Politica estera e strategia matrimoniale di Ferdinando I nei primi

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Politica estera e strategia matrimoniale di Ferdinando I nei primi
ROBERTA MENICUCCI
Politica estera e strategia matrimoniale
di Ferdinando I
nei primi anni del suo principato
A stampa in
Ferdinando I de' Medici. Maistatem Tantum, catalogo della mostra (Firenze) a cura di M.
Bietti, A. Giusti, Livorno, 2009, pp.34-47
________________________________________________________
Distribuito in formato digitale da
«Storia di Firenze. Il portale per la storia della città»
<http://www.storiadifirenze.org>
2
Le istruzioni agli ambasciatori: primi atti della apolitica estera di Ferdinando I
Nei giorni immediatamente successivi alla morte del granduca Francesco, avvenuta il 19 ottobre
1587, il cardinale Ferdinando1, preso con tranquillità il possesso dei suoi stati2, si preoccupò
subito di dare la notizia di questa scomparsa e della sua successione al trono toscano ai
signori e principi italiani ed europei.
Le lettere3 che scrisse e le istruzioni4 che diede agli ambasciatori5 inviati ai sovrani, al di là delle
formule rituali e di circostanza, offrono già, nel momento stesso della sua ascesa, precise
indicazioni di come egli intendesse muoversi nello scenario politico italiano ed europeo. Ferdinando
arrivava alla guida del principato mediceo ad un' età matura e dopo una lunga esperienza alla corte
papale, dove , come mostra il saggio di Elena Fasano Guarini,"Roma officina di tutte le pratiche del
mondo” 6, aveva maturato una grande conoscenza non solo delle cose italiane, ma anche di quelle
europee e aveva elaborato una propria visione e una propria strategia politica.
Dalla quasi ventennale esperienza romana Ferdinando aveva ricavato la consapevolezza
dell'importanza del papato e dell' azione politica che questo poteva svolgere in un periodo come
quello in cui gli scontri religiosi divenivano scontri politici e viceversa; così nella lettera inviata a
Sisto V e nell'istruzione scritta per l'ambasciatore Giovanni Niccolini, che veniva mandato a Roma
per "condolersi" con lui, vi è la precisa volontà di mantenere e, se possibile, rafforzare il rapporto
che lo legava al papa, richiamandosi ai vincoli personali di devozione e amore che li univano.
L'uso di termini come "figlio", "fratello", il richiamo all'unione delle due case, il cardinale
Montalto, nipote del papa, dichiarato come un altro se stesso, la lontananza da Roma definita come
un "quasi esilio", mostrano la forza con cui Ferdinando voleva mantenere e richiamare alla
memoria i legami personali, che egli era riuscito a creare con Sisto V e con la sua famiglia, nel
momento in cui veniva meno il contatto diretto e nello stesso tempo cresceva l'importanza che per
lui, ora a capo di uno stato, essi potevano avere.
Roma però non era solo il pontefice; il cardinale granduca sapeva bene quanto fossero importanti,
per mantenere influenza nel collegio cardinalizio e quindi nella politica pontificia e soprattutto
nell'elezione dei pontefici, i rapporti con i cardinali, rapporti che lui aveva sempre curato7 e che
continueranno ancora ad essere al centro dei suoi interessi come si vede dalla fitta corrispondenza
con molti di essi, dai doni, dalle esortazioni al cardinale Montalto a curare i cardinali amici.
Scriveva Domizio Perosi8 in una biografia inedita di Ferdinando9
1
FASANO GUARINI in DBI, 1996, pp. 265-270; GALLUZZI 1781, III,V, pp. 1-24; DIAZ 1987, pp. 280-288.
ASFi, MdP 3297, Niccolini-Usimbardi, 14 novembre 1587, c. 18rv; ASFi, MdP 5042, Usimbardi-Alamanni, 12
gennaio 1588, cc. non num.
3
ASFi, MdP 271, Granduca-Sisto V, 24 ottobre, c. 24r e cc. 25rv; ivi, Granduca-Filippo II re di Spagna, 26 ottobre 1587,
cc. 42rv; ASFi, MdP 274, Granduca- Enrico III re di Francia, 20 novembre 1587, c. 19v; ivi, Granduca-Caterina de'
Medici, 20 novembre 1587, cc. 19v-20r.
4
ASFi, MdP 271, Istruzione a Giovanni Niccolini mandato a Roma, 25 ottobre 1587, cc. 18r-21v; ivi, Istruzione a
Giovan Vincenzo Vitelli mandato in Spagna, 26 ottobre 1587, cc. 36r-41v; ASFi, MdP 274, Istruzione a Orazio del
Monte mandato in Francia, 20 novembre 1587, cc. 17r-18v. L'elenco completo delle istruzioni con le relative spese dei
viaggi degli ambasciatori straordinari si trova in ASFi, MdP 2639, I, cc.4r-9r e 10rv; sulle istruzioni di Ferdinando agli
ambasciatori vedi MARTELLI 2008, pp. XXXII-XXXVIII.
5
DEL PIAZZO 1953; CONTINI 1988, pp. 57-133.
6
FASANO GUARINI 1998, pp. 265-297.
7
Ancora su questo il saggio della FASANO GUARINI 1998, pp. 280-281.
8
Domizio Perosi fu segretario dell'ambasciatore Giovanni Niccolini a Roma.
9
ASFi, Carte Strozziane, I, 53, biografia di Ferdianndo I scritta da Domizio Perosi, testo manoscritto.
2
3
Tre cose lo fecero star sempre con l' animo in quei negotii di Roma et in quelle deliberationi vigilantissimo: la prima
per haver tanta autorità nel collegio de cardinali et nella creazione dei pontefici, che non havesse mai a temere de'
concetti d' un altro papa, il quale si vedesse munito et appoderato di quel cumulo di tesori che Sisto V si dilettava di
radunare, la seconda per haver parte nel mantener l' Italia in libertà et in sicurtà col ricordarlo al papa, col farne con
esso lui efficacissimi offizi et col concorrer col suo [5r] consiglio et con le sue forze a quella parte verso la quale
havesse inclinato il papa vicario di Christo, padre comune et autore della pace. La terza perch' egli sapeva molto bene
che se si tratta di religione, la quale per la salute dell'anima et per la quiete delli stati importa tanto, non si può né si
deve trattare o determinare alcuna cosa senza il pontefice10 .
L'altro centro degli interessi politici di Ferdinando era Madrid: nelle lettere inviate in Spagna al
fratello don Pietro11, all' ambasciatore Alamanni12, a Filippo II e nell'istruzione scritta per Giovan
Vincenzo Vitelli, inviato in Spagna, veniva ribadito un solo concetto: quello della fedeltà del nuovo
granduca alla corona di Spagna, col richiamo esplicito al debito di riconoscenza della sua casa13 e
alla devozione e servitù dei suoi predecessori.
La storia del principato toscano era, infatti, strettamente legata agli Asburgo: era stato Carlo V che
nel 1530 aveva riportato i Medici a Firenze con Alessandro, che nel 1537 aveva riconosciuto
Cosimo come nuovo duca e che lo aveva appoggiato nella conquista di Siena.
Di conseguenza la politica dei primi sovrani medicei si era sempre svolta all'interno dell'orbita
spagnola; in maniera più spregiudicata e libera quella di Cosimo, più prudente quella di Francesco.
Ferdinando aveva ben presente questo debito di riconoscenza e questa fedeltà " hereditaria"e lo
ribadisce più volte nelle sue lettere, ma i suoi rapporti con la Spagna durante il suo cardinalato non
erano stati facili; anche se nel 1582 era riuscito ad ottenere, dopo molto brigare, il titolo di
cardinale protettore della Castiglia14, era sempre rimasta una grande diffidenza reciproca, dovuta in
parte all' ambasciatore spagnolo a Roma, il duca d'Olivares, nettamente ostile al cardinale de'
Medici, ma anche ai comportamenti di Ferdinando e alla sua autonomia rispetto alla politica
spagnola, come dimostrò anche nel 1585 nell'elezione del pontefice, quando in opposizione al
cardinale Farnese e all' ala spagnola del Conclave riuscì a far eleggere il cardinale di Montalto,
Felice Peretti15.
Ma la sua nuova posizione di principe richiedeva un diverso rapporto con la corona spagnola,
come diceva l'ambasciatore spagnolo a Parigi a un confidente del granduca." Ma al presente che è
Gran Duca non parlerà più né viverà da cardinale, ma da huomo nudrido alla sottilità di Roma,
convenendole mutar stile havendo mutato dignità"16.
Da qui il dispiegarsi dell'azione diplomatica del cardinale granduca, che si sforzava di
riaffermare e ribadire questa fedeltà, che d'altra parte Filippo e i suoi ministri sembrarono disposti
ad accettare, mostrando disponibilità a prendere per buone le sue parole e le sue offerte di
devozione.
Meno impegnativa e più ordinaria risulta invece l'istruzione per Orazio del Monte17, mandato a
Parigi, anche se non mancano richiami alla parentela e alla "particulare affetione" del cardinale
granduca verso la maestà del re; ma se la lettera a Enrico III si mantiene nei termini cerimoniali,
ben diversa è quella alla regina madre Caterina, in cui sono molto forti i richiami alla parentela e al
10
Ivi, c. 4r.
ASFi, MdP 271, Granduca-don Pietro, 22 ottobre 1587, cc. 2v-4v.
12
Ivi, Granduca-Alamanni, 22 ottobre 1587,cc.8r-9r. Luigi Alamanni fu ambasciatore dal 1587 al 1590. Alla corte di
Madrid vi erano in quel momento anche Giulio Battaglino agente di Ferdinando cardinale, che rimase alla corte
spagnola ancora per un anno e Bongianni Gianfigliazzi, mandato in Spagna dal granduca Francesco per trattare il
matrimonio del fratello don Pietro con una parente del duca di Cardona e che fallite le trattative stava per ritornare a
Firenze.
