ZAINET GENN FEBBR 2012:Layout 1
Transcript
ZAINET GENN FEBBR 2012:Layout 1
ISSN 2035-701X N° 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2012 G STILE I O V A N I R E P O R T E R “Poste Italiane. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Torino n° 1 Anno 2012”- € 0,70 Tavi Gevinson Sorpresa: il magazine americano di moda più innovativo del web è opera di una quindicenne A pagina 18 ATTUALITÀ all’in tern o Lo o anch kSmart el ha c a moda erve llo Cellulare rosso sangue Come i telefonini rendono il terzo mondo il peggiore possibile A pagina 4 INTERVISTA Il coraggio di crescere Faenza racconta il suo giovane Holden anni Duemila A pagina 28 MUSICA Saltare gli schemi ... è un gioco da ragazzi! I Moderni Da Torino passando per xFactor, la band rivelazione dell’anno A pagina 26 2 Gennaio-Febbraio 2012 A cura di Greta Pieropan, 18 anni Antispot BIANCO, ROSSO E VERDE ACIDO n°1 gennaiofebbraio Direttore responsabile Renato Truce Vice direttore Lidia Gattini In redazione Maria Elena Buslacchi Chiara Falcone Simona Neri Redazione di Torino corso Allamano, 131 - 10095 Grugliasco (To) tel. 011.7072647 - fax 011.7707005 e-mail: [email protected] Redazione di Genova Via Cairoli, 11 - 16124 Genova tel. 010.8936284 - 010.8937769 - 010.261466 e-mail: [email protected] Redazione di Roma via Nazionale, 5 - 00184 Roma tel. 06.47881106 - fax 06.47823175 e-mail: [email protected] Hanno collaborato Dal laboratorio Attualità: Simona Neri (supervisione giornalistica) Andrea Boutros, Eleonora Cosmelli, Elena Dardano, Virginia Lupi, Marta Fabrizi Dal laboratorio Giovani Critici: Maria Elena Buslacchi (supervisione giornalistica) Chiara Colasanti, Elena Prati, Alessandra Arpi, Giulia Ciavarelli, Sara Coppa, Kalliroi, Giulia Iani, Andrea De Sotgiu, Alice Golisano, Chiara Cacciotti, Maddalena Messeri, Melusina, Maria Caterina Temperini, Paolo Nataloni, Martina Pi Dal laboratorio Costume e Società: Chiara Falcone (supervisione giornalistica) Laura Santi Amantini, Alessandro Bai, Eleonora Zocca, Greta Pieropan, Martina Rogato, Alessio Boggero, Giovanni Mori, Luca Di Cursi, Caterina Vercelli, Serena Mosso, Gaia Ravazzi Abbiamo visto molti spot dedicati all’Italia durante il 2011, anno in cui abbiamo festeggiato il 150° dell’unità nazionale, peccato però che alcuni siano caduti proprio in basso. Uno di questi è lo spot Coconuda, che, con il pretesto di parlare del made in Italy, usa i colori della nostra bandiera in un contesto a dir poco “insipido”. In una cornice nera firmata “Coconuda” vediamo un palazzo che ospita una festa: la telecamera si sposta velocemente e poi procede più lentamente sui volti inespressivi degli ospiti, quasi tutte donne vestite di nero e con un trucco pesante. Danno l’impressione di essere molto snob e di divertirsi poco, si muovono solo per accarezzare un chihuaua, status symbol delle ragazze viziate, a quanto pare. Ad un tratto la porta si apre trionfalmente ed entrano due ragazze e un ragazzo, probabilmente tre modelli, vestiti ciascuno con un colore della bandiera italiana: verde, bianco e rosso. Avanzano a rallentatore, tra lo stupore degli invitati e della cantante, che ferma la sua esibizione (ma prosegue la sua registrazione che risuona da fuoricampo, purtroppo…) e dopo aver fulminato con lo sguardo il chihuaua che abbaiava, si siedono attirando su di loro tutti i fotografi presenti. Lo slogan non risolve la situazione: “Coconuda. Vesti italiano”. Qual è la relazione tra i prodotti italiani e tre personaggi che attirano fotografi, ma non brillano certo per qualità, soprattutto perché la differenza con gli altri invitati è solo nel colore degli abiti? Questa marca si rivolge a “meteore” televisive o della moda, che si annoiano a una festa? Vestire italiano non è soprattutto eleganza, qualità e buon gusto? Allora ritrovateli e confezionate un altro spot! GUERRA AI BATTERI BALLERINI! Poveri maori! Da quando il rugby dei fantastici All Blacks ha portato all’attenzione mondiale la loro danza tradizionale, non hanno più pace. Prima la Fiat, che l’aveva fatta eseguire da alcune mamme, violando la regola tradizionale per cui la danza di guerra è “cosa da uomini”, ora la Colgate che, per promuovere il suo spazzolino, la fa ballare da batteri che cantano! Tutti in fila, con una maglietta nera su cui spicca un’enorme lettera “B” bianca, cantano il loro inno, scandito dai movimenti palesemente copiati dalla danza maori, mentre la telecamera li passa in rassegna, indugiando sulle espressioni di alcuni di loro! Per quanto ormai inflazionata dalla sua popolarità e dalla moda, non ci sembra una scelta rispettosa utilizzare una danza tradizionale per uno spot di uno spazzolino contro i batteri, germi verdi che fanno rabbrividire i poveri spettatori! È vero che si tratta di una danza di guerra nata per spaventare i nemici, ma lo spettatore trema al solo pensiero di avere un gruppo di batteri da musical in bocca, che può cacciare solo attraverso l’argento su uno spazzolino! Signori della pubblicità, siete voi a farci veramente paura: prima le banche che qualche tempo fa facevano ballare i clienti, ora la Colgate che fa danzare e cantare i germi; ora possiamo proprio dire di aver visto cose che voi batteri canterini non potete nemmeno immaginare! Bocciati!!! Chi di voi, pregustando una bella tazza di caffè, non pensa immediatamente alla schiena di una donna? Nessuno? Eppure qualcuno il collegamento lo ha fatto: l’azienda Covim, azienda di torrefazione e commercializzazione di caffè. La pubblicità di cui si avvale la ditta ritrae la schiena sinuosa di una donna che riporta tatuato il logo dell’azienda. La scritta scivola praticamente sui glutei della modella, che diventa null’altro che uno spazio a pagamento per la pubblicità. Più oggetto di così… Impaginazione Gianni La Rocca Web designer e illustrazioni Giorgia Nobile Fotografie e fotoservizi Circolo di Sophia, Massimiliano T., Fotolia I giovani reporter utilizzano NikonD3100 Sito web: www.zai.net - Francesco Tota Editore Mandragola Editrice società cooperativa di giornalisti via Nota, 7 - 10122 Torino Stampa San Biagio Stampa S.p.A. via al Santuario N.S. della Guardia, 43P43Q 16162 Genova Concessionaria Pubblicitaria Publirama S.p.A. Foro Buonaparte, 69 - 20121 Milano Zai.net Lab Anno XI / n. 1 - gennaio-febbraio 2012 Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 486 del 05/08/2002 Abbonamento sostenitore: 25 euro Abbonamento studenti: 7 euro (10 numeri) Servizio Abbonamenti MANDRAGOLA Editrice s.c.g. versamento su c/c postale n° 73480790 via Nazionale, 5 - 00184 Roma Questa testata fruisce dei contributi statali diretti della legge 7 agosto 1990, n. 250. Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Abbiamo toccato il fondo(schiena) Possiamo accettare che quando si superano gli esami universitari si possa dire che abbiamo salvato il fondoschiena, ma perchè mai questo deve essere proprio un perfetto mandolino in biancheria sexy che si strofina con un altrettanto sensuale collega? La trovata pubblicitaria – segnalata sul blog comunicazionedigenere.wordpress.com – è stata utilizzata da un sito realizzato da studenti universitari per scambiarsi appunti. Si chiama Docsity, che, promette il claim, “ti salva il c…”. Ma prima bisogna salvare la faccia. Hanno collaborato a questo numero GIULIA CIAVARELLI Studentessa di Scienze della comunicazione, Giulia Ciavarelli, 21 anni, è vicina al traguardo “laurea”, con una buona dose di ottimismo. Nonostante sia una grande amante del caffè a qualsiasi ora e della crostata con le mele, ama definirsi perennemente a dieta. Oltre ad essere una speaker radiofonica con una grande passione per la musica, nutre interesse per il cinema, i concerti e la scrittura. Ama fare la “turista per caso”. GIULIA IANI 19 anni e 3 passioni trasmesse da 3 persone importanti: la fotografia da suo padre, l’arte da sua sorella e la lettura da sua madre. Divora libri e sogna di diventare giornalista. È proprio per questo che si è iscritta a Lettere. Si appella quasi sempre alla legge delle tre “p”: pazienza, perseveranza, positività, alcuni degli ingredienti che rendono la vita come quella famosa scatola di cioccolatini, in cui non sai mai quello che ti capita. ELEONORA COSMELLI Eleonora ha 18 anni, ma fondamentalmente non ci si è ancora abituata. Vive tra Roma e il proprio mondo e si occupa attivamente di politica. Tra i suoi maggiori interessi ci sono l’arte, la lettura e la scrittura. Ama molto viaggiare, mangiare pop corn e comporre anagrammi. Nel poco tempo libero che ha a disposizione frequenta anche il liceo classico e spera di diplomarsi a breve. ANDREA BOUTROS Andrea Boutros frequenta il liceo scientifico “Cassini” di Genova e collabora da un po’ di tempo con Zai.net. Ormai parte della ciurma di Radio Jeans, coltiva la passione per l’ideazione di nuovi programmi e la creazione di nuovi progetti radiofonici. Non si staccherebbe mai dalle radici egiziane, che sono alla base della sua duplice cultura e dei suoi primi esperimenti di scrittura artistica. 3 Gennaio-Febbraio 2012 Attualità Last minute INFOWEB www.zai.net 13 milioni La scuola ai tempi della rete gli utenti italiani che quotidianamente si collegano a Facebook tempo di lettura: 7 minuti Inchiesta. Sei amico del tuo prof? Facebook sul banco degli imputati Fanno discutere le misure prese da alcune scuole per scoraggiare “amicizie” sui social network tra professori e studenti. Fin dove può spingersi la confidenza? Andrea Boutros, 17 anni T i è andato male il compito? Sfogati direttamente sulla bacheca del prof! Non è più una semplice fantasia (o un sogno irrealizzabile di molti studenti): capita sempre più spesso che il rapporto docente-alunno non si fermi al suono della campanella, ma si protragga fino ad arrivare nei loschi meandri delle pagine, dei gruppi e dei link di Facebook. Accade così che alcune scuole “corrano ai ripari”. Ad esempio, il dirigente scolastico di un liceo di Bassano del Grappa è balzato agli onori della cronaca qualche mese fa per aver posto il suo veto – o meglio, il suo “disaccordo” – alle amicizie fra prof e ragazzi su Facebook in una circolare inviata ai suoi insegnanti, motivando così la sua decisione: “La scuola è la scuola, i docenti sono i docenti e gli studenti, studenti”. Diversa è stata invece l’ancor più recente reazione di un preside di una scuola media in provincia di Savona, che non si è limitato a “sconsigliare”, ma ha proprio vietato ai professori della sua scuola di richiedere o accettare l’amicizia degli studenti. Del resto, non mancano “illustri” precedenti: la scorsa estate l’utilizzo di Facebook tra studenti e professori è stato vietato per legge in un intero Stato americano, il Missouri. Addirittura in Canada, uno dei Paesi con il più alto numero di “facebookiani”, quasi ogni mese si ha notizia di insegnanti che hanno subito provvedimenti disciplinari come la so- Un preside di una scuola media in provincia di Savona non si è limitato a “sconsigliare”, ma ha proprio vietato ai professori della sua scuola di richiedere o accettare l’amicizia degli studenti spensione per aver sbagliato a relazionarsi con gli studenti su qualche social network. L’Ontario college of teacher ha suggerito ai docenti iscritti alcune norme comportamentali che vanno dall’uso del solo indirizzo email della scuola per comunicare con gli studenti al limitarsi a rispondere ai ragazzi entro le 22 di sera, anche se le domande hanno per oggetto i compiti del giorno dopo. La prima circolare tricolore di veto a Fb come mezzo di comunicazione tra docenti e studenti fa dunque il giro d’Italia e guadagna spazio sui giornali che, come consuetudine, si contendono lo psicoteraupeta di turno per avere l’opinione professionale sulla questione. C’è quello secondo il quale la relazione con gli studenti deve essere educativa, il controllo deve restare nell’ambito dell’apprendimento e non riguardare le emozioni; c’è invece chi sottolinea come il rapporto a livello pedagogico possa uscirne rafforzato, purché non si illuda l’insegnante di tornare giovane, né il ragazzo di arrivare ad una maggiore confidenza col prof. Anche noi ci siamo “illusi” di indagare sulla que- stione e abbiamo sondato tra i docenti, ma soprattutto tra i ragazzi, che sono poi i più coinvolti, visto che è della loro (della nostra) educazione che, alla fine, si parla. Il professor Gasperini del liceo Cassini di Genova, ad esempio, ha le idee molto chiare: «Sì per una discussione a pro- posito dell’amicizia con i propri alunni su Facebook e sulla sua corretta gestione, ma non riesco a capire in base a quale norma di legge un dirigente scolastico possa proibire l’amicizia docente-alunno sul social network - afferma l’insegnante - secondo me non esiste», ribadisce. Tra I risultati delle nostre interviste i ragazzi, invece, il punto di vista più gettonato pare essere anche quello più ovvio: «D’accordo con l’amicizia al prof, ma non quella troppo invasiva», pensa Gabriele. Insomma, gli studenti vogliono essere liberi di postare, linkare e continuare a scrivere tutto ciò che gli passa per la testa, senza l’ansia di sentirsi “spiati” dal professorone di turno. Facebook è considerato uno dei pochi momenti di relax nel corso della giornata dello studente medio (che ormai non guarda quasi più la televisione, come attestano le recenti indagini), e come tale va rispettato: «Io ho dei professori tra gli amici di Facebook, ma a volte, quando voglio scrivere certe cose, mi sento frenata…», si lamenta Rebecca, che come moltissimi altri studenti non si pone nemmeno il problema dell’ “autorità”, o della “scuola che deve rimanere scuola”. Federica, liceale ternana, racconta di un’insegnante che molto professionalmente accetta l’amicizia solo di ex alunni, e dei suoi compagni che sono restii a stringere amicizia virtuale con il prof di religione (non c’è dato sapere se dipenda dalla materia o dall’insegnante in questione). Un’altra studentessa, Alexandra, rivela che la maggior parte dei sui docenti tende a mantenere una certa privacy su Facebook, «quelli che invece hanno aggiunto me e i miei compagni di classe praticamente non ci sono mai!». Per finire, Davide, lasciandoci addosso un bel po’ di curiosità, ci ha scritto: «Con un prof siamo pure troppo “amici”… Fa vandalismo culturale insinuandosi nelle mie conversazioni e commentando aggressivo gli eventi pacifici a cui lo invito». Casi curiosi a parte, la sensazione, confermata anche dal sondaggio lanciato nei giorni scorsi sul sito di Zai.net, è che in fin dei conti non siano poi molti i ragazzi e i docenti amici sui social network e che, quando questo accade, si resti comunque su un certo piano. E allora, di cosa stiamo parlando? Ancora una volta dell’illusione, di un mondo parallelo che brucia ogni tipo di distanza, dove il timido diventa estroverso, il politico è amico del cittadino e il professore… è amico dell’alunno! 4 Gennaio-Febbraio 2012 Attualità Inchiesta INFOWEB www.unicef.it, www.paceperilcongo.it www.elisso.it Dove si trova Il coltan è usato anche nell'industria aerospaziale per fabbricare i motori dei jet, oltre agli air bag, ai visori notturni, alle fibre ottiche. Consumare sì, ma con la testa tempo di lettura: 9 minuti Coltan “insanguinato”. La guerra dietro la tecnologia High tech: noi compriamo… Dalle miniere del Congo si estraggono minerali come il coltan indispensabili per i nostri apparecchi elettronici. Per il controllo di queste risorse sono tuttora in corso sanguinosi conflitti che rappresentano il vero, drammatico costo del nostro high tech Eleonora Cosmelli, 18 anni i siete mai chiesti da dove arrivino i cellulari prima di fare sfoggio di sé sugli scaffali di negozi e supermercati? Questi, come i computer e gran parte dei prodotti tecnologici, funzionano anche grazie all’impiego del coltan, una lega di columbite e tantalite che ha l’apparenza di una sabbia nera. In particolare serve ad ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione. Il minerale in questione non è però così facile da trovare: l’ottanta per cento delle riserve mondiali si trova in Africa e l’ottanta per cento di queste in Congo (Repubblica Democratica del Congo), precisamente nella regione del Kivu, nel nord-est. Quest’area possiede anche molte miniere d’oro: se il mondo fosse semplice, la sua popolazione potrebbe usufruire delle proprie risorse in modo equilibrato e ricavarne adeguato profitto; il Congo è invece un Paese molto povero e le sue ricchezze sono sfruttate da gruppi di stranieri. Non è facile nemmeno trovare informazioni sull’argomento. Giuseppe Carrisi, un giornalista di Rai International che conosce da vicino l’area centroafricana e collabora a progetti di recupero di bambini soldato, racconta: «Essendo i prodotti che utilizzano minerali come il coltan distribuiti su scala mondiale, sono molte le multinazionali coinvolte». Il traffico del coltan è gestito, ovviamente in modo illegale, da gruppi di ribelli e signori della guerra, che dirigono un gigantesco traffico d’armi e controllano questi territori con la violenza. I ribelli hanno tutto l’interesse a mantenere la situazione così com’è: il traffico del coltan frutta quanto quello dell’oro, se non di più; dall’altra parte c’è invece una popolazione locale che non solo non trae alcun vantaggio da questo “commercio”, ma ne è a tutti gli effetti sopraffatta. Il profitto, su scala mondiale, sembra essere la priorità assoluta per tutti, dai signori della guerra del sud del mondo alle aziende occi- Foto di Tommaso Galli V dentali. «La “corsa al coltan” negli anni ‘90 è degenerata in una guerra che ha coinvolto parte dell’esercito congolese, ribelli ruandesi e gruppi armati non meglio identificati, provocando 5 milioni di vittime tra i civili, un numero imprecisato di profughi interni e l’arruolamento di oltre 30.000 bambini soldato», continua Carrisi. «La guerra in Congo sarebbe ufficial- mente finita – ci spiega Donata Lodi, responsabile