Insider Magazine

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Insider Magazine
M AGA ZINE
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M AGA ZINE
Circonvallazione Clodia, 78/80 • Roma • Tel. 06 3243556 • [email protected]
Editore
Insider Srl
Largo Messico, 15 - 00198 Roma
+39 06 98353089
Presidente
Angela Grimaldi
[email protected]
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Rapporti Istituzionali
Alessandro La Rocca
[email protected]
Amministratore Delegato
Raimondo Cappa
[email protected]
direttore responsabile
Francesca d’Aloja
[email protected]
direttore editoriale
Mariela A. Gizzi
[email protected]
Cover
Nel segno dell'eleganza
ph ©Donatella Codonesu
coordinamento REDAZIONE
Donatella Codonesu
[email protected]
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progetto grafico
e impaginazione
[email protected]
[email protected]
hanno collaborato
Alessandra Vittoria Fanelli
Andrea Cimbrico
Antonella De Santis
Carlotta Miceli Picardi
Enrico Tonali
Ester Maria Lorido
Fabio Colivicchi
Fabrizio Galazzi
Francesco Mantica
Gianni Perotti
Irene Cappa
Laura Di Cosimo
Laura Mocci
Luisa Espanet
Maria Laura Perilli
Monia Innocenti
Stefano De Angelis
Valentina Ughi
Valeria Penna
Violante Di Palma
Vittoria di Venosa
William Mattei
travel
resort
culture
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Palazzo Zorzi-Liassidi
Val d’Isère
meraviglie del mondo
L’Hotel dei Congressi
è il primo albergo
costruito nel cuore
dell’Eur nel 1958,
e ristrutturato in
gran parte nel 2013.
Tranquillità,
sobria eleganza
e servizio accurato
ne fanno uno degli
alberghi più rinomati
ed esclusivi
della zona.
RELAZIONI ESTERNE
Paolo Carrazza
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stampa
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ANNO 5 - NUMERO 41
Periodicità bimestrale
novembre/dicembre 2013
fashion
interview
gourmet
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Cappotti chic
Registrazione presso il Tribunale di Roma
al n. 58/2009 del 25/2/2009
Iscrizione del marchio presso
l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti
è vietata la riproduzione anche parziale
di testi, grafica, immagini
e spazi pubblicitari realizzati da: INSIDER Srl
Carolina Kostner
La Tognazza
PER LA TUA PUBBLICITà
[email protected]
Questo periodico è associato
all’Unione Stampa Periodica
Italiana
chef
design
design
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Kotaro Noda
www.insidermagazine.it
i luoghi del benessere
festivity
Thanks to
HARRY’S BAR
ROMA
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Hotel dei Congressi
Viale Shakespeare, 29 - 00144 Roma
Tel +39 06 5926021 - Fax +39 06 5911903
Prenotazioni +39 06 5911923
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M AGA ZINE
Sout
h Africa
S
iamo orgogliosi di annunciare che in occasione
del “Italian Ambassador’s Perennial Trophy”
il 23 novembre viene lanciato a Cape Town
il numero zero di Insider Magazine South Africa. La storica
regata è un’iniziativa a scopo di beneficenza, indetta per
promuovere il valore e la conoscenza a favore di bambini
e ragazzi meno fortunati nell’area del Capo. È un evento
importante, che merita di essere sostenuto dall’impegno
congiunto di persone, istituzioni e media.
Insider Magazine è una rivista raffinata dedicata alla cultura
dell’eleganza e al meglio del Made in Italy. Da oltre quattro anni
racconta la realtà che ci circonda attraverso storie di viaggi, arte,
design, sport secondo un personalissimo stile di Free Press e con
uno sguardo a storie positive. A rilanciare l’avventura italiana,
è con grande piacere che annunciamo oggi un numero zero
di Insider Magazine South Africa, nato per veicolare il Made
in Italy in una zona del mondo che apprezza enormemente la
nostra cultura e più in generale quanto viene dal nostro Paese.
Nata sotto l’egida dell’Ambasciata e del Consolato Italiano,
questa nuova edizione della Free Press si focalizza su figure e
storie italiane che hanno conquistato il successo in Sudafrica.
Un nuovo emozionante viaggio editoriale, un progetto
ambizioso che punta a mettere in luce i successi conquistati
dagli italiani nel mondo.
Questo numero zero conferma la volontà di continuare
a procedere sostenendo persone e prodotti che tengono
alta la nostra bandiera anche all’estero. Costruita grazie
all’integrazione della redazione romana con una neonata
redazione a Cape Town, coordinata da Alessia Cabib, la
rivista racconta dunque storie italiane in Sudafrica e immagini
dell’Italia più interessante per i lettori all’estero.
In ultimo, ma non meno importante, vogliamo ringraziare i
nostri partner Morgenster, Southern Wind Shipyards, Ferrero,
Viglietti e Giuricich, che ci hanno offerto il loro supporto
ed hanno creduto nell’iniziativa rendendo possibile questo
nuovo progetto ◆
Under the patronage of the Italian National Olympic Committee
relais con vista
I
l piccolo relais si trova comodamente inserito
al sesto e settimo piano di un palazzo nella
zona del Colle Oppio. Un ambiente intimo
e raffinato che ospita sole sei stanze, tutte
diverse, tutte luminose, eleganti, con pezzi di
arredo antichi in armonia con gli spazi lineari
e freschi. I dettagli curati, gli oggetti scelti
con amore nelle camere come negli spazi comuni.
Ogni ambiente racconta un frammento di storia diversa
e gode di un affaccio differente sulla città: Colosseo,
Campidoglio, Piazza Venezia, e tutto intorno Roma con
la sua bellezza sospesa nel tempo. Un incanto di cui
godere anche dalla bella terrazza, scenario ideale per
la colazione o per un aperitivo al tramonto.
Luxury in Rome
Via delle Terme di Tito, 92
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Nel segno
dell’eleganza
Il senso estetico
della cultura giapponese
pervade ogni aspetto
della vita quotidiana
di raffinata essenzialità.
A partire dal cibo
Testo e foto di Donatella Codonesu
Himeji, Castello dell’Airone Bianco
A
llungato su una serie di isole che vanno
dalla latitudine della Siberia a quella
di Taiwan, il Giappone presenta una
grande varietà di climi e scorci affascinanti. Laghi, vulcani,
giardini zen, aironi bianchi su distese innevate sono i soggetti
di antiche stampe su seta, oggi visibili negli arredi delle molte
case-museo, specchio di una cultura sofisticata e di una
raffinata essenzialità artistica. Il periodo in assoluto migliore
per visitarlo è la primavera, fra maggio e giugno, quando ogni
anno si assiste alla fioritura dei ciliegi e un manto rosa tenue
tinge il paesaggio.
