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Fabblicuioni delia Liberia Editrice 5, NERBINI - Firsaas
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PRIMA. T K A D U Z I O N E ITAl.I \ N A DI
Í É l D O R U B E Î T I o JOSE LEON PAGANO
Ij'almanaceo socialista
Scritti originali e illustrazioni artistiche - Cwit. 15
A W . HAVEUÍO MERLINO
Collettivismo, Lotta
di classe e... Ministero
( I'OTAiMIU.*)
Cent. 20 Cent.
UÍTURO LAlllllOLA
MINISTERO E
SOCIALISMO
UÍHpoHla a Filippo Tnrnti
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D E T B U O N GIUDICE
Traduziono e c.oinmenti di <». Cassol a
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BENOIT MALON
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disfatta
del
proletariate
Sldrl« (locumyiitatu deli» COMUNE Dl PARIGI
Uscirà a dispense
scttimanali
Le iUúHM azimií vermnotiio nrfcisticlie «mO'-péièj
dal vèro tio! 1870-71 a Parisi.
OgiU ilÍ8p(iiisa Òent.
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Gollettivismo, Iiotta di Classe
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Un po' di storia delia p o l e m i c a
L ' o n Turati, come t u t t i sanno, ali' indomani dell'eccidio
di Berra Ferrareso, pubblicò nella sua Critica Sociale un
articolo liei quale, prendendo le mouse dal Collettivismo
o
dalla Lott i di Classe, riduceva la funzione del partito socialista italiano nel momento presente all'organizzazione économisa del proletariate, alla riforma tributaria e militare e alla
logislazione protettiva del lavoro: tutti scopi da perseguirsi
in buon accordo col Ministero liber,ale.
I giornali borghesi accolsero cou un grido unanime di
gioia il ramoscello d'olivo del deputato del V.° oollegio di
Milano. Fra' socialisti manifestarono il loro dissenso, primisHinin Arturo Labriola nella l'rop iganda e in un ojmscolo di
occasions (1), poi il Ferri, clie scòrse noil' avviaiuento che il
T u r a t i intende dnro al partito socialista una trasformazione
di quest' ultimo in un partito radicale riforinista; da ultimo,
ma non con minoro efficacia degli ultri, il Barbato.
T u t t i quest! oppositori confutarono ogregiamento il iiiinMcriaHsmo dell'on. Turati. A mo parve che si potesse far
dippiii, e diinostrare clie il Turati vieno minando i prinoipii
(1) Mtnietcro e tíoüiali&mo • Ed. Ncrbinl.
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tradizionaü del Socialismo da lui medosimo invocati. tí svolsi
questo concetto in un articolo clie apparve nella Fulii
di
Milano (1), dove d ' a l t r o n d e riconóbbi e dimostrai la necossità di riesaminare le teorie e i metodi del par ti to socialista,
abbandonando completamente 1' utopia catastrófica per arrivare, non già come il T u r a t i , alia trasformazione del partito
socialista in un partito operaio o tradeunionista costituzionale,
(utopia legalitaria), ma iuvece ad nua concezione integrale e
positiva dei Socialismo, clie io mi studiai di delineare.
T u r a t i mi rispose (nella sua Rispostt ai con.lv ill ditto ri),
ma f u risposta monca e vaga. Imperoccliè essa non toceava
il fonrlo dolla quistiono - la concezione dei Socialismo
o si aggirava soltanto in tor no alia tattica. Controreplicai e
se al lettore non displace ri porto 1'articolo, clie fu pubblicato dal
Fracassa:
« Replico tardi a Turati, perdi« tardi lio let,to la sua Risposta ai contraddittorii — e replico breve, tra perchè ormai
la polemica, trascinata da un mese all'altro, temo che cominei
tul annoiare il pubblico, e percho Uurati si ò deeiso a riconoscere che il governo, clie aveva, secondo lui, una. splendida
missione riiitiovatrice, ogtii giorno è piü dubbio clie trovi in
sè le forze di compierla. Questo in buon volgare significa che
Turati abbandona il Ministero dopo averlo assoluto p-r il fatto
'li Berra o relative dtehiarasíioni di Gioiitti al Smiato — «
dopo aver dichiarato, per bocoa specialmsnto dei «ub fedei
seguace, Ivaono Bonomi, che non importava la ri forma tributaria, bastando che il Ministero consentisse le libortà elementari ai lavoratori, percbè ttterltasse i sullVagi dei gruppo socialista parlamentarei
iHinqtte, siamo d'accordo; e poichè Turati non ha risponto
a quella parte, clie era principalis del mio articolo. dove dimostravo che p-r lui il collettivismo e la lotta di cltis-ieSono
divenuti bandiom neutra adoperata a coprin- ttieiTO di contrabbando (In, mimiiiv. rim
questo ò argumento A troppo vasto per
esser trattato jirr fneitlem, a Homplico occ,iHÍoiie delia contenta
presente» mi p.irn m, po'magra), non, mi riniano clie augurarmi. che egli trovi nel corso dei síooio presente occasione
(1) S u p p l e m e n t al n, tft.
i
— 3 —
opportuna, non per rit'are, in articoli, il romanzo di Morris o
quello di Bellamy, ma per rispondere a questa mia categórica
dimanda: crede egli possibile l'organizzazione imitaria delia
produzione con la conseguente determinazione biirocratica dei
valori di cambio — clie ò il principio fuori del quale il collettivismo non può consistere, si o 110? Se per avventura i miei
numerosi critici continuassero a tacere in proposito, io dovreL
pensare che essi preferiscono perpetuare un equivoco, piuttosto
clie confessare la verità.
E qui termina darvero la mia replica — perche termina
ancho Ia Risposta. Imperocchè non risponde a quello che abbiamo detto Labriola, io èd altri contro alia politica nova, a
cui il Turati ha voluto e vuole piegare il partito socialista
italiano (« Occorre strappare 1' unità dei consenso.... Per mio
conto non ho finito. Incomincio ») lo scetticismo che egli dimostra circa lo spirito rivoluzionavio. Che cosa è? dov'è? chi
può indicarmelo? pare che dica. Chi me ne dà una definizione,
clie valga a farmelo riconoscere? Turati ricorderà la favola
del Gozzi: il fuoco, 1' acqua, 1' onore. Come 1' onore, cosi lo
spirito rivolnzionario non si ritrova piú da chi lo abbia perduto — meti o ancora da chi non lo abbia mai sentito, per
quanto esatti connotati altri possa dargliene.
II Turati proclomà i colpi di mano rivoluzionarii impossibili oggidl, perche « ogni Cittadino ò una forza, una coscienza,
una resistonza, »perche « il suffraglo è largo e può universalizzarsi col salire dei valoro civile (lei cit.t.adini, e il regime rappiesentativo può perfezionarsi, o il proletariate ha aperto dinanzi a sè le vie delle conquiste successive ».
Nello stesso tempo pero egli ci dà come specifico per il
cOnseguimento delle riforme: la pressione del proletariate sopra
un governo che possa concretarle, e che sia disposto a concretarle. lo potrei a mia volta tempestarlo d'interrogativi: che cosa
ò codcst.i pressione? iu che consiste? di quali mezzi si com])one? o a quale grado può giungere? quando puó essa varcare quella linea ideale, che separa la legalitíi dal suo contrario?
E se pressiono legale dev'essero verso un governo cho
può e vuole concretaro lo riforme, cho altro dev' cssere verso
un governo che non può 6 non vuolo concretaro nulla, tranno
che la propria permanenea o 1' inganno dello popolazioni, davanti agli occhi delle quali lo riforme si fauno balenare e
synniro come in una lanterna magica, por tonerle (le popolazioni non le riforme) eternamente a b a d a ?
Lo spirito rivoluzionarlo è, secundo me, nientõ altro cho
<|Mesta disposizione deli' animo a pássaro la linea, quando fosso
necessário. Kd ò anche la disposizione dell'animo a proflttaredi
uei inoti improvedibili, che il Turati am motto, o che second o
lai nasccmo dal trovare improvvisamento (perchò, sol tanto im-
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provvisamente?) sbarrate le vie dell' evoluziono regolare e tranquilla — e sopratutto a non fare opera per impedirli.
Creda pure il Turati cbe non è opera da socialisti « frenare
il moto proletário »: e se le regie questure non bastano, tanto
meglio. L'esempio di Carlo Cattaneo non prova n u l l a : un errore, riscattato del resto ad usura, non cleve essere imitato. In
certi momenti frenare il moto proletariato può dire destinarlo
a certa disfatta.
Ad ogni modo, Turati ha ragione, qui è il centro delia
questiono. Reclauiare le riforme è da tutti, anche da conservator!. I quali t.alvolta sono i i piü arditi ideatori di riforme,
m a si arrestano nei mezzi... a quelli che sono consentiti dall'autoritfv, e par che dicano: reclamate quanto riforme volete,
m a avanti tutto obbedienza all'autorità (cosiochè non otterrete
nulla).
Ora il Turati può fare quanti salamelécchi vuole a Barbato,
professatidogli revorenza, uiohiarandoglisi discepolo ecc. occ.,
]ior dare ad intendere che, in sostanza, il pensiero di Barbato
non « si discos ta » dal suo. Per riescire in apparenza in questa
dimostrazione, egli ha dovuto cancellare dali'articolo di Barbato — o dalla propria monte — questa apostrofe piena dell'aborrito « spirito rivoluzionario »:
« Interroga la storia senza ilesiderii e converrai con me
che non solo nell'Italia semifeudale, ma anche nelle altre riazioni piü progred te sono destinati a funzionare ancora per un
pezzo come motori dei progresso i mezzi bestiali dolle età pausate, cioè le insurrezioni annate. »
^ Qui ò il nocciolo centrale delia questione, dirò a mia volta
a T u r a t i ; aprite gli occhi e vedete «in che cosa di sostanziale » il pensiero di Barbato si discosta dal vost.ro.