13
Ivi, Granduca-don Pietro,22 ottobre 1587, c. 4v.
14
FASANO GUARINI 1998, pp. 290-292.
15
HÜBNER 1887, I, pp. 101-196.
16
ASFi, MdP 4726A, Cavriani - [Serguidi] del 14 feb.1588, c. 134v.
17
ASFi, MdP 274, Istruzione del granduca a Orazio del Monte, 20 novembre 1587, cc. 17r-18v, la stessa in ASFi,
MdP 2636, cc. 97r-99v.
11
4
legame di sangue 18.
Alle parole del granduca facevano riscontro gli apprezzamenti di Caterina, che di lui diceva che
era " del vero ceppo de' Medici e che le pareva "che il novo Gran Duca rinnovasse il nome, il
credito e la natura " di loro19. Del resto anche il re tesseva pubblicamente le lodi del nuovo principe,
affermando di amarlo e di tenerlo per "carissimo parente" 20.
In effetti, già durante il suo periodo romano, Ferdinando aveva mostrato un atteggiamento verso
Caterina e il regno francese diverso dal padre e dal fratello; ma questo rivolgersi verso la Francia
non nasceva tanto dai legami familiari, quanto dalla convinzione maturata via via negli anni che
solo la salvezza di quel regno poteva garantire un minimo di autonomia agli stati italiani; concetto
che sarà al fondamento della politica di Ferdinando e che vedremo ribadito più volte, soprattutto
nella sua corrispondenza con l' ambasciatore a Roma, perché egli riteneva che solo il papa potesse
dare un aiuto vero al re di Francia, schiacciato tra gli Ugonotti e la Lega cattolica, sostenuta dal re
di Spagna.
Fedeltà alla Spagna, legame con Roma, apertura verso la Francia furono, infatti, le linee su cui si
mosse il nuovo granduca negli esordi del suo regno, in una visione politica dinamica ed ambiziosa
non confinata nei limiti del piccolo stato toscano, che gli permise di prendere parte attiva alle
vicende europee e a cui si intrecciarono con esiti e influenze diverse le trattative e le scelte
matrimoniali che coinvolsero lui stesso, il fratello don Pietro e i nipoti Virginio e Eleonora Orsini21.
Roma, Madrid, Parigi: un difficile equilibrio
Pur con diffidenze e contrasti, per tutto il periodo del papato di Sisto V( morto nell'agosto
del 1590), Roma rimase per Ferdinando un punto centrale della sua azione politica e attraverso questa via cercò di influire sulla situazione europea e in particolare su quella francese.
Questa strategia raggiunse il suo successo nel 1595 con l'abolizione della scomunica a Enrico
IV di Borbone, nuovo re di Francia, ad opera del papa Clemente VIII, ma ebbe inizio sin dai
primi mesi del principato ferdinandeo.
Già in una lettera del 12 dicembre 1587 il granduca scriveva al Niccolini22 di parlare col papa per
convincerlo ad intervenire nelle cose francesi a favore di Enrico III, per aiutarlo a riprendere il
controllo dello stato e a liberare il regno dagli eretici in un momento che sembrava particolarmente
favorevole per quel re, dopo il ritiro degli eserciti stranieri dal regno e la notizia, rivelatasi poi
falsa, della morte di Enrico di Navarra, capo degli Ugonotti, offrendo anche il suo aiuto se il papa si
18
ASFi, MdP 274, Granduca-Caterina, 20 novembre 1587, cc. 19v-20r: "La devotione et osservanza, che tutta questa
sua casa ha tenuto sempre alla Maestà Vostra oltre l'interesse che ella ci ha, ricerca che ella partecipi d'ogni fortuna di
essa, però sendo piaciuto a Dio di tirare a sé sul fiore dell'età sua et quando meno ce l'aspettavamo il Gran Duca mio
fratello che sia in cielo può credere Vostra Maestà nell' amaritudine che io sia restato di così gran perdita che ha fatta
questa sua casa, della quale non mi satisferò di condolermi con lettere con la Maestà Vostra. Mando Horatio de
marchesi del Monte... mio gentilhuomo che passa con lei questo offitio a nome mio et dia conto a Vostra Maestà
dell'afflitione in che io mi trovo la quale è tale che non mi restava altra consolatione che il vedermi così congiunto di
devotione et di affetto con la Maestà Vostra che spero in Dio poterle far conoscere quanto io pretti della coniuntione del
sangue con lei et della buona intelligenza et ottima volontà che ho tenuto sempre verso quella christianissima corona et
particolarmente verso la persona di Vostra Maestà, la quale hora che è piaciuto a Dio di pormi in questo stato et che
potrò accompagnare con effetti quello che tante volte ha potuto scorgere dall'intimo del cuor mio, potrà anco
promettersi di me tutto quello che può uscire dal più affettionato et obsequiente figliolo et servitore che l'habbi et da uno
che la servirà sempre con tutto il cuore come più largamente intenderà dal marchese".
19
ASFi, MdP 4726A, Cavriani-[Serguidi], 11 febbraio 1588, c. 121r.
20
Ivi, Cavriani – Serguidi, 14 febbraio1588, c. 120v.
21
Erano figli di Isabella de' Medici e di Paolo Giordano Orsini e quindi nipoti di Ferdinando, orfani di entrambi i
genitori vivevano alla corte fiorentina sotto la tutela dello zio. Ferdinando non sembra avere nell'immediato progetti
precisi per l'altra nipote, la principessa Maria, figlia del granduca Francesco e di Giovanna d'Austria.
22
Giovanni Niccolini inviato come ambasciatore straordinario a Roma per le condoglianze, vi rimase poi come
ambsciatore residente.
5
fosse mosso23. Ma la risposta di Sisto V a questa esortazione del granduca fu molto tiepida, perché
egli, a differenza di Ferdinando, non aveva alcuna fiducia nel Valois 24.
L'influenza di Ferdinando fu, invece, determinante nella decisione del Papa di inviare un legato
in Polonia, dove per la successione a quel trono era iniziato uno scontro tra il re di Svezia
Sigismondo Vasa e l' arciduca Massimiliano d'Asburgo, che nel gennaio 1588 aveva portato alla
prigionia di quest'ultimo. L' interesse politico di Ferdinando non si concentrava, infatti, solo sulla
Francia e la Spagna, ma si rivolgeva anche alle vicende dell'Impero e dell'Europa orientale25. Egli,
vista l'incapacità della diplomazia asburgica, riuscì a convincere il papa a mandare un legato in
Polonia26, che fu il cardinale Ippolito Aldobrandini27, eletto nel maggio del 158828. Così quando la
legazione si concluse l'anno successivo con la liberazione di Massimiliano, da tutti fu giudicata un
successo personale del granduca, che se ne potè attribuire il merito anche in Spagna29.
La diversità di atteggiamento sulle vicende francesi tra il papa e Ferdinando si palesò ancora nel
giudizio dato sugli avvenimenti del maggio del 1588, quando Enrico III fu costretto a fuggire da
Parigi per la sollevazione della città; di ciò il papa dava la colpa al re, mentre il granduca cercava di
giustificarlo e nuovamente incitava ad aiutarlo, perché non si precipitasse nelle braccia di Enrico di
Navarra e non diventasse ugonotto30, e suggeriva come primo intervento l'invio di un legato
"parendo all'universale che non sia meno necessario di quel che si è fatto per la Polonia "31.
Suggerimento a cui il Papa nel luglio successivo finì per dare ascolto32, preoccupato dal
comportamento di Enrico di Guisa, capo della Lega cattolica, e dal suo legame sempre più stretto
con la Spagna, dietro anche una pressante richiesta del re francese e dei Veneziani, scontenti come il
granduca della situazione di quel regno33.
Segretamente, intanto, Ferdinando aveva instaurato dei contatti diretti con Caterina de' Medici,
per trattare del suo possibile matrimonio con la nipote, Cristina di Lorena. Ferdinando aveva
ereditato dal granduca Francesco un principato che era in quel momento uno degli stati più
importanti tra quelli indipendenti della penisola e con esso una grande ricchezza personale
accumulata dal fratello34; ma la mancanza di una successione sicura rendeva fragile la situazione
23
ASFi, MdP 271, Granduca – Niccolini, 12 dicembre 1587, cc. 165v-166r, [165v]: "Ha lungamente desiderato Sua
Santità et praticato di far alcun servitio notabile alla cristianità et però accozato tanto denaro et dolutasi molte volte di
non trovar [166r] quella dispositione che haria voluto ne principi, né haria scusata qualsivoglia impresa lontana et di
minor speranza, poiché hora che se li porge questa di recuperare un regno posto nelle viscere della cristianità, dal quale
quella Santa Sede riconosce la sua libertà et che il regno è non solo desideroso et pronto, ma tanto armato et superiore
per tale effetto, pregatela di congiungersi con esso, d' accenderlo et d' aiutarlo in tutti li modi, siche non fermandosi quel
che Dio gli ha dato per principio vada più oltre ricercando il resto della vittoria".
24
ASFi, MdP 3297, Niccolini –Granduca, 26 dicembre 1587, cc. 93r-95r.
Ferdinando nel corso degli anni successivi mandò anche aiuti militari all'imperatore, per fermare l'avanzata
dell'impero turco che si stava espandendo nell'Europa, vedi GALLUZZI 1781, III, V, pp. 96-98.
26
Il granduca aveva mandato a Roma Belisario Vinta per convincere il papa.