Atterrando all’aeroporto di Tokyo si viene catapultati in
uno scenario fantascientifico, in cui architetture futuristiche
lasciano improvvisamente il posto ad antiche pagode o alla
calma rarefatta dei giardini zen. Un mondo affollato e caotico
dove fra luci al neon, psichedeliche sale da pachinko (le folli
e rumorose slot machine che tanto attraggono la gioventù
nipponica) e personaggi da fumetto può apparire la sottile
e raffinata silouhette di un kimono che sfila a piccoli passi
verso uno Shinkanzen, l’ipertecnologico treno ad altissima
velocità. Immagini anacronistiche e contraddittorie, che
rendono perfettamente l’animo di un Giappone da sempre
chiuso al mondo esterno, che ha conservato una forte
individualità sia nei confronti della vicina Asia che rispetto
al lontano Occidente. Un paese sospeso fra antichissime
tradizioni e un futuro che ne riprende i raffinati estetismi
proiettandoli su navicelle spaziali.
La vasta capitale è la città che meglio incarna questa dualità, con
i suoi molti quartieri dalle diverse anime. L’animata Shinjuku,
con la trafficata stazione centrale, centro degli affari e dello
shopping, la zona della baia, con il celebre mercato del pesce,
la vita notturna di Roppongi, l’esclusivo quartiere di Ginza, i
ristorantini di Akasaka e la città elettronica di Akihabara, dove si
incontrano personaggi manga in carne ed ossa, sono i mille volti
di una metropoli che non smette di stupire.
cover story
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Sakè all’ingresso di un tempio scintoista
Takayama
Takayama, preghiere all’ingresso del tempio
Kyoto, geisha
Kyoto, tessitura a mano
Se Osaka è più piccola e più omogenea nella sua modernità,
Kyoto è invece rimasta per buona parte più intatta. Qui è
ancora possibile girovagare in quartieri di piccole costruzioni,
i nuovi edifici non sono necessariamente grattacieli e
non è infrequente incontrare qualche geisha a passeggio,
riparandosi dal sole con il suo prezioso ombrellino di seta.
Sono per lo più modelle truccate per servizi fotografici,
probabilmente, ma il loro fascino è comunque seducente. Il
resto del paese è essenzialmente rurale e cosparso di piccoli
centri ben conservati e antichi complessi di templi buddisti,
regolarmente frequentati.
L’estensione del Giappone non permette una visita esaustiva,
ma spostandosi in treno lungo il tragitto che va da Tokyo
all’isola di Miyajima, lungo le regioni di Hokkaido e Kansai,
si possono cogliere molte suggestioni. A Nikko si arriva in
giornata dalla capitale per un’escursione fra antichi templi
in legno scolpito e dipinto. La zona di Hakone, sulle pendici
del gigantesco vulcano Fuji, offre la possibilità di passeggiate
intorno al lago e bagni nelle onsen, le sorgenti di acqua termale.
Qui come altrove, sostare in un ryokan è un’esperienza
indimenticabile: si tratta di b&b tradizionali, dove si dorme sui
tatami, si mangiano cene di innumerevoli micro-portate e… si
parla praticamente solo giapponese! Verso nord si incontrano
Kamakura, sovrastata da un Budda gigante, Takayama, con le
case di legno e le fabbriche di sakè, Kanazawa, famosa per
le antiche case da tè, regno delle geishe. A Kyoto fra le molte
vestigia del passato è imperdibile il padiglione d’oro, soggetto
dell’omonimo racconto capolavoro di Yukio Mishima. Nara
si raggiunge in giornata dalla città, per passeggiare ancora
fra i templi ma insieme a centinaia di cervi allo stato brado,
ammirando la collezione di mille antiche lanterne in metallo.
Ad Himeji vale la pena visitare l’imponente castello dell’airone
bianco, ispirazione di celebri set come quello di un noto 007
e de “L’ultimo Samurai” con Tom Cruise.
cover story
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Tè verde
Nara
cover story
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Kyoto, negozio di bacchette
Myajima
Tutte vestigia imperdibili, ma le immagini del Giappone
sono indubbiamente legate ad senso estetico raffinato ed
essenziale anche nella cucina, che è un’esperienza a sé e
della quale il noto sushi rappresenta solo l’aspetto fast food.
La prelibata carne di mucca kobe o wagyu, massaggiata
fino a sciogliere il grasso per renderla incredibilmente
morbida, si mangia in costose steack house. Qui, come nei
sushi bar e in molti altri ristoranti, ci si può sedere al banco
ed osservare la perizia degli chef mentre preparano i piatti
su piastre di metallo incandescenti e li servono in elaborate
composizioni. Il tofu, tanto insipido da noi, è un formaggio
di soia delicato, che può assumere consistenza e sapore
molto diversi ed interessanti. Articolata e multiforme, la
gastronomia giapponese è tanto varia da essere organizzata
in ristoranti dedicati: kobe, tempura, tofu, ramen, soba,
udon, tori sono i “temi” dei molti locali e le molte possibili
declinazioni di un’arte culinaria che tiene in gran conto la
presentazione dei piatti.
Takayama, produzione di sakè
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Lo street food può costituire una piacevole alternativa, ma
la quintessenza dell’esperienza gastronomica in Giappone è
senz’altro la cena in un ristorante tradizionale, in ginocchio
sul tatami, serviti da ossequiose cameriere in kimono che
retrocedono per non darvi le spalle. Preceduti dal liquore di
prugna (aperitivo) e accompagnati dal saké, i molti assaggi
di cibo che costituiscono il menù sono disposti come
su una tavolozza di pittore. Le tecniche di cottura sono
elaborate ma attente a non alterare il sapore della materia
prima, e il gusto delicato delle pietanze risulta quasi sempre
ottimo anche per il palato occidentale. Il carattere di questa
cucina, più che di ogni altra, è imprescindibile dalla vista e
l’esperienza di un viaggio in Giappone passa innanzitutto
per i suoi piatti ◆
cover story
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VAL D’ISèRE
LE ALPI FRANCESI
DELLA SAVOIA
nella regione del Rodano-Alpi,
l’importantissima stazione invernale
ha una forte vocazione turistica,
sportiva e di ospitalità
di Alessandra Vittoria Fanelli
ph Andy Parant - www.andiparant.com
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egno della neve, vero oro bianco,
Val d’Isère posta nella Savoia a 1.850
metri d’altezza, racchiude in sé tutti gli
ingredienti per gli appassionati della montagna, della natura
e dello ski. Situata al di là delle Alpi a pochi chilometri dal
confine italiano, è una stazione sciistica famosa per essere il
villaggio dove è cresciuto la leggenda vivente dello sci di tutti
i tempi, Jean-Claude Killy. Già campione della X° edizione
dei Giochi Olimpici invernali di Grenoble 1968, Val d’Isére
e la vicina Tignes hanno dedicato al suo nome il villaggio
Espace Killy e la pista più affascinante, ideale solo per i
provetti sciatori, naturalmente!