« il nostro dovero quotidiano o fondamentale è di fare i
socialist!, senza nessun aggett vo, genxa nenntm impegno, nò per
le barricate a scadenze piü o meno lisse, nó per una condotta
indUtohibilmenU legatu at ootidatti metxi lega! L »
Non vedete ancora? Conti mi ato a sostonere che 11011 riescite ad intendere in che il pensiero di Barbato ii discosta dal
vostro V Non voglio faro giudizi temerarii : ma mi pare che
voi abusiate un pochino delia voítra abilità di scrittoro e deliu
smetnorataggino nostra. »
A quest'ultima parto dell'articolo, nolla quale io nve*
lavo un non lodovolo suo artificio polemico, il mio oontradditoro non rispose nò potov.i rispondere. Si dii'eso invece
dalle altre obiezioiii in un articolo delia Crítica, che intitolò:
le Confcsaionl di Saverio Merlino, montro non oontenova
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che: 1" una sua professione di fede semi-collettivistica : 2°
un verbiage intorno alio « spirito rivoluzionario ».
L'on. Turati — tornai a rispondergli nel Fracassa — prendendo il suo cõraggio a due mani, mi risponde sul tema dei
Collettivismo, e mi sostiene questo : « organizzazione unitaria
de' grandi rami delia produzione eon la conseguente determinazione dei valori di cambio scientificamente e democraticamente stabilita in base al doppio critério dei tempo socialmente
necessário a creare 1'unità dei prodotto e dei bisogni sociali ».
Organizzazione unitaria dei grandi rami delia produzione
v.:ol dire collettivismo partiale, e il collettivismo parziale non
è collettivismo afï'atto ; perché appunto manca la possibilità,
una volta limitata la collettivizzazione ad alcuni rami di produzione, di determinare amministrativamente (se la parola burocraticamente non piaccia) i valori di cambio.
Voglio fare un esempio. Voi collettivizzatr», o meglio con
parola povera ma più esatta, nazioualizzate l'industria ferroviária. Dovete stabilire i prezzi di trasporto da una parte:
dall'altra gli stipendi aglïmpiegati tutti delle varie catégorie
— stipendii che eutrano poi nel calcolo dei prezzi come parto
dei costo di produzione. Ora con quale norma fisserete questi
stipendi ? Se si tratta di fuoehisti e di macchinisti, dovete
toner couto di quelle elle operai simili guadagnano nelle industrie non collcttivizzate : o lo stosso, e a maggior ragione,
se si traitasse di contabili, gestori, ecc. D'ultra parte i prezzi
di trasporto non possono essere determinati in ragione esclusiva dello ore di lavoro impiegate dal personale ferroviário,
in proporzione di ciascun viaggiatore, di ciascun quintale di
merce trasportata. Bisogna tener ragione dei valore di ciascuna merce, delia proporzione tra la spesa del trasporto e il
costo di produzione di essa, delia concorrei)za di altri mezzi
di trasporto per avventura non collettivizzati, ecc.
Eccoci dunque usciti dal somplicismo del lavoro tooialmentc
m: ;essario a creare 1'unità del -prodotto, che del resto io non so
cou quali istrumenti tecnici ui tutura invenziono si abbia a
misurare ; anzi non so neppure como si faccia a stabilire la
unità del prodotto ferroviário, muno encora 1'unità del prodotto
per qualunque servigio non concrotato in prodot.ti.
Tomo aHsai ohe ia fin dei cOnti la determiuazione dei valori di cambio e delia retribueiono dei lavori possa riescire,
nel materna che si'propone, arbitraria ad un tempo ed antieconômica. Mi par difficile combinare il doppio critério del
tempo socialmente necessário a creare 1'unità del prodotto e
dei bisogni sociali. Come si fará Y si prenderá la media? o si
dará la provalenza al primo critério in certi casi, e al secondo
in altri V
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E c'è poi la grande difficoltà di yalutare i bisogni. II Turati parla de' bisogni sociali, ma i bisogni sono di loro natura
individuali e p e r s o n a l i : e solo 1'individuo può determinaro
quelli ai quali dare a uri dato momento la preferenza. Ogni
ingerenza delia pubblica amministrazione nella scelta de' consumi saprebbe di tirannia.
Dunque il collettivismo parziale non è piü collettivismo
e non può funzionare.
Prevodo quel cbe a quésto punto mi vorrà rispondere Tur a t i : « Yi bo detto clie discutere sullo Stato futuro è ozioso
— e d : souterne a jiroposito delle presenti necessità, delia tattica, è addirittura un fuor d'opera. Tutto al piü la polemica
sul collettivismo, totale o parziale, potrà farsi nel redigere un
regolamento per l'ammÍ8sione dei BOCÍ alia sezioné socialista
naptilotana ».
11 Turati qui allude alia mia íscriziono nella sezione di
Napoli. Per moltí la mia appartenenza al partito è una «pina
nel piede. E poicliò la cosa inaudita è avvenuta a Napoli, per
poço non si sospetta cbe ci sia entrato un po' di camorra....
Sappiano ) erò i miei censori (e si meraviglino I) clie io
fui vivamente pregato di iscrivermi alia Sezione di Roma,
anzi vi fui iscritto a mia insaputa, e solamente fui canoellato
a mia ricliiesta, perche già iscritto a Napoli.
E, continuino a meraviglinrsi, in questi ultimi mesi pareccbio diecine di Sezioni socialiste mi lianno invilato a conferenze, o sono rimaste contento delia propaganda cbo lio
fatta.
Queito per la scomunica cho mi si vorrobbe imfliggoro
per loso collettivismo. Ma insomma, clie giuoco è oodesto? II
collettivismo è forso una cosa sola col socialismo ? E basta
per essere iscritto al partito professare un collettivismo parziale o magari un collettivismo di nuovo conio? o basta addirittura aocettar la parola, ptir rinnegando la cosa?
Turati dice ozioso discutero intorno alio «Stato f u t u r o » ,
o pure vorrebbe i tu porre como condlziono por appattenere aí
partito. di creddre nel collottlvismo! Hgli mi rimprovora di
portar la questione delia t a t t i c a s u l terreno dei collettivismo; e
nel suo optascolo, cbe diode origine a tutta questa polemica,
proM' lo niosso appimto dal collotl ivisnio o dalla lotta di classe
per giungere a quolla sua tattica di afflnismo niinisteri.vle, ohô
r.ostituIsco, a pavor mio, il maggiore ullontanamento possibile
dai prlncipi posti a bo»e dei frogramma socialista.
E qui lo dovrol pássaro a. dUcutere la questione di tattica
che forniulorel OOBÍ: nvoluzione... metafórica o rivoluziono
vora o própria? ma i 1 imlti dl un possibiln articulo di K iornalo sono glfi oltropassuti o*í io non so «o la cortesia do! dlrettorc ml consentlrfv di coutinuaro un altro giorno. Intanto
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per conchiuderê sul tema del collettivismo, ricorderò al Turati 1'osservazione seguente del Bernstein.
« Se in Germania lo Stato, in un prossimo avvenire, volesse espropriare tutte le intraprese che oceupano 20 persone
e piü, sia per esercitarle completamente e direitamente o sia
per appaltarle in parte, resterebbero ancora, nel commercio e
nell'industria, centinaia di migliaia d' intraprese con piii di 4
milioni di salariati, che continuerebbero ad essere condotte da
privati.
« Nell'agricoltura, nel caso che tutte le intraprese di p i i di
20 ettari venissero espropl-iate dallo Stato — e nessuno pensa
di farlo — resterebbero ancora pià di rinque milioni d'intraprese
d'un carattere privato, con all'incirca nove milioni d'impiegati.
«Si potrà formarsi un'idea dell'estensione del compito che
lo Stato o gli Stati intraprenderebbero espropriando tutte codeste intraprese, se si pensi che si tratta, nell'industria e nol
commercio di prò. d'un centinaio di migliaia di intraprese con
5 o (i milioni, e nell'agricoltura d: piú di 1300,000 intraprese
con 5 milioni d'impiegati.
<( Di quale copia d'intelligenza, di capacita e di talento amministrativo un Governo od un assemblea nazionalo dovreb- '
hero disporre per poter esercitare non fosse che la direzione
od il coutrollo supremo di un simile organismo gigante ? ».
II Bernstein non è stato espulso dal partito socialista tedesco, e credo cho goda lo simpat'e delia Lotta di classe.
Ma.... nemo propheta in pat ria.
Qui ebbe termine la polemica. 11 Turati, dopo avere
proclamato clie 1' argomento del Collettivismo non doveva esser trattato per incidente ad occasione di altra contesa, allorchè io presi a trattarlo ex professo, incalzato da me su
qiiosto terreno, si ritrasse in f r e t t a e si rinchiuso nel suo
sileazio di toinba, come il povero Cavalcanti cho
Supin ricadde e, pin non parvc
fuora.
Io dal mio canto non volli abusare dell' ospitalitA, del giornalo o delia pazienea doi let tori, passando a ribattere gli
arzigogoli co'quali l'on. Turati, nellft Seconda parto del citato
articolo, riusciva a dimostrare che la rivoluzione non è la
l ivoluzione, ma ò la legal iti\.
Spiego ora qui come il giochotto si fa.
II Turati prende la mia deliniziono dello spirito rivolu-
_
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zionario (« la disposizione d' animo a passare la linea della
legalità, quando fosse necessário, a profittare dei moti imprevedibili e sopràttutto a non fare opera per impedirli »)
vi schizza su un po' di sarcasmo (« la rivoluzione ridotta a
materia di Códice penale o ne' congrui casi di Regolamento
di polizia »; « la fede nella rivolta.... propria od altrui »), ed
ecco provato che il rivoluzionar io è lui, ed io sono u n co
dino, o un antidiluviano.
Voi parlate di rivoluzione. Clio cos'e mai la rivoluzione?
vi domanda Turati. Voi gli rispondete: diamine ò l'insorgere, che fa un popolo, contro il Governo per m u t a r e i suoi
ordinamenti politioi e sociali. — Materia da Codice penale
o da Regolamento di polizia ! — vi r i b a t t e 1' on. T u r a t i —
fede nella rivolta propria od a l t r u i ! E voi siete b e l l ' o
spacciato.
La rivoluzione, como l'intendete voi, diventa una cosa
ridicola. P e r Turati, « e per il Socialismo moderno », essa
« è ben altra cosa e maggiore. »
E « la forza a t t i v a deli'individuo e delle masBe, rivolta
noil già a violare la legge, ma a modificaria,
a modificaria
nel senso di un nuovo as etto sociale che renda iiupossibilo
insieuie ed inutile lo sfruttamento dell'ttomo ad opera doll'uomo;
o sopràttutto a croaro lo condizioni (politiche, cconomiche,
morali) por cui talo inodilicaziono sia possibile, efficace profonda ed irrevocabile. » I n parole povere, è progresso, eclucazioue, organizzazione, riforma legislativa, tutto, fuorchè
rivoluzione. II T u r a t i abbandoaa il significato proprio delia
parola o si attinnn al Metafórico, Già nel linguaggio suo o
de'socialist! educati alia sua souola il voto diventa una
battaglia, un matameuto di Ministoro una rivoluzione parla
montare, 1' ostruzionismo nono lo barricato, o i morti e i feri ti
dol campo «ouo..., i portalbgli ministoriali.
