28/10/2012 - Parrocchia Santa Maria Domenica Mazzarello

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28/10/2012 - Parrocchia Santa Maria Domenica Mazzarello
Parrocchia Santa Maria Domenica Mazzarello
Anno XII - n. 624 - 28 ottobre 2012 - Trentesima settimana per Annum
«Maestro, che io riabbia la
vista!»
Prima dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, dove si svolgerà l’ultima parte della sua esistenza
terrena, Marco narra l’incontro di Gesù con un uomo cieco. Come la guarigione del cieco di
Betsaida (cf. Mc 8,22-26) precedeva immediatamente la confessione di Pietro a Cesarea (cf.
Mc 8,27-30), così questo incontro è una sorta di preludio all’acclamazione messianica di Gesù
da parte delle folle che accompagneranno la sua entrata nella città santa (cf. Mc 11,1-10).
Attorniato dai suoi discepoli e da molta gente, Gesù sta uscendo da Gerico, luogo d’accesso
alla terra promessa; ed ecco che «il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada
a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di
David, Gesù, abbi pietà di me!”». La sua è un’ostinata richiesta di compassione e di
misericordia, che non si lascia intimorire dai rimproveri di quanti vorrebbero zittirlo; nello stesso
tempo, è anche una grande confessione di fede, che proclama Gesù quale «Figlio di David»,
cioè Cristo, il Re-Messia a lungo atteso da Israele e inviato da Dio per instaurare il suo regno di
pace e giustizia sulla terra (cf. 2Sam 7,8-17; Is 11,1-9). Il cieco Bartimeo ripete con altre parole
quanto aveva affermato Pietro: «Tu sei il Cristo» (Mc 8,29); egli sapeva che il Messia avrebbe
aperto gli occhi ai ciechi, compiendo anche in questo le Sante Scritture (cf. Is 35,5; 42,7). Gesù,
dal canto suo, non reagisce intimandogli di tacere, come faceva abitualmente di fronte alle
confessioni degli spiriti impuri (cf. Mc 1,25.34; 3,12), i quali non erano disposti a coinvolgersi
con lui nel cammino della sequela; al contrario, ordina di chiamarlo. E Bartimeo risponde senza
indugio alla chiamata di Gesù: getta subito a terra il mantello in cui raccoglieva le monete
ricevute in elemosina, mantello che al contempo era coperta per la notte e, per questo,
proprietà inalienabile del povero (cf. Dt 24,13); per donarsi a Gesù totalmente si spoglia di tutto
ciò che potrebbe essere d’intralcio all’incontro con lui, si spoglia di ogni pur minima sicurezza,
del suo passato, della sua stessa vita, e «balzando in piedi viene da Gesù». Il figlio di Timeo
si pone nella sua nuda povertà e nella sua cecità di fronte a Gesù, «Figlio di David» e «Figlio
di Dio» (Mc 1,1; 15,39)! A questo punto Gesù gli rivolge la stessa domanda fatta poco prima a
Giacomo e Giovanni (cf. Mc 10,36): «Cosa vuoi che io faccia per te?»; Bartimeo non esige
per sé posti di onore, ma gli chiede con grande franchezza: «Rabbunì – cioè Maestro – che io
riabbia la vista!». Come già aveva detto alla donna malata di emorragia (cf. Mc 5,34), Gesù
allora esclama: «Va’, la tua fede ti ha salvato».
