Lo storico che fece la storia. “Amo l`Italia, ma sto

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Lo storico che fece la storia. “Amo l`Italia, ma sto
90° Kennedy
Lo storico che fece la storia.
“Amo l’Italia, ma sto ancora
aspettando e sperando”
Spencer Di Scala
a scomparsa di Arthur M. Schlesinger
ha fornito lo spunto per una serie di
articoli dedicati alla sua figura di storico
liberale. Ricordando il personaggio, è importante sottolineare come la sua influenza non si sia limitata agli Stati Uniti. Il suo intervento per un cambiamento della politica americana che favorisse
l’evoluzione della democrazia italiana
nel secondo dopoguerra merita di essere
riscoperto e valorizzato, in un momento
in cui si discute molto dei controversi
metodi utilizzati dagli Stati Uniti per consolidare la democrazia nel mondo.
Schlesinger si interessò dell’Italia sin
da giovane. Suo padre, Arthur Schlesinger senior, presidente del dipartimento
di storia dell’Università di Harvard, nel
1929 invitò un professore anti-fascita italiano in esilio dello spessore di Gaetano
Salvemini ad in insegnare ad Harvard per
un anno. In quel momento molti americani ammiravano Benito Mussolini e
l’invito causò una serie di proteste sia in
Italia che negli Stati Uniti. Il presidente
di Harvard A. Lawrence Lowell chiese a
Schlesinger senior di ritirare l’invito, ma
questi rifiutò ed anzi consigliò Salvemini su come rispondere alle accuse di aver
ordito un complotto per assassinare il
Duce che nel frattempo gli erano state
mosse. Dopo il 1933 Salvemini divenne
membro a pieno titolo del dipartimento
e nei ricordi di Schlesinger “rappresentò
una figura familiare a casa nostra negli
anni della mia gioventù. George La Piana (un esule italiano che insegnava ad
L
Arthur Schlesinger
Rigenerare la politica italiana,
purificare l’amministrazione di
governo, mettere in moto le riforme
economiche e sociali: questo il progetto
di Schlesinger sostenuto dagli “uomini
della nuova frontiera”.
Ma il centro sinistra ebbe nemici
a destra e a sinistra sia in Italia
che al’estero. Il ricordo di Spencer
Di Scala, storico della Massachusetts
University di Boston, collaboratore
e amico di Arthur Schlesinger ad
un anno dalla sua scomparsa
5/6. Colloqui italo - britannici [
28
] Critica Socialen. 11
Harvard) fu un altro amico di mio padre
che condivideva con Salvemini le speranza di un’Italia democratica.” I due italiani scelsero Boston come centro dell’attività antifascista italo-americana.
Il giovane Schlesinger collaborò con
l’OSS (l’agenzia di intelligence americana che fece da precursore alla CIA) durante la guerra e dopo il conflitto visitò
l’Italia, invitato da Tullia Zevi che aveva
conosciuto nel 1940. Egli scrisse in un
saggio per me: “Nel corso delle mie visite a Roma negli anni successivi, Tullia
Zevi soleva organizzare incontri con politici e giornalisti. Fu in una di quelle circostanze che parlai per la prima volta con
Pietro Nenni e Giuseppe Saragat”. Schlesinger seguiva con attenzione le vicende
italiane ed approvò l’intervento finanziario della CIA per scongiurare il rischio
di una vittoria comunista nelle elezioni
del 1948. Gli Stati Uniti reagivano così
all’azione dei sovietici, che, in vista di
quelle elezioni, per primi avevano riversato ingenti quantità di denaro in Italia.
Schlesinger fu dunque profondamente influenzato da Salvemini. Dopo
la guerra i socialisti italiani si allearono
con il Partito Comunista e vennero esclusi dal potere in seguito al cosiddetto “veto americano”. Nenni comprese tuttavia
l’errore, si impegnò per emancipare il suo
partito dall’alleanza con i comunisti e
propose la costituzione di un governo di
centro-sinistra. Un passo cruciale per la
democrazia italiana. Il Dipartimento di
Stato e l’ambasciata statunitense a Roma
non avevano però fiducia in Nenni e si
impegnarono per bloccare la proposta.
Questo atteggiamento provocò una situazione rischiosa, poiché i governi di
centro si stavano esaurendo politicamente ed il 3 aprile 1960 il governo di
Fernando Tambroni decise di accettare i
voti dei neo-fascisti per rimanere al potere. Questi sviluppi causarono violenti
tumulti che minacciarono la stabilità democratica del paese.
Spencer Di Scala
Schlesinger aveva disapprovato la collaborazione di Nenni con i comunisti,
ma sapeva che già dal 1950 il leader socialista stava tentato di interrompere quel
legame. Schlesinger ha in proposito raccontato un interessante aneddoto riguardante un’accesa discussione sul conto di Nenni fra Dick Crossman, politico
laburista inglese e scrittore, ed Arthur
Koestler (autore di The God that Failed)
che ebbe luogo a Londra nel 1950 durante
un party. Un infuriato Koestler abbandonò la sala in disaccordo con Crossman,
convinto assertore della necessità che il
Labour riallacciasse i contatti con il PSI.