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Ora io non dico che si debba rifiutare quel po' di bene
clie ci può venire anche dal Parlamento, nè nego importanza
ali' educazione e all'organizzazione delle classi lavoratrici ed
in generale a quel movimento di idee e di cose nel quale il
stcolo s1 innova. Credo anzi di essere stato il primo, in Italia,
ad avvertire che le riforme non sono palliativi o mezzi di
agitazione, ma sono il divenire del Socialisvio. Tutto ciò
però non esclude la rivoluzione materiale, che a im dato momento storico può divenire necessaria o come epilogo o come
via di transito delia rivoluzione morale. Per la quale cosa,
l'argomento del Turati non confuta il mio. E come se io dicessi : 1' uomo cammina su due piedi, e Turati mi rispondesse; oh ! no, l'uomo cammina grazie agli occhi che vedono,
o alla mente, che capisce e vuole. D' accordo, gli risponderei ;
ma ci vogliono anche i piedi per camminare.
Invece Turati, cambiando ad un certo punto del suo articolo la parola « rivoluzione » in « rivolta », sentenzia : la
rivolta essere « inutile generalmente, il più spesso disastrosa. »,
e vuol fare « quanto è in uno potere per preveniria. »
Dimentica quel che lasciò scritto Carlo Marx : che
« durante queste violente commozioni una nazione progredisce in cinque anni più rapidamente che in un secolo di
vita ordinaria » (1) e quel che Bcrisse egli medesimo : « oggi
la schoda elottorale, a suo tempo la barricata. »
Vedete, on. T u r a t i : fu tompo, clie anche la vostra alta
mente accoglieva il nostro inescliino concetto di rivoluzione.
E voi allora non pensaste, come saggiamente pensate oggi,
die ammessa in principio, si fosse poi in obbligo di « solleciturla e propararla con tutte le nostro forze, adattando al
(1) Hivnlutione e Controrivoluu'one, pp. 44-15.
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fine delia rivolta 1'organismo dei parti to e il método di
lotta. »
Sapevate che la rivoluzione non si prepara, nè si provoca; non si può (die prender posto ne'ranghi, quando è
l'ora. Oggi nous avons changé cela: nol sosteniamo che la
rivolta è inutile e disastrosa. Bisogna arrivare fino all'ostruzionismo parlamentare e fermarsi 11. Il Governo ha da sapere che Tlietro 1' Estrema Sinistra in una battaglia per la
libertà o per un'importante riforma economica c ' è il paeso
inerme — un paese educuto a non uscire dalla legalità, un
paese convinto cl.e ogni rivolta è inutile se non disastrosa,
un paeso che non ha entusiasmi, che non ha slanci, che è
avaro dei suo Bangue, clie non osa ma calcula, clio vuole
prima la certezza delia vittoria e poi si decido a combattero
con la sclieda. Con un paese ridotto a taie stato di mansuetudino non solo vien meno ogni speranza di riforme, ma che
cosa non si può permettere il Governo?
Semplicementa tutto; e se esso tollererà clio la classe
operaia si organizzi, sarà perché i capi la educhino alla rasHegnazione cristiana; e se non sempre manderà i soldati a
soffocaro gli scioperi, sarà perché basteranno alla bisogna i
deputati socialisti; e qua i contadini eleveranno il grido:
Viva Giolitti I — là gli operai cittadini acclameranno alla Pubblioa Sicurezza ; e il Ministoro potrft, impunemente mancar di
fede ai lavoratori genovosi, o rinfoderaro il suo programma
di riforma tributaria, cliiudendo cosl la via ai miglioramenti
economioi délia stessa classe lavoratrico. E l'on. T a r a t i a
sua volta proclamoríi che lo « scioporo, so é
inopportuno.
se è dannono, non può ossero glusto », perocohè « non v' è
giusti/.ia, clio possa essore sistematicamente nociva a chi la
invoca o HO no v a l o » (nota te quell' uvverbio ëUtemattca •
mrnto., nol quale é t u t t a T insidia dol ragionamonto), o dirà
dippiit cho: « 1' oliminiiziono de] profltto nel presento nssotto
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sociale.... non può essere utile al proletariate, quindi non può
essere giusta, se non in quanto aumenta durevolmente il salário o migliora stabilmente le condizioni del lavoratore. Se
invece lo sciopero è inopportuno, se paralizza
V industria,
se intimidisce il cipitale produtlivo senza rialzare le condizioni del lavoro, se è destinato alla sconfitta dell'umiliazione,
esso potrà essere scusato, si dovrà compatire e soccorrere
ail' inesperienza di chi lo voile, ma esso no, non è giusto. »
I casuisti teologi insegnarono che la guerra è giusta per
chi la vince. L ' etica turatiana è dello stesso conio. Lo sciopero per essere giusto deve essere vittorioso.
Ma come si farà a sapere se si vincerà ?
I trainvieri di Roma vogliono far sciopero, credendo venuto il momento di ottenere un miglioramento délia loro sorte
infelico. Un deputato socialista li sconsiglia, vuol dire che
hanno torto: ma essi si ostinano e riescono a strappare qualche concessione : dunque avevano ragione. Ma le «oncessioni
sono minime ed i tramvieri vorrebbero persistere nello sciopero : sono dissuasi da due deputati deli' Estrema. E questo
prova inelluttabilmente che la loro persistenza sarebbe stata
ingiusta; oltredichè è certo che lo sciopero, ogni sciopero,
paralizz i V industria, intimidisce il capit île, insomma è una
ri volta, e como tale, disastroso ed inutilo.
Ciò che dicesi dollo sciopero si applica alla legislazione
sul lavoro, aile riforme tributarie ecc., perché anche queste
possono intimidire il capitale e paralizzare 1'industria.
Dunque, niento rivolta, niento sciopero, niente riforme
un po'radicali: il popolo dev' essere educate »1 ed organizznto, ma ancho diaciplinato, o « serio, prudente, accorto e
misurato » (1) nolle sue rivondicazioni.
(1) TmtATi in un articolo rlprodotto dallVIiw^' n. del 27
agosto 1001.
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— 12 —
II.
Collettivismo o lotta di c l a s s e
Dando uno sguardo indiotro alie cose dette, si soorge
facilmente che la disputa non cade esclusivamente sul método. II nuovo indirizzo, che il T u r a t i vorrebbe imprimere
al partito socialista, (« Per mio conto non lio finito. Incomincio »), non è in arinonia con la concozione classica dei
Socialismo, che muoveva dalla dottrina inarxistica dei plusvalore ali' accentramento crescente dei capitale, alia lotta di
classe, alia crisi finale, per riuscire attraverso la d i t t a t u r a
del proletariato ad un vago Collettivismo, ossia ad un ordinamentoeconomico concepito come il contrapposto, nella formn,
doll' ordinamento capitalistico. Da questa concezione i socialisti si sono vonuti loro malgrado allontanando, avanti tutto
per il progresso compiuto dalla scienza sociologica ed economica, e poi per le esigenze delia pratica. La critica scientifica
lia MCOSSO 1' antioa fede nello dottrine inarxistiche a segno
che gli avversari, confondendo, al pari dei piit ostinati marsisti, il Socialismo col marxismo, hanno ri preso nrdiro o presagita ancora una volta la fine prossiiria del Socialismo. Ma
il Socialismo non mnore; come la sfinge egiziana, non può
moriro, so non dopo che il problema che esso pone sia risoluto. E so oggi ò in orisi, non vuol dire che stia per moriro,
ma si trasfurma passando dalla « critica » alia « ricostruziono ». L ' e r r o r e d e i s o c i a l i s t i c per parlaro esattamente di
molti socialisti, è di essorsi ostinati no' dommi marxisti, o
di non aver provveduto in tempo a f'ormarsi una nuova teoria
Bi'ioiitilioa. Sono rimasti, qualcurw rimane ancor oggi, f'msi
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nella adorazione del Maestro, estatici davanti al Capitale,
chiamato iperbolicamente « scrigno di intuizioni portentoso
da' mille segreti e dalle mille sorprese, miniera inesauribile
di trovate intellettuali, la quale a chi 1' abbia appena sondata fa apparire abbastanza allegra la mania di coloro che
si affaticano a completaria ». (Turati, Critica Sociale 1.°
giugno 1897).
Onde avvenne un arresto di sviluppo nel pensiero socialistico, proprio quando, accelerandosi e intensificandosi il
moto progressivo delia società, erano necessarii nuovi criteri
direttivi al partito socialista. Difatti, i swcialisti, traendo lo
masse a partecipare alla vita politica, si trovarono dinanzi
a problemi insospettati o volontariamente ignorati per il passato. La teoria catastrófica escludeva i tentativi di miglioramento: il peggioramento era da desiderare, perché affrettava
la catastrofe. Quindi non solo le quistioni politiche erano
poco considerate, ma eiiandio lo quistioni doll'ordinamento
tributário, del protezionismo, del militarismo, delia giustizia
amministrativa, dei credito ecc. o non erano affatto discusse
o venivano relegate in seconda linea. I programmi minimi
orano mezzo di agitazione e null'altro. Ed in essi venivano
affastellato lo idee più disparate, cozzandovi iiisieme la
tendenza al concentramento delia produzione (Socialismo di
Stato) con la tendenza contraria o coopcrativistica. Chi propugnava 1'aumento dello imposte, perché lo Stato assorbisso
la propriotiV privata : clii 1'abolizione o lo sgravio dei tribati. Oiii prcoonizzava la coopera/,ionè; chi accanitamente la
combatte va. Chi propugnava 1'aoorescimento dei monopolii
dello Stato ; chi 1'abolizione di essi. II Turati p. os. si pro
nunciava recisamento contrario alia cooperazione e respingeva
come vani palliativi le riforme tributário proposto dall'Albortoni. No' Congrossi dei partito, piuttosto clio osaro la so-
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luzione dei problemi suindicati e di al tri simili, si studiavauo le formole atte a conciliare apparentemonte le opposte
tendenze e a salvare 1' unità esterna dei j artito.
f
I i 1o <5>
Il dissídio covava internamente ed esso è sooppiato qua
e là, e lungi dal poter essere composto, si verrà acuendo
sempre più. Non poclii socialisti rimangono attaccati alla
vecchia dottrina, altri sono sbalzati dftll' utopia catastrófica
ail'utopia legalitaria; i più rimangono incerti e mutano parère secondo l'opportunità dei momento. E il caos durera
fino a clie il Socialismo non avrà rinnovato completamente
la sua dottrina ed attinto ad una conceziono più profonda
delia dinâmica sociale e doll' intima s t r u t t u r a délia società
criterii direttivi sicuri per la sua azioue pratica.
