Shekulli

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6 Maggio 2012
“Sfido Dio”, come il montaggio cambia il significato
Bellocchio - Calvelli all’incontro con gli studenti al "Marubi"
Valeria Dedaj
Il Regista italiano Marco Bellocchio e la montatrice del suo film "Vincere" Francesca Calvelli,
hanno tenuto una conferenza, per circa due ore, presso l'Accademia "Marubi". La loro discussione
ha approfondito i momenti importanti del film partendo dalla struttura del montaggio. I momenti
importanti, in questo caso, sono all’inizio e alla fine della storia. Così i primi e gli ultimi 5 minuti
hanno seriamente e profondamente riassunto i 100 minuti dei capitoli e l’ estensione dell’intero film
"Vincere".
Il modo in cui sono stati realizzati i primi minuti di apertura e gli ultimi di chiusura ha provocato
polemiche non soltanto fra alcuni critici italiani, ma, come abbiamo visto ieri, anche tra il regista e
la montatrice.
I cinque primi minuti del capitolo "Io sfido Dio" presentano Mussolini giovane e ancora socialista.
Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno), giovane e bella, è incantata dall’estremismo di Benito, che
chiede del tempo per la sua sfida al Signore. Il fulmine che non arriva è la prova che Dio non
esiste. Intanto colpisce la giovane donna che in seguito sarebbe diventata sua moglie segreta.
Gli ultimi cinque minuti, invece, mostrano immagini documentarie di distruzione di massa del
fascismo, la fusione del busto del Duce e il figlio negato Benito Albino Mussolini, il manicomio; si
ritorna quindi alle immagini iniziali del film, quando Ida Dalser era affascinata dal primo discorso
politico di Benito Mussolini.
Il regista ha affermato che esistono documenti che dimostrano che Ida Dalser fu la prima moglie di
Mussolini, ma tali documenti non sono stati mai recuperati, e lei, come suo figlio, morì in
manicomio. Bellocchio voleva che “attraverso il montaggio della fine di Ida Dalser, fosse raccontata
la fine di quella follia collettiva”. La montatrice Calvelli racconta che il regista non aveva
inizialmente approvato l’idea di chiudere il film con il ritorno al prologo, cioè al primo incontro di Ida
con Benito, perché le loro espressioni dovevano trasmettere gli effetti della catastrofe, non
l’entusiasmo di un incontro di cuori e corpi innamorati. Ma una cosa era certa, il film "Vincere"
doveva cominciare con "Io sfido Dio" e chiudere con l'affermazione "Dio non esiste".
Formato con la cultura dei vecchi maestri sovietici Dziga Vertov e Sergei Eisenstein, Bellocchio
vede il ruolo straordinario del montaggio proprio nel nuovo significato che il montaggio dà a
un’immagine. In questo modo il finale di "Vincere" dà un nuovo significato all’affermazione "Io sfido
Dio", cioè il significato che Dio non è stato in grado di prevenire il disastro e le tragedie della
guerra. Il regista ha parafrasato l’interpretazione sbagliata di alcuni seguaci cattolici in Italia,
secondo i quali Dio aspettò 27 anni per far avverare la dichiarazione di Mussolini. Secondo loro,
quindi, il finale di “Vincere” dimostra appunto che "Dio esiste".
Tuttavia l’impostazione della discussione su questa dimensione della religione è dovuta a un uso
diverso delle stesse immagini attraverso l’apparecchio cinematografico del montaggio. Proprio per
l’alto livello raggiunto, Francesca Calvelli è stata premiata varie volte.
Bellocchio ammette che "Vincere" è un film politico, ma il suo scopo non era quello di dedicare un
film agli eventi storici del fascismo, né di presentare un ritratto del dittatore, perché considera
esaurito lo sforzo che il cinema italiano, in modo pedante e realistico, ha fatto negli anni Sessanta.
"Sono rimasto affascinato dal coraggio estremo di una donna sola che ha combattuto fino alla fine.
Cercavo un linguaggio epico-drammatico in cui protagonista fosse questa donna", Ida Dalser che
proietta in profondità la figura di Mussolini. Per la realizzazione della figura di quest'ultimo, il
regista aveva in mano tutta la libertà possibile, perché per il primo periodo, dal 1914, quando
iniziano gli eventi di “Vincere”, fino al 1922, quando Mussolini arriva a Roma e non si ferma più,
non esistono filmati.
Il viaggio dell'artista, per Bellocchio, non può essere compreso senza la condizione di libertà. Più
libero è un artista, più preziosi ed educativi sono i suoi messaggi all'umanità.
Il film "Vincere" è stato proiettato ieri al Cinema Millennium, nell’ambito del Festival del Film
Europeo a Tirana, dal 2 all’ 8 maggio.
Stasera il regista italiano si sposterà a Durazzo, dove ritirerà i trofei del Gladiatore del Festival
Durazzo che il film "Vincere" ha vinto l'anno scorso per il miglior film e la migliore attrice
protagonista, Giovanna Mezzogiorno.
Biografia
Marco Bellocchio (1939) ha iniziato la sua carriera nel '60, dopo gli studi al Centro Sperimentale di
Cinematografia di Roma. Nel 1965 realizza "I pugni in tasca", considerato una delle prime migliori
opere della storia del cinema, poi altre opere entrate nella storia del cinema italiano, fra cui "Nel
nome del padre", "L’ora di religione", "Buongiorno Notte", "Il regista di matrimoni", "Sorelle mai".
L'anno scorso, al 68° Festival di Venezia, è stato premiato con il Leone d'Oro alla carriera, come
regista sociale, uno dei più importanti del cinema contemporaneo che “ha sempre voluto vedere i
mille volti della nostra realtà."
Stasera a Durazzo
“Sorelle Mai”, Marco Bellocchio, 2010. Con Letizia Bellocchio, Maria Luisa Bellocchio, Elena
Bellocchio, Pier Giorgio Bellocchio. "Sorelle Mai" nasce dall'esperienza di Marco Bellocchio
durante i corsi effettuati presso Fare Cinema a Bobbio, cittadina nei pressi di Piacenza, suo luogo
di nascita, dove nel 1965 girò il suo primo lungometraggio "I pugni in tasca” che lo rese famoso.
Diviso in sei episodi, il film racconta la vita della famiglia Mai, concentrandosi sul rapporto tra Sara,
una nuova attrice in cerca di successo, e sua figlia Elena, prima bambina e poi adolescente, sul
fratello Giorgio e altri due parenti. La casa è situata a Bobbio, uno spazio gradevole dove si
intrecciano i destini di tutti.
Il film verrà proiettato alla presenza del regista questa sera, alle 19.00, presso il Teatro
"Aleksander Moisiu" di Durazzo.
Sul nostro Paese
I due ospiti presso l'Accademia "Marubi" hanno raccontato brevemente che quando l'Albania era
sotto il dominio comunista sembrava loro misteriosa, a causa del suo isolamento e dei rapporti con
la Cina. "Quando in Italia si parlava di Cina, si faceva sempre riferimento all’Albania, fino a quando
questi rapporti non furono sciolti e l’Albania rimase da sola". Bellocchio racconta che "l'Albania per
me rimane sempre una curiosità. La figura del dittatore Enver Hoxha non mi interessa anche se ha
dominato per lungo tempo un intero popolo. Ma sono interessato a conoscere il modo in cui morì
Enver Hoxha, serenamente nel suo letto". Invece Francesca ricorda l’Albania dai racconti di suo
padre. “Avevo sentito che era un paese nel quale non si poteva entrare e uscire”. Poi quello che la
colpì fu l'esodo di massa degli albanesi degli anni Novanta.

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