Gatte nere - ElevaMente al Cubo
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Gatte nere - ElevaMente al Cubo
Gatte nere (2002) È sera, quasi l’imbrunire. L’architetto Loiradè, al volante della sua AudiQuattro nera è diretto a San Donà: deve incontrarsi con un’amica. Sta arrivando da Croce, dove è appena stato a trovare alcuni amici con i quali ha cenato in sagra. Immessosi sulla strada dell’argine, ha udito e visto il treno passare: ha imboccato la curva dell’argine mentre la sbarra del passaggio a livello cominciava ad alzarsi: non dovrà fermarsi, aspettare come gli è capitato un milione di volte nella vita a quel passaggio a livello, deve solo rallentare un poco perché la decina di auto davanti a lui procede ancora lentamente; Loiradè calcola che, seppur gli è andata bene al passaggio al livello – l’auto sobbalza sulle rotaie – gli ci vorrà un pezzo tre chilometri più avanti, all’incrocio Salmasi, per immettersi sulla Statale 14 “Triestina”: oggi è sabato e a quest’ora un gran numero di auto si immette sulla “Triestina” per andare a Jesolo. No, forse è ancora troppo presto adesso per andare a Jesolo, è appena l’imbrunire, il grosso dei matti uscirà più tardi. Loiradè non capisce, non l’ha mai capito, come si possa uscire alle dieci e mezza di sera, alle undici per cominciare una serata: a quell’ora, per lui, la giornata è finita, o sta finendo. Un’auto di quelle che lo precedono svolta improvvisamente a destra, senza quasi aver messo la freccia, per imboccare la stradina che si immette sulla statale ‘Triestina’ un poco prima dell’incrocio, ovvero all’altezza della Concessionaria Stecca; lo fanno in tanti per risparmiare un po’ di coda; non sempre conviene; Loiradè coglie al volo il suggerimento dell’autista che lo precede e decide di svoltare anche lui a destra per la strada della concessionaria. “Molto bene – si dice dopo aver aperto la panoramica in campo lungo sulla stradina, fino all’altra estremità dove questa s’innesta sulla racconto 36_Gatte nere / pag. 1 ‘Triestina’ – Molto bene, c’è solo quest’auto davanti a me, ho fatto bene a seguirla”. Due figure femminili sull’aiola spartitraffico in fondo alla strada, appena notate di primo acchito e un attimo dopo distinte con maggior chiarezza, gli ricordano che l’incrocio cui sta per attraversare è quello dove le prostitute cercano di agganciare i clienti, lì dove sono costretti a rallentare per dare la precedenza a chi viaggia sulla statale. Di solito sono ragazze nigeriane, ma questa sera le mestieranti sembrano più alte e di carnagione più chiara: ora stanno parlando con l’occupante dell’auto davanti a lui. Forse non è vero che stiano parlando col conducente che lo precede, forse solamente Loiradè lo immagina: e se gli parlano forse l’occupante non vuole, forse è imbarazzato. O forse no: del resto, a quest’ora, per questa strada svoltano soprattutto coloro che intendono rimorchiarle; a Loiradè pare che la macchina davanti a lui stia rimanendo ferma più del dovuto all’incrocio: vuoi vedere che è proprio uno di quelli che gira di qua per contrattare? I cancelli chiusi – da settimane – della concessionaria Stecca gli ricordano che il grande imprenditore ieri di successo oggi è fallito... I casi della vita. Avrà portato i soldi in Svizzera. Loiradè è ormai accodato alla macchina che lo precede, che non si è ancora immessa sulla Triestina non perché il conducente stia contrattando con la nera ma, Loiradè lo capisce ora, solo per un’esagerata prudenza di guida, l’uomo non deve avere i riflessi prontissimi. Loiradè ha pensato male e chiede al Cielo una personale, segretissima ammenda. Ora vede meglio le figure femminili: sì, sono due e solo due, sono di colore, anzi, sono nere perché fa ridere dire ‘di colore’: quale sarebbe il colore? Nero! Le due donne sono nere! Ma d’un nero