delle Relazioni Internazionali e Advocacy nazionale di Unicef Italia – ma soprattutto nell’est del Paese permane un conflitto a bassa intensità con scontri ricorrenti: le bande armate continuano a presidiare le risorse e nessuno sa bene chi le controlla. Spesso i bambini scappano da queste zone e cercano di arrivare a Kinshasa dove vi- Con l’iPhone non si scherza! Il gioco “Phone story” non è piaciuto alla Apple che lo ha bandito dai suoi punti di distribuzione. Si tratta di un’applicazione creata dall’italiana Molleindustria, una simulazione di gioco che denuncia come nascerebbero i telefonini: mostra l’utilizzo di minori per le estrazioni di materie prime in Africa, le drammatiche condizioni dei lavoratori cinesi nelle fabbriche d’assemblaggio, lo smaltimento di rifiuti high tech. Gli sviluppatori sostengono che il gioco dovrebbe suscitare una riflessione critica, ma la Apple ha motivato il suo divieto spiegando che l’app di Molleindustria avrebbe violato alcuni Termini d’Uso dello store, proponendo tra l’altro contenuti “violenti e crudeli”. vono per le strade. Altri vengono arruolati dai gruppi armati». Incalcolabili anche le conseguenze ambientali di un così intenso sfruttamento del territorio: si va dall’abbattimento degli alberi all’impoverimento del territorio in generale. Un’erosione del sistema natura che avrà, in un futuro prossimo, gravi ripercussioni per tutti. «Per estrarre il coltan - continua Lodi - si distrugge lo strato fertile del terreno, si elimina praticamente il primo metro di terra; questo significa che quando qualcuno convince i capifamiglia a cercare il coltan anche nel loro terreno, molte famiglie finiscono in miseria perché i loro appezzamenti vengono distrutti e magari il prezioso minerale non lo trovano neanche». Poi c’è il problema del contrabbando. «Soprattutto fino ad un paio di anni fa si vedevano continuamente aerei bianchi, senza alcuna insegna, partire carichi di minerali e arrivare carichi di armi». Di questo argomento in realtà non si parla più molto. Forse perché la situazione oggi è migliorata? La comunità internazionale finalmente ha posto fine in qualche modo a tutto questo? In effetti, proprio lo scorso anno l’amministrazione Obama ha emanato il Dodd Frank Act – la riforma finanziaria – con cui sono stati introdotti per le imprese americane nuovi obblighi di trasparenza. Le società i cui prodotti contengono cassiterite (minerale di stagno), coltan, wolframite e oro devono comunicare alla Sec, l’organo di controllo di Wall Street, che i minerali usati non provengono da zone di conflitto, in particolare dalla Repubblica democratica del Congo. «L’iniziativa è ottima – precisa Lodi – ma non credo risolva il problema. Se si analizzano le statistiche, si scopre un volume enorme di esportazioni di minerali rari da Paesi come Uganda e Ruanda che non si spiega con le loro scarse risorse minerarie: in realtà i trafficanti provano (e riescono) a valicare i confini, i minerali viaggiano dentro le borse delle persone, trasportati nei Paesi che non hanno conflitti in corso». Padre Loris Cattani, missionario membro di Rete pace per il Congo che nel Paese ha vissuto, concorda: «L’intenzione dell’amministrazione Obama era buona, tant’è che dopo il provvedimento molte società minerarie si sono ritirate, ma il commercio non si è fermato, è proseguito a livello clandestino. Il problema grosso è la difficoltà di smantellare una rete mafiosa cui concorrono gruppi militari e politici congolesi. Il primo controllo va fatto intanto nei punti di raccolta del prodotto grezzo all’interno del Paese e poi anche lungo il trasporto: può accadere ad esempio che il minerale esca “pulito”, ma che nel tragitto venga sottoposto a tasse illegali imposte da gruppi armati». Poi c’è il problema dei semilavorati. A comprare il coltan congolese attualmente sono soprattutto aziende di componentistica elettronica e di batterie per cellulari, in gran parte ditte cinesi. «Sull’elettronica – conclude Lodi – è difficilissimo acquistare prodotti con la sicurezza che non vengano da quei posti, anche perché non si riesce a controllare il giro che fanno i materiali semilavorati: l’unica garanzia è esercitare il controllo da parte della comunità internazionale su queste aree di conflitto, coinvolgendo anche Paesi come la Cina, l’India e la Russia». Insomma, il Congo resta «un supermercato a cielo aperto», come lo ha definito Carrisi, «da cui però non si passa alla cassa per pagare». 5 Gennaio-Febbraio 2012 Soldi buttati Ogni anno in Europa buttiamo 100 milioni di cellulari. Il 75% del nostro materiale high tech finisce nelle discariche illegali. W il trashware! Se volete cambiare il vostro pc, invece di buttarlo, potreste portarlo alle associazioni che si dedicano al trashware. È il nome dato alla pratica di recupero di vecchio hardware informatico, mettendo insieme anche pezzi di computer diversi. Parte integrante di questa filosofia è l’installazione di software libero. tempo di lettura: 9 minuti Rifiuti pericolosi. Le discariche della vergogna ... ma a pagare sono loro Al plasma, Lcd, a schermo piatto. Dalle nostre case ai sobborghi dei Paesi in via di sviluppo dove l’ “ultima generazione” dei rifiuti minaccia l’ambiente e la popolazione Elena Dardano, 18 anni a tecnologia è ormai diventata indispensabile per noi e con la stessa velocità con cui acquistiamo l’ultimo gioiellino high tech, ci disfiamo dell’ormai obsoleto predecessore. Ma sappiamo dove molto spesso i nostri pc ormai “vecchi”, i televisori, i cellulari rotti a volte dalla nostra disattenzione o buttati perché semplicemente non ci piacciono più vanno a finire? Greenpeace ha risposto per prima a questa domanda: tonnellate di RAEE - rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche da noi prodotte vengono esportate e smaltite in immense discariche nei Paesi in via di sviluppo, che diventano così le pattumiere del mondo civilizzato, se a questo punto così si può chiamare. L’associazione ambientalista ha condotto in Ghana analisi sull’acqua e su altri sedimenti di alcune aree chiamate di “riciclo improprio”, rinvenendo alte concentrazioni di metalli pesanti e diossine, notoriamente cancerogene per l’uomo, che si producono a seguito della combustione di alcuni prodotti plastici a base di cloro. Gran parte di questi rifiuti viene infatti data alle fiamme anche per poterne isolare alluminio, rame o oro che poi vengono rivenduti. Ne nasce così un secondo mercato: “La gente nelle discariche – ci spiega Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace – lavora per pochi dollari. Viene sfruttata per avere un piccolo vantaggio economico. Chi esporta questi rifiuti invece contribuisce alla perdita di risorse preziose, che potrebbero essere utilizzate in miglior modo, e ovviamente alla contaminazione di un ambiente già fortemente aggravato”. Le scorie elettroniche sono altamente nocive per il territorio e soprattutto per le vie respiratorie delle persone che lavorano in queste discariche. Dentro un tubo catodico, ad esempio, si possono trovare piombo, perico- Foto di Tommaso Galli L loso tra l’altro per l’apparato riproduttivo, e cadmio, che provoca danni ai reni, o ancora mercurio che può compromettere le funzioni cerebrali. Tommaso Galli in una di queste discariche c’è stato: è andato da Agbogbloshie, sobborgo di Accra, in Ghana, per documentare con la sua fotocamera le condizioni in cui vivono le persone asserragliate in mezzo a quel maleodorante e malsano agglomerato dei nostri più sofisticati rifiuti. «Sono partito con un profondo senso di colpa per quello che avrei visto – ci ha raccontato – e sono tornato con un profondo senso di colpa per quello che ho visto. La discarica in realtà è una città, attraversata da un fiume che ribolle e trabocca di computer, televisori, acidi. Il posto è chiamato Sodoma e Gomorra. Ci sono case, una moschea, il mercato, bambini che passano con le divise della scuola, c’è il bestiame, puoi avvistare persino gli aironi bianchi. È come un villaggio africano all’interno della capitale. C’è anche un campo di calcio, circondato da computer e fumi di apparecchi bruciati; si gioca in mezzo al mercurio, al cadmio. Vivono lì dentro, armati: non se ne vo- gliono andare, perché considerano il lavorare nella discarica come una grande fortuna. Io stesso non sarei potuto entrare se non fossi stato accompagnato da due funzionari del governo. Alla base del villaggio una gigantesca trivella pressa tutto il materiale: ne esce un liquame viola che finisce nel golfo di Guinea, frequentato, tra l’altro, da numerosi pescherecci cinesi, giapponesi ed euro- pei, con le conseguenze che potete immaginare». Il suo reportage fotografico oggi è parte integrante del progetto iGarbage, creato dall’associazione Elisso per sensibilizzare la popolazione – scolastica soprattutto – sulla problematica dello smaltimento dei RAEE, «ma anche sul rapporto che abbiamo noi occidentali con le nuove tecnologie: ho fotografato bambini che a tre anni se ne stanno per conto loro a giocare nei parchi con piccoli computer sulle ginocchia». Piccoli techno consumatori crescono e iniziano precocemente a produrre rifiuti high tech. La questione è: come può accadere tutto questo? «Esiste una convenzione internazionale – chiarisce Polidori – che vieta l’esportazione di questi rifiuti pericolosi, ma la legge viene aggirata attraverso l’escamotage del “bene di seconda mano”: la merce viaggia come un prodotto da riutilizzare quando in realtà si tratta di rifiuti da smaltire». Traffici illeciti a parte, le responsabilità sono diverse, il fenomeno è piuttosto complesso. «Sicuramente – continua Polidori – dovrebbero esserci controlli maggiori del rispetto della legge. La nostra impone un ciclo virtuoso che non sempre si realizza. Oggi esistono tre vie per disfarsi di un elettrodomestico: portarlo in un centro di raccolta, chiamare il Comune laddove questo offra il servizio, oppure, al momento di acquistare un nuovo prodotto, portare il vecchio apparecchio al negoziante in base al famoso decreto “Uno contro uno”. Il problema è che questo è stato adottato con molto ritardo in Italia e ancora oggi non è sempre rispettato, mentre i centri di raccolta sono pochi, mal posizionati e mal gestiti. Poi, ancora prima, ci sono ovviamente le responsabilità dei produttori che dovrebbero limitare l’uso delle sostanze pericolose». E noi giovani, che siamo “schiavi” dell’ultimo modello di cellulare, dell’ultimo gioco da inserire nella Wii, cosa possiamo fare? Intanto, al momento dell’acquisto, si possono privilegiare le società “virtuose”: sempre Greenpeace, ad esempio, ha pubblicato un’Eco-guida dove vengono classificate le aziende elettroniche in base a tre parametri: politica energetica, eco-compatibilità dei prodotti, sostenibilità della filiera. Poi, «naturalmente – conclude Polidori – fare raccolta differenziata e, prima ancora, valutare se sia davvero necessario comprare un nuovo prodotto o sia sufficiente migliorarne le performance comprando una parte di esso». Siete ancora sicuri di avere assolutamente bisogno di un nuovo telefono? 6 Gennaio-Febbraio 2012 Scuola Multimedia INFOWEB buonalaprima.zai.net 54% È la stampa, bellezza! I giovani che hanno deciso di non leggere più i quotidiani tempo di lettura: 8 minuti Genova. Un modo innovativo per leggere il giornale in classe e non solo A scuola di prime pagine In un Paese in cui la lettura dei quotidiani cola a picco, il progetto ligure “Buona la prima” prova a cambiare rotta. Ce ne parla Roberto Dasso, Direttore dell’Azienda Regionale per i Servizi Scolastici e Universitari della Liguria Virginia Lupi, 17 anni T utta la gente corre a casa davanti alle televisioni. Così recita una famosa canzone di Vasco di qualche anno fa. Niente di più vero: nonostante la forza eversiva di internet, la televisione rimane ancora il medium preferito per informarsi. È quanto emerge da una recente ricerca del Censis/Ucsi: l’80% degli italiani la predilige come fonte - più o meno attendibile - di notizie. La concorrenza spietata di social network e siti internet si fa sentire, soprattutto nei giovani: uno su due dichiara di informarsi attraverso Facebook. A perdere, e fragorosamente, in questa guerra dei media sono i giornali. Fanalini di coda della classifica, i quotidiani hanno perso il 7% di lettori in due anni e, considerando solo la fascia dei ragazzi la percentuale si impenna al 18%. Se per molti questo è un dato fisiologico derivato dall’arrembaggio della rete, bisogna anche considerare come i giovani usano internet: se ad essere consultati sono i siti web dei quotidiani oppure se la fonte di informazione è un’altra. Secondo la ricerca, i social network sono i più gettonati in questo senso: basta il post di un amico su Facebook per considerarsi informati. Alle pagine ruvide e fitte si sostituisce lo slogan lucido e grande, con il rischio di “leggere” la realtà in maniera sempre più superficiale. Per non parlare della libertà d’informazione: tanto evocata da riempire intere piazze nei mesi scorsi, rischia di essere messa a dura prova dalla crisi che sta colpendo la stampa. Le piccole testate locali stanno infatti vivendo una fase di grande difficoltà che non si risolverà tanto facilmente: il rischio è che ad informare siano poche grandi voci. Per contrastare tutto questo, in Liguria è nato un progetto per avvicinare i ragazzi alla lettura dei quotidiani in modo del tutto innovativo: “L’Edicola di Zai.net”, un vero e proprio laboratorio di attualità multimediale ideato da Mandragola Editrice che porta le prime pagine dei giornali in 90 scuole e centri di aggregazione giovanile della regione. Le edicole Se dopo cinque anni di scuola superiore uno studente ha imparato a non leggere il giornale passivamente, questo vale ancora di più che conoscere a memoria qualche formula Per i fratelli minori Una guida per la scelta della scuola Gli esami di terza media si avvicinano all’orizzonte e c’è poco tempo per iscriversi alla scuola superiore. Non sapete cosa scegliere e avete perso la bussola fra i tanti percorsi possibili? Non preoccupatevi, con Guidascuole.net scegliere non sarà più un problema! Ma cos’è Guidascuole? È un nuovo portale dell’orientamento promosso da Azienda Regionale per i Servizi Scolastici e Universitari e l’Assessorato all’Istruzione della Regione Liguria che presenta tutti gli istituti del territo- rio in modo innovativo, interattivo e multimediale. Andando sul sito www.guidascuole.net si possono trovare tutte le scuole divise per categoria, presentate con una scheda che ne illustra tutti i punti di forza: dall’offerta formativa ai progetti speciali, dai servizi ai laboratori. Una sezione specifica del sito vi spiega le novità dell’ultima riforma della scuola, analizzando i diversi percorsi formativi e gli sbocchi lavorativi. Ma c’è di più! Chi vi può consigliare meglio di chi già ci è passato? Con School Advisor, una sezione del sito con le opinioni dei ragazzi che hanno già frequentato una determinata scuola, potrete farvi un’idea più chiara. Non avete tempo di leggervi tutte le informazioni? Scaricatevi sul lettore mp3 la presentazione in podcast e ascoltatela quando volete. Insomma, scegliere non è mai stato così facile! nelle scuole sono punti informativi, totem su cui vengono visualizzate a rotazione le prime pagine dei quotidiani nazionali ed internazionali, oltre alle news dell’ultima ora che scorrono in basso. L’evoluzione dell’Edicola di Zai.net si concretizza in “Buona la prima”, iniziativa patrocinata dall’Associazione Ligure dei Giornalisti - F.N.S.I., frutto dell’adattamento del laboratorio di attualità multimediale alle esigenze di A.R.S.S.U. (Azienda Regionale per i Servizi Scolastici e Universitari della Liguria) e realizzata grazie al contributo economico e di idee dell’Ente. «Con le edicole di Zai.net abbiamo compiuto un primo importante passo: quello di invogliare i ragazzi, anche se all’inizio solo per curiosità, a vedere come vengono presentate le notizie dalle varie testate. Oggi con “Buona la prima” facciamo di più: diamo ai docenti la possibilità di fare una vera e propria lezione, di costruire quell’abito critico che permette ai giovani un’informazione responsabile», spiega Roberto Dasso, Direttore dell’Arssu. Il progetto prevede infatti un utilizzo didattico delle prime pagine dei giornali: ciascun docente avrà a disposizione per i propri studenti una serie di p a s sword che consentono l’accesso ad una piattaforma di lavoro appositamente realizzata per il progetto. Tra le attività previste: segnalare la notizia inutile, quella che gli altri non danno e quella che fa indignare. Tutti esercizi che mirano a rendere i ragazzi più consapevoli di ciò che leggono, proponendo un’analisi accurata del linguaggio spesso magniloquente e urlato dei titoli. «“Buona la prima” ha un valore aggiunto rispetto al semplice quotidiano che arriva a scuola: prima di tutto perché spesso il quotidiano che arriva è uno solo. I ragazzi che leggono una data notizia sono portati a pensare che sia vera, senza porsi il problema di come venga riportata altrove. Con il confronto sinottico degli altri quotidiani questo problema viene superato», continua Dasso. E proprio la possibilità di mettere a confronto i vari titoli, organizzandoli razionalmente in cartelle è uno degli esercizi a disposizione di ragazzi e docenti sulla piattaforma. Ciascuna cartella può essere poi condivisa con gli altri, in modo da poter confrontare il lavoro svolto e semmai integrarlo. Completa la serie degli esercizi un sistema di votazione che “premia” la vignetta, la foto, la prima pagina più belle. «Poter lavorare su questi materiali è molto importante: se dopo cinque anni di scuola superiore uno studente ha imparato a non leggere il giornale passivamente e a porsi delle domande, questo vale ancora di più che conoscere a memoria qualche formula», conclude Dasso. In fondo, studenti più informati significa migliori cittadini di domani. 