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Anno V - Numero 110 - Sabato 7 maggio 2016
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Politica & giustizia
La protesta
La sentenza
Ora l'Anm scarica
il “ribelle” Morosini
Laziocrea,
stipendi da fame
Truffa e falso, nuovi
guai per la Chaouki
Vignola a pag. 2
Sarra a pag. 4
Fruch a pag. 9
ALFIO MARCHINI SOTTOSCRIVE DIECI PUNTI FERMI ALLA BASE DEL RAPPORTO
PROGRAMMATICO CON I NOSTRI CANDIDATI AL CAMPIDOGLIO
LA RISPOSTA DI ALFIO MARCHINI AL DECALOGO
PROPOSTO DALLA LISTA STORACE
DESTRA
DI GOVERNO
Accolte le proposte della Lista Storace: giustizia sociale per chi ha vinto
i concorsi, lotta alla Bolkestein e welfare a misura di italiani tra le idee sposate
di Francesco Storace
e Alfio Marchini diventa sindaco di
Roma, migliaia di vincitori di concorso avranno giustizia con il piano
assunzioni; migliaia di commercianti
ambulanti terrorizzati dalla direttiva
comunitaria Bolkestein avranno finalmente
un’amministrazione amica; i cittadini italiani
dovranno avere accesso prioritario ai servizi
sociali rispetto agli stranieri. Il “decalogo”
che Alfio Marchini ha sottoscritto in risposta
alle proposte della Lista Storace è assolutamente soddisfacente rispetto ai temi che
abbiamo cominciato a proporre ai romani
per il governo del Campidoglio nei prossimi
cinque anni. Lo pubblichiamo sulla prima
pagina del Giornale d’Italia per il valore
che ha un documento che impegna con la
sua firma il candidato che sosterremo in
campagna elettorale. È la destra di governo
che afferma i contenuti della propria battaglia politica in una coalizione civica.
S
Roma dovrà avere i poteri della Regione
per dare risposte adeguate al territorio e
degne di una Capitale dell’Occidente. Punteremo sul mutuo sociale per superare l’emergenza abitativa in città. Saranno stabilite
agevolazioni fiscali per il primo triennio
per le giovani coppie che vogliono sposarsi;
la prossima amministrazione dovrà difendere
la famiglia e la natalità, partendo dal fisco
INCHIESTA SU DEUTSCHE BANK
IL GOLPE DELLO SPREAD
PARLAVA TEDESCO
Zappa a pag. 3
familiare e dai servizi per l’infanzia puntando
anche sul principio di sussidiarietà per la
scelta dei servizi sociali.
Politiche per la sicurezza dovranno garantirci
nei quartieri con la chiusura dei campi rom
e un programma di illuminazione pubblica
di tutta la città.
Nel decalogo proposto dalla Lista Storace a
Marchini e da questi accettato, figura la riqualificazione delle periferie anche con
aperture di cinema e teatri. La difesa dell’ambiente e del decoro urbano vedranno
la partecipazione del volontariato sociale.
Sosterremo insieme un’economia sociale:
ripensamento della Bolkestein nel commercio e rilancio di mercati e negozi con la
social card comunale; ceto medio, piccola
impresa, mondo del lavoro e delle professioni dovranno vedere un’adeguata risposta
per uscire dalla crisi.
Abbiamo chiesto a Marchini un impegno
preciso - e ha sottoscritto la proposta - per
il prolungamento della metro B fino a Casal
A ROMA L'ENNESIMO ALLARME
POCHI VIGILI:
REGNA L’ABUSIVISMO
a pag. 5
Monastero, il rilancio dell’urbanistica come
strumento per lo sviluppo e il sì allo stadio
e alle Olimpiadi a Roma. Il tutto con una
particolare riguardo alla trasparenza e alla
lotta alla corruzione: dovrà essere istituita
la centrale unica degli appalti, approveremo
anche al Comune dopo averlo fatto in Regione la norma tagliamani per evitare commistioni tra il finanziamento delle campagne
elettorali e l’aggiudicazione di quattrini comunali, daremo un nuovo codice etico agli
amministratori del Campidoglio.
Questa sfida parte da oggi e chiude la
bocca, spero, a quanti si sono ipocritamente
disperati - per interesse di parte - per una
scelta di unità attorno all’unico candidato
che può vincere al ballottaggio contro Pd e
grillini. A Marchini abbiamo chiesto parole
d’ordine chiare, che derivano dal programma
con cui avevamo cominciato a parlare alla
città. Quelle proposte diventano patrimonio
comune e ora vale la pena di battersi per
vincere e realizzarle.
LABOUR GIÙ, SI CONSOLANO COL SINDACO
UN MUSULMANO
A LONDRA
Traboni a pag. 6
2
Sabato 7 maggio 2016
AttuALItA’
TRA POLITICA E GIUSTIZIA, SULLA QUESTIONE MORALE, I TONI RESTANO ALTI
Ora l’Anm scarica Morosini
L’associazione guidata da Davigo: “Dichiarazioni inopportune e ingiustificate”
Il membro del Csm torna però a smentire quanto riportato da Il Foglio
PD E MAGISTRATURA
di Robert Vignola
mentite, critiche, prese di posizione,
conferme, ritrattazioni (e non solo del
diretto interessato). Sullo sfondo, una
guerra per clan all’interno della magistratura che non giova certo all’immagine della stessa davanti agli occhi di un
Paese stanco. La querelle scatenata dall’articolo
di Annalisa Chirico per Il Foglio è continuata
anche ieri. Con la censura indiretta al consigliere
del Csm Piergiorgio Morosini, da parte della
Giunta Esecutiva Centrale dell'Associazione
Nazionale Magistrati. Che ha detto, in soldoni,
che, se confermate, le parole di Morosini sono
state “inopportune e ingiustificate” e tali da
mettere a rischio “un leale rapporto sui poteri
dello Stato”. Per carità: consapevole di avere
alle sue stesse spalle una lunga ridda di
invasioni di campo, la Giunta dell'Anm ha pure
ribadito “il diritto del singolo magistrato di
esprimere le proprie opinioni”, ma ha appunto
sostenuto che “ritiene che si tratti di dichiarazioni
che, se confermate, risultano per alcuni aspetti
inopportune e ingiustificate e per altri riguardanti temi e argomenti non di pertinenza di un
rappresentante dei magistrati presso l'organo
di governo autonomo”. Dichiarazioni che, hanno
aggiunto dall’Anm, “incidono sul prestigio della
magistratura e sul leale rapporto tra i poteri e
gli organi dello Stato”. Evidentemente per le
parole di Piercamillo Davigo questo pericolo
non è stato intravisto? Chissà. Fatto sta che
Turbativa d’asta
a Lodi: Uggetti
resta in carcere
S
inea dura della magistratura con l’uomo
del Pd in Lombardia. Il gip di Lodi
Isabella Ciriaco ha confermato la misura
cautelare per il sindaco Pd di Lodi: Simone
Uggetti, dunque, non sarà scarcerato, resterà
a San Vittore almeno fino al prossimo interrogatorio con il pm Laura Siani che è stato
fissato per lunedì prossimo. Uggetti era stato
incarcerato il 3 maggio con l'accusa di turbata
libertà degli incanti: avrebbe, secondo le accuse della procura di Lodi,alterato lo svolgimento della gara per l'affidamento di due piscine scoperte alla società Sporting Lodi
SSD. Il giudice, dunque, ha deciso di respingere la richiesta del difensore di Uggetti,
l'avvocato Pietro Gabriele Roveda, di attenuazione della misura cautelare con la concessione degli arresti domiciliari o con l'obbligo di firma. La stessa decisione, cioè la
conferma della custodia cautelare, vale anche
per l'avvocato Cristiano Marini, consigliere
d'amministrazione della Sporting accusato
degli stessi reati di Uggetti. Marini si trova,
invece, nel carcere di Pavia.
L
proprio quelle dichiarazioni sembravano avere
una paternità su quelle di Morosini.
La bufera si era scatenata da un articolo con il
titolo “Renzi va fermato” nella quale a proposito
della riforma costituzionale il consigliere del
Csm, esponente della corrente “Magistratura
Democratica” avrebbe parlato tra l'altro di “rischio di democrazia autoritaria”. Morosini ha
poi parzialmente corretto il tiro: “Mi sono state
attribuite delle affermazioni che non ho mai
fatto e dalle quali prendo con nettezza le distanze”. E ancora: “il testo pubblicato sul
‘Foglio’ non rappresenta il mio pensiero, né su
presunte opinioni politiche contro il governo,
né su giudizi personali relativi a rappresentanti
delle istituzioni o colleghi, e neppure sulle dinamiche operative del Consiglio superiore
della Magistratura”.
IL BLITZ DEI CENTRI SOCIALI CONTRO IL LIBRO DEL SEGRETARIO DEL CARROCCIO
Salvini se la prende coi “fascisti”
Storace: perché non li chiama “comunisti ignoranti”? E Saviano affianca il leghista a Hitler
l blitz dei centri sociali a Bologna
continuano ad essere presenti
nel dibattito politico di un Paese
che guarda alle amministrative
con toni sempre più accesi. E
I
Matteo Salvini, leader della Lega,
ne ha parlato anche ieri, attaccando gli attivisti del centro Hobo
che hanno distrutto le copie di
“Secondo Matteo” nelle librerie.
“Nella storia chi strappa e brucia
i libri non ha mai dato segni di
intelligenza - ha commentato ad
Agorà su Rai 3 -. Sentirmi dare
del fascista da chi fascista lo è
sul serio, non mi disturba. A me
preme sottolinearlo che Bologna
è ben altro, non quei quattro ragazzotti . Non si tratta di contestazione politica, ma di semplice
delinquenza. Non sono contestatori, solo dei deficienti che
vanno puniti”.
E se il diavolo sta nei dettagli,
chissà che non passi anche per
le definizioni… Con questa con-
vinzione il segretario nazionale
de La Destra, Francesco Storace,
ha voluto mandare un messaggio
all’omologo del Carroccio: “Salvini definisce fascisti i contestatori
del suo libro. Perché non li chiama comunisti ignoranti?”.
Significativa a questo punto la
presa di posizione di Roberto
Saviano, il pensatore di mestiere, che ha scritto su Facebook: “Su Twitter oggi ho letto
messaggi di solidarietà non a
Salvini, ma al libro di Salvini,
che è cosa diversa. Risultato
ottenuto ad aver strappato pa-
gine del libro? Persone che
sono andate in libreria e quel
libro lo hanno comprato. Per
fermare un libro è inutile distruggerlo, un libro si ferma
ignorandolo, non leggendolo o
si ferma meglio leggendolo e
smontandolo. Oppure mettendolo in libreria (foto presa da
Twitter) dove qualcuno effettivamente l'ha messo”. La foto
cui lo scrittore fa riferimento è
quella del libro di Salvini accanto
al Mein Kampf di Adolf Hitler.
E non è neanche finita qui. L’eurodeputato leghista si becca
IL DIRETTORE DEL PIÙ NOTO PORTALE OMOSESSUALE ITALIANO NELLO STAFF DEL PREMIER
pure il dito medio di Fedez in
un video di recente pubblicazione: è la canzone “Vorrei ma
non posto” in cui il rapper
duetta con l’altro eminente musicista italiano, J Ax. Ad un
certo punto del “brano” (che
diventerà pure colonna sonora
di una nota fabbrica di gelati
confezionati) scatta un “verso”
dal sapore politico:“Salvini sul
suo blog ha scritto un post:
dice che se il mattino ha l’oro
in bocca si tratta di un rom”.
In quel frangente si mostra Fedez con il dito medio alzato.
Chissà se Salvini darà del fascista pure a lui…
R.V.
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Direttore responsabile
Da Renzi a Gay.it e ritorno, la parabola di De Giorgi
al portale Gay.it direttamente nello
staff di Renzi. È una parabola davvero fulminante quella di Alessio
De Giorgi, pronto ad approdare nello
staff del presidente del consiglio dei ministri dalla parte della comunicazione.
