ZAINET GENN FEBBR 2012:Layout 1

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ZAINET GENN FEBBR 2012:Layout 1
ISSN 2035-701X
N° 1
GENNAIO-FEBBRAIO 2012
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STILE
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R E P O R T E R
“Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 1 Anno 2012”- € 0,70
Tavi Gevinson
Sorpresa: il magazine
americano di moda più
innovativo del web è
opera di una quindicenne
A pagina 18
ATTUALITÀ
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Cellulare
rosso sangue
Come i telefonini
rendono il terzo mondo
il peggiore possibile
A pagina 4
INTERVISTA
Il coraggio
di crescere
Faenza racconta il suo
giovane Holden anni
Duemila
A pagina 28
MUSICA
Saltare gli schemi
... è un gioco da ragazzi!
I Moderni
Da Torino passando
per xFactor, la band
rivelazione dell’anno
A pagina 26
2
Gennaio-Febbraio 2012
A cura di Greta Pieropan,
18 anni
Antispot
BIANCO, ROSSO E VERDE ACIDO
n°1
gennaiofebbraio
Direttore responsabile
Renato Truce
Vice direttore
Lidia Gattini
In redazione
Maria Elena Buslacchi
Chiara Falcone
Simona Neri
Redazione di Torino
corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To)
tel. 011.7072647 - fax 011.7707005
e-mail: [email protected]
Redazione di Genova
Via Cairoli, 11 - 16124 Genova
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Redazione di Roma
via Nazionale, 5 - 00184 Roma
tel. 06.47881106 - fax 06.47823175
e-mail: [email protected]
Hanno collaborato
Dal laboratorio Attualità: Simona Neri
(supervisione giornalistica)
Andrea Boutros, Eleonora Cosmelli,
Elena Dardano, Virginia Lupi,
Marta Fabrizi
Dal laboratorio Giovani Critici:
Maria Elena Buslacchi
(supervisione giornalistica)
Chiara Colasanti, Elena Prati,
Alessandra Arpi, Giulia Ciavarelli,
Sara Coppa, Kalliroi, Giulia Iani,
Andrea De Sotgiu, Alice Golisano,
Chiara Cacciotti, Maddalena Messeri,
Melusina, Maria Caterina Temperini,
Paolo Nataloni, Martina Pi
Dal laboratorio Costume e Società:
Chiara Falcone (supervisione
giornalistica)
Laura Santi Amantini, Alessandro Bai,
Eleonora Zocca, Greta Pieropan,
Martina Rogato, Alessio Boggero,
Giovanni Mori, Luca Di Cursi, Caterina
Vercelli, Serena Mosso, Gaia Ravazzi
Abbiamo visto molti spot dedicati all’Italia durante il 2011, anno in cui abbiamo festeggiato il 150° dell’unità nazionale, peccato però che alcuni siano caduti proprio
in basso. Uno di questi è lo spot Coconuda, che, con il pretesto di parlare del made
in Italy, usa i colori della nostra bandiera in un contesto a dir poco “insipido”.
In una cornice nera firmata “Coconuda” vediamo un palazzo che ospita una festa:
la telecamera si sposta velocemente e poi procede più lentamente sui volti inespressivi degli ospiti, quasi tutte donne vestite di nero e con un trucco pesante. Danno l’impressione di essere molto snob e di divertirsi poco, si muovono solo per accarezzare un chihuaua, status symbol delle ragazze viziate, a quanto pare. Ad un
tratto la porta si apre trionfalmente ed entrano due ragazze e un ragazzo, probabilmente tre modelli, vestiti ciascuno con un colore della bandiera italiana: verde, bianco e rosso. Avanzano a rallentatore, tra lo stupore degli invitati e della cantante, che
ferma la sua esibizione (ma prosegue la sua registrazione che risuona da fuoricampo, purtroppo…) e dopo aver fulminato con lo sguardo il chihuaua che abbaiava, si siedono attirando su di loro tutti i fotografi presenti. Lo slogan non risolve la situazione: “Coconuda. Vesti italiano”. Qual
è la relazione tra i prodotti italiani e tre personaggi che attirano fotografi, ma non brillano certo per qualità, soprattutto perché la differenza con
gli altri invitati è solo nel colore degli abiti? Questa marca si rivolge a “meteore” televisive o della moda, che si annoiano a una festa? Vestire italiano non è soprattutto eleganza, qualità e buon gusto? Allora ritrovateli e confezionate un altro spot!
GUERRA AI BATTERI BALLERINI!
Poveri maori! Da quando il rugby dei fantastici All Blacks ha portato all’attenzione mondiale la loro danza tradizionale, non hanno più pace. Prima la Fiat, che
l’aveva fatta eseguire da alcune mamme, violando la regola tradizionale per cui la
danza di guerra è “cosa da uomini”, ora la Colgate che, per promuovere il suo
spazzolino, la fa ballare da batteri che cantano! Tutti in fila, con una maglietta nera su cui spicca un’enorme lettera “B” bianca, cantano il loro inno, scandito dai
movimenti palesemente copiati dalla danza maori, mentre la telecamera li passa
in rassegna, indugiando sulle espressioni di alcuni di loro! Per quanto ormai inflazionata dalla sua popolarità e dalla moda, non ci sembra una scelta rispettosa
utilizzare una danza tradizionale per uno spot di uno spazzolino contro i batteri,
germi verdi che fanno rabbrividire i poveri spettatori! È vero che si tratta di una
danza di guerra nata per spaventare i nemici, ma lo spettatore trema al solo pensiero di avere un gruppo di batteri da musical in bocca, che può cacciare solo attraverso l’argento su uno spazzolino!
Signori della pubblicità, siete voi a farci veramente paura: prima le banche che qualche tempo fa facevano ballare i clienti, ora la Colgate che fa
danzare e cantare i germi; ora possiamo proprio dire di aver visto cose che voi batteri canterini non potete nemmeno immaginare!
Bocciati!!!
Chi di voi, pregustando una bella tazza di
caffè, non pensa immediatamente alla
schiena di una donna? Nessuno? Eppure
qualcuno il collegamento lo ha fatto:
l’azienda Covim, azienda di torrefazione e
commercializzazione di caffè. La pubblicità
di cui si avvale la ditta ritrae la schiena sinuosa di una donna che riporta tatuato il
logo dell’azienda. La scritta scivola praticamente sui glutei della modella, che diventa
null’altro che uno spazio a pagamento per la
pubblicità. Più oggetto di così…
Impaginazione Gianni La Rocca
Web designer e illustrazioni Giorgia
Nobile
Fotografie e fotoservizi
Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia
I giovani reporter
utilizzano NikonD3100
Sito web: www.zai.net - Francesco Tota
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Anno XI / n. 1 - gennaio-febbraio 2012
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n° 486 del 05/08/2002
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diretti della legge 7 agosto 1990, n. 250.
Questo periodico è associato
all’Unione Stampa Periodica Italiana
Abbiamo toccato il fondo(schiena)
Possiamo accettare che quando si superano gli
esami universitari si possa dire che abbiamo
salvato il fondoschiena, ma perchè mai questo
deve essere proprio un perfetto mandolino in
biancheria sexy che si strofina con un altrettanto sensuale collega? La trovata pubblicitaria – segnalata sul blog comunicazionedigenere.wordpress.com – è stata utilizzata da un
sito realizzato da studenti universitari per
scambiarsi appunti. Si chiama Docsity, che, promette il claim, “ti salva il c…”. Ma prima bisogna salvare la faccia.
Hanno collaborato a questo numero
GIULIA
CIAVARELLI
Studentessa di Scienze della comunicazione, Giulia Ciavarelli, 21 anni, è
vicina al traguardo “laurea”, con una
buona dose di ottimismo. Nonostante
sia una grande amante del caffè a qualsiasi ora e della crostata con le mele,
ama definirsi perennemente a dieta.
Oltre ad essere una speaker radiofonica con una grande passione per la
musica, nutre interesse per il cinema,
i concerti e la scrittura. Ama fare la
“turista per caso”.
GIULIA
IANI
19 anni e 3 passioni trasmesse da 3
persone importanti: la fotografia da
suo padre, l’arte da sua sorella e la
lettura da sua madre. Divora libri e
sogna di diventare giornalista. È proprio per questo che si è iscritta a Lettere. Si appella quasi sempre alla legge
delle tre “p”: pazienza, perseveranza,
positività, alcuni degli ingredienti che
rendono la vita come quella famosa
scatola di cioccolatini, in cui non sai
mai quello che ti capita.
ELEONORA
COSMELLI
Eleonora ha 18 anni, ma fondamentalmente non ci si è ancora abituata.
Vive tra Roma e il proprio mondo e
si occupa attivamente di politica.
Tra i suoi maggiori interessi ci sono
l’arte, la lettura e la scrittura.
Ama molto viaggiare, mangiare pop
corn e comporre anagrammi.
Nel poco tempo libero che ha a disposizione frequenta anche il liceo
classico e spera di diplomarsi a
breve.
ANDREA
BOUTROS
Andrea Boutros frequenta il liceo
scientifico “Cassini” di Genova e
collabora da un po’ di tempo con
Zai.net. Ormai parte della ciurma di
Radio Jeans, coltiva la passione per
l’ideazione di nuovi programmi e la
creazione di nuovi progetti radiofonici. Non si staccherebbe mai dalle
radici egiziane, che sono alla base
della sua duplice cultura e dei suoi
primi esperimenti di scrittura artistica.
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Gennaio-Febbraio 2012
Attualità
Last minute
INFOWEB
www.zai.net
13 milioni
La scuola ai tempi
della rete
gli utenti italiani che
quotidianamente si
collegano a Facebook
tempo di lettura: 7 minuti
Inchiesta. Sei amico del tuo prof?
Facebook sul banco degli imputati
Fanno discutere le misure prese da alcune scuole per scoraggiare “amicizie” sui
social network tra professori e studenti. Fin dove può spingersi la confidenza?
Andrea Boutros,
17 anni
T
i è andato male il compito?
Sfogati direttamente sulla bacheca
del prof! Non è più una semplice fantasia (o un sogno irrealizzabile di
molti studenti): capita sempre più
spesso che il rapporto docente-alunno
non si fermi al suono della campanella, ma si protragga fino ad arrivare
nei loschi meandri delle pagine, dei
gruppi e dei link di Facebook. Accade così che alcune scuole “corrano
ai ripari”. Ad esempio, il dirigente
scolastico di un liceo di Bassano del
Grappa è balzato agli onori della cronaca qualche mese fa per aver posto
il suo veto – o meglio, il suo “disaccordo” – alle amicizie fra prof e ragazzi su Facebook in una circolare
inviata ai suoi insegnanti, motivando
così la sua decisione: “La scuola è la
scuola, i docenti sono i docenti e gli
studenti, studenti”.
Diversa è stata invece l’ancor più recente reazione di un preside di una
scuola media in provincia di Savona,
che non si è limitato a “sconsigliare”,
ma ha proprio vietato ai professori
della sua scuola di richiedere o accettare l’amicizia degli studenti.
Del resto, non mancano “illustri” precedenti: la scorsa estate l’utilizzo di
Facebook tra studenti e professori è
stato vietato per legge in un intero
Stato americano, il Missouri.
Addirittura in Canada, uno dei Paesi
con il più alto numero di “facebookiani”, quasi ogni mese si ha notizia
di insegnanti che hanno subito provvedimenti disciplinari come la so-
Un preside di una scuola
media in provincia di
Savona non si è limitato
a “sconsigliare”,
ma ha proprio vietato
ai professori della sua
scuola di richiedere
o accettare l’amicizia
degli studenti
spensione per aver sbagliato a relazionarsi con gli studenti su qualche
social network. L’Ontario college of
teacher ha suggerito ai docenti iscritti
alcune norme comportamentali che
vanno dall’uso del solo indirizzo email della scuola per comunicare con
gli studenti al limitarsi a rispondere ai
ragazzi entro le 22 di sera, anche se le
domande hanno per oggetto i compiti
del giorno dopo.
La prima circolare tricolore di veto a
Fb come mezzo di comunicazione tra
docenti e studenti fa dunque il giro
d’Italia e guadagna spazio sui giornali
che, come consuetudine, si contendono lo psicoteraupeta di turno per
avere l’opinione professionale sulla
questione. C’è quello secondo il quale
la relazione con gli studenti deve essere educativa, il controllo deve restare nell’ambito dell’apprendimento
e non riguardare le emozioni; c’è invece chi sottolinea come il rapporto a
livello pedagogico possa uscirne rafforzato, purché non si illuda l’insegnante di tornare giovane, né il ragazzo di arrivare ad una maggiore
confidenza col prof. Anche noi ci
siamo “illusi” di indagare sulla que-
stione e abbiamo sondato tra i docenti, ma soprattutto tra i ragazzi, che
sono poi i più coinvolti, visto che è
della loro (della nostra) educazione
che, alla fine, si parla. Il professor
Gasperini del liceo Cassini di Genova, ad esempio, ha le idee molto
chiare: «Sì per una discussione a pro-
posito dell’amicizia con i propri
alunni su Facebook e sulla sua corretta gestione, ma non riesco a capire
in base a quale norma di legge un dirigente scolastico possa proibire
l’amicizia docente-alunno sul social
network - afferma l’insegnante - secondo me non esiste», ribadisce. Tra
I risultati delle nostre interviste
i ragazzi, invece, il punto di vista più
gettonato pare essere anche quello
più ovvio: «D’accordo con l’amicizia
al prof, ma non quella troppo invasiva», pensa Gabriele. Insomma, gli
studenti vogliono essere liberi di postare, linkare e continuare a scrivere
tutto ciò che gli passa per la testa,
senza l’ansia di sentirsi “spiati” dal
professorone di turno. Facebook è
considerato uno dei pochi momenti di
relax nel corso della giornata dello
studente medio (che ormai non
guarda quasi più la televisione, come
attestano le recenti indagini), e come
tale va rispettato: «Io ho dei professori tra gli amici di Facebook, ma a
volte, quando voglio scrivere certe
cose, mi sento frenata…», si lamenta
Rebecca, che come moltissimi altri
studenti non si pone nemmeno il problema dell’ “autorità”, o della “scuola
che deve rimanere scuola”. Federica,
liceale ternana, racconta di un’insegnante che molto professionalmente
accetta l’amicizia solo di ex alunni, e
dei suoi compagni che sono restii a
stringere amicizia virtuale con il prof
di religione (non c’è dato sapere se
dipenda dalla materia o dall’insegnante in questione). Un’altra studentessa, Alexandra, rivela che la
maggior parte dei sui docenti tende a
mantenere una certa privacy su Facebook, «quelli che invece hanno aggiunto me e i miei compagni di classe
praticamente non ci sono mai!». Per
finire, Davide, lasciandoci addosso
un bel po’ di curiosità, ci ha scritto:
«Con un prof siamo pure troppo
“amici”… Fa vandalismo culturale
insinuandosi nelle mie conversazioni
e commentando aggressivo gli eventi
pacifici a cui lo invito».
Casi curiosi a parte, la sensazione,
confermata anche dal sondaggio lanciato nei giorni scorsi sul sito di
Zai.net, è che in fin dei conti non
siano poi molti i ragazzi e i docenti
amici sui social network e che,
quando questo accade, si resti comunque su un certo piano. E allora, di
cosa stiamo parlando? Ancora una
volta dell’illusione, di un mondo parallelo che brucia ogni tipo di distanza, dove il timido diventa estroverso, il politico è amico del cittadino
e il professore… è amico dell’alunno!
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Gennaio-Febbraio 2012
Attualità
Inchiesta
INFOWEB
www.unicef.it, www.paceperilcongo.it
www.elisso.it
Dove si trova
Il coltan è usato anche nell'industria aerospaziale per
fabbricare i motori dei jet,
oltre agli air bag, ai visori
notturni, alle fibre ottiche.
Consumare sì,
ma con la testa
tempo di lettura: 9 minuti
Coltan “insanguinato”. La guerra dietro la tecnologia
High tech: noi compriamo…
Dalle miniere del Congo si estraggono minerali come il coltan indispensabili per i nostri
apparecchi elettronici. Per il controllo di queste risorse sono tuttora in corso sanguinosi
conflitti che rappresentano il vero, drammatico costo del nostro high tech
Eleonora
Cosmelli, 18 anni
i siete mai chiesti da dove arrivino i cellulari prima di fare sfoggio di
sé sugli scaffali di negozi e supermercati? Questi, come i computer e gran
parte dei prodotti tecnologici, funzionano anche grazie all’impiego del coltan, una lega di columbite e tantalite
che ha l’apparenza di una sabbia nera.
In particolare serve ad ottimizzare il
consumo della corrente elettrica nei
chip di nuovissima generazione. Il minerale in questione non è però così facile da trovare: l’ottanta per cento delle
riserve mondiali si trova in Africa e
l’ottanta per cento di queste in Congo
(Repubblica Democratica del Congo),
precisamente nella regione del Kivu,
nel nord-est. Quest’area possiede anche
molte miniere d’oro: se il mondo fosse
semplice, la sua popolazione potrebbe
usufruire delle proprie risorse in modo
equilibrato e ricavarne adeguato profitto; il Congo è invece un Paese molto
povero e le sue ricchezze sono sfruttate
da gruppi di stranieri.
Non è facile nemmeno trovare informazioni sull’argomento. Giuseppe Carrisi, un giornalista di Rai International
che conosce da vicino l’area centroafricana e collabora a progetti di recupero di bambini soldato, racconta: «Essendo i prodotti che utilizzano minerali
come il coltan distribuiti su scala mondiale, sono molte le multinazionali
coinvolte».
Il traffico del coltan è gestito, ovviamente in modo illegale, da gruppi di ribelli e signori della guerra, che dirigono
un gigantesco traffico d’armi e controllano questi territori con la violenza.
I ribelli hanno tutto l’interesse a mantenere la situazione così com’è: il traffico del coltan frutta quanto quello dell’oro, se non di più; dall’altra parte c’è
invece una popolazione locale che non
solo non trae alcun vantaggio da questo “commercio”, ma ne è a tutti gli effetti sopraffatta. Il profitto, su scala
mondiale, sembra essere la priorità assoluta per tutti, dai signori della guerra
del sud del mondo alle aziende occi-
Foto di Tommaso Galli
V
dentali. «La “corsa al coltan” negli anni
‘90 è degenerata in una guerra che ha
coinvolto parte dell’esercito congolese,
ribelli ruandesi e gruppi armati non meglio identificati, provocando 5 milioni
di vittime tra i civili, un numero imprecisato di profughi interni e l’arruolamento di oltre 30.000 bambini soldato»,
continua Carrisi.
«La guerra in Congo sarebbe ufficial-
mente finita – ci spiega Donata Lodi,
responsabile delle Relazioni Internazionali e Advocacy nazionale di Unicef
Italia – ma soprattutto nell’est del Paese
permane un conflitto a bassa intensità
con scontri ricorrenti: le bande armate
continuano a presidiare le risorse e nessuno sa bene chi le controlla. Spesso i
bambini scappano da queste zone e cercano di arrivare a Kinshasa dove vi-
Con l’iPhone non si scherza!
