A000423 Da IO DONNA del 6/3/04, pag: 85 <<DONNE: LA VOGLIA

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A000423 Da IO DONNA del 6/3/04, pag: 85 <<DONNE: LA VOGLIA
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FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da IO DONNA del 6/3/04, pag: 85 <<DONNE: LA VOGLIA DI
STRAVINCERE>> di Marina Terragni, giornalista.
Per la lettura completa del pezzo si rimanda al settimanale citato.
Non è tanto questione di soldi, come vuole la retorica hollywoodiana sul
divorzio. I soldi sono il problema solo da certi patrimoni in su. Di solito la
posta è un’altra Anna, per esempio, chiamiamola così, alla sua avvocata dà un
preciso mandato: che quello lì, l’uomo che lei ha amato e sposato, con cui ha
diviso venti anni di gioie e guai, il compagno di metà della sua vita, il padre dei
suoi figli, che quel mostro la paghi cara. Che non veda più i figli, che gli siano
tolti casa, macchina, soldi. Che resti agli atti, nero su bianco, che la colpa è
stata sua.
Sono gli uomini a buttarla sui soldi. Il terrore di essere rovinati dall’avidità
femminile è diffusissimo. I giornali e la tv lo amplificano, raccontando storie
di ex in miseria, che passano Natale alla Caritas in mezzo ai sans papier. A
Bolzano, con grande clamore mediatico, s’inaugura la prima casa di accoglienza
per i padri separati.
Quelli che potrebbero pagare l’assegno di mantenimento e non lo pagano,
quelli che dei figli allegramente si dimenticano, restano la maggior parte. Ma
non hanno mai fatto notizia. Non mettiamola sui soldi. La questione è
un’altra.
Storie come quella di Anna se ne sentono sempre di più. Oggi le donne
arrivano alla separazione con consapevolezza: sette volte su dieci sono loro a
decidere. Quasi sempre scelgono un legale donna. Si fanno sostenere dalle
rete delle amiche. Le vittime assolute, quelle che insieme al marito perdevano
tutto, sostegno economico, identità, relazioni, vita, oggi non esistono più.
E’ senz’altro un passo avanti.
Ma c’è anche questo forte senso di vendicatività, di rivincita: <<Come se
avessero di fronte un nemico da distruggere>> dice l’avvocata milanese Lia
Cigarini. <<Quando c’è una lunga contrattazione per arrivare a una
separazione consensuale o si finisce in giudizio, le cose vanno quasi sempre
così. Le donne disconoscono soprattutto le capacità paterne del compagno.
Dicono che non sa accudire i figli, che li fa ammalare, non sa farli studiare,
L’obiettivo è negare il partner come padre, come marito>>.
Insieme a Luisa Muraro e ad altre, da moltissimi anni Lia Cigarini è anima della
Libreria delle Donne di Milano, centro di pratica politica femminile. Il nuovo
numero di VIA DOGANA, rivista della Libreria, è dedicato in larga parte alla
“voglia di stravincere” delle donne. Novità che, com’è scritto, <<lascia un po’
disarmate, avendo un’idea della differenza femminile come la capacità di
comprendere l’altro, di saper gestire il conflitto relazionale tenendo una
misura>>. Misura che qui sembra perduta, insieme a quella civiltà delle
relazioni che, secondo la Libreria, è il segno della differenza femminile.
<<Quello che si vede>> si dice ancora <<è un femminismo aggressivo e
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separatista. La voglia di stravincere usa le parole del femminismo, la lingua
dei diritti. “io ho diritto”: è una lingua che si trova bell’e pronta sui femminili,
nei mass media>>.
<<Io ho diritto>>. A essere risarcita. Ai figli in esclusiva. Alla casa. A
vedere liquidati tutti i conti. Anche Milena Pini è avvocata matrimonialista,
quasi un trentennio di esperienza alle spalle: <<Quello che si vuole la
svalutazione totale dell’altro. Non che i maschi siano buoni, spesso la cosa
reciproca. Ma colpisce che le donne abbiano assunto questo modello maschile
di guerra globale.
E se il partner è debole la ferocia aumenta>>.
Un signore di mezz’età viene colpito da una grave malattia degenerativa. La
moglie si rifiuta categoricamente di curarlo. Si arriva alla separazione. Le
donne si spendono nell’accudimento dei figli e dei genitori, tante lo fanno meno
volentieri nei confronti dei mariti. La cui debolezza diventa anzi un’ottima
occasione per sistemare i conti in sospeso.
In Calci nel cuore, eloquente titolo provvisorio del suo nuovo libro in uscita a
settembre, Anna Maria Bernardini de Pace racconta storie di crudeltà mentale
tra coniugi: <<Da dove viene tanto veleno, mi sono chiesta, nei confronti
dell’uomo che hai amato, che ti ha dato dei figli? E’ un po’ come lo schiavo che
si ribella violentemente dopo anni di umiliazioni. Vuoi cancellare tutto, non
salvi nulla. E allora ecco l’atteggiamento predatorio, le ripicche, il mobile di
famiglia che viene danneggiato, i maglioni tagliuzzati. E’ un lessico di guerra,
molto poco femminile>>.
Lui è il classico buon marito che compie 50 anni e va un po’ fuori di test.
Comincia a frequentare locali, discoteche. Lei vuole chiudere, non sente
ragioni. Gli monta contro il figlio adolescente. Non salva più nulla, vent’anni
alle ortiche. Come che fosse l’occasione che aspettava>>.
Lui ha sempre lavorato con i libri, in casa c’è una biblioteca ricchissima.