27
ASFi, MdP 3297, Niccolini-Granduca, 23 maggio 1588, cc. 215r: "Questa mattina si è fatto Concistoro, dove la
Santità di Nostro Signore ha pubblicato legato per Germania et Pollonia l' illustrissimo cardinale Aldobrandino, il quale
subito sono stato a visitare per rallegrarmi seco et per dirle come volevo spedire questo corriero a Vostra Altezza acciò
potesse scrivere volendo".
28
Ivi, Niccolini-Granduca, 25 maggio 1588, cc. 220rv; ivi, Niccolini-Granduca, 27 maggio 1588, c. 232r; ivi, NiccoliniUsimbardi, 11 luglio 1588, c. 313r.
29
ASFi, MdP 5042, Usimbardi-Alamanni, 4 maggio 1589, cc. non num.; ASFi, MdP 5043, Alamanni-Granduca, 13
maggio 1589, c. 222v.
30
ASFi, MdP 3297, Niccolini-Granduca, 27 maggio 1588, cc. 229r-233r.
31
Ivi, c. 230r.
32
Ivi, Niccolini-Usimbardi, 15 luglio 1588, c. 323r. Il nunzio in Francia, monsignor Morosini, i 15 luglio 1588 fu fatto
cardinale e nominato legato.
33
Ivi, Niccolini-Usimbardi, 13 luglio 1588, cc. 319r-320r.
34
Ivi, Niccolini- Granduca, 8 novembre 1587, c. 6v: " Di poi si voltò a me dicendomi Sua Altezza deve havere trovato
di molti danari, al che resposi che era numero infinito non solo di danari ma di gioie et altre ricchezze, all' hora si
25
6
dello stato e quella sua personale. Dei numerosi figli di Cosimo e Eleonora di Toledo in quel
momento restavano in vita solo Ferdinando e don Pietro35. Divenuto principe, Ferdinando dovette
affrontare immediatamente questo problema, perché sia lui che il fratello non erano più giovani e
quindi urgeva una soluzione e fin dall'inizio egli si pose la questione del suo matrimonio36, come del
suo matrimonio si parlò immediatamente nelle corti italiane ed europee37. Anzi per rendere più
tranquilla la successione egli pensò subito a doppie nozze: le sue e quelle del fratello.
Ferdinando, che aveva ormai trentotto anni e veniva dalla lunga esperienza del cardinalato,
voleva per sè una moglie di alto lignaggio38, che con le sue parentele gli creasse quei legami di
sangue con le case regnanti europee di cui egli era privo, ma aveva bisogno anche di una donna che
fosse di un' età già adatta per garantire subito dei figli. In quel momento però non c' era una
grande disponibilità di principesse che avessero tali requisiti. In realtà, tolta l'infanta Isabella Clara
Eugenia, primogenita di Filippo II, destinata da sempre all'imperatore, solo una poteva rispondere
appieno ai desideri di Ferdinando ed era Cristina di Lorena39, una giovane di ventidue anni40,figlia
di Carlo e di Claudia di Valois e quindi nipote della regina Caterina che dopo la morte della madre
l'aveva allevata alla corte di Francia e " istrutta ne' maneggi di stato"41; essa era discendente di un'
antica famiglia regnante, che annoverava fra i suoi avi Goffredo di Buglione, conquistatore di
Gerusalemme, era nipote del re di Francia e di Spagna e imparentata " con tutti li gran principi
della Christianità "42. Altre che vengono via via menzionate, come una sorella del duca di Braganza
o una principessa di Svevia , sono nomi che appaiono e scompaiono senza lasciare traccia. L' unica
alternativa vera che si pose a Ferdinando fu quella dell' arciduchessa Anna43, figlia di Carlo
d'Asburgo, fratello dell'imperatore e di Maria di Baviera, perché fu quella propostagli dal re di
Spagna; in quanto a legami familiari Anna non aveva niente da invidiare a Cristina, essendo un'
Asburgo, ma la giovane età( aveva quattordici anni), forse una complessione delicata44 e la povertà
della famiglia, che non poteva assicurare praticamente nessuna dote, suscitavano forti perplessità in
Ferdinando.
Per molti mesi si alternarono le voci che lo volevano sposo ora dell'una ora dell'altra, ma in
realtà, se si confrontano i due soggetti, la scelta per Ferdinando fu quasi obbligata ed infatti, già
poco tempo dopo la sua ascesa al trono, alla metà di dicembre iniziarono i primi contatti segreti tra
Caterina e il maggiordomo del granduca, Orazio Rucellai 45.
Dalle prime lettere dell'Usimbardi46, si vede una certa cautela a intraprendere questa strada per
rallegrò col dire che era bella cosa a un principe et che era necessario il conservarli et sopra questo si distese mostrando
la poca somma che ne haveva trovato[…]”.
35
Don Pietro, ultimo figlio di Cosimo I e di Eleonora di Toledo era nato nel 1554. Sposato con una cugina, Eleonora di
Toledo, figlia di un fratello della madre, la uccise nel 1576. Per avere il perdono della potente famiglia spagnola don
Pietro fu mandato in Spagna dal granduca Francesco, dove rimase fino alla morte avvenuta nel 1604.
36
ASFi, MdP 271, Granduca-Battaglino, 19 dicembre, c. 172r: " il quale signor don Pietro, s'è costà, vogliamo che
sappia che in noi continua la volontà che egli pigli moglie o sia quella medesima o sia altra di più suo gusto, se ben ci
risolviamo di volerla ancora noi parendoci che lo stato delle cose nostre richieda questa resolutione in tutte due".
37
ASFi, MdP 4730, lettera a Marcello Accolti, Parigi, l 10 novembre 1587, c. 27r: " Già qua il vulgho comincia a
disegnare di maritarlo et di darle la principessa di Lorena, mostrando se non piglia la nipote non ci essere altro partito
per lui"; ASFi, MdP 3444, inserto da Praga, 3 novembre 1587, c. 6v: " non voglio lassar di soggiungne che qua per
una voce universale viene qui dedicata per moglie a Vostra Altezza la primogenita dell'arciduca Carlo".
38
vedi SPAGNOLETTI 2003, p. 170.
39
Su Cristina vedi BERTONI 1985, pp. 37-40; MARTELLI 1999, pp. 71-81; GUERRA MEDICI 2008, vol. I, pp. 49-50; STUMPO
2008, vol. I, pp. 257-268.
40
Non sedici come dice il GALLUZZI 1781, III, V, p. 22, essendo nata nel 1565.
41
ASFi, MdP 4726A, Cavriani-[Serguidi], 14 febbraio 1588, c. 133r.
42
ASFi, MdP 4742, Caterina de' Medici-Rucellai, 28 aprile 1588, c. 66v.
43
Anna era nata nel 1573.
44
ASFi, MdP 3297, Niccolini-Granduca, 27 agosto 1588, c. 411r: " poiché quella figliola dell' arciduca Carlo è di poca
età et persona". Anna, sposata poi con il re di Polonia, morì a soli 25 anni.
45
ASFi, MdP 4742, Rucellai-Granduca, 15 febbraio 1588, c. 295r.
46
Pietro Usimbardi da Colle fu prima segretario del cardinale Giovanni e poi del cardinale Ferdinando. Divenuto que-
7
paura della reazione spagnola, ma, andando avanti la trattativa, questa cautela sembrò diminuire e il
Gianfigliazzi47, quando fu mandato in Spagna da Ferdinando, nell'aprile del 1588, fu il primo a
parlarne con i ministri spagnoli e Filippo II48, mettendo in evidenza l' età adatta della principessa,
l'esser figlia del duca di Lorena ed infine legata di stretta parentela con le infante stesse 49.
La scelta spagnola restò, però, l'arciduchessa d'Austria, formalmente proposta da Luis de
Velasco, mandato a Firenze dal re di Spagna nell'agosto successivo, per congratularsi con il
Granduca 50, che, abbandonate le cautele iniziali, rispose con un rifiuto netto, anche se gentile,
alla proposta. In una lettera al suo ambasciatore a Roma, Niccolini, scritta per informare il papa
sull' ambasciata del Velasco, Ferdinando, dopo aver rivendicato il diritto a scegliersi una moglie che
rispondesse ai suoi gusti e agli interessi suoi e della sua casa, diceva piuttosto risentito che nel
partito proposto dalla Spagna non c' era neppure possibilità di avere la dote per la povertà della
famiglia, e che il re invece di offrirla per parte sua 51, gli aveva presentato uno scritto del padre, in
cui Cosimo I prometteva di sposare i propri figli a soddisfazione di sua maestà52. Si capisce da
questa lettera che il modo di procedere spagnolo irritò molto il granduca, che si vedeva proporre
una giovinetta senza dote e senza nessuna contropartita di un impegno personale da parte di Filippo
II, mentre il re francese prometteva di dotare la nipote Cristina, come figlia di Francia.
In ogni modo il rifiuto di Ferdinando non provocò nessuna reazione negativa da parte spagnola e
lo scambio diplomatico con Madrid continuò con grande intensità.
Alla morte di Francesco, come riferisce l'ambasciatore Alamanni53, i problemi rimasti aperti alla
corte di Madrid erano soprattutto finanziari, in particolare si trattava per il recupero di prestiti fatti
da mercanti fiorentini e dal granduca qualche anno prima a Filippo II. Ferdinando tenendo per
fermi questi interessi, aprì però a tutta un' altra gamma di richieste, volte da una parte a favorire i
membri della propria famiglia con domande di incarichi e provvisioni per fratelli e nipoti, ma
anche a dimostrare con queste la sua volontà di rimanere unito lui e la sua famiglia al re di Spagna.