7 Abruzzo Sotto i venti L’Aquila, oltre le transenne INFOWEB www.regione.abruzzo.it www.radiojeans.net Pagina realizzata nell’ambito del progetto Young communication, con il sostegno del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR-FESR 2007-2013 “Attività VI.I.3” dell’Assessorato alle Politiche Culturali – Servizio Politiche Culturali. tempo di lettura: 5 minuti Foto di Luigi Baglione Tra ricordi e realtà. Il racconto di una giovane studentessa Marta Fabrizi, 18 anni C’ è un nuovo vicolo senza transenna per il corso: è aperto, è un altro scorcio di città da ricordare. Salgo su per la salita e cammino fino a perdermi nella memoria, cercando di ricordare un qualsiasi giorno del passato in cui ho percorso questa via, in cui mi ci sono trovata senza pensarci, senza provare meraviglia, questa nuova meraviglia che invece provo adesso. È strano: dovrebbe essere normale camminare per le vie della propria città senza pensarci troppo su. Non ho avuto nessun ricordo, i miei occhi sembrano guardare uno scenario del tutto nuovo. Mi fermo in una minuscola piazzetta: non c’è nessuno, i sampietrini sono verdi, c’è dell’erba ai bordi delle case e fa freddo, molto. Eppure fuori è una tiepida giornata di primavera, anche se di primavera in questa piazza non c’è segno. Mentre guardo questi vicoli ho nella mia testa l’immagine di una casa abbandonata, dove mai nessuno passa e fa freddo, è umido, qualche muro è anche rovinato. Ma non riesco a spostare gli occhi da queste mura. La fantasia comincia a prendere il sopravvento e mi porta via. Adesso sono nella stessa piazza ma è così bella e piena di vita! Le antiche mura della chiesa non hanno più il muschio che le contorna e il mascherone non ha l’aria triste e tetra, sembra quasi sorridere al raggio di sole che lo illumina. Sembra esserci l’aria di festa, i sampietrini bianchi colorano l’atmosfera di tranquillità. Ad un tratto il rumore di un cantiere vicino mi sveglia, c’è un operaio che urla dall’alto dell’impalcatura e allora capisco che stavo sognando; mi sveglio e faccio i conti con la realtà, con questa piazzetta solitaria e fredda. Guardo l’orologio: è tardi, devo andare, tra qualche minuto parte l’autobus, mi tocca anche correre e così mi rimprovero di aver perso tempo a fan- tasticare. D’altra parte me lo sento ripetere ogni giorno che sono altre le cose che valgono, che è arrivato il momento di essere seri e smetterla di difendere questi quattro sassi. Ma mentre cammino a passo svelto tra i vicoli mi trovo davanti un anziano signore che porta per mano suo nipote, troppo piccolo per ricordare la casa del nonno. Il bimbo ascolta i suoi racconti con occhi ingenui che cercano di stare dietro a quelle parole così strane, Una scossa d’arte Riapre il Muspac in periferia È il primo e unico museo a “risorgere” all’Aquila: gravemente danneggiato dal sisma del 2009, il Museo sperimentale d’arte contemporanea ha inaugurato da poco la nuova sede in Piazza D’Arti, diventata ormai il luogo d’incontro di tutte le associazioni culturali. Fin dalla sua fondazione nel 1993, il Muspac ha raccolto opere di artisti nazionali e internazionali di grande rilievo; oggi la sua collezione permanente, impreziosita anche dalle donazioni fatte dopo il terremoto, vanta nomi come Pistoletto e Joseph Beuys. Non solo opere: presso il museo vengono organizzati incontri, laboratori didattici per i ragazzi e conferenze. Tutte iniziative che ora più di prima assumono il ruolo importante di riaggregare la collettività attraverso nuovi stimoli. Il nuovo Muspac è stato realizzato grazie alle donazioni di Terna, della fondazione Carispaq, del museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, del Comune dell’Aquila e della Protezione civile. che non possono essere vere. Rimango pietrificata, non penso nemmeno all’autobus che parte, con i raggi del sole che tramontano mi tornano in mente le parole de Il vecchio e il bambino: c’è la stessa poesia. Allora capisco perché questi quattro sassi contano così tanto. Capisco perché bisogna credere in una ricostruzione, perché si deve voler tornare a camminare sulle nostre strade. La spiegazione è semplice, è ovunque. Si legge nella nostalgia negli occhi dell’uomo mentre parla a suo nipote, è nei centri commerciali quando si è assaliti dalla confusione e capisci che le luci al neon non potranno mai rimpiazzare i lampioni di Piazza Palazzo, è nella consapevolezza di non volersi trovare un giorno davanti a un bambino e mostrargli la stessa città di adesso, dirgli a testa bassa: “non ci siamo riusciti”. Io a un bambino voglio raccontare un’altra storia, simile a una favola, e dirgli infine che, nonostante gli sforzi e le difficoltà, tutti tornarono ad essere felici e contenti dentro queste mura. 8 Gennaio-Febbraio 2012 Vivere a... INFOWEB www.pechino.asia Pechino La rete vince La censura blocca Twitter, ma il web reagisce: nel 2011 in Cina si è avuto il boom dei microblog Nel Paese delle mille contraddizioni tempo di lettura: 7 minuti Cina. Una giovane reporter tra le strade della Capitale All’ombra della grande muraglia Per la filosofia cinese gli opposti si completano. Nulla di più vero in una città come Pechino dove tradizioni e modernità si sposano perfettamente FIVE UP Martina Rogato 1 2 3 Il connubio vecchio e nuovo, tradizione e modernità dell’arte cinese, dalla visita ai templi e luoghi storici di Pechino al Museo d’arte contemporanea Le varie cucine regionali da sperimentare a basso costo Il Tai chi chuan e le pillole di saggezza della filosofia cinese 4 Lo shopping a prezzi stracciati 5 La pulizia della città tirata a lucido FIVE DOWN L’inquinamento della città che rende l’aria irrespirabile 1 Il traffico pazzesco e l’inevitabile caos che ne deriva 2 La difficoltà di comunicare con i cinesi 3 In particolare, la difficoltà a capire quando un cinese ti dice “sì” e vuol dire effettivamente di “sì”, e quando invece è solo gentile e anche se dice “sì” è un “no” L’abitudine dei cinesi a sputare 4 5 P echino, un connubio inusualmente armonioso di tradizione e modernità, velocità e lentezza, Oriente e Occidente, una città con intrinseche contraddizioni dove i paradossi convivono armoniosamente. La filosofia cinese degli opposti che si completano (il meglio noto principio taoista dello ying e lo yang) è ovunque. Nel coesistere forzato di quel che rimane degli hutongs, (le tradizionali case cinesi) e gli infiniti grattacieli che sovrastano il Chaoyang Discrict, che di notte mostrano giochi di illuminazione da togliere il fiato; nella caoticità del traffico delle strade di Pechino circondate dal silenzioso parco di Beihai dove tra migliaia di fiori e piante curatissime ogni mattina i cinesi praticano il Tai chi chuan. Tappa doverosa per chi visita la Capitale cinese è Piazza Tien an men, ampia, squadrata ed in perfetto stile sovietico, facilmente riconoscibile per l’enorme dipinto di Mao Tse Tung situato davanti al Parlamento. Attraversando Tien an men, si giunge facilmente nella Città Proibita, la residenza degli imperatori delle ultime due dinastie cinesi Ming e Qing. Il complesso è costituito da una serie di palazzi e saloni, separati da piccole stradine, proprio come una città. Colpisce molto per i colori delle sue strutture - in genere rosso, blu ed oro realizzate interamente in legno e dipinte a mano, in netto contrasto con il candore del marmo bianco delle stradine e delle statue che rappresentano animali tradizionali della cultura cinese. A Pechino tradizione e modernità convivono a distanza di qualche distretto. Dopo aver visitato il cuore dell'ex- Impero celeste, passando per il bellissimo Palazzo d’Estate e i suoi incantevoli giardini, da non perdere soprattutto per gli amanti dell’arte contemporanea è il Dashanzi Art District, conosciuto anche come 798 di Pechino, situato nella periferia a nord est della città. Originariamente era una fabbrica tedesca, ma oggi è stata co- Il Palazzo d’estate lonizzata da giovani artisti ed è diventato un dinamico centro di esposizioni, show, gallerie che non ha nulla da invidiare al Tate Modern di Londra. La Capitale del Continente giallo offre agli amanti della buona cucina la possibilità di assaggiare diverse specialità regionali ad ottimo prezzo, e per i più coraggiosi e temerari, tra le vie del centro e in alcuni ristoranti è possibile assaporare inusuali spiedini di scorpioni ed insetti vari. Passeggiando vicino al Tempio di Confucio, invece, ci sono posti in cui assaggiare il tradizionale té cinese. Alcuni pechinesi infatti hanno adibito il loro cortile in- Piazza Tien An Men terno a sala da té per turisti, dove timidamente viene servito insieme a dolcetti tipici (molto lontani dalla nostra tradizione pasticcera perché non amanti dei sapori troppo dolci!); su richiesta permettono di acquistare teiere e tazze con tipiche decorazioni cinesi. Per gli amanti dello shopping, imperdibile è fare un salto a San li tun, dove oltre alle ben note catene internazionali, e tralasciando il vastissimo mercato della contraffazione cinese sempre pieno di turisti, c’è il Mercato Panjiayuan dove è possibile acquistare seta, prodotti in cera lacca e altro arti- giano tipico. Per fare acquisti in Cina la parola d’ordine è contrattare! I prezzi dei prodotti non sono mai fissi, ed in genere vengono rialzati apposta per gli stranieri: contrattare con dignità, ma tenacia un prezzo vantaggioso è tipico costume della città. Per gli amanti dello sport, è possibile ammirare le strutture realizzate in occasione dei Giochi Olimpici del 2008 ed in particolare il bellissimo Stadio a “nido di rondine”, ma anche effettuare degli Olympic Bike Tours, escursioni della città su due ruote passando per i quartieri antichi e gli hutongs di Dongcheng. Infine, come dice un antico proverbio cinese “nessun eroe può definirsi tale se non raggiunge la Grande Muraglia”, ciò vuol dire che non è proprio pensabile passare da Pechino senza dedicare una giornata alla visita di una delle sette meraviglie del mondo, che con i suoi 6500 chilometri si snoda da Oriente fino all’interna provincia del Gansu. Muniti di scarpe da tennis, sfidando i monsoni a 70 chilometri dalla città si può visitare il tratto della Muraglia chiamato Balading, oppure, se si predilige un’escursione meno turistica per ammirare la parte più autentica ed antica della fortificazione, è consigliabile raggiungere la zona del Simatai. La scarpinata vale una vista panoramica da mozzare il fiato. 9 Gennaio-Febbraio 2012 Vivere a... Savona INFOWEB www.comune.savona.it www.provincia.savona.it Bassa classifica Nel Rapporto Qualità della vita 2011 di ItaliaOggi e Università La Sapienza, Savona crolla al posto numero 78. Una città dai tanti sapori tempo di lettura: 7 minuti Daily tour. Scorcio a colori del capoluogo ligure Savona: anziana, ma non troppo All’anagrafe è il capoluogo più “vecchio” d’Italia, ma la città nasconde un’anima giovane, che ha voglia di divertirsi. E qualche volta ci riesce FIVE UP Alessio Boggero, 17 anni Giovanni Mori, 17 anni Luca Di Cursi, 17 anni Caterina Vercelli, 17 anni A Savona convivono paesaggi montani e balneari 2 Il centro storico, che si dirama in tanti piccoli vicoli, attraverso i quali si arriva in piazza Sisto IV, dove al sabato si incontrano i giovani 3 Il dialetto, reso famoso dal comico Balbontin 4 5 Uno scorcio della città verso il porto, che da pochi anni è stato rimodernato, diventando il terminal crociere Costa. Le navi, che attraccano quasi ogni giorno, aumentano l’affluenza dei turisti, che apprezzano le architetture di alcuni palazzi e della fortezza del Priamar. Sotto questa storica fortezza c’è la zona prolungamento, ossia il lungomare, che durante l’inverno ospita il luna park, noto come covo dei “truzzi”. In estate, invece, gli stabilimenti balneari si riempiono di culturisti che mostrano la muscolatura acquisita durante le ore trascorse in palestra e l’abbronzatura precoce procurata nei centri benessere. Dal lungomare si prosegue per Corso Italia e si dà un’occhiata alle vetrine. Quando invece il tempo non permette di stare all’aria aperta, tutti al centro commerciale Il Gabbiano, che ospita negozi per tutte le tasche. Nel tardo pomeriggio si torna in centro per un aperitivo. Appena la fame torna, si può stare insieme per una pizza. Ottima alternativa è il pesce: i pescatori, come tradizione, partono al mattino alle cinque per rifornire i ristoranti della zona. I liguri lo sanno preparare bene e gli intenditori pos- sono degustarlo fresco nelle numerose trattorie della parte più esterna del porto. La sera, ovviamente si vuole uscire. Il problema è: cosa fare e dove andare? Oltre al cinema, le soluzioni sono poche: gli eventi per noi giovani scarseggiano, e i concerti e le esibizioni in programma al teatro interessano prevalentemente un pubblico più maturo. Purtroppo, a Savona i giovani sono una minoranza: stiamo parlando della città con la più alta percentuale di anziani in Italia. In generale i ragazzi optano per una serata al porto, accompagnati da un drink servito da uno dei numerosi pub e bar. Alcuni scelgono invece di gustare un gelato in Piazza Diaz, storica gelateria savonese, che offre alcuni fra i dolSingolare ciumi più buoni della città. Dopotutto, anche se gli intrattenimenti non sono numerosi e la noia resta in agguato, la vita qui è piuttosto piacevole, l’ambiente è pulito, il paesaggio è bellissimo e il centro è tranquillo. Foto di Anna Falco ome vive un giovane a Savona la propria routine quotidiana? La città, verso le sette e mezzo, improvvisamente si popola. Studenti di ogni etnia arrivano in centro un po’ demotivati per le cinque o sei ore che li attendono al chiuso. Savona ospita un gran numero di istituti e licei, tutti diversi fra loro; proprio per questo i ragazzi che occupano le strade durante le prime ore di luce provengono da tutta la provincia. Suona l’ultima campanella della giornata e la folla si riversa di nuovo per le strade; c’è chi torna a casa e chi si ferma al bar per un panino con gli amici. Il numero di bar e di kebaberie è impressionante, tanto che fumi e odori di carne, fritto e olio invadono i vicoli più piccoli (i nostri amati caruggi). Dopo l’ingorgo dell’una la città sembra deserta, ma verso le tre il centro inizia nuovamente a riempirsi: impiegati che tornano al lavoro, anziani che passeggiano per scacciare la noia e giovani che vanno a studiare nelle numerose biblioteche. Sono molto frequentate anche le librerie grandi e piccole, vecchie e nuove. Alle quattro gli adolescenti si incontrano in Piazza Sisto per iniziare il loro pomeriggio di svago e folle divertimento (magari!), che consiste in un continuo tour dei pochi posti relativamente interessanti della città. Partendo dalla piazza principale, ci si reca in Via Pia, dove ci si può ingozzare di focaccette con panissa, una specialità savonese prodotta con farina di ceci. Sempre a base di ceci è la farinata, altro piatto tipico della zona. Noi savonesi, però, ci siamo permessi di modificare la ricetta originale, inventando la farinata di grano che i genovesi, nostri storici rivali, disprezzano malamente. Ma, ve lo assicuriamo, è ottima! Da Via Pia, passeggiando sotto i portici di via Paleocapa, proseguiamo Foto di Anna Falco C 1 Il suggestivo porto, uno dei più grandi e antichi della Liguria Lo Scoglio della Madonnetta con una piccola e bellissima spiaggia FIVE DOWN Savona non valorizza le strutture artistiche, storiche e del paesaggio La maleducazione di alcuni automobilisti che fischiano alle passanti e apostrofano le persone con parole non proprio eleganti 2 La scarsa pulizia delle strade e delle spiagge 3 Ci sono pochi locali e luoghi di ritrovo dei ragazzi 4 L’inefficace organizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti mix di antico e moderno 1 5 A cura di Vanina Jaho e Anna Falco 10 Attualità Gennaio-Febbraio 2012 INFOWEB giannivattimo.blogspot.com Cultura I laureati Da uno studio della Fondazione Giovanni Agnelli: in Italia aumentano i laureati, ma sono più precari e meno pagati rispetto al passato. Generazioni a confronto tempo di lettura: 9 minuti Filosofando. A colloquio con Gianni Vattimo Ci vorrebbe una vera emergenza Troppa stabilità immobilizza, le piccole crisi attuali non porteranno a reali trasformazioni. Ne è convinto il filosofo Vattimo che ai giovani dice: la democrazia non si ottiene una volta per tutte Laura Santi Amantini, 19 anni L a nostra è un’epoca tranquilla, troppo tranquilla. Non perché non ci sia nulla da cambiare, ma perché siamo ormai così convinti dell’inutilità di qualunque sforzo che non facciamo più niente. Sollevazioni come quelle della primavera araba e movimenti come quelli degli Indignados sono fonte di speranza, ma non si possono paragonare al Sessantotto. Credo che fosse più divertente essere giovani in quel periodo, perché l’irrequietezza propria della gioventù era rispecchiata dal rinnovamento che investiva l’intera società. All’epoca io ero già professore all’Università ed ero combattuto tra le istanze di cambiamento e il mio ruolo che mi poneva dall’altra parte della barricata. Non lo ricordo come un momento allegro, ma ricco di vitalità, quella vitalità che oggi manca. Heidegger diceva che la vera emergenza è l’assenza di emergenza, ed è proprio così. Oggi viviamo in una condizione di piccole crisi che non danno mai luogo a reali trasformazioni. La parola chiave è stabilità, che naturalmente è importantissima, ma ha anche una connotazione negativa: il rischio è di non cogliere le occasioni di cambiamento, di limitarsi a conservare l’ordine esistente riparando di volta in volta le falle che si creano. Chi parla più di trasformare i rapporti di proprietà o le strutture del mondo del lavoro? Una società sempre più calcolabile e prevedibile tranquillizza, ma alla fine immobilizza. Restate svegli! In politica è cambiato troppo poco, ma è difficile per i giovani entrare nel vivo