Il gioco “Phone story” non è piaciuto
alla Apple che lo ha bandito dai suoi punti di distribuzione. Si tratta di un’applicazione creata dall’italiana Molleindustria,
una simulazione di gioco che denuncia come nascerebbero i telefonini: mostra l’utilizzo di minori per le estrazioni di materie
prime in Africa, le drammatiche condizioni dei lavoratori cinesi nelle fabbriche
d’assemblaggio, lo smaltimento di rifiuti
high tech. Gli sviluppatori sostengono che
il gioco dovrebbe suscitare una riflessione
critica, ma la Apple ha motivato il suo divieto spiegando che l’app di Molleindustria avrebbe violato alcuni Termini d’Uso dello store, proponendo
tra l’altro contenuti “violenti e crudeli”.
vono per le strade. Altri vengono arruolati dai gruppi armati».
Incalcolabili anche le conseguenze ambientali di un così intenso sfruttamento
del territorio: si va dall’abbattimento
degli alberi all’impoverimento del territorio in generale. Un’erosione del sistema natura che avrà, in un futuro
prossimo, gravi ripercussioni per tutti.
«Per estrarre il coltan - continua Lodi
- si distrugge lo strato fertile del terreno,
si elimina praticamente il primo metro
di terra; questo significa che quando
qualcuno convince i capifamiglia a cercare il coltan anche nel loro terreno,
molte famiglie finiscono in miseria perché i loro appezzamenti vengono distrutti e magari il prezioso minerale
non lo trovano neanche». Poi c’è il problema del contrabbando. «Soprattutto
fino ad un paio di anni fa si vedevano
continuamente aerei bianchi, senza alcuna insegna, partire carichi di minerali
e arrivare carichi di armi».
Di questo argomento in realtà non si
parla più molto. Forse perché la situazione oggi è migliorata? La comunità
internazionale finalmente ha posto fine
in qualche modo a tutto questo? In effetti, proprio lo scorso anno l’amministrazione Obama ha emanato il Dodd
Frank Act – la riforma finanziaria –
con cui sono stati introdotti per le imprese americane nuovi obblighi di trasparenza. Le società i cui prodotti contengono cassiterite (minerale di stagno),
coltan, wolframite e oro devono comunicare alla Sec, l’organo di controllo di
Wall Street, che i minerali usati non
provengono da zone di conflitto, in particolare dalla Repubblica democratica
del Congo.
«L’iniziativa è ottima – precisa Lodi –
ma non credo risolva il problema. Se si
analizzano le statistiche, si scopre un
volume enorme di esportazioni di minerali rari da Paesi come Uganda e
Ruanda che non si spiega con le loro
scarse risorse minerarie: in realtà i trafficanti provano (e riescono) a valicare i
confini, i minerali viaggiano dentro le
borse delle persone, trasportati nei Paesi
che non hanno conflitti in corso». Padre
Loris Cattani, missionario membro di
Rete pace per il Congo che nel Paese ha
vissuto, concorda: «L’intenzione dell’amministrazione Obama era buona,
tant’è che dopo il provvedimento molte
società minerarie si sono ritirate, ma il
commercio non si è fermato, è proseguito a livello clandestino. Il problema
grosso è la difficoltà di smantellare una
rete mafiosa cui concorrono gruppi militari e politici congolesi. Il primo controllo va fatto intanto nei punti di raccolta del prodotto grezzo all’interno del
Paese e poi anche lungo il trasporto:
può accadere ad esempio che il minerale
esca “pulito”, ma che nel tragitto venga
sottoposto a tasse illegali imposte da
gruppi armati». Poi c’è il problema dei
semilavorati. A comprare il coltan congolese attualmente sono soprattutto
aziende di componentistica elettronica e
di batterie per cellulari, in gran parte
ditte cinesi. «Sull’elettronica – conclude
Lodi – è difficilissimo acquistare prodotti con la sicurezza che non vengano
da quei posti, anche perché non si riesce
a controllare il giro che fanno i materiali
semilavorati: l’unica garanzia è esercitare il controllo da parte della comunità
internazionale su queste aree di conflitto, coinvolgendo anche Paesi come la
Cina, l’India e la Russia». Insomma, il
Congo resta «un supermercato a cielo
aperto», come lo ha definito Carrisi,
«da cui però non si passa alla cassa per
pagare».
5
Gennaio-Febbraio 2012
Soldi buttati
Ogni anno in Europa buttiamo 100 milioni di cellulari. Il 75% del nostro
materiale high tech finisce
nelle discariche illegali.
W il trashware!
Se volete cambiare il vostro pc, invece di buttarlo, potreste portarlo alle associazioni che si dedicano al trashware. È il nome dato alla pratica di recupero di vecchio
hardware informatico, mettendo insieme anche pezzi di
computer diversi. Parte integrante di questa filosofia è l’installazione di software libero.
tempo di lettura: 9 minuti
Rifiuti pericolosi. Le discariche della vergogna
... ma a pagare sono loro
Al plasma, Lcd, a schermo piatto. Dalle nostre case ai sobborghi dei Paesi in via di sviluppo dove
l’ “ultima generazione” dei rifiuti minaccia l’ambiente e la popolazione
Elena Dardano,
18 anni
a tecnologia è ormai diventata indispensabile per noi e con la
stessa velocità con cui acquistiamo
l’ultimo gioiellino high tech, ci disfiamo dell’ormai obsoleto predecessore. Ma sappiamo dove molto
spesso i nostri pc ormai “vecchi”, i
televisori, i cellulari rotti a volte dalla
nostra disattenzione o buttati perché
semplicemente non ci piacciono più
vanno a finire? Greenpeace ha risposto per prima a questa domanda: tonnellate di RAEE - rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche da noi prodotte vengono esportate e
smaltite in immense discariche nei
Paesi in via di sviluppo, che diventano così le pattumiere del mondo civilizzato, se a questo punto così si
può chiamare.
L’associazione ambientalista ha condotto in Ghana analisi sull’acqua e su
altri sedimenti di alcune aree chiamate di “riciclo improprio”, rinvenendo alte concentrazioni di metalli
pesanti e diossine, notoriamente cancerogene per l’uomo, che si producono a seguito della combustione di
alcuni prodotti plastici a base di
cloro. Gran parte di questi rifiuti
viene infatti data alle fiamme anche
per poterne isolare alluminio, rame o
oro che poi vengono rivenduti. Ne
nasce così un secondo mercato: “La
gente nelle discariche – ci spiega Vittoria Polidori, responsabile della
campagna Inquinamento di Greenpeace – lavora per pochi dollari.
Viene sfruttata per avere un piccolo
vantaggio economico. Chi esporta
questi rifiuti invece contribuisce alla
perdita di risorse preziose, che potrebbero essere utilizzate in miglior
modo, e ovviamente alla contaminazione di un ambiente già fortemente
aggravato”.
Le scorie elettroniche sono altamente
nocive per il territorio e soprattutto
per le vie respiratorie delle persone
che lavorano in queste discariche.
Dentro un tubo catodico, ad esempio,
si possono trovare piombo, perico-
Foto di Tommaso Galli
L
loso tra l’altro per l’apparato riproduttivo, e cadmio, che provoca danni
ai reni, o ancora mercurio che può
compromettere le funzioni cerebrali.
Tommaso Galli in una di queste discariche c’è stato: è andato da Agbogbloshie, sobborgo di Accra, in
Ghana, per documentare con la sua
fotocamera le condizioni in cui vivono le persone asserragliate in
mezzo a quel maleodorante e malsano agglomerato dei nostri più sofisticati rifiuti. «Sono partito con un
profondo senso di colpa per quello
che avrei visto – ci ha raccontato – e
sono tornato con un profondo senso
di colpa per quello che ho visto. La
discarica in realtà è una città, attraversata da un fiume che ribolle e trabocca di computer, televisori, acidi. Il
posto è chiamato Sodoma e Gomorra.
Ci sono case, una moschea, il mercato, bambini che passano con le divise della scuola, c’è il bestiame, puoi
avvistare persino gli aironi bianchi. È
come un villaggio africano all’interno
della capitale. C’è anche un campo di
calcio, circondato da computer e fumi
di apparecchi bruciati; si gioca in
mezzo al mercurio, al cadmio. Vivono lì dentro, armati: non se ne vo-
gliono andare, perché considerano il
lavorare nella discarica come una
grande fortuna. Io stesso non sarei
potuto entrare se non fossi stato accompagnato da due funzionari del governo. Alla base del villaggio una gigantesca trivella pressa tutto il
materiale: ne esce un liquame viola
che finisce nel golfo di Guinea, frequentato, tra l’altro, da numerosi pescherecci cinesi, giapponesi ed euro-
pei, con le conseguenze che potete
immaginare». Il suo reportage fotografico oggi è parte integrante del
progetto iGarbage, creato dall’associazione Elisso per sensibilizzare la
popolazione – scolastica soprattutto –
sulla problematica dello smaltimento
dei RAEE, «ma anche sul rapporto
che abbiamo noi occidentali con le
nuove tecnologie: ho fotografato
bambini che a tre anni se ne stanno
per conto loro a giocare nei parchi
con piccoli computer sulle ginocchia». Piccoli techno consumatori
crescono e iniziano precocemente a
produrre rifiuti high tech.
La questione è: come può accadere
tutto questo? «Esiste una convenzione internazionale – chiarisce Polidori – che vieta l’esportazione di questi rifiuti pericolosi, ma la legge viene
aggirata attraverso l’escamotage del
“bene di seconda mano”: la merce
viaggia come un prodotto da riutilizzare quando in realtà si tratta di rifiuti
da smaltire». Traffici illeciti a parte, le
responsabilità sono diverse, il fenomeno è piuttosto complesso. «Sicuramente – continua Polidori – dovrebbero esserci controlli maggiori
del rispetto della legge. La nostra impone un ciclo virtuoso che non sempre si realizza. Oggi esistono tre vie
per disfarsi di un elettrodomestico:
portarlo in un centro di raccolta, chiamare il Comune laddove questo offra
il servizio, oppure, al momento di acquistare un nuovo prodotto, portare il
vecchio apparecchio al negoziante in
base al famoso decreto “Uno contro
uno”. Il problema è che questo è stato
adottato con molto ritardo in Italia e
ancora oggi non è sempre rispettato,
mentre i centri di raccolta sono pochi,
mal posizionati e mal gestiti. Poi, ancora prima, ci sono ovviamente le responsabilità dei produttori che dovrebbero limitare l’uso delle sostanze
pericolose». E noi giovani, che siamo
“schiavi” dell’ultimo modello di cellulare, dell’ultimo gioco da inserire
nella Wii, cosa possiamo fare? Intanto, al momento dell’acquisto, si
possono privilegiare le società “virtuose”: sempre Greenpeace, ad esempio, ha pubblicato un’Eco-guida dove
vengono classificate le aziende elettroniche in base a tre parametri: politica energetica, eco-compatibilità dei
prodotti, sostenibilità della filiera.
Poi, «naturalmente – conclude Polidori – fare raccolta differenziata e,
prima ancora, valutare se sia davvero
necessario comprare un nuovo prodotto o sia sufficiente migliorarne le
performance comprando una parte di
esso». Siete ancora sicuri di avere
assolutamente bisogno di un nuovo
telefono?
6
Gennaio-Febbraio 2012
Scuola
Multimedia
INFOWEB
buonalaprima.zai.net
54%
È la stampa,
bellezza!
I giovani che hanno
deciso di non leggere
più i quotidiani
tempo di lettura: 8 minuti
Genova. Un modo innovativo per leggere il giornale in classe e non solo
A scuola di prime pagine
In un Paese in cui la lettura dei quotidiani cola a picco, il progetto ligure
“Buona la prima” prova a cambiare rotta. Ce ne parla Roberto Dasso, Direttore
dell’Azienda Regionale per i Servizi Scolastici e Universitari della Liguria
Virginia Lupi,
17 anni
T
utta la gente corre a casa davanti
alle televisioni. Così recita una famosa
canzone di Vasco di qualche anno fa.
Niente di più vero: nonostante la forza
eversiva di internet, la televisione rimane ancora il medium preferito per informarsi. È quanto emerge da una recente ricerca del Censis/Ucsi: l’80%
degli italiani la predilige come fonte - più
o meno attendibile - di notizie. La concorrenza spietata di social network e siti
internet si fa sentire, soprattutto nei giovani: uno su due dichiara di informarsi
attraverso Facebook. A perdere, e fragorosamente, in questa guerra dei media
sono i giornali. Fanalini di coda della
classifica, i quotidiani hanno perso il 7%
di lettori in due anni e, considerando
solo la fascia dei ragazzi la percentuale
si impenna al 18%. Se per molti questo
è un dato fisiologico derivato dall’arrembaggio della rete, bisogna anche considerare come i giovani usano internet:
se ad essere consultati sono i siti web dei
quotidiani oppure se la fonte di informazione è un’altra. Secondo la ricerca,
i social network sono i più gettonati in
questo senso: basta il post di un amico su
Facebook per considerarsi informati.
Alle pagine ruvide e fitte si sostituisce lo
slogan lucido e grande, con il rischio di
“leggere” la realtà in maniera sempre
più superficiale.
Per non parlare della libertà d’informazione: tanto evocata da riempire intere
piazze nei mesi scorsi, rischia di essere
messa a dura prova dalla crisi che sta colpendo la stampa. Le piccole testate locali
stanno infatti vivendo una fase di grande
difficoltà che non si risolverà tanto facilmente: il rischio è che ad informare
siano poche grandi voci.
Per contrastare tutto questo, in Liguria è
nato un progetto per avvicinare i ragazzi
alla lettura dei quotidiani in modo del
tutto innovativo: “L’Edicola di Zai.net”,
un vero e proprio laboratorio di attualità
multimediale ideato da Mandragola Editrice che porta le prime pagine dei giornali in 90 scuole e centri di aggregazione giovanile della regione. Le edicole
Se dopo cinque anni di
scuola superiore uno
studente ha imparato a
non leggere il giornale
passivamente, questo vale
ancora di più che conoscere
a memoria qualche formula
Per i fratelli minori
Una guida per la
scelta della scuola
Gli esami di terza media si avvicinano all’orizzonte e c’è poco
tempo per iscriversi alla scuola superiore. Non sapete cosa scegliere
e avete perso la bussola fra i tanti
percorsi possibili? Non preoccupatevi, con Guidascuole.net scegliere non sarà più un problema!
Ma cos’è Guidascuole? È un nuovo portale dell’orientamento promosso da Azienda Regionale per i
Servizi Scolastici e Universitari e
l’Assessorato
all’Istruzione
della Regione
Liguria che
presenta tutti
gli istituti del
territo-
rio in modo innovativo, interattivo
e multimediale. Andando sul sito
www.guidascuole.net si possono
trovare tutte le scuole divise per categoria, presentate con una scheda
che ne illustra tutti i punti di forza:
dall’offerta formativa ai progetti
speciali, dai servizi ai laboratori.
Una sezione specifica del sito vi
spiega le novità dell’ultima riforma della scuola, analizzando i diversi percorsi formativi e gli sbocchi lavorativi.
Ma c’è di più! Chi vi può consigliare meglio di chi già ci è passato?
Con School Advisor, una sezione
del sito con le opinioni dei ragazzi
che hanno già frequentato una determinata scuola, potrete farvi
un’idea più chiara. Non avete tempo di leggervi tutte le informazioni? Scaricatevi sul lettore mp3 la
presentazione in podcast e ascoltatela quando volete. Insomma, scegliere non è mai stato così facile!
nelle scuole sono punti informativi, totem su cui vengono visualizzate a rotazione le prime pagine dei quotidiani nazionali ed internazionali, oltre alle news
dell’ultima ora che scorrono in basso.
L’evoluzione dell’Edicola di Zai.net si
concretizza in “Buona la prima”, iniziativa patrocinata dall’Associazione Ligure dei Giornalisti - F.N.S.I., frutto dell’adattamento del laboratorio di attualità
multimediale alle esigenze di
A.R.S.S.U. (Azienda Regionale per i
Servizi Scolastici e Universitari della
Liguria) e realizzata grazie al contributo
economico e di idee dell’Ente. «Con le
edicole di Zai.net abbiamo compiuto un
primo importante passo: quello di invogliare i ragazzi, anche se all’inizio solo
per curiosità, a vedere come vengono
presentate le notizie dalle varie testate.
Oggi con “Buona la prima” facciamo di
più: diamo ai docenti la possibilità di
fare una vera e propria lezione, di costruire quell’abito critico che permette ai
giovani un’informazione responsabile»,
spiega Roberto Dasso, Direttore dell’Arssu. Il progetto prevede infatti un
utilizzo didattico delle prime pagine dei
giornali: ciascun docente avrà a disposizione per i propri studenti una serie di
p a s sword che consentono
l’accesso ad una piattaforma di lavoro
appositamente realizzata per il progetto.
Tra le attività previste: segnalare la notizia inutile, quella che gli altri non danno
e quella che fa indignare. Tutti esercizi
che mirano a rendere i ragazzi più consapevoli di ciò che leggono, proponendo
un’analisi accurata del linguaggio spesso
magniloquente e urlato dei titoli.
«“Buona la prima” ha un valore aggiunto rispetto al semplice quotidiano
che arriva a scuola: prima di tutto perché
spesso il quotidiano che arriva è uno
solo. I ragazzi che leggono una data notizia sono portati a pensare che sia vera,
senza porsi il problema di come venga
riportata altrove. Con il confronto sinottico degli altri quotidiani questo problema viene superato», continua Dasso.
E proprio la possibilità di mettere a confronto i vari titoli, organizzandoli razionalmente in cartelle è uno degli
esercizi a disposizione di ragazzi e docenti sulla piattaforma. Ciascuna cartella
può essere poi condivisa con gli altri, in
modo da poter confrontare il lavoro svolto e semmai integrarlo. Completa la serie degli esercizi un sistema di votazione che “premia” la vignetta, la foto, la
prima pagina più belle. «Poter lavorare su questi materiali è molto importante:
se dopo cinque anni di scuola superiore uno studente ha imparato a non leggere il giornale passivamente e a porsi
delle domande, questo vale ancora di più
che conoscere a memoria qualche formula», conclude Dasso. In fondo, studenti più informati significa migliori cittadini di domani.
7
Abruzzo
Sotto i venti
L’Aquila,
oltre le transenne
INFOWEB
www.regione.abruzzo.it
www.radiojeans.net
Pagina realizzata nell’ambito del
progetto Young communication,
con il sostegno del Fondo Europeo
di Sviluppo Regionale POR-FESR
2007-2013 “Attività VI.I.3” dell’Assessorato alle Politiche Culturali –
Servizio Politiche Culturali.
tempo di lettura: 5 minuti
Foto di Luigi Baglione
Tra ricordi e realtà. Il racconto di una giovane studentessa
Marta Fabrizi,
18 anni
C’
è un nuovo vicolo senza
transenna per il corso: è aperto, è un altro scorcio di città da ricordare.
Salgo su per la salita e cammino fino
a perdermi nella memoria, cercando
di ricordare un qualsiasi giorno del
passato in cui ho percorso questa via,
in cui mi ci sono trovata senza pensarci, senza provare meraviglia, questa
nuova meraviglia che invece provo
adesso. È strano: dovrebbe essere normale camminare per le vie della propria città senza pensarci troppo su.
Non ho avuto nessun ricordo, i miei
occhi sembrano guardare uno scenario
del tutto nuovo. Mi fermo in una minuscola piazzetta: non c’è nessuno, i
sampietrini sono verdi, c’è dell’erba ai
bordi delle case e fa freddo, molto.
