Il Ritratto di Dorian Gray: l`estetismo e Oscar Wilde (Gioacchino Dieli)

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Il Ritratto di Dorian Gray: l`estetismo e Oscar Wilde (Gioacchino Dieli)
Dieli Gioacchino (TDL)
Il ritratto di Dorian Gray: l’estetismo e Oscar Wilde
Perché le opere e la vita stessa di Oscar Wilde suscitarono parecchi
scandali nell’Inghilterra di fine 800?
Oscar Wilde (Dublino 1854 - Parigi 1900),
dopo gli studi classici al
Trinity College di Dublino, frequentò l'università di Oxford, dove subì
l'influenza della poetica di Walter Pater e John Ruskin. Wilde è un
personaggio eccentrico e di rara eleganza, cominciò a far parlare di sé negli
ambienti mondani e fu preso di mira dalla rivista umoristica 'Punch', che ne
mise in ridicolo vezzi e atteggiamenti. Per il suo acume e il fascino della
sua conversazione brillante, ebbe tuttavia anche numerosi estimatori.
Amato, odiato, respinto, cercato, Wilde è il simbolo del nuovo movimento
estetico e, al tempo stesso, il bersaglio polemico per antonomasia di tutti
coloro che non la pensavano come lui. Per questo motivo nel 1882, in
occasione della rappresentazione di un’opera che ridicolizza l’estetismo,
viene chiamato negli Stati Uniti per una serie di conferenze, con lo scopo di
presentare il soggetto vivente nella parodia. Ma Wilde non si lascia
incastrare e, nonostante l’ostilità del pubblico, insiste, recuperando
soprattutto l’insegnamento di Ruskin, sull’importanza del bello come
antidoto agli orrori della società industriale.
La seconda metà dell’800, epoca in cui visse Wilde, fu caratterizzata in
Inghilterra da quella che venne chiamata “l’età vittoriana”. L’età vittoriana
prese il nome dalla regina Vittoria che salì al trono nel 1837. Negli ultimi
vent’anni di regno la popolarità di Vittoria presso tutte le classi sociali
raggiunse i massimi livelli. Il sostegno della regina alla guerra boera (18991902) accrebbe ulteriormente i suoi estimatori sia in patria sia all’estero.
Considerata un esempio di onestà, moralità, patriottismo e dedizione alla
famiglia, Vittoria fu il simbolo vivente della solidità dell’impero britannico.
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Il suo regno, durato sessantatré anni, fu il più lungo nella storia
dell’Inghilterra: durante quella che passò alla storia come “età vittoriana” la
Gran Bretagna conobbe un periodo di prosperità senza precedenti, del quale
beneficiò soprattutto la classe media. In questo contesto un uomo con la
morale di Wilde non poteva che suscitare scandalo, in quanto andava
contro tutti quei valori che la regina Vittoria, con successo, era riuscita ad
inculcare nel popolo.
Che cos’era l’estetismo cosi caro a Wilde e che cosa significava vivere
da esteta?
L'Estetismo è un movimento letterario della seconda metà dell'800.
Rappresenta una tendenza del Decadentismo che si sviluppa grazie a figure
come Walter Pater e John Ruskin. Il principio fondamentale dell'Estetismo
“l'arte per il gusto dell'arte”
consiste nel vedere l'Arte come
rappresentazione di se stessa, possedente una vita indipendente proprio
come il Pensiero, che procede solo per le sue vie. Essa non ha alcun
rapporto con l'epoca in cui si sviluppa, anzi è spesso contraria ad essa e
l'unica storia che la concerne è la storia del suo stesso sviluppo. Altra
dottrina molto importante per gli esteti è questa: tutta la cattiva arte trae
origine dal ritorno alla vita e alla natura e dal loro innalzamento al rango di
ideali. Nel momento in cui l'Arte rinuncia alla fantasia per la realtà,
rinuncia a se stessa. Come si può ben comprendere, dunque, il realismo è
visto dagli esteti come un totale fallimento, ed essi sostengono ancora che
le uniche cose belle sono quelle che non riguardano in prima persona. È la
vita ad imitare l'Arte, come spesso ci ricorda Wilde nel suo saggio La
decadenza della Menzogna e questo non deriva solo dall'istinto imitativo
della vita ma anche dal fatto che il fine cosciente della vita è quello di darle
libero sfogo, e che l'arte è l'espressione di questo stesso sfogo. Da questo
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consegue anche che la Natura stessa si modifica a immagine dell'Arte. Gli
unici effetti che essa può mostrarci sono quelli visibili grazie alla poesia, o
nei dipinti. In questo consiste il segreto del fascino della Natura, ma anche
la sua debolezza. L'Estetismo presenta anche un continuo invito a godere
della giovinezza fuggente, un edonismo nuovo in cui l'esaltazione del
piacere è morbosamente collegata alla corruzione della decadenza e in cui
la bellezza è intesa come manifestazione del genio ma superiore, al
contempo, al genio stesso. La figura dell'Esteta, è stata consacrata dal Des
Esseintes di Joris-Karl Huysmans, dall'Andrea Sperelli di Gabriele
D'Annunzio, oltre che dal Dorian Gray del già citato Wilde. È l'artista che
vuol trasformare la sua vita in opera d'arte, sostituendo alle leggi morali le
leggi del bello e andando continuamente alla ricerca di piaceri
raffinati,impossibili per una persona comune anche attraverso l'utilizzo di
alchool e droghe. L'Esteta ha infatti orrore della vita comune, dei ceti
inferiori, della volgarità borghese, di una società dominata dall'interesse
materiale e dal profitto, e si isola in una Torre d'avorio, in una sdegnosa
solitudine circondato solo da Arte e Bellezza.
