutto un pezzo, deve essere omogeneo e qui sono problemi enormi, perché l’omogeneità riguarda la cultura dei suoi abitanti l’universo di manipolazione simbolica che detengono cioè riguarda la nazione. Nessuno stato è mai completamente omogeneo, normalmente l’omogeneità e massima al centro mentre si allenta verso la periferia. La lingua con la quale sto parlando e per mezzo della quale ci comprendiamo è una lingua alcuanto artificiale messa appunto tra la parlata romana e quella fiorentina ma sulle alpi si parlano cinque lingue proprio perché verso la periferia l’omogeneità culturale diventa qualcosa di non altrettanto evidente come al centro. Terza caratteristica di uno stato territoriale moderno che si voglia dire e LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale riconoscere come tale: l’isotropismo, il fatto che tutte le parti sono voltate nella stessa direzione; ecco perché c’è la capitale, una sola normalmente, e non a caso è quasi sempre al centro o tendenzialmente al centro perché la capitale segna il punto verso il quale tutte le altre parti devono essere voltate perché lo stato funzioni come un tuttuno. Continuità, omogeneità e isotropismo sono le caratteristiche degli stati moderni attuali cioè di quelle formazioni politiche che si suddividono tutta la faccia della terra o quasi, ce ne sono più di duecento adesso. Ma queste tre caratteristiche dove le troviamo per la prima volta? Da dove vengono? Sono esattamente le tre proprietà che nella geometria classica , quella di Euclide, definiscono il carattere geometrico di un’estensione e allora cos’è successo? Quale è stata la logica della costruzione della territorialità in epoca moderna? L’estensione alla faccia della terra delle stesse caratteristiche di una tavola, cioè, della mappa: continuità, omogeneità e isotropismo. E’ un esempio, non il più immediato ma nemmeno l’unico, di ciò che prima vi dicevo; anche se non ci pensiamo più e anche se ci hanno insegnato il contrario, la faccia della terra è diventata in tutta la modernità la copia della mappa, della tavola. Fino all’Ottocento dire mappa o dire tavola era dire la stessa cosa e per tavola intendo questo corpo materiale dotato di certe proprietà e caratteristiche. Da questo punto di vista Cristoforto Colombo è il portatore della modernità, naturalmente, ma in quanto portatore dello spazio e la forma con la quale per la prima volta lo sguardo occidentale si posa su quello che sarà il nuovo mondo per me è straordinario nella sua natura e per quello che rivela. Colombo e i suoi marinai sono portatori di una nuova maniera di vedere il mondo, il nuovo mondo in altri termini non è solo quello che verrà chiamato il continente americano. Tutto il mondo sarà nuovo dopo l’impresa, proprio perché essa serve ad esportare il modello spaziale che era nato qualche decennio prima sotto il Portico degli innocenti e sta ancora lì a testimoniarlo. Cosa succede se voi entrate sotto il Portico degli Innocenti ? Qui bisogna fare un discorso generazionale. L’occhio dei giovani è molto diverso dal mio che ho sessantanni e quando sono apparsi i video clip a metà degli anni Sessanta il mio occhio si era assodato su un certo tipo di prestazioni. Gli occhi delle persone più giovani sono in grado di percepire molto di più di 12 fotogrammi al secondo che sono i fotogrammi che percepiscono coloro che hanno la mia età o che hanno più di me. L’occhio dei più giovani è in grado di percepire qualche fotogramma in più; è più veloce, più rapido perché fin dalla nascita ha visto immagini in movimento molto più veloci di quanto le abbia viste io. Un film degli anni Cinquanta ai giovani sembra molto lento, e infatti lo è. Il nostro corpo LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale è limitato, se privilegia alcune funzioni lo fa a scapito di alcune altre, sotto il Portico degli Innocenti i giovani faranno una maledetta fatica a vedere ciò che io riesco ancora a vedere, perché tutto si gioca su pochi millimetri. Pensate cosa doveva essere per un uomo dell’inizio del Quattrocento entrate sotto quel portico: il suo occhio non aveva visto immagini riprodotte in movimento. Si entra sotto quel portico ci si mette dove Brunelleschi ha deciso che l’osservatore debba mettersi e si guarda davanti a sé. Ed è un’autentica tragedia ciò che accade perché dove l’osservatore sta è tutto in ordine, le rette parallele che sono le mattonelle del portico sono parallele e io le posso toccare con i piedi. Ma cosa accade a queste rette parallele se io guardo in direzione del punto di fuga, il punto che svanisce e cioè, se guardo il centro della finestra aperta di fronte a me? Ed è chiaro che è un trucco, la prospettiva, detto in parole poverissime, è un trucco per disegnare