Memorie che vanno, memorie che vengono

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Memorie che vanno, memorie che vengono
Memorie che vanno, memorie che vengono
Scritto da Steed Kulka
Sembra ieri quando i primi esemplari di "chiavette" storage USB costituivano una novità che
non mancava di suscitare l'interesse di tutti coloro che non le avevano ancora viste usare. Era
un mondo nel quale i computer possedevano un drive per floppy disk, mentre per ogni backup o
trasferimento di dati di maggiori dimensioni si attingeva a interi spindle di dischi ottici scrivibili e
il futuro sembrava rappresentato dalla miniaturizzazione degli hard disk tradizionali. Oggi la
tecnologia delle memorie flash domina il mercato, dalle memory card usate dalle macchine
fotografiche fino ai dischi a stato solido (SSD) adottati dai netbook. Facciamo il punto della
situazione e cerchiamo di capire cosa ci attende nel settore delle memorie non volatili.
Difficile dire quale applicazione tra telefoni cellulari, dispositivi palmari, macchine fotografiche,
lettori MP3 e storage portatile per PC abbia contribuito maggiormente all'esplosione del
mercato delle memorie non volatili. La tecnologia flash, un tempo estremamente costosa e nota
a pochi specialisti, è diventata in pochi anni un fattore abilitante che ha consentito di progettare
prodotti elettronici di massa altrimenti difficilmente realizzabili. Il gradimento degli utenti non si è
fatto attendere, con effetti anche devastanti su tecnologie più vecchie, meno pratiche o più
costose: basti ricordare come le chiavette USB abbiano mandato in pensione sia i floppy disk
che le varie altre soluzioni in lizza per sostituirli, come i SuperDisk o gli Zip Disk, tanto che oggi
è estremamente raro che un personal computer venga consegnato con drive di questo tipo.
I grandi numeri raccolti sul mercato hanno dato impulso alla ricerca avviando quel circolo
virtuoso per il quale le caratteristiche tecniche di un prodotto migliorano rapidamente mentre il
loro prezzo non fa che diminuire. Le memorie flash sono divise in due famiglie principali - NOR
e NAND - a seconda della particolare tecnica impiegata per scrivere e cancellare le celle che le
compongono, dando luogo a caratteristiche differenti per utilizzi differenti. Le memorie NOR, le
prime a essere inventate, possono essere lette e scritte indirizzando le celle in maniera
completamente libera (o "random"), come accade con i consueti chip di memorie RAM e ROM
(sigle nelle quali la "R" indica, appunto, "random"). Ciò significa che un programma può essere
eseguito direttamente su una memoria flash NOR, e per questo motivo le memorie NOR sono
usate soprattutto per contenere il firmware di apparecchi e dispositivi. Quando si procede
all'aggiornamento del firmware di una macchina fotografica, di una console per videogiochi, di
un decoder satellitare o di altri dispositivi non si fa altro che riscrivere una memoria flash NOR
con un nuovo programma.
L'esperienza di una tale operazione è immancabilmente legata a un senso di lentezza: il tempo
richiesto dal "flashing" di una memoria NOR la rende improponibile per utilizzi più agili quali, ad
esempio, il salvataggio di una fotografia appena scattata. Ecco perché le memory card delle
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nostre fotocamere adottano memorie di tipo NAND, che sacrificano la granularità di
indirizzamento delle celle - non più random ma a blocchi - a favore di una superiore velocità
nella scrittura e nella cancellazione, oltre che di una maggiore economia nella fabbricazione dei
chip: tutti elementi che hanno consentito alle memorie flash di iniziare la lunga competizione
con le memorie magnetiche.
Ma se la tecnologia di base rimane identica, l'implementazione pratica ha dato luogo a una
enorme varietà di formati specifici capace di confondere anche i più esperti. Facendo un po' di
ordine, possiamo oggi distinguere le applicazioni delle memorie flash NAND in tre segmenti
principali: chiavette USB, memory card e drive SSD.