In questo contesto, l’esteta è colui che assume come principio regolatore
della sua vita non i valori morali, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, ma
solo il bello, ed esclusivamente in base ad esso agisce e giudica la realtà.
Egli si colloca cosi al di là della morale comune, in una situazione di
assoluta eccezionalità rispetto agli uomini mediocri. Gli atti quotidiani
della sua vita sono trasformati in materiali per una vera e propria opera
d’arte. Arte e vita per l’esteta si confondono, nel senso che la seconda è
assorbita interamente dalla prima. Tutta la realtà è da lui filtrata attraverso
l’arte. Ogni aspetto che incontra, egli lo trasfigura sovrapponendo su di
esso la memoria di un capolavoro artistico: se vede un bel viso, un bel
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paesaggio, immediatamente lo associa ad un viso, ad un paesaggio
immortalato dal verso di un poeta, da una pittura di grande merito. L’esteta
va costantemente alla ricerca di sensazioni rare e squisite, si circonda degli
oggetti più preziosi, quadri, stoffe, libri antichi , prova orrore per le banalità
e la volgarità della gente comune, che resta sorda alla rivelazione del bello
e di questa vera e propria religione.
L’esteta ha orrore della vita comune, della volgarità borghese, di una
società dominata dall’interesse materiale e dal profitto, dall’egualitarismo
democratico, e si isola in una sdegnosa solitudine, circondato solo dalla
bellezza e dall’arte. Il presente è per lui il trionfo della bruttezza e dello
squallore, ciò che è bello ed eletto può essere collocato solo nel passato, in
età di suprema raffinatezza come quella greca o quella rinascimentale.
The pictures of Dorian Gray e l’estetismo in europa
Dorian Gray è un giovane aristocratico dalla bellezza folgorante non
comune. L’amicizia con l’elegante e raffinato Lord Henry Wotton,
conosciuto nello studio di un amico pittore innamorato di Dorian, Basilio
Hallward, che esprime questa adorazione facendogli ritratti, lo spingono ad
apprezzare la cultura e il senso estetico. Impara così a considerare la
bellezza come qualcosa di sublime, come il fine ultimo delle cose, tanto
che, colpito dalla bellezza della sua stessa immagine, riprodotta nell’ultimo
ritratto di Basilio, il più bello, un vero e proprio capolavoro, decide di fare
un patto con il diavolo: lui non invecchierà mai perché sarà il quadro a
invecchiare al posto suo. Gli anni passano e Dorian è sempre bello e
giovane, è uno spirito inquieto, alla ricerca continua di qualcosa di nuovo
che possa sollecitare e appagare la sua morbosa sensibilità, appassionato di
ogni frivolezza, ma anche d’ogni esperienza intellettuale (dal misticismo al
materialismo), cultore della musica e del teatro, esperto di profumi, gioielli,
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ricami, arazzi e perfino di paramenti ecclesiastici. Il dandy Dorian non è
affatto personalità vuota, superficiale. La sua vita “inimitabile” è «… la
prima e la maggiore delle arti…». Avido di piaceri e del tutto privo di
inibizioni
morali,
fa
scelte
di
vita
fortemente
snobistiche,
aristocraticamente frivole e esasperatamente sensuali. Conosce una
ragazza, ma la storia d’amore finisce presto e la giovane si uccide. La
tragedia, nonostante Dorian persegua sempre quel modello di vita
“inimitabile”, gli ha lasciato un segno profondo e, quando viene colto da
rimorsi e non è più in grado di sopportare oltre l’immagine di depravazione
che il quadro gli riflette, colpisce il ritratto con una pugnalata e cade morto
come se avesse colpito se stesso. Il quadro, tremenda allegoria del rimorso,
torna allo splendore originario e Dorian, o meglio il suo cadavere, assume
la terribile fisionomia che il tempo e la sua vita dissipata gli hanno
procurato. Il ritratto che invecchia al posto di Dorian è il simbolo del
conflitto tra vita come arte e arte come vita, di quel confine sottile, quasi
impercettibile tra arte e vita, che pian piano si esaurisce, fino a far della vita
stessa un’opera d’arte.