Un pallino da sempre del fondatore del
maggior portuale internet del mondo
omosessuale italiano, che ha mosso i
primi passi verso la sua sfolgorante carriera all’ufficio stampa del Comune di
Viareggio. E d’altronde troverà negli ambienti più vicini al premier, che siano o
meno da classificare come “giglio magico”,
numerosi toscani ed anzi versiliani. Come
D
i fratelli Manzione: c’è Antonella, ex capo
dei vigili di Pietrasanta e poi di Firenze,
passata da capodipartimento degli affari
legislativi a Palazzo Chigi e ora catapultata
direttamente dentro l’Anac. E Domenico
Manzione, ex magistrato, ora sottosegretario all’Interno: il suo segretario particolare
è un altro De Giorgi, Gabriele, figlio dell’ammiraglio Giuseppe, quello coinvolto
nell’inchiesta lucana che ha portato alle
dimissioni del ministro Federica Guidi.
Ma si tratterebbe di omonimia.
Fatto sta che Renzi rafforza la sua squadra
e la cosa un qualche rumore l’ha fatto
negli ambienti omosessuali italiani. Nei
quali De Giorgi è sempre stato in vista,
alternando l’amore per la causa gay a
quello per la politica: fervente renziano
della prima ora, l’orai ex direttore di
Gay.it abbandonò la causa dell’allora sindaco di Firenze imbarcandosi nell’avventura montiana. Si presentò alle elezioni
come candidato deputato in Scelta Civica,
ma non fu particolarmente fortunato. In
compenso, tornò a difendere Renzi recentemente, con un suo articolo nel
quale sostenne la necessità di stralciare
la stepchild adoption dal testo sulle
unioni civili. Con ovvio corollario di polemiche e presa di distanza dell’editore
del suo portale. Lo stesso portale ieri lo
ha salutato così: “In merito a quanto anticipato dallo stesso Alessio De Giorgi in
un’intervista, l’editore conferma che il
fondatore e attuale direttore di Gay.it lascerà nei prossimi giorni la carica per
intraprendere una nuova avventura nello
staff di comunicazione di Palazzo Chigi.
Il suo nuovo incarico non sarà tanto
legato alla sua componente “Lgbt” quanto
a quel know how digitale che ha avuto
modo di acquisire e affinare creando,
dirigendo e contribuendo ad affermare
un media “di minoranza” nel panorama
nazionale”. Con tanto di ringraziamenti.
Divorzio… civile dalla causa “Lgbt”? Oppure continuerà a dare una mano dalla
sua nova, prestigiosa scrivania? R.V.
Francesco Storace
Amministratore
Roberto Buonasorte
Capo Redattore
Igor Traboni
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Sabato 7 maggio 2016
AttuALItA’
L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI TRANI
Quello spread dal sapore di golpe
Gli inquirenti ipotizzano la manipolazione del mercato: nel mirino la Deutsche Bank, che avrebbe
svenduto i titoli di Stato italiani per danneggiare Berlusconi e far strada a Monti - L’ombra di Napolitano
di Marco Zappa
rmai rimangono davvero
pochi dubbi. Fu un vero
complotto quello disegnato dalla Germania nel
2011 per “eliminare” il
governo Berlusconi e fare strada all’esecutivo tecnico di Monti. Altro
che crisi finanziaria e rischio collasso.
La tesi avanzata per anni dal Cavaliere
e da molti esponenti del centrodestra
di un golpe bianco ordito, secondo
gli accusanti, dalla finanza su indicazione della Merkel (“Col benestare
dell’allora capo dello Stato Napolitano”) trova ulteriori conferme nell’indagine della procura di Trani che
ha messo sotto inchiesta la Deutsche
Bank di Francoforte per manipolazione di mercato insieme al vecchio
management (avviso di garanzia per
l’ex presidente Ackermann, i due
coamministratori delegati Jain e Fitschen, il capo dell’ufficio rischi Bazinger, e l’allora direttore finanziario,
già membro del board, Krause) del
gruppo. La vicenda riguarda la massiccia vendita, per 7 miliardi di euro
circa, di titoli di Stato italiani avvenuta
nel primo semestre 2011.
O
Forse con un po’ troppi anni di ritardo,
ma finalmente c’è una procura italiana
che vuole far luce su quello sgambetto sospetto fatto al governo Berlusconi ormai cinque anni fa. Davvero
incredibile lo scenario ipotizzato dai
pm di Trani che confermerebbero i
timori lanciati più volte dall’ex presidente del Consiglio che tanto facevano sorridere certa stampa, la
solita, sinistra. Con la più grande
banca tedesca che avrebbe scommesso contro l’Italia, alleggerendo i
suoi titoli, alimentando la fibrillazione
dei mercati. Contribuendo di fatto
alla percezione di un Paese sull’orlo
del fallimento.
E’una indagine a prova di bomba,
quella degli inquirenti pugliesi. Che
nei giorni scorsi hanno fatto seque-
strare atti e mail nella sede milanese
dell’istituto tedesco, in piazza del
Calendario, ascoltando già i primi
testimoni. Come il responsabile di
Db Italia, Flavio Valeri, presidente
del Consiglio di gestione di Deutsche
Bank Italia, estraneo alle indagini.
Gli inquirenti cercano altre conferme
ma sembrerebbero convinti che gli
ex vertici del colosso teutonico, men-
tre comunicavano ai mercati finanziari la sostenibilità del debito, nascondevano agli stessi e al Tesoro,
la vera intenzione dell’istituto: ridurre notevolmente e il prima possibile il possesso di titoli del debito
italiano in portafoglio che a fine
2010 ammontava a otto miliardi.
“Con la Borsa e gli operatori – sostiene la procura di Trani – che interpretarono la massiccia e repentina riduzione dell’esposizione del
gruppo al rischio Italia come un
chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del
debito”. In una inchiesta destinata
a creare polemiche e a riaprire un
dibattito che nessuno aveva il coraggio di affrontare. Che difficilmente restituirà a Berlusconi ciò
che è stato costretto a perdere, ma
che quantomeno conferma i sospetti
da lui stesso “denunciati”. Con
Brunetta, capogruppo di Forza Italia
alla Camera, sulle barricate: “Avevamo ragione noi – cinguetta su
twitter allegando la copertina del
suo libro ‘Berlusconi deve cadere’
- su spread e complotto”.
Cronaca di un golpe annunciato,
forse smascherato.
LA PROCURA CHIEDE UNA CONDANNA A 2 ANNI E 8 MESI DI CARCERE PER L’EX ASSESSORE ALLA PROTEZIONE CIVILE
Alluvione di Genova, la Paita rischia grosso
L’attuale capogruppo del Pd alla Regione Liguria è accusata di omicidio colposo per la mancata
allerta durante la tragedia all’ombra della Lanterna che nel 2014 causò anche un morto
di Marcello Calvo
el processo per l’alluvione che il 9 e il 10 ottobre 2014 ha colpito
fortemente il capoluogo ligure,
causando pure una vittima, la
procura di Genova ha chiesto
2 anni e 8 mesi di carcere per
Raffaella Paita, ex assessore
regionale alla Protezione civile
nella giunta Burlando e adesso
capogruppo di minoranza del
Partito Democratico in Consiglio Regionale.
Dopo tre ore di requisitoria,
la pubblica accusa ha effettuato
le sue richieste al tribunale.
Che sembrano non spaventare
N
la Paita, accusata insieme all’ex dirigente della Protezione
civile Gabriella Minervini, di
omicidio colposo (per la morte
dell’ex infermiere Antonio Campanella) e disastro colposo.
Per la mancata allerta durante
quella tragedia all’ombra della
Lanterna. In particolare, i magistrati contestano alle due di
avere ignorato non solo i bollettini meteo dell’Arpal, che
già dal giorno prima dell’alluvione parlavano di situazione
“critica”, ma pure le numerose
segnalazioni dei Vigili del Fuoco e delle forze dell’ordine
sulle esondazioni di alcuni rii.
Come quella, tra le altre, del
torrente del Bisagno. Sempre
secondo i pm, entrambe sarebbero state addirittura consapevoli di una complessa situazione di criticità e di compromissione del territorio. Eb-
bene, nonostante gli avvertimenti ricevuti, non diramarono
l’allerta meteo. E per questo
motivo, sostiene la pubblica
accusa, vanno punite.
Mano neanche poi tanto pesante, contro la Paita. Pure
per via di quel processo col
rito abbreviato richiesto e ottenuto che le riserverà, in caso
di condanna, la riduzione di
un terzo della pena. Al contrario
della Minervini, per cui ieri è
stato chiesto il rinvio a giudizio,
che ha scelto il rito immediato.
Con il tribunale che nella prossima udienza deciderà se mandarla a processo o proscioglierla.
La sentenza nei confronti della
grande sconfitta alle elezioni
regionali in Liguria (che si sono
tenute il 31 maggio 2015 e hanno visto trionfare Giovanni Toti,
già consigliere politico di Silvio
Berlusconi) potrebbe arrivare
già entro l’estate. Il processo
riprenderà il prossimo 6 giugno,
quando parleranno le parti civili.
Poi toccherà alla difesa della
Paita, che dopo le conclusioni
dei pm s’è detta “molto serena”
spiegando di avere “tanta sicurezza e fiducia nella magistratura”. Professandosi innocente, perché “ho sempre agito
in modo responsabile, con serietà e dedizione”. Tant’è, l’ex
assessore della giunta Burlando
rischia grosso. Non solo una
probabile condanna ma pure
lo scranno alla Regione Liguria.
Che in caso di stangata, sarà –
ragionevolmente – costretta a
mollare. Con la questione morale che lambisce nuovamente
il Pd.
OLTRE 5.500 POSIZIONI SONO STATE GIÀ TAGLIATE, MENTRE ALTRI 2.500 LAVORATORI ANDRANNO A CASA ENTRO IL 2018
Mps in crisi, pagano i dipendenti
Il gruppo toscano strizza l’occhio a Mediobanca e sogna una partnership per risollevarsi dalle intemperie
risultati del primo trimestre 2016 superiori alle attese e la notizia di un
mandato a Mediobanca per una piattaforma che gestisca i non performing
loans (crediti deteriorati) del gruppo
hanno messo le ali al titolo in Borsa di
Monte dei Paschi di Siena. Ma la situazione
di banca rossa resta comunque difficilissima, viste le gravi difficoltà patrimoniali
I
per via delle disastrose annate che hanno
rischiato di portare l’istituto di credito
alla deriva. Salvato anche grazie agli
“aiutini” del governo e della sinistra italiana, da sempre roccaforte di Rocca
Salimbeni. Che nei primi tre mesi dell’anno
ha visto crescere ulteriormente i crediti
deteriorati lordi, che si attestano a 47
miliardi di euro, in rialzo di 377 milioni
rispetto alla fine del 2015. Un dato
davvero allarmante per il management,
che dopo aver incassato i rifiuti di innumerevoli colossi della finanza, nonostante
il chiaro interessamento dell’esecutivo,
adesso prova a intraprendere una partnership con Mediobanca per una sinergia
che potrebbe svilupparsi nel tempo.
Il peggio è tutt’altro che passato e per
gli errori degli ex vertici, travolti da inchieste giudiziarie ancora in corso, da
Siena a Milano, gli unici a pagare sono i
dipendenti, esenti da ogni tipo di colpa:
5.500 posizioni sono state già tagliate
dal gruppo, che entro il 2018 manderà a
casa altri 2.500 lavoratori. E non è tutto,
perché in due anni abbasseranno le serrande per sempre circa 350 filiali. L’o-
biettivo è quello di ridurre i costi operativi
ed ottimizzare le risorse. Per una cura
dimagrante davvero intransigente volta
a mettere a posto i conti del gruppo.
Che ha naturalmente incensato le nuove
misure del governo per il recupero dei
crediti difficili, affermando che tutto
questo sarà utile per il futuro non per il
passato.