Nel sistema di rapporti instaurato in Italia dagli Asburgo, come dimostra Spagnoletti nel saggio,
Principi italiani e Spagna nell'età barocca, le pensioni, gli incarichi, i titoli, i matrimoni erano uno
strumento potente per tenere legati i principi e signori italiani alla monarchia spagnola54. Così
attraverso Gianfigliazzi55, Ferdinando chiedeva una migliore sistemazione economica e militare per
il fratello don Pietro, una pensione più alta per il nipote don Virginio, un posto nell'esercito
spagnolo in Fiandra per il fratello don Giovanni 56, un matrimonio spagnolo per la nipote Eleonora
st' ultimo granduca divenne primo segretario, nel 1589 fu eletto vescovo di Arezzo.
47
Bongianni Gianfigliazzi era stato mandato in Spagna nel 1587 dal granduca Francesco per una trattativa
matrimoniale che riguardava don Pietro e venne rimandato a Madrid da Ferdinando per riportare a Firenze il fratello.
48
ASF, MdPi 4917, Gianfigliazzi-Granduca, 30 aprile 1588, c. 404r: "Per quel che io ho potuto comprendere qua non
s' è ancora fatto per la parte di Loreno ufficio nessuno intorno al parentado, il quale finalmente non mi pare che
dispiaccia loro essendo convinti tanto chiaramente dalle ragioni che se gli allegano che non possono risponder loro se
non facessero qualche offerta maggiore alla quale per ancora non si sono lasciati andare. Del maritaggio dell' Infanta mi
pare che si sia alla medesima di prima e tuttavia si tien fermo che ella habbia ad essere dell' Imperatore".
49
Le infante di Spagna Isabella Clara Eugenia e Caterina erano infatte figlie di Isabella di Valois, sorella di Claudia
madre di Cristina e quindi erano cugine prime.
50
ASFi, MdP 3486, Granduca –Niccolini, 22 agosto 1588, cc. non num.
51
GALLUZZI 1781, III, V, p. 8 afferma a questo proposito che il re di Spagna aveva proposto al granduca anche una figlia
del duca di Braganza e che per entrambe si era offerto di dare una dote adeguata, invece dalla lettera del granduca
vediamo che gli venne proposta solo Anna e senza dote. Per quanto riguarda la figlia del duca di Braganza, in realtà solo
una volta si trova nominata una sorella di quel duca dal ministro don Giovanni Idiaquez in un colloquio col
Gianfigliazzi, ASF, MDP 4917, Gianfigliazzi-Granduca, 29 aprile 1589, c. 393v.
52
ASFi, MdP 3486, Granduca – Niccolini, 22 agosto 1588, cc. non num.
53
ASFi, MdP 4918, Alamanni-Granduca, 14 novembre 1587,cc. 218-221r.
54
SPAGNOLETTI 1996, pp. 21 e seg.
55
ASFi, MdP 4917,Gianfigliazzi-Granduca, 29 aprile 1588, cc. 391r-396v.
56
ASFi, MdP 5043, Alamanni- Granduca, lettera del 9 maggio 1589, c. 218 r; ivi, Alamanni-Granduca, 14 ottobre 1589,
c. 280v. A don Giovanni furono concessi 500 scudi al mese e l' onore di far parte del consiglio di guerra in Fiandra ,
come ai grandi di Spagna.
8
Orsini 57e cercava di mettere sotto la protezione di Filippo II anche il cognato Cesare d'Este,
richiedendo un suo intervento presso l'imperatore per il riconoscimento dei feudi imperiali di
Modena e Reggio58.
In questa occasione, affrontando il problema della restituzione del debito, il Gianfigliazzi
proponeva a Filippo II l' acquisto di Orbetello da parte del granduca, ( con l'esclusione del
promontorio di Portercole)59, proposta che non piacque agli spagnoli e quindi non ebbe alcun
seguito, ma che è interessante, perché nella diplomazia medicea si ritrova spesso questo tentativo di
approfittare delle difficoltà economiche di re, imperatori o di signori vicini per offrire soldi in
cambio di stati o territori, come avverrà anche per il marchesato di Saluzzo.
Nelle numerose udienze dei vari rappresentanti granducali l'atteggiamento del re e dei suoi
ministri è sempre descritto benevolo e disponibile a venire incontro alle varie richieste del
granduca, come fu per l'investitura dello stato di Siena, che, domandata da Ferdinando per mezzo
del Vitelli, gli venne portata ad agosto del 1588 da Luis de Velasco . L' investitura feudale dello
stato di Siena era un atto che doveva essere rinnovato ad ogni cambio di sovrano da una parte e
dall' altra, rinnovo che si presupponeva quasi automatico, ma Ferdinando imparò poi che non era
così, infatti se in questa occasione passarono pochi mesi dalla richiesta alla concessione, in un altro
momento, quando i rapporti tra le due corti si erano da tempo deteriorati e cioè nel 1598, dopo la
morte di Filippo II, ci vollero quasi sette anni per il rinnovo dell'investitura.
Nel settembre 1588 Ferdinando per accellerare le trattative per il suo matrimonio decideva di
inviare in Francia il proprio maggiordomo, Orazio Rucellai, che fino a quel momento aveva tenuto i
contatti con Caterina de' Medici. Egli partiva con due istruzioni: una sulle trattative matrimoniali e
una segreta su richieste politiche del granduca ai sovrani francesi, tra queste la più importante era la
proposta da fare al re di vendergli il marchesato di Saluzzo60. La situazione di questo feudo francese
in territorio italiano era molto delicata per la vicinanza al Delfinato in mano agli Ugonotti, e da
tempo preoccupava Ferdinando, tanto che ne aveva già parlato ad aprile con il re di Spagna61 e ora
aveva pensato, approfittando dei problemi per il pagamento della dote, di proporre al re francese
l'acquisto di quel marchesato per ottocento, massimo novecentomila scudi, da cui sarebbero stati
da detrarre i seicentomila stabiliti per il matrimonio.
Ma la fulminea azione del duca di Savoia62 che ai primi di ottobre si impossessò del marchesato
di Saluzzo, fece crollare questi progetti di Ferdinando che si trovò completamente spiazzato, tanto
più che apparve subito chiaro che questa azione era avvenuta con l' appoggio del papa. La presa di
quel marchesato da parte del Savoia fece logicamente cadere la proposta d' acquisto del granduca,
ma fu ripresa alcuni mesi dopo dal re francese, che sempre più bisognoso di denari63, offriva al
57
ASFi, MdP 4917, Gianfigliazzi –Granduca, 28 maggio 1588, c. 429r. Per Eleonora fu iniziata allora una trattativa con
il duca di Vigliena, che però non ebbe successo. Eleonora sposerà nel 1592 Alessandro Sforza.
58
Ivi, Gianfigliazzi- Granduca, 28 maggio 1588, cc. 420rv.
59
Ivi, c.419r: "Ma io vigilando del continuo in quello che potess ' essere di servitio a Vostra Maestà son venuto in
pensiero che a questo debito si verrebbe agevolmente sodisfacendo se Vostra Maestà per la parte che fusse stimata
ragionevole, ritenendo per sé Portercole, concedesse al cardianle Granduca la terra di Orbatello con le tenute di essa, di
Portercole e Talamone che ora s' affittano per tredicimilacinquecento scudi".
60
ASFi, MdP 4742, Granduca-Rucellai, 29 settembre 1588, c. 455v: "Però persisterete nel volerle[leassicurazioni sulla
dote] in Italia in ogni modo come s' è detto nell'altra. Et perché questo si mostra difficilissimo vi servirete di queste
difficoltà per apririvi la strada a la pratica di Saluzzo, desiderato da noi sommamente. Et quando Sua Maestà persuasa
dal commodo che li faranno li denari che mediante questo negotio le verranno in mano et da tante ragioni che vi sono si
risolva di darcelo in pegno, voi procurerete di ridurre detta Maestà a contentarsi di farlo per prezzo di ottocentomila et
di stipularne quanto prima l' instrumento conforme alla minuta che portate datavi da noi”. Su questo vedi anche
GALLUZZI 1781, III, V, pp. 10-11 che però attribuisce l' iniziativa non al granduca, ma al re di Francia.
61
ASFi, MdP 4917, Gianfigliazzi-Granduca, 29 aprile 1588, c. 392r; ivi, cc. 393v-394r.
62
Sulla rivalità tra Savoia e Medici vedi ANGIOLINI 2006, pp. 459-481.
63
ASF, MdP 4742, c. 214r, traduzione cifrata della scrittura fatta dal re di Francia per il granduca e di cui il Rucellai ha
l'originale: " Noi Re promettiamo a Gran Duca di venderli cederli et trasportarli con facultà non di meno di riscatto per
il nostro marchesato di Saluzo con le terre castelli et villaggi piazze fortezze vassalli omaggi ragioni profitti entrate et
qualunque altre appartenenze et dipendenze di esso con ogni diritto di sovranità et insieme tutta la artigleria et monitioni
9
granduca di vendergli uno stato, di cui non era più in possesso. La risposta di Ferdinando non potè
che essere negativa, tanto più che il suo interesse si stava spostando dal Saluzzo alle coste
meridionali della Francia, dove per bloccare le mire espansionistiche del duca di Savoia in quella
zona , stava cominciando a porre la sua attenzione sulla città di Marsiglia e ordinava al Rucellai di
sondare sia l'intenzione del re che dei marsigliesi ( durante il soggiorno in quella città) per un suo
possibile intervento 64, progetto che avrà, in parte, la sua realizzazione nel 1591 con la presa della
fortezza di Castel d'If, collocata su un isolotto di fronte al porto della citta65.