F. Sciacca, in un suo studio storico filosofico, Appunti storici per una
storia dell’Estetismo, a proposito dell’esistenza che l’esteta vive come
opera d’arte, afferma: «[l’esteta è] eroe della bellezza e del piacere, per il
quale il mondo è, per una parte, il suo palcoscenico e, per l’altra, la sua
platea: all’esteta, del bene e del male, del dolore e delle miserie altrui non
importa niente se non nella misura in cui possono essere ingredienti del suo
ideale di vita…».
Una figura analoga a quella di Dorian è presente ne Il piacere di
D’annunzio, a testimonianza che l’estetismo ebbe grandi esponenti anche
nel resto d’Europa.
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Dorian Gray, così come Des Esseints e Andrea Sperelli, è un “eroe
decadente”, un esteta esasperato, tanto diverso dall’eroe classico, greco e
romano, e da quello romantico. Più che un immorale è un amorale, in
quanto in lui il senso del bello, al primo posto nella scala dei valori, ha fatto
dimenticare i valori di bontà e di giustizia. È un individuo cinico e
dissoluto che, ossessionato dal raggiungimento del sublime, del bello,
calpesta ogni legge umana e divina, disprezza tutto ciò che è mediocre o
banale e, chiuso nella sua eleganza, persegue quelle sensazioni e quei
piaceri che sono propri di un’élite fatta di persone speciali, eccezionali.
Questi personaggi sono qualcosa di più di semplici invenzioni letterarie:
essi, come i romanzi dei quali sono protagonisti, testimoniano la grave crisi
che alla fine dell’Ottocento sta corrodendo, se già non li ha distrutti, gli
ideali romantici e positivistici, ideali fondati sull’impegno sociale, sui
principi di uguaglianza e di solidarietà e, soprattutto, su una forte e salda
coscienza morale. Gli stessi autori di questi personaggi avvertono
pienamente la coscienza della crisi: D’Annunzio e Wilde sono accomunati
da
caratteristiche
intellettuali
e
da
comportamenti
eccentrici
e
anticonformisti simili. I modi eleganti, i raffinati paradossi con cui WildeGray tentava di colmare il vuoto artistico dell’età vittoriana, fecero di lui il
simbolo e l’idolo dell’avanguardia culturale, ma lo esposero anche alle
vendette dell’aristocrazia londinese che, puntando sul perbenismo
conservatore, lo fece incarcerare per oltraggio alla morale, per
omosessualità, subendo così una pesante sconfitta.
A preface to The pictures of Dorian Gray
L’artista è il creatore di cose belle.
Rivelare l’arte e nascondere l’artista è il fine delll’arte.
Il critico è colui che può tradurre in diversa forma o in nuova sostanza la sua
impressione di cose belle.
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Tanto le più elevate quanto le più intime forme di critica sono una sorta di
autobiografia.
Coloro che scorgono brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere
affascinanti. Questo è un errore.
Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono le persone colte. Per
loro c’è speranza.
Essi sono gli eletti: per loro le cose belle significano bellezza.
Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male.
Questo è tutto.
L’avversione del diciannovesimo secolo per il realismo è la rabbia di Calibano
che vede il proprio volto riflesso nello specchio.
L’avversione del diciannovesimo secolo per il romanticismo è la rabbia di
Calibano che non vede il proprio volto riflesso nello specchio.