L’istituto più antico al mondo prova a risalire la china dopo anni di difficoltà incredibili che pesano (e molto) ancora
oggi sulle casse di Mps. Che usa le
forbici per alleggerire il personale e si
prepara a mandare a cacciare altre migliaia
di dipendenti.
M.Z.
4
Sabato 7 maggio 2016
DA ROMA E DAL LAZIO
STIPENDI DA MILLE EURO CON IL BLOCCO DEL CONTRATTO. PROTESTA DEI LAVORATORI ALLA REGIONE
“Il carovita è cresciuto, non ce la facciamo”
I dipendenti di Laziocrea hanno tenuto un’assemblea. Parla Montesanti, candidato con la Lista Storace
Cosa chiedete?
In questa fase è in discussione il rinnovo. La nostra richiesta è chiara: un
adeguamento salariale almeno del
4,5, come era previsto da un preaccordo fra le parti, oltre al riconoscimento dei livelli perché l’azienda
vive un sotto inquadramento in alcuni
casi. Purtroppo abbiamo constatato
un rapporto freddo. Speriamo che
le nostre iniziative possano contribuire, insieme all’attenzione politica
come ha dimostrato Francesco Storace, a sbloccare la situazione.
Di quanto aumenterebbe lo stipendio?
Una cifra più che ragionevole. Ragionando solo sul netto, parliamo
di circa 45 euro su mille euro.
di Giuseppe Sarra
ontinua l’agitazione dei lavoratori di Laziocrea, con
socio unico la Regione Lazio, la società nata dalla
fusione della Lazio Service
e della Lait. La mobilitazione verte
sul rinnovo del contratto Federculture
e il blocco contrattuale che da sei
anni ha colpito duramente i già
esigui stipendi, di poco superiori
ai 1000 euro.
Come se non bastassero la crisi
economica e le difficoltà ad andare
C
avanti, la spa ha provveduto con un
ampio ritardo al pagamento dell’una
tantum prevista dalla preintesa del
contratto nazionale Fedeculture. Una
vicenda insostenibile per i lavoratori,
le loro famiglie e i sindacati, ma anche per Francesco Storace che, oltre
a denunciare le difficoltà dei dipendenti, ha chiesto chiarimenti nei
giorni scorsi al governatore Zingaretti
anche sulle “storie di promozioni
strane, superminimi garantiti magari
anche a esponenti sindacali e il tutto
nel più totale silenzio delle stesse
organizzazioni sindacali”.
Ieri mattina i lavoratori si sono radunati davanti la sede di via del Serafico. Una protesta traversale dove
era presente anche Massimiliano
Montesanti, candidato al Campidoglio con la Lista Storace, al quale
abbiamo rivolto alcune domande.
Quali iniziative state mettendo in
campo?
C’è stata un’assemblea esterna, siamo in una fase di interlocuzione.
Auspichiamo dei riscontri dalla giunta regionale, è in agenda uno sciopero generale.
Si tratta di 1350 lavoratori con stipendi che superano di poco i mille
euro. Il pessimo momento economico si fa sentire?
Certo, con l’avvento della crisi economica sarebbe stato importante
un gesto di attenzione per salvaguardare il potere d’acquisto delle
famiglie. Da oltre 10 anni lavoriamo
alla Regione Lazio: mentre il carovita
è cresciuto, i nostri stipendi hanno
faticato a stare al passo.
Persiste il blocco dei contratti.
Qual è il rapporto con il presidente
Zingaretti?
Dopo una prima fase di stallo, c’è
stato uno sblocco parziale con il
pagamento, seppur con molto ritardo, dell’una tantum. La Regione
Lazio interviene perché è socio unico dell’azienda, che però è gestita
dal presidente e dall’amministratore
delegato. Chiediamo un gesto di
attenzione e di sensibilità nei confronti dei 1350 lavoratori. Rivolgiamo
un appello alla giunta regionale affinché si occupi di questioni non
pretestuose ma rilevanti per le centinaia di famiglie, che versano in
condizioni economiche non difficili
visto il quadro del Paese ma sicuramente precarie.
LA CASSAZIONE HA ARCHIVIATO L’INCHIESTA SULLA SCOMPARSA DI EMANUELA, AVVENUTA IL 22 GIUGNO 1983
Caso Orlandi senza verità
Il fratello Pietro non molla: “Nessun potere ci fermerà”. Stoccate al Vaticano, allo Stato italiano e critiche anche al Pontefice
L’ARRESTO
Termini, falsificatore
fai-da-te in manette
otocopiava le banconote da
10 e 50 euro, poi ritagliava
le fasce olografiche da quelle
vere e le incollava sulle copie
con il nastro adesivo trasparente.
Ma non è tutto: il 58enne, impiegato a Termini, utilizzava ciò che
restava dei biglietti autentici e
raddoppiava così il denaro che
aveva a disposizione.
Una volta eseguita l’operaizone,
le banconote venivano untilizzate
presso i distributori automatici
presenti in stazione, ma non solo.
Approfittando della distrazione
dei colleghi, frugava nei loro portafogli e sostituiva i biglietti veri
con quelli taroccati di sua produzione.
L’attività, però, è stata interrotta
dai carabinieri del comando provinciale di Roma, con l’arresto
del falsificatore che utilizzava le
banconote nei distributori automatici della stazione. La perquisizione nell’abitazione ha permesso
di rinvenire ulteriori banconote
duplicate, sempre dal taglio di 10
e 50 euro.
F
l caso di Emanuela Orlandi sarà
archiviato. Ma la famiglia si giocherà molto probabilmente l’ultima carta e sta pensando “seriamente” di ricorrere alla Corte di
Strasburgo per riaprire nuovamente
il caso sulla figlia del commesso
della Prefettura della Casa Pontificia, sparita in circostranze misteriose il 22 giugno 1983 quando
aveva 15 anni.
La VI Sezione penale della Corte
di Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso della famiglia
Orlandi contro l’archiviazione dell’indagine della procura di Roma.
Dopo trentatrè anni, dunque, cala
il sipario senza una risposta sulla
scomparsa della Orlandi.
La famiglia Orlandi non avrebbe
voluto, da qui il ricorso contro l’ordinanza del 19 ottobre 2015 con la
quale il gip Giovanni Giorgianni ha
dato parere favorevole all’archiviazione dell’inchiesta su sei indagati.
Per la scomparsa di Emanuela erano finite sotto inchiesta diverse
persone legate a Enrico De Pedis,
personaggio di spicco della Banda
della Magliana ucciso nel 1990. La
famiglia Orlandi riteneva necessari
“supplementi di indagine contrari
alla richiesta di archiviazione firmata da Pignatone (capo della Procura di Roma, ndr)”. La Cassazione
I
ha però rigettato il ricorso, convalidando l’archiviazione del caso.
“Me l’aspettavo. Evidentemente
non bisogna arrivare a certe persone, che altrimenti verrebbero
toccate dall'inchiesta”. Deluso, arrabbiato, ma fermo nella sua voglia
di arrivare alla verità. Pietro Orlandi
non ci sta. Contattato dall’agenzia
Dire, Pietro non ha nascosto la rabbia e la delusione: “Me l’aspettavo,
vedendo come sono andate le cose
in questi 33 anni. C'è stata la volontá
di chiudere, anche da parte di Pignatone, che fino a 2 anni fa credeva
a certi indagati, a certi testimoni, e
poi ha cambiato idea. È la conferma
che c’è qualcosa che non va”.
Evidentemente, ha aggiunto, “e
questo è un mio pensiero, si toccavano persone che non dovevano
essere toccate... In questa vicenda
c’è stato un continuo di ipotesi, di
indagini e di indagati. È stato assurdo archiviarla nonostante nella
procedura di inchiesta si parli di
‘elementi indiziari’ a proposito della
banda della Magliana”. Sulla banda,
ha proseguito, “non ho la certezza,
ma se hanno avuto un ruolo è stato
di manovalanza. I mandanti o il
mandante è qualcun altro che deve
restare al di fuori di questa situazione”.
Pietro Orlandi è un fiume in piena.
Ha parlato di “omertà del Vaticano
e di sudditanza psicologica dello
Stato italiano nei loro confronti. Po-
chi giorni dopo la scomparsa di
Emanuela ci fu un invito a livello
di presidenza del Consiglio e del
Vaticano a non aprire una falla che
difficilmente si sarebbe chiusa”.
“Per me il dovere è di cercarla ancora, viva. Nonostante Papa Francesco tre anni fa mi disse che - ha
ricordato - Emanuela sta in cielo.
Gli risposi che speravo fosse viva
e nel suo aiuto”.
Pietro ha chiesto anche un incontro,
che non c’è stato.
“Da allora - ha ricostruito - sono
passati tre anni, Emanuela nell’anagrafe del Vaticano risulta vivente,
anche perché non abbiamo mai
fatto una dichiarazione di morte
presunta. Che non farei”.
Proprio il Pontefice, ha detto ancora,
“una volta disse che chi è indifferente è complice. Per me loro sono
complici. Sono rimasto colpito dall’indifferenza di questo Stato nei
confronti di una sua cittadina”.
La memoria è tornata indietro. Ricordando il giudice Capaldo, che
non volle firmare la procedura di
archiviazione, aveva sostenuto che
“ci sono personalità in Vaticano
che sanno”. Insomma, ha concluso,
“continuo a cercare di contattare
più persone possibili”.
La verità è ancora tutta da scrivere.
Marco Compagnoni
5
Sabato 7 maggio 2016
DA ROMA E DAL LAZIO
BILANCIO POSITIVO, MA IL FENOMENO PERSISTE IN OGNI ANGOLO DELLA CITTÀ
Guerra all’abusivismo,
i vigili senza personale
na task force incessante
è stata messa in campo
dalla polizia locale di
Roma Capitale per sdranicare l’abusivismo commerciale in ogni angolo della Città
Eterna.
E nel bilancio quadrimestrale emergono numeri importanti, anche se
l’abusivismo continua a regnare
ovunque: dal centro storico alle stazioni principali, passando per le
periferie.
U
Intanto, nei primi 4 mesi, oltre
150mila articoli sequestrati grazie
ai 3.566 controlli che il gruppo sicurezza sociale urbana dei vigili
urbani ha messo in campo su impulso del commissario straordinario
Francesco Paolo Tronca nell’ambito
delle attività di repressione dell’abusivismo commerciale e della lotta
al degrado.
Un bilancio che sarebbe potuto essere migliore, anche alla luce delle
gravi difficoltà del Corpo con il per-
sonale sotto organico del 30,57%
che mette di fatto i servizi a rischio;
una percentuale che sarebbe stata
più alta se l’amministrazione Alemanno non avesse stabilizzato circa
2.200 agenti. Ma le strada è tutta in
salita: persiste, infatti, il blocco del
concorso dei 300 agenti di polizia
municipale.
“Negli ultimi 12 anni, pur essendo
aumentate le competenze - ha rivelato Tronca lo scorso marzo in
commissione Antimafia - il personale
ha registrato una riduzione nei ruoli
dei dirigenti del 23,74% ed il 11,77%
negli altri ruoli al 31 dicembre del
2015”.
Entrando nel dettaglio del rapporto,
il numero di oggetti sequestrati cresce rispetto allo stesso periodo del
2015 (152.037 pezzi sequestrati nel
solo quadrimestre gennaio-aprile
2016 a fronte di 118.460 pezzi sequestrati nello stesso periodo del
2016). Risultato che si aggiunge all’impennata del numero di pezzi
sottoposti a sequestri amministrativi,
che sono triplicati tra il 2013 e il
2015 (203.040 nel 2013, 340.885
nel 2014 e 609.129 nel 2015).