Val d’Isère, una della più note destinazioni internazionali per
gli sport invernali, dispone di tutto ciò che è necessario per
una vacanza-neve perfetta. D’inverno poi vive la sua intensa
stagione, sia per la diverse attività sciistiche quali sci alpino
e di fondo, parapendio, biathlon, ice-climbing, pattinaggio,
partite di polo, sia per il mondanissimo après-ski: bar, ristoranti,
diversi shopping centre e del nuovo Centre Aquasportif, un
vero universo di benessere per adulti e bambini.
La sua stagione invernale si inaugura ufficialmente durante
il weekend del 30 novembre/1° dicembre con l’evento
‘Premières Traces’, che permette di iniziare bene l’attività
sciistica con l’offerta di due notti in hotel, due giorni di ski
pass, mezza giornata alla scoperta del comprensorio sciistico
con istruttori diplomati e un ingresso alla piscina del centro
Oxygent, a tariffe particolarmente agevolate.
Val d’Isère è anche un concentrato di stelle Michelin per la
gustosa cucina savoiarda e i nuovi indirizzi gourmand come
l’Atelier d’Edmond curato da Benoit Vidal. Come esperienza
veramente unica, non può mancare una sosta al ristorantestalla (sì, proprio così, lo spazio ristorante è stato ricavato
dalla stalla perfettamente funzionante) l’Etable d’Alain
dove si gusta ovviamente la ‘raclette’, tipica ricetta della
Savoia, mentre dall’altra parte dell’ampia vetrata divisoria, si
percepisce lo sguardo delle mucche che ci osservano con
indifferenza mentre si cibano del loro mangime.
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Raclette piatto tipico - ph F. Cavazzana
Non a caso il ristorante è sempre superprenotato da famiglie
con bimbi che si divertono a guardare le mucche piuttosto
che cenare.
A Val d’Isère la cultura dell’accoglienza è il valore aggiunto
per l’ampia e diversificata offerta di ospitalità: chalet,
hotel, bed&breakfast, residences, appartamenti per tutte
tasche. Però per regalarsi una vera vacanza di lusso ecco
tra i più rinomati hotel della zona il cinque stelle Avenue
Lodge Hotel, che si contraddistingue per il concept di
design curato da Jean-Philippe Nuel per il gruppo di Michel
Bouvier, esperto in hotellerie e proprietario di altri hotel di
design a Parigi.
Situato in pieno centro e distante solo 300 metri dalle piste,
l’hotel presenta un’atmosfera anni ‘50, omaggio al periodo
del massimo sviluppo degli sport invernali.
Le 54 camere (che includono due suites) presentano tipologie
differenti: materiali naturali, legni caldi, copriletti di pelliccia,
biancheria di Pierre Frey. I colori delicati del grigio dei
rivestimenti e degli arredi sono animati dal tocco rosso della
parete divisoria tra la camera e la stanza da bagno, dotata,
naturalmente, di vasca Jacuzzi.
La struttura dispone di un bistrot-ristorante curato dallo chef
Patrick Duclos, che propone piatti della cucina savoiarda
ma non dimentica di offrire la classica ‘terrine di fois gras
de volaille’ o il celebre piatto di ostriche e champagne per
i più esigenti.
Nella sala-lounge il grande camino sempre acceso e le
comode poltrone rivestite in cavallino creano un ambiente
caldo e rilassante dove passare la serata dopo la giornata
passata sulle piste.
Hotel Avenue Lodge
La bellezza dell’hotel si esprime attraverso la sua spa
progettata sempre da Jean-Philppe Nuel, che ha utilizzato
materiali quali l’ardesia, il legno e pietre naturali con la stesa
cromia di colori che si trovano nelle parti comuni, dominate,
appunto, dal rosso. Particolarmente affascinanti i lampadari a
led realizzati con le corna di cervo che sovrastano la grande
piscina Jacuzzi riscaldata.
Dunque perchè non approfittare della ‘Magie de Noel’
quando il villaggio si riempe di luci, viene avvolto dal bianco
della neve e illuminato delle piste accese con le torce e dai
concerti che si tengono in tutta la valle? Val d’Isère e Avenue
Lodge Hotel: uno spettacolo semplicemente meraviglioso ◆
INFO
Italia
Atoutfrance - www.rendezvousenfrance.com
Francia
Ufficio del Turismo Val d’Isère - www.valdisere.com
Viaggiare
In treno: da Milano per Val d’Isère, stazione di Chambery
+ pullman di linea
In aereo: da Roma per Lyon o Ginevra con Alitalia, Air
France e Swissair + pullman di linea
Dormire
Avenue Lodge Hotel - www.hotelavenuelodge.com
Cenare
Etable d’Alain: l’Androit, Val d’Isère
Val d'Isere Atmosfera natalizia
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L’IMMUTATO FASCINO
DELLA SERENISSIMA
è quanto si ritrova nel quattrocentesco palazzo Zorzi-Liassìdi
ora splendido Palace Hotel di grande bellezza e perfetta ospitalità
di Alessandra Vittoria Fanelli
Ingresso hotel dal canale
E
legante esempio di architettura gotico veneziana
il Liassìdi Palace Hotel, contraddistinto da
una facciata dominata da un’esafora coronata
da decorazioni in marmo, è situato sulla storica Riva degli
Schiavoni, cuore di una Venezia ancora autentica, ed
ha mantenuto la propria identità veneziana che ricorda
l’immutato fascino dei Dogi.
Affacciato sul Canal San Lorenzo il Liassìdi Palace Hotel è
tra i pochi hotel di Venezia a essere vicino alla Chiesa di San
Giorgio dei Greci con i suoi capolavori di arte bizantina e alla
Scuola di San Nicolò con la splendida collezione di icone.
Liassìdi prende il nome della famiglia cipriota, proprietaria del
palazzo fino ai primi del ‘900. Un altro legame unisce la storia
di questo edificio all’isola di Cipro: nel 1436 fu acquistato
dalla famiglia Zorzi-Corner che già dagli inizi del ’500 aveva
un ruolo di primo piano nella vita economica e politica della
Serenissima Repubblica, annoverando tra i suoi membri la
famosa Caterina Cornaro che fu appunto regina di Cipro.
Questo palazzo di antica storia e di grande bellezza è stato
riconvertito nel 2003 in hotel dalla famiglia Caputo, noti
imprenditori di hôtellerie (non solo a Venezia), e sotto la sapiente
guida di Stefano Caputo è stato recentemente restaurato,
riportato all’antico splendore e dotato delle più moderne
tecnologie in materia di sicurezza e comfort per i propri ospiti.