** *
7
La quistione più grave che si presenti nel campo dei
principii, è quella del Colletti vismo, non tanto perché giova
prevedere il ineglio possibile il futuro, quanto per il rillesso
che la provisione ha sull'indirizzo pratico del movimento socialista at.tuale (Programma minimo). Ora qui bisogna eominciare
dal rimuovere UII equivoco, clio poi è causa dei pregiudizio
assai dill'uso tra' socialisti, ohe non si possa ossere socialist!,
senza ossero collettivisti (« So io non crodossi non solo poss i b l e , ma inevitabile il Colletti vismo, non mi professorei socialista »
'Purati), L' equivoco nasce dal credere che il
Colletti vismo voglia dire som pi icemen to: intern/tup, c olUtlieo
prtposto nl pvivato, quindi proprictà
c gestione
pubbUci
di' m-ttí di proiiy.ionn nol sonso oho la aooiotà, abbift l'alto
domínio del le terre o dogli altri mozzi di produziono, «alvo
a dolegarne l'ainministraziom) agi' individu! e aile loro Associazioni. Oenornlinente quelli elle si formano talo concetto
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dei Collettivismo, ritengono clie la collettività dovrebbe riservare a sè la gestione di quei mezzi di produzione sol tanto,
ai quali sono connessi interessi pubblici importanti. Cosi inteso il Collettivismo equivale eífettivamente al Socialismo. Ma
esso non è stato nè può essere inteso cosi: perchè la base
dei sistema è 1'organizzazione unitaria delia produzione, per
cui la collettività fa anuo per anno il suo bilancio, stabilisce
ciò che si deve produrre, le ore di lavoro necessário e organizza la produzione e fissa nel tempo stesso il rapporto
tra l'ora dei lavoro e l ' u n i t à di prodotti (il chilo di pane
p. es.), ed in ragione' di qussto rapporto esegue i cambii.
Ora questa organizzazione unitaria delia produzione è insostenibile e dev'essere abbandonata, perchè essa ci toylie la
vtsuale delia vera organizzazione
socialistica.
II Landry, che è scrittore socialista, nella recente sua
opera (L' utilité sociale de la 1'roprit't: índiuiduelle,
Paris,
1001 p. 2D4) dimostra che, nolla città socialistica, il prezzo
di ciascun prodotto non potrebbe dipendere, come vogliono i
collettivisti, dalla quantità di lavoro incorporato in esso ma
dovrebbe essere doterminato sempre dalla diinanda e dalla
offerta. (1).
E confuta le ragioni dei collettivisti.
(I) Alia teoria marxista drl valore il Landry obbietta:
1.' che Marx dà ooine primário un iatto che un realtà è
derivato. II valore delle meivi è determinato dalla loro utilità
e indirettamento dalla difficoltft, di procacclarsele.Quindi le cose
che 11011 costano che dei lavoro, si cambiwanuo in ragione dei
costo. Mn. rjucsta 6 una conseguenza. 2." Che il 1'atto eonsiderato da Marx ò ben lungi dali'essore cosi generale c.otte Marx
suppoae. I bom, nel valore dei quali entra la rendita, sono la
immensa mnggjoranza, mentre nella dottritia marxista llgurano
como ecceíioni. Dappertutto si trovano rendite piii o mono elcvato; la concorrenza porfetta, quella olic hnrebbe necessária
perchè il valore dei boni hí misurasso nel modo che dico Marx,
non si ritrova in nessun l u o g o .
4
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Questi credono clie il gioco dell' offerta o delia dimanda
sia la causa ultima del pauperismo e dello sciopero e dello
sperpero attuale delle ricchezze, menti e la causa è nell' appropriazione dei mezzi di produzione da parte dei privati.
Dippiü essi credono di introdurre la giustizia nella distribuzione delle ricchezze. Ogni lavoratore sarà pag.ito con
buoni, in proporzione del numoro di ore di lavoro, clie egli
avrà dato; i bcui saranno stimati in ragione delia quantità
di lavoro, clie sarà stata impiegata a produrli; quindi quegli, clie nel inoso avrà lavorato n ore, avrà diritto al prodotto di n oro di lavoro socialo, o cosi ciascun oporaio ricoverà il prodotto integralo dei suo lavoro, e la giustizia
trionferà. Disgrazintamente osserva il Landry, questa maniera
di stabiliro i prozzi non avrebbe necessariamente il risultato,
che se ne aspetta. Prodotti, clio costano la stessa quantità
di lavoro, possono avero utilità inoguaglissimo, o quello che
si compra sono le utilità, non il lavoro. Quindi avverrebbo
clio dapprima tutti domanderobboro i beni utili che costerebbero poco; e solo dopo che quest! fossero stati distribuiti,
si ricorrerebbe agli altri. La soddislaziono dei bisogni sarebbo
irregolare, e i prodotti non andrebbcro a quelli, che ne avesHoro piú gran bisogno. Perchè molto coso anzi tutto (meno
pocho derroto di qualità in feri ore) sarebboro ricliieste in
quantità maggiore di q u d l a clio potrcbbe essero jirodotta.
Ura como vi larebbo a sapero cbi no avrebbe piú bisogno?
Bisognorobbe ripavtiro la quantità osistento pro rata a
tutti i postulanti; ovvero distribuiria secoudo 1'ordino cronoln^ico dello demande. In «monduo i cosi, non sarebbero i
maggiori bisogni quelli che sarebbero Roddisiatti, come avviono quando il prozzo è determ inato dali'offerta o d alia dimanda: quindi il benossero totftle sarebbo minore di quello
che potrebbe ossoro. Clio se si pormettesse ai privati di scarn-
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biarsi fra loro gli oggetti ricevuti dalla collettività, si rica.
drebbe nel sistema delia dimanda e deli' offerta, che si vuole
eliminare.
Non esiste una scala di bisogni uniforme per t u t t i gli
individui. Anche in fatto di cibo, bisogna tener conto delle
preferenze individuali. Se la società collettivistica imponesse a
tutti una data maniera di vivere, la ricchezza sociale resterebbe molto inferiore a quella che potrebb' essere, e quelli
c h e avessero gusti sensibilmente diversi da quelli proclamati
normali dagli organizzatori delia produzione, sarebbero veramente oppressi.
Nè 1'individuo potrebbe ordinare la serie de' suoi bisogni e dichiarare alia collettività i suoi desiderii. Conoscendo
a d un dipresso i prezzi delle coee, si può regolare il proprio
bilancio delle spese. Ma qual lavoro sarebbe, se le derrate
non avessero prezzo, e si dovesse, prendendo il desiderio che
si ha di una di esse per unità, determinare 1'utilità relativa
di tutte l e altro !
In conclusione nel sistema colletti vis tico non v' è modo
di appurare i veri bisogni deli' individuo e quindi di sapere
quali rami di produzione debbano essere sviluppati, quale sia
la più utile destinazione dei mezzi di produzione e come avvicinarsi, con successivi miglioramenti, all'organizzazione delia
produzione che può darc alia società il maggiore roddito.
I collettivisti si sono avveduti da un pezzo di questi
difetti gravissimi dei loro sistema, e bí sono aflannati a corroggorlo, 1.° limitandone 1'applicazione alia grande industria
2." ainmettendo la concorronza tra operai per la determinaziono delia retribuzione dei lavoro «econdo la richiosta dei
vnrii lavnri.
Ora il Turati fa un altro passo cd ainmetto la necessità
di tener conto uella dotorniinaziono dei valori di cambio, non
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solo del tempo socialmente necessário a creare 1' unità del
prodotto, ma anclie dei bisogni social i, vale a dire della maggiore o minore richiesta de' vari prodotti. I n qual modo la
collettività, cioè 1' Amministrazione pubblica possa sciogliere
il problema, di contemperare i due criterii, egli non dice
nó può dire. In realtà, il costo è una determinante dell' offerta e della dimanda, ma le detorminanti ultime dei valori
di cambio sono queste ultimo. Quindi la collettività non può
fare altro clie stabilire condizioni generali tali, da rendoro
facile 1' equilíbrio dell' offorta e della dimanda ed impodire o
prevenire i monopoli e lo sfruttamento da UQmo ad uomo.
Ma tuttociò acceuna ad un ordinainonto diverso dal collettivistico — ad un ordinamento piuttosto cooperativistico,
nel quale la funzione dell'amministrazione pubblica (federale)
sia quella di distribuire i niezzi di produzione alle Associazioni produttrici in modo da garent.ire praticamente a tutti
i eapaci 1'opportunità del lavoro; e di eliminaro i monopolii,
e mantenere una relativa egua<;lianza fra' lavoratori, in
modo da eliminaro la possibilità dolle usure o delle sopraffazioni. Questa concezione entra piti nella sns tan za dolle coso
cho non la collettivistica, o ci avvicina piíi ai problemi pratici doll'organizzaziono economica. Prendiamo un esompio, (i
sia ancora una volta quollo delle forrovio. Toglioto Id ferrovie all' industria priva ta o trasforitcle al Governo, sia quollo
d'oggi o qualunquo altro. Voi non avreto fatto clie far cambiar padrono ai ferrovieri o create una buroerazia di piü.
(íli attuali Direttori di una Hociotà anónima diverraimo
Capi J>ivisione, Oapi-Sezione. (íli azionist.i ò Vero spar i ran no:
ma saraiino sostituiti da' possossori delle cartello di Debito
1'ubbHoo eiilOHse per far fronte al riscatto. E il pubblico
sarà servi to come ora o peggio. II dio vtu.l diro clie lo l'(«rrovio sarauno state oollottivizaate quanto alln forma di «m-
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ministràzione,
ma non saranno state socializzate. Perchè
sieno sociidizzate, non e necessário che sieno
amministrate
collettivamente,
ma è necessário che. V indnsfria sia orgunizzata con riguardo ali' interesse generate del pubblico e
dei ferrovieri,
e che il profitto, che essa può rendere in confronto con le altre, i-ada, per quanto c possibile, a beneficio
delia società tutta.