“Questo è un momento importante
perché vengono resi gesti di omaggio oltre che dei riconoscimenti formali a degli uomini che da anni si
stanno battendo per combattere l’abusivismo, soprattutto commerciale,
e per il ripristino del decoro generale in questa città - ha spiegato il
commissario prefettizio Francesco
Paolo Tronca - La Capitale ha bisogno di uomini e azioni di questo
tipo, ha bisogno di riportare il sistema in un pieno rispetto delle regole che significa innanzitutto rispetto dei diritti di tutti i cittadini”.
Rispetto dei diritti, ha sottolineato
Tronca, ma anche dei doveri.
“Spesso si sbaglia e si pensa - ha
proseguito - che la democrazia significhi libertà di fare tutto, di fare
ogni azione anche in violazione delle
regole e invece la democrazia ha
dei confini estremamente rigidi: la
democrazia non è fatta solo di rispetto
di diritti ma anche di doveri”.
Nel corso della cerimonia sono stati
presentati nuovi mezzi messi a disposizione in comodato d’uso gratuito da Yamaha del reparto “Centauro” del Gssu che opera in borghese. Poi Tronca ha consegnato
encomi speciali ai caschi bianchi.
MERCOLEDÌ LA REGIONE LAZIO RISPONDERÀ ALL’INTERROGAZIONE DI STORACE
Pericolo stop per il servizio post-coma
I degenti potrebbero restare senza assistenza. Si preannuncia un question time ad alta tensione
on quali modalità
ed entro quali
tempi la Regione
intende rendere operativo il “servizio permanente di interesse
regionale inerente alla
reintegrazione familiare
e sociale del paziente
post-comatoso?”. E’
quanto chiede Francesco Storace, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, in
un’interrogazione.
La risposta della giunta
regionale arriverà mercoledì prossimo nel question time, che si preannuncia molto caldo.
“I degenti, ha sottolineato Storace nell’interrogazione, rischiano di rimanere senza assistenza lasciando i
loro congiunti abbandonati a se
stessi”.
una battaglia condotta con tenacia
dal capogruppo de La Destra,
che ha sbloccato l’impasse fra
Casa Dago (la prima struttura in
Italia per la reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa del paziente post-comatoso)
e la Regione Lazio con lo stanziamento di 400mila euro nell’ultima
C
finanziaria, con un’iniziativa emendativa proprio dell’ex governatore
del Lazio, sostenuta con forza dal
vicepresidente della Regione
Massimiliano Smeriglio, dagli assessori Alessandra Sartore e Rita
Visini nonché del consigliere Gino
Paolis.
Ma ora i pazienti rischiano di restare senza assistenza, molti i dubbi sull’operatività del servizio.
L’emendamento, infatti, disponeva
anche “l’approvazione da parte
della giunta, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore
della leggere regionale 17/2015,
di un provvedimento che stabilisca i requisiti strutturali e organizzativi del servizio”.
Malgrado i termini fissati non siano stati rispettati, “la giunta con
la delibera n.182 del 14 aprile
2015 ha provveduto ad integrare
- ha ricostruito Storace nel testo
- la Deliberazione della giunta
regionale 1305/2004”, cioè l’“Au-
torizzazione all’apertura
ed al funzionamento
delle strutture a ciclo
residenziale e semiresidenziale che prestano
servizi socio-assistenziali. Requisiti strutturali
ed organizzativi integrativi rispetto ai requisiti previsti dall’articolo 11 della l.r. n.
41/2003”.
Nell’interrogazione Storace ha ricordato anche
che “la giunta ha precisato che l’obiettivo
del servizio è ‘il recupero dei deficit motori
e cognitivi secondari
al danno cerebrale e
mira al contenimento
della disabilità residua
e al raggiungimento della massima autonomia possibile per il
paziente’, definisce i destinatari
e la capacità della struttura ricettiva, nonché i requisiti strutturali e organizzativi”.
Dunque le strutture non possono
essere operative con il rischio di
bloccare un servizio vitale per il
cui svolgimento l’Ente si avvale
anche della “collaborazione di
associazioni di volontariato operanti nel settore”.
IL CASO
Assenteismo, in 9
a rischio processo
alsità materiale ed ideologica, truffa
ai danni dello Stato, false attestazioni e certificazioni. Per queste
accuse, contestate a seconda delle posizioni, nove dipendenti del Museo
delle Arti e delle Tradizioni popolari di
Roma sorpresi a timbrare il badge
salvo poi abbandonare il posto di
lavoro, rischiano di finire sotto processo. Si avvia, infatti, a conclusione
l’inchiesta del pm Stefano Rocco Fava.
I nove sono finiti nei guai lo scorso
mese di gennaio, quando i carabinieri
del Comando Provinciale, grazie anche
all’ausilio di telecamere e pedinamenti,
riuscirono a mettere alle strette gli assenteisti. Dalle indagini, infatti, è emerso
che gli indagati lasciavano spesso il
loro posto di lavoro dopo aver timbrato
e, in altri casi, timbravano per conto
di colleghi ritardatari o assenti.
A breve i nove dipendenti potrebbero
ricevere la notifica di chiusura indagini,
atto che normalmente prelude a una
richiesta di rinvio a giudizio.
Tantissime le inchieste volte a combattere il fenomeno dell’assentismo,
che continua a crescere in particolare
nella pubblica amministrazione.
F
6
Sabato 7 maggio 2016
EStERI
SADIQ KHAN È IL PRIMO SINDACO DI ORIGINE MUSULMANA IN UNA CAPITALE EUROPEA
Londra cambia. Ma il Labour crolla
Disfatta in Scozia . Anche nelle altre elezioni regionali avanzata degli euroscettici
IL PAESE È SEMPRE PIÙ IN CRISI
di Igor Traboni
o spoglio delle schede è andato
avanti fino a tarda sera, ma senza
lasciare dubbi di sorta sul risultato
più atteso della tornata elettorale
(si è votato anche in Scozia, Galles
e Irlanda del Nord ma per le regionali) ovvero
l’elezione del nuovo sindaco di Londra. La
vittoria è del laburista Sadiq Khan, saldamente
avanti di dieci punti, rispetto al conservatore
Zac Goldsmith, figlio del finanziere sir James
Goldsmith e della aristocratica angloirlandese
lady Annabel Vane-Tempest-Stewart, per decenni regina dei salotti e della vita notturna
londinese.
Si tratta del primo sindaco di fede musulmana
non solo per Londra, ma anche per una capitale dei 28 Stati che compongono l’Unione
Europea.. Sadiq Khan, 45 anni, avvocato, è di
origine pakistana, esponente del Labour ed
ex uomo forte dell'entourage dell'allora leader
del partito Ed Miliband.
Per i laburisti, però, nel resto d’Inghilterra è
andata davvero maluccio, soprattutto in Scozia,
dove sono oramai il terzo partito dopo i nazionalisti dell'Snp e i conservatori. A questo
punto Nicola Sturgeon formerà un governo
di minoranza dopo la vittoria del suo Scottish
National Party – che però non è riuscito per
l’appunto a conquistare la maggioranza nelle elezioni per il Parlamento di Edimburgo.
Lo ha dichiarato la stessa 'first minister' scozzese dopo aver definito “storico'' il risultato
ottenuto dal suo partito, che si è aggiudicato
63 seggi
Meno consensi anche nel Galles, a vantaggio
degli euroscettici di Farage. Qui l’Ukip per la
Grecia fermata
dagli scioperi contro
le misure di austerity
L
a Grecia si ferma per protestare contro
le nuove misure di austerità del governo
d sinistra di Tsipras- assolutamente incapace di adottare misure concrete per uscire
dalla crisi -ad iniziare dal taglio delle pensioni.
La maggior parte dei traghetti nel Mar Egeo
è rimasta ferma nei porti per uno sciopero
dei dipendenti che si protrarrà fino a martedì
mattina, mentre i dipendenti ferroviari hanno
iniziato uno sciopero di tre giorni.
Il sindacato dipendenti pubblici Adey e la
Confederazione generale dei lavoratori della
Grecia, il principale sindacato del settore privato, hanno convocato uno sciopero di 48
ore. Ad Atene e altre città greche fermi
autobus e altri mezzi di trasporto; chiuse
anche le scuole pubbliche.
Tre giorni di sciopero anche per i netturbini
e due per i giornalisti. Il Parlamento di Atene
tornerà a riunirsi domenica per approvare il
taglio alle pensioni e ulteriore aumenti delle
tasse, per altri 1,8 miliardi di euro.
Il governo greco spera che le misure contribuiscano a convincere i creditori ad approvare
il rilascio di 5 miliardi di euro di aiuti. La
Grecia ha bisogno dei fondi di salvataggio
per rimborsare i prestiti del Fono monetario
internazionale e le obbligazioni della Banca
centrale euroea in scadenza a luglio.
L
prima volta conquista sei seggi nell'Assemblea
nazionale e il leader Nigel Farage parla di
''svolta'' del suo partito.
''Il Labour ha completamente perso il contatto
coi lavoratori'', ha detto il premier britannico
David Cameron a Peterborough, nell'Inghilterra centrale, commentando i risultati delle
elezioni amministrative e sottolineando che
il partito d'opposizione è invece ''ossessionato
con le cause della sinistra''
I vertici lavburisti hanno sottolineato come,
considerando l'operato dell'esecutivo conservatore di David Cameron, queste elezioni
avrebbero dovuto portare ad una vittoria sicura, ma così non è stato, e di mira viene ora
preso il leader del partito Corbyn, ritenuto
incapace di controllare i dissidi interni e la
recente disputa sull’antisemitismo.
LUNEDÌ LE PRESIDENZIALI, CON IMPORTANTI RISVOLTI PER TUTTA L’ASIA. DUTERTE È IL FAVORITO
Il “Trump delle Filippine” verso la vittoria
N
DIRETTORE DI GIORNALE
FERITO IN STRADA
La stampa turca
è ancora sotto
una pesante pressione
n uomo armato ha attaccato il direttore del quotidiano di opposizione turca Cumhuriyet, Can Dundar, davanti al tribunale di Istanbul, dove
il giornalista era in attesa della sentenza
del processo che lo vede imputato per
lo scoop sul traffico di armi in Siria.
Dundar risulta illeso. L'assalitore è stato
arrestato. Nell'attacco è rimasto ferito a
una gamba, in modo non grave, un reporter di Ntv che si trovava nelle vicinanze.
"L'attacco era rivolto a me, ma non so
chi sia l'assalitore", ha detto Dundar.
Intanto, anche se la notizia poi non è
stata confermata dai diretti interessati,
sta per chiudere ''Zaman'', quello che è
stato il più diffuso quotidiano dell'opposizione islamista al presidente Recep
Tayyip Erdogan. La decisione è stata
annunciata dagli amministratori giudiziari
del gruppo editoriale che lo controlla,
due mesi dopo il commissariamento
del marzo scorso. L'intervento della magistratura aveva di fatto trasformato il
giornale da organo di informazione battagliero in foglio filo-governativo. In parallelo si era registrato un crollo delle
vendite: da mezzo milione a poco più di
2mila copie. Le pubblicazioni dovrebbero
cessare il 15 maggio.
U
elle Filippine resta
favorito nella corsa
alla presidenza Rodrigo Duterte, sindaco
di Davao, definito "il Donald trump d'Asia" e accusato di aver legami
con squadroni della morte attivi nel sud. La conferma è arrivata da un
sondaggio del progetto
Social Weather Stations,
rilanciato dai principali
quotidiani di Manila.
Stando alle rilevazioni, a
pochi giorni dalle elezioni presidenziali in programma lunedì, Duterte
potrebbe contare su circa
il 33% delle preferenze.
Sarebbe invece ferma al
22% la senatrice Grace
Poe, sua principale rivale. Più fonti di stampa, a
partire dal quotidiano
''the Inquirer'', sostengono che su Duterte confluirebbero soprattutto voti di protesta.
"Piace perché usa un linguaggio diretto e popolare, promettendo di dare i criminali in
pasto ai pesci e di ribaltare la vecchia politica":
padre Giovanni Re è missionario a Mindanao,
l'isola della quale è originario Rodrigo Duterte.