L’ingresso da Calle della Madonna introduce nella corte, un
vero piccolo salotto tra gelsomini e piante di limone sul quale
si affaccia la hall dell’albergo, unione tra il design italiano
e l’eleganza di un’antica dimora veneziana. L’entrata, per
i più romantici con la gondola e per gli uomini d’affari via
motoscafo, si effettua direttamente dal Canal San Lorenzo.
Cuore di questo esclusivo hotel a Venezia, diventato nel
frattempo membro dei Small Luxury Hotels of the World, è
l’ampio salone situato al piano nobile, che a richiesta può
trasformarsi in una affascinante conference hall per matrimoni,
convention aziendali o eventi culturali personalizzati.
I suoi alti soffitti, decorati da travi a vista e da bei lampadari
di Murano, gli eleganti arredi e la splendida esafora affacciata
sul canale ne fanno un ambiente esclusivo e signorile.
All’ultimo piano l’hotel dispone di un’elegante sala, che il
vetro smerigliato delle ampie finestre e le pareti in noce
nazionale rendono particolarmente accogliente e ideale per
piccole ed esclusive riunioni di lavoro.
Ognuna delle 26 stanze dell’hotel è dotata di una propria
personalità, scaturita dall’unione di design ed eleganza con
la tradizione, in un unico equilibrio grazie all’inconsueto
abbinamento dei materiali: il rovere chiaro si sposa con l’oro
delle testiere intagliate, le sfumature scure del noce nazionale
con il colori caldi delle stoffe. Le linee morbide ed eleganti di
questi arredi si fondono con le forme contemporanee delle
cornici in metallo satinato e delle console in ottone e vetro.
Il cuore moderno di questi piccoli universi è racchiuso in
armadi rivestiti in piccoli specchi, nelle lampade di design
e nelle grandi tele che riproducono alcune tra le opere di
pittura più importanti degli ultimi due secoli.
Il terrazzo alla veneziana impreziosisce alcune stanze del
piano nobile, le venature chiare del parquet creano una calda
atmosfera nelle altre camere distribuite su tre piani. Alcune
offrono una romantica intimità, altre, dalle alte pareti, sono
arricchite da finestre gotiche o da un’elegante trifora. L’hotel
è anche dotato di un comodo ascensore accessibile ai clienti
con difficoltà motorie in modo che possano raggiungere
senza difficoltà il piano nobile.
Al piano terra gli ospiti sono accolti nelle due sale adibite a
colazione. In queste sale affacciate sul Canale San Lorenzo
viene servito un ricco buffet accompagnato dallo sciabordio
delle acque mosse dalle gondole. In questa rilassata atmosfera
si accede al Liassidi Bar dove si può gustare il tradizionale
spritz, che il barman del Liassidi prepara con particolare
perizia. È l’aperitivo alcolico italiano di origini veneziane a
base di vino bianco, o prosecco, bitter e seltz, conosciuto in
tutto il mondo, e non si può lasciare Venezia senza averlo
bevuto almeno una volta.
Riservatezza e cortesia caratterizzano lo staff del Palace Hotel
Liassidi, a completa disposizione degli ospiti per rendere
il loro soggiorno veneziano indimenticabile: consigliare il
tradizionale ‘bacaro’ per gustare le pietanze tipiche del luogo
come le sarde in saór a base di cipolle in agrodolce (sardèè
in saór) o prenotare un concerto di Vivaldi nella vicina chiesa
di Santa Maria della Visitazione o della Pietà, secondo la
denominazione popolare, una gemma dell’architettura
veneziana dove Vivaldi scrisse le famose ‘Quattro Stagioni’ o
al teatro La Fenice completamente ristrutturato.
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M AGA ZINE
Superior Suite
resort
Non solo: una breve passeggiata è sufficiente per gli ospiti
dell’Hotel per raggiungere a piedi e senza incontrare
alcun ponte la stupefacente piazza San Marco, dominata
dalla facciata marmorea del XII secolo della Basilica e
dall’impressionante campanile, il ‘paron de casa’, come lo
chiamano i veneziani. O per raggiungere la Scuola di San
Giorgio degli Schiavoni, dove si può ammirare il famoso
ciclo pittorico di Carpaccio, scoprire i tesori della Chiesa di
San Zaccaria o quelli di San Giovanni in Bragora, una delle
più antiche chiese della città.
Il Liassìdi Palace Hotel è facilmente raggiungibile sia dalla
stazione ferroviaria di Santa Lucia sia da Piazzale Roma e
dal Tronchetto con i comodi vaporetti della linea 1,per
chi desidera assaporare il fascino veneziano attraverso le
bellezze del Canal Grande. E nella magica atmosfera delle
prossime festività veneziane, attende i suoi ospiti con la
consueta accoglienza per un soggiorno veramente unico ◆
www.liassidipalacehotel.com
Sala colazioni di fronte al canale
Salone nobile al primo piano
A Venezia l’Osteria Oliva Nera
per riscoprire i sapori dei Dogi
Adiacente al Liassidi Palace Hotel, sempre nel sestiere di
Castello, si trova l’accogliente Osteria Oliva Nera, vero
gioiello gourmand ideale per riscoprire i tipici sapori
veneziani.
Il locale è piccolo e arredato con gusto e il suo dehor,
che si apre sulla Salizada dei Greci, è ambito da tutti
gli avventori perchè lì si respirano ancora le atmosfere
della Serenissima, accolti con simpatia dai proprietari
e dall’estroversa Isabella che descrive con innata
competenza i menu.
Ecco per i lettori di INSIDER magazine una tipica ricetta
veneziana facile da realizzare tra le mura domestiche:
il ‘Fegato alla veneziana’. Appassire su burro e olio di
oliva molto lentamente il fegato rigorosamente di vitello
con cipolle bianche e quando le cipolle risultano dorate
aggiungere il fegato tagliato sottile e alla fine guarnire con
pinoli e polenta.
www.olivanera.com
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MASSERIA POTENTI
vacanze di charme
in Puglia
di Laura Di Cosimo
L
a Puglia, quest’antica terra laboriosa,
è sicuramente tra le mete vacanziere
più apprezzate dagli italiani e dai turisti
provenienti da tutte le parti del mondo. La sua storia antica,
i capolavori artistici, i paesaggi naturali, le sue spiagge da
sogno, insieme ai colori e agli intensi sapori della sua cucina,
narrano di una regione che esprime tutto il calore del Sud,
generoso e accogliente. E le masserie pugliesi, antiche realtà
rurali spesso trasformate in resort di charme, raccontano
bene il fascino genuino di un’area, così piena di tanti e
nuovi luoghi da scoprire. La masseria Potenti, nel comune
di Manduria, racchiude tante di queste peculiarità pugliesi,
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accogliendo gli ospiti in una rilassata atmosfera conviviale
e facendoli sentire da subito “come a casa propria”.