II monopolio ferroviário governativo non risolve nulla:
non assicura i ferrovieri da i ínali trattamenti, quindi non
toglie la necessità dell'organizzazione dei ferrovieri per regolare il contratto di lavoro: non fornisce criterii per 1'equa
determinazione dei noli e de1 lo altre condizioni dei trasporti, in modo da impedire che la ferrovia prema come un
monopolio sulle altre industrie.
La socializzazione delia ferrovia sarà quando questa industria sara sottratta al monopolio privato o governativo,
od esercitata cooperativisticamente, regolandosi i dritti dei
lavoratori e i rapporti tra questo e gli altri rami di produzione, e se da tali rapporti risulti un vantaggio, e quindi
un reddito maggiore dell'industria ferroviário sulle altre,
quosto vada a beneficio delia società tutta quanta.
E ciò che dicesi deli' industria ferroviária dicasi eziandlo
di tutte le altre. La società noa può, nè deve organizzare
t u t t e le industrie od i cominerci — forse neppure le principali. P. es. la coltivazione dei suolo è certo principalissima
tra le industrie. Or, se noi guardianio alia varietà delle
culture, rispondenti ai bisogni locali, alie attitudini e alio
tradizioni dollo vario popolazioni, ci avvediamo facilmente
come 11011 possa 1'Amministrazione pubblica determinare, con
criterii aprioristici, lo vario culture, La produziono agrícola,
metld forse qualche graúdo colt ura di qualche prodotto di uso
gcnernle come il frumento, diffioilmente potrà essore nazionaliwata.
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Pari menti, poche industrie possono essere organizzate su
vasta scala e con metodi uniformi da un capo all'altro del
paese. La maggior parte di esse devono la loro prospérité
direi quasi all'amore, col quale sono condotte da chi le pratica, alio studio cbe egli fa de' modi di miglioramento, ad un
lavorio continuo di adattainento e di perfezionamento.
Parimenti ancora i commerci, cioè i sorvizi d'importazione o di esportaziono da paese a paese, t r a la campagna
e la città, e da una località ail' altra, e quei minuti servigi
che il commercio rende al consumatore, difïicilmente possono
essere organizzati su vasta scala meno che per prodotti di
uso genorale, tal uni di quei servigi sono di natura cosi delicata e variai rile, che è difficile immaginare che vi possa
provvedore una grande Amministrazione.
E non parlo dolle opere intellettuali ed artistiche. Il
Collettivismo non conviene a nove decirni délia produzione
o non risolve il problema fondamentale dei valore, cioò delia
ginstizia nei rapporti economici.
La socializzazione dei mozzi di produzione si ottiene
senza monopolio pubblico nè privato, senza privare la sooietà
dei bonofici e dolle risorse dell'iniziativa iudividuale e delia
omulazione, senza intaccare la libertà di scelta del lavoro o
dei genori di consumo, alie seguenti condizioni :
1.° La Hocietà deve revocaro a sò 1'alto domínio delia
terra e dei mezzi principal! dl produzione (fabbriche, miniere ecc.) per conoederne 1'esorcizio ai j>rivnti e alio Associaziotii, dietrii itn corrospettivo clio rappreseati )a differenza
di produttività dolle vari« porzioni di suolo o di capitale in
modo du eguagliaro io condizioni di lavoro. Si deve nazionalizzaro ht vendita aymrii
e ü profitto capitalistic,
destinandoli a «Opperire alie spese di amministraziono general®,
ma non hí può Hopprimorli, percliè essi costituiscono un fatto
^
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economico indistruttibile (rendita economica), e sono indici e
strumenti per la migliore organizzazione economica, ossia per
la migliore destinazione dei vari mezzi di produzione. Qnesto
concetto, che io ho svolto piíi ampiamente altrove, ci dà la
cliiave di molte riforme pratiche da propugnare : organizzazione democratica e sviluppo delle Cooperative, determinazione de' migliori nietodi di concorso di queste alie pubbliclie
concessioni di lavoro, creazione di istituzioni di credito a
beneficio dei produttori singoli e associati, mutua assicurazioiie, ecc.
2.° Assicurata cosi 1' eguaglianza
iniziale di condizioni
tra' lavoratori, deve la società garentire la libertà e 1'equità
dei rapporti successivi, eliminando i monopolii o le usure e
gli sfruttamenti da nomo a uomo, che potessero sorgere nel
corso dei cambii. Quindi organizzazione dei mercati in modo
che tutti i produttori possano accedervi, sviluppo e facilitazione dei trasporti, statistiche ed altri modi di rendere note
generalmento le condizioni dell'offerta e delia dimanda, e da ultimo quell' organizzazione internazionale dei cambii, alia quale
preludono oggi i trattati di commercio e di emigrazione, e
che consistera in organi proprii di relazione internazionali,
come oggi ne hanno le poste e le ferrovie.
3.° L'organizzazione delle associazioni di produzione e
i rapporti fra esse devono essere conformi ai principi i domocratici. Oggi le Società commorciali sono afíette da vizi
analoghi a quelli dei sistema parlamentara : gli azionisti sono
facile preda ali'ingordigia degli amministratori. Lo Cooperativo stosso soffi'ono dell'autoritarismo dei capi o doH'assenza
di sentimonti o di forme veramente democratiche, di un'effettiva responsabilità degli amministratori, di garentie alie
minoranzo occ. L'opéra doi socialiíti nolle associazioni operaie devo essere appunto dirotta non già ad impadronirsene
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o a volgerle a fini di partito, ma bensl ad educaro gli operai alla libertà e ai principii deinocratici, combftttendo lo
spirito autoritario e burocrático, clie s ' i n f i l t r a in queste associa/, ioni.
4.° L ' a n i m a dell'organizzazione dev'essere un diritto
nuovo, una giustizii
econômica, presentemente in gestazione
nella .cosiddetta legislnsione sociale. La quale appunto è da
promuovere in quanto, limitando lo sfruttamento capitalistico
dei fanciullo, delia donna e dello stesso operaio adulto, e
provvedondo per gli infortunii, per la veccliiaia e per l'infermitcà del lavoratore, proclama implicitamente nuovi d r i t t i
dell'uomo, il dritto ail'esistonza, allo sviluppo delle facoltà,
mentali, alla coiiBervazione delle energie fisiche, ad una vita
agiata in ricomponsa di un lavoro moderato, ail'assistenza
sociale nolla veccliiaia e nelle infermità. A garentire questo
diritto e a regolare in conformité, di esso il contratto di lavoro, sorge l'organizzazione operaia, pietra angolaro délia società f u t u r a . Nella quale t u t t i gli uomini troverebbero lavoro
a un dipresso a pari condizioni, senza che venisso meno la
respons ibilità eoonotnica individuais, di eni è facile scorgere
la grande importanza. L'accaparramento dei mezzi di produziono sarebbe nullo: minime le oscillazioni délia dimanda
e deli'offerta, o tali appena da mantenero 1'equilíbrio dei
liisogni e da stimolaro lo attività più utili, e l'impiego più
produttivo doi mezzi di produzione. Il dritto al lavoro non
sarobbo orgauizzato o garontito dallo Stato (nol qual caso
esso diverrobbo sorgento do' più odiosi arbitrii o di discordio
infinito) ma risultorebho, come vuolo ancho il Bernstein (op.
cit. p. 221) rkvl porfezionamonto degli organi dol
eelf-htlp
económico, (Loglio, Oamoro di lavoro, Oollogi arbitrali ece.)
So lo S tato — nota il Bernstein — da un lato elimina t u t t i
gli ostaooli logali ail'organizzazione doi prodnttori, o concede
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alle federazioni professional^ sotto condizioni atte ad impedire che degenerino in Corporazioni monopolistiche, certi poteri relativi al controllo deli' industria, cosi da dare affidamento contro la diminuzione sistematica dei salarii e contro
il lavoro eccessivo; e se d'altra parte per mezzo delle istituzioni sindacali diviene impossibile che un individuo sia
costretto dalla miséria a vondero il suo lavoro a condizioni
degradanti, allora sarà forse indifferente clie vi siano o no,
accanto alie industrie pubbliche o cooperative, altre intraprese dirette da, privati a loro profitto. Queste intraprese finiranno per prendere ancor esse carattere di Cooperative.
E conclude: « Creare tali istituzioni, o, dov'esse già
esistono, svilupparle — ecco la condizione preliminare di ciò
che noi chiamiamo la socializzazione delia produziune. »
** *
Come si vede, uscendo dalla formola collettivistica e accettando il suesposto concetto delia socializzazione dei mezzi
di produzione, si evitano le contraddizioni nolle quali si è
finora avvolta la politica dei parti to, e si hanno criteri sicuri per le rifonne da propugnare.
Non possum us, risponde 1'on. Turati « Se io non crodossi non solo possibile, ma inevitabile il Collettivismo, 11011
mi professorei socialista ». Itisogna dunquo credere nel Collottivisuio, per ossere socialista ÍC leoito però ainmettere clie
il Collettivismo 11011 si possa appiicare nè all'universo intero,
nè in oiasoun paoso a tut te lo industrio. I ueo-Collettivisti
ci parlano di un Collettivismo parziale, clie è una oontraddiíioue in termini. Ed è ancho locito ammettere cho il Collettivismo si avverorà nel corso dei secoli, clio non ò clie
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24 —
una tendenza, anzi una semplice possibilità. Ma bisogna dichiararsi collettivisti quand, même.
Cosi per la lotta di classi. Si può dire clie la lotta di
classi non è poi tutta la dinamica sociale : si può elevare un
cântico alla Borghesia nuova, moderna, intraprendente, stretta
in un fraterno abbraccio alia classe operaia, purchò si concliiuda accettando, almeno a parole, la lotta di classi. I n nome
dei Collottivismo e delia lotta di classe un tempo si era intransigente Sorge 1'affinismo. Si continua a giurare per il Collettivismo e per la lotta di classe. Si arriva al ministerialismo; e si
invoca sempre il Collettivismo e la lotta di classe. Domani
se i socialisti turatiani andassero al potere, eleverehbero la
forea per i loro contradditori, in nome dei Collettivismo o
delia lotta di classe!