Eppure fuori è una tiepida giornata di
primavera, anche se di primavera in
questa piazza non c’è segno.
Mentre guardo questi vicoli ho nella
mia testa l’immagine di una casa abbandonata, dove mai nessuno passa e
fa freddo, è umido, qualche muro è
anche rovinato. Ma non riesco a spostare gli occhi da queste mura. La fantasia comincia a prendere il sopravvento e mi porta via. Adesso sono nella
stessa piazza ma è così bella e piena di
vita! Le antiche mura della chiesa non
hanno più il muschio che le contorna e
il mascherone non ha l’aria triste e tetra, sembra quasi sorridere al raggio di
sole che lo illumina. Sembra esserci
l’aria di festa, i sampietrini bianchi colorano l’atmosfera di tranquillità.
Ad un tratto il rumore di un cantiere vicino mi sveglia, c’è un operaio che
urla dall’alto dell’impalcatura e allora
capisco che stavo sognando; mi sveglio e faccio i conti con la realtà, con
questa piazzetta solitaria e fredda.
Guardo l’orologio: è tardi, devo andare, tra qualche minuto parte l’autobus, mi tocca anche correre e così mi
rimprovero di aver perso tempo a fan-
tasticare. D’altra parte me lo sento ripetere ogni giorno che sono altre le
cose che valgono, che è arrivato il momento di essere seri e smetterla di difendere questi quattro sassi.
Ma mentre cammino a passo svelto
tra i vicoli mi trovo davanti un anziano
signore che porta per mano suo nipote,
troppo piccolo per ricordare la casa
del nonno. Il bimbo ascolta i suoi racconti con occhi ingenui che cercano di
stare dietro a quelle parole così strane,
Una scossa d’arte
Riapre il Muspac
in periferia
È il primo e unico museo a
“risorgere” all’Aquila: gravemente danneggiato dal sisma del
2009, il Museo sperimentale
d’arte contemporanea ha inaugurato da poco la nuova sede in
Piazza D’Arti, diventata ormai il
luogo d’incontro di tutte le associazioni culturali. Fin dalla sua
fondazione nel 1993, il Muspac
ha raccolto opere di artisti nazionali e internazionali di grande rilievo; oggi la sua collezione permanente, impreziosita anche
dalle donazioni fatte dopo il terremoto, vanta nomi come Pistoletto e Joseph Beuys. Non solo
opere: presso il museo vengono
organizzati incontri, laboratori
didattici per i ragazzi e conferenze. Tutte iniziative che ora più
di prima assumono il ruolo importante di riaggregare la collettività attraverso nuovi stimoli. Il
nuovo Muspac è stato realizzato
grazie alle donazioni di Terna,
della fondazione Carispaq, del
museo delle Genti d’Abruzzo di
Pescara, del Comune dell’Aquila
e della Protezione civile.
che non possono essere vere. Rimango
pietrificata, non penso nemmeno all’autobus che parte, con i raggi del
sole che tramontano mi tornano in
mente le parole de Il vecchio e il bambino: c’è la stessa poesia.
Allora capisco perché questi quattro
sassi contano così tanto. Capisco perché bisogna credere in una ricostruzione, perché si deve voler tornare a
camminare sulle nostre strade. La spiegazione è semplice, è ovunque. Si
legge nella nostalgia negli occhi dell’uomo mentre parla a suo nipote, è nei
centri commerciali quando si è assaliti
dalla confusione e capisci che le luci al
neon non potranno mai rimpiazzare i
lampioni di Piazza Palazzo, è nella
consapevolezza di non volersi trovare
un giorno davanti a un bambino e mostrargli la stessa città di adesso, dirgli
a testa bassa: “non ci siamo riusciti”.
Io a un bambino voglio raccontare
un’altra storia, simile a una favola, e
dirgli infine che, nonostante gli sforzi
e le difficoltà, tutti tornarono ad essere
felici e contenti dentro queste mura.
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Gennaio-Febbraio 2012
Vivere a...
INFOWEB
www.pechino.asia
Pechino
La rete vince
La censura blocca
Twitter, ma il web
reagisce: nel 2011 in
Cina si è avuto il
boom dei microblog
Nel Paese delle
mille contraddizioni
tempo di lettura: 7 minuti
Cina. Una giovane reporter tra le strade della Capitale
All’ombra della grande muraglia
Per la filosofia cinese gli opposti si completano. Nulla di più vero in una
città come Pechino dove tradizioni e modernità si sposano perfettamente
FIVE
UP
Martina
Rogato
1
2
3
Il connubio vecchio e
nuovo, tradizione e modernità dell’arte cinese,
dalla visita ai templi e
luoghi storici di Pechino
al Museo d’arte contemporanea
Le varie cucine regionali
da sperimentare a basso
costo
Il Tai chi chuan e le pillole
di saggezza della filosofia
cinese
4
Lo shopping a prezzi
stracciati
5
La pulizia della città tirata
a lucido
FIVE
DOWN
L’inquinamento della
città che rende l’aria irrespirabile
1
Il traffico pazzesco e
l’inevitabile caos che ne
deriva
2
La difficoltà di comunicare con i cinesi
3
In particolare, la difficoltà a capire quando un
cinese ti dice “sì” e vuol
dire effettivamente di
“sì”, e quando invece è
solo gentile e anche se
dice “sì” è un “no”
L’abitudine dei cinesi a
sputare
4
5
P
echino, un connubio inusualmente armonioso di tradizione e modernità, velocità e lentezza, Oriente e
Occidente, una città con intrinseche
contraddizioni dove i paradossi convivono armoniosamente.
La filosofia cinese degli opposti che si
completano (il meglio noto principio
taoista dello ying e lo yang) è ovunque. Nel coesistere forzato di quel che
rimane degli hutongs, (le tradizionali
case cinesi) e gli infiniti grattacieli
che sovrastano il Chaoyang Discrict,
che di notte mostrano giochi di illuminazione da togliere il fiato; nella
caoticità del traffico delle strade di
Pechino circondate dal silenzioso
parco di Beihai dove tra migliaia di
fiori e piante curatissime ogni mattina i cinesi praticano il Tai chi chuan.
Tappa doverosa per chi visita la Capitale cinese è Piazza Tien an men, ampia, squadrata ed in perfetto stile sovietico, facilmente riconoscibile per
l’enorme dipinto di Mao Tse Tung situato davanti al Parlamento. Attraversando Tien an men, si giunge facilmente nella Città Proibita, la residenza
degli imperatori delle ultime due dinastie cinesi Ming e Qing. Il complesso è costituito da una serie di palazzi e saloni, separati da piccole
stradine, proprio come una città. Colpisce molto per i colori delle sue strutture - in genere rosso, blu ed oro realizzate interamente in legno e dipinte a mano, in netto contrasto con il
candore del marmo bianco delle stradine e delle statue che rappresentano
animali tradizionali della cultura cinese. A Pechino tradizione e modernità convivono a distanza di qualche
distretto. Dopo aver visitato il cuore
dell'ex- Impero celeste, passando per
il bellissimo Palazzo d’Estate e i suoi
incantevoli giardini, da non perdere
soprattutto per gli amanti dell’arte
contemporanea è il Dashanzi Art District, conosciuto anche come 798 di
Pechino, situato nella periferia a nord
est della città. Originariamente era una
fabbrica tedesca, ma oggi è stata co-
Il Palazzo d’estate
lonizzata da giovani artisti ed è diventato un dinamico centro di esposizioni,
show, gallerie che non ha nulla da invidiare al Tate Modern di Londra. La
Capitale del Continente giallo offre
agli amanti della buona cucina la possibilità di assaggiare diverse specialità
regionali ad ottimo prezzo, e per i più
coraggiosi e temerari, tra le vie del
centro e in alcuni ristoranti è possibile
assaporare inusuali spiedini di scorpioni ed insetti vari. Passeggiando vicino al Tempio di Confucio, invece, ci
sono posti in cui assaggiare il tradizionale té cinese. Alcuni pechinesi infatti hanno adibito il loro cortile in-
Piazza Tien An Men
terno a sala da té per turisti, dove timidamente viene servito insieme a
dolcetti tipici (molto lontani dalla nostra tradizione pasticcera perché non
amanti dei sapori troppo dolci!); su richiesta permettono di acquistare teiere e tazze con tipiche decorazioni
cinesi.
Per gli amanti dello shopping, imperdibile è fare un salto a San li tun, dove
oltre alle ben note catene internazionali, e tralasciando il vastissimo mercato della contraffazione cinese sempre pieno di turisti, c’è il Mercato
Panjiayuan dove è possibile acquistare
seta, prodotti in cera lacca e altro arti-
giano tipico. Per fare acquisti in Cina
la parola d’ordine è contrattare! I
prezzi dei prodotti non sono mai fissi,
ed in genere vengono rialzati apposta
per gli stranieri: contrattare con dignità, ma tenacia un prezzo vantaggioso è tipico costume della città.
Per gli amanti dello sport, è possibile
ammirare le strutture realizzate in occasione dei Giochi Olimpici del 2008
ed in particolare il bellissimo Stadio a
“nido di rondine”, ma anche effettuare
degli Olympic Bike Tours, escursioni
della città su due ruote passando per i
quartieri antichi e gli hutongs di Dongcheng.
Infine, come dice un antico proverbio
cinese “nessun eroe può definirsi tale
se non raggiunge la Grande Muraglia”,
ciò vuol dire che non è proprio pensabile passare da Pechino senza dedicare una giornata alla visita di una
delle sette meraviglie del mondo, che
con i suoi 6500 chilometri si snoda da
Oriente fino all’interna provincia del
Gansu. Muniti di scarpe da tennis, sfidando i monsoni a 70 chilometri dalla
città si può visitare il tratto della Muraglia chiamato Balading, oppure, se si
predilige un’escursione meno turistica
per ammirare la parte più autentica ed
antica della fortificazione, è consigliabile raggiungere la zona del Simatai. La scarpinata vale una vista panoramica da mozzare il fiato.
9
Gennaio-Febbraio 2012
Vivere a...
Savona
INFOWEB
www.comune.savona.it
www.provincia.savona.it
Bassa classifica
Nel Rapporto Qualità
della vita 2011 di ItaliaOggi e Università La Sapienza, Savona crolla al
posto numero 78.
Una città
dai tanti sapori
tempo di lettura: 7 minuti
Daily tour. Scorcio a colori del capoluogo ligure
Savona: anziana, ma non troppo
All’anagrafe è il capoluogo più “vecchio” d’Italia, ma la città nasconde
un’anima giovane, che ha voglia di divertirsi. E qualche volta ci riesce
FIVE
UP
Alessio Boggero, 17 anni
Giovanni Mori, 17 anni
Luca Di Cursi, 17 anni
Caterina Vercelli, 17 anni
A Savona convivono
paesaggi montani e balneari
2
Il centro storico, che si
dirama in tanti piccoli vicoli, attraverso i quali si
arriva in piazza Sisto IV,
dove al sabato si incontrano i giovani
3
Il dialetto, reso famoso
dal comico Balbontin
4
5
Uno scorcio della città
verso il porto, che da pochi anni è
stato rimodernato, diventando il terminal crociere Costa. Le navi, che attraccano quasi ogni giorno, aumentano l’affluenza dei turisti, che
apprezzano le architetture di alcuni
palazzi e della fortezza del Priamar.
Sotto questa storica fortezza c’è la
zona prolungamento, ossia il lungomare, che durante l’inverno ospita il
luna park, noto come covo dei
“truzzi”.
In estate, invece, gli stabilimenti balneari si riempiono di culturisti che
mostrano la muscolatura acquisita durante le ore trascorse in palestra e
l’abbronzatura precoce procurata nei
centri benessere.
Dal lungomare si prosegue per Corso
Italia e si dà un’occhiata alle vetrine.
Quando invece il tempo non permette
di stare all’aria aperta, tutti al centro
commerciale Il Gabbiano, che ospita
negozi per tutte le tasche.
Nel tardo pomeriggio si torna in centro per un aperitivo. Appena la fame
torna, si può stare insieme per una
pizza. Ottima alternativa è il pesce: i
pescatori, come tradizione, partono
al mattino alle cinque per rifornire i
ristoranti della zona. I liguri lo sanno
preparare bene e gli intenditori pos-
sono degustarlo fresco nelle numerose trattorie della parte più esterna
del porto.
La sera, ovviamente si vuole uscire. Il
problema è: cosa fare e dove andare?
Oltre al cinema, le soluzioni sono poche: gli eventi per noi giovani scarseggiano, e i concerti
e le esibizioni in programma al teatro interessano prevalentemente un pubblico
più maturo.
Purtroppo, a Savona
i giovani sono una
minoranza: stiamo
parlando della città
con la più alta percentuale di anziani in
Italia.
In generale i ragazzi
optano per una serata
al porto, accompagnati da un drink servito da uno dei numerosi pub e bar.
Alcuni scelgono invece di gustare un
gelato in Piazza
Diaz, storica gelateria savonese, che offre alcuni fra i dolSingolare
ciumi più buoni della città.
Dopotutto, anche se gli intrattenimenti non sono numerosi e la noia resta in agguato, la vita qui è piuttosto
piacevole, l’ambiente è pulito, il paesaggio è bellissimo e il centro è tranquillo.
Foto di Anna Falco
ome vive un giovane a Savona la propria routine quotidiana?
La città, verso le sette e mezzo, improvvisamente si popola. Studenti di
ogni etnia arrivano in centro un po’
demotivati per le cinque o sei ore che
li attendono al chiuso. Savona ospita
un gran numero di istituti e licei, tutti
diversi fra loro; proprio per questo i
ragazzi che occupano le strade durante le prime ore di luce provengono
da tutta la provincia.
Suona l’ultima campanella della giornata e la folla si riversa di nuovo per
le strade; c’è chi torna a casa e chi si
ferma al bar per un panino con gli
amici. Il numero di bar e di kebaberie
è impressionante, tanto che fumi e
odori di carne, fritto e olio invadono
i vicoli più piccoli (i nostri amati caruggi). Dopo l’ingorgo dell’una la
città sembra deserta, ma verso le tre il
centro inizia nuovamente a riempirsi:
impiegati che tornano al lavoro, anziani che passeggiano per scacciare la
noia e giovani che vanno a studiare
nelle numerose biblioteche. Sono
molto frequentate anche le librerie
grandi e piccole, vecchie e nuove.
Alle quattro gli adolescenti si incontrano in Piazza Sisto per iniziare il
loro pomeriggio di svago e folle divertimento (magari!), che consiste in
un continuo tour dei pochi posti relativamente interessanti della città.
Partendo dalla piazza principale, ci si
reca in Via Pia, dove ci si può ingozzare di focaccette con panissa, una
specialità savonese prodotta con farina di ceci. Sempre a base di ceci è la
farinata, altro piatto tipico della zona.
Noi savonesi, però, ci siamo permessi
di modificare la ricetta originale, inventando la farinata di grano che i
genovesi, nostri storici rivali, disprezzano malamente. Ma, ve lo assicuriamo, è ottima!
Da Via Pia, passeggiando sotto i portici di via Paleocapa, proseguiamo
Foto di Anna Falco
C
1
Il suggestivo porto, uno
dei più grandi e antichi
della Liguria
Lo Scoglio della Madonnetta con una piccola e
bellissima spiaggia
FIVE
DOWN
Savona non valorizza le
strutture artistiche, storiche e del paesaggio
La maleducazione di alcuni automobilisti che
fischiano alle passanti
e apostrofano le persone con parole non
proprio eleganti
2
La scarsa pulizia delle
strade e delle spiagge
3
Ci sono pochi locali e
luoghi di ritrovo dei
ragazzi
4
L’inefficace organizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti
mix di antico e moderno
1
5
A cura di Vanina Jaho e Anna Falco
10
Attualità
Gennaio-Febbraio 2012
INFOWEB
giannivattimo.blogspot.com
Cultura
I laureati
Da uno studio della Fondazione Giovanni Agnelli: in
Italia aumentano i laureati,
ma sono più precari e meno
pagati rispetto al passato.
Generazioni
a confronto
tempo di lettura: 9 minuti
Filosofando. A colloquio con Gianni Vattimo
Ci vorrebbe una vera emergenza
Troppa stabilità immobilizza, le piccole crisi attuali non porteranno a reali trasformazioni. Ne è
convinto il filosofo Vattimo che ai giovani dice: la democrazia non si ottiene una volta per tutte
Laura Santi
Amantini, 19 anni
L
a nostra è un’epoca tranquilla, troppo tranquilla. Non perché non
ci sia nulla da cambiare, ma perché
siamo ormai così convinti dell’inutilità di qualunque sforzo che non facciamo più niente.
Sollevazioni come quelle della primavera araba e movimenti come quelli
degli Indignados sono fonte di speranza, ma non si possono paragonare al
Sessantotto. Credo che fosse più divertente essere giovani in quel periodo, perché l’irrequietezza propria della gioventù era rispecchiata dal rinnovamento che investiva l’intera società.
All’epoca io ero già professore all’Università ed ero combattuto tra le
istanze di cambiamento e il mio ruolo
che mi poneva dall’altra parte della
barricata. Non lo ricordo come un momento allegro, ma ricco di vitalità,
quella vitalità che oggi manca.
Heidegger diceva che la vera emergenza è l’assenza di emergenza, ed è
proprio così. Oggi viviamo in una
condizione di piccole crisi che non
danno mai luogo a reali trasformazioni. La parola chiave è stabilità, che
naturalmente è importantissima, ma
ha anche una connotazione
negativa: il rischio è di
non cogliere le occasioni
di cambiamento, di limitarsi a conservare l’ordine esistente riparando
di volta in volta le falle che si creano. Chi
parla più di trasformare i rapporti di
proprietà o le
strutture del
mondo del
lavoro?
Una società
sempre più
calcolabile e
prevedibile tranquillizza, ma alla fine immobilizza.
Restate svegli!
In politica è cambiato troppo poco, ma
è difficile per i giovani entrare nel vivo
della competizione. Paradossalmente, era
più facile prendere una decisione per chi
viveva, ad esempio, al tempo della Resistenza: la situazione era così intollerabile da spingere i ragazzi a diventare
partigiani.
Quello che dobbiamo capire è che in realtà la democrazia non si ottiene una volta per tutte. La democrazia consiste nella conquista di nuovi spazi di libertà. Certo, non è rassicurante sentirsi sempre mobilitati, ma non dobbiamo continuamente
ridiscutere le norme per non rischiare di
adagiarci. I piccoli
conflitti sono importanti per
mantenerci
svegli. Ed è
importante
stare svegli
insieme; se
vogliamo
cambiare
qualcosa dobbiamo riunirci
e discutere, piuttosto che leggere
in solitudine il Capitale di Marx.
La tentazione di impigrirsi è forte.
Non è una novità, già Oscar Wilde diceva: “Il socialismo è una bella cosa, ma
fa perdere troppe serate”. Confesso che
perfino io preferisco un bel film alla lettura del Capitale o all’ennesima riunione politica.
Il nuovo oppio dei popoli è la televisione.
I media sono un’arma potente, ma possono diventare anche una droga collettiva, se usati per stordirci, per darci l’illusione di poter arrivare in un attimo ai
nostri cinque minuti di fama, senza impegnarci realmente.