Il vero miracolo che qui è narrato è il miracolo della fede, una fede capace di vedere
l’invisibile (cf. Eb 11,27) e di sperare ciò che sembra impossibile: Gesù sa riconoscere chi si
avvicina a lui con fede sincera e risponde offrendogli gratuitamente un segno di salvezza e di
pienezza di vita, anticipazione di ciò che sarà definitivo nel Regno… «E subito riacquistò la
vista e prese a seguirlo lungo la via»: la salvezza viene sperimentata dal credente non tanto
come condizione in cui installarsi, ma come cammino perseverante dietro a Gesù, come
relazione quotidiana con lui. Ecco perché Bartimeo, quale discepolo guarito dalla sua cecità,
segue Gesù sulla strada per Gerusalemme, quella strada che lo condurrà alla passione e alla
morte. Insieme a lui, sono risanati e illuminati da Gesù quelli che, chiamati alla sequela,
l’avevano contraddetta: Pietro, che aveva contestato l’annuncio della passione; i Dodici, che
avevano discusso per stabilire chi tra loro fosse il più grande; Giacomo e Giovanni, che
avevano chiesto per sé i primi posti.
Questo brano contiene dunque anche un pressante avvertimento per ogni lettore del vangelo:
egli deve invocare con insistenza la guarigione dalla propria cecità, deve ascoltare la chiamata
del Messia Gesù e corrergli prontamente incontro, deve lasciarsi da lui interrogare e aprire gli
occhi del cuore, in modo da vederci chiaro per poterlo seguire nella sua passione, morte e
resurrezione, senza scandalizzarsi! Solo vivendo in questo modo noi cristiani potremo essere in
verità «quelli della via» (At 9,2), uomini e donne alla sequela di Gesù, il crocifisso-risorto che
sempre ci precede sulle nostre strade e ci chiama a condividere la sua
stessa vita.
L'ANNO DELLA FEDE.. che cos'é la
Fede?
Una questione fondamentale: che cosa è la fede? Ha ancora senso la fede in un mondo in cui
scienza e tecnica hanno aperto orizzonti fino a poco tempo fa impensabili? Che cosa significa
credere oggi? In effetti, nel nostro tempo è necessaria una rinnovata educazione alla fede, che
comprenda certo una conoscenza delle sue verità e degli eventi della salvezza, ma che
soprattutto nasca da un vero incontro con Dio in Gesù Cristo, dall’amarlo, dal dare fiducia a Lui,
così che tutta la vita ne sia coinvolta. Oggi, insieme a tanti segni di bene, cresce intorno a noi
anche un certo deserto spirituale. A volte, si ha come la sensazione, da certi avvenimenti di cui
abbiamo notizia tutti i giorni, che il mondo non vada verso la costruzione di una comunità più
fraterna e più pacifica; le stesse idee di progresso e di benessere mostrano anche le loro
ombre. Nonostante la grandezza delle scoperte della scienza e dei successi della tecnica, oggi
l’uomo non sembra diventato veramente più libero, più umano; permangono tante forme di
sfruttamento, di manipolazione, di violenza, di sopraffazione, di ingiustizia… Un certo tipo di
cultura, poi, ha educato a muoversi solo nell’orizzonte delle cose, del fattibile, a credere solo in
ciò che si vede e si tocca con le proprie mani. D’altra parte, però, cresce anche il numero di
quanti si sentono disorientati e, nella ricerca di andare oltre una visione solo orizzontale della
realtà, sono disponibili a credere a tutto e al suo contrario. In questo contesto riemergono
alcune domande fondamentali, che sono molto più concrete di quanto appaiano a prima vista:
che senso ha vivere? C’è un futuro per l’uomo, per noi e per le nuove generazioni? In che
direzione orientare le scelte della nostra libertà per un esito buono e felice della vita? Che cosa
ci aspetta oltre la soglia della morte? Da queste insopprimibili domande emerge come il mondo
della pianificazione, del calcolo esatto e della sperimentazione, in una parola il sapere della
scienza, pur importante per la vita dell’uomo, da solo non basta. Noi abbiamo bisogno non solo
del pane materiale, abbiamo bisogno di amore, di significato e di speranza, di un fondamento
sicuro, di un terreno solido che ci aiuti a vivere con un senso autentico anche nella crisi, nelle