Frattanto, non potendo impiccarmi, mi décrétant» 1'ostracisino.
« Non parliamo dei Merlino, il quale dicendosi contrario
(sic!...) alla lotta di classe e anticollettivista, si è messo
próprio fuori dei P a r t i to, rimanendo sospeso, come le animo
dei limbo, t r a 1'azzuro dei riformisti o la geenna dei rivoltosi » (Crítica Social1 15 agosto 1901) Rettoriea, Gregário
mio, rettoriea 1'azzurro dei riformisti e la geenna dei rivoltosi e lo anime dei limbo sospose tra l'uno e 1'altra! — Poco
pi(i su, nello stesso fascicolo, un redattore áüYAvtinti!
osco
in i|neste frasi di sapor olassico turatiano.
« Ohibó, i circoletti colti o pretonziosi fanno 1' alta politica (si parla dei Cireoli Socialisti, cioè dei grosso dei partito,
o si Hottiutondo che 1'alta politica dovo faria VAvnnti!)
Cosi
clie mol te dei lo nostre beglie, so non tutte, nasoono nell'inerzia
dei Cireoli, como il limo mile, acqne. stagn m ti (Poco prima
aveva dei to dei pottegolezzo che si alimenta nollW.io « come
la murta nei luoghi malsani ») Avviciniamo il partito alia
I
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— 25 —
vita, alia terra madre comune, dove si fa la lotta di classe
(nella terra ?) e dove si cliiacchera poco, ma si lavora molto.
Noi siamo virgiliani, cara Propaganda, anclie percliè nella
terra di Virgilio nasce il piú rosso fiore del Socialismo italiano ».
Io mi domando se gente clie scrive a questo modo sente
veramente quello clie dice.
Intanto questi massimi pontefici del Socialismo italiano
scrivono spropositi da prendersi con le molle. Gregário p.
es. ci ía sapere clie il proletariate inglese si è disinteressato
dal mandare suoi rappresentanti alia Camera dei Comuni,
lasciando attuare le riforme a volta a volta da conservatori e
da' radicali. Egli s' inganna. Prima ancora clie sorgesse un
partito socialista, gli operai inglosi e propriamente le TradesUnions avevano dieci loro rappresentanti al Parlamento,
tutti uomini clie venivano dalle miniere e dalle ofHcine,
Broadlurst, B u r t ecc. L'errore di costoro fu precisamente
quello clie vorrebbero farei commettere i tnratiani, quello
cioè di cucirsi a lilo doppio con il partito liberale fino a divenire una coda parlamentare di esso. Questa fu la causa vera
delia loro impotenza.
Qualcosa di simile accadde agli irlandesi. Ma io non voglio ritornare sulla questione di tatt.ica tanto piú clie 1'on.
T u r a t i lia battuto in ritirata aíforinando clie il tanto vessato
« ministerialismo » 11011 è altro che la « ovvia spiegaziono
dei voti dati al Ministoro a difesa dell'agguato reazionario »(1)
(è il voro caso di esclamaro: tanto strepito per nulla!)
E torno in careggiata, cioò all'csaino do' principii, anzi
dai clommi. 11 Collettivismo mi paro bell'e spacciato. I'assiamo alia lotta di classe.
(1) Critica Social?, 1 novembro 1901.
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— 20 —
III
Lotta di c l a s s e
Nei n. 19 delia Rivista Popolare dei Colajanni, il prof.
E. C. Longobardi è intervenuto nella disputa interno alia
lotta di classe.
II Longobardi riconosce clie da parte mia, e dei Bernstein e dei Sorel, non si è negato il concentrameuto capitalistico, ma si ò negato clie esso possa mai assumere le fantasticato proporzioni e determinare la catastrofe dell'ordinanieuto economico o politico attuale.
La questione 11011 è, dunquo, di sapere se aumentino o
diminuiscnno le classi médio rimpetto alie ricclie da un lato
o alie povere dalPaltro, e tanto meão se la grande produzione o la piccola olíra maggiori vantaggi. La questione è :
deve il Socialismo attuarsi ad opera esclusivamente delia
classe operais, ovvero devono partecipare alia sua attuazione,
nella migara dello loro forze, nnclio le classi medie ? quale
contributo possono dar queste ? como coordinare i loro síorzi
a quelli delia classo operai a ?
Non discutiaino se 1'esistonza di questo classi sia vantaggiosa o 1110110 a temperaro i rigori dei Capitalismo. Io
crido di si II Longobardi mi oUnetta «lo spirito di resistenza o la coscienza rivoluzionarin, che la grande industria
di\ al proletariato ». Può darsi clie ftbbia ragioae, benchè mi
faceia dubitare l'esompio degli Stati Uni li, dove si trovano
di fronte potonti capitalisti e numeroso falangi di operai, lo
quali se sono animate da spirito di resmtenza al Capitalismo,
mm lianno porò aoquihtata la coscienza sociulistica; dovê il
A E L / I F C H / U N I C A M P
— 27 —
socialismo lia fatto e fa assai minore progresso clie nelle società europee, nelle quali la classe possidente è piii frazionata.
Comunque sia, il Longobardi conviene cbe poichè le
classi medie esistono e non sono prossime a scomparire, il
problema da risolvere è : quale contegno deve tenere il partito socialista di fronte ad esse ?
Dato pure clie il parti to socialista debba essere esclusivameiite il partito delia classe operaia, deve esso far da sè
-— considerando la Borgliesia t u t t a come un'unica massa réproba e reazionaria, od allearsi ad alcune frazioni di essa
contro le altre?
Marx, coerente alia sua concezione catastrófica, consigliava 1'alleanza con la grande borgliesia contro la piccola,
])er il piú rápido annientamento di quesfultima. Turati, non
ostante 1'abbandono delia teoria catastrófica, propugna egualinente l'alleanza dei prolotariato con quella sua Borgliesia
giovane, moderna, intraprendente (Borgliesia capitalistica),
clie sarebbe, secondo luj, disposta a fare un po' di largo alia
classe operaia.
Dunque la questione non è : Alleanza o n o ; ma con chi
allearsi e contro chi, se con la grande Borgliesia contro le
classi médio, o viceversa con queste contro di quella. E chi
p u i ositare? L'alleanza naturale dei proletariato è con la
picoola o media Borgliesia contro 1'alta Borgliesia, clie è
quella clie realmente — gode i frutti dei inale di t u t t i —
nell'nttuale ordinamento socialo.
* *
II Longobardi ammette la mia t.esi per il proprietário
lavoratore o per üartigiano indijiendente: ma la combatte
per i piocoli industriali o oommercianti (l)oitogai), che, egli
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osserva, sono quelli che sottopongono al peggiore sfruttamonto l'operaio. E d ha ragione, ma il dissidio esiste non solo
t r a piccolo capitalista ed. operaio, ma anche tra piccolo proprietário e mezzadro e bracciante, e non di rado t r a operai
di diverse catégorie, nei cottimi e perfino nelle Associazioni
Coopérative. Ma questi dissidii interni non scemano 1'interesse loro a combattere il comune parassita — il grosso
Capitalismo.
D'altronde non si possono segnare linee nette di separaziono. Ogni piccolo proprietário adopera braccianti o giornalieri in certo occorrenze: e l'artigiano indipendente. per
poco clie prospori, chiama in aiuto operai salariati. Un po'
di sfruttamento, attivo o passivo, ò oggi inevitabile in qualunque condizione sociale.
Nè io dico clie si debba consentire, o rassegnarsi, alio
sfruttamento, che esorcita il piccolo industriale sul garzone
di bottega: nè che debba prolungarsi di un'ora sola 1'esistenza dei piccolo sfruttatore di operai. Anzi neppur desidero prolungar la vita all'artigiano indipendente che 11011
s Crut, ti nessnno. No, perché la sorte di costui è Cosi miserevole, cho al confronto può par cr o tollerabilo quella dell'operaio asservi to alia macclnna nella grande industria. L'uno
o 1'altro devono soomparire o trasformarsi, nei loro interesso
o in quollo di t u t t a la société.
Ma piuttoitoôliè vedorli roviuati dal grosso capitalista
o ridotti alia servítii delia iabbriòa, li vodrei volentieri associarsi, prima per sottrarsi alio usure doi grossi capitalisé o
ai monopolti dei grossi commercianti ; e poi gustato che abbiano i vantaggi doll'assooiaziono, trasformaro lo loro industrie in ftïiende oooporative, nelle quali non l'individualité
di ciasouno, ma lo sfruttamento dol lavoratoro venisse «oppresse»
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— 29 —
La piccola industria, insomma, deve utilizzare i vantaggi
delia grande (impiego'di maccliine, facilita di smercio dei
prodotti ecc.) senza menomare la libertà de' lavoratori.
Viceversa la grande industria deve decentrarsi e democratizzarsi: e cosi entrambe tendere a quella organizzazione
libertaria, in cui soltanto possono trovare applicazione i
principi dei Socialismo, perchè essa sola può eliminare lo
sfruttamento dei lavoratore in t u t t e le sue forme.
Come dunque noi dobbiamo sospingere gli operai ad uscire
dal salariato, assumendo direitamente dove è possibile, con
le Associazioni Cooperativo, la direzione e organizzaziono
delia produzione e dei cambii; õd intervenendo per mezzo
dello loro Leghe a regolare le condizioni dei lavoro, cosi
verso quella stessa mèta dobbiamo sospingere la piccola Borghesia, la quale può portaro un prezioso contributo alia nuova
società, che viene edificandosi entro la impalcatura delia
presente. Ed in generale dobbiamo secondare t u t t i quoi moti
dei pensiero e delle cose, che attraversano il presente, per
riescire al Socialismo. Le vie dei quale sono molte e diverse;
bisogna aprirle t u t t e per fare che i princ.ipii di giustizia o
di solidarietà, che formano 1'essenza dei Socialismo, circolino
o si diffondano in t u t t ' i meati dell'organizzazione sociale.
Molto dipende dal concetto che ci facciamo dell'ordinameato socialistico, se cioò questo ce lo immaginiamo come
una grande azienda colletivistica nella quale tutto il lavoro
sia ridotto ad un tipo único, ad un' espressione semplice, ad
uno sfurzo muscolare quasi eguale per tutti i lavoratori, e
1'opera direttiva o inventiva sia tutta amalgamata e ridotta
a forma burocratica, ovvoro como una repubblica economicn,
una complicata roto di organizzazioni varie di produzione e
di ser vigi e di organi di rclazione a forma cooperativa, dove
abbiano gioco le onergio intollettuali e appaiano diversiti o
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— 30 —
differenze, che devono essere attenuate nella organizzazione
degli interessi generali, ma non distrutte o soppresse.