La masseria è stata restaurata e curata nei minimi
particolari dalla sua affascinante proprietaria Maria
Grazia Di Lauro Tommasino, che è riuscita a mantenerne
intatto tutto il fascino originario da dimora contadina,
con soluzioni semplici ma davvero raffinate, molto curate
in ogni singolo aspetto. Le stanze sono arredate ognuna
da tanti piccoli particolari che ne fanno una diversa
dall’altra, da scegliere in base alle proprie preferenze,
apprezzando soprattutto la quiete e il silenzio di tutte.
Davanti all’edificio si ammirano succulente piante di fichi
resort
d’India, ma sono soprattutto la distesa di ulivi ed i vigneti
di proprietà circostanti, a creare quella giusta atmosfera che
richiama alla terra e al “duro” lavoro di campagna. Infatti, la
Masseria Potenti oltre ad essere un elegante resort, ha sempre
mantenuto la sua operosa funzione agricola, producendo
olio e vino di qualità, rimanendo aperta durante tutto l’anno
con varie attività che seguono il ritmo delle stagioni: in estate
si privilegiano soprattutto il mare, con visita alle meravigliose
spiagge, con escursioni nella natura incontaminata delle
riserve marine o godendosi il relax nella bella piscina
scoperta, circondati da alberi e profumi odorosi di macchia
mediterranea.
In inverno, compreso il periodo delle feste natalizie,
la masseria diventa una grande e accogliente casa di
campagna, dove è possibile prendersi cura di sé stessi, alla
ricerca di rigenerante tranquillità. Per Natale, ad esempio,
si organizzano dei corsi di Cucina Mediterranea, legata alle
materie prime del territorio, insieme a Corsi di decorazione
della tavola, soprattutto nelle occasioni di festa. Inoltre,
legandosi alla ricerca del benessere, proprio in questo periodo
si organizza una settimana di full immersion nella disciplina
yoga, circondati dal silenzio della natura, alternando questa
attività a delle lunghe camminate nel verde. Su richiesta, è
anche possibile organizzare passeggiate a cavallo nei boschi
che circondano la vasta proprietà. Tra i momenti più belli
della giornata, rievocando le nostre migliori tradizioni,
c’è il “magico” riunirsi intorno alla tavola, sempre curata
nel dettaglio con deliziosi centritavola realizzati con erbe
aromatiche, frutta di stagione, oppure oggetti scovati nei
viaggi dalla dinamica proprietaria.
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resort
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Nelle calde e luminose vacanze estive o in inverno, magari
davanti a un meraviglioso camino acceso, il cibo genuino,
il vino, i profumi della campagna, il silenzio, le gentili
persone del luogo che curano le squisite preparazioni
culinarie insieme alla padrona di casa, aiutano a trascorrere
il tempo con il ritmo giusto, che ci ritempra dalle nostre vite
spesso troppo frenetiche, facendoci assaporare appieno
l’incantevole ospitalità di questo angolo della Puglia ◆
MASSERIA POTENTI
Contrada Potenti - 740424 Manduria (TA)
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CASTELLO
DELLA MANTA
I
Ph © Giorgio Majno
l Castello della Manta, nei dintorni di Saluzzo,
sorge su una delle colline della valle Varaita,
in vista del Monviso.
L’antica struttura, nata nel corso del XII secolo come semplice
avamposto militare, venne probabilmente trasformata tra
il Duecento e il Trecento in una vera e propria roccaforte.
Fu nel corso del XV secolo che la fortezza iniziò a subire
un’importante svolta in senso residenziale. L’aspetto attuale
del complesso è frutto quindi di rimaneggiamenti e
aggregazioni operate durante i secoli, tanto che ancora
oggi sono ben individuabili i tre blocchi che compongono
la struttura castellana: il primo, più antico, voluto da
Valerano Saluzzo della Manta nel Quattrocento, il secondo
commissionato da Michele Antonio Saluzzo dopo la metà
del Cinquecento e l’ultimo, aggiunto per volere di Valerio
Saluzzo nel corso del XVI secolo.
Fu Valerano a commissionare la realizzazione degli affreschi
che adornano il Salone baronale: uno dei più importanti
cicli pittorici profani di epoca tardo-gotica. Le pitture murali,
eseguite da un artista noto come “Maestro della Manta”,
esprimono pienamente la passione della società aristocratica
del tempo per la cultura cavalleresca, con i suoi miti, i suoi
ideali e i suoi codici di comportamento. La Sala infatti era un
luogo di rappresentanza, dove il signore celebrava il proprio
potere attraverso il fasto e l’esibizione di una cultura comune
alle altre corti europee. La scelta del soggetto fu ispirata dal
poema cavalleresco in lingua francese Le chevalier errant.
Sulla parete è rappresentato uno straordinario corteo di nove
prodi (tre pagani, tre ebrei e tre cristiani) e di nove eroine
della mitologia e della storia antica, tutti abbigliati secondo
la più ricca moda parigina del tempo. Sulla parete opposta
compare invece il mito del tardo medioevo della Fontana
della giovinezza: la miracolosa sorgente che, secondo la
tradizione, possedeva la virtù di ringiovanire gli anziani,
ridare bellezza alle dame e preservare dalle malattie. L’arte
manierista del Cinquecento trova invece una notevole
testimonianza nel Salone delle grottesche che, insieme
all’attiguo Corridoio delle Fatiche di Ercole, costituivano
l’appartamento di rappresentanza voluto intorno al 1560 da
Michele Antonio della Manta. Il salone presenta un soffitto
finemente dipinto e decorato con stucchi, rovine antiche,
architetture rinascimentali e “grottesche”: decorazioni
ispirate alle Logge Vaticane di Raffaello a Roma, frutto della
cultura classicista dell’Italia centrale di quel periodo.
La piccola Chiesa Castellana, edificata da Valerano e un
tempo parte integrante della proprietà dei Saluzzo, ospita
nell’abside uno splendido ciclo di affreschi quattrocenteschi
raffiguranti la Passione di Cristo, della stessa epoca del
Salone baronale.
Il Castello della Manta è oggi proprietà del FAI - Fondo
Ambiente Italiano, grazie alla donazione effettuata nel 1984
dalla sua ultima proprietaria, Elisabetta De Rege Provana
che, assieme al marito Francesco De Rege, ha così voluto
assicurare la protezione e il futuro del Castello, permettendo
a tutti di visitarlo e ammirarlo ◆
www.fondoambiente.it
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Biblioteca Apostolica Vaticana, Sala stampati
BIBLIOTECHE,
MERAVIGLIE
DEL MONDO
Patrimoni inestimabili,
fra storie centenarie
e sfide al futuro: le cattedrali
del sapere sono anche luogo
di aggregazione sociale
L
culture
Biblioteca Apostolica Vaticana, Salone Sistino
eggere, leggere, e poi ancora leggere.