oscurità, nelle difficoltà e nei problemi quotidiani. La fede ci dona proprio questo: è un fiducioso
affidarsi a un «Tu», che è Dio, il quale mi dà una certezza diversa, ma non meno solida di
quella che mi viene dal calcolo esatto o dalla scienza. La fede non è un semplice assenso
intellettuale dell’uomo a delle verità particolari su Dio; è un atto con cui mi affido liberamente a
un Dio che è Padre e mi ama; è adesione a un «Tu» che mi dona speranza e fiducia. Certo
questa adesione a Dio non è priva di contenuti: con essa siamo consapevoli che Dio stesso si è
mostrato a noi in Cristo, ha fatto vedere il suo volto e si è fatto realmente vicino a ciascuno di
noi. Anzi, Dio ha rivelato che il suo amore verso l’uomo, verso ciascuno di noi, è senza misura:
sulla Croce, Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio fatto uomo, ci mostra nel modo più luminoso a che
punto arriva questo amore, fino al dono di se stesso, fino al sacrificio totale. Con il mistero della
Morte e Risurrezione di Cristo, Dio scende fino in fondo nella nostra umanità per riportarla a Lui,
per elevarla alla sua altezza. La fede è credere a questo amore di Dio che non viene meno di
fronte alla malvagità dell’uomo, di fronte al male e alla morte, ma è capace di trasformare ogni
forma di schiavitù, donando la possibilità della salvezza. Avere fede, allora, è incontrare questo
«Tu», Dio, che mi sostiene e mi accorda la promessa di un amore indistruttibile che non solo
aspira all’eternità, ma la dona; è affidarmi a Dio con l’atteggiamento del bambino, il quale sa
bene che tutte le sue difficoltà, tutti i suoi problemi sono al sicuro nel «tu» della madre. E questa
possibilità di salvezza attraverso la fede è un dono che Dio offre a tutti gli uomini. Penso che
dovremmo meditare più spesso - nella nostra vita quotidiana, caratterizzata da problemi e
situazioni a volte drammatiche –sul fatto che credere cristianamente significa questo
abbandonarmi con fiducia al senso profondo che sostiene me e il mondo, quel senso che noi
non siamo in grado di darci, ma solo di ricevere come dono, e che è il fondamento su cui
possiamo vivere senza paura. E questa certezza liberante e rassicurante della fede dobbiamo
essere capaci di annunciarla con la parola e di mostrarla con la nostra vita di cristiani. Attorno a
noi, però, vediamo ogni giorno che molti rimangono indifferenti o rifiutano di accogliere questo
annuncio. Alla fine del Vangelo di Marco, oggi abbiamo parole dure del Risorto che dice : «Chi
crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16), perde
se stesso. Vorrei invitarvi a riflettere su questo. La fiducia nell’azione dello Spirito Santo, ci deve
spingere sempre ad andare e predicare il Vangelo, alla coraggiosa testimonianza della fede;
ma, oltre alla possibilità di una risposta positiva al dono della fede, vi è anche il rischio del rifiuto
del Vangelo, della non accoglienza dell’incontro vitale con Cristo. Già sant’Agostino poneva
questo problema in un suo commento alla parabola del seminatore: «Noi parliamo - diceva -,
gettiamo il seme, spargiamo il seme. Ci sono quelli che disprezzano, quelli che rimproverano,
quelli che irridono. Se noi temiamo costoro, non abbiamo più nulla da seminare e il giorno della
mietitura resteremo senza raccolto. Perciò venga il seme della terra buona». Il rifiuto, dunque,
non può scoraggiarci. Come cristiani siamo testimonianza di questo terreno fertile: la nostra
fede, pur nei nostri limiti, mostra che esiste la terra buona, dove il seme della Parola di Dio
produce frutti abbondanti di giustizia, di pace e di amore, di nuova umanità, di salvezza. E tutta
la storia della Chiesa, con tutti i problemi, dimostra anche che esiste la terra buona, esiste il
seme buono, e porta frutto. Ma chiediamoci: da dove attinge l’uomo quell’apertura del cuore e
della mente per credere nel Dio che si è reso visibile in Gesù Cristo morto e risorto, per
accogliere la sua salvezza, così che Lui e il suo Vangelo siano la guida e la luce dell’esistenza?