Salvati dalla Rete?
Non è facile riuscire a fare informazione libera e indipendente. L’ostacolo maggiore non è tanto la volontà
di qualcuno, quanto le ragioni
economiche. I piccoli giornali, meno diffusi, ma più interessanti proprio perché
più indipendenti, sono sull’orlo del fallimento, e l’informazione tende a concentrarsi sempre di più nelle
mani di chi ha già molto potere.
L’unica soluzione, in questo
momento, è la Rete, che ha
svolto un ruolo fon-
damentale per le rivoluzioni arabe. Ma
per quanto tempo ancora rappresenterà una valida alternativa? Anche per ovvie ragioni di sicurezza, questi canali
stanno diventando sempre più controllati, più accessibili ai governi, e di
conseguenza meno liberi.
Università: più idee,
meno profitto
La situazione dell’università italiana è
drammatica. L’Italia sta cercando di innestare brutalmente un modello privatistico di stampo americano su una
lunga tradizione di istruzione pubblica.
Le università americane sono piccole imprese capitalistiche in concorrenza tra
loro, per questo, se funzionano, funzionano davvero bene.
Ciò che dobbiamo tenere presente è la
differenza tra la gestione del pubblico
e quella di un investitore privato: il privato deve valutare la rendita immediata, mentre il pubblico, la politica, può
avere prospettive più a lungo termine.
Deve ispirarsi più alle idee e meno al
profitto. Questo non vale solo per
l’istruzione, ma per tutti i settori.
Nel resto d’Europa la situazione dell’istruzione non è poi così diversa da
quella del nostro Paese, proprio perché
la mentalità dei governi è simile.
La filosofia
salva l’anima
Lo confesso, sono un fan del Sud America, di Paesi come il Venezuela, del quale spesso si dice male, dove il denaro viene gestito in maniera alternativa.
Tutto l’ordine mondiale è in mano al potere economico. È un contesto nel quale la cultura, specialmente quella umanistica, non immediatamente applicabile,
finisce per essere stritolata.
Siamo in una fase storica nella quale un
laureato in materie scientifiche ha qualche possibilità di impiego, mentre un laureato in filosofia sembra candidato al suicidio o, se è fortunato, a vivere della pensione dei nonni. Ma studiare filosofia,
o letteratura, è fondamentale per salvarsi
l’anima, per non diventare solo una rotellina negli ingranaggi della società della comunicazione e del consumo.
Se le facoltà scientifiche offrono ancora
qualche possibilità ai ricercatori è perché
giocano sull’intervento del capitale privato.
Eppure, è fondamentale tenere viva ogni
tradizione di pensiero. Una società senza filosofia è una società di lotta a coltello per guadagnare di più, e nient’altro.
Non ho una ricetta per una nuova società,
non posso che sperare di limitare i danni di quella nella quale viviamo. Certo,
i giovani siete voi, perciò, datevi da fare!
Da Torino all’Europa
Gianni Vattimo è uno dei più noti filosofi italiani, attualmente deputato al Parlamento Europeo nelle file dell’Italia dei Valori. Negli anni Settanta è stato preside della facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Torino. Con Furio Colombo
e Umberto Eco ha lavorato ai programmi culturali di
Rai Tv. Nel 2005 ha accettato la candidatura a sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza), sostenuta da una lista civica che porta il suo
nome, contribuendo a far nascere “la
Voce di Fiore”, un movimento di giovani attivo nell’antimafia.
Il professor Vattimo collabora come
editorialista a diversi giornali italiani e stranieri ed è autore di numerose pubblicazioni, tra le più
recenti La società trasparente e La fine della
modernità, edite nel
2011 da Garzanti Libri.
12
Gennaio-Febbraio 2012
Vivaio creativo
Noi che...
INFOWEB
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Scriveteci!
Le vostre storie
per noi sono davvero
importanti: scopritele
anche sul nostro sito.
Prima volta
in America
tempo di lettura: 5 minuti
Fuga a Los Angeles. Un’esperienza che lascia senza parole
Sognando la California
Un viaggio studio può riservare grandi emozioni, soprattutto se è negli USA, la terra dove
tutto è possibile. Alessandro ci racconta la sua estate nel Paese delle “star”
Volete descrivere la vostra vacanza
più speciale: da dove iniziate? Vi arrendete al classico: “non ci sono parole”? È un’opzione. Io però ho deciso di trovarle, le parole, o almeno di
provarci.
Ho cercato di valutare diversi elementi: la compagnia, il luogo, l’ospitalità, ma il mio viaggio è stato un
mix talmente perfetto di tutto questo
che non avrebbe senso scinderlo.
Le destinazioni per una vacanza con
queste caratteristiche? Ovviamente
negli USA: la California, San Diego,
che per un diciassettenne con qualche
esperienza europea e al massimo sudamericana rappresentavano davvero
terre da scoprire. Partenza fissata il
sei luglio, ma in verità l’avventura
inizia ben prima, precisamente da
febbraio, quando la scuola, che organizzava il viaggio, decide di indire
un’estrazione per sorteggiare i 30 fortunati partecipanti, visto che le iscrizioni erano state decisamente troppe.
Vengo estratto ventisettesimo, e in
qualche modo percepisco di dovere
essere grato a quella fortuna per
quello che avrei vissuto.
Luglio arriva in fretta: dopo parecchie ore di aereo possiamo finalmente dire di essere in America. A
farlo capire ci sono soprattutto i poliziotti che ti prendono le impronte
digitali e ti inquadrano il volto con
una webcam. D’altronde, siamo anche nel paese dell’11 settembre, e poi
siamo talmente in fibrillazione che
persino questo risulta affascinante.
Ocean Beach, San Diego
All’aeroporto ci attendono le diverse
famiglie che ci ospiteranno in questo
periodo: ci dividono e ci portano a
casa, ancora un po’ storditi dal lungo
volo, ma abbastanza lucidi per rimanere a bocca aperta davanti alle loro
abitazioni. La mia? Immensa, stupenda: tre camere, sala e cucina
enormi e un giardino con tanto di
scivolo e altalena, un laghetto e una
Jacuzzi, che per tre settimane accompagnerà le nostre serate.
Da qui inizia la nostra vita da americani, con lezioni la mattina, uscite or-
ganizzate o pomeriggi liberi. Una vita
alla scoperta di una terra che non è
come tutte le altre, dove la gente possiede pistole in casa, dove la Coca
Cola costa meno dell’acqua, dove le
autostrade hanno sei corsie e dove
alle 8 di mattina, sui tram, incontri
pendolari che mangiano panini lunghi
mezzo metro.
Credo veramente che non si possa
non amare la California, con quel suo
clima né troppo caldo né troppo
freddo, che ti dà l’impressione di poter andare in giro in felpa per 12 mesi.
Alla fine della seconda settimana si
cambia aria: per un weekend visiteremo Los Angeles, scopriremo Disneyland e il distretto di Hollywood.
La sera prima di partire, a cena ordiniamo nella nostra camera di hotel
una pizza gigante, divisa in “slices”
proprio come nei film: d’altronde qui
funziona così.
Prima di lasciare L.A. c’è tempo per
altre emozioni: dopo aver visto la
scritta “Hollywood” sulla celebre collina e aver camminato sulla “Walk of
fame” pensi davvero di non poter vo-
lere di più.
Non è facile raccontare le sensazioni
di un viaggio del genere, me ne rendo
conto, ma in fondo capitano a tutti
esperienze simili: il mio obiettivo è
solo quello di toccare quelle corde
che risveglino le vostre emozioni.
E ora: come concludereste la descrizione della vostra vacanza più speciale? Io mi fermerei al classico “non
ci sono parole”!
Alessandro Bai,
20 anni, Milano
LookSmart
Anche la moda ha cervello
CRAZY SALES: i capi scontati a colpo sicuro
NIGHT
AND
DAY
CINQUE
RAGAZZE
INVENTANO
UNO STILE
LookSmart
14
FLASHMODE
Studentesse universitarie, Italia
Roma, martedì ore 15,00
Tween friends, Canada
Romantica turista, Russia
Volontari di
Save the Children, Italia
Simpatica liceale, Italia
Ragazzi in gita, Argentina
Istantanee di stile
Come un flash mob, ma dedicato alla moda: questo il
nuovo appuntamento organizzato da LookSmart. Veri e
propri blitz a caccia di stile
nelle strade. Basta farsi trovare all’ora e al luogo indicato e... il flash è pronto!
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IL PROSSIMO VOLTO POTRESTI ESSERE TU!
LookSmart
15
SOMMARIO
16
17
Una scelta da giorno e una per la sera. Cinque studentesse a Genova indossano i loro outfit preferiti e poi sfilano sul palco della Fiera del Mare per il nostro “Looksmart on stage”.
Saldi, che passione! Desideri, che spesso rimangono tali, irraggiungibili a
prezzo pieno, quasi accessibili se in saldo almeno al 50 per cento. Ecco a
voi una selezione di accessori da cercare indagando le boutique come attente fashion detective.
MANUALE DI SOPRAVVIVENZA
PER MODAIOLE PENSANTI
18
Tavi Gevinson: l’adolescente americana che è già fenomeno e che a soli
quindici anni ha fondato una rivista online: Rookie Mag. È lei la protagonista del Talent’s corner.
O
19
Debutta il blog di Crudelia, per stroncare col veleno dell’ironia la moda
che imbruttisce o ridicolizza. Non perdete la classifica delle peggiori tendenze dell’inverno.
Perché, anche se molti storceranno il naso, anche le ragazze femministe non sentono più il bisogno di scusarsi per il loro interesse per la moda. Ce lo dimostra
bene il nostro “talento” di questo mese, la quindicenne americana Tavi Gevinson
che nel suo magazine Rookie Mag mescola argomenti leggeri e ampi servizi fashion con tematiche impegnate. Non tutte le teenager possono essere ricondotte
agli stereotipi dell’offerta culturale loro rivolta.
Gaia Ravazzi, 17 anni
Cristina Altomare, 17 anni
Giorgia Nobile
Gianni La Rocca
ltre la moda c’è di più. Parafrasiamo una stupida canzoncina per iniziare
a raccontarvi come nasce questo numero di Looksmart e le novità ambiziose in serbo per il 2012.
Su questa scia, abbiamo chiesto a cinque ragazze genovesi studiose e sportive
di prestarsi a un set, seguito da sfilata, con i loro vestiti preferiti: uno per il
giorno; l’altro per la sera. Ne è scaturito un servizio speciale che ha unito divertimento e stile.
Ma non finisce qui. Nella centralissima Piazza del Popolo a Roma abbiamo improvvisato un “flash-mode” (il primo di una serie di blitz!) immortalando stranieri
e giovani romani in una serie di scatti che trovate nella pagina a fianco.
Se la moda non nasce per strada, ma nei grandi studi dei brand, certo dalla
strada trae ispirazione ed è la piazza stessa a reinterpretarla indossata da ragazze: “normali”.
Yoshi e Andrea De Sotgiu
Ciao, siamo Gaia e Cristina, frequentiamo il liceo classico “Dante Alighieri” a Roma.
Amiche da una vita, ci siamo "inventate" questo nuovo lavoro coinvolgendo altre
ragazze della nostra età. Facmultum e facrestum ci autodefiniamo: foto, testi,
vestiti, location sono farina del nostro sacco.
LookSmart
16
NIGHT
AND
Day and night, night
and day, why is it so
(Cole Porter, 1932)
DAY
LOCATION, FIERA DI GENOVA. PROTAGONISTE
CINQUE RAGAZZE CHE PER LA PRIMA VOLTA SFILANO SUL PALCO CON DUE DIVERSI OUTFIT, PER
IL GIORNO E PER LA SERA. ABITI CHE HANNO
SCELTO DAL LORO GUARDAROBA, RAVVIVATI
CON ACCESSORI FIRMATI. SUPERATO L’IMBARAZZO, È PARTITO IL PRIMO LOOKSMART ON
STAGE TUTTO LIGURE
I
laria, Selene, Camilla e Alice, studentesse diverse con una
scelta in comune: per la sera optano tutte per l’abito scuro; gli
elementi che cambiano sono la scollatura, la lunghezza e lo
stile, a seconda della personalità. Ilaria (in alto a sinistra),
indossa un miniabito elasticizzato legato dietro il collo abbinato a maxi orecchini a cerchio per un’aria aggressiva.
Selene (in alto a destra) è l’unica a prediligere il blu, forse in
omaggio al suo nome così lunare… L’abito è ingentilito dai volant leggeri che rendono meno hot la lunghezza davvero mini!
Camilla (in basso a destra) opta per uno stile bon ton. L’abito
è casto davanti ma rivela una scollatura inaspettata sulla
schiena, adornata da un bel fiocco, uno dei motivi must da
due stagioni.
Alice (in basso a destra) sceglie invece uno stile anni Settanta
rivisitato. Le maniche di chiffon sono asimmetriche e lunghe
con aperture strategiche che alleggeriscono la mise. Per evitare l’effetto bambola, i capelli lunghi e ricci sono lasciati naturali, quasi scomposti.
VOCABOLARIO FASHION:
PETITE ROBE NOIRE
Il vestitino nero - così famoso per la sua storia nel passato, dalla mitica Audrey Hepburn per arrivare ai giorni nostri, indiscusso passe-partout per qualsiasi occasione. Il nero
non ha bisogno di presentazioni e il vestitino, semplice o
meno, è un sempreverde. Subisce variazioni con piccoli colletti bianchi come ha fatto Marc Jacobs per Louis Vuitton o
con nastri colorati per Lady Gaga. Sembra incredibile come
nessun capo lo abbia mai scalzato! D’altronde la petite
robe noire è il pezzo più trasformista da possedere, basta
usare la fantasia e arricchirlo di accessori (collane importanti, colletti da collegiale o maglioni di lana grezza) e... il
gioco è fatto!
Fotoservizio di Andrea De Sotgiu
LookSmart
17
Sognando la primavera
Tre diversi outfit quotidiani con un occhio
alle tendenze. Arianna indossa un maglione di lambswool con le trecce, best seller invernale (Bagnara, Genova); Selene
sfida la temperatura indossando minigonna
in jeans e camicia scaldata da una pashmina a pois di Vintage Casa. Camilla riprende un tema molto amato quest’inverno,
lo scozzese, e lo declina su camicia e bracciale, abbinandolo ai leggings negli stivali.
CRAZY SALES
D
esideri irraggiungibili a
prezzo pieno, quasi accessibili in saldo del 50
per cento. Ecco a voi
una selezione di abiti e
consigli per azzeccare la scelta.
Chiaritevi le idee sulle
spese da fare prima di entrare in negozio, fatevi una
lista e un budget. Andando in
avanscoperta qualche giorno
prima o scegliendo online i
capi che vi interessano non
correrete il rischio di tornare
a casa colme di acquisti inutili e senza ciò di cui avevate
bisogno.
Servitevi preferibilmente nei
negozi di fiducia, acquistando prodotti di cui ricordate il prezzo, per poter
valutare lo sconto effettivo.
Diffidate dalle vetrine interamente coperte dai manifesti, che non vi consentono di
vedere la merce. Non fidatevi
di sconti eccessivi, pari o superiori al 60%.
Ricordate che su ogni prodotto è obbligatorio il cartellino indicante il vecchio
prezzo, quello nuovo e il valore in percentuale dello
sconto in modo ben leggibile.
Conservate sempre lo
scontrino come prova di acquisto che, in caso di merce
fallata o merce non “conforme”, obbliga il commerciante alla sostituzione o al
rimborso di quanto pagato in
base alle nuove normative di
legge.
Il pagamento può essere
fatto anche con carte di credito o bancomat: ricordate
che il commerciante è obbligato ad avere il POS.
Seminate
la
concorrenza. In tempo di saldi,
mantenete il segreto sugli outlet e sugli indirizzi... “Stivali
di Gucci!!!” - “Li ho visti
prima io, quindi sono miei” “Ci sono venuta dal New Jersey, mollali!” (dal film I Love
Shopping)
La it-bag. La sognate da
mesi… se la trovate a metà
prezzo, è il momento giusto
per investire le vostre“mance”
natalizie: nemmeno la nonna
avrà il coraggio di dissentire.
Cappotti o piumini, piuttosto cari se pagati a prezzo
pieno, vi serviranno subito (le
previsioni meteo parlano di
una nuova e intensa ondata di
gelo su tutta l'Italia) e il prossimo inverno. Idem per gli stivali. Se si sommano i due
acquisti, il risparmio è davvero
notevole!
Fate una follia. Se fino ad
ora siete state organizzate e
avete acquistato pezzi classici che dureranno nel tempo
è il momento di trasgredire.
Un abito da sera piumato,
una blusa stravagante o un
maglione peruviano, chissà:
qualunque capo potrebbe
materializzarsi e farvi cadere
in tentazione; quindi riservate una piccola somma per
le follie!
LookSmart
18
TALENT’S
CORNER
TAVI GEVINSON:
L’ADOLESCENTE
AMERICANA CHE
È GIÀ FENOMENO
ag
M
ie
k
Roo
PIÙ DIVERTENTE DI QUALSIASI REDATTRICE DEI NOSTRI
FASHION MAGAZINE, A SOLI QUINDICI ANNI HA
FONDATO UNA RIVISTA ON LINE: ROOKIE MAG. PERCHÉ,
DICE LEI, LE UNICHE PERSONE IN GRADO DI RIVOLGERSI
AGLI ADOLESCENTI SONO GLI ADOLESCENTI STESSI.
IL RISULTATO? UN SUCCESSO!
T
avi Gevinson ha 15 anni,
vive a Chicago e tiene un
blog personale e di moda,
Style Rookie da quando
aveva 11 anni. Partendo
dall’idea che non tutte le teena-
adolescenti. Con contenuti tematici mensili, aggiorniamo tre volte
al giorno, cinque giorni a settimana, e siamo felici di offrirvi milioni di pessime battute». In realtà
il magazine è davvero completo:
Punk classic
Per ragazze ribelli che si ispirano al punk-rock classic Times
Square (1980)
ger possono essere ricondotte
agli stereotipi dell’offerta culturale loro rivolta, Tavi ha fondato
una sua rivista online: Rookie
Mag che, come dice la presentazione, è «un sito per ragazze
tratta di musica, cinema, fiction,
amore, sesso, divertimento e
tanto “style” con consigli e citazioni culturali.
Com’è nata la rivista?
“Quando ho cominciato a riflet-
tere sulla possibilità di creare
Rookie, mi sembrava dovesse
essere la sede perfetta per l’incontro tra contenuti esteticamente gradevoli e scrittura
brillante. Man mano che mi addentravo nel mio primo anno di
scuole superiori, ho cominciato
a sentire il bisogno di qualcosa
di più. Penso che fosse il risultato di qualche esperienza strettamente personale mista ad
altre più tipiche per le ragazze
della mia età. Ma non voglio
neanche pensare a cosa definisca «la tipica ragazza adolescente», o se io rientro in quello
stereotipo, o se è quello il tipo
di persona che leggerà Rookie.
Sembra che interi settori aziendali si basino sulla risposta a
queste precise domande. Chi è
la tipica teenager? Cosa desidera? (E, la maggior parte delle
volte: come possiamo ottenere
la sua paghetta?)”
In che cosa è diversa dagli
altri magazine di moda
per adolescenti?