La perdita del marchesato di Saluzzo da parte della Francia era considerata da Ferdinando un fatto
gravissimo e cercò, facendo pressione sul papa da una parte, perché costringesse Savoia a restituire
il marchesato66 e dall'altra sui francesi, perché recuperassero con le armi il loro territorio67, di
scongiurare questa perdita; fu una partita estenuante che Ferdinando non abbandonò mai e che si
chiuse con la sua sconfitta. Nel 1601, la pace di Lione riconobbe il possesso di quello stato a Carlo
Emanuele di Savoia con grande rammarico del granduca, che da quel momento capì che era finita
ogni possibilità di autonomia e che doveva rassegnarsi ad una stretta alleanza con la Spagna.
L'uccisione del duca di Guisa da parte di Enrico III, il 23 dicembre 1588, fu commentata dal
Granduca in una lettera scritta dall'Usimbardi e pienamente approvata con parole e concetti di una
durezza inusitata per Ferdinando68:
Nella resolutione delli [23] par al Gran Duca che non possa dannarsi se non l' indugio, per chè nel resto non solo la
dignità, ma le necessità lo consigliano, ma par bene che troppo presto sia moderato il calore d' essa et che fra
gravissimi errori potria metter l' indulgenza negli altri ritenendosi perché offesi resteriano et della morte del Ghisa
et della loro prigione et perciò non punto obligati della liberatione, anzi tanto più infiammati da questi che
chiameranno ingiurie, quanto sono di peggiore animo già conosciuti et non sopramettendo perdono sincero non la
perdoneranno" stultus qui ucciso patri relinque filium" dice Euripide[a margine]* et il re di Spagna che in codesti
garbugli ripone la quiete delle cose sue, commosso et punto più che li Guisi stessi da questo successo, tanto più
di guerra che vi habbiamo et di passargliene contratto in buona et debita forma ogni volta che ne saranno richiesti da sua
parte et ciò mediante il prezzo e somma di ottocentomila scudi del sole della quale somma noi consentiamo et
concediamo che egli possa per mano sua o de' suoi agenti et ministri dare o pagare a me o a chi a detto parerà[…] a Bles
alli 23 di febbraio 1589".
64
Ivi, Usimbardi-Rucellai, 17 marzo 1589, cc. 502r-503v, [502r]:" Delle cose di Saluzo si riserba ogni ragionamento
alla venuta di Vostra Signoria, poiché si può dire che non ve ne sia frutto, trattandosi di materia che non è in potere del
Re né di farceli recuperatione. Intanto un' altra ne accade et è intorno alla città di Marsiglia a la quale il Gran Duca
attenderia più volentieri sia perché più riuscibile sì perché il mare più la congiunge ale cose nostre et la fa più facile di
provedere con le galere. Ma perché questa ancora ha li suoi humori intestini che la discostano dall' obedienza del Re,
vorria il Gran Duca sapere come hoggi stia et come[502v] facile fusse non solo chavarsene il possesso se il Re
l'impegnasse, ma quale speranza di fabricarvi una fortezza, perché di conservarla aperta si diffideria et così ne leveremo
il pensiero. Proponga dunque Vostra Signoria che il Re fusse per impegnarla a Sua Altezza o sotto nome proprio o con
quello della Gran Duchessa come paressi meglio et perciò vada scoprendo con la notitia che ha o che può havere delli
humori di quelli habitatori et delli rettori loro et qual modo vi fosse di mettervi guardie per fabbricarvi una fortezza et
far che essi se la pigliassero in pace. Et ben potria Vostra Signoria tornarsene instrutta di [503r] farne giuditio, si vedrà
che il governatore o consiglio o altro che vi sia fusse per obedir al Re o spontaneo o corrotto con danari o vero qual
altro per questo proposito potessi farvisi mandare o esservi ricevuto et poi bastare a girar quelli huomini da quietarli a
la fabrica di tali briglie, senza la quale Sua Altezza non vi penseria. Il Gondi dimostra attissimo mons di Res, amato et
che ha beni in quella città, ma Vostra Signoria potrà pensare a lui et ad altri. Et si contenta Sua Altezza che Vostra
Signoria comunichi questo pensiero alla Granduchessa, la quale trattandosi di cose hormai sue[503v] harà forse da dir
qualche cosa in proposito del negotio".
65
Fortezza posta su un isolotto all' ingresso del porto di Marsiglia di cui il granduca si impadronì nel 1591, vedi
GALLUZZI 1781, III, V, pp. 54-58; FASANO GUARINI 1996, pp. 266-269.
66
ASFi, MdP 3486, Granduca-Niccolini, 4 ottobre 1588, 13 ottobre 1588, cc. non num., e altre successive.
67
ASFi, MdP 4742, Inserto per Orazio Rucellai , 8 novembre 1588, c. 533r-537v e c.538r,[533r]: "Nel resto ho da
replicare che se Sua Altezza vedesse che il Re inghiottisse queste cose di Saluzzo et che li Ghisi lo consentissero gli
parrebbe doversi molto ben pentire di questo parentado et riceverne (per dir così) quasi tanto disonore quanto honore se
n' era promesso nel farlo prima che il caso succedesse et però vuole che Vostra Signoria lo dica liberamente alla Regina
et le soggiunga che Sua Altezza si maraviglia grandemente come loro Maestà et li Ghisi non habbino mandato subito a
spegnere questo fuoco sul nascimento suo.”[…].
68
Ivi, Usimbardi-Rucellai, 5 gennaio 1589, cc. 467r-470r.
10
studiarà in raccogliere quelle reliquie per volersene vendicare et travagliare maggiormente onde spegner li più che si
può è migliore regola.* Però il mandar dietro al figliolo la sorella, il duca di Nemurs et quanti può haver di quelli..
saria la regola 69
I drammatici avvenimenti francesi spinsero il granduca a rivolgersi nuovamente al papa70per
esortarlo a farsi intermediario tra le fazioni e ad aiutare quel re anche con denari, per evitare che si
gettasse nelle braccia di Enrico di Borbone.
Questa pressione del granduca provocò, però, una reazione molto risentita di Sisto V che si
meravigliava che egli proponesse l'aiuto ad un re che si era macchiato di simili crimini 71,
accusandolo in sostanza di essere troppo apertamente filofrancese, accusa a cui il granduca
rispondeva di non avere " animo franzese, ma italiano, et amatore della tranquillità d'Italia per
conservatione dello stato presente"72.
Intanto mentre venivano dipanandosi i grandi avvenimenti, in cui, come abbiamo visto, non
sempre il granduca si trovava in sintonia con il pontefice, sul piano personale e familiare ebbe da lui
numerosi riconoscimenti e soddisfazioni. Infatti, quando depose il cappello cardinalizio73, nel
novembre del 1588, vide esaudita la sua richiesta che fosse dato a mons del Monte74, nel gennaio
del 1589 ottenne il vescovato di Arezzo per il suo segretario Pietro Usimbardi75 e nei primi mesi del
1589 concluse il matrimonio del nipote don Virginio con una pronipote del Papa76. Nella strategia
matrimoniale di Ferdinando questo " parentado" rappresentava un tassello molto importante a cui
aveva pensato da molto tempo, per il legame di sangue che creava con la famiglia di Sisto V
realizzando quell'unione delle due "case" a cui più volte aveva fatto riferimento nelle sue lettere al
cardinale Montalto. Fu un grande successo politico per Ferdinando, anche se di breve durata per la
morte del Papa nell'agosto dell'anno successivo.
L'aggravarsi della crisi francese con la sollevazione di molte città contro il re, il deteriorarsi dei
rapporti tra Sisto V e Enrico III che portò il 5 maggio 1589 all'emanazione di un "monitorio"77 da
parte del papa contro il re, determinò un atteggiamento sempre più insofferente del pontefice nei
confronti della politica di appoggio a quel sovrano da parte del granduca, insofferenza che diventò
attacco aperto nei giorni delle feste per il matrimonio di Ferdinando con Cristina, di cui
condannava anche l' eccessivo fasto, per essere nozze di un ex cardinale78. In vari colloqui con
69
Ivi, c.467v e concludeva [469v]: "Insomma se non finisce di morir Ghisa, il che par in mano del Re, non sappiamo
veder frutto durabile di questo successo et questi che sono estremi mali vogliono estremi remedii et la mediocrità guasta
ogni cosa, così dirà Vostra Signoria al Re cristianissimo, al quale si era stato bene non fare quella offerta di denari per
il respetto che la dice et perché in effetto Sua Altezza non vuol scoprirsi né poco né molto, se non vede a che proposito
si facesse. Col papa (che sta malissimo sodisfatto di Morosino et pentito della sua promotione et persuaso che costì tratti
male) ben faceva il Re predandolo[470r] et pubblicandolo per autore di questo consiglio et il Gondi ha trattato ben con
esso col quale hora bisogna che il Re bravi e minacci, perché si e ara già mezzo confuso fra le difficoltà che correvano,
tanto più dovrà hora confondersi vedendo accidenti tanto inaspettati et veramente se in altro modo ne potessi divenire
autore il papa pare che lo faccia tale l' haver sempre predicato il Re per dappoco et indegno di quell'impero".
70
ASFi, MdP 3486, Granduca- Niccolini, lettere del 13 gennaio 1589, del 15 gennaio 1589, del 17 gennaio 1589, cc non
num ed altre.
71
ASFi, MdP 3298 Niccolini –Granduca, 19 gennaio 1589,cc. 26r-28r.
72
ASFi, MdP 3486, Granduca- Niccolini , 28 gennaio 1589, cc. non num.
73
Ivi, Granduca-Niccolini, sd[dopo il 12 novembre 1588], cc. non num.
74
Ivi, Granduca-Niccolini, 11 dicembre 1588, cc. non num.
75
ASFi, MdP 3298, Niccolini-Granduca, 9 gennaio 1589, c. 11r.
76
Ivi, Niccolini-Granduca, 14 gennaio 1598, c. 20rv.