La vita morale dell’uomo è parte della materia dell’artista, ma la moralità
dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto. L’artista non desidera
dimostrare nulla. Persino le cose vere possono essere dimostrate.
Nessun artista ha intenti morali. In un artista un intento morale è un
imperdonabile manierismo stilistico.
Nessun artista è mai morboso. L’artista può esprimere qualsiasi cosa.
Il pensiero e il linguaggio sono per un artista strumenti di un’arte.
Il vizio e la virtù sono per un artista materiali di un’arte.
Dal punto di vista formale il modello di tutte le arti è l’arte del musicista. Dal
punto di vista del sentimento il modello è l’arte dell’attore.
Ogni arte è insieme superficie e simbolo.
Coloro che scendono sotto la superficie lo fanno a loro rischio.
L’attore rispecchia lo spettatore, non la vita.
La diversità di opinioni intorno a un’opera d’arte dimostra che l’opera è nuova,
complessa e vitale.
Possiamo perdonare un uomo d’aver fatto una cosa utile se non l’ammira.
L’unica scusa per aver fatto una cosa inutile è ammirarla intensamente.
Tutta l’arte è completamente inutile.
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Nella prefazione al ritratto di Dorian Gray, Wilde riassume i principi su cui
si basa l’estetismo decadente. Risalta, in primo luogo, il culto della bellezza
e della forma, considerati come valori fini a se stessi. L’arte non ha alcuno
scopo educativo e morale, i vizi e le virtù sono una semplice “materia
d’arte”, ma non hanno nulla a che vedere con il significato estetico
dell’opera. In questo senso la vera “arte è perfettamente inutile”, solo gli
“eletti” possono capirla ed apprezzarla, costituendo quindi il pubblico
ristretto, particolarmente raffinato e selezionato, al quale si rivolge l’artista
decadente. A queste premesse si ispira il principio decadente dell’arte pura,
che vale di per se stessa, acquistando un significato assoluto, al di là di ogni
contaminazione con la realtà. Si afferma anche, di conseguenza, un nuovo
modo di impostare il rapporto arte-vita, nel senso, indicato ancora da
Wilde, secondo cui non è l’arte che imita la vita ma viceversa.
Riflessioni conclusive
La finzione romanzesca, che permette all’autore di rappresentare con
realistica precisione i bassifondi londinesi e l’alta società vittoriana,
esprime la dicotomia tra etica ed estetica nel contrasto tra l’eterna
giovinezza di Dorian e le alterazioni prodotte dal passare del tempo sul suo
ritratto. Colui che si affida all’estetica per costruire la propria vita come
un’opera d’arte sfugge alla contingenza della realtà e rifiuta ogni tipo di
alienazione, in particolare i valori morali della società borghese:
matrimonio, eterosessualità, comportamenti mondani.
Insieme con il romanzo francese Controcorrente di Huysmans, Il ritratto di
Dorian Gray costituisce una sorta di vangelo del decadentismo di fine
Ottocento, che si opponeva ai valori del positivismo e all’ideologia del
progresso. In contrasto con la produzione industriale di massa e
l’uniformazione sociale, i decadenti privilegiavano il gusto per l’oggetto
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d’eccezione, la ricerca di sensazioni rare, il tentativo di fare della vita
un’opera d’arte non sottomessa alle leggi del mercato.
Come Wilde più di cento anni fa anche al giorno d’oggi ci sono persone
che vivono nello scandalo macchiandosi di colpe legate ad una morale
disinibita. Forse Wilde ha rappresentato una delle tante figure dissidenti in
seno alla società che sono sempre presenti in ogni epoca e che non avendo
forme lecite per protestare con la società, creano delle regole proprie.
“L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedere ad essa”
Oscar Wilde.
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Riferimenti bibliografici
• Wilde,Oscar “il ritratto di Dorian Gray” (trad. F. Ferrucci, 1996),
Einaudi, Torino.
• Ferretti, “Estetismo” , 1940, Trimarchi, Palermo.
• D’annunzio, Gabriele, “il piacere”, 1995, Newton compton.
• Zanetti,Giorgio, “estetismo e modernità”, 1996, Il Mulino, Bologna.
• D’amico,Masolino “Vita di Oscar Wilde attraverso le lettere”, 1977,
Einaudi, Torino.
• Sciacca, “Appunti storici per una storia dell’estetismo”, 1985, La
spiga, Firenze.
• Wilde, Oscar “la decadenza della menzogna”, Einaudi, Torino.
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