qui lo studio - Silvia Costa

Transcript

qui lo studio - Silvia Costa
Le politiche del multilinguismo
nell’UNIONE EUROPEA
di Manfredo Romano Arrigo
Indice
1
Prefazione di Silvia Costa
Introduzione
1. Il principio del multilinguismo
1.1 Riferimenti normativi
1.2 Parità linguistica: il caso unico dell’UE
1.3 Obiettivi
1.3.1 La giustizia europea a tutela del multilinguismo
1.4 Risultati e programmi
2. Diversità linguistica
2.1 Lingue regionali e minoritarie
2.1.1 European Charter for Regional or Minority Languages
2.1.2 Le lingue europee a rischio estinzione
2.2 European Day of Languages
3. Apprendimento e insegnamento linguistico
3.1 Il caso Finlandia
3.2 Apprendimento linguistico: indagini e statistiche
3.2.1 C.E.F.R – Common European Framework of Reference of Languages
3.2.2 OLS - Online Linguistic Support
3.2.3 L’indagine “European Survey on Language Competences”
3.2.4 Il progetto “Language Rich Europe”
3.3 European Language Label
4. Multilinguismo ed economia europea
4.1 Lo studio ELAN – Effects on the European Economy of Shortages of
Foreign Language Skills in Enterprise
4.2 Traduzione e interpretariato: i costi economici del multilinguismo
4.3 L’inglese come lingua franca?
Conclusioni
Bibliografia
Prefazione
2
Tema fondante dell’UE, sin dall’inizio del processo di integrazione, il
multilinguismo rappresenta una grande sfida all’interno del progetto europeo,
un passaggio essenziale per il superamento di frontiere linguistiche e dunque
un vero e proprio grande traguardo culturale da raggiungere attraverso
un’azione politica comune, coerente e globale.
Le tappe di questo complesso percorso verso un’Europa multilingue, sono
sostanzialmente recenti e tutte concentrate negli anni 2000.
Partendo dal 2002, con il celebre “obiettivo di Barcellona”, indicato dal
Consiglio europeo e basato sull’intento comune relativo all’insegnamento di due
lingue straniere fin dall’infanzia per tutti i cittadini (lingua materna più due) e
proseguendo con la decisione del presidente della Commissione europea
Barroso1 di dare un peso specifico maggiore al concetto stesso di
“multilinguismo”, affidando un ruolo “ad hoc” al romeno Leonard Orban a
partire dal 1° Gennaio 2007 (data di ingresso ufficiale di Romania e Bulgaria
nell’Unione europea). Esemplificative sono le parole dello stesso Orban – in una
conferenza tenutasi a Roma nel marzo dello stesso anno – che assegna al
multilinguismo l’ambizioso obiettivo di “...aprire nuove opportunità, a livello
interpersonale, nella carriera professionale, verso nuovi mercati....”2
Fino alla comunicazione importantissima della Commissione europea (18
Settembre 2008) definita testualmente “Il multilinguismo: una risorsa per
l'Europa e un impegno comune” e alla Risoluzione del Consiglio europeo del 21
novembre 2008 relativa a una strategia europea per il multilinguismo.
L’attenzione comunque dimostrata da intellettuali, politici e studiosi alla
questione del multilinguismo in Europa, è certamente un buon viatico per
promuovere un grande dibattito internazionale e condurre con fiducia una
seria battaglia culturale, oltre che istituzionale.
Visto che la conoscenza, l’interscambio, la fluidità e la proprietà d’uso delle
lingue all’interno dell’UE non riguarda solo e strettamente lo sviluppo delle
competenze linguistiche o il rafforzamento della qualità e dell’efficienza
dell’insegnamento scolastico e delle tecnologie della comunicazione.
1 José Manuel Durão Barroso è stato Presidente della Commissione europea dal 2004 al 2014.
2
Discorso tenuto dall’allora Commissario Orban a Roma il 23 marzo 2007 presso l’Accademia di Romania.
2
Discorso tenuto dall’allora Commissario Orban a Roma il 23 marzo 2007 presso l’Accademia di Romania.
3
Ma riguarda la politica tutta nel suo senso più nobile e dunque le scelte che
una grande comunità politica democratica - come molti auspicano possa
diventare l’Unione Europea – dovrà fare nella prospettiva di aggregare e
valorizzare entità culturali e linguistiche differenti.
Questo, per punti, il tema e il senso del presente lavoro. Sintetico strumento
operativo per un’analisi e un approfondimento di un argomento appassionante
destinato ad aprire importanti orizzonti alle nuove generazioni.
.
4
Introduzione
“La lingua dell’Europa è la traduzione3”.
Umberto Eco
L’Unione Europea promuove e incoraggia il multilinguismo, inteso sia come
capacità del singolo individuo di esprimersi in più lingue, sia come coesistenza
di differenti comunità linguistiche in una specifica area geografica.
Si parla spesso di “plurilinguismo” oltre che di “multilinguismo” e non è dunque
raro fare confusione tra i due termini. A tal proposito è bene fare un
chiarimento preliminare tra i due termini secondo quanto espresso
brillantemente dalla studiosa e linguista Maria Cecilia Luise, docente presso
l’Università degli Studi di Firenze: ”In ambito scientifico si distingue tra
plurilinguismo e multilinguismo: il primo fa riferimento alle competenze
individuali di un soggetto relative alla capacità di imparare e usare più lingue, il
secondo invece vede il fenomeno della molteplicità di codici di comunicazione non
dal punto di vista della persona ma da quello sociale. Il multilinguismo fa
riferimento alla presenza all’interno di una comunità di più lingue a disposizione
dei parlanti, anche se non necessariamente conosciute e usate da tutti i parlanti.
Entrambe le prospettive non distinguono né fanno preferenze tra una lingua o
un’altra. Nei documenti del Consiglio d’Europa questa distinzione è sempre
presente, mentre per l’Unione europea le due accezioni vengono fatte rientrare
entrambe sotto il termine multilinguismo: “Il termine di multilinguismo si riferisce
sia al fatto di parlare lingue diverse in un determinato ambito geografico che alla
capacità di una persona di parlare più lingue” (Eurobarometro 2006, 243)”.
Aggiungendo poi che: “...Plurilinguismo...oggi tende a sostituire il termine
bilinguismo, a sottolineare che un individuo non necessariamente conosce “solo”
due lingue e che le caratteristiche sociali e cognitive di chi conosce due lingue
sono le stesse di chi ne conosce più di due”.4
Il principio e la ragione del multilinguismo europeo – risolutamente affermato
nei trattati – risiedono nella natura stessa dell’Unione e nel sistema giuridico
adottato che prevede la trasposizione del diritto UE in diritto nazionale.
3
Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma, 2012.
Maria Cecilia Luise, Plurilinguismo e multilinguismo in Europa per una Educazione plurilingue e interculturale in LEA - Lingue e
letterature d’Oriente e d’Occidente, n. 2, Firenze University Press, 2013.
4
5
L'apprendimento delle lingue va pensato sia in chiave economica – quale
elemento fondamentale per la competitività europea – sia nell’ottica di
integrazione e costruzione di un'identità comune che parta dalla promozione e
valorizzazione della diversità culturale e linguistica.
Premesso che le lingue rappresentano l’espressione più diretta della cultura di
un popolo e conferiscono un senso di identità ai cittadini di uno stato, va
sottolineato che esse si configurano come forte elemento di contatto tra
persone, consentendo l’accesso a culture diverse e promuovendo la
comprensione reciproca.
La prima Europa, quella uscita dal Trattato che istituì la Comunità europea
del carbone e dell'acciaio firmato a Parigi il 18 aprile 1951 e composta dai 6
paesi fondatori (Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo)
contemplava 4 lingue ufficiali: italiano, francese, tedesco e nederlandese.
Con l'estensione della comunità europea a nuovi stati, cresce anche il numero
delle lingue ufficiali: nel 1973 si aggiungono infatti l’inglese e il danese e negli
anni ottanta il greco, lo spagnolo e il portoghese.
Successivamente nel 1995 con l’adesione di 3 nuovi Stati – Austria, Finlandia e
Svezia – e l’introduzione del finlandese e dello svedese, il numero delle lingue
ufficiali si attesta a 11, determinando la creazione di ben 110 combinazioni
interlinguistiche, destinate ad un ulteriore incremento con l’ingresso dei nuovi
Paesi.
Con l’ingresso di ceco, slovacco, polacco, sloveno, lituano, lettone,
ungherese, estone, maltese, polacco e romeno si è successivamente passati
da 11 a 22.
La situazione attuale di ben 24 lingue ufficiali è il risultato della promozione
del gaelico d’Irlanda alla stregua di tutte le altre lingue dell’Unione (decisione