All’agenzia DIRE padre Giovanni riferisce di
"un voto decisivo", con una campagna senza
esclusione di colpi, una forte partecipazione
e la possibilità di un ribaltamento di equilibri
consolidati. Spiega il missionario: "La fine della
presidenza di Benigno Aquino III è stata segnata
dal contrapporsi di candidati tradizionali, come
la senatrice Grace Poe, a personaggi sopra le
righe capaci di attrarre consensi sempre maggiori".
Il riferimento è anzitutto a Duterte, che all'ultimo
momento annusata l'aria ha puntato alla presidenza invece di ricandidarsi alla carica di
sindaco di Davao City. "Durante il suo mandato
alla guida di questa città di Mindanao- sottolinea
padre Giovanni- si è presentato come garante
dell'ordine, dichiarando pubblicamente di aver
dato via libera agli ''squadroni della morte'' e
di aver ucciso personalmente diversi criminali".
Secondo padre Giovanni Re, missionario a
Mindanao, il pugno duro nei confronti delle
"seconde linee" della malavita organizzata ha
garantito a Dutarte il sostegno di parte dei
ceti meno abbienti e della classe media. "un
blocco sociale- sottolinea il missionario- stanco
della vecchia politica e attratto dai modi e dal
linguaggio nuovi del sindaco". Dutarte lo ha
capito e insiste:"I pesci faranno festa- ha detto
alcuni giorni fa- perché butteremo in mare almeno 100 mila criminali".
"Nonostante dica di non avere grandi ricchezze
e di non voler il sostegno di multinazionali e
capitalisti- dice padre Giovanni- i giornali
hanno scritto di suoi fondi offshore in relazione
allo scandalo dei Panama Papers".
7
Sabato 7 maggio 2016
EStERI
PALMIRA
Torna a battere a ritmo di musica
il cuore della Sposa del Deserto
Giovedì sera l’orchestra di San Pietroburgo ha suonato
in concerto nell’anfiteatro romano strappato alla furia dell’Isis
di Cristina Di Giorgi
i dice che la musica e la cultura hanno un potere immenso. Tale affermazione risulta
sicuramente vera e non solo
quanto alla crescita e alla
formazione dell'individuo, ma anche
come mezzo di diffusione di un'idea
S
di umanità che vince sulla barbarie.
La prova concreta di tale assunto si
è avuta giovedì sera, quando l'orchestra filarmonica del teatro Marinski di San Pietroburgo, diretta da
Valerij Gergiev, ha tenuto un concerto
nell'antico teatro di Palmira. Torna
dunque a rivivere, attraverso le note
di Johann Sebastian Bach, Sergei
Prokofiev e del contemporaneo Rodion Shchedrin, il sito romano che
nei mesi scorsi è stato al centro del
ciclone devastatore della barbarie
terroristica dello Stato Islamico. Non
più distruzione, non più esecuzioni,
non più odio dunque. Ma vita e cultura. E note. “Una preghiera per Palmira. La musica fa rivivere le antiche
mura”. Questo il titolo della serata,
alla quale hanno assistito truppe
russe e siriane, oltre a rappresentanti
dell'Unesco, di diversi Paesi del mondo (tra gli altri Francia, Serbia, Perù
e Russia) e ovviamente abitanti del
vicino centro abitato.
Prima dell'evento, trasmesso in diretta
da Russia Tv, è intervenuto in videoconferenza da Sochi il presidente
russo Vladimir Putin, che ha ringraziato
chi continua a combattere contro l'Isis
e alleati, che costituiscono una “minaccia globale che accomuna tutti”.
Il concerto, organizzato in gran segreto, vuole essere “un gesto umanitario – ha detto Putin - e un simbolo
di gratitudine memoria e speranza.
Gratitudine verso tutti coloro che lottano contro il terrorismo anche a
costo della vita, memoria di tutte le
vittime e speranza di rinascita e di liberazione della civiltà moderna dal
terribile morbo del terrorismo internazionale. Essere in un Paese in guerra
– ha concluso il leader del Cremlino
– ha richiesto a tutti voi una grande
forza e un grande coraggio. Grazie”.
Il cuore dell'area archeologica patrimonio dell'Umanità, già sfregiata
dalla violenza jihadista, è tornato
dunque a battere al ritmo della musica. Protetta dall'esercito russo e
da mezzi aerei che volteggiano intorno alla città, la Sposa del Deserto,
liberata proprio nel giorno di Pasqua
(a significarne idealmente la resur-
rezione) è di nuovo centro di cultura
e speranza.
Dopo che gli uomini di Abu Bakr al
Baghdadi, dalla conquista della scorsa estate, hanno distrutto tra le altre
cose il tempio di Ballashamin, l'arco
di Trionfo, le tombe a torre di epoca
romana, scegliendo poi anche l'anfiteatro come scenario per barbare
violenze, la città antica con la serata
di giovedì è stata dunque significativamente riconsegnata all'umanità.
Tra l'altro gli artificieri russi, come
ha annunciato in queste ore il generale Stavitski, hanno completato l'opera di sminamento (sono stati bonificati, ha spiegato l'ufficiale, 825
ettari di terreno e 8500 tra edifici e
strutture) e sono pronti “a lasciare
Palmira quando arriverà l'ordine”.
E se – come è vero – nella storia
contano molto anche i simboli, non
è innaturale immaginare che, tra il
pubblico che ha ascoltato ammirato
e forse commosso le note dell'orchestra di San Pietroburgo, ci fossero
anche due uomini il cui nome è legato per sempre alla città: Khaled
Assad, l'anziano archeologo trucidato
dall'Isis per aver voluto salvare e
difendere gli antichi reperti romani
e lo spetsnaz Alexander Porkhorenko, l'eroe di Palmira che, durante
la battaglia per la riconquista dell'area, si è fatto uccidere pur di non
cadere nelle mani dei tagliagole
islamici.
NORVEGIA
Un finto campo profughi per educare e sensibilizzare
Il gioco di ruolo di un'associazione di volontariato locale, in cui si diventa migranti per un giorno
volte, quando si tratta di far comprendere ai più giovani tematiche difficili
e complesse, si sceglie di farlo attraverso il gioco. un metodo questo che aiuta
senz'altro. Ma che a volte, se utilizzato in
modo funzionale al politicamente corretto,
lascia quantomeno perplessi. Come nel
caso del finto campo profughi allestito in
Norvegia, nel quale i ragazzini del Paese
scandinavo vengono fatti vivere per un giorno come migranti, onde educarli e sensibilizzarli su una questione che risulta essere
centrale nella società di oggi.
Ne raccontano Giovanni Masini e Marta
Proietti su Il Giornale. Fra finta polizia, corse
nella notte e umiliazioni, al gioco di ruolo
che l'associazione “Refugee Norge” (fondata
nel 2004 dall'assistente sociale Kenneth
Johansen ed ora forte di 400 volontari) partecipano centinaia di ragazzi, che per un
giorno giocano a fare i finti migranti.
“Nei boschi intorno all'aeroporto di Oslo –
scrivono Masini e Proietti - seguiamo la famiglia Abboud, in fuga dal Darfur. Prima
tre ore d'attesa in ambasciata, interrogatori
snervanti, prove fisiche e perquisizione dei
bagagli”. Non è consentito infatti a chi partecipa al gioco portare con sé orologi, cellulari e qualsiasi genere di cibo.
Quindi le prove continuano con “nove chi-
A
lometri a piedi nella foresta per arrivare in
Yemen” dove “i militari, fra urla e minacce,
bloccano i ragazzi sul ciglio della strada”
ordinando loro di tenere “il passaporto
sopra la testa e gli occhi bassi. trascorre
un'ora prima che, a gruppi, possano passare
il finto confine”. Quindi “già provati dalla
fame e dal freddo, vengono interrogati e
umiliati: chi non sa rispondere alle domande
è costretto a fare le flessioni a terra con lo
zaino sulle spalle. Finita l'ordalia, sono accolti
nel campo delle Nazioni unite. Ma il riposo
dura poco: l'urlo di una sirena interrompe il
sonno e strappa tutti al tepore del sacco a
pelo. Inizia una folle corsa nel buio della
foresta. Impossibile vedere qualcosa, il freddo gela il viso mentre si fugge coi soldati
alle calcagna. Dopo due ore di marcia i ragazzi arrivano in Norvegia, dove trovano
un riparo” in cui possono dormire e fare
un'abbondante colazione.
Prima di lasciare il campo, però, viene mostrato ai partecipanti (quest'anno, in diverse
tornate, sono stati oltre cinquemila) un
filmato in cui si vedono bambini africani
che muoiono di stenti. Poi da un palco Johansen ricorda: “Attenzione! Quello a cui avete
preso parte è solo un gioco. I migranti veri
possono impiegare anche diversi anni” per
fare il percorso simbolicamente effettuato
in un giorno dai “giocatori”. Ed “infine una
sorpresa: su trecento finti profughi, solo in
tre ottengono l'asilo politico. La metafora è
chiara: per i profughi veri è durissima”.
Sensibilizzazione dunque, che anche le autorità sembrano voler stimolare. E' infatti di
pochi giorni fa la notizia che il ministro dell'immigrazione norvegese Sylvi Listhaug,
proprio per dimostrare empatia e volontà
di immedesimazione in ciò che provano i
migranti, si è tuffata nelle acque di Lesbo.
Peccato però che l'audace politica avesse
addosso uno “scafandro galleggiante” che,
fa notare giustamente la stampa, quasi tutti i
profughi (e l'altissimo numero di decessi
per affogamento ne è la prova) non hanno a
disposizione. A fronte di tali quantomeno
discutibili pratiche, la Norvegia comunque
legalmente parlando sta attuando una politica
sul tema piuttosto restrittiva. Se è infatti vero
che nel 2015 il numero di rifugiati accolti è
quasi triplicato rispetto all'anno precedente,
va anche ricordato che il governo di Oslo si
è detto pronto a versare una somma decisamente non bassa (1000 euro) a coloro che
lasceranno il Paese.
CdG
8
Sabato 7 maggio 2016
StORIA
“Duce, non partite!”
I VERSI DI ALFONSOBOLOGNA
INDELICATO
– DOPO
PER LA
RACCONTARE
POLEMICA,LE
LAATROCITÀ
SCIOCCANTE
DI QUELLA
PROPOSTA
PRIMAVERA
DI DON PRODI
DI SETTANTUNO ANNI FA
Carlo Borsani: “Sembra egli così/ uno di quei portentosi invasati/ cui nel tempo antico il dio
ispirava/ inascoltati presagi,/ e non li si ascoltava,/ e ne seguiva il sangue/ e lutti, e lacrime”
di Emma Moriconi
-Udite: furono vacue ciance/
scambiate all'ombra della sacrestia./ La volontà credetti
vera/ di un accordo onorevole./
Sbagliavo. Senza patto alcuno/
volevano la resa". È ancora un passo
dei versi di Alfonso Indelicato, dedicati
a quei giorni di fine aprile del 1945.
Questi versi - tirati fuori dal cassetto
da Fiorenza Ferrini, come abbiamo anticipato nell'appuntamento di ieri su
queste colonne - raccontano i passaggi
cruciali di quei giorni: quest'ultimo che
abbiamo citato si riferisce, com'è facilmente comprensibile, all'incontro tra
Mussolini e il cardinale Schuster. Non
possiamo, per ovvie ragioni di spazio,
raccontare l'intera opera ai nostri lettori.