della competizione. Paradossalmente, era più facile prendere una decisione per chi viveva, ad esempio, al tempo della Resistenza: la situazione era così intollerabile da spingere i ragazzi a diventare partigiani. Quello che dobbiamo capire è che in realtà la democrazia non si ottiene una volta per tutte. La democrazia consiste nella conquista di nuovi spazi di libertà. Certo, non è rassicurante sentirsi sempre mobilitati, ma non dobbiamo continuamente ridiscutere le norme per non rischiare di adagiarci. I piccoli conflitti sono importanti per mantenerci svegli. Ed è importante stare svegli insieme; se vogliamo cambiare qualcosa dobbiamo riunirci e discutere, piuttosto che leggere in solitudine il Capitale di Marx. La tentazione di impigrirsi è forte. Non è una novità, già Oscar Wilde diceva: “Il socialismo è una bella cosa, ma fa perdere troppe serate”. Confesso che perfino io preferisco un bel film alla lettura del Capitale o all’ennesima riunione politica. Il nuovo oppio dei popoli è la televisione. I media sono un’arma potente, ma possono diventare anche una droga collettiva, se usati per stordirci, per darci l’illusione di poter arrivare in un attimo ai nostri cinque minuti di fama, senza impegnarci realmente. Salvati dalla Rete? Non è facile riuscire a fare informazione libera e indipendente. L’ostacolo maggiore non è tanto la volontà di qualcuno, quanto le ragioni economiche. I piccoli giornali, meno diffusi, ma più interessanti proprio perché più indipendenti, sono sull’orlo del fallimento, e l’informazione tende a concentrarsi sempre di più nelle mani di chi ha già molto potere. L’unica soluzione, in questo momento, è la Rete, che ha svolto un ruolo fon- damentale per le rivoluzioni arabe. Ma per quanto tempo ancora rappresenterà una valida alternativa? Anche per ovvie ragioni di sicurezza, questi canali stanno diventando sempre più controllati, più accessibili ai governi, e di conseguenza meno liberi. Università: più idee, meno profitto La situazione dell’università italiana è drammatica. L’Italia sta cercando di innestare brutalmente un modello privatistico di stampo americano su una lunga tradizione di istruzione pubblica. Le università americane sono piccole imprese capitalistiche in concorrenza tra loro, per questo, se funzionano, funzionano davvero bene. Ciò che dobbiamo tenere presente è la differenza tra la gestione del pubblico e quella di un investitore privato: il privato deve valutare la rendita immediata, mentre il pubblico, la politica, può avere prospettive più a lungo termine. Deve ispirarsi più alle idee e meno al profitto. Questo non vale solo per l’istruzione, ma per tutti i settori. Nel resto d’Europa la situazione dell’istruzione non è poi così diversa da quella del nostro Paese, proprio perché la mentalità dei governi è simile. La filosofia salva l’anima Lo confesso, sono un fan del Sud America, di Paesi come il Venezuela, del quale spesso si dice male, dove il denaro viene gestito in maniera alternativa. Tutto l’ordine mondiale è in mano al potere economico. È un contesto nel quale la cultura, specialmente quella umanistica, non immediatamente applicabile, finisce per essere stritolata. Siamo in una fase storica nella quale un laureato in materie scientifiche ha qualche possibilità di impiego, mentre un laureato in filosofia sembra candidato al suicidio o, se è fortunato, a vivere della pensione dei nonni. Ma studiare filosofia, o letteratura, è fondamentale per salvarsi l’anima, per non diventare solo una rotellina negli ingranaggi della società della comunicazione e del consumo. Se le facoltà scientifiche offrono ancora qualche possibilità ai ricercatori è perché giocano sull’intervento del capitale privato. Eppure, è fondamentale tenere viva ogni tradizione di pensiero. Una società senza filosofia è una società di lotta a coltello per guadagnare di più, e nient’altro. Non ho una ricetta per una nuova società, non posso che sperare di limitare i danni di quella nella quale viviamo. Certo, i giovani siete voi, perciò, datevi da fare! Da Torino all’Europa Gianni Vattimo è uno dei più noti filosofi italiani, attualmente deputato al Parlamento Europeo nelle file dell’Italia dei Valori. Negli anni Settanta è stato preside della facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Torino. Con Furio Colombo e Umberto Eco ha lavorato ai programmi culturali di Rai Tv. Nel 2005 ha accettato la candidatura a sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza), sostenuta da una lista civica che porta il suo nome, contribuendo a far nascere “la Voce di Fiore”, un movimento di giovani attivo nell’antimafia. Il professor Vattimo collabora come editorialista a diversi giornali italiani e stranieri ed è autore di numerose pubblicazioni, tra le più recenti La società trasparente e La fine della modernità, edite nel 2011 da Garzanti Libri. 12 Gennaio-Febbraio 2012 Vivaio creativo Noi che... INFOWEB www.zai.net [email protected] Scriveteci! Le vostre storie per noi sono davvero importanti: scopritele anche sul nostro sito. Prima volta in America tempo di lettura: 5 minuti Fuga a Los Angeles. Un’esperienza che lascia senza parole Sognando la California Un viaggio studio può riservare grandi emozioni, soprattutto se è negli USA, la terra dove tutto è possibile. Alessandro ci racconta la sua estate nel Paese delle “star” Volete descrivere la vostra vacanza più speciale: da dove iniziate? Vi arrendete al classico: “non ci sono parole”? È un’opzione. Io però ho deciso di trovarle, le parole, o almeno di provarci. Ho cercato di valutare diversi elementi: la compagnia, il luogo, l’ospitalità, ma il mio viaggio è stato un mix talmente perfetto di tutto questo che non avrebbe senso scinderlo. Le destinazioni per una vacanza con queste caratteristiche? Ovviamente negli USA: la California, San Diego, che per un diciassettenne con qualche esperienza europea e al massimo sudamericana rappresentavano davvero terre da scoprire. Partenza fissata il sei luglio, ma in verità l’avventura inizia ben prima, precisamente da febbraio, quando la scuola, che organizzava il viaggio, decide di indire un’estrazione per sorteggiare i 30 fortunati partecipanti, visto che le iscrizioni erano state decisamente troppe. Vengo estratto ventisettesimo, e in qualche modo percepisco di dovere essere grato a quella fortuna per quello che avrei vissuto. Luglio arriva in fretta: dopo parecchie ore di aereo possiamo finalmente dire di essere in America. A farlo capire ci sono soprattutto i poliziotti che ti prendono le impronte digitali e ti inquadrano il volto con una webcam. D’altronde, siamo anche nel paese dell’11 settembre, e poi siamo talmente in fibrillazione che persino questo risulta affascinante. Ocean Beach, San Diego All’aeroporto ci attendono le diverse famiglie che ci ospiteranno in questo periodo: ci dividono e ci portano a casa, ancora un po’ storditi dal lungo volo, ma abbastanza lucidi per rimanere a bocca aperta davanti alle loro abitazioni. La mia? Immensa, stupenda: tre camere, sala e cucina enormi e un giardino con tanto di scivolo e altalena, un laghetto e una Jacuzzi, che per tre settimane accompagnerà le nostre serate. Da qui inizia la nostra vita da americani, con lezioni la mattina, uscite or- ganizzate o pomeriggi liberi. Una vita alla scoperta di una terra che non è come tutte le altre, dove la gente possiede pistole in casa, dove la Coca Cola costa meno dell’acqua, dove le autostrade hanno sei corsie e dove alle 8 di mattina, sui tram, incontri pendolari che mangiano panini lunghi mezzo metro. Credo veramente che non si possa non amare la California, con quel suo clima né troppo caldo né troppo freddo, che ti dà l’impressione di poter andare in giro in felpa per 12 mesi. Alla fine della seconda settimana si cambia aria: per un weekend visiteremo Los Angeles, scopriremo Disneyland e il distretto di Hollywood. La sera prima di partire, a cena ordiniamo nella nostra camera di hotel una pizza gigante, divisa in “slices” proprio come nei film: d’altronde qui funziona così. Prima di lasciare L.A. c’è tempo per altre emozioni: dopo aver visto la scritta “Hollywood” sulla celebre collina e aver camminato sulla “Walk of fame” pensi davvero di non poter vo- lere di più. Non è facile raccontare le sensazioni di un viaggio del genere, me ne rendo conto, ma in fondo capitano a tutti esperienze simili: il mio obiettivo è solo quello di toccare quelle corde che risveglino le vostre emozioni. E ora: come concludereste la descrizione della vostra vacanza più speciale? Io mi fermerei al classico “non ci sono parole”! Alessandro Bai, 20 anni, Milano LookSmart Anche la moda ha cervello CRAZY SALES: i capi scontati a colpo sicuro NIGHT AND DAY CINQUE RAGAZZE INVENTANO UNO STILE LookSmart 14 FLASHMODE Studentesse universitarie, Italia Roma, martedì ore 15,00 Tween friends, Canada Romantica turista, Russia Volontari di Save the Children, Italia Simpatica liceale, Italia Ragazzi in gita, Argentina Istantanee di stile Come un flash mob, ma dedicato alla moda: questo il nuovo appuntamento organizzato da LookSmart. Veri e propri blitz a caccia di stile nelle strade. Basta farsi trovare all’ora e al luogo indicato e... il flash è pronto! SCOPRI DOVE SARÀ IL PROSSIMO FLASH-MODE SULLA NOSTRA PAGINA FB. IL PROSSIMO VOLTO POTRESTI ESSERE TU! LookSmart 15 SOMMARIO 16 17 Una scelta da giorno e una per la sera. Cinque studentesse a Genova indossano i loro outfit preferiti e poi sfilano sul palco della Fiera del Mare per il nostro “Looksmart on stage”. Saldi, che passione! Desideri, che spesso rimangono tali, irraggiungibili a prezzo pieno, quasi accessibili se in saldo almeno al 50 per cento. Ecco a voi una selezione di accessori da cercare indagando le boutique come attente fashion detective. MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER MODAIOLE PENSANTI 18 Tavi Gevinson: l’adolescente americana che è già fenomeno e che a soli quindici anni ha fondato una rivista online: Rookie Mag. È lei la protagonista del Talent’s corner. O 19 Debutta il blog di Crudelia, per stroncare col veleno dell’ironia la moda che imbruttisce o ridicolizza. Non perdete la classifica delle peggiori tendenze dell’inverno. Perché, anche se molti storceranno il naso, anche le ragazze femministe non sentono più il bisogno di scusarsi per il loro interesse per la moda. Ce lo dimostra bene il nostro “talento” di questo mese, la quindicenne americana Tavi Gevinson che nel suo magazine Rookie Mag mescola argomenti leggeri e ampi servizi fashion con tematiche impegnate. Non tutte le teenager possono essere ricondotte agli stereotipi dell’offerta culturale loro rivolta. Gaia Ravazzi, 17 anni Cristina Altomare, 17 anni Giorgia Nobile Gianni La Rocca ltre la moda c’è di più. Parafrasiamo una stupida canzoncina per iniziare a raccontarvi come nasce questo numero di Looksmart e le novità ambiziose in serbo per il 2012. Su questa scia, abbiamo chiesto a cinque ragazze genovesi studiose e sportive di prestarsi a un set, seguito da sfilata, con i loro vestiti preferiti: uno per il giorno; l’altro per la sera. Ne è scaturito un servizio speciale che ha unito divertimento e stile. Ma non finisce qui. Nella centralissima Piazza del Popolo a Roma abbiamo improvvisato un “flash-mode” (il primo di una serie di blitz!) immortalando stranieri e giovani romani in una serie di scatti che trovate nella pagina a fianco. Se la moda non nasce per strada, ma nei grandi studi dei brand, certo dalla strada trae ispirazione ed è la piazza stessa a reinterpretarla indossata da ragazze: “normali”. Yoshi e Andrea De Sotgiu Ciao, siamo Gaia e Cristina, frequentiamo il liceo classico “Dante Alighieri” a Roma. Amiche da una vita, ci siamo "inventate" questo nuovo lavoro coinvolgendo altre ragazze della nostra età. Facmultum e facrestum ci autodefiniamo: foto, testi, vestiti, location sono farina del nostro sacco. LookSmart 16 NIGHT AND Day and night, night and day, why is it so (Cole Porter, 1932) DAY LOCATION, FIERA DI GENOVA. PROTAGONISTE CINQUE RAGAZZE CHE PER LA PRIMA VOLTA SFILANO SUL PALCO CON DUE DIVERSI OUTFIT, PER IL GIORNO E PER LA SERA. ABITI CHE HANNO SCELTO DAL LORO GUARDAROBA, RAVVIVATI CON ACCESSORI FIRMATI. SUPERATO L’IMBARAZZO, È PARTITO IL PRIMO LOOKSMART ON STAGE TUTTO LIGURE I laria, Selene, Camilla e Alice, studentesse diverse con una scelta in comune: per la sera optano tutte per l’abito scuro; gli elementi che cambiano sono la scollatura, la lunghezza e lo stile, a seconda della personalità. Ilaria (in alto a sinistra), indossa un miniabito elasticizzato legato dietro il collo abbinato a maxi orecchini a cerchio per un’aria aggressiva. Selene (in alto a destra) è l’unica a prediligere il blu, forse in omaggio al suo nome così lunare… L’abito è ingentilito dai volant leggeri che rendono meno hot la lunghezza davvero mini! Camilla (in basso a destra) opta per uno stile bon ton. L’abito è casto davanti ma rivela una scollatura inaspettata sulla schiena, adornata da un bel fiocco, uno dei motivi must da due stagioni. Alice (in basso a destra) sceglie invece uno stile anni Settanta rivisitato. Le maniche di chiffon sono asimmetriche e lunghe con aperture strategiche che alleggeriscono la mise. Per evitare l’effetto bambola, i capelli lunghi e ricci sono lasciati naturali, quasi scomposti. VOCABOLARIO FASHION: PETITE ROBE NOIRE Il vestitino nero - così famoso per la sua storia nel passato, dalla mitica Audrey Hepburn per arrivare ai giorni nostri, indiscusso passe-partout per qualsiasi occasione. Il nero non ha bisogno di presentazioni e il vestitino, semplice o meno, è un sempreverde. Subisce variazioni con piccoli colletti bianchi come ha fatto Marc Jacobs per Louis Vuitton o con nastri colorati per Lady Gaga. Sembra incredibile come nessun capo lo abbia mai scalzato! D’altronde la petite robe noire è il pezzo più trasformista da possedere, basta usare la fantasia e arricchirlo di accessori (collane importanti, colletti da collegiale o maglioni di lana grezza) e... il gioco è fatto! Fotoservizio di Andrea De Sotgiu LookSmart 17 Sognando la primavera Tre diversi outfit quotidiani con un occhio alle tendenze. Arianna indossa un maglione di lambswool con le trecce, best seller invernale (Bagnara, Genova); Selene sfida la temperatura indossando minigonna in jeans e camicia scaldata da una pashmina a pois di Vintage Casa. Camilla riprende un tema molto amato quest’inverno, lo scozzese, e lo declina su camicia e bracciale, abbinandolo ai leggings negli stivali. CRAZY SALES D esideri irraggiungibili a prezzo pieno, quasi accessibili in saldo del 50 per cento. Ecco a voi una selezione di abiti e consigli per azzeccare la scelta. Chiaritevi le idee sulle spese da fare prima di entrare in negozio, fatevi una lista e un budget. Andando in avanscoperta qualche giorno prima o scegliendo online i capi che vi interessano non correrete il rischio di tornare a casa colme di acquisti inutili e senza ciò di cui avevate bisogno. Servitevi preferibilmente nei negozi di fiducia, acquistando prodotti di cui ricordate il prezzo, per poter valutare lo sconto effettivo. Diffidate dalle vetrine interamente coperte dai manifesti, che non vi consentono di vedere la merce. Non fidatevi di sconti eccessivi, pari o superiori al 60%. Ricordate che su ogni prodotto è obbligatorio il cartellino indicante il vecchio prezzo, quello nuovo e il valore in percentuale dello sconto in modo ben leggibile. Conservate sempre lo scontrino come prova di acquisto che, in caso di merce fallata o merce non “conforme”, obbliga il commerciante alla sostituzione o al rimborso di quanto pagato in base alle nuove normative di legge. Il pagamento può essere fatto anche con carte di credito o bancomat: ricordate che il commerciante è obbligato ad avere il POS. Seminate la concorrenza. In tempo di saldi, mantenete il segreto sugli outlet e sugli indirizzi... “Stivali di Gucci!!!” - “Li ho visti prima io, quindi sono miei” “Ci sono venuta dal New Jersey, mollali!” (dal film I Love Shopping) La it-bag. La sognate da mesi… se la trovate a metà prezzo, è il momento giusto per investire le vostre“mance” natalizie: nemmeno la nonna avrà il coraggio di dissentire. Cappotti o piumini, piuttosto cari se pagati a prezzo pieno, vi serviranno subito (le previsioni meteo parlano di una nuova e intensa ondata di gelo su tutta l'Italia) e il prossimo inverno. Idem per gli stivali. Se si sommano i due acquisti, il risparmio è davvero notevole! Fate una follia. Se fino ad ora siete state organizzate e avete acquistato pezzi classici che dureranno nel tempo è il momento di trasgredire. Un abito da sera piumato, una blusa stravagante o un maglione peruviano, chissà: qualunque capo potrebbe materializzarsi e farvi cadere in tentazione; quindi riservate una piccola somma per le follie! LookSmart 18 TALENT’S CORNER TAVI GEVINSON: L’ADOLESCENTE AMERICANA CHE È GIÀ FENOMENO ag M ie k Roo PIÙ DIVERTENTE DI QUALSIASI REDATTRICE DEI NOSTRI FASHION MAGAZINE, A SOLI QUINDICI ANNI HA FONDATO UNA RIVISTA ON LINE: ROOKIE MAG. PERCHÉ, DICE LEI, LE UNICHE PERSONE IN GRADO DI RIVOLGERSI AGLI ADOLESCENTI SONO GLI ADOLESCENTI STESSI. IL RISULTATO? UN SUCCESSO! T avi Gevinson ha 15 anni, vive a Chicago e tiene un blog personale e di moda, Style Rookie da quando aveva 11 anni. Partendo dall’idea che non tutte le teena- adolescenti. Con contenuti tematici mensili, aggiorniamo tre volte al giorno, cinque giorni a settimana, e siamo felici di offrirvi milioni di pessime battute». In realtà il magazine è davvero completo: Punk classic Per ragazze ribelli che si ispirano al punk-rock classic Times Square (1980) ger possono essere ricondotte agli stereotipi dell’offerta culturale loro rivolta, Tavi ha fondato una sua rivista online: Rookie Mag che, come dice la presentazione, è «un sito per ragazze tratta di musica, cinema, fiction, amore, sesso, divertimento e tanto “style” con consigli