P e r chi abbraccia il concetto unitário, accentrato, del
Socialismo, la presenza delle classi medie nella società fa effetto d' un terzo incomodo, che complica inutilmente una situazione, che altrimenti sarebbe netta e determinata e facilmente risolvibile in u n ' a l t r a .
P e r chi invece abbraccia il concetto federalistico o cooperativistico del Socialismo, le classi medie hanno un' importante funzione nella trasformazione dell' attuale ordinamento sociale, fungono da lievito, montre la classe operaia è
(se posso cosi esprimermi) la farina da impastare. L'intelligenza, 1'energia delle classi inedie infusa nell' organizzazione
degli operai, dà lungo a nuovo istituzioni, a nuovi organismi
sociali, noi quali comincia a vivere, sia pure vita infantile,
10 spirito nuovo che dovrà animare la società futura. Ora
cho cosa impedisce che queste nuovo istituzioni sorgano tra
la stessa classe media?
Le organizzazioni di credito, le assicurazioni mutue, gli
arbitrati, i Oonsorzi, le forme di amministrazione veramente
democrat iche, possono sorgere nel seno delia piccola Borghesia;
11 lavoro delia quale si trasforma direitamente secondo i
principii dei Socialismo, svestendo i caratteri di sfruttamento,
obe esso rivesto nolla società attuale.
Noi iiisomma dobbiamo prendere la società qual' è —
non ridurla por una restriziono mentale alia classe operaia,
o portaro lo spirito dei Socialismo in t u t t i i suoi moa ti, insinuarvelo dappertutto, trasfbrmaado t u t t e le relazioni sociali
o lasciando sorgoro nuovi modi di organizzazione, nuovo coinbinazioni di volontà o di interessi; porohè Sn questo germoglio di nuovo istituzioni, clie si andranno mano mano eoor
dinando o disciplinando, ò la pomibilità o la base di uu
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nuovo Ordinamento, non già nella sostituzione pura e semplice di un nuovo modello — bello e fatto — ali' organizzazione moderna.
Qui due osservazioni. L a prima elie questo concetto del
Socialismo si a d a t t a alie condizioni di quelle regioni, che finora si era costretti a trascurare considerandole come quei
paesi dai quali 1'apostolo usciva scuotendo la polvere dai
sandali, percliò irrimediabilmente perduti e condannati a
prossima distruzione. Noi avevamo immaginato una forma di
Socialismo adatto alia classe operaia e particolarmente a
quella delia grande industria: e non riescivamo ad adattarlo
alie campagne e in genere alie regioni dove la grande industria era poco sviluppata.
La seconda osservazione è che quella concezione partecipa del concetto libertário degli anarchici e senza pretendere la libertà assoluta ammette la massima libertà possibile
o integra la libertà nella solidarietà e viceversa : che è poi
il problema íondamentale da risolvere.
Quando quindi il T u r a t i mi rimprovera di aver immaginato un Socialismo t u t t o mio, « clie concilia anarchici, socialisti, riformisti, corporativisti, cooperatori » egli mi fa la
maggior Iode che mi potessi a s p e t t a r e ; imperocchè nessuno
crederà, nè T u r a t i oramai piü sostiene, che vi sia incompatibilità t r a Socialismo e riforme, nè t r a organizzazione corporativa e cooperazione; e la quistione è ridotta tra Anarchia o Socialismo; ed io son convinto o inantengo che i
principii rispottivi (libertà e organizzazione) sono come due
molecolo destinato ad unirsi 111 un solo corpo orgânico.
E prima di me scrittori imparziali hauno riconosciuto
il contributo dell'Anarchia al Socialismo. II Bernstein p. es.
non si è perituto di riconoscere nell'Anarchismo libertário
« una reaziono naturale o sana contro la Statolatria » (<''<«linen ouIré (p, X X I X edizione francose)
_
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** *
Ri tornando dunque ali' argomento, io dico che insieme
a' tentativi di miglioramento che la classe operaia ía, a inezzo
delle sue organizzazioni e degli scioperi e delia legislazione,
bisogna incoraggiare quelli delia piccola Borghesia, clie volgono verso nuovi ordinamenti deli'economia pubblica.
Non sono pochi giorni che cj. z. nell' Avantit (9 ottobre)
indicava, oltre alla riforma de' patti colonici, le seguenti riforme da propugnarsi da' socialisti per le campagne : bonifica
de' terreni incolti, organizzazione de' piccoli propriotari e dei
piccoli conduttori di fondi, mediante i Consorzi per l'acquisto di concimi o di strumenti agricoli, per la costituzione di
cantine, caseificii, granai sociali >. — Simili proposte fece
Francesco Ciccotti al recente Congresso socialista delle P u glie. E nella Martinella (glornale socialista di Colle Val di
Eisa) del 28 settembre ultimo si domandava che per i contadini-possidenti e per i piccoli proprietarii le leghe reclamassero il riordinainento dei sistema tributário in modo che
coloro che posseggono poco non paghino imposte dirette, la
soppressione dolla tassa di successiouo o trasmissione dolle
propriété al disotto ili cinquemila lire, la costituzione di associazioni por la compra di coacimi, macchine, seinenti, piante
o per lo Hinorcio dei prodotti.
Per coloro clie negatio 1' utilità di queste discussioni,
noto cho nella Critica soclrth del 1.° maggio 1897 il Bonzo
reclamava 1' aumento delle imposte al punto che lo Stato assorbisso la propriété, privata. Qui invoce si demanda 1' esetizione dalle imposte a l'avore dei piccoli proprietarii. Capovolta hv teoria, s'invertono le consegitenae pratiohe.
Dunque, noi oggi »iaino a un d i pressa d'accorde nel
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volere, non piii la soppressione, ma 1' elevamento (e la conversions) délia piccola Borghesia.
Che vuol dir ciò, se non che si è abbandonato, insieme
cou la teoria catastrófica, la vecchia concezione semplicistica
délia lotta di classe?
Certo, nel movimento socialista, il còmpito principale,
come dice il Longobardi, è délia classe operaia. Ma la piccola borghesia non va disprezzata. Essa non ha più il gretto
spirito consorvatore e reazionario, che aveva al tempo del
Manifesto comunista. Non sogna più il ritorno aile Ordinanze
e aile glùlde medioevali. Non teme nel socialismo clie la soppressione delle iniziative, dello stimolo al lavoro, l'uniformizzazione assoluta delle condizioni di esistenza, il trionfo
delia burocrazia, l'ecclissi di ogni idéalité. Eassicuriamola
contro questo pericolo e 1'avremo ton noi a coinbattere le
caste, l ' a l î a fiijanza, la casta militare, l ' a l t a burocrazia, la
grande propriété fondiaria e 1' alta foudalitá industrialo.
La classe operaia da sola non basta ad abbattere il
presente regime. Essa è facilmente fuorviata a fini reazionarii, come vediamo oggi appunto in Inghilterra. La piccola
Borghesia lia l'anima liberale. Essa ha promosso il movimento socialista, e se nel 1848 in Francia combattette la
classe operaia, fu perché non era ancora ben chiaro l'obiottivo da raggiungere. Ma rocentomente ancora la sua alleanza
oon la classe operaia lia salvato in Francia la repubblica.
Dovunquo Hi verifica il detto di Marx: « 1' unione di dille« renti classi è sempre in certo grado la condizione neccs« sari a di ogni rivohiziono » (liïvoluziune r cdntro-rivolnzione
Roma 188!», p. 41),
Essa non aocenna a compatire. 11 Sorel (Ubcr <lie cap.
Conc, no' S'iz. MonatthtfU,
Berlin, 1!)00, I I I , 14!») dimostra
como lo stosso concenframento doi capitali nella grande in-
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— 34 —
dustria favorisca lo sviluppo delia Borghesia media, elie,
come uu tempo, si vale delia nazionalizzazione e delia municipalizzazione delle imprese, per conservarsi il suo posto
nella grande industria.
Nell i tornata dei 25 gennaio 1897 delia Camera dei
deputati francese, parlando sul progetto di monopolio dello
zucchero presentato dal gruppo socialista tutto quanto, compresi Guesde o Vaillamt, Jaurès notò 1' antagonismo tra la
Borghesia capitalistica e quel la clie non possiede capitali,
ma occupa pubblici uffizii ; ed osservò che quest' ultima si
sarebbe giovata dei monopolio por svilupparo la sua attività
ocouomica, clie por mancanza di capitale rimane inerte. II
Sorel concludo clie siamo lontani dalla aspettata scomparsa
delia piccola Borgliesia ; dobbiamo anzi contare su di questa
per crearo 1' industria socialistica, alia quale essa contribuisce la sua capacita direttiva e amministrativa, necessaria ad
assicurarne il buon successo.
Onde io concludo clie si possa o debbaconvertire ed educare
la piccola Borgliosia al Socialismo. Certo, se lo si dice t u t t i
i giorni che ò e dev' essore roazionaria, essa íinirà per credersi o íbrse diverrà tale : montre chiamata a conibattere
por u n ' a l t a idoalità, si eleverobbe sulla sua coudizione e
sulla sua moralità attualo. Krattanto i borghcsi, che militano
uel partito socialista, non sarebboro condannati a parere intrus!, l'ino a cho non divengono capi.