“Rookie non è la vostra guida a
come essere una teenager. [...]
È, semplicemente, un insieme di
cose da leggere e da guardare
che a noi piacciono e in cui crediamo. Mentre è sempre pericoloso generalizzare un gruppo
di individui, credo che alcune
esperienze siano in qualche
Nome: Tavi Gevinson
Età: 15
Città: Chicago
Passioni: Fashion
Talento: Blogger di moda
Web site: rookiemag.com
Abito vintage messicano
dipinto a mano Wolf & Gypsy, scarpe by Kurt Geiger
modo trasversali all’essere un
adolescente, specialmente una
adolescente. Rookie è un posto
che cerca di trarre il massimo
dal dolore e da quelle stranezze che fanno rabbrividire e
che sono parte dell’essere una
teenager.
E se diventa difficile apprezzare queste cose, abbiamo
anche contenuti semplicemente
divertenti o visivamente piacevoli. Quando non ne potete più
di dover essere felici tutto il
tempo, troverete lunghissimi sfo-
ghi da far alzare gli occhi al
cielo”.
Uno dei temi moda di questo
mese? Il servizio “Ladies of the
night” insegna a vestirci da ribelli, glam rock groupie o disco
doll. Tra i consigli più pazzi:
come realizzare glitter shoes da
sera rinnovando decollettes o
ballerine ormai consumate. Imperdibile la sezione moda e musica con immagine d’epoca di
David Bowie e altre star icona
dello stile androgino-dandy.
Gaia Ravazzi, 17 anni
Glam rock!
Lo stile delle band in auge nei primi anni Settanta come Roxy
Music e T. Rex. Il look prevede tra l’altro hot-pants e glitter con un
risultato androgino. Ecco i capi suggeriti da Rookie Mag.
LookSmart
19
YOSHI’S TIPS
SMART
LE PICCOLE COSE CHE
FANNO LA DIFFERENZA
Occhi
Un velo di cipria,
da solo per illuminare, sopra il
make-up per fissare ed uniformare il colorito.
(Chanel Poudre
Douche:
30
euro)
Base per
ombretto
necessaria
qualunque
sia il trucco.
(Pimer Potion,
16 euro)
Mani
Viso
Base viso
opacizzante.
(14 euro
da Sephora)
Smalto express in patch,
in innumerevoli colori e fantasie.
(Sephora: da 2,30 euro a 7,90 euro)
IL BLOG DI CRUDELIA
IL PEGGIO DELL’INVERNO
L
a moda, si sa, a volte è
crudele, scomoda, eccessiva. Ma sta a noi
non scivolare nelle sue
grinfie e uscirne stritolate
e davvero imbruttite. Ecco allora la classifica di Crudelia
delle peggiori tendenze dell’inverno.
1
In pole position, l'animalier, la stampa sexy
e selvaggia che rende
omaggio agli amanti degli
animali come il serpente, il
leopardo, la tigre e la zebra.
A piccole dosi può anche donare (ad esempio abbinata al
nero o ai jeans), ma qualcuna
si è vista in giro con blusa tigrata, ballerina serpentata e
borsa pitonata. Chiamate subito la protezione animali!
2
La pelliccia. Tra le tendenze autunno inverno
2012, quella che è
emersa con più prepotenza. I
vari brand hanno proposto
capi e accessori in pelliccia
vera ed ecologica, rilanciando ad esempio i cappelli.
Impossibile non notare nelle
nostre assolate città del Cen-
tro-Sud, ragazze “zarine” con
stivale di pelliccia, cappello e
giaccone dai bordi di pelo: ci
auguriamo tutte in partenza
con volo low-cost per la Lapponia!
3
Il pizzo. Un altro grande protagonista sia (soprattutto) sugli abiti eleganti sia sui capi casual. A
noi piace molto, ma c’è un
“ma”. Qualcuna esagerando
lo abbina al macramè della
nonna o alle trasparenze. Nel
primo caso, più che neo-romantiche, si rischia di sembrare delle vedove sicule; nel secondo, è in agguato l’effetto
camicia da notte o panterona
di mezza età!
4
Gli orecchini maxi
che di solito si indossano in estate: ma chi ci
vieta di metterli anche nella
stagione fredda? Se poi a dare l’imput per questo trend è
Giorgio Armani allora non ci
sono scuse per non provare.
Però si sono visti in giro modelli tribali troppo esagerati:
roba da distacco del lobo o
cervicale precoce.
5
La moda anni ‘70,
ovviamente attualizzata
e rivisitata. Qui è d’obbligo la cautela negli abbinamenti: i pantaloni diventano
a zampa, compaiono i cap-
pelli a tesa larga e le fantasie.
Se si indossa tutto insieme però l’effetto è quello di una foto
d’epoca con qualcosa di stonato: chi di noi, del resto, vorrebbe essere la brutta copia
della madre o peggio della
nonna?
6
Lo stile Maid, che partendo dallo stereotipo di
una divisa da lavoro, la
stravolge con classe e humor
(vedi per esempio le creazioni
di Moschino). Anche qui il rischio dell’eccesso è in agguato. Che ne direste se a causa
della gonna nera con camicia
bianca e gilet foste scambiate
per la cameriera?
Anche tu fashion-detective degli orrori! Mandaci le tue
segnalazioni (foto o testi) a [email protected]
LookSmart
20
BACKSTAGE
SUL SET PER UN GIORNO
DIVENTA ANCHE TU UNO DEI NOSTRI VOLTI! Iscriviti alla pagina fan
Looksmart. Anche la moda ha cervello su Facebook o scrivi all’indirizzo e-mail [email protected]
22
Gennaio-Febbraio 2012
Teatro
Giro d’Italia
INFOWEB
www.teatroeliseo.it
I mille volti di Albanese
Torna l’irresistibile comico con i suoi ritratti
irriverenti: dal 21 febbraio all’Auditorium
Conciliazione di Roma.
Un classico
intramontabile
tempo di lettura: 6 minuti
Roma. Arriva il capolavoro di Strindberg
Julie, la signorina sovversiva
Un’intensa Valeria Solarino veste i panni di una giovane contessa alle prese con un dramma
personale dall’esito tragico. Sullo sfondo, l’eterna contrapposizione delle classi sociali
Giulia Iani,
19 anni
U
na cucina come antinferno, un
tavolo come lettino dello psicanalista:
è un dramma personale ma di forte impatto sociale quello in scena al teatro
Eliseo di Roma dal 14 al 26 febbraio
2012. La signorina Julie, tragedia in
atto unico del drammaturgo svedese
Strindberg, è infatti la storia di una
contessina venticinquenne che tenta di
sedurre un suo servo durante una notte estiva, forse per sfuggire a un ruolo e un’identità che non sente suoi.
L’opera pone al centro la contrapposizione fra classi sociali, contrapposizione molto forte nella Svezia puritana di fine Ottocento, quando fu
composto il testo. Il regista Malosti riprende in mano la Julie di Strindberg
immergendola in un’atmosfera quasi
freudiana. A calare nei suoi panni la
brava Valeria Solarino, che ci racconta
lo spettacolo.
Com’è interpretare Julie e cosa ti
piace di questo personaggio?
«È stato interessante, affascinante
come tutti i personaggi che finora ho
fatto: Julie è però una figura molto particolare, anche abbastanza difficile
da comprendere veramente. All’inizio
avevo avuto un primo approccio molto razionale, cercando di capire i fatti e il loro legame. Adesso ho cominciato ad accettare questo personaggio
e a viverlo come se fosse destinato a
una fine tragica».
Strindberg scrive: “[…] mi sono lasciato conquistare da un tema che si
può dire estraneo alle attuali faziosità, perché la problematica dell’ascesa e della discesa sociale, di chi
sta sopra e di chi sta sotto, di chi è
migliore e di chi è peggiore, del maschio e della femmina, è, è stata e
sarà sempre di notevole interesse”.
Qual è il tuo punto di vista?
«Nel periodo in cui scrive Strindberg,
l’aristocrazia stava decadendo e la pic-
cola borghesia si faceva avanti. Credo
che il mischiarsi delle classi sociali fosse considerato un tabù, qualcosa di scandaloso: questa era, almeno per l’epoca,
la chiave di lettura di questo testo».
L’idea scenografica è quella di una
stanza rovesciata in cui si aprono
improvvisamente porte, botole e
luoghi misteriosi, dove appaiono i
personaggi e spariscono gli oggetti
con un gioco di luci e ombre. Questa contrapposizione tra buio e luce
rappresenta per Julie relitti dell’inconscio?
«In alcuni momenti sulla scena ho
come l’impressione di essere su un lettino di uno psicanalista: ad esempio
quando Giovanni (il servo) mi chiede
quale sia il rapporto con mio padre e
la mia famiglia. Io allora mi sdraio sul
tavolo della cucina che diventa un po’
tutto: banco da macellaio, lettino dello psicanalista, momento di raccolta
conviviale. Le luci così presenti sulla scena sono lenti di ingrandimento
sull’inconscio di Julie».
All’epoca questa fu ritenuta un’opera scandalosa: perché?
«Credo che per l’epoca fosse scandaloso il fatto che i personaggi dicano
apertamente quello che provano. Giovanni ad esempio dichiara di fare
l’amore per divertirsi e di voler scalare i gradini della società per arrivare in alto».
E cosa consideri “scandaloso” oggi?
«Non avere una presa di posizione davanti ad alcune cose, l’indifferenza. È
scandaloso che oggi stiamo un po’ tutti a guardare quello che succede nelle nostre case e non ci occupiamo più della
società; l’atteggiamento che abbiamo
verso l’esterno è una curiosità morbosa, priva di una reale partecipazione».
Parliamo di te: meglio palcoscenico
o set cinematografico?
«Sono due cose molto diverse: due
modi diversi di recitare, di comunicare,
un linguaggio diverso, emozioni diverse. Non riesco a fare dei paragoni:
mi piacciono tutti e due!».
Sei recentemente apparsa in tv nel
ruolo di Anita Garibaldi. Abbiamo
letto che per avere questa parte hai
mentito fingendo di sapere andare
a cavallo. È vero?
«Sì, è vero! Al provino come prima
domanda mi hanno chiesto se sapessi andare a cavallo. Dato che non potevano verificarlo in quel momento
perché eravamo nello studio, ho detto di sì ovviamente. Altrimenti sarei
stata subito scartata!».
Quali sono i prossimi progetti in
cantiere?
«Farò questa tournée fino ai primi di
marzo, poi si vedrà!».
23
Gennaio-Febbraio 2012
INFOWEB
www.teatrostabilegenova.it, www.archivolto.it,
www.teatrodellatosse.it
Enrico V
Il 18 febbraio all'Archivolto il lavoro di
Pippo Delbono ispirato al testo shakespeariano.
Al Teatro dell'Archivolto, 24–25/02
L’ingegner Gadda va alla guerra
Un emozionante assolo in cui Fabrizio Gifuni individua nello
scrittore Gadda un sofferto Amleto novecentesco. Quattro anni
dopo 'Na specie de cadavere lunghissimo, Gifuni e il regista
Giuseppe Bertolucci riprendono il loro discorso guidati dalla
lingua e dal pensiero di uno dei più grandi scrittori del ‘900.
tempo di lettura: 9 minuti
Genova. Se il pubblico è sul palco
George Orwell versione 2.0
Il capolavoro dello scrittore scozzese torna sul palco “invecchiato” di mille anni per inventare
un domani raccontando l'oggi, in una riscrittura dove ogni rappresentazione è diversa
Andrea De Sotgiu,
18 anni
T
erza stagione per 2984, produzione del Teatro della Tosse che,
dopo il successo casalingo, ha iniziato
la sua tournée in giro per l’Italia. La
regia è di Emanuele Conte, direttore
artistico del teatro, intervistato dalla
redazione ligure di Zai.net.
Lo spettacolo è una ripresa del capolavoro di George Orwell 1984,
ma perchè 2984?
«2984 in realtà è una riscrittura. Abbiamo mantenuto l’ossatura principale
del racconto ma, come sempre, procedendo a trasposizione da un romanzo ad una rappresentazione teatrale si deve avere la libertà di inventare, di modificare, anche spostando il racconto avanti nel tempo.
È questa la forza della fantascienza,
così come la intendeva Orwell: inventare un domani per raccontare
l’oggi. Il nostro è davvero un momento storico in cui l’informazione
viene manipolata e la tecnologia invade la nostra vita in ogni modo. È un
momento in cui ci sentiamo spiati».
Questo spettacolo è tornato in scena per la terza stagione, cosa è cambiato rispetto alle precedenti?
«È uno spettacolo nato in collaborazione con il Festival della Scienza.
Nella prima versione avevamo addirittura smontato interamente una sala
del nostro teatro che, pitturata di
nero, era diventata l’involucro in cui
ricostruire il mondo di 1984 secondo
la nostra idea. Pubblico e cast non si
distinguevano perché gli spettatori
avevano l’opportunità di vestirsi come
gli attori, indossando delle tute da lavoro. Questo tipo di messa in scena
aveva il limite di non poter essere portato in giro negli altri teatri italiani.
Dato che lo spettacolo ha avuto molto successo, già l’anno scorso abbiamo pensato ad una nuova versione per
il palcoscenico. Per non rinunciare al
contatto con il pubblico, una parte degli spettatori viene invitata dietro le
quinte ad inizio spettacolo, per improvvisarsi comparsa. In realtà, tutti
gli spettacoli teatrali cambiano ogni
volta che li si porta in scena, spe-
cialmente quando il pubblico fa parte dello spettacolo. A me piace variare,
vorrei cambiare ogni volta qualcosa.
Un riallestimento pedissequo è noioso anche per noi che lo dobbiamo preparare. Altre volte le modifiche sono
necessarie perché cambiano gli attori. Nella prima rappresentazione di
2984, ad esempio, il protagonista,
Winston, era interpretato da Andrea Di
Casa, nella seconda versione da Aldo
Ottobrino. È l’attore a dare la sua in-
terpretazione e personalità al personaggio ed è anche per questo che lo
spettacolo cambia».
Quanto può interessare ai ragazzi
questo spettacolo e, più in generale,
quanto li vedi interessati al teatro?
«Il pubblico più entusiasta della messa in scena è stato proprio quello dei
giovani, che hanno scoperto, soprattutto quando siamo andati fuori Genova, un teatro diverso, che può essere appassionante come il cinema.
L’anno scorso abbiamo consegnato
una serie di questionari al pubblico e
abbiamo scoperto che su circa 1500
persone intervistate l’80% era sotto
i quarant’anni (esclusa l’attività specifica per le scuole!). Un segnale importantissimo: significa che il teatro
è qualcosa per i giovani se sa parlare ai giovani. Noi ci sforziamo di
dare, sia nelle nostre produzioni che
nelle ospitalità, qualcosa in più proprio in questo senso; anche quando
vengono compagnie da fuori che
mettono in scena un classico devono
farlo in maniera originale e forte, lo
spettacolo deve possedere quella freschezza di cui il teatro ha bisogno per
rimanere vivo e non diventare un
mausoleo. Non siamo i soli: in Italia
ci sono fortunatamente altri teatri che
hanno un’attività molto variegata e
riescono ad attirare tutti i tipi di
pubblico».
Teatro Duse. In scena fino al 12 febbraio
Romeo e Giulietta, favola immortale tra amore e odio
Alice Golisano,
17 anni
La drammatica storia d’amore di Romeo e Giulietta, “nata sotto cattiva
stella”, è e rimarrà sempre una delle più
amate dal pubblico e tra le più rapprasentate in scena. La vicenda dei due
giovani amanti, appartenenti alle famiglie rivali dei Capuleti e dei Montecchi,
è quest’anno riproposta al teatro Duse
dalla Compagnia del Teatro Stabile del
Veneto “Carlo Goldoni” (dal 31 gennaio al 12 febbraio). La scenografia
non è però quella di una Verona cinquecentesca, si rifà invece a quelle utilizzate da Tim Burton nei suoi film,
mentre i costumi ricordano un Ottocento vittoriano e la città, di colori nero
e oro, una cripta, come quella dove si
compirà l’epilogo della tragedia.
Forse questo dramma di William Shakespeare rappresenta la più alta ricerca
sulla vera natura dell’amore e sull’insidiosità del linguaggio: dopo tutto la
stessa Giulietta si chiede, mentre si
trova sul balcone, “What’s in a
name?”, cosa c’è in un nome, o cos’è
un nome, per ostacolare la forza incontrollabile dell’amore? Ma sarà anche questa stessa forza che li porterà
alla rovina. Il loro è un amore senza
compromessi e senza convenienza. Un
amore che viene vissuto appieno. Un
altro fattore di drammaticità è la brevità dell’arco di tempo in cui l’azione
si svolge, da una domenica mattina di
luglio alla notte del successivo giovedì: la rappresentazione di quanto
l’amore sappia essere improvviso e
devastante.
In una Verona immaginaria che ferve
di vita, movimento, banchetti, feste,
balli, maschere e teatro si svolge, dunque, questa storia di giovani e di passioni intense, di baci su un balcone
sotto una pallida luna, ma anche di
risse e duelli mortali, di un odio atavico e violento che divide le due famiglie più potenti della città a cui solo
la tragica fine della rispettiva prole e
quindi la distruzione della discendenza diretta delle due casate potrà
porre fine.
24
Gennaio-Febbraio 2012
Musica
Big
INFOWEB
www.litfiba.net
Riprende il live
di Jovanotti
Dopo l’annullamento
del tour per l’incidente
di Trieste, il cantante
toscano torna con le
nuove date.
Attesi ritorni
e nuovi esordi
tempo di lettura: 7 minuti
Trionfo del rock. L’album a tre anni dalla reunion
La grande Italia secondo i Litfiba
Graffiante, diretto e tosto: il nuovo disco racconta con l’energia di sempre le
contraddizioni di una “Grande Nazione”, aspettando la terza Repubblica
Elena Prati, 19 anni
e Alessandra Arpi, 21 anni
I
n un’atmosfera tra lo psichedelico
e il punk-rock, in una “tempesta elettrica”, creata anche dall’ascolto del disco, incontriamo Piero Pelù e Ghigo
Renzulli, di nuovo insieme dopo tredici
anni. Grande Nazione, il primo album
a tre anni dalla reunion di questo grande gruppo, annuncia un fervente rinnovamento, ma senza dimenticare la
tradizione. Spicca una forte connotazione di impegno politico e critica, ma
i Litfiba non dimenticano di proporre
anche l’antidoto alla situazione del
nostro Paese.
Com’è nato il disco?
«Noi ci consideriamo degli artigiani
della musica. Questo disco è nato anche durante il tour di Stato Libero e
quindi risente molto della straordinaria energia dei live. Le idee venivano
fuori a fiumi e abbiamo deciso di assecondarle in pieno».
Come mai l’avete intitolato Grande
Nazione?
«È un titolo che comprende in sé un pizzico di orgoglio: noi riteniamo che l’Italia sia una grande nazione, con una
grande storia e un grande presente, nonostante la crisi, che non risparmia nes-
suno. Se
però vogliamo
sperare
che nasca finalmente
una terza
Repubblica, è
necessario che
Monti si levi
dai piedi
tutti i
«È stata un’idea di Piero.