Risposta: noi possiamo credere in Dio perché Egli si avvicina a noi e ci tocca, perché lo Spirito
Santo, dono del Risorto, ci rende capaci di accogliere il Dio vivente. La fede allora è anzitutto un
dono soprannaturale, un dono di Dio. Il Concilio Vaticano II afferma: «Perché si possa prestare
questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e sono necessari gli aiuti
interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente,
e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”» (Cost. dogm. Dei Verbum, 5).
Alla base del nostro cammino di fede c’è il Battesimo, il sacramento che ci dona lo Spirito
Santo, facendoci diventare figli di Dio in Cristo, e segna l’ingresso nella comunità della fede,
nella Chiesa: non si crede da sé, senza il prevenire della grazia dello Spirito; e non si crede da
soli, ma insieme ai fratelli. Dal Battesimo in poi ogni credente è chiamato a ri-vivere e fare
propria questa confessione di fede, insieme ai fratelli. La fede è dono di Dio, ma è anche atto
profondamente libero e umano. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo dice con chiarezza: «È
impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero
che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza
dell’uomo» (n. 154). Anzi, le implica e le esalta, in una scommessa di vita che è come un
esodo, cioè un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per
affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra
identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti. Credere è affidarsi in tutta libertà e con
gioia al disegno provvidenziale di Dio sulla storia, come fece il patriarca Abramo, come fece
Maria di Nazaret. La fede allora è un assenso con cui la nostra mente e il nostro cuore dicono il
loro «sì» a Dio, confessando che Gesù è il Signore. E questo «sì» trasforma la vita, le apre la
strada verso una pienezza di significato, la rende così nuova, ricca di gioia e di speranza
affidabile.Cari amici, il nostro tempo richiede cristiani che siano stati afferrati da Cristo, che
crescano nella fede grazie alla familiarità con la Sacra Scrittura e i Sacramenti. Persone che
siano quasi un libro aperto che narra l’esperienza della vita nuova nello Spirito, la presenza di
quel Dio che ci sorregge nel cammino e ci apre alla vita che non avrà mai fine.
Papa Benedetto XVI
Catechesi dell'udienza generale di mercol. 24 O ttobre
XXX domenica per
Annum
ANTIFONA D'INGRESSO
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 105,3-4)
COLLETTA
O Dio, luce ai ciechi e gioia ai tribolati,
che nel tuo Figlio unigenito
ci hai dato il sacerdote giusto e compassionevole
verso coloro che gemono nell’oppressione e nel pianto, ascolta il grido della nostra preghiera:
fa’ che tutti gli uomini riconoscano in lui
la tenerezza del tuo amore di Padre
e si mettano in cammino verso di te.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
PRIMA LETTURA (Ger. 31, 7-9)
Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.
Dal libro del profeta Geremìa
Così dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
“Il Signore ha salvato il suo popolo,
il resto d’Israele”.
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione
e li raduno dalle estremità della terra;
fra loro sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente:
ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 125)
Rit: Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte, come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni.
SECONDA LETTURA (Eb 5, 1-6)
Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek.
Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale
nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in
grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e
nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve
offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno
attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.
Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma
colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è
detto in un altro passo:«Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di
Melchìsedek».
CANTO AL VANGELO (2Tm. 1, 10)
Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo. Alleluia.
VANGELO (Mc 10, 46-52)
Rabbunì, che io veda di nuovo!
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta
folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a
mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio
di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma
egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e
disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti
chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora
Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose:
«Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato».
E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
PREGHIERA DEI FEDELI
Come il cieco di Gerico, anche noi gridiamo a Gesù la nostra fede, per ottenere da
lui misericordia e perdono. E ci facciamo voce delle tante persone che non sanno o
non vogliono più rivolgersi al Signore, chiedendo per loro il dono della fede.