Le chiavette USB, chiamate anche pen drive o USB flash drive, sono intese come memorie
portatili per trasferire dati da un PC all'altro. Sul mercato sono ormai presenti esclusivamente
versioni aderenti allo standard USB 2.0, compatibile verso il basso - al prezzo di velocità
operative inferiori - con il precedente protocollo USB 1.1; la capacità massima attuale è di
64GB. Il 17 novembre 2008 sono state pubblicate le specifiche ufficiali della nuova generazione
di questo standard, USB 3.0 o "USB SuperSpeed", che decuplicherà la larghezza di banda
rispetto a USB 2.0 permettendo di trasferire fino a 600MB di dati al secondo. I primi prodotti per
USB 3.0 sono attesi nel 2010, anche se il ritmo della loro diffusione e della conseguente
riduzione dei costi sarà dettato come sempre dal grado di supporto offerto dai vari sistemi
operativi. Sarà interessante vedere se questa volta il riconoscimento trasparente di USB 3.0 a
livello di sistema operativo sarà contemporaneo sulle principali famiglie di OS e sulle loro
versioni più diffuse oppure se, come in passato, l'avvento di USB SuperSpeed significherà per
qualcuno tornare a installare driver specifici per ogni nuova periferica aggiunta.
Discorso diverso per le memory card, prodotti nati per essere inseriti all'interno di dispositivi
portatili coniugando robustezza con limitazioni di dimensioni, peso e consumi elettrici. In questo
settore i giganti dell'elettronica si sono davvero sbizzarriti mettendo a punto standard di ogni
genere. Pioniere delle memory card è stata SanDisk nel lontano 1994 con la prima specifica Co
mpactFlash
, a sua volta suddivisa in Type-I e Type-II a seconda dello spessore fisico della scheda. Nato
addirittura sulla base delle memorie NOR ma quasi subito evolutosi alle più rapide NAND, lo
standard originario si è aggiornato nel tempo per tenere il passo con le richieste di aumento
della velocità operativa: da qui la definizione delle specifiche CF High Speed (CF+/CF2.0),
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CF3.0 e l'attuale CF4.0, che raggiunge i 133MB/sec. La capacità teorica massima delle schede
CompactFlash è di 137GB, un limite che si sta avvicinando rapidamente con la
commercializzazione delle prime, sebbene non ancora del tutto performanti, versioni da 100GB.
Una nuova specifica denominata CFast dalla velocità di 300MB/sec. è in via di implementazione
nei primi prodotti commerciali, come dimostrato in anteprima al Photokina 2008; si tratta però di
un formato incompatibile con le unità CF attuali, quindi dovrà essere appositamente adottato dai
futuri modelli di fotocamere (per non parlare dell'ennesimo cambio di card reader che occorrerà
effettuare sul lato computer). Nonostante CompactFlash sia il formato di memory card più
vecchio e dalle schede più ingombranti, le sue particolari caratteristiche di robustezza e
affidabilità ne hanno decretato un successo che promette di proseguire a lungo.
Paradossalmente, proprio le dimensioni fisiche delle schede sembrano essere apprezzate
perché più pratiche da maneggiare rispetto ad altre memory card decisamente più piccole e
sottili: un grosso vantaggio, specie per chi opera sul campo.
Sempre SanDisk, ma questa volta con la collaborazione di Siemens, annuncia nel 1997 un altro
tipo di memory card: si tratta del formato MultiMediaCard o MMC, oggi limitato ai telefoni
cellulari e altri apparecchi portatili che non richiedono grandi capacità di immagazzinamento dati
non essendo in commercio schede da più di 4GB di memoria (per quanto sia stata
preannunciata una versione da 8GB). Nel biennio 2003-2005 sono state pubblicate alcune
varianti del formato, tra le quali MMC Micro e MMC Mobile. La progressiva scomparsa delle
schede MMC è stata causata dal successo di una loro derivazione evolutiva, Secure Digital (o
SD). Anche in questo caso lo zampino progettuale è di SanDisk, che ne ha pubblicato le
specifiche nel 1999 insieme con Panasonic/Matsushita e Toshiba - quest'ultima alla ricerca di
un'alternativa al suo formato proprietario SmartMedia del 1995, le cui numerose limitazioni
progettuali come la capacità massima di 128MB ne hanno decretato una morte prematura dopo
un breve successo all'interno di alcune fotocamere digitali nel biennio 2000-2001.