assunta nel 2005 e diventata operativa nel 2007), nonché dell’ultimo
allargamento relativo alla Croazia (l’ingresso del paese slavo è avvenuto il 1
luglio 2013), con conseguente promozione del croato al rango di ultima lingua
ufficiale – in ordine di tempo – entrata a far parte della grande famiglia
europea.
L’allargamento dei Paesi membri fino ai 28 attuali ha dunque comportato
l’introduzione di ben 12 lingue in più rispetto al passato.
6
1. Il principio del multilinguismo
1.1 Riferimenti normativi
Premesso dunque che attualmente l’Unione europea ha 24 lingue ufficiali, va
ricordato che per poter diventare lingua ufficiale dell’UE uno stato membro
deve fare richiesta al Consiglio europeo che deve approvarla all’unanimità:
“il regime linguistico delle istituzioni dell'Unione è fissato, senza pregiudizio delle
disposizioni previste dallo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, dal
Consiglio, che delibera all'unanimità mediante regolamenti” 5.
Diverse sono le considerazioni legate al citato articolo del Trattato di Lisbona.
In primis va detto che la competenza a deliberare in materia linguistica spetta
esclusivamente agli Stati membri attraverso il Consiglio.
In secundis, assodato che la decisione del Consiglio deve essere presa
all’unanimità, va comunque chiarito che – in merito alle eventuali modifiche del
regime linguistico – ogni singolo Stato si è serbato una sorta di “diritto di veto” a
garanzia che non vengano prese decisioni senza il proprio consenso.
Infine c’è da dire che il Consiglio delibera esclusivamente attraverso i
Regolamenti, ossia attraverso quegli atti giuridici dalla portata generale,
direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri: ”un regolamento è un
atto legislativo vincolante. Deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell'intera
Unione europea” 6.
Non sono ammesse deroghe. Neppure il ricorso ad una Direttiva, ossia quel
tipo di atto giuridico che ”vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto
riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi
nazionali in merito alla forma e ai mezzi.7”
5
Articolo 342 del Trattato di Lisbona.
http://europa.eu/eu-law/decision-making/legal-acts/index_it.htm
7
Articolo 288, comma 3 del Trattato di Lisbona.
6
7
Idem per il ricorso ad una Decisione perché – come viene chiaramente
affermato nel Trattato di Lisbona – ”La decisione è obbligatoria in tutti i suoi
elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi8.
Mancano dunque i concetti di diretta applicabilità e portata generale.
Il multilinguismo rientra dunque a pieno titolo tra i principi fondamentali
dell’Unione europea così come la coesistenza di molte lingue è essenza portante
delle varie anime europee, vedi la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea: “l'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica9”
1.2 Parità linguistica: il caso unico dell’UE
Il Parlamento europeo conferisce a tutte le lingue ufficiali pari dignità e
importanza. Secondo l’Articolo 158 del Regolamento del Parlamento
europeo infatti:
1. Tutti i documenti del Parlamento sono redatti nelle lingue ufficiali.
2. Tutti i deputati hanno il diritto di esprimersi in Parlamento nella lingua
ufficiale di loro scelta. Gli interventi in una delle lingue ufficiali sono
interpretati simultaneamente in ognuna delle altre lingue ufficiali e in
qualsiasi altra lingua ritenuta necessaria dall'Ufficio di presidenza.
3. Durante le riunioni di commissione e di delegazione è assicurata
l'interpretazione da e verso le lingue ufficiali utilizzate e richieste dai
membri e dai membri sostituti della commissione o della delegazione in
questione.
4. Durante le riunioni di commissione o di delegazione al di fuori dei luoghi
abituali di lavoro è assicurata l'interpretazione da e verso le lingue dei
membri che hanno confermato la propria presenza alla riunione. Con
l'accordo dei membri di uno qualsiasi dei predetti organi, è possibile
derogare in via eccezionale a detto regime. In caso di disaccordo l'Ufficio di
presidenza decide.
8
9
Articolo 288, comma 4 del Trattato di Lisbona.
Art. 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea
8
In merito alla politica della parità linguistica adottata dall’UE, trattasi di
decisione priva di precedenti nello scenario delle grandi organizzazioni
internazionali. L’adozione di un multilinguismo così ampio è infatti un unicum.
L’ONU, la più vasta organizzazione al mondo che annovera ben 193 stati sui
202 totali ha adottato per esempio soltanto 6 lingue ufficiali: inglese, francese,
cinese, russo, spagnolo e arabo.
Idem dicasi per l’OSCE - Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione
in Europa (composta da 57 paesi, europei e non) istituita per affrontare le
molteplici cause di instabilità in Europa e favorire la sicurezza del continente
che prevede anch’essa 6 lingue ufficiali: inglese, francese, italiano, tedesco,
spagnolo e russo.
Solo una lingua in più, per altro, viene utilizzata nei documenti ufficiali dal
Fondo Monetario Internazionale (186 Stati membri): inglese, francese,
spagnolo, arabo, cinese, russo, giapponese.
Per non parlare infine dell’Unione Africana – organizzazione circoscritta
geograficamente come l’Unione Europea, ma che conta quasi il doppio degli
stati membri (54) – che definisce ufficiali soltanto 6 lingue: l’arabo, l’inglese, il
francese, lo spagnolo, il portoghese e lo swahili.
La peculiarità del “caso europeo” rispetto ad altre grandi organizzazioni
internazionali consiste nel fatto che gli atti dell’Unione europea - espressi nelle
varie lingue ufficiali con equivalente valore giuridico - incidono direttamente sia
sugli Stati, che sui cittadini i quali devono poter accedere alle “leggi” europee
nella propria lingua madre.
In ausilio al concetto di pari dignità e importanza, la Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione Europea vieta poi ogni forma di discriminazione, ivi
compresa quella linguistica:
”E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso,
la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche
genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o
di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il
patrimonio, la nascita, gli handicap, l'etnia o le tendenze sessuali10.”
10
Art. 21, comma 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea.
9
1.3 Obiettivi
La politica ufficiale di multilinguismo dell’Unione si pone 3 grandi obiettivi:
 garantire l’accesso alla legislazione, alle procedure e alle informazioni
dell’Unione europea nella propria lingua madre;
 incoraggiare l’apprendimento linguistico;
 promuovere la diversità linguistica nella società;
 favorire un’economia multilingue efficiente.
Premesso dunque che la politica linguistica dell'UE intende non solo
promuovere l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue straniere nell'UE,
ma anche creare un ambiente favorevole a tutte le lingue degli Stati membri, va
sottolineato il fatto che l’utilizzo effettivo delle varie lingue da parte dei cittadini
“comunitari” rappresenta uno dei fattori che contribuiscono a fornire maggiore
legittimità e trasparenza all’Unione europea, senza tener conto dell’importante
contributo che viene fornito alla competitività dell’economia continentale.
Nel 2002 i capi di Stato e di governo dei vari paesi membri – riunitisi a
Barcellona – hanno messo a punto una strategia comune volta a “migliorare la
padronanza delle competenze di base, segnatamente mediante l’insegnamento di
almeno due lingue straniere fin dall’infanzia”11 in aggiunta alla lingua madre.
E’ il cuore del famoso “obiettivo di Barcellona”, vero spartiacque tra una
politica diretta semplicemente a preservare le lingue e una che si proponga
invece di svilupparne a pieno titolo le varie potenzialità.
Successivamente, nel settembre 2008 la Commissione europea, attraverso
l’allora Commissario per il Multilinguismo, Leonard Orban, ha varato una
comunicazione dal titolo: “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno
comune“12, importante documento sulla politica linguistica intesa come tema
trasversale a tutti gli altri aspetti delle politiche dell’UE.
11
12
Conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona, 15-16 marzo 2002.
COM 2008-566 del 18 settembre 2008
10
Tale comunicazione, tra l’altro, sottolinea l’importanza della trasformazione
della diversità linguistica in una risorsa per la solidarietà e la prosperità
europea, ponendosi 2 obiettivi centrali:


incoraggiare la rimozione di barriere che ostacolano il dialogo interculturale
dare ai cittadini opportunità concrete per imparare a comunicare in altre
due lingue oltre la loro lingua madre (già presente nell’obiettivo di
Barcellona).
Per comprendere meglio l’impegno profuso dalle varie istituzioni comunitarie in
questo settore – in primis dalla Commissione europea – è bene ricordare le
parole pronunciate dell’ex Commissario per l’Istruzione, la Cultura, il
Multilinguismo e la Gioventù, Androulla Vassiliou nel 2012:
”Nell'Unione europea oggi ci sono 23 lingue ufficiali, che diventeranno 24 l'anno
prossimo con l'entrata della Croazia13 e circa 60 lingue minoritarie e regionali,
per non parlare di oltre 100 lingue usate dai migranti. Alcune saranno parlate
sempre più diffusamente di altre, ma noi attribuiamo a tutte la stessa
importanza. Ogni singola lingua incarna un'identità culturale irripetibile e
nessuna di esse dovrebbe essere sacrificata sull'altare dell'efficienza14”
La capacità di comunicare in diverse lingue, la mediazione e comprensione
interculturale sono tra le “competenze chiave” indispensabili ai fini di un
miglioramento della qualità dell’istruzione e della formazione” come indicato
nelle Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per
la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione («ET
2020»)15
13
La Croazia è entrata a far parte dell’Unione Europea il 1 luglio 2013.
Conferenza sul Multilinguismo in Europa, Limisso (Cipro), 27 settembre 2012.
15
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52009XG0528%2801%29&from=IT
14
11
1.3.1 La giustizia europea a tutela del multilinguismo
Recentemente una sentenza del Tribunale dell’Unione europea16 è intervenuta
in difesa del multilinguimo, annullando tre bandi di concorso europei17
pubblicati dall’EPSO18 in cui i candidati erano tenuti a utilizzare il francese,
l’inglese o il tedesco come seconda lingua e come mezzo di comunicazione
durante la procedura selettiva.
I giudici, nell’accogliere i ricorsi presentati da stati membri quali Italia e
Spagna hanno utilizzato in maniera inequivocabile il termine “discriminazione”
riferendosi a quei candidati che parlano lingue diverse rispetto alle tre citate.
Risale a un paio di anni prima invece, un’altra sentenza che aveva annullato
dei bandi di concorso per posti di lavoro nelle istituzioni comunitarie, in quanto
pubblicati integralmente nella Gazzetta Ufficiale dell’UE solo in inglese,
francese e tedesco e non tradotti dunque anche nelle altre lingue ufficiali
dell’Unione.
Anche in questo caso il Tribunale aveva accolto il ricorso presentato dall’Italia
rilevando oltre alla discriminazione di tipo linguistico, un chiaro svantaggio per
i candidati "sotto il profilo sia della corretta comprensione di tali bandi sia del
termine per preparare ed inviare una candidatura". Svantaggio prosegue il
tribunale che "è la conseguenza della diversità di trattamento a motivo della
lingua".
Inoltre la corte sottolineò il fatto che i bandi di concorso controversi "non
contenevano alcuna motivazione che giustifichi la scelta, come seconda lingua
per le prove dei concorsi, fra le tre lingue in questione19.
16
Sentenza del Tribunale UE (VIII Sezione) del 24 settembre 2015 – Italia e Spagna / Commissione ( (Cause riunite T-124/13 e
T-191/13) ) (In, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 23.11.2015, C 389/29).
17
Il riferimento è ai seguenti bandi:
1) Bando di concorso generale EPSO/AST/125/12, inteso alla costituzione di elenchi di riserva per l’assunzione di assistenti nei
settori dell’audit, della contabilità e della finanza, e dell’economia e della statistica (GU 2012, C394 A, pag.1);
2) Bando di concorso generale EPSO/AST/126/12, inteso alla costituzione di elenchi di riserva per l’assunzione di assistenti nei
settori della biologia, delle scienze della vita e della salute, della chimica, della fisica e delle scienze dei materiali, della ricerca
nucleare, dell’ingegneria civile e meccanica e dell’ingegneria elettrica ed elettronica (GU 2012, C394 A, pag.11);
3) Bando di concorso generale EPSO/AD/248/13, inteso alla costituzione di elenchi di riserva per l’assunzione di amministratori
(AD6) nei settori della sicurezza degli edifici e dell’ingegneria delle tecniche edili (GU 2013, C29 A, pag.1).
18
Acronimo di European Personnel Selection Office. Si tratta della struttura che si occupa della selezione del personale delle
istituzioni UE.
19
Sentenza del Tribunale UE (Sezione V) del 12 settembre 2013, Causa T-126/09, Italia/Commissione (In, Gazzetta Ufficiale
dell’Unione Europea, 26.10.2013, C 313/19).
12
1.4 Risultati e programmi
Un contributo notevole al miglioramento della strategia europea per il
multilinguismo, inteso anche come mezzo a sostegno della competitività,
mobilità, occupazione giovanile e dialogo interculturale è stato dato, negli anni,
dai vari programmi di apprendimento e studio come Socrates, Comenius,
Erasmus e, per ultimo Erasmus+, avviato nel mese di gennaio 2014, che
riunisce tutti gli attuali programmi europei nel campo dell'istruzione, della
formazione, della gioventù e dello sport per il periodo 2014-2020.
Il programma Erasmus+ ha preso il via in un momento in cui l’Unione Europea
contava quasi 6 milioni di giovani disoccupati, con livelli che in alcuni paesi
(come la Grecia) superavano il 50%.
Al contempo si registravano circa 2 milioni di posti di lavoro vacanti e un terzo
dei datori di lavoro trovava difficoltà nell’assunzione di personale altamente
qualificato. Un deficit di competenze era dunque alla base dell’avvio del nuovo
contenitore europeo con la speranza di colmare tale divario, fornendo ai giovani
europei opportunità di studio, formazione ed esperienza all'estero.
D’altra parte equipaggiare i giovani europei con appropriate competenze formali
e non formali, oltre a quelle linguistiche, risulta fondamentale in una società
multietnica e in continuo mutamento come quella che si prospetta in Europa.
Le linee guida del programma Erasmus+ sono in questo senso molto
dettagliate: “Nel quadro dell'azione chiave 2 verranno incoraggiati i partenariati
strategici nell'ambito dell'insegnamento e dell'apprendimento delle lingue”.
E inoltre: “Nell'innovazione e nelle buone pratiche finalizzate a promuovere le
competenze linguistiche possono rientrare….metodi di insegnamento e di
valutazione…apprendimento linguistico assistito da computer e iniziative
imprenditoriali che utilizzano le lingue straniere”.
Anche riguardo ai fondi: “Il finanziamento a favore del sostegno linguistico può
inoltre essere fornito all'occorrenza ai beneficiari di partenariati strategici che
organizzano attività di formazione e insegnamento a lungo termine destinate al
personale, ai giovani lavoratori e agli allievi”20.
20
Erasmus+, Guida al Programma, Versione 3 (2015): 16/12/2014.
13
Qualche dato sul progetto Erasmus + fornito direttamente dalla Commissione
europea21:
Cifre chiave: Erasmus+ (2014-2020)
Bilancio complessivo
Chi ne beneficia
Istruzione superiore
Studenti dell'istruzione e della
formazione professionali,
apprendisti
Mobilità del personale
Programmi di volontariato e
di scambi giovanili
Sistema di garanzia dei
prestiti per corsi di laurea
magistrale
Corsi di laurea magistrale
congiunti
€ 14,7 miliardi
Più di 4 milioni di persone
2 milioni di studenti
650 000 studenti
800 000 docenti, insegnanti, formatori, membri del personale
educativo e animatori giovanili
Più di 500 000 giovani
200 000 studenti
Più di 25 000 studenti
25 000 che uniranno 125 000 scuole, istituzioni d'istruzione e
formazione professionali, istituzioni d'istruzione superiore e di
educazione degli adulti, organizzazioni giovanili e imprese
Più di 150 costituite da 1 500 istituzioni d'istruzione superiore e
Alleanze della conoscenza
imprese
Più di 150 istituite da 2 000 erogatori d'istruzione e formazione
Alleanze delle abilità settoriali
professionali e imprese
Più di 200 000 insegnanti che collaborano on-line a partire da più
Scuole
di 100 000 scuole tramite l'e-twinning
Partenariati strategici
21
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-1008_it.htm
14
Europa Creativa
Sono molti i settori culturali e creativi dell’UE, in cui le opportunità non
vengono sfruttate a pieno. Una delle maggiori questioni che il settore della
cultura deve sostenere è certamente legata all’eccessiva diversificazione del
mercato, alle molteplici tradizioni culturali, alle differenti lingue.
Una diversità che rientra nel grande scenario europeo, ma che spesso ostacola
gli sforzi creativi degli operatori culturali impegnati a raggiungere il multiforme
pubblico dei vari paesi.
Il programma Europa Creativa, “programma quadro di 1,46 miliardi di euro
dedicato al settore culturale e creativo per il 2014-2020, composto da due
sottoprogrammi (Sottoprogramma Cultura e Sottoprogramma MEDIA)22”
interviene non solo a sostegno della promozione e tutela del patrimonio
linguistico e culturale europeo, ma rafforza la competitività del settore culturale
e creativo per promuovere una crescita economica intelligente, sostenibile e
inclusiva.
D’altra parte Europa creativa è accessibile ai 28 Stati membri e, a determinate
condizioni, anche a:
22