chiaro, se l’espressione può avere un senso, un nero luminoso; e sono belle, molto alte, molto ben fatte: no, non sono africane, non sono le nigeriane che tutte le notti stazionano a quest’incrocio o poco più in là, davanti al supermercato ‘Billa’, tanto che nel gergo popolare e nelle battute racconto 36_Gatte nere / pag. 2 della gente ‘lavorare al Billa’ significa ormai ‘far la prostituta’, e ‘passare dal Billa’ sta per ‘andare a puttane’; queste sono d’un’altra genia. Le nigeriane hanno il culo e i seni in fuori, sembra pompate come gommoni troppo gonfiati. Nel tempo che la macchina davanti non ha ancora sfruttato per immettersi nella statale Loiradè ha modo di rimirare bene le due ragazze, molto simili tra loro, slanciate e magre, brasiliane probabilmente, belle entrambe. Una delle due in particolare, con un fisico da gatta meraviglioso, lo sta da un po’ osservando con i suoi occhi verdi e luminosi, luminosissimi sotto il lampione giallo; ha un volto dolce, oltre che bello; Loiradè ne è stregato, non desiste dal tenerle gli occhi addosso e la guarda con ammirazione ergersi nobilmente sull’aiola spartitraffico a soli due metri da lui: non è mai stato tanto vicino a una prostituta. Lei ha notato che lui l’ha guardata a lungo e gli fa segno di fermarsi, si avvicina all’auto; “oddio, non mettermi in imbarazzo” la supplica inconsciamente Loiradè, che ha dimenticato di controllare se c’era la possibilità di immettersi sulla statale, ma fortunatamente la macchina davanti non s’è ancora mossa. Loiradè ora cerca di tenere sotto controllo la situazione, nello specchietto retrovisore è comparsa una macchina, il cui conducente, immagina Loiradè, vedendolo tanto a lungo voltato verso la ragazza starà pensando che Loiradè ha girato di qua apposta per lei; Loiradè pensa quello che gli altri potrebbero pensare ma sa che deve pensare a guidare; eppure indugia ad ammirare ancora una volta la Venere nera dal fisico felino e lo sguardo magnetico che ora gli sorride: ha colto in lui un qualche interesse? No, non di quel tipo, si dice Loiradè. Le prostitute non concepiscono altri interessi che quelli pratici ed economici. “Ma che ci fai tu qui?” vorrebbe chiederle Loiradè, che la ritiene troppo bella per quel posto, come se ci fosse una bruttezza adatta per quel posto, e vorrebbe anche aprire il finestrino e chiederle come si chiama, quanti anni ha, com’è finita a fare quel lavoro, “ti porterei in giro la notte a chiacchierare”; e intanto, mentre ricontrolla lo racconto 36_Gatte nere / pag. 3 specchietto retrovisore, le macchine dietro son diventate due, il volto della gatta si è avvicinato a mezzo metro dal suo finestrino, “forza, aprilo quel finestrino – si dice Loiradè – salutala!” si dice, ma non può, la macchina davanti alla sua si è finalmente immessa nella Triestina, è il suo turno, adesso, di portarsi al bordo della statale, e dietro ha più di due auto che sicuramente hanno visto la scena di questa donna scura e meravigliosa che si è avvicinata al suo finestrino con dolcezza e decisione, come se già conoscesse Loiradè. Questo lui crede che gli altri possano pensare a causa di tanta indecisione da parte sua, che egli la conosca, e ovviamente se la conosce è perché l’ha già caricata in macchina una volta, ma non è così, Loiradè non è mai andato e non andrebbe mai a puttane, ma qui sente di doversi scusare con la donna, “devo andare, devo imboccare la Triestina” sembra dirle con un’espressione un poco dolente, “non ho tempo di rivolgerti tutte le domande che avrei voglia di farti”. Ma lei di nuovo gli fa segno di aspettare, “oh sì aspetterei, per quanto sei bella, bellissima e dolce, chissà quanto costerà una notte con te…”, a chiacchierare s’intende, “ma tu avrai un magnaccia, un pappone, e chissà come ti picchia se io ti rubo il tempo, una notte