Episodi come questo testimoniano di come Schlesinger seguisse le vicende italiane e mantenesse contatti con ambienti
vicini al Partito Socialista Italiano ben
prima di entrare nell’amministrazione
Kennedy. Lo stesso Schlesinger ha scritto: “Nel 1952 Nenni favorì la costituzione di liste elettorali indipendenti del PSI
e nella primavera del 1953 dichiarò al
giornalista Leo Wollembourg, professionista attendibile e notevolmente documentato, la propria intenzione di allontanarsi dal PCI.”
Nel 1961 John F. Kenndy fu eletto presidente e Schlesinger divenne suo consigliere. Egli supportò fortemente il progetto del centro-sinistra, ma l’ambasciata americana a Roma, il desk italiano del
Dipartimento di Stato e la sezione operativa della CIA – supportati dall’ex ambasciatore Claire Boothe Luce – ostacolarono l’apertura a sinistra. George Lister,
che arrivò a Roma come Primo Segretario nel 1957, aveva cominciato a discutere
con i socialisti con l’approvazione dell’ambasciatore James D. Zellerbach, coinvolgendo anche William Colby, responsabile locale della CIA e più tardi direttore dell’agenzia. Tuttavia, con l’arrivo nel 1959 del nuovo vice-capo missione, Outerbridge Horsey, l’ambasciata tornò alla linea dura imposta dalla signora
Luce. Horsey tentò di licenziare Lister e
naio 1963 Schlesinger e colleghi inviarono un memorandum a Kennedy: “prima di investire il governo della questione, tenga presente che se ne sta ancora
discutendo”.
In conclusione, con il sostegno di influenti personalità americane, come Hubert Humphrey, ed italiane, come l’amico Gianni Agnelli, la campagna di Schlesinger andò a buon fine. Nel luglio 1963
Kennedy, in visita a Roma, inviò un chiaro segnale a tutti i sostenitori del centro-sinistra: “prese da parte Nenni durante un ricevimento nei giardini del
Quirinale e discusse lungamente con
lui”. L’opposizione al centro-sinistra si
eclissò, quantomeno a Washington. In
una nota inviata a Bundy in data 22 novembre 1963, Schlesinger descrisse gli
ultimi tentativi ostruzionistici messi in
atto dall’ambasciatore statunitense per
bloccare il centro-sinistra. Lo stesso giorno la notizia dell’assassinio di Kennedy
raggiunse gli ultimi membri dell’ala sinistra socialista che ancora si opponevano all’apertura. Scioccati dall’avvenimento, anch’essi accettarono di procedere nell’esperimento che avrebbe costituito un punto di svolta per la democrazia italiana.
Se negli Stati Uniti l’opposizione all’apertura era scomparsa, lo stesso non
poteva dirsi in Italia. Il centro-sinistra rimase infatti vittima del fuoco incrociato
dell’opposizione conservatrice e dei comunisti, frustrando le aspirazioni di
Schlesinger volte “a rigenerare la politica italiana, a purificare l’amministrazione di governo ed a mettere in moto le riforme economiche e sociali…”
“In quanto amante dell’Italia”, disse
nel 1993, “sto ancora aspettando e sperando”.
Schlesinger dovette intervenire in difesa di quest’ultimo. Tra gli alleati italiani
di Horsey vi era il leader del Partito Liberale Giovanni Malagodi, ma anche i
comunisti si opponevano all’idea di centro-sinistra prospettata da Nenni.
Kennedy supportava invece la formazione di una coalizione di centro-sinistra, credendo che potesse consolidare
la democrazia italiana e diventare un modello per Germania e Francia dopo l’eventuale uscita di scena di Adenauer e
de Gaulle. Avendo un’agenda piuttosto
fitta (la Baia dei Porci, l’incontro con Kruschev, i problemi in Laos), il presidente
delegò a Schlesinger il compito di modificare la politica americana verso l’Italia.
Schlesinger raccolse intorno a sé un gruppo di “uomini della Nuova Frontiera” (che
ribattezzò White House characters) e cominciò un’epica battaglia sulla questione
italiana all’interno dell’establishment
americano. Il gruppo di Schlesinger includeva personalità della caratura di Robert Kennedy, McGeorge Bundy, Roger
Hilsman, Averell Harriman, George Ball,
Richard Gardner, Arthur Goldberg e Robert Komer. Fuori dai ranghi dell’amministrazione americana, alcuni dirigenti
laburisti come Victor e Walter Reuther
supportarono l’impegno di Washington
in favore dell’apertura a sinistra. Schlesinger e il presidente decisero che Kennedy avrebbe manifestato il supporto
americano al centro-sinistra al primo ministro Amintore Fanfani in occasione della sua visita a Washington nel giugno
1961. Schlesinger scrisse: “L’apertura non
era nell’agenda dei colloqui prevista dal
Dipartimento di Stato, ma Kennedy disse privatamente a Fanfani che, se il primo ministro italiano avesse ritenuto che
il centro-sinistra potesse essere un progetto percorribile, noi avremmo seguito
gli sviluppi con simpatia”. Ad ogni modo, i burocrati del Dipartimento di Stato
si dimostrarono così zelanti nell’ostacolare la nuova linea politica che nel genCritica Sociale [
Spencer Di Scala
(Preside della facoltà di storia
delle Dottrine politiche Massachussetts
University - Boston)
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] 5/6. Colloqui italo-britannici