paesi dell'Associazione europea
Liechtenstein, Norvegia e Svizzera);

paesi candidati e candidati potenziali all'adesione all'UE (Montenegro,
Serbia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Turchia, Albania, BosniaErzegovina, Kosovo);
di
libero
scambio
(Islanda,
Dalla definizione fornita nel sito del MIBACT - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
15

paesi interessati dalla politica di vicinato (Armenia, Azerbaijan,
Bielorussia, Georgia, Moldova, Ucraina, Algeria, Egitto, Marocco, Tunisia,
Giordania, Libano, Libia, Palestina, Siria e Israele).
Per gli stati extra UE, la partecipazione al programma è invece legata a un
”biglietto d'entrata”, mentre il relativo costo – in rapporto al bilancio del
programma – si basa sull'entità dei rispettivi prodotti interni lordi.
Da ricordare infine che l’esistenza di un unico programma quadro consentirà
certo di ottimizzare le sinergie tra i diversi settori e di ottenere guadagni di
efficienza.
16
2. Diversità linguistica
La varietà e la ricchezza delle differenti lingue del continente, possono ben
riassumersi nel motto ufficiale dell’Unione Europea: "unita nella diversità"
scelto nel 2000 tra le varie proposte inviate da studenti di tutti i paesi membri
e attualmente in essere.
Il motto in tutte le lingue ufficiali dell'UE:
Bulgaro
Ceco
Croato
Danese
Estone
Finlandese
Francese
Greco
Inglese
Irlandese
Italiano
Lettone
Lituano
Maltese
Olandese
Polacco
Portoghese
Romeno
Slovacco
Sloveno
Spagnolo
Svedese
Tedesco
Ungherese
Единство в многообразието
Jednotná v rozmanitosti
Ujedinjeni u različitost
Forenet i mangfoldighed
Ühinenud mitmekesisuses
Moninaisuudessaan yhtenäinen
Unie dans la diversité
Ενωμένοι στην πολυμορφία
United in diversity
Aontaithe san éagsúlacht
Unita nella diversità
Vienoti daudzveidībā
Suvienijusi įvairovę
Magħquda fid-diversità
In verscheidenheid verenigd
Zjednoczeni w różnorodności
Unidade na diversidade
Unitate în diversitate
Zjednotení v rozmanitosti
Združeni v različnosti
Unida en la diversidad
Förenade i mångfalden
In Vielfalt geeint
Egység a sokféleségben
17
In una Risoluzione del 2008 il Consiglio dell’Unione europea ha stabilito che i
concetti di differenza e diversità linguistica siano dei veri e propri patrimoni da
tutelare: la diversità linguistica e culturale è parte intrinseca dell'identità
europea e…allo stesso tempo un retaggio condiviso, una ricchezza, una sfida e
una risorsa per l'Europa”23
Spesso il multilinguismo e la diversità linguistica hanno tuttavia prodotto e
continuano a produrre politiche contrastanti.
In effetti se da un lato – per quanto riguarda la diversità linguistica – valgono
questioni più strettamente collegate al sociale (come l’inclusione e i diritti
umani), dall’altro – relativamente alle politiche di apprendimento linguistico
– intervengono priorità complesse quali la mobilità lavorativa e le leggi di
mercato. In termini concreti la politica per il multilinguismo ha dunque avuto il
sopravvento su quella a sostegno della diversità linguistica.
23
Risoluzione 2008/C 320/01 del Consiglio dell’Unione europea relativa a una strategia europea per il multilinguismo.
18
2.1 Lingue regionali e minoritarie
Premesso dunque che la diversità linguistica è uno dei tratti salienti della
“comunità” e che – come già ampiamente detto – nell’UE esistono 24 lingue
ufficiali e 3 alfabeti utilizzati (latino, greco e cirillico), va precisato poi che
esistono circa 60 lingue regionali e minoritarie (parlate da 46 milioni di
persone), di cui 5 riconosciute come semiufficiali, il catalano, il galiziano, il
basco, il gaelico scozzese e il gallese.
Mappa delle lingue minoritarie nel 2003:
19
2.1.1. European Charter for Regional or Minority Languages
La Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, adottata dal Consiglio
d’Europa24 il 23 giugno 1992 sotto forma legale di Convenzione e sottoscritta
dal Parlamento europeo il 5 novembre dello stesso anno, rappresenta il
principale documento contro il rischio di estinzione delle lingue meno diffuse.
Entrata ufficialmente in vigore – con 5 ratifiche – il 1 marzo 1998 la Carta è
stata approvata da 28 paesi membri del Consiglio d’Europa con l’astensione di
Cipro, Francia, Grecia, Regno Unito e Turchia.
La Carta – rispetto ad altre convenzioni internazionali – è documento che si
distingue per la sua originalità di ordine etico-ideologico, come si evince dalla
Parte II, in cui viene fortemente evidenziato il concetto di tutela e promozione
linguistica indipendente dall’identificazione di diritti “positivi” o “negativi” delle
singole comunità linguistiche minoritarie25.
Secondo lo svizzero François Grin – studioso di economia delle lingue – la Carta
non va interpretata con un approccio puramente normativo ”the concept of
rights is not central to the Charter”26 - bensì come un testo ispirato alla
diversità linguistica intesa come bene assoluto da tutelare e promuovere ai fini
di un miglioramento e sviluppo della qualità di vita dei cittadini.
In altre parole, un ambiente linguisticamente differenziato rappresenta un
livello superiore di qualità della vita rispetto ad uno monolitico e monolingue.
24
Istituzione che non fa parte dell’Unione Europea ma che rappresenta circa 800 milioni di cittadini di ben 47 paesi differenti.
Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie - Art. 7 - Obiettivi e principi.
26
Grin, F., Language policy evaluation and the European Charter for Regional or Minority Languages, Palgrave Macmillan,
London, 2003.
25
20
2.1.2 Le lingue europee a rischio estinzione
”Una lingua è in pericolo quando i parlanti smettono di usarla, se ne servono in
un numero sempre minore di contesti comunicativi e smettono di trasmetterla di
generazione in generazione. Ciò significa che vengono a mancare nuovi parlanti,
siano questi adulti o bambini 27”
Si può invece considerarla estinta quando non viene più parlata. Tuttavia
nell’era digitale la sua scomparsa si può definire tale, nel momento in cui i vari
programmi linguistici che non forniscono più il sostegno necessario e
addirittura, compiono azioni tali da ostacolarne l’utilizzo.
Tra le lingue ufficiali dell’Unione Europea il lettone, il lituano e il maltese sono
quelle lingue che potrebbero presto sparire dal mondo digitale. Allargando il
discorso continentale al di fuori dell’UE, oltre alle lingue ufficiali e alle 60
lingue regionali o minoritarie è bene ricordare anche che nel novero vanno
aggiunte le lingue parlate dai cittadini originari di altri paesi e continenti. Un
patrimonio prezioso, anche se estremamente fragile visto appunto che alcune
lingue europee hanno risorse digitali “inesistenti” oppure “deboli” (nel migliore
dei casi) e sono a rischio di estinzione digitale.
Anche il greco (lingua nobile alla base della civiltà classica) il bulgaro,
l’ungherese, il polacco e l’islandese (unica tra queste che non appartiene a
quelle ufficiali dell’Unione europea) sono a forte rischio di estinzione digitale e
reale.
Dal report emerge in particolare che queste lingue, scarsamente diffuse e
parlate, vengono trascurate dalle tecnologie digitali (software di controllo
grammaticale e di traduzione automatica, etc.), avendo dunque minore
possibilità di sopravvivenza.
La tesi è supportata da uno studio di oltre 200 esperti, della Meta-Net White
Paper Series, una rete di eccellenza composta da 60 centri di ricerca
appartenenti a 34 paesi europei che ha come obiettivo la costruzione di basi
tecnologiche per una società dell'informazione multilingue.
27
UNESCO, 2003.
21
In particolare a disposizione di ogni lingua sono stati individuati e analizzati i
supporti tecnologici in 4 differenti aree:

traduzione automatica

interazione parlata

analisi dei testi

disponibilità di risorse linguistiche.
Il Parlamento europeo nel 2013 ha approvato una risoluzione in cui invita la
Commissione europea e i governi regionali e locali dei diversi stati membri a
stabilire programmi specifici per promuovere il sostegno delle comunità
linguistiche o etniche in via di estinzione e nella quale incoraggia i vari stati
membri a promuovere azioni concrete:
“considerando che ogni lingua, comprese quelle a rischio di estinzione, riflette
un'esperienza storica, sociale e culturale, nonché un modo di pensare e di creare
che contribuiscono alla ricchezza e alla diversità dell'Unione europea e che sono
la base della sua identità; che la diversità linguistica e la presenza di lingue a
rischio di estinzione all'interno di un paese devono pertanto essere considerate
una risorsa anziché un onere e devono essere quindi sostenute e promosse;28”
28
Risoluzione del Parlamento europeo dell'11 settembre 2013 sulle lingue europee a rischio di estinzione e la diversità
linguistica nell'Unione europea (2013/2007(INI)
22
2.2 European Day of Languages
La Giornata Europea delle Lingue, appuntamento rituale promosso dal
Consiglio d’Europa, organismo rappresentativo di 800 milioni di cittadini di
47 paesi europei, si celebra il 26 settembre di ogni anno e ha lo scopo di
promuovere la diversità linguistica continentale fondata su oltre 200 lingue
europee.
Numerose università, istituti linguistici e culturali, scuole e associazioni di
settore partecipano alle celebrazioni che si svolgono con cadenza annuale dal
2001 a oggi. In occasione di questa giornata vengono organizzati diversi eventi
in tutto il continente, tra cui conferenze e convegni sul multilinguismo,
programmi a tema sia televisivi che radiofonici e attività dedicate ai bambini.
Alle autorità nazionali e ai diversi partners coinvolti, viene concessa piena
autonomia organizzativa; tuttavia al fine di coordinare le diverse attività a
livello nazionale, il Consiglio d’Europa richiede ai paesi partecipanti di
nominare un’ equipe nazionale che sia responsabile per i diversi eventi proposti
durante la giornata.
Nella celebrazione svoltasi a Bruxelles – presso la Commissione europea – il 26
settembre 2015, diversi sono stati gli interventi autorevoli: il Commissario
europeo per il Bilancio e le Risorse Umane, Kristalina Georgieva, economista
bulgara, ha sostenuto che la diversità linguistica preserva la diversità
dell’Europa e che questo deve essere un messaggio importante sia per il mondo
politico, che per il sistema di istruzione superiore e universitario.
23
Altrettanto importante risulta – sempre secondo la Georgieva – sostenere
l’apprendimento linguistico dal sistema scolastico fino al mondo del lavoro e
delle imprese.
Anche il Vice Presidente del Parlamento europeo Ioan Mircea Paşcu ha
sostenuto che un’ Europa multilingue è essenziale per una democrazia migliore
e – in riferimento particolare alla nota e drammatica situazione dei rifugiati –
ha ricordato come una valida formazione linguistica sia alla base di una più
rapida integrazione.
Integrazione che passa ovviamente tramite il mercato del lavoro. Sono proprio i
datori di lavoro, infatti, i primi a ritenere la conoscenza delle lingue straniere
un aspetto fondamentale.
Secondo Maurice Crul, professore presso l’Università di Amsterdam, la capitale
dei Paesi Bassi è oggi la città col maggior numero di gruppi etnici in Europa,
mentre gli olandesi rappresentano solamente il 15%.
Fino agli anni ’80 infatti, i gruppi etnici più consistenti presenti sul mercato del
lavoro provenivano dalle ex colonie (Indonesia e Repubblica del Suriname,
Antille Olandesi), mentre ad oggi se ne possono contare circa una ventina.
Contesto all’interno del quale il nederlandese risulta la lingua attraverso la
quale comunicare.
Per concludere, nel corso della Giornata, i rappresentanti delle varie istituzioni
europee hanno poi tenuto a precisare che il costo pro-capite del multilinguismo
si attesta su una cifra relativamente bassa. Perché se è vero che si è passati –
dalle origini a oggi – da 4 a 24 lingue ufficiali, è altrettanto vero che gli stati
membri sono diventati 28 rispetto ai 6 che posero negli anni ’50 le basi
dell’Unione.
24
3. Apprendimento e insegnamento linguistico
La Raccomandazione del Parlamento europeo del 2006 “Competenze chiave per
l’apprendimento permanente”, identifica “la comunicazione in lingue
straniere….” tra le otto competenze chiave “…necessarie per la realizzazione
personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione29.”
In particolare, in tema di apprendimento, il “Gruppo di studio ad alto livello”
creato dalla Commissione nel 2006, al fine di analizzare una nuova strategia
globale per il multilinguismo in Europa, ha richiamato l’attenzione non solo sul
valore interculturale dell’apprendimento delle lingue, ma anche sul concetto di
motivazione, intesa come elemento chiave del successo.
Incentivare l’aspetto motivazionale nel discente è compito, fin dall’infanzia, dei
sistemi scolastici ufficiali, ma non solo. La famiglia, le associazioni extrascolastiche, gruppi di interscambio culturale e soggiorni all’estero,
rappresentano efficaci supporti alla formazione linguistica.
3.1 Il caso Finlandia
Interessante in questo senso l’esperienza finlandese, basata sulla valorizzazione
dei mezzi di comunicazione di massa come strumenti di istruzione non
tradizionale delle lingue straniere (programmi TV, corsi on-line, web series),