Ci siamo io e lui
(NdR: Piero
Pelù e Ghigo
Renzulli) disegnati
come
scheletri e intorno a noi ce
ne sono
altri
corrotti,
i corruttori e i
mafiosi,
come
diciamo
nel disco».
Chi
ha
ideato la copertina?
Lirica. Una voce fuori dal coro
Le stagioni di Malena
Francesca Vassallo, in arte Malena, è
un’artista poliedrica dalla voce straordinaria, con un album appena uscito,
Inverno, e un obiettivo su tutti: far conoscere e amare la musica lirica in
Italia.
Classe 1983. Sei nata in pieni anni
’80, l’epoca di Madonna, dei Duran Duran, gli anni del pop per eccellenza. Eppure manifesti interesse
per la musica lirica. Una passione
un po’ inusuale…
«Credo di aver avuto una naturale inclinazione da sempre; perfino i miei
amici, sentendomi cantare, si rendevano conto della particolarità della
mia voce già impostata, come la mu-
sica lirica richiede».
Sappiamo che hai conseguito la maturità classica: un obiettivo non facile se hai una passione come questa
da coltivare ogni giorno! Come sei
riuscita a conciliare tutto?
«L’interesse è nato durante gli ultimi
anni del liceo e non avendo ancora
una voce matura l’impegno si limitava a qualche lezione di canto a settimana; inoltre, per fortuna, il mio istituto ha sempre supportato gli studenti
a seguire le proprie passioni!».
In Inverno si parla moltissimo di
stagioni. Il titolo rispecchia il tono
malinconico dell’album?
«L’album tocca vari generi e scelte te-
stuali, ci sono cover pop, canzoni mie:
è molto eclettico e vario. Credo che il
primo singolo del cd, Inverno, sia il
brano più puro, il nucleo da cui prende
vita tutto il resto».
Musical, concorsi, recital lirici,
premi dalla critica, concerti per beneficenza, un album appena uscito.
Ci viene da chiedere: cosa vuole di
più Malena, a cosa aspira ancora?
«Il mio obiettivo è quello di avvicinare
un Paese come l’Italia, poco interessato alla lirica, a questo genere. Mi auguro che le mie corde possano toccare
il cuore di tanti».
Maria Caterina Temperini,
18 anni
più piccoli che rappresentano le canzoni
dell’album. Ad esempio, lo
scheletro con il simbolo
anarchico rappresenta la
canzone Anarcoide;
quello con il bicchiere in mano Fiesta tosta. È una specie di indice visivo
delle canzoni».
Perché avete scelto proprio Squalo
come primo singolo da lanciare?
«È stata una scelta provocatoria, perché, sulla carta, Squalo è il “peggior”
pezzo del disco. Si voleva far capire che
l’impronta del disco era tosta».
Come sarà strutturato il tour?
«Il tour partirà in Italia, con tre date
che faranno da anteprima, per poi allargarsi al panorama europeo e, infine, tornare in Italia. Per quanto riguarda la scelta delle canzoni, presenteremo quasi tutte quelle del nuovo album, senza dimenticare naturalmente tutti i grandi successi storici dei
Litfiba. Niente maxischermi, niente proiezioni, pura e semplice
musica. Niente mediazioni».
Pensando al rock rivoluzionario ed emblematico di Fata
Morgana, cosa possono e
vogliono dare in più i nuovi Litfiba al panorama italiano, considerando che i
primi l’hanno completamente scardinato?
«Crediamo che il fatto di
pubblicare nel 2012 un album che è estremamente sincero, che non è stato “tirato per
la giacchetta” né da discografici, né da manager, né da esigenze di mercato, renda il prodotto in
grado di arrivare il più direttamente
possibile a chi lo ascolterà».
25
Gennaio-Febbraio 2012
Musica
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Contaminazioni
tempo di lettura: 6 minuti
Ex.Wave. Dal conservatorio all’elettronica
La macchina sperimentale
Il duo abruzzese formato da Lorenzo Materazzo e Luca D’Alberto incanta l’ascoltatore
con le sue atmosfere oniriche. Provare per credere
Giulia Ciavarelli,
19 anni
A
rrivano entrambi dal mondo
della musica classica ma nel loro ultimo lavoro, Plagiarism, hanno sperimentato, mescolato e accostato
suggestioni musicali differenti in un
unico sound.
Sono gli Ex.Wave, due giovani musicisti abruzzesi che partono da un
solido background accademico, ma
che coltivano l’esigenza di dialogare
con la modernità.
In due anni dalla loro formazione ricevono importanti riconoscimenti:
sono invitati al Palazzo Reale di Monaco di Baviera da George Michael,
aprono alcuni live dei Deep Purple,
collaborano con Alan Wilder (Depeche Mode), Recoil, Sara Lov e Mike
Garson, pianista e arrangiatore di
David Bowie.
Di tutto questo, ma anche di più, abbiamo parlato con Lorenzo Materazzo, il pianista del gruppo.
Prima di tutto svelaci il motivo
del nome, Ex.Wave.
«Inizialmente il nome provvisorio
del gruppo era “macchina sperimentale”. Quando il nostro progetto ha preso il via, mescolando musica classica ed elettronica, abbiamo deciso di
cambiare in “Ex.Wave”.
Ci piaceva molto abbinare l’aggettivo “sperimentale” che si è trasformato in un’abbreviazione - Ex. da Experimental - a Wave,
per rappresentare sia la forma fisica
del suono, sia una nuova onda che
può travolgere l’ascoltatore».
Come è nato il vostro progetto musicale?
«Io e Luca ci conosciamo sin da bambini
ed entrambi siamo cresciuti al conservatorio di
Teramo. Abbiamo formato questo duo iniziando una vera e propria carriera classica e
vincendo anche importanti
con-
corsi. Poi è nata l’idea di fare qualcosa di diverso: iniziare a sperimentare musiche composte da noi;
così abbiamo dato vita a
una
particolare
unione di musica
classica e di elettronica/pop».
Avete aperto concerti di artisti internazionali del
calibro di George Michael e Deep Purple, che
esperienza è
stata?
«Sono state esperienze molto importanti, sia dal punto di vista formativo, sia per la soddisfazione di vedere come la nostra musica sia apprezzata dai grandi».
Dopo il primo album, ecco che
esce Plagiarism: cosa è cambiato
dal primo cd?
«Sicuramente
da un punto di
vista sonoro
c’è stato un
grande progresso, ma
ci consideriamo
in
conti-
nua evoluzione. I primi due dischi
sono talmente diversi tra loro che
ci chiediamo come potrà essere un
terzo!».
Nel vostro album c’è un’importante collaborazione con Astrid
Young...
«Abbiamo dato ad Astrid Young una
scelta vasta di brani, e lei ha preferito Wonderland. Luca, che suona gli
archi, aveva collaborato con lei facendo degli arrangiamenti per un
suo disco; cogliendo quest’occasione, le abbiamo proposto il progetto Ex.Wave».
Prossimi sogni?
«Uno dei nostri obiettivi sarà
quello di introdurci nel
mondo della musica
da film e magari
poter
lavorare
con registi a livello nazionale
e internazionale. Stiamo poi
lavorando alla
realizzazione di
uno spettacolo
particolare da presentare al pubblico quest’anno.
E naturalmente
in cantiere
c’è la preparazione di
un terzo
disco».
Non vi
resta che
ascoltarli!
Roma. Il rock anticonvenzionale dei Rebecca
Alla conquista dello Stivale
Gruppo romano che vanta una partecipazione all’ultimo concerto del
Primo Maggio, con due dischi all’attivo, i Rebecca stanno ultimando il
loro ultimo album, Dorian, prodotto
dall’etichetta Blond Records.
Abbiamo incontrato Marco Zanni,
chitarrista solista del gruppo, e Francesco Bejor, voce, dopo un’esibizione e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione per conoscerli
meglio.
È ormai qualche anno che sentiamo parlare di voi: quando e
come è nata questa magica storia?
Marco: «La nostra storia inizia nel
2005, quando ho cominciato a registrare quella che poi è diventata Dal
Nulla, la nostra prima canzone».
Come è organizzato il gruppo? Chi
scrive i testi, chi compone le parti
strumentali?
Marco: «Io ho il compito di creare le
melodie, gli arrangiamenti e tutto ciò
che concerne la struttura delle canzoni; invio le bozze a Francesco che
ci costruisce sopra le linee vocali e il
testo».
Francesco: «Sia la melodia che le tematiche non sono di stampo rock tradizionale, che prevede testi piuttosto
semplici ed orecchiabili. Noi cer-
chiamo di fare esattamente il contrario per creare una contrapposizione
tra la libertà del rock e la complessità
delle linee vocali».
A marzo uscirà il vostro nuovo album, Dorian. Quanto del precedente album c’è in questo nuovo
lavoro?
Marco: «Con Dorian raggiungiamo
una maturità che sinceramente non
mi sarei aspettato.
Rispetto ad Un’altra storia, in questo
album tocchiamo nuove sonorità,
senza però perdere la vena blues e a
tratti metal che ci ha sempre contraddistinto».
Avete partecipato al concerto del
Primo Maggio: come è stata questa
esperienza?
Francesco: «Beh, il concerto del
Primo Maggio è uno dei più importanti ed è stata un’emozione incredibile poter suonare su quel palco».
Siamo tutti in attesa di vedervi di
nuovo e più spesso dal vivo, siete
pronti per un nuovo tour?
Marco: «Nel 2012 abbiamo in programma una cinquantina di date: partiremo ad aprile per terminare a dicembre, esibendoci in locali come
l’Alcatraz a Milano e l’Hiroshima a
Torino».
Quali gli ingredienti vincenti?
Francesco: «Passione, determinazione, arrendersi mai».
Paolo Nataloni, 20 anni
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Musica
Gennaio-Febbraio 2012
Novità
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I Moderni. Dal Centro giovani di Torino al palco di X Factor
Non ci pensiamo mai
Il camaleontico gruppo ha affrontato il reality con leggerezza e simpatia rimanendo sempre
con i piedi per terra. E ora il successo è a portata di mano
Martina Pi,
17 anni
S
i presentano briosi ed entusiasti
come li abbiamo visti a X-Factor, i
Moderni, freschi di un secondo posto
inaspettato, ma più che meritato. Le
parole scorrono a fiumi, sono incontenibili e pieni di sorprese, proprio come
lo erano sul palco.
Celeste, Placido, Marco e Fabio: ecco
i nomi dei Moderni, che però preferiscono essere chiamati Liza, Lead, Cata
e Broad, soprannomi che sono tutto un
programma.
Dopo un pomeriggio di canto intenso,
cerco di rompere il ghiaccio con una
domanda molto semplice: descrivere
con una parola la loro esperienza televisiva. E invece scateno il finimondo.
Alla fine riusciamo ad arrivare a un risultato: «Putu-uu, in onore di Tafuri
(NdR: il loro vocal coach), perché
quando si esaltava per una cosa diceva
che era “putu”! Che è molto più di una
figata!», dice Lead. Un neologismo fra
i tanti nati dall’esplosiva creatività del
gruppo torinese, cresciuto nel Centro di
Protagonismo giovanile Tedacà, un’associazione che coinvolge i ragazzi in
attività artistiche a tutto tondo, dal teatro, alla musica, alla danza.
«I Centri di protagonismo giovanile
T
ALENTI
sono molto utili, in un modo o nell’altro riescono ad attirare ragazzi che magari sprecano il proprio tempo senza
appassionarsi a nulla. Invece lì
riesci a impegnarti per un
progetto, provando percorsi anche artistici,
come il nostro caso, che
alla fine ti appagano».
E danno lo sprint
in più per provare
a fare le cose in
grande, proprio
come è successo
a loro, ex
Two Fingerz –
nome
c h e
loro
malgrado
hanno
cambiato
durante il
reality – che
hanno appena
pubblicato il
loro primo EP,
Non ci penso
mai, in classifica per settimane su iTunes.
Un connubio
vincente di mu-
sica e spettacolo che ha convinto gli
spettatori: i quattro ragazzi hanno dimostrato di sapersi
adattare alle situazioni, come
gestire
l’ansia della prima canzone cantata sul
palco al più difficile cambio di identità.
La modifica del nome, infatti, all’inizio
è pesata tantissimo, ma poi non solo
hanno imparato a conviverci,
l’hanno anche plasmato, cucendoselo addosso. Loro
ora sono i Moderni: un
po’ pazzi, un po’ strani,
come il loro nome. E non
potrebbero essere altro.
«L’equilibrio dei Moderni
sta nel non
avere
Foto di Alessandra Banana Tisato
equilibrio
individuale»,
dice
Cata.
Forse è anche
per questo
che sono
emersi così
tanto, da un
programma
che, invece,
sembrava non dare
abbastanza luce ai
gruppi.
Ma com’è nata
l’idea di partecipare a X-Factor? L’idea
l’ha avuta Celeste e così sono partiti,
hanno deciso di andare in gita a Roma
e mettersi un’etichetta con un numero
a cinque cifre. Già mentre provavano
in coda, si sono resi conto che quello
che proponevano piaceva, ma non si
sono montati la testa. Sono arrivati fino
all’home visit, momento in cui hanno
iniziato a pensare di non potercela più
fare, finché, invece, non si sono trovati
in finale. E fino alla fine non potevano
credere al percorso che hanno fatto:
«l’abbiamo fatto per gli amici, come ci
diceva di fare Elio». Per gli amici da
quattro amici, come lo sono Liza,
Lead, Cata e Broad, anche sul lavoro:
«Ognuno fa la sua parte; certo c’è chi
ha più conoscenza musicale come Celeste e Fabio, ma alla fine ciascuno dà
il suo contributo. Il bello è che abbiamo gusti simili su come presentare
il piatto, però ci piacciono diversi condimenti». E alla fine il risultato è un
menu molto democratico.
I progetti per il futuro sono tantissimi,
alcuni già pronti per essere realizzati,
altri ancora nel cassetto, ma forse per
poco. Broad, che si è guadagnato questo soprannome grazie alla passione
per i musical, ha un sogno: vorrebbe
portare in Italia e riadattare (anche curando la traduzione) Rent, la Bohème
in una versione musical pop-rock. E un
concerto con Elio? Loro dicono di sì,
ma non sono sicuri che anche Elio sia
disposto.
About Wayne in tour
Electromania
Una delle band alternative rock rivelazione del 2011 ha
iniziato un tour su e giù per lo Stivale. Volete averli nella vostra città? Consigliate loro un locale adatto: sono sempre alla
ricerca di nuove date! Non sapete chi siano? Digitate il loro
nome e “Caries” su Youtube. Divertimento assicurato!
È appena uscito Bangarang, il secondo EP di Skrillex, il dj
e produttore statunitense che ha conquistato il popolo dei
dancers. Nominato artista dell’anno da Mtv Edm, Skrillex è
diventato uno dei dj più richiesti sulla piazza e ha remixato
grandi successi come Bad Romance e Rock your body.
In vetrina
Laika, Sylvia, Jeanne
e... le altre
È appena uscito l’album d’esordio
dei Laika Vendetta, prodotto dalla
Boleskine house records. Laika, Sylvia, Jeanne e... le altre, questo il titolo
del disco, aspira ad essere il simbolo
della rinascita del rock italiano. Il
gruppo sa mescolare in maniera originale e convincente passione, elettricità e quel tanto di nevrastenia che
basta. L’album è una raccolta di ritratti di donne e di una femminilità
generica in movimento espressi in
chiave rock. La chicca? La grafica
curata dall’artista teramana Mokina,
che ha arricchito il digipack con alcune sue opere d’arte originali: non
lasciatevelo scappare!
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Gennaio-Febbraio 2012
Libri
Libero chi legge
INFOWEB
www.zai.net
Da leggere, da dimenticare,
da spizzicare
Pensavo di scappare con te. Gungui e l’autoconsapevolezza
Love-story a Milano
Kalliroi,
18 anni
D
ire ciò che si pensa aiuta a diventare cittadini della propria realtà.
Parola di Francesco Gungui, classe
1980, di origini sarde ma milanese doc,
che ha pubblicato il suo ultimo libro:
Pensavo di scappare con te. Sul palcoscenico di una Milano romantica e
attraente si svolgono le vicissitudini di
Alice, un’adolescente innamorata del
suo migliore amico, ma che non ha il
coraggio di ammetterlo.
A dire il vero, Alice non riesce a dire
molte cose di quelle che pensa, ingabbiata com’è nelle sue insicurezze. Ma
un episodio quasi tragico cambierà per
sempre il suo modo di essere con se
stessa, con gli altri e con il suo Luca.
Dopo il successo di Mi piaci così ed
epigoni, Gungui torna con un romanzo
corale, in cui viene ben descritta una
generazione di diciassettenni, ricostruita anche attraverso un sapiente uso
del gergo giovanile, che lo stesso Gungui ammette di “parlare correntemente”. Interessante anche la struttura
del libro, che inizia con un flashback e
poi ha una sorta di secondo proemio,
quasi a voler indicare uno spartiacque
fra il prima e il dopo. Del resto, anche
nella vita dello scrittore c’è stato qual-
cosa di simile: «Se guardo agli
ultimi dieci anni, ho preso decisioni che hanno cambiato il
corso della mia vita. Ho deciso
di non fare l’università, di andare a vivere da solo. È stato
un momento di rottura che mi
ha portato poi ad essere quello
che sono».
Ed essere se stessi è poi il segreto che Alice capisce dopo
qualche scelta narrativa forse
un po’ scontata, ma che non
rovina poi più di tanto l’armonia del testo, impreziosito da
belle descrizioni di Milano,
«una grossa città grigia e inquinata, ma alla quale non
rimprovero nulla», ammette
Gungui.
E proprio le descrizioni hanno permesso la realizzazione di un book trailer, ultima moda nel marketing editoriale, realizzato da una collaborazione
fra Mondadori e il Centro sperimentale
di cinematografia lombardo. «Gli allievi del Corso di creazione e produzione Fiction del Centro sperimentale
hanno scritto con me la sceneggiatura,
cercato gli attori e realizzato una gran
bella cosa. Spero che in futuro si potrà
fare anche un film».
Da un libro di cucina di sopravvivenza
(Io ho fame adesso. Come sopravvivere
a un frigorifero deserto 2003) a una
storia d’amore: in ogni sua fatica lette-
Letture da Nobel
Esce a febbraio Il romanziere ingenuo e
sentimentale, ultima
fatica del premio
Nobel Orhan Pamuk.
I consigli del libraio
Loretta Cavallaro, Mind, Roma
IL QUADERNO DI MAYA
bellissimo
Isabel Allende
È la storia di una ragazza americana dei nostri giorni che, braccata da spacciatori e agenti federali, si lascia alle spalle le precoci e brutali esperienze consumate tra alcol e droga e fugge
dalla California per rifugiarsi in Cile, in un’isola incantata dell’arcipelago di Chiloé, terra d’origine della sua nonna paterna, Nini. Qui, nell’atmosfera di una vita semplice fatta di
magnifici tramonti, solidi valori e rispetto reciproco, Maya impara a conoscersi e a conoscere la sua terra d’origine, scopre
verità nascoste e, infine, l’amore. Un romanzo che affronta con
grande delicatezza le relazioni umane: le amicizie incondizionate, le storie d’amore palpabili come quelle più invisibili,
gli amori adolescenziali e quelli lunghi una vita.