Preghiamo insieme e diciamo: Figlio di Davide, abbi pietà di noi.
 Per la Chiesa: non impedisca come la folla di Gerico di avvicinarsi a Gesù,
ma faccia risuonare davanti a lui le grida dei poveri, degli ammalati, di
coloro che sono in difficoltà, preghiamo.
 Per gli ammalati: perché non siano costretti a vivere in solitudine e nella
tristezza, e trovino in Gesù conforto, luce per dare senso alla propria
esistenza e speranza nella risurrezione, preghiamo.
 Per tutti i credenti: riscoprano il senso profondo della liberazione e della
salvezza donata da Gesù e siano testimoni autentici della fede, preghiamo.
 Per la nostra comunità, che ha ricevuto la grazia della fede e cammina
seguendo il Signore Gesù: cresca nella capacità di contemplare la bellezza
del dono ricevuto e di adorarlo nella vita quotidiana, preghiamo.
O Padre, aiutaci a ritrovare in Gesù il senso festoso della vita, perché è il pensiero
di camminare sulla sua strada l'unica certezza che ci da gioia profonda e illumina
la nostra esistenza. Per Cristo nostro Signore.
PREGHIERA SULLE OFFERTE
Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo: quest’offerta,
espressione del nostro servizio sacerdotale, salga fino a te e renda gloria al tuo nome.
Per Cristo nostro Signore.
ANTIFONA ALLA COMUNIONE
Esulteremo per la tua salvezza e gioiremo nel nome
del Signore, nostro Dio. (Sal 20,6)
DOPO LA COMUNIONE
Signore, questo sacramento della nostra fede compia in noi ciò che esprime
e ci ottenga il possesso delle realtà eterne, che ora celebriamo nel mistero.
Per Cristo nostro Signore.
PER IL TUO RINGRAZIAMENTO
Ti rendiamo grazie, o Cristo, nostro Dio; nella tua bontà ci hai dato il tuo corpo
in questo Sacramento, per permetterci di vivere santamente. Custodisci tutti noi
puri e senza macchia; rimani in noi per proteggerci.
Nostro Dio e Signore, redentore Gesù Cristo, tu sei benedetto con il Padre e lo
Spirito, ora e per tutti i secoli. Amen.
Dalla Mecca a Roma, via Londra
ILYAS KAHN, filantropo, uomo d’affari e appassionato di
calcio, si è convertito dall’Islam al Cattolicesimo; nel
periodo in cui abitava a Londra in una residenza
universitaria si è sentito attratto da Cristo..
La storia del milionario e fortunato uomo di finanza ILYAS
KHAN è insieme serena e sorprendente. Nacque
in Inghilterra, suo padre, un operaio pakistano immigrato,
era mussulmano. Ma egli, nella testimonianza rilasciata a Edward Pentin del
“NATIONAL CATHOLIC REGISTER”, racconta di aver trascorso la prima infanzia con la
nonna irlandese, cattolica, in un asilo infantile cattolico, e che a quattro anni,
afferma “non volevo essere altro che cristiano”. L’infanzia, tra l’altro, l’ha trascorsa
in una delle regioni inglesi di più radicata tradizione cattolica, il Lancashire, presso
Ribble Valley, una enclave da sempre estremamente restia ad accettare la Riforma
anglicana.
UNA COMPLETA FORMAZIONE MUSSULMANA
Tuttavia, dai 4 ai 17 anni aveva ricevuto tutta la formazione islamica destinata a
ogni giovane mussulmano. Frequentava la moschea, leggeva e imparava il
Corano, e aveva fatto il pellegrinaggio alla Mecca e a Medina.
KHAN dice di non aver mai provato repulsione per l’Islam; piuttosto si sentiva
attratto da Cristo.