Poco più spesse rispetto alle schede MMC (2,1 mm. contro 1,5) e progettate con un profilo
asimmetrico per evitare inserimenti sbagliati, le schede Secure Digital si propongono anche in
versioni fisicamente più piccole - i formati miniSD e microSD - pur essendo tutte accomunate
dalla capacità massima di 2GB. Proprio per superare questo limite, condizione ormai essenziale
per restare sul mercato a fronte di dimensioni medie di file sempre maggiori, nel 2006 è stato
introdotto il formato SDHC (High Capacity), o SD 2.0, che condivide il medesimo schema di
contatti elettrici della versione precedente dello standard optando tuttavia per un diverso
sistema di indirizzamento interno tale da permettere il raggiungimento di 2TB di capacità
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massima. Per le schede SDHC è stato tuttavia fissato un limite di capacità pari a 32GB, mentre
i 2TB saranno prerogativa delle nuove schede SDXC preannunciate al CES 2009 di Las Vegas
con uscita prevista nel 2010.
L'arrivo delle schede SDHC, disponibili anche nei formati miniSDHC e microSDHC, aveva
inizialmente creato qualche problema di compatibilità con alcuni lettori di memory card a causa
di un'implementazione non accurata delle specifiche ufficiali; c'è da augurarsi che l'esperienza
possa servire a rendere meno problematica l'introduzione delle future schede SDXC. Altra fonte
di dubbi è spesso l'indicazione della "classe" che appare sulle memory card SDHC, ma che
semplicemente equivale alla velocità minima di scrittura dei dati: pertanto una scheda "Class 2"
scriverà ad almeno 2MB/sec., mentre una "Class 6" lo farà da 6MB/sec.
Passando invece a formati chiusi di cui non sono pubblicate specifiche integrali (MMC e
CompactFlash) né parziali (Secure Digital), ecco il Memory Stick (MS) di Sony, progettato nel
1998 in collaborazione - neanche a dirlo - con SanDisk con una prima specifica limitata a
128MB di capacità ed evolutosi in seguito con numerose varianti (Select, Pro, Duo, Pro Duo,
Pro-HG Duo e Micro) fino a toccare i 16GB di capacità attualmente disponibile sul mercato.
Memory Stick è un formato proprietario praticamente confinato ai soli prodotti Sony, oltretutto
"viziato" da una capacità massima teorica di 32GB; tanto che la nuova fotocamera Sony di
fascia alta, la Alpha 900, abbina al consueto slot MS anche un più pratico slot per schede
CompactFlash: un segnale che, forse, ci dice qualcosa circa il futuro dei Memory Stick.
Una storia condivisa dal formato proprietario di Olympus e Fujifilm, xD-Picture Card (o xD, o
eXtreme Digital), uno standard nato più recentemente degli altri ma che non è riuscito a
evolversi oltre la capacità massima attuale di 2GB. La limitata diffusione, i costi elevati e
l'assenza di controller su scheda che costringe a implementare la logica a livello di lettore sono
elementi che anche in questo caso non fanno intravedere un futuro roseo per xD.
Come si può notare, il panorama delle memory card riflette l'epoca nella quale sono state
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concepite e progettate, anni nei quali erano ancora lontani i volumi di dati richiesti dalle
applicazioni elettroniche di oggi e del già prevedibile futuro. Nel caso della fotografia abbiamo
visto come il ritmo di crescita della capacità richiesta alle schede di memoria sia stato dettato
dall'aumento finora ininterrotto della risoluzione dei sensori; ma all'orizzonte delle full-frame si
prevede un rallentamento fisiologico delle specifiche di punta, senza contare che i 100GB
attualmente proposti dalle schede CompactFlash, pur se vicini al limite definito per questa
tecnologia, lasciano sufficiente margine operativo anche ai fotografi dotati di apparecchi medio
formato. Tutto tranquillo, dunque? Nient'affatto.
Quello che rimette in discussione la situazione attuale lo si trova infatti nelle ultime reflex di
Canon e Sony: la capacità di acquisire video HD, una caratteristica destinata a diffondersi nel
prossimo futuro ma che ovviamente impone un ripensamento dello storage a bordo delle DSLR
considerando che, ad esempio, una sequenza di 60" ripresa con una 5D Mark II occupa circa
300MB, ovvero cinque volte in più di un'immagine RAW prodotta da una Hasselblad H3DII-50.