e citazioni culturali. Com’è nata la rivista? “Quando ho cominciato a riflet- tere sulla possibilità di creare Rookie, mi sembrava dovesse essere la sede perfetta per l’incontro tra contenuti esteticamente gradevoli e scrittura brillante. Man mano che mi addentravo nel mio primo anno di scuole superiori, ho cominciato a sentire il bisogno di qualcosa di più. Penso che fosse il risultato di qualche esperienza strettamente personale mista ad altre più tipiche per le ragazze della mia età. Ma non voglio neanche pensare a cosa definisca «la tipica ragazza adolescente», o se io rientro in quello stereotipo, o se è quello il tipo di persona che leggerà Rookie. Sembra che interi settori aziendali si basino sulla risposta a queste precise domande. Chi è la tipica teenager? Cosa desidera? (E, la maggior parte delle volte: come possiamo ottenere la sua paghetta?)” In che cosa è diversa dagli altri magazine di moda per adolescenti? “Rookie non è la vostra guida a come essere una teenager. [...] È, semplicemente, un insieme di cose da leggere e da guardare che a noi piacciono e in cui crediamo. Mentre è sempre pericoloso generalizzare un gruppo di individui, credo che alcune esperienze siano in qualche Nome: Tavi Gevinson Età: 15 Città: Chicago Passioni: Fashion Talento: Blogger di moda Web site: rookiemag.com Abito vintage messicano dipinto a mano Wolf & Gypsy, scarpe by Kurt Geiger modo trasversali all’essere un adolescente, specialmente una adolescente. Rookie è un posto che cerca di trarre il massimo dal dolore e da quelle stranezze che fanno rabbrividire e che sono parte dell’essere una teenager. E se diventa difficile apprezzare queste cose, abbiamo anche contenuti semplicemente divertenti o visivamente piacevoli. Quando non ne potete più di dover essere felici tutto il tempo, troverete lunghissimi sfo- ghi da far alzare gli occhi al cielo”. Uno dei temi moda di questo mese? Il servizio “Ladies of the night” insegna a vestirci da ribelli, glam rock groupie o disco doll. Tra i consigli più pazzi: come realizzare glitter shoes da sera rinnovando decollettes o ballerine ormai consumate. Imperdibile la sezione moda e musica con immagine d’epoca di David Bowie e altre star icona dello stile androgino-dandy. Gaia Ravazzi, 17 anni Glam rock! Lo stile delle band in auge nei primi anni Settanta come Roxy Music e T. Rex. Il look prevede tra l’altro hot-pants e glitter con un risultato androgino. Ecco i capi suggeriti da Rookie Mag. LookSmart 19 YOSHI’S TIPS SMART LE PICCOLE COSE CHE FANNO LA DIFFERENZA Occhi Un velo di cipria, da solo per illuminare, sopra il make-up per fissare ed uniformare il colorito. (Chanel Poudre Douche: 30 euro) Base per ombretto necessaria qualunque sia il trucco. (Pimer Potion, 16 euro) Mani Viso Base viso opacizzante. (14 euro da Sephora) Smalto express in patch, in innumerevoli colori e fantasie. (Sephora: da 2,30 euro a 7,90 euro) IL BLOG DI CRUDELIA IL PEGGIO DELL’INVERNO L a moda, si sa, a volte è crudele, scomoda, eccessiva. Ma sta a noi non scivolare nelle sue grinfie e uscirne stritolate e davvero imbruttite. Ecco allora la classifica di Crudelia delle peggiori tendenze dell’inverno. 1 In pole position, l'animalier, la stampa sexy e selvaggia che rende omaggio agli amanti degli animali come il serpente, il leopardo, la tigre e la zebra. A piccole dosi può anche donare (ad esempio abbinata al nero o ai jeans), ma qualcuna si è vista in giro con blusa tigrata, ballerina serpentata e borsa pitonata. Chiamate subito la protezione animali! 2 La pelliccia. Tra le tendenze autunno inverno 2012, quella che è emersa con più prepotenza. I vari brand hanno proposto capi e accessori in pelliccia vera ed ecologica, rilanciando ad esempio i cappelli. Impossibile non notare nelle nostre assolate città del Cen- tro-Sud, ragazze “zarine” con stivale di pelliccia, cappello e giaccone dai bordi di pelo: ci auguriamo tutte in partenza con volo low-cost per la Lapponia! 3 Il pizzo. Un altro grande protagonista sia (soprattutto) sugli abiti eleganti sia sui capi casual. A noi piace molto, ma c’è un “ma”. Qualcuna esagerando lo abbina al macramè della nonna o alle trasparenze. Nel primo caso, più che neo-romantiche, si rischia di sembrare delle vedove sicule; nel secondo, è in agguato l’effetto camicia da notte o panterona di mezza età! 4 Gli orecchini maxi che di solito si indossano in estate: ma chi ci vieta di metterli anche nella stagione fredda? Se poi a dare l’imput per questo trend è Giorgio Armani allora non ci sono scuse per non provare. Però si sono visti in giro modelli tribali troppo esagerati: roba da distacco del lobo o cervicale precoce. 5 La moda anni ‘70, ovviamente attualizzata e rivisitata. Qui è d’obbligo la cautela negli abbinamenti: i pantaloni diventano a zampa, compaiono i cap- pelli a tesa larga e le fantasie. Se si indossa tutto insieme però l’effetto è quello di una foto d’epoca con qualcosa di stonato: chi di noi, del resto, vorrebbe essere la brutta copia della madre o peggio della nonna? 6 Lo stile Maid, che partendo dallo stereotipo di una divisa da lavoro, la stravolge con classe e humor (vedi per esempio le creazioni di Moschino). Anche qui il rischio dell’eccesso è in agguato. Che ne direste se a causa della gonna nera con camicia bianca e gilet foste scambiate per la cameriera? Anche tu fashion-detective degli orrori! Mandaci le tue segnalazioni (foto o testi) a [email protected] LookSmart 20 BACKSTAGE SUL SET PER UN GIORNO DIVENTA ANCHE TU UNO DEI NOSTRI VOLTI! Iscriviti alla pagina fan Looksmart. Anche la moda ha cervello su Facebook o scrivi all’indirizzo e-mail [email protected] 22 Gennaio-Febbraio 2012 Teatro Giro d’Italia INFOWEB www.teatroeliseo.it I mille volti di Albanese Torna l’irresistibile comico con i suoi ritratti irriverenti: dal 21 febbraio all’Auditorium Conciliazione di Roma. Un classico intramontabile tempo di lettura: 6 minuti Roma. Arriva il capolavoro di Strindberg Julie, la signorina sovversiva Un’intensa Valeria Solarino veste i panni di una giovane contessa alle prese con un dramma personale dall’esito tragico. Sullo sfondo, l’eterna contrapposizione delle classi sociali Giulia Iani, 19 anni U na cucina come antinferno, un tavolo come lettino dello psicanalista: è un dramma personale ma di forte impatto sociale quello in scena al teatro Eliseo di Roma dal 14 al 26 febbraio 2012. La signorina Julie, tragedia in atto unico del drammaturgo svedese Strindberg, è infatti la storia di una contessina venticinquenne che tenta di sedurre un suo servo durante una notte estiva, forse per sfuggire a un ruolo e un’identità che non sente suoi. L’opera pone al centro la contrapposizione fra classi sociali, contrapposizione molto forte nella Svezia puritana di fine Ottocento, quando fu composto il testo. Il regista Malosti riprende in mano la Julie di Strindberg immergendola in un’atmosfera quasi freudiana. A calare nei suoi panni la brava Valeria Solarino, che ci racconta lo spettacolo. Com’è interpretare Julie e cosa ti piace di questo personaggio? «È stato interessante, affascinante come tutti i personaggi che finora ho fatto: Julie è però una figura molto particolare, anche abbastanza difficile da comprendere veramente. All’inizio avevo avuto un primo approccio molto razionale, cercando di capire i fatti e il loro legame. Adesso ho cominciato ad accettare questo personaggio e a viverlo come se fosse destinato a una fine tragica». Strindberg scrive: “[…] mi sono lasciato conquistare da un tema che si può dire estraneo alle attuali faziosità, perché la problematica dell’ascesa e della discesa sociale, di chi sta sopra e di chi sta sotto, di chi è migliore e di chi è peggiore, del maschio e della femmina, è, è stata e sarà sempre di notevole interesse”. Qual è il tuo punto di vista? «Nel periodo in cui scrive Strindberg, l’aristocrazia stava decadendo e la pic- cola borghesia si faceva avanti. Credo che il mischiarsi delle classi sociali fosse considerato un tabù, qualcosa di scandaloso: questa era, almeno per l’epoca, la chiave di lettura di questo testo». L’idea scenografica è quella di una stanza rovesciata in cui si aprono improvvisamente porte, botole e luoghi misteriosi, dove appaiono i personaggi e spariscono gli oggetti con un gioco di luci e ombre. Questa contrapposizione tra buio e luce rappresenta per Julie relitti dell’inconscio? «In alcuni momenti sulla scena ho come l’impressione di essere su un lettino di uno psicanalista: ad esempio quando Giovanni (il servo) mi chiede quale sia il rapporto con mio padre e la mia famiglia. Io allora mi sdraio sul tavolo della cucina che diventa un po’ tutto: banco da macellaio, lettino dello psicanalista, momento di raccolta conviviale. Le luci così presenti sulla scena sono lenti di ingrandimento sull’inconscio di Julie». All’epoca questa fu ritenuta un’opera scandalosa: perché? «Credo che per l’epoca fosse scandaloso il fatto che i personaggi dicano apertamente quello che provano. Giovanni ad esempio dichiara di fare l’amore per divertirsi e di voler scalare i gradini della società per arrivare in alto». E cosa consideri “scandaloso” oggi? «Non avere una presa di posizione davanti ad alcune cose, l’indifferenza. È scandaloso che oggi stiamo un po’ tutti a guardare quello che succede nelle nostre case e non ci occupiamo più della società; l’atteggiamento che abbiamo verso l’esterno è una curiosità morbosa, priva di una reale partecipazione». Parliamo di te: meglio palcoscenico o set cinematografico? «Sono due cose molto diverse: due modi diversi di recitare, di comunicare, un linguaggio diverso, emozioni diverse. Non riesco a fare dei paragoni: mi piacciono tutti e due!». Sei recentemente apparsa in tv nel ruolo di Anita Garibaldi. Abbiamo letto che per avere questa parte hai mentito fingendo di sapere andare a cavallo. È vero? «Sì, è vero! Al provino come prima domanda mi hanno chiesto se sapessi andare a cavallo. Dato che non potevano verificarlo in quel momento perché eravamo nello studio, ho detto di sì ovviamente. Altrimenti sarei stata subito scartata!». Quali sono i prossimi progetti in cantiere? «Farò questa tournée fino ai primi di marzo, poi si vedrà!». 23 Gennaio-Febbraio 2012 INFOWEB www.teatrostabilegenova.it, www.archivolto.it, www.teatrodellatosse.it Enrico V Il 18 febbraio all'Archivolto il lavoro di Pippo Delbono ispirato al testo shakespeariano. Al Teatro dell'Archivolto, 24–25/02 L’ingegner Gadda va alla guerra Un emozionante assolo in cui Fabrizio Gifuni individua nello scrittore Gadda un sofferto Amleto novecentesco. Quattro anni dopo 'Na specie de cadavere lunghissimo, Gifuni e il regista Giuseppe Bertolucci riprendono il loro discorso guidati dalla lingua e dal pensiero di uno dei più grandi scrittori del ‘900. tempo di lettura: 9 minuti Genova. Se il pubblico è sul palco George Orwell versione 2.0 Il capolavoro dello scrittore scozzese torna sul palco “invecchiato” di mille anni per inventare un domani raccontando l'oggi, in una riscrittura dove ogni rappresentazione è diversa Andrea De Sotgiu, 18 anni T erza stagione per 2984, produzione del Teatro della Tosse che, dopo il successo casalingo, ha iniziato la sua tournée in giro per l’Italia. La regia è di Emanuele Conte, direttore artistico del teatro, intervistato dalla redazione ligure di Zai.net. Lo spettacolo è una ripresa del capolavoro di George Orwell 1984, ma perchè 2984? «2984 in realtà è una riscrittura. Abbiamo mantenuto l’ossatura principale del racconto ma, come sempre, procedendo a trasposizione da un romanzo ad una rappresentazione teatrale si deve avere la libertà di inventare, di modificare, anche spostando il racconto avanti nel tempo. È questa la forza della fantascienza, così come la intendeva Orwell: inventare un domani per raccontare l’oggi. Il nostro è davvero un momento storico in cui l’informazione viene manipolata e la tecnologia invade la nostra vita in ogni modo. È un momento in cui ci sentiamo spiati». Questo spettacolo è tornato in scena per la terza stagione, cosa è cambiato rispetto alle precedenti? «È uno spettacolo nato in collaborazione con il Festival della Scienza. Nella prima versione avevamo addirittura smontato interamente una sala del nostro teatro che, pitturata di nero, era diventata l’involucro in cui ricostruire il mondo di 1984 secondo la nostra idea. Pubblico e cast non si distinguevano perché gli spettatori avevano l’opportunità di vestirsi come gli attori, indossando delle tute da lavoro. Questo tipo di messa in scena aveva il limite di non poter essere portato in giro negli altri teatri italiani. Dato che lo spettacolo ha avuto molto successo, già l’anno scorso abbiamo pensato ad una nuova versione per il palcoscenico. Per non rinunciare al contatto con il pubblico, una parte degli spettatori viene invitata dietro le quinte ad inizio spettacolo, per improvvisarsi comparsa. In realtà, tutti gli spettacoli teatrali cambiano ogni volta che li si porta in scena, spe- cialmente quando il pubblico fa parte dello spettacolo. A me piace variare, vorrei cambiare ogni volta qualcosa. Un riallestimento pedissequo è noioso anche per noi che lo dobbiamo preparare. Altre volte le modifiche sono necessarie perché cambiano gli attori. Nella prima rappresentazione di 2984, ad esempio, il protagonista, Winston, era interpretato da Andrea Di Casa, nella seconda versione da Aldo Ottobrino. È l’attore a dare la sua in- terpretazione e personalità al personaggio ed è anche per questo che lo spettacolo cambia». Quanto può interessare ai ragazzi questo spettacolo e, più in generale, quanto li vedi interessati al teatro? «Il pubblico più entusiasta della messa in scena è stato proprio quello dei giovani, che hanno scoperto, soprattutto quando siamo andati fuori Genova, un teatro diverso, che può essere appassionante come il cinema. L’anno scorso abbiamo consegnato una serie di questionari al pubblico e abbiamo scoperto che su circa 1500 persone intervistate l’80% era sotto i quarant’anni (esclusa l’attività specifica per le scuole!). Un segnale importantissimo: significa che il teatro è qualcosa per i giovani se sa parlare ai giovani. Noi ci sforziamo di dare, sia nelle nostre produzioni che nelle ospitalità, qualcosa in più proprio in questo senso; anche quando vengono compagnie da fuori che mettono in scena un classico devono farlo in maniera originale e forte, lo spettacolo deve possedere quella freschezza di cui il teatro ha bisogno per rimanere vivo e non diventare un mausoleo. Non siamo i soli: in Italia ci sono fortunatamente altri teatri che hanno un’attività molto variegata e riescono ad attirare tutti i tipi di pubblico». Teatro Duse. In scena fino al 12 febbraio Romeo e Giulietta, favola immortale tra amore e odio Alice Golisano, 17 anni La drammatica storia d’amore di Romeo e Giulietta, “nata sotto cattiva stella”, è e rimarrà sempre una delle più amate dal pubblico e tra le più rapprasentate in scena. La vicenda dei due giovani amanti, appartenenti alle famiglie rivali dei Capuleti e dei Montecchi, è quest’anno riproposta al teatro Duse dalla Compagnia del Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” (dal 31 gennaio al 12 febbraio). La scenografia non è però quella di una Verona cinquecentesca, si rifà invece a quelle utilizzate da Tim Burton nei suoi film, mentre i costumi ricordano un Ottocento vittoriano e la città, di colori nero e oro, una cripta, come quella dove si compirà l’epilogo della tragedia. Forse questo dramma di William Shakespeare rappresenta la più alta ricerca sulla vera natura dell’amore e sull’insidiosità del linguaggio: dopo tutto la stessa Giulietta si chiede, mentre si trova sul balcone, “What’s in a name?”, cosa c’è in un nome, o cos’è un nome, per ostacolare la forza incontrollabile dell’amore? Ma sarà anche questa stessa forza che li porterà alla rovina. Il loro è un amore senza compromessi e senza convenienza. Un amore che viene vissuto appieno. Un altro fattore di drammaticità è la brevità dell’arco di tempo in cui l’azione si svolge, da una domenica mattina di luglio alla notte del successivo giovedì: la rappresentazione di quanto l’amore sappia essere improvviso e devastante. In una Verona immaginaria che ferve di vita, movimento, banchetti, feste, balli, maschere e teatro si svolge, dunque, questa storia di giovani e di passioni intense, di baci su un balcone sotto una pallida luna, ma anche di risse e duelli mortali, di un odio atavico e violento che divide le due famiglie più potenti della città a cui solo la tragica fine della rispettiva prole e quindi la distruzione della discendenza diretta delle due casate potrà porre fine. 24 Gennaio-Febbraio 2012 Musica Big INFOWEB www.litfiba.net Riprende il live di Jovanotti Dopo l’annullamento del tour per l’incidente di Trieste, il cantante toscano torna con le nuove date. Attesi ritorni e nuovi esordi tempo di lettura: 7 minuti Trionfo del rock. L’album a tre anni dalla reunion La grande Italia secondo i Litfiba Graffiante, diretto e tosto: il nuovo disco racconta con l’energia di sempre le contraddizioni di una “Grande Nazione”, aspettando la terza Repubblica Elena Prati, 19 anni e Alessandra Arpi, 21 anni I n un’atmosfera tra lo psichedelico e il punk-rock, in una “tempesta elettrica”, creata anche dall’ascolto del disco, incontriamo Piero Pelù e Ghigo Renzulli, di nuovo insieme dopo tredici anni. Grande Nazione, il primo album a tre anni dalla reunion di questo grande gruppo, annuncia un fervente rinnovamento, ma senza dimenticare la tradizione. Spicca una forte connotazione di impegno politico e critica, ma i Litfiba non dimenticano di proporre anche l’antidoto alla situazione del nostro Paese. Com’è nato il disco? «Noi ci consideriamo degli artigiani della musica. Questo disco è nato anche durante il tour di Stato Libero e quindi risente molto della straordinaria energia dei live. Le idee venivano fuori a fiumi e abbiamo deciso di