77
Ivi, Niccolini-Usimbardi, 5 maggio 1589, c. 173rv e inserto c. 174r: "Questa mattina si è fatto Concistoro et
deliberato un Monitorio da farsi al Re di Francia, dove se gli intima che se infra dieci giorni dal dì della notitia Sua
Maestà non harà effettualmente posti in libertà il cardinale di Borbone et l'arcivescovo di Lione ritenuti per più gioni da
lui, egli s' intenda hora per all' hora escomunicato. Et se infra certo altro determinato tempo Sua Maestà non si
giustificherà di poi con al Papa delle cagioni della morte del cardinale e duca di Guisa ella parimenti si intenda essere
incorsa et caduta nelli pregiudizii disposti dalli sacri canoni.”
78
Ivi, Niccolini-Granduca, 12 maggio 1589, c. 191r. In un colloquio con il cardinale Pinello: "La Santità Sua fece sopra
ciò lungo ragionamento di Vostra Altezza biasimando principalmente la pompa et le feste fatte a Firenze con
estraordinaria spesa in questa venuta della Gran Duchessa, dicendo che erano cose che passavano il modo et rendevano
11
diversi personaggi79 Sisto V criticava la politica filofrancese80 del granduca e il pericolo che questa
poteva rappresentare per lui nei suoi rapporti con la Spagna81, lo definiva il principe d'Italia che più
ostacolava gli interessi spagnoli e lo accusava di essere stato lui a convincere i veneziani a dare i
soldi al re di Francia82. La risposta del granduca non si fece attendere: nell'istruzione a Belisario
Vinta che venne mandato a Roma83con la scusa dei ringraziamenti al Papa per i doni inviati, ma in
realtà per cercare di convincerlo della sua fedeltà alla Spagna, egli tornò a difendere la sua politica
e la sua scelta matrimoniale dagli attacchi del pontefice
[...]poiché se non ha saggio[il papa] di nostro eccessivo valore, non ci ha anco mai veduto correr pazo per Roma, né
sentitolo di qua, et pur saremmo tali, se sapendo, come sappiamo, d’un canto gli obblighi di casa nostra con la casa
d’Austria et godendo gl’acquisti di grandezza venutici da essa et gli honori et favori particolari ricevuti dal presente
Re nella persona nostra et ai nostri fratelli, facessimo questa mutatione non solo ingrata, ma la più intempestiva che
homo facesse mai, vedendo noi con tutto il mondo insieme lo stato precipitato de Re Cristianissimo battuto dalla più
contraria fortuna che possa haver un principe, abbandonato non solo da principi esterni, ma anche da suoi medesimi
et depresso anco dalla propria incapacità senza successione et senz’altra reputatione, quasi che ci stimassimo atti o
solevarlo di terra o di sostenerlo cadente84.
Queste affermazioni non erano dettate unicamente dal desiderio di difendersi da un' accusa che,
mossa dal papa, poteva danneggiare molto i suoi rapporti con la Spagna, ma riflettevano la volontà
politica di Ferdinando che in questo momento non voleva assolutamente abbandonare l'orbita
asburgica e correre i rischi che questo poteva comportare, ma cercava dall'interno di questa alleanza
di svolgere un' azione politica che lui riteneva difendesse i suoi interessi e quegli italiani.
Ed in effetti fino a quel momento egli era riuscito a mantenere buone relazioni diplomatiche con
Filippo II, tanto che il re, per dimostrare pubblicamente la sua benevolenza verso Ferdinando,
mandò un proprio ambasciatore, Pietro de Mendoza, a congratularsi con lui per il suo matrimonio,
non alla cerimonia, per problemi di precedenza con la Francia, ma subito dopo 85, con grande gioia
del granduca.
Se Ferdinando riuscì nell'intento di fare il matrimonio da lui voluto, mantenendo buoni i rapporti
con il re spagnolo, fu però costretto a cedere su quello del fratello don Pietro, accettando un partito,
proposto da Filippo II, che egli non giudicava all'altezza del fratello: Beatrice de Menez, figlia di un
signore portoghese, il duca di Villareale. Ma l'aspetto più grave della vicenda fu che don Pietro con la
scusa di questo matrimonio spagnolo, volle, dopo le nozze di Ferdinando, tornare a Madrid, sebbene
il granduca cercasse di trattenerlo. Questa partenza ebbe gravissime conseguenze per il granduca, non
per la successione, perché sappiamo che ebbe numerosi figli da Cristina di Lorena, ma per la
strumentalizzazione che gli spagnoli seppero fare di don Pietro, che fu usato per creare problemi
gravissimi a Ferdinando, costretto a difendersi da accuse pesanti e da richieste esorbitanti86.
Vostra Altezza odiosa massime essendo stata tanto tempo cardinale et che il gettar via tanti denari[a margine " cene
restano anco a servir a Sua Santità"] in cose simili."
Molto interessante la risposta del granduca "et delle spese fatte direte che son minori assai, che la non crede et che li
danari cavati dalla borsa nostra hanno ingrassato li nostri vassalli et che non di meno con tanto concorso (il quale non
ci era lecito de recusare) non si è disordinato tanto che impedisca in parte alcuna il nostro servitio et che ci inabiliti a
far spesa anco notabile quando bisognasse per honore et gusto di Sua Santità a che ci esibirete disposto e pronto".
ASFi, MdP 2637, Istruzione a [Belisario Vinta], 18 maggio 1589, c. 10r.
79
ASFi, MdP 3298, Niccolini-Granduca, 12 maggio 1589, cc. 191r-192v; ivi, Niccolini-Granduca, 13 maggio 1589, cc.
208r-210v.
80
Ivi, Niccolini- Usimbardi, 13 maggio 1589, c. 188r.
81
Ivi, Niccolini-Granduca, 12 maggio 1589, c. 191r.
82
Ivi, Niccolini-Usimbardi, 13 maggio 1589, c. 209r.
83
ASFi, MdP 263, Istruzione a Belisario Vinta, 18 maggio 1589, c. 8r-10r.
84
Ivi c. 8r.
85
ASFi, MdP 5043, Alamanni- Granduca, I aprile 1589,c. 209v.
86
Sulla vicenda di don Pietro vedi GALLUZZI 1781, III,V, pp. 24-26, 63-64, 79-80, 124-127, 160-161, 216-220; MENICUCCI
12
La vicenda personale di don Pietro, fino ad ora mai approfondita, ebbe grande rilevanza nei
rapporti di Ferdinando con la Spagna: sobillato dagli spagnoli contro il granduca, fu a sua volta
fomentatore di odio contro il fratello nella corte spagnola. Infatti, solo dopo la sua morte, avvenuta
nel 1604, gli sforzi di Ferdinando per riavvicinarsi alla Spagna ebbero veramente successo, solo
allora gli fu finalmente concessa l' investitura di Siena e arrivò a conclusione il matrimonio del
figlio Cosimo con la sorella della regina di Spagna, l'arciduchessa Maria Maddalena87.
Un riavvicinamento tra il papa e il granduca sembrò esserci dopo l'uccisione di Enrico III
avvenuta il 1 agosto del 1589: in Francia a fronteggiarsi rimanevano solo la Lega cattolica
appoggiata dalla Spagna e gli Ugonotti guidati da Enrico di Navarra.
L'azione di Ferdinando si fece allora molto prudente e quando Enrico di Borbone mandò in Italia
un proprio ambasciatore, il duca di Luxembourg, lo accolse, su consiglio del papa, solo come
inviato del re di Navarra 88, mentre altri stati italiani come Venezia lo riconobbero come
ambasciatore di Francia.
Data la nuova situazione francese in cui non vi erano più re legittimi 89( almeno cattolici) e in
Spagna già si pensava alla spartizione del regno90, il granduca per scongiurare tale pericolo
proponeva al papa il nome del duca di Lorena, suo suocero, come possibile re di Francia per
salvare l'autonomia di quel regno e la fede cattolica91. Il Papa non sembrò contrario a questa
proposta, tanto che nel novembre ne parlò all' ambasciatore spagnolo Olivares92 e poi all'inviato del
duca di Umena, capo della Lega cattolica, che però mostrò grande contrarietà ad una simile
proposta93. Dalla Spagna non venne mai una risposta, sebbene il granduca avesse affidato all' ambasciatore Alamanni di parlare al re di questa ipotesi 94, perché altre erano le intenzioni di Filippo II.
La morte di Sisto V nell'agosto del 1590, dopo quella di Enrico III e il venire allo scoperto le
differenz e tra il granduca e gli spagnoli sul regno francese, posero fine al precario equilibrio che
Ferdinando era riuscito a creare nelle relazioni internazionali all'esordio del suo principato e
determinarono un nuovo indirizzo nella sua politica estera95.
Le trattative matrimoniali.
Alla corte francese appena arrivata la notizia dell'ascesa al trono toscano di Ferdinando si
cominciò subito a parlare del suo possibile matrimonio con Cristina di Lorena. I primi contatti si
ebbero, come si è detto alla metà di dicembre, tramite i fratelli Rucellai: Orazio, maggiordomo di
Ferdinando e il fratello vescovo di Carcassonne. A giudicare dalle prime lettere scambiate tra i vari
1999, pp. 42-45 e nn.6 e 7.
87
GALLUZZI 1781, III, V, pp. 242 e 249; DIAZ 1987, pp. 288-290; MENICUCCI 1999, p. 45.
88
ASFi, MdP 5042, Usimbardi-Alamanni, 3 gennaio 1590, cc. non num.
89
Solo Enrico di Navarra aveva titolo legittimo alla successione, ma essendo ugonotto non era accettato dai cattolici.