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IV
II m o v e n t e dei Socialismo
Uno scrittore non propriamente socialista, ma clie lia
adottato e spinto a conseguenze estreme la concezione materialistica delia storia dei Marx, il prof. Achille Loria, arriva
anoh'egli a consigliare gli operai a « sollecitare la formazione
di una podurosa classa industriale ». da contrapporre, secondo lui, a quella de' proprietarii di terre per ottenere lo
sviluppo delia legislazione sociale. Secondo lui, intorno al
movente di questa, due teorie sono possibili. L'una che vede
nolle leggi sociali il risultato delia filantropia, delia carità,
o deli ' illu mina to interessa delle classi dirigenti: 1'altra clie
le considera strappate a queste classi, arbitre dei governo e
delia legislazione, dalla compattezza e dall'onergia delle masse
popolari. Egli si pronuncia per la seconda teoria, e spiega
che i lavoratori, associati entro la fabbrica dalla cooperazione e dalla macchina si associano fuori delia fabbrica in
Leglie disciplinato le quali, organizzando scioperi e sommosse, portano il terrore e lo scompiglio nelle sedi dell'opulenza. E como contraccolpo ali' unione degli operai, la
classe proprietária íinora compatta si scinde i)ercliè la proprietà delia terra e quella dei capitale por luugo tempo raccolte nolle Htesse porsone si dissociano, collo speciíicarsi delle
produzioni; o divengono 1'appaunaggio di due differonti
classi (?) dando cosi vi ta a due partiti economici e politici (?)
nnimati da intoressi in grau parto antagonistici. Ciascuna
dollo due frazioni ò costretta a mendicare 1'alleanza delia
classe popolare e per ottonerla deve farsi promotrice e pa-
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— 3« —
trona di provvedimenti democratici ed innovatori (Nuova
Antologia, settembre 1001) II Loria cita, a dimostrazione
delia sua tesi, l'esempio dell'Inghilterra e quello deli' Italia.
Iu Ingbilterra le leggi sociali si devono, secondo lui, all'azione dello Trades Unions e all' alleanza degli operai ora
col partito liberale ora col conservatore, e procedono nel seguente ordine: da quelle clie promuovono gl'interessi del'e
classi operaie organizzate (le quali pure ne avrebbero meno
bisogno delle altre) a quelle che tutelano gli operai più poveri e più deboli. In Italia la legislazione sociale si è poco
svilnppata e procede in ordine inverso, appunto perché in
Italia non esisto ancora una classe operaia fortemente organizzata, né la scissiono délia classe possidonte in proprietarii e capitalisé si è avvorata.
Ora tuttociò è bello e ammirevole come edifício teoricr,
ma i fatti non collimano con la teoria. Lasciamo stare pin i
l'Ingliilterra dove il Loria dimentica o la legislazione antica
per i poveri o le leggi sulle abitazioni operaie, non promosse
dalle trades-unions, e altre cose simili. E tralasciamo anche
di notare elle so in Italia la legislazione sociale lia preso le
messe dalla legge sul lavoro dei faneiulli e da quella sugl'
iufortunii, ciò si spiega con 1'iníluonza di idee e di s ntiineliti già sviluppat.isi in altre nazioni o cho non potevano
non avoro una riporcussiono da noi. Ma ooino fa il Loria a
spiegaro, quello cho egli medesimo metto ill riliovo, cioé cho
la Russia e la Spugna, —- dovo la classo operaia non è certo
imita, nè la capitalistica disühita — vantino una legislazione
operaia, cho manca ancora in Italia? Basta qitesto contrasto
o so no potrobbero addilaro ul tri mol ti — a smentiro la
sua teoria.
La quale d'nltrondô si fonda su un falso presupposto,
cioè cho i partiti politiei corrispondano nelle loro distinzioni
-
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37 —
alle varie classi sociali. No, noa è vero oggi, neppure in
Ingliilterra, che il partito conservatore rappresenti i proprietarii del suolo, il liberale il ceto dei capitalisti e commercianti, il radicale o repubblicano la piccola Borgliesia.
II solo partito che si accosti ad una rappresentanza di classe
è il partito socialista per la ragione che esso è più che un
semplice partito politico, giacchè si è dato il compito specifico di organizzare la classe operaia e guidarla alla emancipazione. Nei sistema parlamentare il partito politico è un prodotto délia concorrenza al potere, cume i partiti clie si forinano nelle Börse nascono dal gioco stesso délia speculazione
e délia concorrenza. Il Governo si appoggia all'uno o all'altro, passa dagli Estremi di destra, cou grande meraviglia
e scandalo degl' ingenui, agli Estremi di sinistra, indifferentemente e senza notevoli vantaggi o svantaggi per l'uno
o per l'altro ceto. E H S O è sottoposto bensi alla pressione generale délia classo possidente, che lia per ovvie ragioni la
preponderanza nello Stato, e dall'altra parte subisce una
pressione in senso inverso, quella delia massa popolare che
minaccia di ribellarsi e talvolta si ribella di fatto. Ma sono
due pressioni direi quasi extralegal!, che non si esercitano
a mezzo dei partiti politici.
La teoria dei Loria dunque è fondamentalmente errata,
o la spiegazione che essa pretende darei deli'indirizzo delia
legislazione sociale ne' varii paesi è, come abbiam veduto,
oontrodetta dai fatti. Ma l'esclusione di questa non implica
1'accettaziono delia teoria opposta, che fa zampillare la legislazione sociale dal buou cuore dello classi possidenti. II vero
i\ clin Ira lo duo spiegatdonl non v'ò <| ucll'ttssoluta ineompatibilità, clic Bcorgo il Loria. Al contrario bisogna visai ire da
esse ad una torza teoria e rintracciare l'origine delia legislazione sociale nell' interesse generale clio gli uomini intrav-
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vedono sempre più chiarainente, e al quale essi subordinano
e coordinano sempre più i loro interessi particolari a misura
clie sperimentano i vantaggi delia convivenza pacifica. Al
disopra degli interessi divergenti delle varie classi sociali
si sono venuti formando da tempo immemorabile principii e
sontimenti comuni a tutti gli uomini, e questi principii e
sentimenti comuni sempre più sviluppatisi tendono a prevalere sugl' interessi e sugli egoismi di classe e sono attualmente i veri propulsori, anzi i veii fattori dei Socialismo.
II Socialismo non è il trionfo di una classe sulle altre,
ma il provalore deli'interesse generale sugl'interessi particolari.
Esso non seconda cho quegli sforzi delia classe operaia
clie sono in armonia con il progresso.
Negli scioperi, uella rifonna tributaria, nella organizzazione dei rapporti internazionali, in tutte le quistioni di
grande iinporlanza, esso s'ispiro, oltro clie al proposito di
miglioraro le sorti degli operai, ali'interesse gonorale. Oltro
a sapere se la tale o la tal' altra rifonna — dali' abolizione
dol dazio sul grano alia municipalizzazione deli' uno o dell'altro pubblico servizlo
giovi al ceto operaio, è necessário
Htabilir beno se essa giovi o nuoccia all'oconomia pubblica,
perché ovo nuocosse, si risolverebbe in un danno por lo stosso
ceto operaio. 1 grandi problomi nazionali cho per il passato
assumovano forma politica, ed oggi hanno carattero principnlmonte economico, o i problemi regionali (il méridionale p.
os. in Balia) sono concretizzaziono deli'interesso générale,
cho ò il nooplasma delia Societív moderna. II problema ò di
organizzare questo interes o générale, armonizzaro lo i'orze o
lo volonté singelo e accrescere la prodüttivité dei lavoro, i1
bonessero o la civiltA, Questo problema costituisce 1'ossenza
dei socialismo, il quale perciò oggi non ò più movimento di
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1
2-
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classe, non è piü nè operaio, nè piccolo borghese, nè iiidustriale, nè agrario, nè settentrionale, nè meridionale, nè esclu"
sivamente econoinico nè politico, ma è integrale, è lo sbocco
comune de'movimenti progressivi di tutte le classi da tutte
le direzioni delia vita. O se tale ancora non è, tale per forza
di cose, e con la cooperazione nostra, deve diveniro.
Cosi il principio delia lotta di classe lia da essere non
eliminato, ma modificato e integrato, nella teoria socialistica;
con 1'altro deli'interesse generale, ossia delia solid irietà delle
classi. Ed io, clie vado da un pezzo propugnando questa integrazione, e che nella risposta al Turati avevo precisamente accennato alia solidarietà crescente degV interessi operante a flanco alia lotta di classe (pag. 13 del
Supplemento
al n. 15 delia Folia), sono lieto di potere cliiudere il presente
opuscolo citando in' appoggio delia mia tesi, 1'opinions del
piú autorevole, direi quasi del piü autentico socialista italiano, il quale ammette con me cho la lotta di classe non è
l'esclusivo fattoro del movimento sociale, ma « esiste ed impera con essa un1 immanente
solidirietà delle classi, senza
cui la società non reggerebbe un istante e il suo nome suonerebbe sarcasmo. » E spiega cosi 1' eeclusivismo delia lotta
di classe, al quale si sono attenuti (in qua i socialisti e parecclii si attengono tuttavia.
« Nei período socialista del reclutamento e della difesa
è la lotta che primeggia naturalmente. Solo allorchè il Socialismo conquista la cittadinanza ed inizia il lavoro positivo
delle rifortne concrete, allora al concetto e al sentimento della
Solidarietà d«lh classi esso può fare il posto c h e gli compete.
« P e r uno spiogaUle quanto iugegnuo miraggio, quoi
socialisti, la cui mentalitA si arrosto nella fase superata senteuziano per codini, transigenti e per transfughi gli ftltri,
che si sono avauzati. »
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— 40 —
Non so se questo giudiz'o si riferisca al mio contradditore on. Turati, so clie esso è precisamente dell'on. Turati
od ò 1'ultima sua opiniono sull'argomento. (Critica Sociale,
1" novembre 1901).
Singolaro contraddittore I Egli mi decreta 1' ostracismo
dal parti to, percliò non credo ciecamente nel Collettivisino o
nella lotta di classe, ma demolisce allegrainente con lo sue
mani i concetti tradiz : onali del Collettivismo e della lotta
di classe, collocando accanto ad essi concetti diversi, clie
dànno como risultante una lien diversa concozione del Socialismo e una ben diversa azione pratica da quelle prevalse
linora. E montre io ho predicate per primo in Italia in un
libro clie, socondo il Turati non piacque al palato del pubblico, od in articoli di Riviste, la necessitii d'ineamminaro
il Socialismo nella via delle riforme pratiche, clie non sono
compromessi, ma conquiste ed incnrnazione del Socialismo,
per il clie fui deriso e vituperate daïï'Avartti ! come un volgare riformista, il Turati ini accusa di pretendere clie « so
il partito esco dalla sterile negazione, se comincia ad essere
e a fare qualeosa nello Stato e non inzitollonisce nella protesta perenne, è finita per il partito. »
Egli si appropria quelle tie o quattro vorità fondamontali, che avovo fatto campegginre nci miei scritti, o mi regala gli errori cerrispondenti, nei quali egli si è ostinato
lino a ieri. K, con questo scam bio t to, mi mette facilmente
dalla parte del torto.
Ammiro la sua abilittV, ma non posso lodare la sua ingratitudine.
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