La vera storia di Ida Dalser Il Duce non la perseguitò

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La vera storia di Ida Dalser Il Duce non la perseguitò
32 ALBUM
Giancristiano Desiderio
F
u Benito Mussolini a
perseguitare Ida Dalser o fu Ida Dalser a
perseguitare Benito
Mussolini? Stando ad una vulgata storiografica che ha avuto
buona fortuna, si è avvalsa di
vari passaggi televisivi ed è approdata infine al film del 2008
di Marco Bellocchio, Vincere,
non ci sarebbero dubbi: fu
Mussolini che sfruttò la Dalser, dalla quale ebbe un figlio Benito Albino -, e dopo averla
usata non ne volle più sapere,
quindi per liberarsene la fece
rinchiudere in manicomio fino alla morte una volta diventato capo del governo. Invece,
stando alle ricerche di Antonio
Alosco, allievo e collaboratore
di Renzo De Felice, non solo ci
sono i dubbi ma anche le certezze documentarie che dimostrano che la donna, con la
quale il giovane Mussolini ebbe una relazione, era affetta da
uno «squilibrio mentale» con
un «carattere neuropatico».
Tutta un’altra storia.
Ida Irene Dalser, nata a Sopramonte nel 1880, incontrò
Mussolini nel 1909 quando il
futuro capo del fascismo era
giornalista a Trento e lavorava
in un foglio socialista diretto
da Cesare Battisti. La relazione
tra i due, però, iniziò anni dopo, tra il 1914 e il 1915, e fu
breve. Lui era già legato a Rachele dalla quale aveva già avuto Edda quando la Dalser gli
Venerdì 27 maggio 2016
IL LIBRO Uno studio di Antonio Alosco
La vera storia di Ida Dalser
Il Duce non la perseguitò
Nuovi documenti sulla donna che disse di essere la moglie di Mussolini e gli
diede un figlio. Morì dimenticata in manicomio ma non per colpa di Benito
«FAMIGLIA»
Ida
Dalser e
Benito Albino
Mussolini,
primogenito
di Benito
Mussolini,
avuto nel
1915 dalla
Dalser, con
cui aveva una
relazione
clandestina,
anche se
lei si diceva
sua moglie
TRAGEDIA
Per lei e il bambino
una diagnosi fatale:
«squilibrio mentale»
comunicò di essere incinta. Benito e Rachele si sposarono nel
dicembre del 1915, la Dalser
mise al mondo Benito Albino
l’11 novembre del 1915 e Mussolini riconobbe il figlio nel
gennaio dell’anno seguente.
La donna, però, voleva altro:
voleva il matrimonio e disse,
senza dimostrarlo, di essere la
vera moglie di Mussolini. Da
qui hanno origine tutta una serie di pubblicazioni come, ad
esempio, il libro di Alfredo Pie-
roni Il figlio segreto del Duce: la
storia di Benito Albino Mussolini e di sua madre Ida Dalser o
di Maria Antonietta Serena
L’altra moglie del duce. Ma è
solo con le trasmissioni televisive come La grande storia di
Raitre, che la storia è divulgata
ed è raccontata come la persecuzione della Dalser e del figlio da parte di Mussolini fino
alla loro morte in manicomio.
Arnaldo Mussolini, fratello del
duce, sarebbe stato colui che
avrebbe fatto carte false - certificati medici - e pressioni sulle
autorità per far rinchiudere i
due in manicomio. Questa tesi, con varie sfumature, fu sostenuta anche nella trasmissione di Corrado Augias, Enigma,
alla quale presero parte Gianni Vattimo, Marco Bellocchio,
Emilio Gentile. Ma questa stessa tesi salta completamente in
aria con la documentazione
che Antonio Alosco mette in
coda al suo ultimo libro Cento
anni di Blocco popolare a Napoli durante la Grande Guerra
pubblicato ora da Guida editori. Il testo, molto documentato, dedica una sezione proprio
al caso della Dalser e ne ricostruisce proprio quel tassello
mancante nella vulgata della
persecuzione mussoliniana.
Dunque, la Dalser, dopo la
disfatta di Caporetto, in quanto originaria del Trentino, nella primavera del 1918 venne
destinata come profuga, insie-
me con il figlioletto, al campo
di Piedimonte d’Alife (Caserta). Il caso non è né unico né
raro: Silvio Gava, ad esempio,
il futuro leader democristiano,
anch’egli trentino, fu destinato
a Castellammare di Stabia. La
Dalser si trasferì a Napoli per
alcune visite mediche del bambino. La diagnosi medica del
18 agosto 1918, riportata in appendice nel testo, è chiara: il
bambino era di costituzione
linfatica e presentava una pare-
il Giornale
si all’arto inferiore destro in
rapporto «con probabile sifilide ereditaria». Si consigliava
una visita specialistica di malattie dermo-sifilopatiche. Cosa che fu fatta perché nei rapporti successivi di prefettura e
questura veniva riportata la infermità del bambino dovuta a
sifilide organica ereditaria. Il
piccolo compendiava «tutto lo
squilibrio mentale della genitrice» che veniva descritta come «squilibrata con carattere
neuropatico». La donna avanzava le sue pretese - soprattutto richieste di danaro, aumento straordinario del sussidio,
cosa che le fu anche concessa
- con violenza, minacciando
nel novembre del 1918 il suicidio. Le date in questo caso sono importanti perché nel 1918
Mussolini non era il potente
capo del governo e del fascismo e non poteva di certo intervenire in perizie mediche e
in relazioni prefettizie e di polizia. La Dalser raccontava anche storie personali e intime,
accusava il governo e Mussolini, asseriva di appartenere ad
una delle famiglie più facoltose del Trentino e di aver versato i capitali per la fondazione
del Popolo d’Italia.
Il prefetto di Napoli, trattandosi di storie personali, si rifiutò di entrare nella controversia. Lo
stato mentale della
donna era attestato
dai rapporti di polizia - era sorvegliata
- che ne descrivevano «la cattiva condotta specie morale essendosi data alla vita allegra riservatamente». Insomma, tutta la storia drammatica
di Ida Dalser e del figlio Benito Albino è precedente alla storia del Mussolini capo del fascismo. Giustamente Antonio
Alosco conclude la sua ricostruzione molto documentata
con queste parole che pongo
a chiusa dell’articolo: «Il sottoscritto è convinto che ricostruire la verità storica valga
molto di più che attribuire a
Mussolini e al fascismo colpe
(ne hanno moltissime) che
non hanno».

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