Separandosi, è la sola cosa che vorrebbe per sé. Lei si impunta. Quei libri
non usciranno di lì.
<<Che ci sia rabbia è umano. E’ la fine di un pezzo della tua vita. Ma in
tempi ragionevoli passa>> dice Agata Alma Cappiello, matrimonialista
milanese, <<Se sei autonoma, se hai i tuoi interessi e le tue relazioni, come
ormai nella gran parte dei casi, pian piano torni in equilibrio. La ferocia,
quando c’è, non è tanto per l’addio. Quello è solo lo show down. E’ nel vivo
del rapporto che le donne non sopportano più>>.
Adattarsi, mediare. La fatica è terribile. E quando tutte le risorse sono
esaurite, la rabbia esplode. Finalmente alla luce, si saldano i conti con l’aiuto
della legge. Ma quali sono questi conti? Di che cosa ci si vuol vendicare?
<<Della fregatura che mi hai dato>> dice la donna separata da poco. <<Del
fatto di avermi fatto credere che fra noi sarebbe stato diverso. Che saremmo
stati amici e pari. E invece per lui ero una moglie anni cinquanta, la mamma
per mia figlia e per lui. La pasta in tavola e le camicie stirate, anche se
lavoravo anch’io. Non c’era più spazio per me, per i miei progetti. Ero una
cosa da mangiare>>.
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Dice la psicoanalista Silvia Di Lorenzo che i problemi sono cominciati quando il
matrimonio non è stato più indissolubile.
Quando dal piano del dovere, del
“farlo per i figli”, si è passato a quello dei diritti, del fare per sé. <<Siamo
ancora ad una fase di adattamento. E gli uomini sono molto lenti nel
registrare la novità dell’individualità femminile. Una cosa è la scena pubblica,
il rapporto con amiche e colleghe di lavoro, agito su un piano di parità.
Un’altra il privato e la moglie, sulla quale resistono le aspettative
tradizionali>>. Alla quale si continuano a chiedere prestazioni materne
gratuite. Le donne non le garantiscono più.
In tutto l’occidente ci si sposa sempre meno: George Bush ha stanziato un
miliardo e mezzo di dollari per una campagna di promozione delle unioni. A
Milano, che di solito registra per prima la tendenza, un matrimonio su due
salta: in questo sì, siamo europei. Uno su cinque la media nazionale. Il
sociologo Marzio Barbagli ha più volte indicato tra i fattori che pesano di più
nella crisi della coppia lo sfasamento tra il piano sociale e quello emotivo, la
resistenza maschile a registrare i cambiamenti delle donne: il fatto che
lavorano anche loro, si sentono autonome, hanno alte aspettative emotive e
sessuali, e sulla relazione puntano molto.
In famiglia la parità scarseggia. Sul lavoro invece, che le donne siano pari,
facciano carriera, guadagnino come gli uomini o anche di più, apparentemente
non si discute. Ma forse, appunto, è una pace solo apparente. L’odio cova
sotto la cenere. Gli uomini si risarciscono nel privato, cercano di recuperare il
paradiso perduto. Tra i più giovani la sex war torna alla luce del sole. In un
video di Christina Aguilera, maschi e femmine si fronteggiano come bande
rivali in una strada del Bronx.
I teen ager prolungano ad libitum la fase
infantile del separatismo sessuale, senza mischiarsi più dello stretto necessario.
La giornalista Roberta Tatafiore racconta di un convegno alla Fondazione
Pisolini di Roma. Proiezione del film-inchiesta Comizi d’amore, puntata sul
divorzio. <<C’erano molti studenti, ed è esplosa una guerra furibonda tra
ragazzi e ragazze. I maschi: voi vi separate per i soldi! E le femmine: siete
dei mascalzoni! Riguardo alla vendicatività femminile, dice Tatafiore <<le più
civilizzate tra noi sanno trattenersi, quando divorziano non invocano la morte
dell’infame. Ma sotto sotto il diavoletto alberga. La tentazione di chiedere
un risarcimento per tutto quello che è stato, e che ti viene ricordato ogni volta
che si parla di veli e di infibulazione, o anche quando vedi quelli che buttano a
mare la moglie per prendersi la ragazzina, la tentazione di farla pagare appena
puoi c’è.
Quando divorzi poi senti che la legge è dalla tua, perché su questo fronte la
legislazione è innegabilmente pro-donna, i figli nel 95% dei casi vanno alla
madre. Non è difficile farsi prendere la mano>>.
C’è anche il rischio che il contrattacco maschile vada a segno. Che questa
giurisprudenza finisca per rovesciarsi nel suo opposto.
Non c’è pace tra i sessi, anche se sembrerebbe. La voglia di uccidere
civilmente da una parte, quella di uccidere fisicamente dall’altra: i delitti in
famiglia sono in aumento, le vittime quasi sempre donne; sono il sintomo di
una fatica che non è finita, e che forse non finirà mai.
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La conclusione della rivista via Dogana è allarmante. <<Se configgendo non
si sa trovare una mediazione e una misura, o non si apre il conflitto tout court,
come succede sul lavoro, si finisce nella sofferenza, nella depressione.
Se la civiltà che le donne hanno creato nei secoli fino a ora viene meno in
cambio di un femminismo rivendicativo che rappresenta il conflitto solo sul
piano dei diritti, si tratta di un ulteriore decadimento della civiltà>>.
Volendo stravincere, le donne non vincono. Se si vuole continuare a
camminare insieme, e a quanto pare lo si vuole, una nuova misura va trovata.
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