LE PRIME LUCI
DEL MATTINO
raria Gungui trova una dimensione in
cui abitare per tutto il tempo della scrittura, come in una doppia vita. Ma può
la scrittura e quindi la parola esprimerla al meglio? “Penso a come le parole a volte sono proprio una fregatura. Non raccontano quasi niente di
quello che hai bisogno di dire”, recita
una delle pagine centrali del libro.
«Una parola singola è un colore senza
sfumatura. Invece, un intero libro è
una parola con i giusti requisiti. Pensavo di scappare con te descrive
un’emozione ed è come se fosse una
gigantesca e succosa parola», conclude
Gungui.
Scovato nel web
Sei (anzi sette) personaggi
in cerca d’amore
Metti quattordici ragazze in un negozio di
caramelle, aggiungi un po’ di creatività è il
gioco è fatto, anzi il libro. E non chiedermi il
perché è un romanzo nato dall’iniziativa di
un gruppo di quindicenni di Barriera di Milano coordinato da Barbara Santise, giornalista proprietaria di un negozio di caramelle
nello stesso quartiere. Una zona difficile, ma
piena di voglia di fare e stimoli diversi: dall’arte contemporanea all’artigianato, alla
scrittura. Alessia, Giorgia, Alice, Ludovica, Giada, Martina, Giorgia, Vanessa, Naomi, Elena, Silvia, Alessandra, Giorgia e Valeria raccontano attraverso i personaggi temi che toccano la loro quotidianità: il rapporto con i genitori, il sesso, l’uso di sostanze stupefacenti. Il romanzo esce
a episodi sul blog omonimo, ma le ragazze sperano in una vera e propria pubblicazione. Sarebbe un bel
riconoscimento e la prova che credendo nelle proprie potenzialità e lavorando si possono ottenere grandi
soddisfazioni. E di lavoro sul testo ce n’è tanto: ogni sabato il gruppo si incontra per una vera e propria
riunione; Barbara si limita solo a eliminare gli strafalcioni, ma lo stile è quello puro delle autrici. «Prima
di questa esperienza le ragazze avevano sì delle ambizioni, ma sempre con una punta di rassegnazione,
come se dovessero per forza accontentarsi. Con questo progetto spero di aver fatto capire loro che la vita
è in mano», conclude Barbara.
C.F.
trash
Fabio Volo
Nel romanzo Volo tenta di calarsi nei panni di una donna.
Elena, la protagonista, è invischiata in un matrimonio in cui
slancio e trasporto hanno lasciato il posto a una tediosa routine. Moglie irrimediabilmente infelice, tutto ciò che le rimane
è un rapporto fratello-sorella con l’uomo che aveva scelto di
sposare. Esempio di successo di trash letterario o di grado zero
della scrittura, funziona però come un meccanismo di rispecchiamento: qualsiasi lettore, completato il romanzo di Fabio
Volo, si convince che quel libro avrebbe potuto scriverlo lui,
(sic) condividendo amori, pensieri e serate con le battute tra
amici maschi di provincia.
Due ore sul sofà
ODIO GLI INDIFFERENTI
ripescaggio
Antonio Gramsci
“L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è
vita. Perciò odio gli indifferenti”. Mai come oggi tornano i problemi esposti da Gramsci con tanta lucidità e rabbia nel 1917.
In anni “difficili” come i nostri, il suo grido contro l’indifferenza e la vigliaccheria di un’Italia che vive la catastrofe della
prima guerra mondiale è attualissimo e ci ricorda la gioia dell’essere partigiani, dello schierarsi, del prendere una posizione anche rischiando di essere minoranza.
LA CENA
pungente
Koch Herman
Due coppie sono a cena in un ristorante di lusso. Chiacchierano piacevolmente, ma non hanno il coraggio di affrontare
l’argomento per il quale si sono incontrati: il futuro dei loro figli. Michael e Rick, quindici anni, hanno picchiato e ucciso una
barbona. I due ragazzi non sono stati ancora identificati ma il
loro arresto sembra imminente. Cosa saranno capaci di fare per
difenderli? Cinico, formidabile.
UN GIORNO QUESTO
DOLORE TI SARÀ UTILE
coinvolgente
Peter Cameron
Spiritoso già dalla prima pagina, questo libro che vi consigliamo caldamente di acquistare, non attenua la drammaticità
di fondo che si annida nell’esistenza del singolare protagonista. I disagi dell’età adolescenziale vengono vissuti e spesso
superati con una certa fatica da tutti coloro che, molto intelligenti, hanno problemi a relazionarsi con gli altri. Dal libro al
fim: per saperne di più voltate pagina.
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Gennaio-Febbraio 2012
Cinema
Anteprima
INFOWEB
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L’insostenibile leggerezza
dell’adolescenza
Giallo d’autore
Arriva sul grande schermo
il remake americano
tratto dal successo di
Stieg Larsson, Uomini
che odiano le donne.
tempo di lettura: 7 minuti
Coming soon. Un giorno questo dolore ti sarà utile nelle sale dal 24 febbraio
Un giovane Holden anni 2000
Roberto Faenza ci regala un’intensa storia di formazione dei nostri tempi. Con un messaggio
per i ragazzi: “Non abbiate paura di essere diversi dagli adulti, siete migliori”
Chiara Cacciotti,
20 anni
“H
o 17 anni e non amo
molto parlare. Sono un anarchico, odio
la guerra, la politica e la religione organizzata”. Questo è James, adolescente americano alla ricerca della propria identità, protagonista del nuovo film
di Roberto Faenza Un giorno questo dolore ti sarà utile, dall’omonimo best seller di Cameron. James vive a New York,
ma potrebbe stare a Roma, o a Londra
o a Parigi: la sua storia è quella di tanti ragazzi che vivono l’incertezza tipica dell’adolescenza. Solo che oggi essere giovani è ancora più difficile: a spiegarci perché è Faenza in una splendida
chiacchierata.
James è introverso e solitario: abitare a New York non lo aiuta…
«New York è una città collettiva, non dà
la possibilità agli individui di venir
fuori, può generare il desiderio di emarginazione, di non partecipare a questa
“orgia” di avvenimenti».
Tutti lo ritengono “strano”, ma James
si rivela essere l’elemento più maturo
della famiglia. Accade così anche nella realtà? E cosa significa essere “diverso” e “normale”?
«Penso che la diversità oggi sia soprattutto nella scala del potere: chi lo ha vede
come diversi quelli che non ce l’hanno,
perché in realtà non vuole che questi vi
accedano. Anche nella famiglia avviene questo: il potere sta nei genitori, in
particolare nella figura paterna; quando
vedono che il figlio non si allinea ai loro
valori iniziano a ipotizzare che sia un diverso, proprio come il nostro protagonista. La famiglia di James fotografa
bene la condizione di tante famiglie: oggi
i genitori, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono in grado di assolvere al loro compito. Delegano ad altri
l’educazione dei più giovani: peccato che
questi altri si chiamino televisione,
computer, media. La stessa cosa accade per gli insegnanti: anche loro hanno
in gran parte abdicato alla loro funzione, non sono in grado di gestire le classi. Io penso che le persone adulte si trovino davanti a dei giovani così distanti
dal loro ideale di mondo che alla fine non
possono che diventare loro nemici.
Non esiste detto più vero di quello di
Gide: “Famiglia ti odio”, perché la famiglia oggi sta diventando il baluardo
più conflittuale della società».
E questo cosa comporta?
«James è un ragazzo che rappresenta
moltissimi adolescenti di oggi, che non
hanno avuto delle guide - nel nostro caso
l’unica parvenza di guida è sua nonna
- non hanno idee chiare su quale possa
essere il proprio futuro, e quindi sbandano. Credo però che nella loro anima
ci sia comunque un tentativo di giustizia che non c’è più negli adulti».
James ama leggere e andare a teatro:
attività che oggi vengono spesso etichettate come superflue…
«La cultura oggi è sicuramente uno dei
motori più importanti per i giovani, anche se purtroppo viviamo in un mondo
deculturizzato: la televisione, non per essere banale, è di una tale superficialità
e incapacità di scavare nella realtà da diventare il più grande nemico della cultura di massa».
Quella di James è una storia di formazione, di ricerca della propria
identità: secondo lei i ragazzi di questa generazione sono più forti o più deboli nel cercarla?
«Penso siano più deboli semplicemente perché sono più minacciati dall’esterno. C’è un attacco concentrico nei
loro confronti, in particolare dai media
e dal consumismo: diventa più difficile reagire, si è più fragili e deboli. Io penso che i ragazzi oggi conoscano anche
inconsapevolmente il pericolo che viene dal mondo costruito dagli adulti. Un
mondo in cui non si riconoscono e per
cui, giustamente, si indignano».
Quindi non siamo una generazione di
bamboccioni e sfigati…
«Assolutamente no. Ma dobbiamo anche fare i conti con quelli che io chiamo “evasori culturali”. Sono quelli che
si possono permettere di stare anche dieci anni all’università – non parlo degli
studenti lavoratori naturalmente. Il fatto che un corpo docenti, che un’amministrazione, che una comunità come
l’università debba pagare cinque o sei
anni in più di uno studente che non si laurea è un grosso onere per tutti noi».
Abbiamo parlato della televisione: e il
cinema? Questo è un film girato negli
States, ma com’è la situazione in Italia?
«Da noi a mio avviso c’è censura ed autocensura. Ormai in Italia per produrre
un film si passa da un gruppo monopolista a un altro: non ci sono altre fonti di
finanziamento in questo momento. Questo tipo di oligopolio comporta un figlio
della censura forse anche peggiore, ovvero l’autocensura. Gli autori, sapendo
che i propri film possono essere finanziati solo da pochissime aziende, non proporranno mai cose che possano contrastare la loro cultura. Questo limita moltissimo il cinema italiano, che oggi è diventato totalmente privo di coraggio».
Giovani più fragili, mondo deculturalizzato, il paese in crisi: quanto questo dolore un giorno ci sarà utile?
«Questo suggerimento di Ovidio credo
sia quanto mai attuale. I momenti dolorosi nella nostra vita sembrano sempre chiudere un qualcosa, ma in realtà
poi aprono una porta. Dato che i dolori quotidiani che soffriamo sono tanti, trovare la forza di superarli è bello e utile».
29
Gennaio-Febbraio 2012
Cinema
In sala
Profumo di Oscar
Paradiso amaro
Dal 17 febbraio il nuovo
film con Clooney, un padre
di famiglia rimasto vedovo
che scopre la relazione extraconiugale della moglie.
Scorsese fa il pieno di nomination per la prossima edizione
degli Academy Awards di fine febbraio con il suo Hugo Cabret: ben 11, una in più di The Artist, il bel film muto negli anni
del 3D. Le due pellicole gareggeranno con l’onirico Midnight
in Paris di Woody Allen e Tree of life di Terrence Malick. Tra le
attrici due grandi di Hollywood: Meryl Streep e Glenn Close.
tempo di lettura: 8 minuti
Lavoro. Torna l’impegno civile sul grande schermo
Anatomia di un fallimento
L’ultimo film di Montaldo racconta l’Italia della crisi con l’amara parabola di
un imprenditore torinese assediato dai debiti e lasciato solo dalla moglie
Maddalena
Messeri, 20 anni
“D
i crisi si muore” recita
uno striscione che si è levato in alto
in Piazza Montecitorio a Roma in
occasione di una manifestazione di
piccoli imprenditori. Una frase lapidaria che purtroppo corrisponde
sempre più a verità: l’Eures ha stimato che nel 2009 in Italia c’è stato
un suicidio al giorno per motivi legati alla sfera lavorativa. Disoccupati, cassintegrati, licenziati: la
scure della recessione continua ad
abbattersi sul nostro Paese lasciando
dietro vittime e uno squilibrio sociale sempre più evidente. Ma il
problema non è solo per chi perde il
lavoro: nell’ultimo anno sono aumentati i suicidi dei piccoli imprenditori che, oppressi dai debiti contratti con le banche e dalle tasse,
non sapendo più come portare
avanti la propria azienda hanno gettato la spugna decidendo di togliersi
la vita. È un tema scottante, che già
difficilmente ottiene gli onori della
cronaca, e ancora più raramente interessa altri media. Lodevole intento
quello dell’ultimo film di Giuliano
Montaldo, L’industriale che, con
un’intensa interpretazione di Favino
tenta di penetrare l’intimo di un imprenditore in crisi. Nicola Ranieri è
proprietario di una fabbrica ereditata
dal padre che cammina sull’orlo del
fallimento: nonostante possa beneficiare dell’aiuto della ricca suocera,
sceglie di fare tutto da solo provando a salvare la baracca. Al fallimento sul piano pubblico si va ad
aggiungere quello nella sfera privata: la moglie (Carolina Crescentini) si allontana, ma lui non fa nulla
per cercare un dialogo e ripiega su
pedinamenti da uomo geloso.
Un tema civile raccontato dalla
macchina da presa di Montaldo:
«Ho iniziato a pensare a questo film
tre, quattro anni fa, quando c’erano
i primi sentori di questa crisi economica mondiale. Una cosa mi
aveva colpito più delle altre: quei
suicidi, quelle vite spezzate dei tanti
imprenditori che, al laccio di strozzini e banche, avevano visto fallire
le proprie aziende. Nel film il personaggio interpretato da Pierfrancesco si avvicina molto a loro: per lui,
cresciuto in azienda, il fallimento
sarebbe causa di un doppio dolore:
non essere stato all’altezza del padre, e dover licenziare settanta famiglie, a cui tiene veramente. Nicola è affezionato ai suoi operai,
quegli stessi compagni di lavoro che
avevano aiutato suo padre ad avviare l’attività negli anni del boom
economico», spiega il regista.
E di quanto il film si avvicini alla realtà si è avuto prova quando si è girata una scena all’interno di una fabbrica ancora in attività: in poco
tempo si è sparsa la voce che fosse
stata occupata e moltissimi operai di
altre aziende sono accorsi sul posto
pensando di trovare un nuovo stabilimento in difficoltà. I toni cupi di
una tragedia personale e professionale si riflettono anche nelle scelte
cromatiche della fotografia di Catinari: «Dopo aver finito la sceneggiatura ho deciso di girarlo quasi in
bianco e nero proprio perché era
così che lo immaginavo nella mia
mente, non poteva essere diverso!
Volevo che la storia, l’ambiente, riflettessero in qualche modo la crisi,
economica e sentimentale, e devo
dire che il grande Arnaldo Catinari
c’è riuscito benissimo», continua
Montaldo.
Nel cast anche Carolina Crescentini, che con il regista ha lavorato
già ne I Demoni di San Pietroburgo,
nel ruolo della moglie di Nicola ed
Elena di Cioccio, che interpreta la
sua amica.
L’attrice, “iena” e dj che ha definito
questo film moderno, affascinante
ed educativo, ha a che fare con un
personaggio non facile: «Laura/Carolina viene da una famiglia ricca e
non sa cosa significa guadagnarsi
una posizione sociale elevata. La
nostra è un’amicizia vera, ma il mio
ruolo è da invidiosa, sopporto il
caos emotivo di Laura, e lo vivo insieme a lei».
L’Industriale è un dramma che porta
sul grande schermo un topos rovesciato, spostando l’attenzione dal lavoratore all’imprenditore. Peccato
che l’attenzione del regista si soffermi progressivamente sulla dimensione privata indebolendo il
contenuto critico. Un focus sulla politica spregiudicata delle banche e
della finanza di questi tempi sarebbe
stato più interessante.
Dvd. Tre titoli da non mancare
In principio era Charlie Chaplin
Melusina,
19 anni
Cinema e lavoro: un rapporto stretto,
indissolubile. C’è un’icona che continua a rappresentarlo: quella del film
Tempi Moderni, in cui Charlie Chaplin
immortala il conflitto tra l’essere
umano e la catena di montaggio, apice
dell’omologazione e della spersona-
lizzazione.
Per chi volesse davvero entrare in questa tematica restandone scosso ed
emozionato per la stringente attualità,
Ken Loach è un regista che si potrebbe definire “necessario”. Necessario perché a ogni film ci ricorda che
il nostro mondo occidentale non è il
paradiso. Loach afferma: “Lo sfruttamento è cosa nota a tutti. Quindi non
si tratta di una novità. La cosa che ci
interessa di più è sfidare la convinzione secondo la quale la spregiudicatezza imprenditoriale è l’unico modo
in cui la società può progredire; l’idea
che tutto sia merce di scambio, che
l’economia debba essere pura competizione, totalmente orientata al marketing e che questo è il modo in cui
dovremmo vivere. Ricorrendo allo
sfruttamento e producendo mostri”.
Ecco due titoli da non mancare, an-
dando a ritroso nel tempo. Nel film In
questo mondo libero… (2007) la protagonista, a lungo attiva per conto terzi
nella ricerca di manodopera sottopagata per lavori interinali, reclutata qua
e là nell’Europa dell’Est fra lavoratori più emarginati, diventa lei stessa a
capo di questo sistema aberrante. In
Bread and roses (2000) la migrante
clandestina, la messicana Maya trova
lavoro come janitor (addetta alle puli-
zie) nell’agenzia di Los Angeles, ma
grazie a un sindacalista, impara a lottare per un salario più equo e l’assistenza sanitaria.
Per restare alle vicende di casa nostra
consigliamo la visione de La nostra
vita (2010) di Daniele Lucchetti con
Elio Germano, operaio edile della periferia romana. Un italiano come tanti
che per arricchirsi compirà azioni disoneste, imbroglierà e sfrutterà gli altri.
30
Gennaio-Febbraio 2012
Costume
Curiosità
INFOWEB
www.luccacomicsandgames.com
www.romics.it, www.comicon.it
Città a fumetti
“Lucca Comics”, “Romics”, “Rimini Comics”,
“Comicon”, “Fumettopoli”, le fiere più note
del settore.
Se la realtà
supera la fantasia
tempo di lettura: 7 minuti
Fenomeni. Nei panni del supereroe
E adesso... su la maschera!
I cosplay sono tra noi. Manga, cartoni animati e non solo spalancano le porte del loro mondo
ed esaudiscono il desiderio di quando eravamo bambini: diventare come loro, per un giorno
Serena Mosso,
20 anni
C
ome tutte le migliori e folli
mode che si rispettino, anche il fenomeno cosplay arriva dal Giappone,
terra giovanile del travestimento stravagante. Investe gli otaku, appassionati (talvolta fino all’ossessione) di
manga, anime e videogiochi che partecipano alle fiere dei fumetti travestiti dai loro personaggi preferiti. Diventano cosplayers, secondo la
definizione americana: una contrazione tra “costume” e “play” - recitare, impersonare. Insomma, giocare.
E questi giocatori camminano per le
fiere, si atteggiano come i personaggi
che impersonano, si mettono in posa
per farsi fotografare. La fiera del fumetto diventa un’occasione di sano e
clamoroso esibizionismo che diverte,
diventa moda e come moda si
espande per tutto l’Occidente.
Il tutto fa sorridere, diverte: diventare
qualcun altro per davvero come non si
è mai riusciti a fare da piccoli, quando
si giocava a essere eroi che attraversavano la lava tra le mattonelle di
casa. Mascherarsi e poter andare in
giro in non più tenera età (i cosplayers
vanno dai 13 ai 30 anni e più) senza
essere presi per “strani”. Incontrarsi
tra sconosciuti e scattare foto insieme,
farsi i complimenti per i travestimenti,
rispondere con toni e parole che userebbero i personaggi. E per un giorno
si ritorna a essere tutti amici, tutti
bambini, a giocare al “facciamo che io
ero … e tu invece eri…”.