qualcosa su una tavola dando l’illusione della profondità: vedo queste rette parallele insensibilmente convergere sicché, se prolungate all’infinito in corrispondenza del punto di fuga, si confondono. Allora lì per la prima volta nella storia dell’umanità occidentale bisogna decidere se credere o agli occhi o al tatto. Prima dell’inizio del Quattrocento l’occhio e il tatto dovevano dire per forza la stessa cosa. C’è un passo formidabile delle sacre scritture dove questo si capisce con estrema icasticità; è quando Cristo risorto appare a Tommaso che non crede alla resurrezione e Cristo gli dice «Tommaso dammi la mano e guarda» frase difficile da comprendere sul momento. Cosa significa? Per l’uomo dell’antichità, così come per l’uomo del medioevo guardare e toccare erano la stessa cosa. Non esisteva insomma la pornografia non era possibile vedere qualcosa e pensare di non poterla toccare oppure che circa lo stesso oggetto il tatto ti dicesse una cosa e l’occhio invece te ne dicesse una diversa. Cosa di cui oggi siamo perfettamente abituati. Ma questo è lo spazio, cioè, la fine del luogo. E si badi il soggetto occidentale europeo è statico è immobile. Questo può sembrare strano se uno pensa che appunto il Cinquecento è l’epoca delle grandi esplorazioni geografiche, sembra che tutto si metta in moto. Si, questo è vero ma un conto è la pratica dei viaggiatori, dei mercanti degli esploratori e di coloro che vanno a colonizzare le terre appena scoperte, altro è la concettualizzazione del soggetto e il soggetto moderno non si muove sta fermo, impalato appunto perché esso presupponendo lo spazio è soggetto della prospettiva, trucco che non funziona se il soggetto si muove. E’ tanto vero questo che gli unici soggetti mobili che noi possiamo vedere nella cultura occidentale sono i rivoluzionari romantici tedeschi del Settecento e LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale del primo Ottocento: i quadri di Caspar David Friedrich, per esempio, quel soggetto di spalle che sta sulla montagna e guarda in giù ( Il viandante che guarda il mare di nubi ) Quel viandante ha il bastone in mano e non è un caso che non mostri il volto perché sono oggettivamente e storicamente rivoluzionari, sono dei repubblicani in terra tedesca alla fine del Settecento. Altrimenti i soggetti sono fissi, ed è questo il motivo perché oggi non esiste uno stato in grado di approntare una politica minimamente decente sui flussi migratori. Perché lo stato è statico e si fonda sull’immobilità, il vero soggetto moderno è quello paralizzato e spazio significa l’assenza del luogo. È l’antitesi del luogo lo spazio propriamente detto. Non v’è conciliazione possibile tra spazio e luogo se non appunto in Utopia. Utopia è il paese dove questa conciliazione avviene, questo è il suo senso. Se Erasmo scrive l’Elogio della follia e sta rivendicando la primizia del luogo sullo spazio. La follia è esattamente il luogo cioè qualcosa di irriducibile ad una ragione indipendente dal contesto. Utopia è il sogno di questa conciliazione tra spazio e luogo . Che cosa ci dice Utopia? Utopia è il paese che c’è e non c’è, il manoscritto de L’Utopia di Thomas More è conservato a Oxford. Sul verso della seconda carta di questo manoscritto c’è un piccolo poema di quattro versi in latino che dice, traduco molto rapidamente: Utopo mio signore mi fece isola da isola che non ero e / molto facilmente esprimo per i mortali la cosa più filosofica che c’è anche se io non ho niente di filosofico/ molto volentieri accetto dai mortali tutto ciò che sanno di meglio/ altrettanto concedo loro ciò che io ho di meglio. Che cos’è questo indovinello che è scritto dalla stessa mano di Thomas More ? che cosa vuol dire tutto ciò? Utopia era una penisola il signor Utopo recide la lingua di terra che la collega alla terra ferma e diventa un’ isola, sul primo rigo non c’è niente di apparentemente difficile, gli altri tre fanno problema che possiamo risolvere soltanto se facciamo caso ai nomi. Il fiume che scorre all’interno dell’isola di Utopia si chiama Anidro e tutti quanti capiamo perfettamente che il nome del fiume significa che il fiume è senz’acqua. Dov’è che si incontra nella grande letteratura occidentale un simile fiume prima del Cinquecento? Si incontra soltanto in un testo che, guarda a caso, è l’unico dialogo di Platone che anche durante il medioevo la gente – o meglio chi poteva – ha continuato a leggere cioè La Repubblica [ 619-21] di Platone e si incontra questo straordinario fiume senz’acqua verso la fine del dialogo quando viene fatto agire uno straordinario personaggio che si chiama Er , il grande eroe di ogni viaggio possibile. Er è un signore che ha fatto un viaggio che nessun altro può raccontare. Platone credeva nella