Siamo dunque costretti a prendere
qualche stralcio, qua e là: ne scegliamo
dunque solo alcuni passi, certo è un
vero peccato, perché questo scritto è
molto intenso e meriterebbe di essere
pubblicato per intero. Forse un giorno
lo sarà. Per ora sottolineeremo alcuni
passaggi, come quello che segue, dedicato a Carlo Borsani, un personaggio
straordinario del quale - il lettore ri-
“
corderà - abbiamo parlato a lungo sul
Giornale d'Italia. Eccolo: "Duce, non
partite! -/ Carlo Borsani cieco/ è apparso
nell'androne./ Lasciato aveva lo sguardo/
sui monti d'Albania/ il manipolo guidando/ alla trincea nemica/. Scoperchiato il cranio/ dalla mitraglia/ sembrava
morto./ Lo misero da un lato/ abbandonato, solo,/ con le bende/ intrise di
sangue.../ E di lì venne un canto,/ l'inno
del battaglione/ che aveva composto./
Cosa mirabile, mai vista!/ Era egli
morto/ davvero, e poi per supremo/
consiglio risorto? O giunto all'estremo/
lembo di vita l'impulso del sangue/
giovane generò nelle membra/ il vigore
ancora?/ Ora la sua voce chiara/ come
quella di allora/ il tumulto per un attimo
sovrasta:/ cessa il clamore/ si fa silenzio./
Si regge a una colonna con la mano,/
poi col suo passo incerto/ s'inoltra nel
crocchio a tastoni,/ palpando con le
spalle e le braccia/ ora all'uno ora
all'altro degli armati./ Gli schermano
gli occhi scavati/ dalla mitraglia nemica/
sul volto pallido/ le nere lenti degli occhiali/ e sembra egli così/ uno di quei
portentosi invasati/ cui nel tempo antico
il dio ispirava/ inascoltati presagi,/ e
non li si ascoltava,/ e ne seguiva il san-
gue/ e lutti, e lacrime./ Duce, non
partite!/ per la seconda volta/ vi vogliono
tradire!-".
Carlo Borsani, il poeta cieco che parlava
di pace, sarà di lì a poco assassinato
da quel nemico a cui egli aveva teso
la mano. Lui, Medaglia d'Oro. Mutilato
di Guerra. Grande Invalido. Che aveva
perso la vista in guerra, mentre combatteva per la Patria. Lui, trascinato all'obitorio su un carretto della spazzatura, in quel 29 aprile del 1945. Proprio
lui, che aveva aperto il suo cuore all'avversario.
Lungo i versi di Indelicato, che scivolano
via uno dietro l'altro, c'è anche un tentativo di immedesimazione in Benito
Mussolini. Sono molti, i passi di questo
genere. Per esempio: "oh io lo sento, in
questa città/ che fece di me quello che
sono/ or son tanti anni, e vide i miei
trionfi/ e per tutto reca traccia di me/
nella pietra che affaccia sulle strade/
lo so, lo so.../ io non vi tornerò da vivo".
Milano, cioè: dove tutto inizia in un
1919 così lontano ormai. E infatti Mussolini a Milano ci tornerà, ma ormai
cadavere. Nella sua ultima apparizione
pubblica, nello scempio immane di
piazzale Loreto.
“Starace, dove vai?”
27 APRILE, ORE 12 - LA SETE DI SANGUE È SEMPRE PIÙ FORTE, OGNI OCCASIONE È BUONA PER METTERE IN SCENA UNA "PARODIA DI PROCESSO"
Ti sospinsero coi calci dei fucili/ in un’aula dove algidi fighetti/ - diversa gioventù
da quella/ che tu avevi sognato -/ avrebbero studiato anni dipoi/ inconsci del passato
Mistica Fascista
In memoria di Niccolò Giani, intellettuale e uomo d'azione
sempre meglio dare l'esempio.
Mai accodarsi, unirsi al coro.
Meglio compiere un passo fuori
e rimanere inerme alla forza dei venti.
Perché sono quei momenti che, necessariamente, induriranno e formeranno il carattere.
Non deve mancare il coraggio perché
saremmo in difetto con noi stessi. Si
chiede solo la capacità di difendere
un'idea, anche una sola, ma che sia
genuina. Anche quando questo significa essere sacrificati alla predicazione nel deserto. Anche quando
questa strenua difesa ci lascerà con
l'amaro in bocca e lo scherno e la
commiserazione saranno la nostra
unica ricompensa.
Non è più tempo per curare la pancetta. Non è l'ora di stendere le gambe
sotto il tavolo da lavoro. Non è il
momento di ascoltare passivamente.
Coerenza e coraggio non saranno
più contenitori da riempire all'occorrenza.
È giunta l'ora di uscire dall'anonimato,
di porgere il petto per utilizzare le
armi migliori che ci sono concesse.
Perché l'Italia non merita questi faci-
È
loni e farabutti che ci stanno attorno
e ci vorrebbero spiegare cosa è meglio
dire o fare. Perché la possibilità di
un pensiero ed una elevazione sul
piano etico non siano solo una semplice speranza ma un atto concreto.
Che dei soliti vigliacchi, capaci di nascondere la mano dopo aver colpito,
non ne abbiamo più bisogno. Sono
settant'anni che ci vorrebbero muti e
asserviti. Ora basta!
Non è la morte che mi spaventa, perché finalmente riposerà la fiamma
che mi brucia. Piuttosto mi spaventa
l'idea di non aver fatto il mio dovere.
Alessandro Russo
versi procedono passo dopo
passo, l'autore - lasciato il Duce
in partenza verso Como - indugia
ancora un po' a Milano. "27 aprile,
ore 12, dalle parti di Corso Genova.
'Starace, dove vai?'".
Va così a raccontare un'altra pagina
orribile di quei giorni. L'assassinio
di Achille Starace: i versi dedicati a
quest'uomo che seppe morire con
tanto onore sono struggenti. "Achille, ti presero che in tua seconda
pelle,/ l'azzurra tuta che sa il sudore/
sano di chi corre giornalmente/ e
la forza dei muscoli contende/ al
tempo che fugge inesorabilmente/
e ne spreme ancora un'energia
possente.../ tutto stillante, con quella
estenuazione/ dolce dopo lo sforzo.../ Sereno ed ignavo te ne andavi/ tergendoti
la fronte,/ forse pensando ai giorni fasti
in cui/ instivalavi l'Italia/ coi tuoi riti
marziali/ da una razza mite traendo/
almeno un pugno di guerrieri.../ Achille,
che vuoi, meglio che niente./ Ti chiesero:
'Starace, dove vai?'/ perché non eran
certi/ che fossi tu quell'uomo./ Certo
potevi/ finger di nulla, tacere e allontanarti,/
rifugiarti in tua piccola casa a pigione/
lauto profitto dei giorni della gloria,/ in
piazzale Libia, là fuori./ Certo potevi,
piccolo uomo/ di ferro./ O fingere ridendo:/
'Ma no, che dite, io gli somiglio,/ me
l'hanno sempre detto'./ Ma tu la mitraglia
nemica avevi irriso/ su tre fronti di guerra,/
I
sul Piave, in Etiopia e in Albania/ spargendo
il sangue tuo/ sapido e rosso come il
vino/ forte della tua terra".
Scrive il giusto, Indelicato: Achille Starace
avrebbe potuto farsi i fatti suoi, e salvarsi
la vita. E dice bene anche quando, con
ironia, sottolinea la "piccola casa a pigione"
definendola come il "lauto profitto dei
giorni della gloria". Si, perché Achille Starace aveva vissuto da protagonista l'intero
Ventennio... eppure, alla fine, era rimasto
un uomo povero, che indossava una tuta
blu, e che viveva in una piccola casetta
pagando l'affitto. Ma per lui, che non si
era appropriato di un centesimo (come
Benito del resto), ci fu un plotone d'esecuzione , e poi piazzale Loreto. "Ti sospinsero coi calci dei fucili/ in un'aula
dove algidi fighetti/ - diversa gioventù da quella/ che tu avevi sognato -/ avrebbero studiato anni
dipoi/ inconsci del passato./ Intorno a te ghignavano le bocche/
turpi degli eroi di giornata./ Più
turpi erano le donne/ cui il sangue
i sensi intorbida/ e l'anima inopàca./ Oggi vecchie fotografie/ quasi
dei dagherrotipi - / ti mostrano
in quel luogo/ tra i tuoi carnefici./
Sono essi contenti/ di ciò che
fanno/ a quanto sembra/ dai volti
sorridenti./ S'assiepano l'uno a
fianco all'altro/ facendoti corona,/
fissando l'obbiettivo che tramanda/ la bella opera loro.../ tu te ne
stai quieto/ le mani nelle mani./ Lieve
sorriso ti increspa il labbro, sospeso è
tutto intorno il tuo guardo/ come di chi
non veda davvero,/ ad altre cose, ad altri
lidi intento./ Mentre celebravano i guitti/
parodia di processo".
La triste vicenda di Achille Starace non
finisce qui. Sappiamo sin troppo bene
che dopo questa "parodia di processo" ci
sono i fatti di piazzale Loreto. Che però vi
racconteremo attraverso lo scritto di
Alfonso Indelicato nella prossima puntata,
martedì, perché quando l'autore va a trattare quel momento della nostra storia,
ovviamente, a Starace si vanno ad aggiungere altri personaggi. Altre storie,
dunque, e altri versi.
[email protected]
9
Sabato 7 maggio 2016
DALL’ItALIA
DOPO LO SCANDALO
BOLOGNA
‘VATILEAKS’,
– DOPO
ANCORA
LA POLEMICA,
GUAI PER LA
LAPR
SCIOCCANTE
CALABRESE,PROPOSTA
EX CONSULENTE
DI DON
ECONOMICA
PRODI DEL VATICANO
Usava il pass della zia morta: condannata Chaouqui
Otto mesi di carcere per falso e truffa. Tra le contestazioni anche il tentativo di non pagare 95 contravvenzioni,
che ha impugnato sostenendo di avere il diritto con il documento della parente defunta
tto mesi di carcere. È la
condanna inflitta, tramite
patteggiamento, a Francesca Immacolata Chaouqui,
calabrese originaria di San
Sosti (Cosenza), ex consulente economica del Vaticano, passata agli
onori della cronaca per il suo coinvolgimento nell’inchiesta Vatileaks.
La pena, in questo caso, non riguarda
però questioni legate al suo periodo
da membro della Commissione d’indagine per gli affari economici del
Vaticano istituita da papa Francesco
il 19 luglio del 2013, ma un escamotage che avrebbe usato per attraversare la Ztl nel centro storico di Roma.
La donna, arrestata nel novembre
scorso insieme a monsignor Lucio
Angel Vallejo Balda per lo scandalo
Vatileaks 2, infatti ha usato fino a
2014 il pass della zia disabile, morta
nel 2008. Con il tagliando la Chaouqui avrebbe più volte attraversato
quindi la zona a traffico limitato, po-
O
steggiando negli stalli riservati ai
diversamente abili, senza averne diritto: il tutto per ridurre i tempi degli
spostamenti in centro, sperando di
evitare di incorrere in contravvenzioni. In realtà per quel comportamento erano state elargite numerose
contravvenzioni.
L’uso del pass risale dunque a una
fase precedente alla nomina come
unica donna e membro laico del
gruppo voluto dal Pontefice in una
commissione interna del Vaticano.
Tra le contestazioni anche il tentativo
di non pagare 95 contravvenzioni,
che la pr ha impugnato sostenendo
di avere il diritto di accedere nel
centro storico con il documento, per
l’appunto, della parente defunta. E
proprio tale documento, ovviamente
non più valido, era stato allegato
dalla donna alla base del procedimento amministrativo.
A quel punto il ricorso è stato bloccato e sono scattate le indagini della
Polizia Locale di Roma Capitale, con
la successiva segnalazione della vicenda in Procura.
Inoltre, le indagini hanno evidenziato
che sui documenti sarebbe stata riscontrata la presenza di timbri falsi
per rendere credibile il pass.
La Procura le ha quindi contestato i
reati di falso, tentata truffa e truffa
aggravata, oggetto del patteggiamento che ha portato alla prima
condanna per la donna.