Il futuro di tutti noi passa anche da qui,
dalla lettura e dai luoghi pensati e costruiti
perché ciò possa accadere: le Biblioteche, ovvero spazi
pubblici in evoluzione, vere e proprie sfide al futuro e
progetti di riqualificazione urbana. Nell’ultima classifica
stilata dal settimanale Panorama delle biblioteche più belle
del mondo, dalle più antiche e con una grande tradizione
secolare fra gli scaffali alle più moderne votate al design, non
potevano mancare la Biblioteca Oratoriana dei Girolamini
di Napoli e la Biblioteca Apostolica Vaticana a Roma. Dagli
Stati Uniti all’Europa passando per l’Asia, il destino di tutte
queste biblioteche è lo stesso, destare meraviglia in grandi e
piccoli appena si varca la soglia d’ingresso e trasmettere un
messaggio chiaro: la cultura dev’essere al centro ogni qual
volta si vuole costruire una società più equa e democratica,
ma anche una economia più forte.
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Biblioteca Centro Cultura Nembro
Biblioteca Nazionale Braidense, Sala Teresiana
Nell’elenco di queste stupefacenti cattedrali del sapere
un posto particolare va riservato alla colossale Biblioteca
di Pechino che contiene 29 milioni di libri, conta una
superficie di 250mila metri quadrati, è aperta tutti i giorni
dell’anno ospitando ogni giorno 12mila lettori, ed è la
seconda biblioteca più grande del mondo, dopo la Library
of Congress di Washington con la sontuosa ‘Great Hall’.
Senza dimenticarsi naturalmente della nuova Biblioteca
Pubblica di Amsterdam, diamante grezzo a livello mondiale:
disegnata dall’architetto olandese Jo Coenen, si presenta con
28mila mq quadri disposti su dieci piani e 1200 confortevoli
postazioni di lettura di cui la metà con computer naturalmente
connesso a Internet, la possibilità di accesso sette giorni su
sette dalle dieci del mattino alle dieci di sera e il prestito
completamente automatizzato; o ancora La Biblioteca del
Trinity College di Dublino fondata nel 1712.
In Italia invece destano interesse la Biblioteca Oratoriana
dei Girolamini di Napoli, con un patrimonio librario di circa
159.700 unità tra volumi ed opuscoli, tra i quali 137 stampati
musicali, 5.000 edizioni del Cinquecento, 120 incunabili,
10.000 edizioni rare e di pregio, e la Biblioteca Apostolica
Vaticana, che custodisce un ricchissimo patrimonio
composto di circa 180.000 volumi manoscritti e d’archivio,
1.600.000 di libri stampati, circa 9000 incunaboli, 300.000
tra monete e medaglie, 150.000 fra stampe, disegni e matrici,
e oltre 150.000 fotografie antiche.
Biblioteca Centro Cultura Nembro
Le biblioteche sono patrimoni inestimabili, non solo per la
loro funzione di tutela della conoscenza, ma perché svolgono
uno straordinario ruolo di aggregazione sociale, bandendo
differenze culturali, religiose o politiche.
E se al livello internazionale le biblioteche sono rappresentate
dall’IFLA (International Federation of Library Associations
and Institutions), in Italia è compito dell’AIB (Associazione
Italiana Biblioteche) promuoverle sottolineando il valore
professionale dei bibliotecari, anche organizzando eventi
nazionali. Tra le moltissime manifestazioni, un ruolo
decisamente trasversale ha assunto negli ultimi due anni il
BiblioPride. Dopo Napoli 2012 è toccato a Firenze portare in
piazza l’orgoglio delle biblioteche con una grande festa il 5
ottobre scorso nella splendida cornice di Piazza Santa Croce.
A Napoli guest star era stato lo scrittore Andrea Camilleri, a
Firenze è toccato al filologo e saggista Luciano Canfora, per
ribadire che investire nelle biblioteche significa investire nel
futuro: ‘Deve cambiare la struttura del bilancio dello Stato,
ad oggi perverso e fondato su valori capovolti. Andiamo a
portare chissà quale contributo militare ai quattro angoli del
pianeta, compriamo aerei costosissimi e già desueti, quando
per costruire un Nuovo Ordine la lettura pubblica, in tutte
le forme possibili, con i supporti più nuovi e più sofisticati
possibili, è l’architrave’ ◆
culture
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Biblioteca Tiraboschi
A ROMA IL 58° CONGRESSO NAZIONALE
Si svolgerà il 28 e 29 novembre nell’Aula Magna
dell’Università Roma Tre di Roma il 58° Congresso
Nazionale delle Biblioteche, sotto l’Alto patronato
del Presidente della Repubblica. Titolo del convegno
‘Quale lavoro in biblioteca?’ sul tema del lavoro in
biblioteca per i giovani e sul ruolo fondamentale e il
valore professionale dei bibliotecari.
Per maggiori informazioni sul programma www.aib.it
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Africa
il futuro prossimo dell’economia
di William Mattei - Responsabile Ufficio Studi Genesi Uln Sim SpA
Anticipare le mode finanziarie
Quando l’Occidente cerca di farsi un’idea dell’Africa,
l’immagine mentale che si forma è quella legata a conflitti
sanguinari senza termine o a luoghi di vacanza. Coloro
che puntano ad individuare le potenzialità insite in un
investimento nei paesi africani, si possono rendere conto in
tempi stretti che la scommessa finanziaria sul continente è
ancora agli albori. Il lancio dei fondi comuni di investimento
dedicati all’economia africana è stato finora guidato solo da
un ristretto numero di grandi case di investimento. In questa
scheda, dedicata alle idee di investimento, abbiamo voluto
sintetizzare i punti di forza che stanno alla base del successo
del continente africano.
Alcuni numeri
Il continente africano ospita 53 paesi. Negli ultimi tre decenni
il numero di nazioni con regimi democratici è passato da 10
a 33. Il continente ha quasi un miliardo di abitanti, il 30% in
più dell’Europa, Russia inclusa. Si tratta di una popolazione
giovane in costante crescita, un enorme potenziale per il
futuro. L’Onu segnala che la popolazione che vive con meno
di 1,25 Usd (il limite della povertà estrema) raggiunge picchi
del 51% nell’Africa sub sahariana. Il PIL passerà dal 5,1%
del 2012 al 5,4% questo anno e nel 2014 toccherà il 5,7%.