reincarnazione, sosteneva di ricordare sette delle sue vite precedenti giorno per giorno, LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale sull’ottava aveva qualche problema di memoria. Er, questo personaggio straordinario fa un viaggio che tutti fanno ma che nessuno può ricordare perché lui solo è in grado di raccontare ciò che accade una volta che si muore e che il corpo attraversa gli Inferi per tornare ad incarnarsi, lui è l’unico testimone possibile. E com’è che descrive la pianura dell’Ade? un enorme fila indiana di persone che si incamminano verso il fiume dell’oblio e c’è un fiume in questa pianura ma nessun recipiente, dice Platone , è in grado di attingere l’acqua. Ci sono alberi in questa pianura ma nessun albero è in grado di fare ombra. Cos’è questo straordinario paese? Io ho l’idea che questo paese possa essere soltanto un paese raffigurato sulla mappa, perché l’unico luogo dove io posso avere dei fiumi che ci sono ma che non hanno acqua anche se la posso vedere, e gli alberi che ci sono non fanno ombra anche se anche se io posso vedere sia l’albero che l’ombra, può essere soltanto quello raffigurato su una mappa. Ecco per me da dove viene Utopia , ecco perché utopia è un paese che c’è e che non c’è , doppiamente un paese che c’è e non c’è . Utopo mio signore mi fece isola da isola che non ero , l’isola era un pezzo di tavola, un pezzo di legno come Pinocchio. Dopodichè su questo pezzo di legno Utopo cosa ha fatto?. Molto volentieri accetto dai mortali tutto ciò che sanno di meglio/ altrettanto concedo loro ciò che io ho di meglio, in altri termini la rappresentazione è co-prodotta sia dalle intenzioni di chi scrive sulla tavola , sia dalla logica incorporata dalla tavola. Questo è per me il senso di Utopia che allora è un paese che doppiamente c’è e non c’è , è dappertutto e da nessuna parte perché soprattutto è un paese semplicemente disegnato su una tavola e già lo statuto ontologico di qualcosa che è rappresentato su una tavola è uno statuto molto discutibile. Dov’ è Utopia? Dappertutto e in nessun luogo, ovunque io porti la tavola. Come sono le strade di Utopia? Raffaele Itlodeo , così si chiama il marinaio portoghese che ha visto Utopia (sembra che il personaggio storico che sia adombrato da questa figura sia il Vescovo di Bari, un adriatico insomma). Sono certo più dritte possibili perché devono assecondare la circolazione più veloce delle persone e delle cose , lo spazio è la riduzione del mondo funzionalmente , la riduzione del mondo, cioè, a tempo di percorrenza; nello stesso tempo queste strade non sono propriamente diritte, certo il più rettilinee possibile, ma esse devono essere conformate in guisa tale, dice Thomas More, da poter assecondare al meglio i venti propizi che spirano durante le stagioni. Dunque l’artificio e la natura che vanno conciliate. La pianta di questa città è unica dice Raffaele Itlodeo, cioè tutte le città di Utopia hanno la stessa pianta (lo spazio, lo standard) però sono una diversa dall’altra perché ognuna di esse è collocata in un luogo diverso e LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale dunque il sito, direbbero i geografi, essendo diverso si riflette sulla diversità parziale della città. E’ straordinario rileggere Utopia dal punto di vista della dialettica spazio-luogo e vedere come tutto appare coerente esattamente rispetto a quello che era il grande problema della modernità di cui i grandi umanisti del secondo Quattrocento si erano perfettamente resi conto e che noi possiamo semplicemente riscoprire proprio perché oggi lo spazio non funziona più. Dal 1969 , quarantanni fa , tutti stavano con il naso per aria a guardare la luna perché essa stava diventando una seconda terra. Bene quelle stesse notti per la prima volta due computer iniziavano a dialogare tra di loro. Cioè nasceva la rete e nessuno ci diceva niente. Tutti con il naso per aria a guardare la luna ma stava nascendo la rete. Cioè quel dispositivo di cui oggi nessuno conosce il funzionamento che di colpo cancellava secoli e secoli di storia moderna , per esempio metteva in buca Kant definitivamente , lo spazio e il tempo non significavano più nulla per il funzionamento del mondo . Perché se c’è qualcosa che ha pochissima importanza nella rete sono quelle categorie che se non fossero innate in noi, non soltanto non non potremmo fare esperienza di nulla ma non potremmo bere un bicchiere d’acqua. Finiva cioè il funzionamento del mondo da intendersi secondo la categoria spazio-temporale cioè la mappa . Lo spazio e il tempo che abbiamo in testa sono quelli della mappa e cioè quelli della fisica classica che soltanto sulla mappa esiste. Oggi non è più così. «Devo tornare questa sera a Bologna» è un problema spazio