90
ASFi, MdP 5043, Alamanni- Granduca, 13 settembre 1589, c. 272r: "Intanto non si lascia per quanto è fama di far
consultare da periti et scrivere in iure sopra la pretensione di Bretagna a favore dell' Infanta. Et il punto principale debb' esser se Francesco I re di Francia in cui venne ultimamente per la moglie la ducea di Bretagna haveva potuto
incorporarla a quella corona in pregiuditio delle discendenti femmine escluse dalla successione per la legge salica
inviolabilmente osservata in questo regno. Ma il più delle volte nelle cose di Stato le leggi sogliono esser seguaci delle
armi et non l' armi delle leggi".
91
ASFi, MdP 277, Granduca- Niccolini,13 settembre 1589, cc. 229rv. Lettera in cui egli fa un' ampia analisi dei
meccanismi per la successione nel regno di Francia e prospetta due ipotesi: il papa ribenedice Enrico di Navarra, e
questi, come erede legittimo, può succedere a Enrico III, oppure intervengono gli Stati Generali per eleggere un
sovrano al di fuori della famiglia reale, nel qual caso il papa può usare la sua autorità per favorire il duca di Lorena, che
solo può riunire sotto di sé quel regno, mentre altri personaggi come Humena, non potendo arrivare alla corona hanno
tutto l'interesse a dividere la Francia.
92
ASFi, MdP 3298, Niccolini-Usimbardi, 24 novembre 1589, cc. 707v-708r.
93
Ivi, Niccolini- Granduca, 29 novembre 1589, c. 719v.
94
ASFi, MdP 5042, Granduca-Niccolini, 30 agosto 1589, cc. non num.
95
Su questo si veda FASANO GUARINI 2008, pp. 63-66.
13
personaggi sembra di cogliere che sia stato proprio il Rucellai96 il fautore di questa scelta, mentre
l'Usimbardi sembra più prudente e guardingo per paura della reazione spagnola.
La lettera di risposta del 2 febbraio 1588 di Caterina97 mostra un grande entusiasmo della regina
madre per questa richiesta di matrimonio, in cui vedeva non solo la felicità dei due possibili sposi,
ma anche di tutta la cristianità98. Ma al di là degli entusiasmi, il Rucellai pensava, invece, che questo
"parentado" tanto più era favorevole per il granduca, tanto meno sarebbe stato bene accetto al re
spagnolo, che avrebbe cercato di impedirlo99. Per questo da Firenze si voleva che la scelta di
Cristina, come moglie, avesse il consenso di Filippo II e che dovesse essere il duca di Lorena ad
ottenerlo per i suoi legami politici con il re spagnolo, senza l' intervento di altri, né del papa, né dei
sovrani francesi.
L'altro problema che si pose fu quello della dote, perché Ferdinando partiva dall'esempio dei 500
mila scudi dati dal granduca Francesco per la figlia Eleonora al duca di Mantova e, su questo,
l'Usimbardi in una lettera al Rucellai100 arrivava a chiedere un milione di scudi, poiché, secondo il
segretario, l'importanza del granduca di Toscana era doppia rispetto al duca di Mantova. Ma questa
cifra esorbitante venne subito abbandonata, per orientarsi sulla somma di 600 mila scudi, da
pagarsi in parte con i beni posseduti da Caterina in Toscana, appartenuti al vecchio ceppo dei
Medici101; con questo però si apriva il problema del valore da attribuire a questi beni, perché mentre
Ferdinando li valutava 150 mila scudi, la Regina, in una lettera del 28 aprile,dava loro un valore
doppio102.
Gli avvenimenti francesi del maggio 1588 rallentarono, ma non interruppero le trattative e
finalmente a settembre il granduca decise di mandare il suo maggiordomo in Francia per
concluderle. In data 29 settembre103 vi è una lunga e dettagliata istruzione del granduca al Rucellai
in cui venivano indicate e specificate tutte le sue richieste su come dovevano essere pagati e
assicurati i 600 mila scudi della dote: 150 mila scudi gli dovevano essere dati con la venuta della
principessa dal duca di Lorena, insieme a 50 mila di gioie104, accondiscendeva a valutare i beni
della regina 200 mila scudi se ai possedimenti toscani veniva aggiunto il palazzo Madama di
Roma105, mentre per i 200 mila, promessi dal re, egli si contentava di fare una dilazione gratis di
quattro anni, avendone però la sicurezza del pagamento. Inoltre il granduca voleva che la
principessa fosse condotta a spese dei sovrani francesi fino a Marsiglia, ma non voleva che a
Firenze restasse nessun personaggio importante di quella corte, per non dare adito ad accuse di
possibili influenze francesi. Per contro lui era disposto a dare un aumento di dote alla principessa di
centomila scudi.
Accanto a questa istruzione ufficiale il granduca ne diede al Rucellai anche un' altra segreta, per
trattare con i sovrani francesi alcuni problemi politici, che rivelano quale progetto avesse il
granduca intorno a questo matrimonio; si diceva, infatti, al Rucellai di chiedere, al di fuori della
trattativa della dote, che la regina madre cedesse alla nipote le sue pretese sul ducato di Urbino106,
si faceva l'offerta dell'acquisto del marchesato di Saluzzo, a cui già si è accennato, e si proponeva di
96
ASFi, MdP 4730, Lettera a Marcello Accolti, 10 novembre 1587, c. 31r: " Questo amico proppone che Oratio
Rucellai abbi da governare il nuovo serenissimo Gran Duca et habbi da mutare il governare".
97
ASFi, MdP 4742, Caterina de' Medici-Orazio Rucellai, 2 febbraio 1588, c. 458rv. Vedi CLOULAS 1980, p. 487.
98
Ivi, Caterina de' Medici-Orazio Rucellai, 2 febbraio 1588,c. 458r.
99
Ivi, Orazio Rucellai- Granduca, 15 febbraio 1588, c. 295rv.
100
Ivi, Usimbardi-Rucellai, sd, cc. 472r-476v.
101
Caterina era tornata in possesso dei beni medicei dopo una lunga vertenza giudiziaria con Margherita d'Austria,
vedova del duca Alessandro, su questo vedi CLOULAS 1980, p. 478.
102
ASFi, MdP 4742, Caterina-Rucellai, 28 aprile 1588, c. 67r.
103
Ivi, Granduca-Orazio Rucellai, 29 settembre 1588, cc. 451r-454r.
104
Dice che le gioie devono essere viste e valutate dal Rucellai e ne deve essere fatto un inventario preciso.
105
Palazzo Madama, appartenuto ai Medici, era passato poi a Margherita d'Austria moglie di Alessandro, ultimo del
ramo vecchio dei Medici e dopo una lunga controversia giudiziaria era tornato in possesso di Caterina, come i beni
fiorentini.
106
Caterina de' Medici era infatti figlia di Lorenzo duca di Urbino.
14
ripristinare i rapporti diplomatici, interrotti dal granduca Francesco per ragioni di precedenza107.
Dopo un viaggio faticoso per le difficoltà sorte in Piemonte, Rucellai arrivò a corte il 15 ottobre,
dove fu accolto con grande gioia e affetto108, ma le trattative si rivelarono presto tutt'altro che facili.
La regina accettò di calcolare anche palazzo Madama per arrivare ai 200 mila scudi per i suoi
beni, ma da parte francese non si riteneva adeguata la proposta dell'aumento di dote di soli 100 mila
scudi e i Lorena posero il problema della restituzione della dote in caso di morte della principessa
senza eredi, mentre il Rucellai non riusciva ad avere garanzie valide sui 200 mila scudi offerti dal
re. Su questi punti le trattative andarono avanti fino all' otto di dicembre, quando fu firmata una
bozza di accordo109, che però prevedeva alcune clausole successorie che non trovarono il consenso
del granduca.
Mentre si trattava per la dote, sfruttando la presenza del Rucellai, Ferdinando cercava anche di
intervenire nelle vicende francesi, in particolare sollecitava Enrico III, perché si decidesse a
muovere guerra al duca di Savoia per riprendersi il marchesato di Saluzzo110.
Ai primi di dicembre si pensava che la partenza della sposa potesse avvenire agli inizi di
gennaio, ma si voleva che prima ci fosse la cerimonia del fidanzamento con la consegna di un
anello mandato dal granduca, cosa a cui a Firenze non si era pensato, come non si era provveduto ad
un dono di gioie di grande valore che il fidanzato doveva fare, secondo la consuetudine francese, il
giorno dopo il fidanzamento. In grande fretta il granduca mandò prima un anello con un bel rubino
e poi le gioie: delle perle con un pendente, che, però, arrivarono alla corte di Blois nello stesso
giorno dell'uccisione del duca di Guisa ad opera del re, il 23 dicembre 1588. I drammatici eventi
della mattina non impedirono che Caterina, ormai a letto da giorni, richiedesse al Rucellai di vedere
il dono e questi, con l'occasione, per fugare anche alcuni sospetti, prese la decisione di presentarli
ufficialmente a Cristina:
Sua Altezza se le[le perle con pendente] messe al collo con tanto estraordinario contento che non si basterebbe mai
l'animo di esprimerlo et la Regina madre, che ne gongolava quasi più, volse che l'andasse subito a mostrare il
presente alla Regina regnante con tutto che fussero parecchie hore di notte. La mattina seguente n' hebbe la vista il
Re e poi di mano in mano ogn' uno huomini et donne. Ciascuno lauda assai il presente et il Re principalmente. Da
quel punto in qua questa signora perse il nome di principessa et si chiama hora per ogn' uno et sino da se medesima
Gran Duchessa; et insomma è cosa incredibile l' allegrezza che causò in tutta questa corte il detto presente111.
Queste manifestazioni di "allegrezza" in una corte in cui era in corso uno scontro mortale con
uccisioni e imprigionamenti può stupire, ma si può in parte spiegare, come dice il Rucellai, perché
forse vi erano ancora dei dubbi sulla vera volontà del granduca, che furono fugati da questo dono 112.