IL SITO È ANCHE LOCATION DELLA FICTION DE ‘IL COMMISSARIO MONTALBANO’
È pericolosa: sotto sequestro la Fornace Penna
Nell’inchiesta risultano indagati i proprietari per danneggiamento al patrimonio archeologico,
storico o artistico nazionale ed omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina
a sua fama è stata amplificata negli
ultimi anni anche perché è diventato
set della fiction de ‘Il Commissario
Montalbano’. Proprio per questo si è
L
reso necessario il
sequestro della
Fornace Penna a
Punta Pisciotto di
Scicli (Ragusa),
importante testimonianza dello sviluppo industriale
siciliano nel Novecento, sottoposta
a vincolo di tutela
di tipo etnoantropologico.
Il provvedimento è
stato emesso dal
Gip di Ragusa, Giovanni Giampiccolo,
su richiesta del pubblico ministero,
Francesco Riccio ed eseguito ieri dai
Carabinieri della Sezione Tutela Patri-
monio Culturale di Siracusa e della compagnia di Modica.
Motivo? Il suo totale stato abbandono
e degrado, le cui condizioni sono ormai
tali da rappresentare un concreto pericolo per la pubblica incolumità considerato il numero di persone che visita
lo stabilimento, sia per l’importanza
storica che per il fascino di tale sito,
essendo come detto anche location
della nella celebre fiction.
Le indagini sono state svolte dal Nucleo
di tutela dei beni monumentali dei carabinieri di Siracusa che hanno depositato
nei giorni scorsi un consistente faldone
di atti e documenti inducendo il magistrato
a richiedere il provvedimento restrittivo.
La Fornace Penna, comunemente detta
Stabilimento bruciato, per via dell’in-
cendio che anni fa distrusse la monumentale struttura dove si producevano
mattonelle, negli anni si è danneggiata
con ripetuti crolli.
Nell’inchiesta risultano indagate 21 persone, i proprietari, per danneggiamento
al patrimonio archeologico, storico o
artistico nazionale ed omissione di lavori
in edifici o costruzioni che minacciano
rovina, che non avrebbero provveduto
ai necessari lavori di manutenzione e
restauro, peraltro più volte sollecitati
dalla Soprintendenza.
L’operazione dei Carabinieri, si spiega
in una nota, “si inserisce nell’ambito di
una costante azione di salvaguardia
degli immobili storici minacciati dal degrado e dall’incuria, fenomeni cui spesso
si aggiungono anche furti ed atti vandalici.
Al riguardo, i Carabinieri del TPC continueranno a svolgere una costante e capillare azione di monitoraggio dei beni
architettonici tutelati, in sinergia con i
Comandi dell’Arma territoriale ed i Nuclei
Elicotteri dei Carabinieri”.
Lo “Fornace Penna” sorse tra il 1909
ed il 1912, su progetto dell’ingegnere
Ignazio Emmolo, per volere del barone
Guglielmo Penna, che scelse quel sito
per la realizzazione di un moderno impianto industriale dedicato alla produzione di laterizi. L’attività produttiva si
avvaleva di un forno di tipo “Hoffman”,
assolutamente all’avanguardia per i tempi. La scelta del luogo, la contrada Sampieri di Scicli, fu determinata dalla vicinanza al mare e alla ferrovia.
Tuttavia, la vita di questo complesso
industriale fu brevissima, nel 1924 un
vasto incendio distrusse tutte le parti
lignee dell’edificio, provocando danni
tali da indurre la proprietà a chiudere la
fabbrica ed interrompere una produzione
giornaliera di circa 6-8 mila pezzi.
Barbara Fruch
PALERMO – IL CONSIGLIO ACCOGLIE IL RICORSO DEL MINISTERO, DICHIARANDO INAMMISSIBILE L'APPELLO DI LEGAMBIENTE
Per il Cga il Muos non è nocivo
Chiusa la vertenza amministrativa mentre resta aperto il procedimento
penale per abusivismo edilizio e violazione della legge ambientale
l Muos non è abusivo. È questo il parere del Consiglio di
giustizia amministrativa (Cga)
che ha accolto il ricorso del Ministero della Difesa e dichiarato
inammissibile l’appello di Legambiente relativo al vincolo di
inedificabilità assoluta. È stata
così ribaltata la sentenza del
Tar che aveva dichiarato abusivi
i lavori di costruzione del sistema
di comunicazione satellitare della
Marina militare americana realizzato presso la base di contrada
Ulmo, a Niscemi, in provincia
di Caltanissetta.
A rendere nota la notizia sono stati
gli avvocati del comitato ‘No Muos’,
Sebastiano Papandrea e Paola Ot-
I
taviano. “Come difensori dei cittadini
niscemesi intervenienti nei procedimenti amministrativi relativi alla
questione Muos e quali legali dei
comitati ‘No Muos’ – spiegano apprendiamo oggi (ieri, ndr) dell’accoglimento da parte del Cga dell’appello del Ministero della Difesa e
dell’inammissibilità dell’appello incidentale di Legambiente. Riservandoci di esporre considerazioni più
articolate dopo aver letto in modo
approfondito la sentenza definitiva,
al momento ci limitiamo a non ritenere condivisibile l’inammissibilità
dell’appello incidentale di Legambiente
relativo al vincolo di inedificabilità
assoluta”.
Con la sentenza, spiega il sito
‘LiveSicilia’, il Cga prende atto
delle verifiche compiute sui
valori delle emissioni di onde
elettromagnetiche nella zona, di
fatto affermando che queste
sono ben al di sotto dei valori
considerati “a rischio”. Su un’altra delle questioni che avevano
portato allo “stop”, quello cioè
riguardante l’installazione del
radar in una zona protetta come
la Sughereta di Niscemi, i giudici
rimandano a un approfondimento, ma escludono al momento motivi validi per la chiusura della struttura. Così, ecco
tornare “valide” le autorizzazioni
rilasciate dalla Regione nel 2011,
poi revocate dal governo Cro-
cetta, prima di un passo indietro
che è stato però a sua volta
“bocciato” dal Tar.
Non è detta comunque l’ultima
parola, come ricordano i legali.
Ad essere chiusa è infatti la vertenza amministrativa mentre resta aperto il procedimento penale
per abusivismo edilizio e violazione della legge ambientale.
“Quello che però ci preme sottolineare – aggiungono – è che
il Giudice Amministrativo non
entra nel merito della questione,
lasciandola del tutto aperta e
quindi da affrontare in sede penale nel processo che si aprirà
il 20 maggio a Caltagirone. Dissentiamo totalmente inoltre dalla
considerazioni relative alla correttezza del modus operandi dei
verificatori e dall’accoglimento
da parte del Cga delle loro conclusioni, ribadendo tutte le opposizioni sollevate in sede di
procedimento, e ritenendo as-
solutamente scorretta l’interpretazione del Cga del principio
di precauzione. La sentenza definitiva – sottolineano i due –
riprende interamente la sentenza
parziale emessa il 3 settembre
2015, avverso la quale è stato
comunque presentato ricorso
per revocazione e del quale attendiamo la trattazione. Noi, insieme a tutte le altre parti che
si oppongono al Muos conti-
nueremo questa battaglia in
tutte le sedi, compresa quella
penale, in quanto l’illegittimità
e l’abusività di quest’opera, oltre
che la sua pericolosità sono
certe, come abbiamo più volte
dimostrato”.
Sulla questione domenica 15 il
comitato ‘No Muos’ e le associazioni ambientaliste hanno indetto una grande manifestazione
a Niscemi.
B.F.
10
Sabato 7 maggio 2016
DALL’ItALIA
I GEMELLI ERANO STATI ARRESTATI LA SCORSA ESTATE, DOPO AVER MESSO A SEGNO UN CENTINAIO DI RAPINE NEL NORD ITALIA
Impossibile sapere chi è il ladro: assolto
A processo per ricettazione è stato prosciolto per non aver commesso il fatto perché non è stato possibile
accertare che il Dna ritrovato fosse il suo: ha infatti lo stesso profilo genetico del fratello
l dna: quella prova che aveva portato ad
incastrarli è la stessa che ora ne scagiona
uno dei due per l’accusa di ricettazione.
Protagonisti i gemelli Trushi, Edmond
ed Eduard, trentenni albanesi di Castiglione delle Stiviere (Mantova), conosciuti
anche come i “gemelli Lupin” che erano
stati arrestati nel 2014. Erano accusati di
una serie di furti in diverse abitazioni nel
nord Italia.
A loro si era arrivati, come detto, grazie al
dna rilevato su una Mercedes rubata con
cui i due avevano tentato la fuga dalle forze
dell’ordine.
Le analisi del Ris hanno trovato una corrispondenza con il codice genetico di Eduard,
che era già presente nella banca dati.
Il problema è sorto quando si è scoperto
che l’uomo ha un gemello: Edmond. I due
sono monozigoti e hanno lo stesso codice
genetico, salvo lievissime differenze. Per individuarle servirebbero analisi ancora più
approfondite, come hanno comunicato gli
esperti del Ris.
Pertanto risulta impossibile attribuire la responsabilità specificamente all’uno o all’altro.
Motivo per cui Eduard, finito a processo per ricettazione, ne è uscito con una sentenza di assoluzione
per non aver commesso il fatto. In realtà i giudici
non hanno saputo superare il problema del dna.
I due, si ricorda, sono accusati di diversi reati tra
cui furto aggravato e continuato in abitazione,
rapina aggravata, violenza, resistenza e lesioni a
pubblico ufficiale.
Non a caso erano stati ribattezzati “gemelli Lupin”,
per via dell’attività, la stessa praticata dal famoso
personaggio dei cartoni animati, e dell’incredibile
somiglianza tra loro: stessa faccia, stessa acconciatura, stessa altezza e stessa passione per il crimine. Riconoscibili quindi solo grazie ai loro ta-
BOLOGNA
I
Pakistano ruba
il cellulare dell’avvocato
durante un processo
a rubato il cellulare del suo avvocato
mentre si trova in udienza in tribunale.
Una vicenda ai limiti dell’assurdo
quella che vede come protagonista un pakistano di 45 anni residente a San Lazzaro di
Savena, nel Bolognese, con precedenti per
violenza e minacce.
Per nulla intimorito dal fatto di trovarsi in
un’aula del tribunale di Bologna per un
processo a suo carico, circondato da legali
e giudici, l’uomo mercoledì pomeriggio ha
approfittato per mettere a segno un colpo.
Vittima, per l’appunto, il suo legale che si
trovava in udienza nelle vesti di vice procuratore onorario.
L’avvocato si è accorto di essere stato derubato dello smartphone solo una volta
uscito dal tribunale.
Il pakistano, richiamato sul posto, ha ammesso le proprie responsabilità spiegando
di aver nascosto il cellulare in un sacchetto
della spesa che aveva lasciato in un negozio
nelle vicinanze, gestito da un suo connazionale risultato estraneo alla vicenda.
I carabinieri lo hanno così accompagnato
nel negozio dell’amico e si sono fatti restituire
il maltolto che è stato riportato al legittimo
proprietario.
L’autore del furto, che ha un precedente di
polizia per violenza, minaccia e resistenza
a pubblico ufficiale, è stato denunciato per
furto aggravato.
B.F.
H
tuaggi.
Secondo le accuse agivano in tutto il nord Italia,
dal Piemonte al Veneto al Friuli e fino alla Toscana,
svaligiando ville e appartamenti. Centinaia i colpi
che avevano portato all’arresto la scorsa estate a
Valle Po, nei pressi di Saluzzo, in provincia di
Cuneo, dopo che i carabinieri intercettarono a
Porcia (Pordenone) una Mercedes classe A, risultata
rubata Ferrara. Vennero analizzati volante, pomello
del cambio e un mozzicone di sigaretta.
Non solo: i due erano già stati fermati l’inverno
precedente a Saluzzo ma erano riusciti a scappare,
malmenando i carabinieri della pattuglia. Anche
dalle tracce di sangue di uno dei due, rimaste su
una divisa, gli investigatori sono riusciti a risalire
all’identità di uno dei due gemelli.