Tale attrazione era cominciata a 18 anni, nel periodo in cui abitava a Londra, in una
residenza universitaria Netherhall House. “Ero un giovane adulto, che si poneva
quesiti e cercava risposte”, ricorda. Nella biblioteca di Netherhall scoprì i testi
dei Padri della Chiesa: per primo, Origene, del III secolo. In seguito lesse
Sant’Agostino. A Netherhall, sull’esempio di molte altre persone che vi abitavano,
cominciò ad avere una sua vita di preghiera.
Forse avrebbe potuto convertirsi già a quel tempo, a 20 anni, ma molti motivi lo
trattennero. Da un lato non voleva causare un danno ai suoi genitori. D’altro
lato, afferma, “credo che non avessi allora la tempra per essere accolto nella Chiesa
né per ricevere un’istruzione formale. L’apostasia nell’Islam è una cosa grave.
A giudizio di molti mussulmani, l’apostasia deve essere castigata, non
teoricamente, ma addirittura con la morte”. Per questo si considerò per molti
anni una specie di “cattolico occulto”.
A MESSA A HONG KONG
All’età di 24 o 25 anni, ILYAS era diventato già
un finanziere di successo e passava la
maggior parte della settimana a Hong
Kong a fare affari. A Hong Kong andava a
Messa
con
molta
regolarità
nella
parrocchia di St. Joseph. Ma non tutte le
domeniche andava lì, perché spesso volava in
Inghilterra per seguire il campionato di
calcio, altra grande passione della sua vita.
Pur essendo tifoso del Chelsea, sarebbe
diventato più tardi patron dell’ACCRINGTON STANLEY, una squadra molto antica,
delle origini del calcio inglese nel sec. XIX, che senza il suo appoggio economico
sarebbe fallita e che con lui poi cominciò a sviluppare strategie per ottenere soci e
fonti di finanziamento. Fu presidente della squadra dal 2009 al 2012 e vi ha
investito più di 2 milioni di sterline. Verso i 35 anni arrivò il momento decisivo
per fare il salto.
L’ARTE CHE CONVERTE E TRASFORMA
C’è gente che si scandalizza per lo sfarzo di arte e di
bellezza che si può vedere in Vaticano, ma è stata
proprio quell’arte decisiva per la conversione del
milionario.
“Ero in S. Pietro e passai davanti alla “Pietà”; ricordo
che tornai letteralmente sui miei passi richiamato
dalla coincidenza di varie cose. Pensai: “Davvero,
questo è Dio. Davvero, questo è Dio”. È noto che tra
le cose che l’Islam tradizionale vede come eresia c’è
l’identificazione di Gesù - per loro un essere umano
mortale - con Dio. È questo l’ostacolo più importante,
con cui un mussulmano convertito deve confrontarsi, sia intellettualmente che
emotivamente. Però in quel momento, davanti alla “Pietà”, mi resi
conto attraverso la pura emozione artistica che la verità della nostra
religione è semplice e diretta.
Ricordo quel momento nitidamente, e ancora mi commuove fino alle lacrime. Non
c’era più nella mia mente alcun dubbio. Era così evidente! Temo che mi
sarebbe impossibile esprimere questo sentimento in semplici parole. Se ci fu un
prima e un dopo, il momento fu quello.”