In realtà Ferdinando aveva fretta di concludere e voleva che Cristina partisse alla svelta per paura
che l'aggravarsi della situazione francese rendesse sempre più pericoloso il viaggio. Per favorire
questa partenza Ferdinando aveva accettato anche una serie di condizioni che all' inizio aveva
escluso, in particolare quella di portare a duecentomila la "controdote" e quella che garante dei
duecentomila scudi del re, oltre quelli promessi per la sua parte, fosse il duca di Lorena.
Ma a ritardare la partenza e rendere più difficili le cose intervenne il 5 gennaio la morte della
regina madre113; nel testamento114 fatto la mattina stessa del cinque, Caterina lasciava alla nipote il
suo palazzo di Parigi con la metà di tutti i suoi mobili, per un valore di 120 mila scudi e con lo
107
Ivi, Granduca –Orazio Rucellai, 29 settembre 1588, cc. 455r-457v.
Ivi, Rucellai-Usimbardi, 24 ottobre 1588, cc. 133r-141v.
109
Ivi, Articoli sottoscritti, traduzione, 8 dicembre 1588, cc. 283r-285v.
110
Ivi, Inserto per Orazio Rucellai, 8 novembre 1588, c. 533rv.
111
Ivi, Rucellai- Usimbardi, notte del 23 dicembre 1588, c. 121r.
112
Ibidem.
113
CLOULAS 1980, pp. 539-544; ASFi, MdP 4742, Rucellai-Usimbardi, 6 gennaio 1589, cc. 271r-273v.
114
CLOULAS 1980, p. 544-545.
108
15
stesso legato concedeva a Cristina i suoi diritti sul ducato di Urbino115. Cristina, che restava sola in
una situazione di grande difficoltà, dopo un primo momento di disperazione116, dimostrò poi una
grande forza d' animo e una grande capacità di sapersi muovere in una situazione che si fece sempre
più disperata. Infatti le cose in Francia andavano precipitando: l' uccisione dei Guisa da parte del re
stava provocando sollevazioni in varie città e province, niente era più sicuro e anche gli accordi
matrimoniali tanto faticosamente raggiunti furono travolti dalle drammatiche vicende: il 20 gennaio
arrivò, infatti, a Blois una lettera da Nancy, che rimetteva tutto in discussione, perché il duca di
Lorena diceva di non essere più in grado di fare il garante per la parte promessa da Enrico III, come
ci si era accordati, e proponeva di dare per sua parte 100 mila scudi, invece di 150 mila, mentre il
resto era demandato al re117. Rucellai, di fronte a questa nuova situazione che cancellava un anno di
trattative, rimase" sbigottito e tramortito", e pronto a far crollare tutto, ma Cristina, che fino a quel
momento era rimasta in disparte:
di fronte a questa grave cosa che riguardava la sua vita non dette segno di perdersi d' animo o commuoversi e dopo
aver detto che confidava in Dio, nel Re, nel padre e nel Granduca lo[Rucellai] riprese per il suo crollo. E poi gli disse
di andare insieme a lei dalla Regina118 e intanto di pensare a qualche rimedio e che non era il momento di perdersi
d'animo119.
Il Rucellai propose allora alla regina di avere in garanzia delle gioie, ma informato che il re le
aveva tutte in pegno insieme a quelle della Corona, si ricordò che Sebastiano Zametti(o alla
francese Zamet), banchiere, aveva in suo possesso, per un prestito fatto a Enrico III, gioielli per un
valore di duecentomila scudi120 di cui ne restava da avere solo 87 mila. Iniziò allora un' affannosa
trattativa con questo banchiere, che a malincuore si lasciò convincere121.
Sembrava che i problemi fossero risolti e quindi si andava avanti con i preparativi della partenza,
che era prevista, in quel momento, per il 12 febbraio. Ma quel giorno il Rucellai, invece di dare
avviso della partenza, scriveva un' altra lettera disperata, perché tutto era nuovamente saltato:
Zametti, a causa di altre sollevazioni in territori in cui il re gli aveva dato garanzie per i suoi soldi,
non concedeva più le gioie e quindi non vi era più la copertura per i 200 mila scudi 122, mentre a
causa della sollevazione di Parigi, per Rucellai diveniva difficile recuperare anche le cose che il
granduca aveva ordinato nella capitale, come argenti e cavalli.
A tutto questo si aggiungevano gravi preoccupazioni per il viaggio, che si presentava molto
pericoloso, addirittura il conte di Nemour, minacciava di rapire la principessa durante il viaggio per
poterla sposare come gli era stato promesso123.
115
ASFi, MdP 4742, Rucellai- Usimbardi, 6 gennaio 1589, c. 272r.
Ibidem, "Per quanto aspetta alla Granduchessa conviene che io l' avvisi a Sua Altezza perché ella si è tanto data in
preda al dolore in questo caso che io me ne sono trovato a mal partito e sino doppo ch' ella era spirata non mi era
possibile spiccargliela da canto… onde mi risolsi alla forza et aiutato da uno honorato et buon vecchione et dal signor
abate Guadagni la svelsi di quivi et come di peso la conducemmo quasi tramortita nella sua camera, dove la fu messa in
letto et rinvenuta di maniera che mediante la sua consueta prudenza et virtù poi la si è ridotta a segno sopportabile".
117
ASFi, MdP, 4742, Carlo di Lorena-Rucellai, 13 gennaio 1589, c. 23rv; Ivi, Deliberazione del Consiglio del duca di
Lorena, 13 gennaio1589, cc. 24r-26v.
118
Luisa di Lorena, moglie di Enrico III.
119
Ivi, Rucellai-Usimbardi, 27 gennaio 1589, c. 157r.
120
Ivi, Inserto cifrato sl, sd, c. 241r e c. 91rv: " Le gioie che mi vengono promesse sono un diamante di scudi 66 mila,
un altro di scudi 25 mila, un balascio chiamato l' uovo di Napoli cosa singulare di scudi 70 mila et un collare di
diamanti di scudi 35 mila, li quali pezzi sono quelli del costo notati nelli inventari delle gioie della corona”.
121
Ivi, Rucellai-Usimbardi, 27 gennaio 1589, cc. 157r-163v.
122
Ivi, Rucellai- Usimbardi, 12 febbraio 1589, cc. 191r-195v. In realtà Rucellai aveva ricevuto ordine dall' Usimbardi di
fare il possibile per avere le garanzie, ma che soprattutto doveva pensare a partire " innanzi che questo cielo si vada
turbando oltre", ivi, Rucellai-Usimbardi,cc. 191v-192r.
123
Col duca di Nemour c' erano state trattative per un suo matrimonio con Cristina, ivi, Rucellai-Usimbardi, 12
febbraio 1589, cc.192rv: "Inoltre devo far sapere che il duca di Nemour ha fatto sapere che detta signora non deve
essere la moglie del Gran Duca, ma sua e che se anche il Re stabilisse il tutto lui la rapirebbe per strada e la sposerebbe
lui. Della qual cosa gli ha detto anche il Re di aver avuto sentore di ciò[192v] et mi ha Sua Maestà soggiunto essergli
116
16
Dopo questa lettera disperata del Rucellai, il 14 febbraio la situazione cambiò nuovamente, perchè
alcuni fiorentini come il cardinale Gondi, l'abate Guadagni e alcuni signori francesi si fecero garanti
per gli 87 mila scudi124 che Zametti doveva avere dal re125, per cui il banchiere tornò a promettere le
gioie, che finalmente arrivarono a Blois il 22 febbraio.
Tutto allora si accellerò; giunsero da Parigi anche le scritture che mancavano per fare il contratto
matrimoniale, che fu stipulato in gran fretta126; la sera del 24 fu celebrato il fidanzamento e il 25
Cristina partì da Blois127, salutata dal re e dalla regina piangenti, e iniziò il suo viaggio128 verso
Marsiglia.
stato detto che circa dugento cavalli et 600 archibugi che si sente doversi trovare insieme alli 24 del presente fra Bruges
et Molins, appunto sul nostro cammino d' ordine del duca di Nemours sono destinati ad effetto d' impedire il nostro
passaggio o potendo di rapire la persona della signora Principessa" .
124
Per questo debito vedi ASFi, MdP, busta 4734 , ins.12, Scritture attinenti alla causa di Madama serenissima la
granduchessa di Toscana per mandare a Parigi per conto del signor Sebastiano Zametto(1610).
125
ASFi, MdP 4742, Rucellai- Usimbardi, Blois, 14 febbraio 1589,c. 210rv e c. 202rv duplicato.
126
Il contratto porta la data del 25 febbraio 1589, vedi ASFi, MdP busta 4734.
127
Diversamente da quello che dice il GALLUZZI 1781, III,V, p. 18, che data la partenza al 27 febbraio, rifacendosi ad una
lettera precedente del Rucellai ASFi, MdP 4742, Rucellai-Usimbardi, 24 febbraio 1589, c. 211v.
128
Ivi, Rucellai- Usimbardo Usimbardi, Cheverny, 25 febbraio 1589, cc. 221r-222r, " [il 23 o 24 febbraio]mi furno
consegnate quelle scitture tanto aspettate et si passò il contratto delli articoli matrimoniali, hiersera in un' hora di notte
dopo vespro nella stessa chiesa la signora Principessa fu fianzata dal gran Priore in nome di Sua Altezza havendo fatto
le parole l' illustrissimo signor cardinal Gondi et hoggi a 21 hora doppo havere le loro Maestà accompagnata la
serenissima Gran Duchessa sino nel cortile et vistala montare in lettica non sine multis lacrimis hinc inde, siamo partiti
et alle 24 arrivati qui che è discosto da Blois circa otto miglia".
17
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