sull’educazione ricreativa (”edutainment”).
Se da un lato infatti i programmi televisivi hanno il potere di suscitare interesse
verso culture differenti e rappresentano uno stimolo a imparare una lingua
straniera, dall’altro Internet può offrire un sostegno maggiormente attivo
all'apprendimento linguistico. Infatti i siti web specializzati, generalmente
offrono materiale didattico ”open source”, attività di ricerca, gruppi di lavoro a
distanza, etc.
29
Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave
per l'apprendimento permanente.
25
E tuttavia anche nel sistema dell’istruzione di base, il paese scandinavo è
all’avanguardia, visto che tutti gli alunni sono tenuti a studiare – oltre
ovviamente alla lingua madre – altre 2 lingue (di cui una deve essere l’altra
lingua ufficiale) e che possono arricchire il proprio curriculum scolastico
attraverso la scelta di ulteriori materie linguistiche.
Senza contare il fatto che – in linea col multilinguismo – la legislazione
finlandese non prescrive quali lingue devono essere insegnate nelle scuole, al di
là delle due lingue ufficiali obbligatorie (finlandese e svedese). Il curriculum
locale indica quali lingue possono essere studiate.
Nell’anno 2000 i corsi di lingue straniere offerti come opzionali nelle scuole
secondarie superiori erano ben 16: inglese, svedese, russo, tedesco, francese,
spagnolo, italiano, latino, finlandese, greco, portoghese, estone, ungherese,
cinese, giapponese e sami.
Il caso Finlandia rappresenta dunque un esempio di best practice di
insegnamento e apprendimento delle lingue straniere in classico ambiente
multilingue.
26
3.2 Apprendimento linguistico: indagini e statistiche
3.2.1 C.E.F.R. - Common European Framework of Reference of
Languages
Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per la Conoscenza delle Lingue
rappresenta il più importante metodo, ideato in origine dal Consiglio d'Europa,
per fornire ai suoi Stati membri strumenti di valutazione in ambito educativo e
culturale, con specifico riferimento all’insegnamento, all’apprendimento e alla
certificazione delle lingue straniere.
Gli Stati membri dell’Unione europea si sono conformati al CEFR tanto che la
maggior parte di essi applica da tempo questo test attitudinale, strutturato
secondo sei livelli di competenza (A1, A2, B1, B2, C1, C2) e tre livelli intermedi
(A2+, B1+, B2+). Livelli utilizzati ormai in tutta Europa e in altri continenti
come parametri per fornire agli insegnanti di lingua un modello di riferimento
per la valutazione delle conoscenze linguistiche e per la preparazione di
materiale didattico.
Gli enti certificatori delle varie lingue europee hanno per altro completato
anch’essi il passaggio dai vecchi ai nuovi livelli-test, fornendo certificazioni
aggiornate o, in alternativa, tabelle di conversione tra le denominazione dei
propri livelli e quelle standard del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la
Conoscenza delle Lingue.
Inoltre anche alcuni enti certificatori di paesi extraeuropei hanno già avviato
progetti di armonizzazione dei propri livelli linguistici con quelli del CEFR.
27
3.2.2 OLS - Online Linguistic Support
Interessante sostegno linguistico on line è l’OLS – Online Linguistic Support,
creato per testare e assistere i partecipanti al programma Erasmus+ e aiutarli a
migliorare la padronanza della lingua nella quale intendono lavorare, studiare o
portare avanti esperienze di volontariato.
Beneficiari dell’assistenza linguistica in rete sono studenti universitari che
effettuano programmi di mobilità di durata compresa tra 3 e 12 mesi,
tirocinanti legati al Programme Countries, e giovani che partecipano allo
European Voluntary Service, per un periodo tra 2 e 12 mesi. Esteso dal giugno
2015 ai partecipanti ai corsi di formazione professionale in mobilità per almeno
un mese, il servizio OLS è disponibile per le seguenti lingue: tedesco, inglese,
spagnolo, francese, italiano, nederlandese. Lingue che rappresentano circa il
90% dei casi di mobilità del programma Erasmus +.
3.2.3 L’indagine European Survey on Language Competences
La ESLC – European Survey on Language Competences (Indagine Europea
sulle Competenze Linguistiche) è un'importante iniziativa della Commissione
Europea per sostenere lo sviluppo di politiche di apprendimento delle lingue in
tutta Europa, “…non soltanto...un’indagine sulle competenze linguistiche, ma
un’indagine che possa fornire informazioni sull’apprendimento delle lingue, sui
metodi di insegnamento e sui curricula” 30.
Obiettivo dell’indagine – condotta da SurveyLang, un Consorzio di 8
organizzazioni di esperti nel campo della valutazione linguistica, progettazione
questionari di campionamento, processi di traduzione e psicometria – fornire ai
paesi partecipanti “dati comparabili” sulla conoscenza delle lingue straniere e
sulle best practices nell'apprendimento delle lingue.
30
Comunicazione della Commissione al Consiglio del 13 aprile 2007: COM (2007) 184
28
Lo studio, condotto in 14 paesi su un campione rappresentativo di circa 1.500
studenti all'ultimo anno della scuola secondaria inferiore e creato per fornire
un indicatore europeo delle competenze linguistiche, ha preso in esame le due
lingue europee maggiormente insegnate tra inglese, francese, tedesco, italiano e
spagnolo.
Il metro di valutazione utilizzato per testare le competenze degli studenti dei
vari paesi presi in esame, è articolato sui livelli raggiunti in tre aree di
apprendimento:

ascolto

lettura

scrittura
Il rapporto ESLC è dunque giunto ad alcuni risultati ed evidenze interessanti
sulle varie abilità linguistiche dei soggetti censiti, mettendo particolarmente in
luce alcuni dati:

per la prima lingua straniera, la percentuale di studenti che raggiunge il
livello di utente indipendente varia dall’82% di Malta e Svezia (inglese) al
14% della Francia (inglese) e al 9% dell’Inghilterra (francese).

per la seconda lingua straniera (non inglese), il livello di utente
indipendente è raggiunto dal 4% in Svezia (spagnolo) e dal 6% in Polonia
(tedesco) rispetto al 48% nei Paesi Bassi (tedesco).
L’indagine, somministrata sia in forma cartacea che on line, è stata realizzata
secondo gli standard internazionali già adottati in altre indagini in campo
educativo quali PISA, PIRLS e TIMSS e rappresenta certamente una delle più
valide e aggiornate raccolte di informazioni sugli effettivi livelli di competenza
linguistica a livello europeo.
29
3.2.4 Il progetto “Language Rich Europe”
Infine, tra le grandi iniziative a sostegno del dialogo interculturale e del
multilinguismo in Europa, spicca l’indagine Language Rich Europe, progetto
del British Council realizzato nel 2012 in collaborazione con l’Unione Europea
degli Istituti Nazionali di Cultura (EUNIC) e in partnership con un network di
soggetti europei. Progetto destinato a fornire non solo un contributo notevole in
termini di dati analizzati, ma anche a promuovere lo sviluppo di best practices
per il multilinguismo e a favorire importanti sinergie tra policy makers e
operatori del settore (insegnanti, comunicatori, imprenditori e responsabili dei
servizi pubblici).
Il progetto del British Council, finanziato con il sostegno della Commissione
Europea e condensato in un’indagine ad ampio spettro su molti tipi di lingue
(lingue straniere, lingue regionali o minoritarie, lingue immigrate e lingue
nazionali), risponde a una forte e generale domanda di dati statistici realmente
affidabili sulle politiche e pratiche linguistiche nei vari settori dell’istruzione e
della società.
D’altra parte l’esigenza crescente di informazioni metodologicamente
armonizzate tra i vari Stati membri, pur essendo soddisfatta da diversi studi e
ricerche ad hoc e ottimamente colmata dai regolari rapporti in tema di dati
sull’insegnamento linguistico di Eurostat (Ufficio Statistico dell'Unione
Europea), sembra condurre alla necessità di progetti sempre più mirati e
scrupolosi, in grado di sensibilizzare e coinvolgere costruttivamente sia
l’opinione pubblica che i policy makers europei. Come si ritrova, appunto, nel
caso del Language Rich Europe e della sua mission:
“...lo scopo degli indicatori elaborati attraverso il progetto LRE è di agire come
strumenti per sostenere i Paesi/regioni nell’autovalutazione e nel confronto con i
documenti dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa sul multilinguismo e
plurilinguismo”… e …”attraverso questo processo…di sensibilizzare l’opinione
pubblica e gli attori della politica al macro-livello, cioè i responsabili delle
decisioni nel campo delle politiche linguistiche nazionali e regionali; e di motivare
a compiere azione concreta i principali stakeholders nei vari settori, lingue e
Paesi/regioni”31.
31
Citazione da: ”Language Rich Europe – Tendenze nelle Politiche e nelle pratiche per il multilinguismo in Europa. Pubblicato da
Cambridge University Press, per il British Council, Novembre 2012.
30
Espressione operativa finale del lungo e dettagliato lavoro di analisi e vero
punto d’arrivo dell’intero progetto LRE sono poi una serie di “raccomandazioni”
proposte a livello europeo:
Raccomandazione 1
Alcuni passi dovrebbero essere intrapresi per aumentare l’attuale conoscenza
delle lingue parlate e utilizzate nelle diverse comunità e paesi d’Europa, oltre
che nei rapporti tra le lingue. Un esempio proviene dai dati disponibili riguardo
le traduzioni. Dovrebbe essere condotta un'indagine iniziale sui dati esistenti e
le autorità competenti dovrebbero essere incoraggiate a proseguire il lavoro in
questo settore effettuando ulteriori censimenti e sondaggi.
Raccomandazione 2
La formula trilingue della Commissione europea (lingua materna più altre due)
dovrebbero essere aggiornata e ulteriormente sviluppata. Per molti cittadini la
“madre lingua” non è più la stessa della lingua nazionale. La particolare
posizione della lingua inglese significa anche che molti cittadini imparano
solamente l'inglese e raramente una seconda lingua straniera.
Raccomandazione 3
Ogni bambino e ogni adulto dovrebbe avere il diritto di conoscere la lingua
ufficiale del proprio paese di residenza a un livello fluente. Le autorità
dovrebbero fare in modo di rimuovere gli eventuali ostacoli a tale obiettivo,
offrendo ad esempio un sostegno supplementare gratuito.
Raccomandazione 4
La particolare posizione dell’inglese in Europa dovrebbe essere esplicitamente
riconosciuta, al fine di proporre un nuovo modello per la coesistenza delle
lingue nell’Europa stessa. Ciò incoraggerebbe anche un maggior numero di
ricerche sulle diverse modalità in cui l’inglese potrebbe essere utilizzato per
sostenere il multilinguismo piuttosto che indebolirlo.
31
Raccomandazione 5
Una delle priorità dei nuovi programmi dovrebbe essere quello di consentire e
favorire la mobilità e l’aggiornamento professionale degli insegnanti di lingua in
Europa attraverso la creazione di uno specifico “Erasmus” per gli insegnanti.
Collegandosi a questo obiettivo, i governi nazionali dovrebbero essere
incoraggiati a cooperare – attraverso laboratori di formazione comune e
scambio di insegnanti, formatori ed educatori – oltre ad adoperarsi nella
rimozione delle barriere occupazionali per gli insegnanti di altri Stati membri.
32
3.3 European Language Label
Istituito dalla Commissione Europea allo scopo di riconoscere le iniziative più
all’avanguardia nell'insegnamento e nell’apprendimento delle lingue a tutti i
livelli di istruzione, l’European Language Label è un prestigioso premio
conferito una o due volte l’anno - nei Paesi partecipanti - a persone o progetti
distintisi nella promozione e nell’insegnamento linguistico e rivolto a tutte le
lingue, comprese quelle regionali, minoritarie e quelle dei segni.
Ogni due anni le priorità vengono modificate. Per il 2014 e 2015 erano le
seguenti:

Lingue e inclusione sociale

Lingue e sport

Lingue come parte dell’apprendimento permanente
Il premio viene assegnato a livello locale, regionale e nazionale a quei progetti
che siano riusciti a individuare percorsi creativi per innalzare il livello
qualitativo dell’insegnamento linguistico e a motivare gli studenti attraverso
approcci originali.
Tre sono i riconoscimenti che vengono assegnati:

al miglior insegnante di lingue.

all’apprendimento linguistico più innovativo, con l'intento di migliorare gli
standard dell’insegnamento linguistico in Europa

alla persona che ha compiuto i progressi maggiori nell’apprendimento
delle lingue straniere.
33
I vincitori vengono selezionati da una giuria nazionale di esperti di lingua,
mentre i progetti oltre che validi, replicabili e innovativi devono svolgersi nel
corso dell'anno in cui viene assegnato il Premio.
4. Multilinguismo ed economia europea
Nella grande sfida del multilinguismo in Europa, emerge il tema – in linea con
la “strategia di Lisbona” – del rapporto tra competenze linguistiche e
competitività economica. Sia relativamente allo sviluppo delle imprese, che alle
prospettive occupazionali dei lavoratori.
4.1 Lo studio ELAN – Effects on the European Economy of
Shortages of Foreign Language Skills in Enterprise
Lo studio ELAN (Effetti sull’Economia Europea della Scarsa Conoscenza delle
Lingue Straniere nelle Imprese), realizzato nel 2005 su scala continentale dal
National Centre for Languages, finanziato dalla Commissione Europea e
centrato sull’importanza delle competenze linguistiche e interculturali per il
successo nelle esportazioni, è strutturato attorno ad alcuni punti chiave:

ricerca su circa 2000 piccole e medie imprese del settore
dell’esportazione di 29 stati europei (stati membri UE, Associazione
Europea di libero scambio e paesi candidati all’adesione) per indagare sui
danni economici derivanti dalle mancate ”skills” in materia di lingue.

indagine dei risultati ottenuti per ogni paese nel settore istituzionale,
educativo e del business

indagine sulle differenze fra trenta imprese multinazionali e le PMI in
merito al ruolo delle abilità linguistiche applicate alle strategie
commerciali

analisi macro-economica dei risultati della ricerca svolta sulle PMI e volta
a offrire indicazioni sugli esiti economici legati agli investimenti in
competenze linguistiche.
Nello specifico lo studio ELAN evidenzia come le piccole medie imprese europee
esportatrici siano economicamente penalizzate dalla carenza di competenze
34
linguistiche, come dimostrano gli stessi dati secondo i quali delle circa 2000
imprese-campione, 195 (11%) hanno perso contratti di lavoro con danni fino a
13 milioni di euro.
Inoltre dall’indagine è emerso come le aziende non investano autonomamente
nella formazione continua per i propri dipendenti – in campo linguistico – ma
preferiscano attendere che siano i sistemi nazionali di istruzione (e formazione)
a fornire loro persone che abbiano le adeguate competenze; l’alternativa è
rappresentata dalla ricerca di persone “geograficamente mobili” sul mercato del
lavoro che possiedano già i suddetti requisiti linguistici.
Risultato dell’ampio
“raccomandazioni”:
studio-monitoraggio,
come
di
consueto
alcune

massima diffusione dei risultati dell’indagine

“stages” di lavoro all’estero per gli impiegati delle PMI

aumento dell’offerta formativa di interpreti e traduttori degli idiomi meno
insegnati quali: Cinese, Arabo, Russo e Giapponese

