Untitled - Rizzoli Libri

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Untitled - Rizzoli Libri
VICTOR LODATO
MATHILDA
Traduzione di Sergio Claudio Perroni
ROMANZO
BOMPIANI
LODATO, VICTOR, Mathilda Savitch
Copyright © 2009 by Victor Lodato
All rights reserved
Published in arrangement with Marco Vigevani Agenzia Letteraria
ISBN 978-88-452-6582-2
© 2010 RCS Libri S.p.A.
Via Mecenate 91 - 20138 Milano
Prima edizione Bompiani settembre 2010
A mia madre, Sophie, sempre presente
Perché i bambini sono innocenti e amano
la giustizia, mentre la maggior parte di
noi è malvagia e predilige naturalmente la
misericordia.
G. K. CHESTERTON@
PARTE PRIMA
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Voglio essere tremenda. Voglio cose tremende, perché
no? Noia è noia è noia è la mia vita. Come adesso, è sera
tardi, non tanto da andare a letto, ma troppo per uscire, e
loro due lì a leggere leggere con gli occhi che si muovono
come le luci dentro una fotocopiatrice. Stasera mentre davo
una mano a mettere i piatti nella lavastoviglie, ne ho rotto
uno. Ho detto scusa mamma mi è scivolato. Ma non era
affatto scivolato, ecco come sono io certe volte, e voglio
essere perfino peggio.
Ho fatto male a varie cose, l’ho imparato dai ragazzi.
Strappando le zampe ai ragni e roba del genere. Il figlio dei
vicini Kevin Ryder e i suoi amici mi lasciavano entrare nel
loro fortino. Ma è roba di anni fa, ero piccola, non importava essere maschio o femmina. Immagino che oggi sarebbe contro la legge entrare nel loro fortino. La legge di mia
madre. Perché non resti a casa? dice. Sta’ attenta là fuori,
dice ogni volta che metto piede fuori. Sono soltanto parole? mi chiedo. Gliene frega davvero qualcosa? A chi pensa
davvero quando pensa a me? Io qualche sospetto l’avrei. E
comunque, i ragazzi ce l’hanno ancora un fortino? Probabile che sia distrutto da un pezzo. Era un fortino tra gli
alberi, fatto di foglie e rami secchi e coperte vecchie. Roba
che non dura in eterno.
Ma adesso sul mio corpo so cose che allora non sapevo.
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Non è più l’innocenza dei tempi andati, questo è sicuro.
Tremendo è facile se ti impegni. Certe volte pizzico
Luke. Luke è il nostro cane. Non puoi pizzicare un cane
qualsiasi, potrebbe morderti. Ma Luke è vecchio e altruista, è un cane tutto amore amore amore e quindi non ti
morderebbe mai e poi mai. Mi metto lì a fargli un po’ di
coccole e poi di colpo gli dò un pizzicotto e lui guaisce e va
in giro per la stanza in cerca del pizzicatore misterioso. Non
ha il minimo sospetto che sia io, per dire quant’è accecato
dall’amore. Ma se qualcuno mi puntasse una pistola alla
tempia – gli voglio bene o non gli voglio bene? – finirei per
dire che gli voglio proprio un gran bene a quello stupido
cane. Vive con noi da sempre e dorme sul mio letto.
Se vi interessa saperlo, sono nata in questa casa con
questo cane e quei due, insegnanti di tutto. Una casa blu.
Vedendola da fuori, giurereste che ha una faccia, per come
sono messe le finestre. Occhi di finestre, naso di finestra, e
per bocca una porta. Ciao casa, dico ogni volta che torno a
casa. Lo dico da non so più quanto tempo. Ci sono altre
cose che dico, e migliori di questa, ma me le tengo per me.
Ho molti segreti e ne avrò altri. Una volta mi capitò di
leggere la storia di una ragazza che era morta e quando
l’avevano aperta le avevano trovato nella pancia un lucchetto d’oro e le piume di un uccello. Nessuno riusciva a capire come ci fossero finiti. Ecco, io sono così. Stessa storia,
solo che nella mia pancia cosa ci troveranno? Ecco una
domanda degna di riflessione.
Mentre li guardo leggere mi viene per un attimo il
sospetto che mamma e papà siano diventati di pietra. Ma
allora dov’è la donna coi serpenti nei capelli? mi chiedo.