In uno scenario di mercato diretto verso la convergenza foto/video, non foss'altro per l'obbligata
ricerca della differenziazione da parte dei produttori di fotocamere, è chiara l'esigenza di
un'alternativa pratica all'attuale tecnologia flash qualora il formato SDXC, pur con i suoi
2.000GB di scalabilità, non dovesse essere ritenuto sufficientemente affidabile o veloce per
applicazioni professionali o semi-pro. Di possibili alternative se ne parla da tempo, e risultati
interessanti sono già emersi dalle ricerche in atto su memorie a cambiamento di fase (PRAM),
ferroelettriche (FRAM o FERAM), magnetoresistive (MRAM), nanotubi (velocissimi: un bit può
essere scritto in 100 nanosecondi contro le decine di microsecondi delle celle flash) e di altro
genere ancora. Sembrava che il settore fosse alle soglie di un radicale cambiamento delle
tecnologie di base quando le buone, vecchie memorie flash hanno dato un inaspettato colpo di
coda scombinando nuovamente tutti i piani.
Tutto è nato con l'idea di estendere concettualmente le memory card per realizzare degli array
di memorie flash in grado di sostituire funzionalmente i tradizionali hard disk magnetomeccanici.
Il risultato sono stati i cosiddetti dischi a stato solido, o SSD, dispositivi fisicamente più
resistenti, silenziosi, compatti e dai consumi elettrici notevolmente più contenuti rispetto agli
HDD. Gli SSD sono l'applicazione del momento: tra i componenti che più hanno permesso di
realizzare quei micro-laptop essenziali a basso costo chiamati netbook, l'unico segmento PC
che fa segnare ritmi di crescita sostenuti anche in una fase economica difficile, gli SSD stanno
oggi proseguendo la loro marcia trionfale entrando nei datacenter aziendali, integrati all'interno
di sistemi RAID o di blade server. Anche un produttore di supporti storage tradizionali come
Imation, società nata da una costola di 3M, interpellato da od ha sottolineato l'importanza
strategica degli SSD - che produce mediante una partnership con un nome storico come la
coreana Mtron - considerati una soluzione promettente alle numerose necessità che da più parti
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convergono sullo storage.
Pratici e versatili, gli SSD hanno finalmente raggiunto volumi di produzione tali da poterne
ridurre i costi - rimasti finora relativamente più elevati rispetto a quelli degli hard disk - e
innescare quell'accelerazione delle vendite prevista dagli analisti che parlano della definitiva
affermazione di questa tecnologia nel triennio 2010-2012. Persino il vero tallone d'Achille delle
memorie flash, ovvero la capacità di supportare un numero inferiore di cicli di scrittura rispetto ai
supporti magnetici (intorno ai 100.000 per le memorie NAND, fino al milione per le NOR), è un
aspetto reso meno critico da un mix di ricerca applicata, software per la correzione d'errore e
l'utilizzo uniforme delle celle di memoria, e visibilità trasparente sulla vita utile rimanente in
modo da consentire per tempo la sostituzione delle memorie vicine a condizioni di guasto.
Questo rinnovato slancio ottenuto dalle memorie flash e il conseguente impulso alla loro
fabbricazione - complice anche il fatto che i dispositivi SSD non sono vincolati dai limiti di
capacità tipici dei formati delle memory card, e quindi coinvolgono volumi produttivi
notevolmente superiori - ha in qualche modo riposizionato il settore su una tecnologia che
sembrava destinata a cedere il passo. L'investimento complessivamente immobilizzato sulle
memorie flash consiglia infatti di prolungarne più possibile la vita utile, accantonando per il
momento i progetti di sostituzione della tecnologia di base. D'altra parte la crescente richiesta di
densità sempre maggiori, la relativa semplicità architetturale delle celle flash e una forte
competizione sul mercato hanno avuto un effetto volano sulla ricerca applicata a questo tipo di
memoria: il suo limite fisico, previsto intorno ai 20 nanometri per cella, è ormai vicino; ma dietro
l'angolo appaiono già soluzioni di tipo evolutivo sotto forma di memorie flash multilivello, ovvero
chip composti da più strati di celle sovrapposti secondo un concetto che richiama quello dei
DVD multilayer ad alta capacità.
Diventa quindi possibile un nuovo salto generazionale dei formati di memory card cui siamo
abituati, una soluzione evolutiva che sarebbe certamente meno rischiosa per tutti - produttori e
utilizzatori - a patto di poter garantire una sufficiente compatibilità verso il basso da parte delle
nuove unità di lettura e scrittura multilivello che occorrerà predisporre. E nella corsa verso la
densità e la capacità, sarà proprio il parametro "affidabilità" a decretare il vincitore a dispetto di
ogni altra considerazione.
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