Si assemblano pezzi diversi, vestiti
trovati nei negozi dell’usato, accessori e trucchi comprati in negozi specializzati che sorgono appositamente
per soddisfare le esigenze dei cosplayers. Figurarsi se la dea Imprenditoria si sarebbe fatta scappare una simile, nuova fetta di potenziale
mercato.
Arrivano i contest
Ecco che in poco tempo lo spirito
spontaneo del travestimento giapponese viene travolto da un’ulteriore
trovata: le gare Cosplay. Nelle migliori fiere italiane (“Lucca Comics”,
“Romics”, “Rimini Comics”, “Comicon”, “Fumettopoli”) nascono appositi spazi e momenti per queste
competizioni, che prevedono sfilate
in costume al termine delle quali una
giuria decreta il “miglior cosplay”
maschile e femminile, il “miglior gruppo” (diventa
ganzo presentarsi
alle
fiere mascherati da
personaggi
dello stesso
film o fumetto), la “miglior interpretazione” (c’è il
tempo per performance di qualche minuto
n e i
polarità, interviste e servizi fotografici su riviste e siti specializzati, la
possibilità di partecipare a competizioni fuori dall’Italia. Un’esperienza
goliardica e tutto sommato innocua.
Appendili
in camera!
Ma siccome in Occidente impera anche il dio Business, ecco
che spuntano ditte
che scelgono
i cosplayers
più celebri
come testimonial dei loro prodotti; alcune riv i s t e
allegano
poster
con le
loro foto (“staccabili dal centro!”
“Appendili in camera!”). Del resto
chi di noi non ha mai sognato di attaccarsi sull’armadio l’immagine di
uno sconosciuto vestito da Super Sayan. Nasce anche il primo calendario
ufficiale italiano dei cosplay, a cura
del fotografo Francesco Bortone,
mentre su Facebook
proliferano
gruppi dove
caricare le
proprie
foto, dove
ci si tagga,
ci si cerca
e ci si riconosce.
E si degenera,
con i
panni dei
propri alter
ego), il “premio
simpatia”. Vincere
le gare regala po-
L’ingegnere si dà al cucito
Un passato da reporter di Zai.net,
un futuro da Ingegnere Chimico,
Ilaria Cecchini, anni 22, ormai da sei
sveste i panni della studentessa per infilarsi quelli di Regina rossa, Mary
Poppins, Mrs Lovett... La foto del servizio la ritrae proprio nelle vesti di
Mrs Lovett, accompxagnata dall’amica Tiziana De Amicis, “Sweeney Todd”.
Come mai una persona “seria”
come te diventa cosplayer?
Proprio per uscire dalla “serietà”. Poi,
forse, l’idea di fare cosplay si ricollega anche alla mia passione per il teatro... entrambi danno la possibilità di
vivere nei panni di qualcun altro, sia
esso reale o di fantasia.
Come scegli i tuoi personaggi?
Il primo, ovvero Mary Poppins, è un
personaggio che mi ha accompagnato durante l’infanzia e amo tuttora. I
più recenti li ho scelti sulla base della soddisfazione che mi avrebbe dato
realizzarli.
Chi ti prepara i costumi?
Li preparo da sola. Inizialmente cercavo di assemblarli a partire da abiti già
esistenti, poi, due anni fa, ho deciso di
sperimentare il cucito per realizzarli ex
novo... e ho scoperto un mondo fatto di
stoffe e cartamodelli che riempie di soddisfazioni!
Hai mai vinto qualche premio?
No, perché non ho mai partecipato a
gare. Di recente però la mia amica ed
io (vestite da Sweeney Todd e Mrs Lovett) siamo risultate tra i primi dieci co-
splay più votati ad un contest on line,
tra i partecipanti del LuccaComics!
Quanto tempo impieghi a preparare il tuo personaggio di solito?
Inizio a pensarci con laaaaargo anticipo... poi mi riduco sempre all’ultima settimana prima della fiera lavorando praticamente giorno e notte,
con gli amici che minacciano di disconoscermi se non finisco in tempo!
A casa che dicono? E gli amici?
A casa si divertono e collaborano. Gli
amici... sono loro che mi hanno portato sulla cattiva strada!
Il prossimo personaggio?
Mi piacerebbe Bellatrix Lestrange, da
Harry Potter. Bisogna vedere se avrò
i capelli abbastanza lunghi per la
prossima fiera!
gruppi per “I cosplay più sexy”, con
cosce e tette al vento (spesso rifatte)
commentate da giovani sbavanti e un
tripudio di pettorali e boria maschile
che alla lunga viene a noia.
E tu, che cosplay sei?
Molti creano il proprio travestimento
con grande cura e in molti mesi, per
passione, per mettersi in gioco o per
sfilare alle gare; ma c’è chi non ha
tutta questa dedizione o chi è solo
alla ricerca di un cosplay semplice,
sufficientemente “giusto” a far ottenere la riduzione del biglietto d’ingresso per la fiera. Vuoi convincere il
tuo migliore amico restio a mascherarsi con te? Mettigli in testa un
rombo verde di carta, sospeso con un
cerchietto, e avrai un Sims in carne e
ossa. Oppure vestilo di nero e dipingigli il viso di bianco per fare Il
Corvo. In alternativa, presentati con
gli occhi cerchiati di nero e le occhiaie sotto al ginocchio e sarai un
perfetto L; e per restare in tema di
Death Note, se sei bionda e hai un vestito qualunque da “gothic lolita” ti
basterà assumere un’aria stralunata e
munirti di autoreggenti a rete per essere un’avvenente Misa Misa; se il
caldo ti spossa – specie nelle fiere
invernali – puoi sempre svestirti
da Lamù e attirare così orde di maschietti in astinenza sicuramente desiderosi di disquisire con te sulle Tesi
di Lutero.
E dopo i fumetti, i film e i videogiochi, è proprio dalla religione che arriva negli ultimi tempi l’ondata di cosplay più dissacrante: ad ogni fiera
non manca almeno un giovane volenteroso che si trascina una croce
sulle spalle, qualche Papa o addirittura “Dio” con tanto di aureola. Il fenomeno diventa satira e colpisce anche la politica, sicché si possono
ammirare attempati “Bush” a braccetto con improbabili “Gheddafi”,
“Obama” e “Berlusconi”. Dall’universo del rock approdano i vari Axel
Rose e Slash munito di chitarra; e dal
mondo letterario uno stuolo di immancabili vampiri (argh! di nuovo
loro!), fortunatamente seguiti a ruota
dai loro avversari storici. No, niente
lupi mannari; ma maghetti con cicatrici e Mangiamorte pronti a farli
fuori a colpi di “Avada Kedavra”.
31
Gennaio-Febbraio 2012
Giochi
INFOWEB
www.zai.net
Tempo Libero
L’oroscopo
Test
21/3 - 20/4
Ariete
I primi mesi del 2012 non si prospettano proprio fantastici ma voi sapete che le cose migliori si ottengono sudando... tenete duro!
Feeling con: Leone e Pesci
Stai lontano da: Toro e Acquario
Giorno fortunato: il 26 febbraio
Tra techno victim e techno addicted
Il consumatore e la tecnologia, un tema importante soprattutto quando si deve comprendere come e in quanto tempo le innovazioni tecnologiche entrino a far parte del vissuto quotidiano
di ognuno di noi. Mi guardo intorno e vedo dei ragazzini di 10
anni con un cellulare in mano e mi domando cosa ci deve fare
un bambino così piccolo con un telefonino. E poi Facebook, I-Pod,
I-Phone, Tablet, tecnologia touch screen e così via...Le innovazioni tecnologiche sono utili e ci rendono la vita più comoda, ma
quando entra in gioco una vera e propria dipendenza da questi fattori, allora la cosa può effettivamente diventare un problema, perciò, scoprite con il nostro infallibile test la portata della vostra dipendenza dalla tecnologia!
La tua App preferita?
a Le pietre focaie.
Ma che app e app - seicento e pasb
sa “euri” per un telefono? Ok, mi
piace la tecnologia utile e anche
quella superflua, il più delle volte,
ma insomma! Pensa differentemente, non buttare via i tuoi soldi
per un telefono, al massimo, fattelo regalare!
c “Zit Picker”: non avete brufoli da
schiacciare sul vostro viso? Sfogatevi con questa app che permette di
apporre sulle vostre foto brufoli virtuali che potrete schiacciare con il
touch screen, proprio simulando il
gesto che si fa normalmente sul proprio viso. In realtà ho già abbastanza
brufoli di mio da schiacciare, ma un
extra non si rifiuta mai!
Quanto tempo passi su Internet?
a Beh, con la caccia al brontosauro
con papà e le pitture rupestri nella
grotta da finire, non è che mi rimanga molto tempo da dedicare a
‘sto Internet di cui parlano tutti!
b Decisamente più tempo del necessario, ma come tutti, mi piace far
credere agli altri che non sia così.
Modernista ma con pudore!
c In America l’hanno battezzata “Internet Addiction Disorder”; è una
patologia che sta facendo furore,
a
b
c
a
b
tanto che esistono già cliniche online per curarla. Io decisamente ne
sono affetto e i miei hanno deciso
di internarmi in una clinica vera invece che on-line, tanto per ristabilire un minimo di immediato contatto con la realtà.
Il telefono cellulare...
No grazie – ci troviamo ancora bene
coi segnali di fumo a casa mia!
È decisamente curioso il fatto che
“i grandi” ci accusino di essere “drogati di tecnologia”, quando sono stati loro a metterci in mano un cellulare quando andavamo alle elementari...
Adoro i moderni smartphone zeppi di funzioni e gadget, ed è bello
sentirsi in ogni momento in contatto
multimediale col resto del mondo.
Per quanto riguarda la funzione di
telefono direi che è superflua, tanto nessuna mi cerca mai!
Scarico di tutto!
Sicuro: le bistecche di Tirannosauro sono pesanti e a me piace dare
una mano in famiglia!
Ok, non si dovrebbe fare, viola i diritti d’autore e compagnia bella, ma
sai che c’è? Chi se ne frega di tutte ‘ste menate, è assolutamente un
crimine senza dolo per almeno un
miliardo di ragioni!
Toro
Sì, mi scarico tutto – tentando di
riempire quel freddo vuoto che è la
mia anima!
Videogames, che passione!
a Video che? Dalle mie parti preferiamo andare a caccia di mammuth
invece che perdere tempo con queste sciocchezze!
b Beh, la partitina a FIFA ‘12 con gli
amici ha sempre quel suo gusto che
sa di tradizione, quindi, perché no?
c Se non ci fossero state figure come
Kratos o Solid Snake a tirarmi
fuori da quell’incubo che è la mia
vita sociale/sentimentale non saprei
che fine avrei fatto!
Pensa differente!
a In effetti il sistema copernicano mi
sembra ragionevole...
Ovvero “spendi un sacco di soldi per
b
un prodotto sicuramente buono ma
assolutamente costoso soprattutto
rapportato allo scarso sfruttamento
delle reali risorse di esso, ma tanto
che ci frega se l’importante è lo status symbol che conferisce”? Mmh,
ci devo pensare...
c Penso differentemente da quando
sono nato, forse è per questo che tutti mi scansano ed io ho cercato di
compensare con una fervida seconda vita virtuale e culto dell’oggetto tecnologico fine a se stesso.
21/4 - 21/5
Questo 2012 è partito con il piede giusto, ma ci metterà un po’ a carburare come si deve e come desiderate voi,
attendete ancora qualche mese.
Feeling con: Gemelli e Sagittario
Stai lontano da: Leone e Vergine
Giorno fortunato: il 20 febbraio
A cura di Cassandra
Bilancia
23/9 - 22/10
Il 2011 non si è chiuso proprio nel
migliore dei modi e allora non vi resta
che prendervi la rivincita in questo
2012 che si prospetta positivo.
Feeling con: Acquario e Sagittario
Stai lontano da: Ariete e Leone
Giorno fortunato: il 18 febbraio
Scorpione 23/10 - 22/11
Avete a che fare con dei giorni impegnativi e pieni di stress ma c’è qualcuno
che saprà come farvi rilassare e gustare questi giorni invernali nel modo giusto.
Feeling con: Sagittario e Leone
Stai lontano da: Ariete e Capricorno
Giorno fortunato: il 23 febbraio
c
Gemelli
23/11 - 21/12
I dolci natalizi vi hanno lasciato
un po’ ingolfati ma voi sapete cosa fare
per riprendere a pieno ritmo questi primi
mesi dell’anno: fate quello che amate.
Feeling con: Pesci e Toro
Stai lontano da: Leone e Acquario
Giorno fortunato: il 19 febbraio
Cancro
22/6 - 22/7
Si stanno prospettando all’orizzonte alcune possibilità che dovreste sbrigarvi a cogliere... non ve ne siete accorti?
O forse non volete accorgervene?
Feeling con: Leone e Ariete
Stai lontano da: Gemelli e Vergine
Giorno fortunato: il 14 febbraio
Capricorno 22/12 - 20/1
Un inizio non proprio esaltante,
così come la fine del 2011, ma lasciatevi
tranquillizzare: le stelle hanno in serbo per
voi molte buone nuove interessanti.
Feeling con: Gemelli e Leone
Stai lontano da: Ariete e Cancro
Giorno fortunato: il 28 febbraio
Leone
23/7 - 22/8
Siete alle prese con l’ennesima
questione spinosa sentimentalmente parlando? Lasciate perdere e prendete quello che arriva senza rovinarvi il fegato!
Feeling con: Cancro e Vergine
Stai lontano da: Sagittario e Acquario
Giorno fortunato: il 10 febbraio
Acquario 21/1 - 18/2
Sarete davvero splendidi nel corso di quelli che sono i “vostri” giorni: sfruttateli fino in fondo e godetene a pieno, perché avrete bisogno di grandi soddisfazioni.
Feeling con: Pesci e Capricorno
Stai lontano da: Leone e Sagittario
Giorno fortunato: il 16 febbraio
22/5 - 21/6
Le vostre aspettative per questo
anno sono altissime e siete pronti a combattere, ma dovete credere un po’ di più nelle vostre capacità: ce la farete!
Feeling con: Toro e Capricorno
Stai lontano da: Scorpione e Bilancia
Giorno fortunato: il 27 febbraio
Vergine
23/8 - 22/9
Questo 2012 sarà assolutamente
spettacolare. Giove parla chiaro: date retta alle stelle, lasciatevi andare e godetevi la vita. Non ve ne pentirete!
Feeling con: Leone e Scorpione
Stai lontano da: Pesci e Bilancia
Giorno fortunato: il 29 febbraio
Sagittario
Pesci
19/2 - 20/3
Stiamo parlando dei re e delle regine dell’acquario in questi giorni, quindi
cosa volete che vi dica? Godetevi questo periodo d’oro e iniziate il 2012 alla grande!
Feeling con: Leone e Ariete
Stai lontano da: Bilancia e Scorpione
Giorno fortunato: il 21 febbraio
Scopri il tuo profilo
La foto del mese
Da 7 a 12 punti
Modernista Ogni tanto anche i nostri compatrioti mostrano
apertura mentale nei confronti delle innovazioni come internet, dove è
senza dubbio maggiore la possibilità di ascoltare voci diverse e reperire
informazioni utili con un click. E voi siete tra questi modernisti illuminati
che utilizzano la tecnologia consapevolmente e non vengono usati da questa... però che noia, con voi “normali” trovare una battuta/critica divertente che vi metta alla berlina è sempre una faticaccia!
Da 1 a 6 punti
Paleolitico Siamo dubbiosi sul fatto che abbiate risposto sinceramente: può esistere nel 2012 uno studente delle superiori [lettore standard della nostra rivista] che non ha un profilo Facebook e va a spasso
senza cellulare? Non ci sorprenderebbe scoprire che siete un bidello che
aveva voglia di farsi quattro risate o una simpatica vecchietta, ma se così
non fosse, beh, è bello da un lato scoprire che c’è ancora qualcuno che non
ama le dipendenze di alcun tipo. Ma ogni tanto uscite dalla vostra caverna!
Punteggio
per ogni risposta A: 1 punto
per ogni risposta B: 2 punti
per ogni risposta C: 3 punti
Foto di Francesco Mesiano
Da 13 a 18 punti
Replicante Ho amici che se rimangono per due soli giorni senza
computer non riescono a farti un sorriso perché non hanno potuto visitare
il profilo su Facebook della propria ragazza. Vi riconoscete in questa descrizione? Ecco, siete un disastro assoluto – fatevi una vita vera e scollegatevi dalla rete globale per un attimo, ogni tanto fate una passeggiata... e
non fatemi perdere tempo con voi, che ho da controllare se qualcuno a
messo “Mi Piace” all’ultimo video che ho postato!
Fuori di seno
In Venezuela è boom di interventi chirurgici per aumentare il seno. I manichini si adeguano
BE
Zai.net in pillole
C’è chi compra
e c’è chi paga
Cellulari, televisori, computer… tutti noi ci informiamo sulle caratteristiche
dell’ultimo modello, di quello
più figo da mostrare agli
amici, ma in quanti sanno
quanto è costato produrlo in
termini di diritti umani e di
rispetto dell’ambiente? E
quanto costerà smaltirlo
quando decideremo di sostituirlo?
(Alle pagg. 4 e 5)
YOURSELF
AND
Buona la
prima pagina
Dall’Edicola di Zai.net a
Buona la prima ovvero dalla
lettura dei giornali alla loro
interpretazione critica. Il laboratorio di attualità multimediale ideato da Mandragola
editrice entra nelle scuole liguri grazie al contributo economico e di idee di Arssu,
l’Azienda Regionale per i Servizi Scolastici e Universitari
della Liguria.
(A pag. 6)
Ombre (e luci)
cinesi
Reportage dalla Capitale
del grande Paese asiatico dove
tradizioni e modernità si sposano perfettamente. Per conoscere le mille contraddizioni
di Pechino, le sue piazze, i suoi
colori, i suoi sapori. Senza dimenticare di visitare la spettacolare Grande Muraglia.
(A pag. 8)
Artisti
“Moderni”
Chi l’avrebbe detto che dal
Centro giovani di Torino dove
si incontravano per suonare
sarebbero arrivati al palco di
X Factor? E su quel palco sono
rimasti fino alla fine, conquistando meritatamente l’ambito secondo posto. Ecco a voi
i Moderni Liza, Lead, Cata e
Broad.
(A pag. 26)
James,
teenager da film
Roberto Faenza torna alla
regia con la storia di un adolescente americano introverso
e solitario. Un giorno questo
dolore ti sarà utile è un racconto di formazione e ricerca
della propria identità tratto
dall’omonimo best seller di
Peter Cameron.
(A pag. 28)
Supereroi
per un giorno
Avete mai sognato di vestire per un giorno i panni dei
vostri personaggi manga preferiti o del protagonista del
film in costume che rivedreste
migliaia di volte? Con un po’
di fantasia tutto è possibile,
anche improvvisarsi sarti.
Parola di cosplayer!
(A pag. 30)
LookSmart
Zai.net Lab, il più grande laboratorio giornalistico d’Italia, è realizzato anche grazie al contributo di
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