Secondo le Nazioni Unite, la crescita della popolazione in
africa verso il 2015 è prevista accelerare più velocemente che
in qualsiasi altra parte del mondo, ad un tasso del 2,2%. Come
risultato ci si attende che l’Africa diventi il luogo dove risiederà
la popolazione più giovane del mondo e, le interessanti
opportunità di investimento arriveranno nel momento in cui i
giovani lavoratori spenderanno i propri guadagni.
Le risorse
Da non trascurare la ricchezza di risorse naturali che
caratterizza questo continente: il 30% dell’oro mondiale
proviene da qui, così come almeno il 50% dei diamanti,
per non parlare del platino. E che dire del petrolio? L’oro
nero africano appare spesso sottovalutato o sottostimato,
come se il suo valore fosse inferiore a quello proveniente
dal Medio Oriente. Non dimentichiamoci che la Nigeria è
il sesto esportatore mondiale e che nel Golfo della Guinea,
nell’area saheliana e nel Sudan, sono presenti riserve non
quantificate perchè ancora da esplorare interamente. L'Africa
è ricca di materie prime, ma ora punta anche su altri settori.
Il Ruanda, per esempio, sta investendo nella crescita nel
settore Information Technology con l'ICT Park di Kigali, la
capitale. Nell'ottobre dello scorso anno è nato il mercato
comune africano, che raccoglie 26 stati, dalla fusione del
COMESA (Mercato Comune dell'Africa Orientale e Australe),
l'EAC (Comunità Economica Africana) e la SADC (Comunità
per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale). Il Fmi ha aumentato
fino a 1,5 miliardi di dollari le risorse destinate al continente,
il doppio dell'anno scorso. Anche la Harvard Business
Review ha inserito gli investimenti in Africa fra i consigli di
business per il 2009. Paul Collier, direttore del Centro Studi
sull'Economia Africana di Oxford e Jean Louis Warnholz,
ricercatore presso lo stesso istituto, hanno fatto notare come
i propri studi su 954 compagnie africane quotate hanno
presentato, fra il 2002 e il 2007, un ritorno medio sul capitale
fra il 65% e il 70%, superiore a quello dei competitors in
Cina, India, Indonesia e Vietnam.
Terra di conquista
La Cina rappresenta il 20%
degli investimenti complessivi
realizzati in Africa, allo stesso
livello dell’India, che vanta
due secoli di operatività
nell’area. La Cina continua
ad investire nel continente
africano, nel quale è già
presente in paesi come
Angola, Etiopia, Nigeria,
Sudan, Zambia e Zimbawe.
L’obiettivo del paese asiatico
non è esclusivamente quello
di importare materie prime e
risorse energetiche (dall’Africa importa già il 20%
del fabbisogno energetico nazionale) ma anche lo
sviluppo di buone opportunità in campo industriale,
nel settore delle infrastrutture e in quello agricolo.
Tra gli ultimi progetti cinesi realizzati in Africa vi è la
costruzione di cinque Zone Economiche Esclusive (Zes)
realizzate con capitali cinesi e sfruttate da imprenditori
cinesi. Le società australiane stanno riuscendo ad
arginare la marcia africana della Cina. Oggi circa
il 40% dei progetti minerari africani è controllato
da aziende australiane, per un totale di 500 siti ed
esplorazioni minerarie che coprono 40 paesi. ‘L'Australia
- ha commentato Gina Rinehart, presidente di Hancock deve fare di tutto per restare competitiva sul mercato
mondiale e per incoraggiare investimenti nel paese. C'è un
grande focus ora sui paesi dell'Africa Occidentale, che va
combattuto a tutti i costi’.
Le borse valori
Negli ultimi 12 anni, il numero delle borse del continente
africano è aumentato notevolmente. La capitalizzazione
complessiva è dominata dalle quattro piazze maggiori. La
piazza borsistica di maggior rilevanza è il Johannesburg
Stock Exchange, con l'indice di All Share Index 40, che
riunisce i primi 40 titoli in listino; seguono Egitto, Marocco
e Nigeria. Questi 4 paesi rappresentano il 60% del Pil totale
africano. Tra i paesi di “ultra frontiera” troviamo Algeria,
Botswana, Mauritius e Tunisia. Sulla borsa sudafricana
prevalgono le aziende attive nel settore minerario e delle
risorse naturali. La crescita del numero di piazze borsistiche
economy
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in Africa ha indotto alcuni investitori a prevedere che molte
economie del continente si affermeranno come la prossima
generazione di mercati emergenti (BRICS: Brasile, Russia,
India, Cina, Sudafrica). Il Sudafrica si distingue dagli altri
mercati nell’Africa subsahariana in quanto appartiene alle file
dei mercati emergenti piuttosto che ai mercati di frontiera.
L’evoluzione è avvenuta grazie a mercati finanziari ben
regolamentati ed evoluti, che si sono sviluppati nel corso
della sua lunga storia come leader mondiale in molti rami del
settore minerario. Il Paese produce da solo oltre un terzo del
reddito continentale, grazie soprattutto alle risorse minerarie
(oro, diamanti, platino, ferro, cromo, carbone) e alle industrie
collegate. Molte aziende sudafricane hanno caratteristiche
che vanno oltre le loro qualità domestiche, ed alcune hanno
portata globale. Le società estrattive rappresentano circa il
6% di tutto il PIL sudafricano e danno lavoro a circa 500 mila
persone, rivestendo un’importanza fondamentale nel sistema
sudafricano, non solo da un punto di vista economico ma
anche sociale. Altre aziende stanno cercando di soddisfare
una crescente domanda di prodotti al consumo,
dal momento che la crescita economica in tutto
il continente aumenta il reddito disponibile
consumatori. Le società sudafricane sono
importanti protagoniste nei mercati delle
telecomunicazioni in tutto il continente
africano. Anche le aziende al dettaglio
sono state attive nel creare attività
fiorenti nei mercati africani
fuori dal Sudafrica, come
hanno fatto alcune società
finanziarie. Il Sudafrica
vanta uno dei costi più
bassi al mondo dell’energia
elettrica, circa 42 centesimi di
rand (0,035 euro) per kilowatt ora,
circa il 93% dell'energia è di origine
termica. Tutte queste ragioni
spingono a pensare che il
Sudafrica possa essere un
trampolino per l’esposizione
al resto del continente.
Come investire
Assumere un’esposizione in
Africa può essere interessante
per l’investitore, ma le disparità
geopolitiche implicano scelte non facili.