oltre la mezz’ora, e chissà quali scagnozzi mi manderebbe dietro se decido di liberarti… e chissà…”. Il volto della gatta è ormai attaccato al finestrino, “ma perché ti sei avvicinata proprio a me?” Ovvio, perché c’è lui, Loiradè, adesso all’incrocio, e perché lei ha bisogno di clienti ed è meglio trovarne uno giovane e carino, con lo sguardo dolce e interessato, piuttosto che un vecchio bavoso. Pure Loiradè si ripete che a qualunque altro autista che passerà di lì quella sera lei, la gatta, rivolgerà il sorriso dei suoi occhi meravigliosi. Eppur già sogna di esserle piaciuto più degli altri, più di tutti, s’illude che il suo sguardo e il suo volto l’abbiano colpita come quelli di lei hanno colpito lui; e ormai ha la mano sul pulsante per abbassare il finestrino e dirle almeno una parola dolce di comprensione, le due parole di comprensione più dolci che esistano: “sei bella”, ché di una dolcezza racconto 36_Gatte nere / pag. 4 sconfinata è il suo sguardo di gatta. Le frazioni di secondo trascorrono e formano i secondi e le macchine dietro di lui “sicuramente cominciano a pensar male”, e allora Loiradè solleva la mano dal pulsante del vetro e la saluta, caricando il suo gesto di tutto l’affetto che ci può stare in un movimento di mano, come il ciao di un bambino condannato a un triste addio; s’immette infine sulla Triestina, guardandola un’ultima volta con la coda dell’occhio mentre sta completando la manovra, e per un attimo, solo per un attimo, ha l’impressione, “ma è solo un’impressione” si dice nel mezzo secondo successivo, che una vena di malinconia abbia attraversato il sorriso di lei inteso a ricambiare il saluto... “Perché diavolo l’hai salutata facendo ‘ciao’ come i bambini, che forse è sembrato un marameo, invece di mandarle un bacio…” si chiede Loiradè. E per tutto il pezzo di strada che manca per arrivare all’appuntamento con l’amica, Loiradè pensa alla gatta, ai suoi occhi, al suo sorriso, al suo volto scuro e luminoso, e più e più volte immagina d’essere capace di voltare l’auto e tornare indietro e toglierla di lì, da quello spartitraffico, per portarla via con sé quella notte, o per sempre. Ma è un azzardo troppo grande, troppo grande per lui; “chissà se almeno ti è rimasto impresso l’amore con cui ti ho guardato, il dolore con cui ti ho sorriso…”, e si rimprovera d’essere immaginifico. Qualcun altro l’avrà già caricata in macchina. Non ci pensare, Loiradè. Ecco, ormai è giunto quasi a casa dell’amica, quando, quasi evocato, sulla strada che costeggia lo stadio un gatto nero sul ciglio della corsia opposta comincia la sua traversata: “no, non attraversare…”, supplica Loiradè superstiziosamente rallentando, mentre in senso opposto sopraggiungono i fari di un’altra auto: “passa tu per prima…” dice silenziosamente all’altra auto; il gatto continua la sua traversata, ma “è una gatta!”, riconosce Loiradè, tanto è flessuosa e scura: ecco, lei si ferma davanti a lui, costringendolo ad inchiodare l’auto, per non investirla più che per superstizione; lei lo guarda, le sue vibrisse illuminate riflettono la luce dei racconto 36_Gatte nere / pag. 5 fari e rifulgono, Loiradè ha l’impressione che il felino lo guardi con una dolcezza tutta sua, e che accetti alla fine di compiacerlo tornando indietro: “Brava! non portare sfortuna”. La gatta si blocca un attimo ancora e guarda verso di lui un’ultima volta e improvvisamente Loiradè riconosce nelle sue vibrisse scintillanti gli occhi dolci e dolentissimi della gatta nera che si è avvicinata al suo finestrino dall’aiola spartitraffico appena cinque minuti prima, quando ha svoltato per la strada della concessionaria Stecca, e lui non ha avuto il coraggio di farla salire accanto a sé. Tratto dalle “Storie dell’architetto Loiradè”. Tutti i diritti riservati. racconto 36_Gatte nere / pag. 6