Episodi che avevano portato alla custodia cautelare.
Nelle loro abitazione, oltre a due auto di grossa cilindrata ora sequestrate, nascondevano anche
25mila euro in contanti – li avevano ‘infilati’ nella
gabbia dei loro piccioni d’allevamento – cinque
Rolex anche da 20mila euro l’uno, e poi gioielli e
monili, diamanti e preziosi, fino a 300mila euro di
merce. Secondo gli investigatori i due stavano per
portare il bottino in Albania.
E su un’accusa, quella di ricettazione per l’appunto,
uno dei due ora è riuscito a farla franca.
Barbara Fruch
A TARANTO L’ENNESIMA INSEGNATE IN MANETTE PER VIOLENZE SUI PIÙ PICCOLI
Maltrattamenti su alunni: maestra in manette
Sgridava, umiliava e mortificava i bambini, giungendo persino a percuoterli, a volte a mani nude e a volte con libri e quaderni
A
ncora una maestra in manette con l’accusa di maltrattamenti sui piccoli alunni. Nella tarda mattinata di ieri
gli agenti della Polizia di Stato
hanno tratto in arresto in flagranza
di reato un’insegnante, di 59 anni
, di una scuola elementare pubblica del capoluogo tarantino.
L’accusa è di maltrattamenti aggravati e continuati nei confronti
di minori di anni sei.
Le indagini erano state avviate
poco meno di due mesi fa, a
seguito delle segnalazioni dei
genitori di alcuni bambini, che
evidenziavano il gravissimo livello di malessere raggiunto
dai loro figli.
A confermare il comportamento
dell’insegnate sono stati i filmati
audio – video registrati da alcune
telecamere che erano state installate all’interno della struttura
in seguito all’attività d’indagine,
coordinata dalla locale Procura.
Secondo quanto resto noto dagli
agenti, in particolare, l’arrestata
sgridava, umiliava e mortificava i
bambini, giungendo persino a
percuoterli, a volte a mani nude
e a volte con libri e quaderni,
sulla nuca, sul viso e sulle mani.
tali continue vessazioni avevano
determinato nei bambini un persistente stato di agitazione, aggressività e paura.
Emblematici al riguardo, sono risultati due episodi avvenuti nei
giorni scorsi. Nel primo caso, un
bambino pur di non entrare a
scuola, è scappato dalla macchina
dei genitori proprio nel momento
in cui erano giunti dinanzi all’ingresso dell’istituto scolastico.
Nel secondo, invece, un alunno,
all’uscita dalla scuola, ha addirittura infranto, con i pugni, il finestrino dell’autovettura della
madre.
Dalle intercettazioni sono emerse
anche frasi scioccanti pronunciate
proprio dall’insegnate come
“Adesso ti devo legare sotto….
così ti faccio mancare il fiato”,
oppure “E non ridere che ti devo
tirare uno schiaffo che ti faccio
girare la testa quaranta volte”, o
ancora “La prossima volta che ti
alzi ti stacco l’orecchio”.
Atteggiamenti che hanno confermato il clima di disagio provato
dai piccoli e hanno reso necessario l’intervento d’urgenza degli
investigatori. Espletate le formalità
di rito, l’arrestata, su diposizione
del P.M. di turno, è stata posta
agli arresti domiciliari.
Quello di taranto è l’ennesimo
arresto di un insegnate accusata
di maltrattamenti sui bambini. un
paio di settimane fa a Rimini era
finita ai domiciliari una maestra
61enne di una scuola materna di
Rimini che sgridava, minacciava
e strattonava gli alunni.
Sempre ad aprile per con la stessa
accusa erano state arrestate una
maestra a Roma (mentre altre due
sono state sospese dal loro incarico) e tre di un asilo nido di
Grosseto.
Sono solo gli ultime episodi che
hanno portato alla luce il grave
problema tanto che alcuni esponenti politici e diversi cittadini
hanno richiesto l’installazione delle telecamere a circuito chiuso
che riprendano a 360° la vita all’interno degli asili nido e delle
scuole dell’infanzia.
B.F.
11
Sabato 7 maggio 2016
CuLtuRA
I LIBRI DEL SABATO
a cura di Alessandra Rauti
I miti e le magie del cielo
Il giallo va in banca
P
P
erseo, Andromeda,
Cassiopea e Pegaso... delle 88 costellazioni conosciute numero fissato dall''Unione Astronomica Internazionale - queste quattro
hanno un filo che le unisce
: il mito di Perseo. Marito
di Andromeda, fu lui a
sconfiggere Medusa, una
delle tre Gorgoni. La sua
testa tagliata, con tanti di
serpenti al posto dei capelli, ornerà lo scudo di
Athena per meglio terrorizzare i nemici E' solo
uno dei
miti raccontati
da
Daniele Scaglione in questo libro singolare e affascinante. L'ex presidente della sezione italiana di
Amnesty International e fisico ci conduce alla
scoperta dei miti e delle magie del cielo. Con
scrittura brillante racconta le storie mitologiche
che danno il nome alle costellazioni e il modo per
individuarle nella volta celeste. Nell'itinerario tra
favola e astronomia incontriamo dei capricciosi e
libertini, semidei votati all'avventura, figure mitologiche varie, tante stelle e molte curiosità. Per
esempio chi ha mai sentito parlare di Ofiuco ? E'
la 13esima costellazione visibile solo in primavera
ed estate. In greco, iI suo significato, è colui che
tiene il serpente . Rappresenta Esculapio, dio
della Medicina, che notoriamente stringe il rettile
tra le mani.
Tutti poi conosciamo Sirio,
la stella più brillante ma
pochi sanno che e' incalzata da Canopo e Arturo,
seconda e terza per lucentezza. Scaglione seleziona le storie più interessanti : con rammarico ci
spiega che all'appello stellare manca solo Minerva.
La dea promotrice del sapere e della guerra non
ha neppure una stellina
che la ricordi e auspica
che, il nono pianeta che
sembra sia stato scoperto
ai confini del sistema solare, possa esserle intito
lato. Complici i ricordi
scolastici sappiamo di Ercole: mai avremmo immaginato che fosse uno
sfortunatissimo ! Ebbe la colpa di essere figlio illegittimo di quel lazzarone di Giove, cosa che a
Giunone non piacque affatto e con femminile
perfidia lo condannò alle 12 fatiche. Da questo
Giove non imparò nulla: sempre un suo extraconiugale amplesso, complice la bella Callisto,
causò la nascita di Arcade. Altra tragedia in
famiglia che si risolse con la creazione dell'Orsa
maggiore. Bravo Scaglione che riesce a farci
camminare con il naso all'insù, a farci sognare
come ragazzini e farci conoscere cose nuove.
“Le storie che costellano il cielo”.
Di Daniele Scaglione. Edizioni Infinito
rima di occuparci de " La
pesca dello spada", giova
ricordare che l'autore è
Senior Vice President di un importante gruppo bancario. Ovvero uno di quei signori che
mettono, diciamo la verità, un
poco in soggezione se dovessimo parlarci. Invece Tornaghi,
ci conquista e ci travolge con
questo libro. Non è la sua prima
opera e nel suo curriculum di
scrittore figurano anche favole
per bambini. Un banchiere con
il cuore ? Chissà... di certo con
un formidabile talento. Siamo in quella che fu la
Milano da bere e ora è bevuta dalla crisi. Nella
prestigiosa e centralissima sede di una banca
accade l'incredibile : l'uccisione di un banchiere.
Comincia cosi il giallo che l'autore definisce
"classico " cioè con morti ammazzati e poliziotti.
A condurre le indagini è un simpatico commissario,
Libero Cattaneo, 40enne felice e amante del suo
lavoro. Nulla a che vedere con gli "eroi maledetti
" che affollano i thriller.
L'ironia che lo sostiene - e che tanto ci piace non viene meno né con l'omicidio di un secondo
banchiere né con gli ostacoli posti alla sua
inchiesta da colleghi invidiosi, da politici o da
poteri forti: sappiamo come va il mondo. A Cattaneo, però, non frega nulla e imperterrito procede.
Lo seguiamo nel mondo bancario sconosciuto
dai più . L'affabile Tornaghi mi racconta che
spiegare il funzionamento di queste istituzioni,
che hanno una storia di idee e di passioni, è una
Agenzia Regionale per lo Sviluppo
e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio
delle finalità del libro. Cattaneo
è il personaggio ideale, incarna
il lettore medio : non sa nulla
di banche nè vorrebbe saperlo
ma, per via delle indagini, è
costretto ad apprendere i "fondamentali " e noi con lui: le
domande che formula sono le
stesse che potremmo fare noi.
Insomma : tutto quello che
avreste voluto sapere sulle banche. Una vicenda avvincente
attende il lettore: trama ricca
di colpi di scena in un crescendo
inarrestabile. Sapientemente,
Tornaghi mischia finzione a realtà, storie immaginarie e banchieri ammazzati veramente come
Alfred Herrhausen, il presidente della Deutsche
Bank ucciso nell'89. Un uomo, mi dice Tornaghi
al telefono, che più che alla partita doppia pensava
a un'Europa unita. Il giallo classico ci abbaglia:
si divide in tante sfumature, ci fa incuriosire, divertire e riflettere.
Cattaneo piace con quel suo senso della giustizia,
quel modo di affrontare le situazioni, quel non
dimenticare i ruoli importanti nella vita come
l'essere padre...divorziato, come capita oggi, ma
papà tenerissimo di quella figlioletta che è la
"vera regina " del suo cuore, nonostante sia un
maschio ambito dalle donne. Se fossi una maestra
e Tornaghi uno scolaro che ha consegnato il suo
tema non avrei esitazioni : 10 e lode.
“La pesca dello spada”
Di Eugenio Tornaghi. Ed. Novecento media
Sabato 7 maggio 2016
12
SPECIALE
DALLA CAPITALE AL RESTO D’ITALIA, ECCO LE PRIME DODICI REGIONI
“La prossima a destra”:
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PIEMONTE
Torino
FinLibri, c/o Centro Commerciale
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La Città del Sole in via Cibrario
46A
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Feltrinelli, c/o Centro Commerciale
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Dinoitre, in via Cavour 2
Alessandria
Frasi, via Savonarola 1
Frasi, via Caniggia 20
Casale Monferrato
Coppo, via Roma 85
Acqui Terme
Parva Domus Chartae, c.so Bagni
12
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Edicola in corso Nizza 13
L’Ippogrifo Bookstore, c.so Nizza 1
L’Ippogrifo in piazza Europa 3
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Feltrinelli in via M.U. Traiano 79
Feltrinelli in piazza Duomo (via
Ugo Foscolo 1/3)
Feltrinelli in via Manzoni 12
Feltrinelli, corso Buenos Aires 33
Feltrinelli in piazza Piemonte 2
Lib. Internazionale via U. Hoepli 5
LS Milano Centrale in piazza IV Novembre Staz. Fs Milano Centrale
Trezzano sul Naviglio
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Feltrinelli c/o Ceva in via Milano
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Brescia
Centro libri in via di Vittorio 7/C
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Mestre
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Verona
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EMILIA ROMAGNA
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via Orefici 19
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Polo 3
Feltrinelli (Ravegnana) in piazza
P.ta Ravegnana 1
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Casalecchio di Reno
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Piacenza
Internazionale in via Romagnosi
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1480/D
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Reggio Emilia
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Grosseto
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MARCHE
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Feltrinelli in Corso della Repubblica
4/6
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Ascoli Piceno
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Gualtieri 7
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Città di Castello
La Tifernate in piazza Matteotti 2
Ponte San Giovanni
Libreria Grande in via della Valtiera
229/L
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Orlando 78/81
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I Granai in via M. Rigamonti 100
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Velitti in piazza Stefano Jacini 1/2
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Latina
Feltrinelli in via Armando Diaz 10
ABRUZZO
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Trento)
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23
PUGLIA
Bari
Feltrinelli in via Melo 119
SICILIA
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