MINACCE E LETTERE DI ODIO
Fu allora che entrò decisamente nella Chiesa cattolica. Da allora, essendo una
figura molto citata sulla più diffusa stampa sportiva nel Regno Unito, veniva definito
“il filantropo mussulmano convertito al cattolicesimo, che ha comprato l’ACCRINGTON
STANLEY”. “Ho ricevuto una bella quantità di lettere piene di minacce violente e
traboccanti di odio, però mi comporto secondo ciò che ritengo sia semplice
dignità e mi rifiuto di consentire che la mia vita sia regolata dalla paura o da
esagerate precauzioni” commenta. Bisogna aggiungere che aveva ricevuto
minacce razziste e perfino sassate, soltanto per il fatto di essere di etnia
pakistana, pur essendo un personaggio notissimo del calcio inglese. Tuttavia
assicura che “la violenza razzista in questo sport è inferiore a quella di dieci anni
fa”. “Provoca una gran tristezza al mio cuore” dice ILYAS KHAN “vedere gente che
usa l’Islam per giustificare le sue azioni violente. Si tratta di atti non soltanto
non islamici, ma anche inumani che non hanno niente a che vedere con quello che
vedo io nell’Islam come religione. Credo si possa dire che l’Islam e il Cristianesimo
sono lontani cugini. Sono stato allevato da mussulmano, sono andato a Medina e
alla Mecca e conosco benissimo la nobiltà e la qualità dei credenti e della loro
religione. Però deva anche ammettere che la differenza tra le due religioni è
enorme. Io confesso il fatto che Gesù Cristo è amore. Questa è un’affermazione
semplice. Ed è la differenza, che lo definisce”.
DISABILI E PATRIMONIO IN PERICOLO
Oggi ILYAS KHAN è presidente della più grande organizzazione di beneficienza dedita
ai disabili, la Leonard Chesire Disability e collabora con diverse fondazioni per il
finanziamento di centri di tradizione cristiana che mantengono edifici e patrimoni
artistici cristiani. Recentemente, per esempio, ha comprato e donato alla Chiesa
oggetti dell’abbazia benedettina di Farnborough, che venivano messi all’asta, tra cui
un calice inglese d’argento del 1633, fabbricato dai
cattolici clandestini all’epoca della persecuzione
protestante. Egli sa per esperienza propria che
l’arte e la bellezza possono portare a Dio.
Incontro europeo dei giovani
a Roma
La COMUNITÀ DI TAIZÉ, in collaborazione con il Vicariato di Roma, sta organizzando un incontro
europeo di giovani a Roma. Dal 28 dicembre 2012 fino al 2 gennaio 2013
saranno riunite nella nostra città qualche decina di migliaia di giovani. Questa sarà una
nuova tappa del
"PELLEGRINAGGIO DI FIDUCIA SULLA TERRA"
cominciato da frère Roger 35 anni fa.
I giovani pellegrini saranno accolti dalle famiglie e dalle comunità parrocchiali e religiose di
Roma e di tutta la regione romana. Il mattino s’incontreranno in quasi tutte le parrocchie della
diocesi, il pomeriggio e la sera si ritroveranno nel centro di Roma per i pasti, le preghiere
comuni e gli incontri a tema. Il 31 dicembre, dopo la preghiera della sera, tutti ritorneranno
nelle parrocchie per una veglia per la pace ed una semplice festa dei popoli, insieme ai
parrocchiani. Una sera ci si riunirà in San Pietro per una preghiera con il Santo Padre.
La tua famiglia sarebbe disposta a
dare ospitalità ad uno-due
giovani? una bella boccata d’aria fresca.. quella dello Spirito!!!
Nelle prossime settimane alcuni giovani della comunità saranno
in parrocchia da noi.. intanto curiosa.. www.taizè.it/roma.
Amare senza fare distinzione
«Chiunque beve di
quest’acqua avrà di nuovo
sete;
ma chi beve dell’acqua che
io gli darò, non avrà mai più
sete,
anzi, l’acqua che io gli darò
diventerà in lui sorgente di
acqua
che zampilla per la vita
eterna» (Gv 4, 13-14).
Gesù è assetato e si ferma ad un
pozzo, domanda a una donna che
arriva da bere.
Lei risponde: Perché tu che sei
giudeo chiedi questo a me che sono
samaritana?
Gesù risponde: Se tu sapessi chi è quello che ti chiede l’acqua..
Ma lei: Sei forse più importante di
chi ha costruito questo pozzo?
Allora Gesù le dice: Chi beve di
quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi
beve dell’acqua che io gli
darò, non avrà mai più sete.