Sono io? Poi vedo i libri andare un po’ su e giù e quindi
capisco che mamma e papà grazie a dio stanno respirando.
Luke è un’enorme pozzanghera di pelo sulla moquette,
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perso nel mondo dei sogni. All’improvviso fa una scoreggia
e apre un occhio. Ehi, che succede? si domanda. Chi è là?
Gran cane da guardia, non sa distinguere tra una scoreggia
e un topo d’appartamento. Ed è troppo pigro per andare a
indagare. Finché non gli sfilano il tappeto da sotto la
pancia, non gliene frega niente. Gli leggo nel pensiero.
Psicanalizzare gli animali sarebbe un lavoro perfetto per
me. Gli unici animali che non riesco a decifrare sono gli
uccelli. Gli uccelli sono i pazzi del regno animale. Li avete
mai osservati? Dio santo, sono completamente pazzi!
Nemmeno quando cantano mi fido al cento per cento di
loro.
Odio tutto questo silenzio. Una puzzolentissima scoreggia di cane e poi più niente, ti verrebbe da chiederti se sei
diventata sorda. Una persona nella mia posizione comincia
a farsi domande sulle cose, perfino sulla morte. Sulla morte
e sul tempo e sul perché certe volte di sera mi spavento
quando sto seduta a guardarli che leggono e quasi non
respirano se non fosse per i libri che vanno su e giù come
qualcosa che galleggia sull’oceano. E l’altra domanda è se
mamma è di nuovo ubriaca, ma non la faccio. Zitta e fatti
gli affari tuoi, penso. Mamma è un free man in Paris. Che è
una canzone che le piaceva cantare quando in casa c’erano
ancora canzoni. Storia antica.
Ah, e anche l’infinito! Ce l’ho di nuovo in testa. Roba
che a pensarla ti tiene sveglia tutta la notte. Avete mai
provato a farlo? Pensare all’infinito? Impossibile. È peggio
che pensare agli uccelli. Ti dici: ok, immagina che lo spazio
finisce, l’universo finisce, e alla fine di tutto c’è un muro.
Bene, solo che a quel punto ti dici: e dietro il muro cosa c’è?
Anche se fosse un muro in carne e ossa sarebbe un muro in
carne e ossa che va avanti per l’eternità, un muro in carne e
ossa all’infinito. Quando mi inceppo a pensarci, la cosa
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che faccio è strapparmi qualche capello dalla testa. Li strappo uno alla volta. Non fa male. Però devi avere mani da
chirurgo per separare i capelli e assicurarti di averne soltanto uno tra le dita prima di strappare. Devi concentrarti
parecchio sull’operazione, così ti impedisci di pensare alle
altre cose. Ti tranquillizza.
Lui sta leggendo un libro sulla Cina e lei un’antologia di
prose di Ezra Pound, per darvi un’idea. Lei si è tolta le scarpe e lui no. Venere e Marte, se volete il mio parere. E io
sono la Terra, anche se loro neanche lo sanno.
La cosa che faccio di solito quando di capelli ne ho
strappati abbastanza è buttarne un po’ nel cesso e conservare gli altri in un barattolo. È rischioso, lo so, perché se
qualcuno trovasse i capelli potrebbe usarli per fare una
bambola a forma di me e a quel punto mi avrebbe in suo
potere per sempre. Se bruciasse la bambola morirei, sparirei. Infinito.
“Che stai facendo?” dice mamma. “Piantala di strapparti i capelli.” Incrocia le gambe. “Non hai qualcosa da leggere?”
Daccapo i libri. Mi metterei a urlare. Cioè, i libri mi piacciono, ma non ho voglia di farne il mio pane quotidiano.
“Sto solo pensando,” rispondo.
Lei dice che la innervosisco a fissarla così, perché non
vado a letto?
Un tempo mamma era bella, prima che la conoscessi.
Era di una bellezza senza pari, come dice papà. Adesso ha
sempre l’aria di una che ha appena smesso di piangere, ma
è perché legge molto. E scrive molto. Valutazioni di temi,
appunti personali. Poi se piange non lo so, non sta a me fare
domande del genere. Se avesse voglia di piangere non ci
troverei niente di strano. Ha un sacco di buoni motivi.
“Cosa stai scrivendo?” le domandai una volta. “Il gran14