assecondarle in pieno». Come mai l’avete intitolato Grande Nazione? «È un titolo che comprende in sé un pizzico di orgoglio: noi riteniamo che l’Italia sia una grande nazione, con una grande storia e un grande presente, nonostante la crisi, che non risparmia nes- suno. Se però vogliamo sperare che nasca finalmente una terza Repubblica, è necessario che Monti si levi dai piedi tutti i «È stata un’idea di Piero. Ci siamo io e lui (NdR: Piero Pelù e Ghigo Renzulli) disegnati come scheletri e intorno a noi ce ne sono altri corrotti, i corruttori e i mafiosi, come diciamo nel disco». Chi ha ideato la copertina? Lirica. Una voce fuori dal coro Le stagioni di Malena Francesca Vassallo, in arte Malena, è un’artista poliedrica dalla voce straordinaria, con un album appena uscito, Inverno, e un obiettivo su tutti: far conoscere e amare la musica lirica in Italia. Classe 1983. Sei nata in pieni anni ’80, l’epoca di Madonna, dei Duran Duran, gli anni del pop per eccellenza. Eppure manifesti interesse per la musica lirica. Una passione un po’ inusuale… «Credo di aver avuto una naturale inclinazione da sempre; perfino i miei amici, sentendomi cantare, si rendevano conto della particolarità della mia voce già impostata, come la mu- sica lirica richiede». Sappiamo che hai conseguito la maturità classica: un obiettivo non facile se hai una passione come questa da coltivare ogni giorno! Come sei riuscita a conciliare tutto? «L’interesse è nato durante gli ultimi anni del liceo e non avendo ancora una voce matura l’impegno si limitava a qualche lezione di canto a settimana; inoltre, per fortuna, il mio istituto ha sempre supportato gli studenti a seguire le proprie passioni!». In Inverno si parla moltissimo di stagioni. Il titolo rispecchia il tono malinconico dell’album? «L’album tocca vari generi e scelte te- stuali, ci sono cover pop, canzoni mie: è molto eclettico e vario. Credo che il primo singolo del cd, Inverno, sia il brano più puro, il nucleo da cui prende vita tutto il resto». Musical, concorsi, recital lirici, premi dalla critica, concerti per beneficenza, un album appena uscito. Ci viene da chiedere: cosa vuole di più Malena, a cosa aspira ancora? «Il mio obiettivo è quello di avvicinare un Paese come l’Italia, poco interessato alla lirica, a questo genere. Mi auguro che le mie corde possano toccare il cuore di tanti». Maria Caterina Temperini, 18 anni più piccoli che rappresentano le canzoni dell’album. Ad esempio, lo scheletro con il simbolo anarchico rappresenta la canzone Anarcoide; quello con il bicchiere in mano Fiesta tosta. È una specie di indice visivo delle canzoni». Perché avete scelto proprio Squalo come primo singolo da lanciare? «È stata una scelta provocatoria, perché, sulla carta, Squalo è il “peggior” pezzo del disco. Si voleva far capire che l’impronta del disco era tosta». Come sarà strutturato il tour? «Il tour partirà in Italia, con tre date che faranno da anteprima, per poi allargarsi al panorama europeo e, infine, tornare in Italia. Per quanto riguarda la scelta delle canzoni, presenteremo quasi tutte quelle del nuovo album, senza dimenticare naturalmente tutti i grandi successi storici dei Litfiba. Niente maxischermi, niente proiezioni, pura e semplice musica. Niente mediazioni». Pensando al rock rivoluzionario ed emblematico di Fata Morgana, cosa possono e vogliono dare in più i nuovi Litfiba al panorama italiano, considerando che i primi l’hanno completamente scardinato? «Crediamo che il fatto di pubblicare nel 2012 un album che è estremamente sincero, che non è stato “tirato per la giacchetta” né da discografici, né da manager, né da esigenze di mercato, renda il prodotto in grado di arrivare il più direttamente possibile a chi lo ascolterà». 25 Gennaio-Febbraio 2012 Musica INFOWEB www.exwave.it Contaminazioni tempo di lettura: 6 minuti Ex.Wave. Dal conservatorio all’elettronica La macchina sperimentale Il duo abruzzese formato da Lorenzo Materazzo e Luca D’Alberto incanta l’ascoltatore con le sue atmosfere oniriche. Provare per credere Giulia Ciavarelli, 19 anni A rrivano entrambi dal mondo della musica classica ma nel loro ultimo lavoro, Plagiarism, hanno sperimentato, mescolato e accostato suggestioni musicali differenti in un unico sound. Sono gli Ex.Wave, due giovani musicisti abruzzesi che partono da un solido background accademico, ma che coltivano l’esigenza di dialogare con la modernità. In due anni dalla loro formazione ricevono importanti riconoscimenti: sono invitati al Palazzo Reale di Monaco di Baviera da George Michael, aprono alcuni live dei Deep Purple, collaborano con Alan Wilder (Depeche Mode), Recoil, Sara Lov e Mike Garson, pianista e arrangiatore di David Bowie. Di tutto questo, ma anche di più, abbiamo parlato con Lorenzo Materazzo, il pianista del gruppo. Prima di tutto svelaci il motivo del nome, Ex.Wave. «Inizialmente il nome provvisorio del gruppo era “macchina sperimentale”. Quando il nostro progetto ha preso il via, mescolando musica classica ed elettronica, abbiamo deciso di cambiare in “Ex.Wave”. Ci piaceva molto abbinare l’aggettivo “sperimentale” che si è trasformato in un’abbreviazione - Ex. da Experimental - a Wave, per rappresentare sia la forma fisica del suono, sia una nuova onda che può travolgere l’ascoltatore». Come è nato il vostro progetto musicale? «Io e Luca ci conosciamo sin da bambini ed entrambi siamo cresciuti al conservatorio di Teramo. Abbiamo formato questo duo iniziando una vera e propria carriera classica e vincendo anche importanti con- corsi. Poi è nata l’idea di fare qualcosa di diverso: iniziare a sperimentare musiche composte da noi; così abbiamo dato vita a una particolare unione di musica classica e di elettronica/pop». Avete aperto concerti di artisti internazionali del calibro di George Michael e Deep Purple, che esperienza è stata? «Sono state esperienze molto importanti, sia dal punto di vista formativo, sia per la soddisfazione di vedere come la nostra musica sia apprezzata dai grandi». Dopo il primo album, ecco che esce Plagiarism: cosa è cambiato dal primo cd? «Sicuramente da un punto di vista sonoro c’è stato un grande progresso, ma ci consideriamo in conti- nua evoluzione. I primi due dischi sono talmente diversi tra loro che ci chiediamo come potrà essere un terzo!». Nel vostro album c’è un’importante collaborazione con Astrid Young... «Abbiamo dato ad Astrid Young una scelta vasta di brani, e lei ha preferito Wonderland. Luca, che suona gli archi, aveva collaborato con lei facendo degli arrangiamenti per un suo disco; cogliendo quest’occasione, le abbiamo proposto il progetto Ex.Wave». Prossimi sogni? «Uno dei nostri obiettivi sarà quello di introdurci nel mondo della musica da film e magari poter lavorare con registi a livello nazionale e internazionale. Stiamo poi lavorando alla realizzazione di uno spettacolo particolare da presentare al pubblico quest’anno. E naturalmente in cantiere c’è la preparazione di un terzo disco». Non vi resta che ascoltarli! Roma. Il rock anticonvenzionale dei Rebecca Alla conquista dello Stivale Gruppo romano che vanta una partecipazione all’ultimo concerto del Primo Maggio, con due dischi all’attivo, i Rebecca stanno ultimando il loro ultimo album, Dorian, prodotto dall’etichetta Blond Records. Abbiamo incontrato Marco Zanni, chitarrista solista del gruppo, e Francesco Bejor, voce, dopo un’esibizione e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione per conoscerli meglio. È ormai qualche anno che sentiamo parlare di voi: quando e come è nata questa magica storia? Marco: «La nostra storia inizia nel 2005, quando ho cominciato a registrare quella che poi è diventata Dal Nulla, la nostra prima canzone». Come è organizzato il gruppo? Chi scrive i testi, chi compone le parti strumentali? Marco: «Io ho il compito di creare le melodie, gli arrangiamenti e tutto ciò che concerne la struttura delle canzoni; invio le bozze a Francesco che ci costruisce sopra le linee vocali e il testo». Francesco: «Sia la melodia che le tematiche non sono di stampo rock tradizionale, che prevede testi piuttosto semplici ed orecchiabili. Noi cer- chiamo di fare esattamente il contrario per creare una contrapposizione tra la libertà del rock e la complessità delle linee vocali». A marzo uscirà il vostro nuovo album, Dorian. Quanto del precedente album c’è in questo nuovo lavoro? Marco: «Con Dorian raggiungiamo una maturità che sinceramente non mi sarei aspettato. Rispetto ad Un’altra storia, in questo album tocchiamo nuove sonorità, senza però perdere la vena blues e a tratti metal che ci ha sempre contraddistinto». Avete partecipato al concerto del Primo Maggio: come è stata questa esperienza? Francesco: «Beh, il concerto del Primo Maggio è uno dei più importanti ed è stata un’emozione incredibile poter suonare su quel palco». Siamo tutti in attesa di vedervi di nuovo e più spesso dal vivo, siete pronti per un nuovo tour? Marco: «Nel 2012 abbiamo in programma una cinquantina di date: partiremo ad aprile per terminare a dicembre, esibendoci in locali come l’Alcatraz a Milano e l’Hiroshima a Torino». Quali gli ingredienti vincenti? Francesco: «Passione, determinazione, arrendersi mai». Paolo Nataloni, 20 anni 26 Musica Gennaio-Febbraio 2012 Novità INFOWEB www.lunatik.it tempo di lettura: 5 minuti I Moderni. Dal Centro giovani di Torino al palco di X Factor Non ci pensiamo mai Il camaleontico gruppo ha affrontato il reality con leggerezza e simpatia rimanendo sempre con i piedi per terra. E ora il successo è a portata di mano Martina Pi, 17 anni S i presentano briosi ed entusiasti come li abbiamo visti a X-Factor, i Moderni, freschi di un secondo posto inaspettato, ma più che meritato. Le parole scorrono a fiumi, sono incontenibili e pieni di sorprese, proprio come lo erano sul palco. Celeste, Placido, Marco e Fabio: ecco i nomi dei Moderni, che però preferiscono essere chiamati Liza, Lead, Cata e Broad, soprannomi che sono tutto un programma. Dopo un pomeriggio di canto intenso, cerco di rompere il ghiaccio con una domanda molto semplice: descrivere con una parola la loro esperienza televisiva. E invece scateno il finimondo. Alla fine riusciamo ad arrivare a un risultato: «Putu-uu, in onore di Tafuri (NdR: il loro vocal coach), perché quando si esaltava per una cosa diceva che era “putu”! Che è molto più di una figata!», dice Lead. Un neologismo fra i tanti nati dall’esplosiva creatività del gruppo torinese, cresciuto nel Centro di Protagonismo giovanile Tedacà, un’associazione che coinvolge i ragazzi in attività artistiche a tutto tondo, dal teatro, alla musica, alla danza. «I Centri di protagonismo giovanile T ALENTI sono molto utili, in un modo o nell’altro riescono ad attirare ragazzi che magari sprecano il proprio tempo senza appassionarsi a nulla. Invece lì riesci a impegnarti per un progetto, provando percorsi anche artistici, come il nostro caso, che alla fine ti appagano». E danno lo sprint in più per provare a fare le cose in grande, proprio come è successo a loro, ex Two Fingerz – nome c h e loro malgrado hanno cambiato durante il reality – che hanno appena pubblicato il loro primo EP, Non ci penso mai, in classifica per settimane su iTunes. Un connubio vincente di mu- sica e spettacolo che ha convinto gli spettatori: i quattro ragazzi hanno dimostrato di sapersi adattare alle situazioni, come gestire l’ansia della prima canzone cantata sul palco al più difficile cambio di identità. La modifica del nome, infatti, all’inizio è pesata tantissimo, ma poi non solo hanno imparato a conviverci, l’hanno anche plasmato, cucendoselo addosso. Loro ora sono i Moderni: un po’ pazzi, un po’ strani, come il loro nome. E non potrebbero essere altro. «L’equilibrio dei Moderni sta nel non avere Foto di Alessandra Banana Tisato equilibrio individuale», dice Cata. Forse è anche per questo che sono emersi così tanto, da un programma che, invece, sembrava non dare abbastanza luce ai gruppi. Ma com’è nata l’idea di partecipare a X-Factor? L’idea l’ha avuta Celeste e così sono partiti, hanno deciso di andare in gita a Roma e mettersi un’etichetta con un numero a cinque cifre. Già mentre provavano in coda, si sono resi conto che quello che proponevano piaceva, ma non si sono montati la testa. Sono arrivati fino all’home visit, momento in cui hanno iniziato a pensare di non potercela più fare, finché, invece, non si sono trovati in finale. E fino alla fine non potevano credere al percorso che hanno fatto: «l’abbiamo fatto per gli amici, come ci diceva di fare Elio». Per gli amici da quattro amici, come lo sono Liza, Lead, Cata e Broad, anche sul lavoro: «Ognuno fa la sua parte; certo c’è chi ha più conoscenza musicale come Celeste e Fabio, ma alla fine ciascuno dà il suo contributo. Il bello è che abbiamo gusti simili su come presentare il piatto, però ci piacciono diversi condimenti». E alla fine il risultato è un menu molto democratico. I progetti per il futuro sono tantissimi, alcuni già pronti per essere realizzati, altri ancora nel cassetto, ma forse per poco. Broad, che si è guadagnato questo soprannome grazie alla passione per i musical, ha un sogno: vorrebbe portare in Italia e riadattare (anche curando la traduzione) Rent, la Bohème in una versione musical pop-rock. E un concerto con Elio? Loro dicono di sì, ma non sono sicuri che anche Elio sia disposto. About Wayne in tour Electromania Una delle band alternative rock rivelazione del 2011 ha iniziato un tour su e giù per lo Stivale. Volete averli nella vostra città? Consigliate loro un locale adatto: sono sempre alla ricerca di nuove date! Non sapete chi siano? Digitate il loro nome e “Caries” su Youtube. Divertimento assicurato! È appena uscito Bangarang, il secondo EP di Skrillex, il dj e produttore statunitense che ha conquistato il popolo dei dancers. Nominato artista dell’anno da Mtv Edm, Skrillex è diventato uno dei dj più richiesti sulla piazza e ha remixato grandi successi come Bad Romance e Rock your body. In vetrina Laika, Sylvia, Jeanne e... le altre È appena uscito l’album d’esordio dei Laika Vendetta, prodotto dalla Boleskine house records. Laika, Sylvia, Jeanne e... le altre, questo il titolo del disco, aspira ad essere il simbolo della rinascita del rock italiano. Il gruppo sa mescolare in maniera originale e convincente passione, elettricità e quel tanto di nevrastenia che basta. L’album è una raccolta di ritratti di donne e di una femminilità generica in movimento espressi in chiave rock. La chicca? La grafica curata dall’artista teramana Mokina, che ha arricchito il digipack con alcune sue opere d’arte originali: non lasciatevelo scappare! 27 Gennaio-Febbraio 2012 Libri Libero chi legge INFOWEB www.zai.net Da leggere, da dimenticare, da spizzicare Pensavo di scappare con te. Gungui e l’autoconsapevolezza Love-story a Milano Kalliroi, 18 anni D ire ciò che si pensa aiuta a diventare cittadini della propria realtà. Parola di Francesco Gungui, classe 1980, di origini sarde ma milanese doc, che ha pubblicato il suo ultimo libro: Pensavo di scappare con te. Sul palcoscenico di una Milano romantica e attraente si svolgono le vicissitudini di Alice, un’adolescente innamorata del suo migliore amico, ma che non ha il coraggio di ammetterlo. A dire il vero, Alice non riesce a dire molte cose di quelle che pensa, ingabbiata com’è nelle sue insicurezze. Ma un episodio quasi tragico cambierà per sempre il suo modo di essere con se stessa, con gli altri e con il suo Luca. Dopo il successo di Mi piaci così ed epigoni, Gungui torna con un romanzo corale, in cui viene ben descritta una generazione di diciassettenni, ricostruita anche attraverso un sapiente uso del gergo giovanile, che lo stesso Gungui ammette di “parlare correntemente”. Interessante anche la struttura del libro, che inizia con un flashback e poi ha una sorta di secondo proemio, quasi a voler indicare uno spartiacque fra il prima e il dopo. Del resto, anche nella vita dello scrittore c’è stato qual- cosa di simile: «Se guardo agli ultimi dieci anni, ho preso decisioni che hanno cambiato il corso della mia vita. Ho deciso di non fare l’università, di andare a vivere da solo. È stato un momento di rottura che mi ha portato poi ad essere quello che sono». Ed essere se stessi è poi il segreto che Alice capisce dopo qualche scelta narrativa forse un po’ scontata, ma che non rovina poi più di tanto l’armonia del testo, impreziosito da belle descrizioni di Milano, «una grossa città grigia e inquinata, ma alla quale non rimprovero nulla», ammette Gungui. E proprio le descrizioni hanno permesso la realizzazione di un book trailer, ultima moda nel marketing editoriale, realizzato da una collaborazione fra Mondadori e il Centro sperimentale di cinematografia lombardo. «Gli allievi del Corso di creazione e produzione Fiction del Centro sperimentale hanno scritto con me la sceneggiatura, cercato gli attori e realizzato una gran bella cosa. Spero che in futuro si potrà fare anche un film». Da un libro di cucina di sopravvivenza (Io ho fame adesso. Come sopravvivere a un frigorifero deserto 2003) a una storia d’amore: in ogni sua fatica lette- Letture da Nobel Esce a febbraio Il romanziere ingenuo e sentimentale, ultima fatica del premio Nobel Orhan Pamuk. I consigli del libraio Loretta Cavallaro, Mind, Roma IL QUADERNO DI MAYA bellissimo Isabel Allende È la storia di una ragazza americana dei nostri giorni che, braccata da spacciatori e agenti federali, si lascia alle spalle le precoci e brutali esperienze consumate tra alcol e droga e fugge dalla California per rifugiarsi in Cile, in un’isola incantata dell’arcipelago di Chiloé, terra d’origine della sua nonna paterna, Nini. Qui, nell’atmosfera di una vita semplice fatta di magnifici tramonti, solidi valori e rispetto reciproco, Maya impara a conoscersi e a conoscere la sua terra d’origine, scopre verità nascoste e, infine, l’amore. Un romanzo che affronta con grande delicatezza le