(Gv 4, 4-30).
Pedro Lee della Corea ci racconta:
Subini, un mio compagno di classe,
nell’ora di musica non riesce a
cantare bene. Tanti compagni
cominciano a prenderlo in giro.
Subini si vergogna e piange ma io
non sono contento, mi dispiace
tanto per lui. Allora dico a lui
ad alta voce: “Va bene, va bene!
Non c’è problema!”.
Dopo un po’, anche gli altri
compagni cominciano a dire: “Va
bene,
va
bene!
Non
c’è
problema!”. Subini smette di
piangere e continua a cantare fino alla fine con coraggio.
Poi lui
sorride
dicendomi:
“Grazie!”.
Ringraziamo quanti hanno contribuito con generosità e
intelligenza alla raccolta degli abiti per il centro di
accoglienza CIRENE.. Grazie!!!
Ci manca abbigliamento invernale per ragazzi e bambini.. chi
volesse ancora aiutarci ce lo potrà portare il mercoledì al
LABORATORIO DEL CUCITO dalle 15,30 alle 18,30. Grazie!!!
GIORNO
DOMENICA 28
LUNEDÌ 29
MARTEDÌ 30
MERCOLEDÌ 31
APPUNTAMENTO DELLA SETTIMANA..
h. 10,15 Catechesi familiare IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)
h. 10,15 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 1 (primo anno di Cresima)
h. 11,30 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 3
h. 11,30 Catechesi familiare SARETE MIEI TESTIMONI 2
h. 18,45 COMUNITÀ GESÙ RISORTO: preghiera carismatica
h. 16,45 Catechesi familiare IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)
h. 9 e h. 18,45 LECTIO DIVINA
h. 15,30 GRUPPO MARIA DOMENICA MAZZARELLO (donne del cucito)
h. 16,45 Confessioni gruppi SARETE MIEI TESTIMONI 1/2/3
Giovedì 01 Nov.
SOLENNITÀ
di TUTTI i SANTI
giornata della
santificazione universale
h. 11 e h. 18 ADORAZIONE EUCARISTICA
h. 16 MESSA AL VERANO PER TUTTI I DEFUNTI presieduta dal Cardinal Vicario
h. 8,30, h. 18, h. 19,30 MESSE PER I DEFUNTI
VENERDÌ 02
COMMEMORAZIONE
DEI DEFUNTI
DOMENICA 04
Celebrazione della Messa alle h. 10, h. 12, h. 17, h. 19
A chi visita con devozione il cimitero e prega, per i fedeli
defunti, è concessa l’indulgenza, applicabile solo alle anime
del Purgatorio. Occorre: recitare il Padre nostro ed il Credo;
pregare secondo le intenzioni del Papa; confessarsi e
comunicarsi.
h. 10,15 Catechesi IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)
h. 10,15 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 1 (primo anno di Cresima)
h. 11,30 Catechesi familiare VENITE CON ME (secondo anno di Comunione)
h. 11,30 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 2 - 3
INIZIO DOPOCRESIMA PER I CRESIMATI DEL 14 OTTOBRE
PIAZZA SALVATORE GALGANO, 100 - 00173 ROMA TELEFONO 06.72.17.687 FAX
06.72.17.308
E MAIL: [email protected]
www.vicariatusurbis.org/SantaMariaDomenicaMazzarello [email protected]
LA DOMENICA LA MESSA FESTIVA È H. 10, H. 12, H. 17, H. 19
IL SABATO LA MESSA FESTIVA È ALLE H. 18
NEI GIORNI FERIALI LA MESSA È ALLE H. 8,30 E ALLE H. 18
CONFESSIONI: MEZZ’ORA PRIMA DELLA MESSA
SEGRETERIA: da lunedì a venerdì dalle h. 17 alle h. 19,30
“Non si può andare a Dio senza passare attraverso i
fratelli„
PAPA PAOLO VI