temporale da risolvere , ma vi assicuro che il destino del mondo non dipende dal fatto che io raggiunga Bologna questa sera; questo è un problema che riguarda me e mia moglie ma le merci più preziose , il denaro e l’informazione, non se ne fanno nulla dello spazio e del tempo. Io credo che questo sia il grande problema. Oggi non possiamo più concepire il mondo in termini di luogo o di spazi , non è un ritorno al luogo ciò che in questo momento stiamo vivendo , perché immediatamente la crisi dello spazio restituirebbe la primizia a quella formidabile modello che è il luogo che è ,esattamente, il contrario dello spazio. Non è così. La cosa che più mi preoccupa in questo momento è l’abisso che si spalanca tra il funzionamento del mondo e la nostra capacità di comprensione , o meglio le nostre capacità di tentare di comprenderlo perché siamo a corto di modelli. Se io dico che lo spazio e il tempo non funzionano più anche lo stesso modello della della spiegazione causale va in frantumi e allora è ancora possibile spiegare qualcosa? Radicalmente e pessimisticamente a volte mi verrebbe da dire di no . Non sarebbe un pensiero nuovo nel canone occidentale . E allora come è possibile LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale pensare davvero ancora a spiegare il funzionamento del mondo? Coloro che di mestiere fanno il geografo e che cercano di pensare il mondo il massimo che in questo momento riescono a concepire è la dialettica transcalare o multiscalare , ma se lo spazio non esiste più non esiste nemmeno la scala come chiave di comprensione del funzionamento dei meccanismi del mondo. C’è ancora un economista che distingue tra investimento a lungo, breve o medio termine? Ma certo che no. Il problema adesso è pensare la sfera. Che cos’è la globalizzazione? Il problema è che topologicamente la sfera è irriducibile a qualsiasi tavola, vi è un incompatibilità di natura , ontologica tra la sfera e la tavola . La tavola significa spazio. Tempo, causalità e coscienza (libro) la sfera significa esattamente il contrario assenza di tutto questo. Perchè la crisi va assunta radicalmente perché è radicale; oggi non possiamo più fare finta, per la prima volta nella storia dell’umanità, che la terra non sia un globo lo si è sempr e saputo ma si è sempre voluto ignoralo e ridurle secondo i consigli di Tolomeo in una serie di mappe. Adesso il pianeta come spiega, tra gli altri, Manuel Castells è riconducibile al modello dell’economia: un piccolo pezzetto della superficie terrestre in grado di irretire con i suoi flussi tutto il globo o quasi. Il problema qual è? Perché i capitali che Genova investiva nel Quattrocento tornassero a Genova doveva passare del tempo . Oggi questo tempo non c’è più. E tutta l’economia del pianeta funziona per la prima volta all’unisono, come un tutt’uno, contemporaneamente. Ecco perché spazio, tempo, mappa non servono più. Ed è urgente trovare nuovi modelli e se non lo fa l’università pubblica dov’è che si può pensare ciò che ancora non esiste in funzione dell’umanità? Ho visto i primi computer , anzi i primi calcolatori. Erano grandi più di una stanza e mangiavano liste di carta perforata , dentro c’erano dei corridoi che si attraversavano perché si rompevano spesso: il tecnico entrava nel computer e lo raffreddava ad acqua. Adesso sapete cosa mi colpisce di più di tutto questo? Il fatto che più il tempo passa più il computer assomigli ad una piccola tavola . Il modello tecnologico più avanzato è esattamente una tavola. C’è un pensiero, c’è un’ intelligenza. Niente di nuovo se non si fosse pensato questo sessantanni fa, i computer non esisterebbero oggi. Ogni aggregato materiale detiene una forma d’intelligenza . Più il tempo passa più quelle grandi cattedrali sono diventate delle semplici tavolette a me questo rincuora molto perché ci riporta da dove siamo partiti. Vale a dire agli scribi , ai funzionari del faraone di cui parla Erodoto, che dopo ogni anno e quando il Nilo aveva periodicamente inondato tutto l’Egitto (facendo LABORATORIO PROBABILE BELLAMY www.laboratorioprobabile.it LABORATORIO PROBABILE BELLAMY Associazione culturale dono all’Egitto dell’Egitto stesso, come diceva Erodoto), arrivavano e ricostruivano i limiti dei campi. Il problema è , questo lo affrontata anche Manuel Castells, come facevano questi funzionari a ricostruire le forme dei campi dei singoli contadini dopo che il Nilo aveva allagato tutto? Evidentemente, dice Castells, ne Le origini della Geometria loro avevano una mappa e facevano diventare la faccia della terra la copia della mappa che loro possedevano; dunque niente di nuovo è sempre stato così: si tratta di comprendere di nuovo perché è stato così. 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