relazioni umane: le amicizie incondizionate, le storie d’amore palpabili come quelle più invisibili, gli amori adolescenziali e quelli lunghi una vita. LE PRIME LUCI DEL MATTINO raria Gungui trova una dimensione in cui abitare per tutto il tempo della scrittura, come in una doppia vita. Ma può la scrittura e quindi la parola esprimerla al meglio? “Penso a come le parole a volte sono proprio una fregatura. Non raccontano quasi niente di quello che hai bisogno di dire”, recita una delle pagine centrali del libro. «Una parola singola è un colore senza sfumatura. Invece, un intero libro è una parola con i giusti requisiti. Pensavo di scappare con te descrive un’emozione ed è come se fosse una gigantesca e succosa parola», conclude Gungui. Scovato nel web Sei (anzi sette) personaggi in cerca d’amore Metti quattordici ragazze in un negozio di caramelle, aggiungi un po’ di creatività è il gioco è fatto, anzi il libro. E non chiedermi il perché è un romanzo nato dall’iniziativa di un gruppo di quindicenni di Barriera di Milano coordinato da Barbara Santise, giornalista proprietaria di un negozio di caramelle nello stesso quartiere. Una zona difficile, ma piena di voglia di fare e stimoli diversi: dall’arte contemporanea all’artigianato, alla scrittura. Alessia, Giorgia, Alice, Ludovica, Giada, Martina, Giorgia, Vanessa, Naomi, Elena, Silvia, Alessandra, Giorgia e Valeria raccontano attraverso i personaggi temi che toccano la loro quotidianità: il rapporto con i genitori, il sesso, l’uso di sostanze stupefacenti. Il romanzo esce a episodi sul blog omonimo, ma le ragazze sperano in una vera e propria pubblicazione. Sarebbe un bel riconoscimento e la prova che credendo nelle proprie potenzialità e lavorando si possono ottenere grandi soddisfazioni. E di lavoro sul testo ce n’è tanto: ogni sabato il gruppo si incontra per una vera e propria riunione; Barbara si limita solo a eliminare gli strafalcioni, ma lo stile è quello puro delle autrici. «Prima di questa esperienza le ragazze avevano sì delle ambizioni, ma sempre con una punta di rassegnazione, come se dovessero per forza accontentarsi. Con questo progetto spero di aver fatto capire loro che la vita è in mano», conclude Barbara. C.F. trash Fabio Volo Nel romanzo Volo tenta di calarsi nei panni di una donna. Elena, la protagonista, è invischiata in un matrimonio in cui slancio e trasporto hanno lasciato il posto a una tediosa routine. Moglie irrimediabilmente infelice, tutto ciò che le rimane è un rapporto fratello-sorella con l’uomo che aveva scelto di sposare. Esempio di successo di trash letterario o di grado zero della scrittura, funziona però come un meccanismo di rispecchiamento: qualsiasi lettore, completato il romanzo di Fabio Volo, si convince che quel libro avrebbe potuto scriverlo lui, (sic) condividendo amori, pensieri e serate con le battute tra amici maschi di provincia. Due ore sul sofà ODIO GLI INDIFFERENTI ripescaggio Antonio Gramsci “L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”. Mai come oggi tornano i problemi esposti da Gramsci con tanta lucidità e rabbia nel 1917. In anni “difficili” come i nostri, il suo grido contro l’indifferenza e la vigliaccheria di un’Italia che vive la catastrofe della prima guerra mondiale è attualissimo e ci ricorda la gioia dell’essere partigiani, dello schierarsi, del prendere una posizione anche rischiando di essere minoranza. LA CENA pungente Koch Herman Due coppie sono a cena in un ristorante di lusso. Chiacchierano piacevolmente, ma non hanno il coraggio di affrontare l’argomento per il quale si sono incontrati: il futuro dei loro figli. Michael e Rick, quindici anni, hanno picchiato e ucciso una barbona. I due ragazzi non sono stati ancora identificati ma il loro arresto sembra imminente. Cosa saranno capaci di fare per difenderli? Cinico, formidabile. UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARÀ UTILE coinvolgente Peter Cameron Spiritoso già dalla prima pagina, questo libro che vi consigliamo caldamente di acquistare, non attenua la drammaticità di fondo che si annida nell’esistenza del singolare protagonista. I disagi dell’età adolescenziale vengono vissuti e spesso superati con una certa fatica da tutti coloro che, molto intelligenti, hanno problemi a relazionarsi con gli altri. Dal libro al fim: per saperne di più voltate pagina. 28 Gennaio-Febbraio 2012 Cinema Anteprima INFOWEB www.zai.net L’insostenibile leggerezza dell’adolescenza Giallo d’autore Arriva sul grande schermo il remake americano tratto dal successo di Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne. tempo di lettura: 7 minuti Coming soon. Un giorno questo dolore ti sarà utile nelle sale dal 24 febbraio Un giovane Holden anni 2000 Roberto Faenza ci regala un’intensa storia di formazione dei nostri tempi. Con un messaggio per i ragazzi: “Non abbiate paura di essere diversi dagli adulti, siete migliori” Chiara Cacciotti, 20 anni “H o 17 anni e non amo molto parlare. Sono un anarchico, odio la guerra, la politica e la religione organizzata”. Questo è James, adolescente americano alla ricerca della propria identità, protagonista del nuovo film di Roberto Faenza Un giorno questo dolore ti sarà utile, dall’omonimo best seller di Cameron. James vive a New York, ma potrebbe stare a Roma, o a Londra o a Parigi: la sua storia è quella di tanti ragazzi che vivono l’incertezza tipica dell’adolescenza. Solo che oggi essere giovani è ancora più difficile: a spiegarci perché è Faenza in una splendida chiacchierata. James è introverso e solitario: abitare a New York non lo aiuta… «New York è una città collettiva, non dà la possibilità agli individui di venir fuori, può generare il desiderio di emarginazione, di non partecipare a questa “orgia” di avvenimenti». Tutti lo ritengono “strano”, ma James si rivela essere l’elemento più maturo della famiglia. Accade così anche nella realtà? E cosa significa essere “diverso” e “normale”? «Penso che la diversità oggi sia soprattutto nella scala del potere: chi lo ha vede come diversi quelli che non ce l’hanno, perché in realtà non vuole che questi vi accedano. Anche nella famiglia avviene questo: il potere sta nei genitori, in particolare nella figura paterna; quando vedono che il figlio non si allinea ai loro valori iniziano a ipotizzare che sia un diverso, proprio come il nostro protagonista. La famiglia di James fotografa bene la condizione di tante famiglie: oggi i genitori, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono in grado di assolvere al loro compito. Delegano ad altri l’educazione dei più giovani: peccato che questi altri si chiamino televisione, computer, media. La stessa cosa accade per gli insegnanti: anche loro hanno in gran parte abdicato alla loro funzione, non sono in grado di gestire le classi. Io penso che le persone adulte si trovino davanti a dei giovani così distanti dal loro ideale di mondo che alla fine non possono che diventare loro nemici. Non esiste detto più vero di quello di Gide: “Famiglia ti odio”, perché la famiglia oggi sta diventando il baluardo più conflittuale della società». E questo cosa comporta? «James è un ragazzo che rappresenta moltissimi adolescenti di oggi, che non hanno avuto delle guide - nel nostro caso l’unica parvenza di guida è sua nonna - non hanno idee chiare su quale possa essere il proprio futuro, e quindi sbandano. Credo però che nella loro anima ci sia comunque un tentativo di giustizia che non c’è più negli adulti». James ama leggere e andare a teatro: attività che oggi vengono spesso etichettate come superflue… «La cultura oggi è sicuramente uno dei motori più importanti per i giovani, anche se purtroppo viviamo in un mondo deculturizzato: la televisione, non per essere banale, è di una tale superficialità e incapacità di scavare nella realtà da diventare il più grande nemico della cultura di massa». Quella di James è una storia di formazione, di ricerca della propria identità: secondo lei i ragazzi di questa generazione sono più forti o più deboli nel cercarla? «Penso siano più deboli semplicemente perché sono più minacciati dall’esterno. C’è un attacco concentrico nei loro confronti, in particolare dai media e dal consumismo: diventa più difficile reagire, si è più fragili e deboli. Io penso che i ragazzi oggi conoscano anche inconsapevolmente il pericolo che viene dal mondo costruito dagli adulti. Un mondo in cui non si riconoscono e per cui, giustamente, si indignano». Quindi non siamo una generazione di bamboccioni e sfigati… «Assolutamente no. Ma dobbiamo anche fare i conti con quelli che io chiamo “evasori culturali”. Sono quelli che si possono permettere di stare anche dieci anni all’università – non parlo degli studenti lavoratori naturalmente. Il fatto che un corpo docenti, che un’amministrazione, che una comunità come l’università debba pagare cinque o sei anni in più di uno studente che non si laurea è un grosso onere per tutti noi». Abbiamo parlato della televisione: e il cinema? Questo è un film girato negli States, ma com’è la situazione in Italia? «Da noi a mio avviso c’è censura ed autocensura. Ormai in Italia per produrre un film si passa da un gruppo monopolista a un altro: non ci sono altre fonti di finanziamento in questo momento. Questo tipo di oligopolio comporta un figlio della censura forse anche peggiore, ovvero l’autocensura. Gli autori, sapendo che i propri film possono essere finanziati solo da pochissime aziende, non proporranno mai cose che possano contrastare la loro cultura. Questo limita moltissimo il cinema italiano, che oggi è diventato totalmente privo di coraggio». Giovani più fragili, mondo deculturalizzato, il paese in crisi: quanto questo dolore un giorno ci sarà utile? «Questo suggerimento di Ovidio credo sia quanto mai attuale. I momenti dolorosi nella nostra vita sembrano sempre chiudere un qualcosa, ma in realtà poi aprono una porta. Dato che i dolori quotidiani che soffriamo sono tanti, trovare la forza di superarli è bello e utile». 29 Gennaio-Febbraio 2012 Cinema In sala Profumo di Oscar Paradiso amaro Dal 17 febbraio il nuovo film con Clooney, un padre di famiglia rimasto vedovo che scopre la relazione extraconiugale della moglie. Scorsese fa il pieno di nomination per la prossima edizione degli Academy Awards di fine febbraio con il suo Hugo Cabret: ben 11, una in più di The Artist, il bel film muto negli anni del 3D. Le due pellicole gareggeranno con l’onirico Midnight in Paris di Woody Allen e Tree of life di Terrence Malick. Tra le attrici due grandi di Hollywood: Meryl Streep e Glenn Close. tempo di lettura: 8 minuti Lavoro. Torna l’impegno civile sul grande schermo Anatomia di un fallimento L’ultimo film di Montaldo racconta l’Italia della crisi con l’amara parabola di un imprenditore torinese assediato dai debiti e lasciato solo dalla moglie Maddalena Messeri, 20 anni “D i crisi si muore” recita uno striscione che si è levato in alto in Piazza Montecitorio a Roma in occasione di una manifestazione di piccoli imprenditori. Una frase lapidaria che purtroppo corrisponde sempre più a verità: l’Eures ha stimato che nel 2009 in Italia c’è stato un suicidio al giorno per motivi legati alla sfera lavorativa. Disoccupati, cassintegrati, licenziati: la scure della recessione continua ad abbattersi sul nostro Paese lasciando dietro vittime e uno squilibrio sociale sempre più evidente. Ma il problema non è solo per chi perde il lavoro: nell’ultimo anno sono aumentati i suicidi dei piccoli imprenditori che, oppressi dai debiti contratti con le banche e dalle tasse, non sapendo più come portare avanti la propria azienda hanno gettato la spugna decidendo di togliersi la vita. È un tema scottante, che già difficilmente ottiene gli onori della cronaca, e ancora più raramente interessa altri media. Lodevole intento quello dell’ultimo film di Giuliano Montaldo, L’industriale che, con un’intensa interpretazione di Favino tenta di penetrare l’intimo di un imprenditore in crisi. Nicola Ranieri è proprietario di una fabbrica ereditata dal padre che cammina sull’orlo del fallimento: nonostante possa beneficiare dell’aiuto della ricca suocera, sceglie di fare tutto da solo provando a salvare la baracca. Al fallimento sul piano pubblico si va ad aggiungere quello nella sfera privata: la moglie (Carolina Crescentini) si allontana, ma lui non fa nulla per cercare un dialogo e ripiega su pedinamenti da uomo geloso. Un tema civile raccontato dalla macchina da presa di Montaldo: «Ho iniziato a pensare a questo film tre, quattro anni fa, quando c’erano i primi sentori di questa crisi economica mondiale. Una cosa mi aveva colpito più delle altre: quei suicidi, quelle vite spezzate dei tanti imprenditori che, al laccio di strozzini e banche, avevano visto fallire le proprie aziende. Nel film il personaggio interpretato da Pierfrancesco si avvicina molto a loro: per lui, cresciuto in azienda, il fallimento sarebbe causa di un doppio dolore: non essere stato all’altezza del padre, e dover licenziare settanta famiglie, a cui tiene veramente. Nicola è affezionato ai suoi operai, quegli stessi compagni di lavoro che avevano aiutato suo padre ad avviare l’attività negli anni del boom economico», spiega il regista. E di quanto il film si avvicini alla realtà si è avuto prova quando si è girata una scena all’interno di una fabbrica ancora in attività: in poco tempo si è sparsa la voce che fosse stata occupata e moltissimi operai di altre aziende sono accorsi sul posto pensando di trovare un nuovo stabilimento in difficoltà. I toni cupi di una tragedia personale e professionale si riflettono anche nelle scelte cromatiche della fotografia di Catinari: «Dopo aver finito la sceneggiatura ho deciso di girarlo quasi in bianco e nero proprio perché era così che lo immaginavo nella mia mente, non poteva essere diverso! Volevo che la storia, l’ambiente, riflettessero in qualche modo la crisi, economica e sentimentale, e devo dire che il grande Arnaldo Catinari c’è riuscito benissimo», continua Montaldo. Nel cast anche Carolina Crescentini, che con il regista ha lavorato già ne I Demoni di San Pietroburgo, nel ruolo della moglie di Nicola ed Elena di Cioccio, che interpreta la sua amica. L’attrice, “iena” e dj che ha definito questo film moderno, affascinante ed educativo, ha a che fare con un personaggio non facile: «Laura/Carolina viene da una famiglia ricca e non sa cosa significa guadagnarsi una posizione sociale elevata. La nostra è un’amicizia vera, ma il mio ruolo è da invidiosa, sopporto il caos emotivo di Laura, e lo vivo insieme a lei». L’Industriale è un dramma che porta sul grande schermo un topos rovesciato, spostando l’attenzione dal lavoratore all’imprenditore. Peccato che l’attenzione del regista si soffermi progressivamente sulla dimensione privata indebolendo il contenuto critico. Un focus sulla politica spregiudicata delle banche e della finanza di questi tempi sarebbe stato più interessante. Dvd. Tre titoli da non mancare In principio era Charlie Chaplin Melusina, 19 anni Cinema e lavoro: un rapporto stretto, indissolubile. C’è un’icona che continua a rappresentarlo: quella del film Tempi Moderni, in cui Charlie Chaplin immortala il conflitto tra l’essere umano e la catena di montaggio, apice dell’omologazione e della spersona- lizzazione. Per chi volesse davvero entrare in questa tematica restandone scosso ed emozionato per la stringente attualità, Ken Loach è un regista che si potrebbe definire “necessario”. Necessario perché a ogni film ci ricorda che il nostro mondo occidentale non è il paradiso. Loach afferma: “Lo sfruttamento è cosa nota a tutti. Quindi non si tratta di una novità. La cosa che ci interessa di più è sfidare la convinzione secondo la quale la spregiudicatezza imprenditoriale è l’unico modo in cui la società può progredire; l’idea che tutto sia merce di scambio, che l’economia debba essere pura competizione, totalmente orientata al marketing e che questo è il modo in cui dovremmo vivere. Ricorrendo allo sfruttamento e producendo mostri”. Ecco due titoli da non mancare, an- dando a ritroso nel tempo. Nel film In questo mondo libero… (2007) la protagonista, a lungo attiva per conto terzi nella ricerca di manodopera sottopagata per lavori interinali, reclutata qua e là nell’Europa dell’Est fra lavoratori più emarginati, diventa lei stessa a capo di questo sistema aberrante. In Bread and roses (2000) la migrante clandestina, la messicana Maya trova lavoro come janitor (addetta alle puli- zie) nell’agenzia di Los Angeles, ma grazie a un sindacalista, impara a lottare per un salario più equo e l’assistenza sanitaria. Per restare alle vicende di casa nostra consigliamo la visione de La nostra vita (2010) di Daniele Lucchetti con Elio Germano, operaio edile della periferia romana. Un italiano come tanti che per arricchirsi compirà azioni disoneste, imbroglierà e sfrutterà gli altri. 