studi sull’incidenza economica delle competenze linguistiche anche in
settori economici chiave come il turismo e i servizi.
35
4.2 Traduzione
multilinguismo
e
interpretariato:
i
costi
economici
del
Non vi è dubbio che una conoscenza approfondita delle lingue risulti
fondamentale anche in altri settori, come ad esempio le public relations, il
marketing, il mondo della pubblicità, finanzia ed editoria.
Come ampiamente detto il multilinguismo è uno dei valori essenziali sui cui si
regge l’impalcatura dell’UE e, proprio in questo contesto, la Traduzione e
l’interpretariato
rappresentano
uno
strumento
fondamentale
della
comunicazione tra le istituzioni e la società civile in quanto permettono a tutte
le parti coinvolte di esprimersi, comprendere e comunicare senza barriere.
L’incremento e il finanziamento del multilinguismo europeo comportano
tuttavia costi rilevanti, non solo dal punto di vista strettamente economico, ma
anche organizzativo, tanto che nel 2005 la Commissione ha incaricato lo
studioso svizzero François Grin di individuare un possibile, organico scenario
linguistico europeo.32
Il Rapporto Grin, tuttavia, dopo aver analizzato le varie opzioni praticabili –
lingua unica (inglese), trilinguismo (inglese, francese e tedesco), “lingua
artificiale” (l’esperanto) privilegiò inaspettatamente la terza soluzione.
Soluzione decisamente rifiutata dalla Commissione, che ritiene la diversità
linguistica un elemento a sostegno dell’esercizio dei diritti e della vitalità
democratica. La politica multilingue è dunque garante del processo
democratico stesso.
Stando ai dati degli ultimi anni, tra l’altro, il costo dei servizi di traduzione e
interpretariato dell’UE – che possiede il sistema formale più esigente in termini
di lingue di lavoro – risulterebbe in realtà estremamente esiguo, soprattutto se
confrontato con altre voci di bilancio: soltanto 1,1 miliardo di euro, ossia l’1%
dell’intero bilancio UE, lo 0,0087% del PIL. Vale a dire 2,20 € per cittadino. E
32
François Grin, L'enseignement des langues étrangères comme politique publique (L'insegnamento delle lingue straniere come
politica pubblica), 2005.
36
anche nell’ipotesi di un amento, un costo inferiore allo 0,01% del PIL sarebbe
da ritenersi ampiamente sostenibile.
4.3. L’inglese come lingua franca?
Abbiamo più volte detto che l’UE ha 24 lingue ufficiali e che la Commissione
europea ne utilizza 3 come ”lingue di lavoro” (inglese, francese e tedesco).
Stupisce dunque la proposta fatta nel 2013 dall’attuale Presidente della
Repubblica Federale di Germania, Joachim Gauck, proprio sulla questione
della lingua da utilizzare nella comunicazione tra gli stati membri dell’Unione
Europea.
Il capo di stato tedesco ha infatti proposto che sia l’inglese l’unica lingua
ufficiale dell’UE, ritenendola la più idonea alla promozione dei valori che
caratterizzano l’istituzione comunitaria.
Tuttavia – come era facilmente prevedibile – i paesi di lingua latina (tra cui
l’Italia) si sono dimostrati alquanto scettici: il pensiero comune infatti è che se
venisse dato il via libera alla lingua inglese non vi sarebbero altri ostacoli alla
supremazia britannica sugli altri stati membri dell’UE.
Come provocazione alcuni paesi hanno proposto dunque di istituire il latino
quale lingua franca dell’UE, mentre da altre fonti è stato rispolverato
l’esperanto (già proposto da Grin nel suo famoso Rapporto stilato nel 2005).
Infine c’è anche chi ha ipotizzato che i diplomatici dovrebbero essere obbligati a
non esprimersi mai nella propria lingua madre, allo scopo di creare maggiore
equità. Non vi è dubbio quindi che il dibattito sulla lingua sia aperto.
Per valutare poi l’incidenza della lingua inglese come “lingua franca non
ufficiale” è utile sottolineare che nemmeno in quei paesi europei che
possiedono il maggior numero di scuole e Università si riscontra un’offerta
didattica che preveda l’insegnamento di tutte le lingue ufficiali dell’Unione.
Secondo alcuni dati Eurostat, pubblicati proprio in occasione della Giornata
Europea delle Lingue 2015, l’insegnamento delle lingue straniere nella scuola
primaria è così strutturato:
37
L’81,7% degli alunni delle primarie dell’UE (circa 17,7 milioni) studia almeno
una lingua straniera: tra loro il 4,6% (un milione circa) impara due o più
lingue estere.
Oltre 17 milioni di studenti dichiarano di frequentare lezioni di lingua
inglese (95,6% sul totale), mentre:

4,9 milioni di studenti il francese (27,4%),

2,9 milioni il tedesco (16,3%),

2,1 milioni lo spagnolo (11,6%),

500mila il russo (2,7%)

200 mila l’italiano (1%).
La nostra lingua viene insegnata soprattutto nelle scuole di Malta (63,7%) e in
Croazia (11,1%). Sempre a proposito dell’Italia, è interessante notare che si
trova in cima alla classifica dell’Unione Europea, con il 99,7% di alunni
impegnati nello studio di una lingua straniera. La media europea si attesta di
poco oltre l’80%.
Infine - come prevedibile – la lingua più studiata in Italia è l’inglese, seguita a
breve distanza, rispettivamente, da francese e tedesco.
38
Conclusioni
Per concludere si può dire dunque che, anche in rapporto alla sfida della
globalizzazione, il percorso del multilinguismo, vero “valore aggiunto” per
un’Europa realmente unita, interculturale, aperta all’integrazione sociale,
impegnata nell’armonizzazione delle competenze linguistiche e sempre più in
linea con le nuove frontiere della mobilità, è pienamente avviato.
L’Europa delle diversità linguistiche, dell’apprendimento di tutte le lingue,
incluse quelle regionali, minoritarie o quelle degli immigrati, dello scambio di
esperienze, è una realtà in itinere e l’auspicio è che attorno a questa idea
portante, si sviluppi un dialogo costruttivo sia a livello delle istituzioni, che a
livello di singole identità di popoli.
Del resto, se è vero che una moderna e illuminata politica del multilinguismo
può rendersi garante del processo democratico, alimentando la tolleranza nella
moderna Europa multiculturale, è altrettanto vero che una comunicazione
interlinguistica di qualità può generare molteplici benefici economici, come una
crescita della competitività economica e un miglioramento delle prospettive
occupazionali dei lavoratori all’interno del’UE.
Ma oltre a investire le aree specifiche dell’apprendimento linguistico, dei
moderni strumenti tecnologici di sostegno, della formazione, dell’insegnamento
scolastico, il multilinguismo e le sue auspicabili declinazioni, investono in
pieno il concetto stesso di “Cultura”. Giacché la questione linguistica europea
non riguarda solo la burocrazia e l’ufficialità, ma i popoli europei nella loro
globalità, nella loro aspirazione a esprimersi secondo le proprie peculiarità,
secondo la loro storia, secondo le proprie conoscenze profonde.
Ogni lingua parlata in Europa ha caratteristiche sue proprie, ogni linguaggio è
il riflesso della cultura di un popolo. Questo è il senso profondo del
multilinguismo, nei confronti del quale è sempre più auspicabile una strategia
globale
39
E davvero, come affermava Jean Jacques Rousseau nel ”Saggio sull'origine
delle lingue,“…”le lingue hanno tratto origine dai bisogni morali, dalle passioni.
Le passioni avvicinano gli uomini”.
BIBLIOGRAFIA
G. Agresti, M. D’Angelo, Rovesciare Babele. Economia ed ecologia delle lingue
regionali e minoritarie, Aracne editrice, Roma, 2010.
J.C. Beacco et al. Guide for the Development and Implementation of Curricula
for Plurilingual and Intercultural Education, Council of Europe, Language Policy
Division, Strasbourg, 2010.
M. Cennamo (a cura di), Plurilinguismo e integrazione: abilità e competenze in
una società multietnica, ESI, Napoli, 2010.
A. Chiti-Batelli, L’Europa intera parlerà solo inglese? Per un’interlinguistica
scientifica, Franco Angeli, Milano, 2007.
E. Chiti, R. Gualdo, Il regime linguistico dei sistemi comuni euroepi: l’unione tra
multilinguismo e monolinguismo, Giuffrè, Milano, 2008.
D. Cosmai, The Language of Europe. Multilingualism and Translation in the EU
Institutions: Practice, Problems and Perspective, Université de Bruxelles, 2014.
T. De Mauro, In Europa son già 103. Troppe lingue per una democrazia?,
Laterza, Roma-Bari, 2014.
U. Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma,
2012.
M. Gazzola, F. Guerini, Le sfide della politica linguistica di oggi: fra la
valorizzazione del multilinguismo migratorio locale e le istanze del plurilinguismo
europeo, Franco Angeli, Milano, 2006.
F. Grin, L'enseignement des langues étrangères comme politique publique, in
Haut Conseil de l’evaluation de l’ecole, N.19, Septembre 2005.
F. Ost, Traduire. Défense et illustration du multilinguisme, Fayard, Paris, 2009.
40
N. Ostler, The last lingua franca: English Until the Return of Babel, Penguin
Books, London, 2010.
41