30 Gennaio-Febbraio 2012 Costume Curiosità INFOWEB www.luccacomicsandgames.com www.romics.it, www.comicon.it Città a fumetti “Lucca Comics”, “Romics”, “Rimini Comics”, “Comicon”, “Fumettopoli”, le fiere più note del settore. Se la realtà supera la fantasia tempo di lettura: 7 minuti Fenomeni. Nei panni del supereroe E adesso... su la maschera! I cosplay sono tra noi. Manga, cartoni animati e non solo spalancano le porte del loro mondo ed esaudiscono il desiderio di quando eravamo bambini: diventare come loro, per un giorno Serena Mosso, 20 anni C ome tutte le migliori e folli mode che si rispettino, anche il fenomeno cosplay arriva dal Giappone, terra giovanile del travestimento stravagante. Investe gli otaku, appassionati (talvolta fino all’ossessione) di manga, anime e videogiochi che partecipano alle fiere dei fumetti travestiti dai loro personaggi preferiti. Diventano cosplayers, secondo la definizione americana: una contrazione tra “costume” e “play” - recitare, impersonare. Insomma, giocare. E questi giocatori camminano per le fiere, si atteggiano come i personaggi che impersonano, si mettono in posa per farsi fotografare. La fiera del fumetto diventa un’occasione di sano e clamoroso esibizionismo che diverte, diventa moda e come moda si espande per tutto l’Occidente. Il tutto fa sorridere, diverte: diventare qualcun altro per davvero come non si è mai riusciti a fare da piccoli, quando si giocava a essere eroi che attraversavano la lava tra le mattonelle di casa. Mascherarsi e poter andare in giro in non più tenera età (i cosplayers vanno dai 13 ai 30 anni e più) senza essere presi per “strani”. Incontrarsi tra sconosciuti e scattare foto insieme, farsi i complimenti per i travestimenti, rispondere con toni e parole che userebbero i personaggi. E per un giorno si ritorna a essere tutti amici, tutti bambini, a giocare al “facciamo che io ero … e tu invece eri…”. Si assemblano pezzi diversi, vestiti trovati nei negozi dell’usato, accessori e trucchi comprati in negozi specializzati che sorgono appositamente per soddisfare le esigenze dei cosplayers. Figurarsi se la dea Imprenditoria si sarebbe fatta scappare una simile, nuova fetta di potenziale mercato. Arrivano i contest Ecco che in poco tempo lo spirito spontaneo del travestimento giapponese viene travolto da un’ulteriore trovata: le gare Cosplay. Nelle migliori fiere italiane (“Lucca Comics”, “Romics”, “Rimini Comics”, “Comicon”, “Fumettopoli”) nascono appositi spazi e momenti per queste competizioni, che prevedono sfilate in costume al termine delle quali una giuria decreta il “miglior cosplay” maschile e femminile, il “miglior gruppo” (diventa ganzo presentarsi alle fiere mascherati da personaggi dello stesso film o fumetto), la “miglior interpretazione” (c’è il tempo per performance di qualche minuto n e i polarità, interviste e servizi fotografici su riviste e siti specializzati, la possibilità di partecipare a competizioni fuori dall’Italia. Un’esperienza goliardica e tutto sommato innocua. Appendili in camera! Ma siccome in Occidente impera anche il dio Business, ecco che spuntano ditte che scelgono i cosplayers più celebri come testimonial dei loro prodotti; alcune riv i s t e allegano poster con le loro foto (“staccabili dal centro!” “Appendili in camera!”). Del resto chi di noi non ha mai sognato di attaccarsi sull’armadio l’immagine di uno sconosciuto vestito da Super Sayan. Nasce anche il primo calendario ufficiale italiano dei cosplay, a cura del fotografo Francesco Bortone, mentre su Facebook proliferano gruppi dove caricare le proprie foto, dove ci si tagga, ci si cerca e ci si riconosce. E si degenera, con i panni dei propri alter ego), il “premio simpatia”. Vincere le gare regala po- L’ingegnere si dà al cucito Un passato da reporter di Zai.net, un futuro da Ingegnere Chimico, Ilaria Cecchini, anni 22, ormai da sei sveste i panni della studentessa per infilarsi quelli di Regina rossa, Mary Poppins, Mrs Lovett... La foto del servizio la ritrae proprio nelle vesti di Mrs Lovett, accompxagnata dall’amica Tiziana De Amicis, “Sweeney Todd”. Come mai una persona “seria” come te diventa cosplayer? Proprio per uscire dalla “serietà”. Poi, forse, l’idea di fare cosplay si ricollega anche alla mia passione per il teatro... entrambi danno la possibilità di vivere nei panni di qualcun altro, sia esso reale o di fantasia. Come scegli i tuoi personaggi? Il primo, ovvero Mary Poppins, è un personaggio che mi ha accompagnato durante l’infanzia e amo tuttora. I più recenti li ho scelti sulla base della soddisfazione che mi avrebbe dato realizzarli. Chi ti prepara i costumi? Li preparo da sola. Inizialmente cercavo di assemblarli a partire da abiti già esistenti, poi, due anni fa, ho deciso di sperimentare il cucito per realizzarli ex novo... e ho scoperto un mondo fatto di stoffe e cartamodelli che riempie di soddisfazioni! Hai mai vinto qualche premio? No, perché non ho mai partecipato a gare. Di recente però la mia amica ed io (vestite da Sweeney Todd e Mrs Lovett) siamo risultate tra i primi dieci co- splay più votati ad un contest on line, tra i partecipanti del LuccaComics! Quanto tempo impieghi a preparare il tuo personaggio di solito? Inizio a pensarci con laaaaargo anticipo... poi mi riduco sempre all’ultima settimana prima della fiera lavorando praticamente giorno e notte, con gli amici che minacciano di disconoscermi se non finisco in tempo! A casa che dicono? E gli amici? A casa si divertono e collaborano. Gli amici... sono loro che mi hanno portato sulla cattiva strada! Il prossimo personaggio? Mi piacerebbe Bellatrix Lestrange, da Harry Potter. Bisogna vedere se avrò i capelli abbastanza lunghi per la prossima fiera! gruppi per “I cosplay più sexy”, con cosce e tette al vento (spesso rifatte) commentate da giovani sbavanti e un tripudio di pettorali e boria maschile che alla lunga viene a noia. E tu, che cosplay sei? Molti creano il proprio travestimento con grande cura e in molti mesi, per passione, per mettersi in gioco o per sfilare alle gare; ma c’è chi non ha tutta questa dedizione o chi è solo alla ricerca di un cosplay semplice, sufficientemente “giusto” a far ottenere la riduzione del biglietto d’ingresso per la fiera. Vuoi convincere il tuo migliore amico restio a mascherarsi con te? Mettigli in testa un rombo verde di carta, sospeso con un cerchietto, e avrai un Sims in carne e ossa. Oppure vestilo di nero e dipingigli il viso di bianco per fare Il Corvo. In alternativa, presentati con gli occhi cerchiati di nero e le occhiaie sotto al ginocchio e sarai un perfetto L; e per restare in tema di Death Note, se sei bionda e hai un vestito qualunque da “gothic lolita” ti basterà assumere un’aria stralunata e munirti di autoreggenti a rete per essere un’avvenente Misa Misa; se il caldo ti spossa – specie nelle fiere invernali – puoi sempre svestirti da Lamù e attirare così orde di maschietti in astinenza sicuramente desiderosi di disquisire con te sulle Tesi di Lutero. E dopo i fumetti, i film e i videogiochi, è proprio dalla religione che arriva negli ultimi tempi l’ondata di cosplay più dissacrante: ad ogni fiera non manca almeno un giovane volenteroso che si trascina una croce sulle spalle, qualche Papa o addirittura “Dio” con tanto di aureola. Il fenomeno diventa satira e colpisce anche la politica, sicché si possono ammirare attempati “Bush” a braccetto con improbabili “Gheddafi”, “Obama” e “Berlusconi”. Dall’universo del rock approdano i vari Axel Rose e Slash munito di chitarra; e dal mondo letterario uno stuolo di immancabili vampiri (argh! di nuovo loro!), fortunatamente seguiti a ruota dai loro avversari storici. No, niente lupi mannari; ma maghetti con cicatrici e Mangiamorte pronti a farli fuori a colpi di “Avada Kedavra”. 31 Gennaio-Febbraio 2012 Giochi INFOWEB www.zai.net Tempo Libero L’oroscopo Test 21/3 - 20/4 Ariete I primi mesi del 2012 non si prospettano proprio fantastici ma voi sapete che le cose migliori si ottengono sudando... tenete duro! Feeling con: Leone e Pesci Stai lontano da: Toro e Acquario Giorno fortunato: il 26 febbraio Tra techno victim e techno addicted Il consumatore e la tecnologia, un tema importante soprattutto quando si deve comprendere come e in quanto tempo le innovazioni tecnologiche entrino a far parte del vissuto quotidiano di ognuno di noi. Mi guardo intorno e vedo dei ragazzini di 10 anni con un cellulare in mano e mi domando cosa ci deve fare un bambino così piccolo con un telefonino. E poi Facebook, I-Pod, I-Phone, Tablet, tecnologia touch screen e così via...Le innovazioni tecnologiche sono utili e ci rendono la vita più comoda, ma quando entra in gioco una vera e propria dipendenza da questi fattori, allora la cosa può effettivamente diventare un problema, perciò, scoprite con il nostro infallibile test la portata della vostra dipendenza dalla tecnologia! La tua App preferita? a Le pietre focaie. Ma che app e app - seicento e pasb sa “euri” per un telefono? Ok, mi piace la tecnologia utile e anche quella superflua, il più delle volte, ma insomma! Pensa differentemente, non buttare via i tuoi soldi per un telefono, al massimo, fattelo regalare! c “Zit Picker”: non avete brufoli da schiacciare sul vostro viso? Sfogatevi con questa app che permette di apporre sulle vostre foto brufoli virtuali che potrete schiacciare con il touch screen, proprio simulando il gesto che si fa normalmente sul proprio viso. In realtà ho già abbastanza brufoli di mio da schiacciare, ma un extra non si rifiuta mai! Quanto tempo passi su Internet? a Beh, con la caccia al brontosauro con papà e le pitture rupestri nella grotta da finire, non è che mi rimanga molto tempo da dedicare a ‘sto Internet di cui parlano tutti! b Decisamente più tempo del necessario, ma come tutti, mi piace far credere agli altri che non sia così. Modernista ma con pudore! c In America l’hanno battezzata “Internet Addiction Disorder”; è una patologia che sta facendo furore, a b c a b tanto che esistono già cliniche online per curarla. Io decisamente ne sono affetto e i miei hanno deciso di internarmi in una clinica vera invece che on-line, tanto per ristabilire un minimo di immediato contatto con la realtà. Il telefono cellulare... No grazie – ci troviamo ancora bene coi segnali di fumo a casa mia! È decisamente curioso il fatto che “i grandi” ci accusino di essere “drogati di tecnologia”, quando sono stati loro a metterci in mano un cellulare quando andavamo alle elementari... Adoro i moderni smartphone zeppi di funzioni e gadget, ed è bello sentirsi in ogni momento in contatto multimediale col resto del mondo. Per quanto riguarda la funzione di telefono direi che è superflua, tanto nessuna mi cerca mai! Scarico di tutto! Sicuro: le bistecche di Tirannosauro sono pesanti e a me piace dare una mano in famiglia! Ok, non si dovrebbe fare, viola i diritti d’autore e compagnia bella, ma sai che c’è? Chi se ne frega di tutte ‘ste menate, è assolutamente un crimine senza dolo per almeno un miliardo di ragioni! Toro Sì, mi scarico tutto – tentando di riempire quel freddo vuoto che è la mia anima! Videogames, che passione! a Video che? Dalle mie parti preferiamo andare a caccia di mammuth invece che perdere tempo con queste sciocchezze! b Beh, la partitina a FIFA ‘12 con gli amici ha sempre quel suo gusto che sa di tradizione, quindi, perché no? c Se non ci fossero state figure come Kratos o Solid Snake a tirarmi fuori da quell’incubo che è la mia vita sociale/sentimentale non saprei che fine avrei fatto! Pensa differente! a In effetti il sistema copernicano mi sembra ragionevole... Ovvero “spendi un sacco di soldi per b un prodotto sicuramente buono ma assolutamente costoso soprattutto rapportato allo scarso sfruttamento delle reali risorse di esso, ma tanto che ci frega se l’importante è lo status symbol che conferisce”? Mmh, ci devo pensare... c Penso differentemente da quando sono nato, forse è per questo che tutti mi scansano ed io ho cercato di compensare con una fervida seconda vita virtuale e culto dell’oggetto tecnologico fine a se stesso. 21/4 - 21/5 Questo 2012 è partito con il piede giusto, ma ci metterà un po’ a carburare come si deve e come desiderate voi, attendete ancora qualche mese. Feeling con: Gemelli e Sagittario Stai lontano da: Leone e Vergine Giorno fortunato: il 20 febbraio A cura di Cassandra Bilancia 23/9 - 22/10 Il 2011 non si è chiuso proprio nel migliore dei modi e allora non vi resta che prendervi la rivincita in questo 2012 che si prospetta positivo. Feeling con: Acquario e Sagittario Stai lontano da: Ariete e Leone Giorno fortunato: il 18 febbraio Scorpione 23/10 - 22/11 Avete a che fare con dei giorni impegnativi e pieni di stress ma c’è qualcuno che saprà come farvi rilassare e gustare questi giorni invernali nel modo giusto. Feeling con: Sagittario e Leone Stai lontano da: Ariete e Capricorno Giorno fortunato: il 23 febbraio c Gemelli 23/11 - 21/12 I dolci natalizi vi hanno lasciato un po’ ingolfati ma voi sapete cosa fare per riprendere a pieno ritmo questi primi mesi dell’anno: fate quello che amate. Feeling con: Pesci e Toro Stai lontano da: Leone e Acquario Giorno fortunato: il 19 febbraio Cancro 22/6 - 22/7 Si stanno prospettando all’orizzonte alcune possibilità che dovreste sbrigarvi a cogliere... non ve ne siete accorti? O forse non volete accorgervene? Feeling con: Leone e Ariete Stai lontano da: Gemelli e Vergine Giorno fortunato: il 14 febbraio Capricorno 22/12 - 20/1 Un inizio non proprio esaltante, così come la fine del 2011, ma lasciatevi tranquillizzare: le stelle hanno in serbo per voi molte buone nuove interessanti. Feeling con: Gemelli e Leone Stai lontano da: Ariete e Cancro Giorno fortunato: il 28 febbraio Leone 23/7 - 22/8 Siete alle prese con l’ennesima questione spinosa sentimentalmente parlando? Lasciate perdere e prendete quello che arriva senza rovinarvi il fegato! Feeling con: Cancro e Vergine Stai lontano da: Sagittario e Acquario Giorno fortunato: il 10 febbraio Acquario 21/1 - 18/2 Sarete davvero splendidi nel corso di quelli che sono i “vostri” giorni: sfruttateli fino in fondo e godetene a pieno, perché avrete bisogno di grandi soddisfazioni. Feeling con: Pesci e Capricorno Stai lontano da: Leone e Sagittario Giorno fortunato: il 16 febbraio 22/5 - 21/6 Le vostre aspettative per questo anno sono altissime e siete pronti a combattere, ma dovete credere un po’ di più nelle vostre capacità: ce la farete! Feeling con: Toro e Capricorno Stai lontano da: Scorpione e Bilancia Giorno fortunato: il 27 febbraio Vergine 23/8 - 22/9 Questo 2012 sarà assolutamente spettacolare. Giove parla chiaro: date retta alle stelle, lasciatevi andare e godetevi la vita. Non ve ne pentirete! Feeling con: Leone e Scorpione Stai lontano da: Pesci e Bilancia Giorno fortunato: il 29 febbraio Sagittario Pesci 19/2 - 20/3 Stiamo parlando dei re e delle regine dell’acquario in questi giorni, quindi cosa volete che vi dica? Godetevi questo periodo d’oro e iniziate il 2012 alla grande! Feeling con: Leone e Ariete Stai lontano da: Bilancia e Scorpione Giorno fortunato: il 21 febbraio Scopri il tuo profilo La foto del mese Da 7 a 12 punti Modernista Ogni tanto anche i nostri compatrioti mostrano apertura mentale nei confronti delle innovazioni come internet, dove è senza dubbio maggiore la possibilità di ascoltare voci diverse e reperire informazioni utili con un click. E voi siete tra questi modernisti illuminati che utilizzano la tecnologia consapevolmente e non vengono usati da questa... però che noia, con voi “normali” trovare una battuta/critica divertente che vi metta alla berlina è sempre una faticaccia! Da 1 a 6 punti Paleolitico Siamo dubbiosi sul fatto che abbiate risposto sinceramente: può esistere nel 2012 uno studente delle superiori [lettore standard della nostra rivista] che non ha un profilo Facebook e va a spasso senza cellulare? Non ci sorprenderebbe scoprire che siete un bidello che aveva voglia di farsi quattro risate o una simpatica vecchietta, ma se così non fosse, beh, è bello da un lato scoprire che c’è ancora qualcuno che non ama le dipendenze di alcun tipo. Ma ogni tanto uscite dalla vostra caverna! Punteggio per ogni risposta A: 1 punto per ogni risposta B: 2 punti per ogni risposta C: 3 punti Foto di Francesco Mesiano Da 13 a 18 punti Replicante Ho amici che se rimangono per due soli giorni senza computer non riescono a farti un sorriso perché non hanno potuto visitare il profilo su Facebook della propria ragazza. Vi riconoscete in questa descrizione? Ecco, siete un disastro assoluto – fatevi una vita vera e scollegatevi dalla rete globale per un attimo, ogni tanto fate una passeggiata... e non fatemi perdere tempo con voi, che ho da controllare se qualcuno a messo “Mi Piace” all’ultimo video che ho postato! Fuori di seno In Venezuela è boom di interventi chirurgici per aumentare il seno. I manichini si adeguano BE Zai.net in pillole C’è chi compra e c’è chi paga Cellulari, televisori, computer… tutti noi ci informiamo sulle caratteristiche dell’ultimo modello, di quello più figo da mostrare agli amici, ma in quanti sanno quanto è costato produrlo in termini di diritti umani e di rispetto dell’ambiente? E quanto costerà smaltirlo quando decideremo di sostituirlo? (Alle pagg. 4 e 5) YOURSELF AND Buona la prima pagina Dall’Edicola di Zai.net a Buona la prima ovvero dalla lettura dei giornali alla loro interpretazione critica. Il laboratorio di attualità multimediale ideato da Mandragola editrice entra nelle scuole liguri grazie al contributo economico e di idee di Arssu, l’Azienda Regionale per i Servizi Scolastici e Universitari della Liguria. (A pag. 6) Ombre (e luci) cinesi Reportage dalla Capitale del grande Paese asiatico dove tradizioni e modernità si sposano perfettamente. Per conoscere le mille contraddizioni di Pechino, le sue piazze, i suoi colori, i suoi sapori. Senza dimenticare di visitare la spettacolare Grande Muraglia. (A pag. 8) Artisti “Moderni” Chi l’avrebbe detto che dal Centro giovani di Torino dove si incontravano per suonare sarebbero arrivati al palco di X Factor? E su quel palco sono rimasti fino alla fine, conquistando meritatamente l’ambito secondo posto. Ecco a voi i Moderni Liza, Lead, Cata e Broad. (A pag. 26) James, teenager da film Roberto Faenza torna alla regia con la storia di un adolescente americano introverso e solitario. Un giorno questo dolore ti sarà utile è un racconto di formazione e ricerca della propria identità tratto dall’omonimo best seller di Peter Cameron. (A pag. 28) Supereroi per un giorno Avete mai sognato di vestire per un giorno i panni dei vostri personaggi manga preferiti o del protagonista del film in costume che rivedreste migliaia di volte? Con un po’ di fantasia tutto è possibile, anche improvvisarsi sarti. Parola di cosplayer! (A pag. 30) LookSmart Zai.net Lab, il più grande laboratorio giornalistico d’Italia, è realizzato anche grazie al contributo di In collaborazione con