Nonostante i progressi compiuti, la maggior parte
dei mercati azionari africani sono ancora piccoli
e poco sofisticati. Le società quotate sulla maggior parte
delle borse africane sono poche e di dimensioni modeste. In
effetti, la capitalizzazione di mercato dell'intero continente
è pari a soli 540 miliardi di dollari. Molti mercati africani
sono illiquidi e piccoli, percorribili dall’investitore retail solo
a patto di affidarsi ai fondi comuni commercializzati dalle
grandi società di gestione internazionali o mediante alcuni
Etf che tuttavia, essendo costruiti per capitalizzazione, sono
fortemente concentrati su poche aziende e particolarmente
sbilanciati su settori quali quello minerario e bancario.
Ricordiamo comunque che ogni investimento su questa area
geografica si caratterizza per un elevato livello di rischio,
per cui è opportuno limitarne il peso in portafoglio con un
approccio strategico di investimento di lungo periodo ◆
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Recoup:
successo USA,
made in Italy
Due italiani, un’ottima idea di business
e la determinazione necessaria per metterla in atto.
Ecco come due amici di vecchia data
vincono con il cause-marketing. A Washington DC
C
laudio Bazzichelli e Gianluca Pivato, romani
classe ’67, si conoscono da sempre e da
sempre hanno un mito che li unisce: l’America.
Potrebbe essere un sogno banale, e invece no. Perché loro lo
hanno realizzato. Non solo sposandosi e trasferendosi negli
Stati Uniti, ma oggi anche creando una nuova formula di
e-commerce che sembra avviata ad un grande successo e
che li ha premiati come “Hottest startup in DC”. A riprova
che il business e la creatività hanno qualcosa in comune. E
che l’Italia ha talenti in ogni campo.
Claudio, pilota, laureato in Ingegneria Meccanica ed
Aerospaziale alla Cornell University, diviene poi consulente
per Accenture e quindi imprenditore, lanciando una casa
di moda insieme alla moglie, la stilista newyorkese Alison
Miller. A Washington oggi lavora con la comunità Italiana per
mantenere intatte cultura e lingua e sogna un giorno di “avere
un piede di qua ed uno di là”. Luca, esperto di software e
architettura IT da sempre, è approdato a Washington oltre
quindici anni fa per espandere la sua società internazionale.
Nel 2012 hanno varato un progetto comune che si chiama
Recoup: la prima piattaforma eCommerce dove il concetto
del cause-marketing viene commercializzato per connettere
aziende, onlus e consumatori al fine di un vantaggio reciproco.
In sostanza si tratta di un sito web che mette insieme aziende
e associazioni no-profit, commercializzando prodotti di ogni
genere (dall’elettronica ai viaggi, passando per gioiellerie,
ristoranti e teatri) “scelti in base a qualità, prezzo e affidabilità
del commerciante”. L’acquisto, a prezzi scontati, genera una
donazione (10% minimo) alla onlus prescelta dall’acquirente
stesso. Un’operazione che avvantaggia tutti: le aziende,
che promuovono il loro marchio raggiungendo nuovi
clienti; le onlus, che ricevono donazioni, maggiore visibilità
e entrano in un nuovo canale “social”; i consumatori, che
trovano prodotti a prezzi competitivi e possono al tempo
stesso effettuare donazioni (in USA deducibili fiscalmente).
Un’operazione accolta con entusiasmo, a giudicare dai
numeri totalizzati nel primo anno: 300,000 utenti USA, una
rete di 300 partner ONG (Doctors Without Borders e Save
the Children, fra gli altri), donazioni per oltre $100,000.
“Il modello commerciale si basa su un margine di circa il
20% rispetto al prezzo di vendita e non abbiamo costi di
magazzini, inventario e gestione merce”, spiega Claudio, “in
questo modo Recoup può gestire una crescita istantanea ed
esponenziale”.
Due Italiani che come molti hanno scelto di Stati Uniti:
una meta o una fuga? “Un’opportunità. Il luogo di lavoro
è sempre in funzione degli obiettivi professionali. La fuga
invece è un’azione temporanea e oltre un certo periodo di
sosta è necessaria in ambedue le direzioni”. Amici da sempre,
hanno saputo fondere la vita personale con quella lavorativa,
convinti di un fondamentale vantaggio: “Ci si capisce a
volo e si parla onestamente e apertamente” e poi, conclude
Claudio, “...eventualmente lo posso mandare a quel paese
senza che si offenda più di tanto”.
L’idea è partita nel maggio 2011, a ottobre il lancio del test
e a luglio 2012 il lancio del sito attuale, ma il progetto è
in continua evoluzione: dei tempi record rispetto all’Italia,
ma loro sono convinti che l’idea possa andar bene anche
qui. “Il concetto è abbastanza universale e funziona
ovunque, perché - afferma Claudio - alla fine siamo tutti
consumatori e quasi tutte le aziende sostengono una spesa
notevole per poterci raggiungere; parte di quella spesa può
essere recuperata per scopi filantropici”. Così il prossimo
obiettivo, una volta che Recoup avrà raggiunto un buon
posizionamento nel mercato Americano, sarà quello di
“portare il modello in Europa adattandolo al mercato locale:
siamo già alla ricerca di partner locali”.
A breve termine, però, “l’obiettivo principale è quello
di trovare investitori che ci permettano di raggiungere
velocemente un’economia di scala: l’idea è di innescare una
reazione a catena dove maggiori entrate generano maggiori
donazioni che a loro volta invogliano utenti e ONLUS ad
aumentare il loro coinvolgimento. È un ecosistema che una
volta innescato cresce in maniera esponenziale”.
Un’idea vincente, le giuste capacità e una grande
determinazione. Che consiglio dareste a chi abbia progetti
potenzialmente buoni da realizzare? “Crea la squadra
vincente e dai motivo a tutti di essere completamente
coinvolti ed appassionati. Meglio una fetta piccola di una
torta grande che una fetta grande di una torta piccola” ◆
DC
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M AGA ZINE
Supercar:
le più desiderate dagli italiani
Tra le interessanti novità del mercato delle automobili di lusso
solo tre vetture A contendersi l’ambito trono nella nicchia delle supercar,
le auto a prestazioni di altissimo livello in tutti i termini
di Francesco Mantica
Ferrari F12 Berlinetta
S
ono tre le auto di altissimo livello che si fanno
preferire dagli italiani. Tre, per tre modi diversi
di intendere il concetto di quattro ruote:
l’eleganza della Aston Martin, l’esclusività della Ferrari e la
cattiveria della Lamborghini si mettono a confronto in tre
modelli, top della gamma, che chiunque vorrebbe avere nel
proprio garage.
Aston Martin Vanquish
Aston Martin Vanquish
Con questo suo carattere così irrimediabilmente sportivo ed
elegante, la Vanquish versione 2013 è la cabrio più potente
mai costruita dalla Aston Martin. Non arriva chiaramente
ai livelli della concorrente di cui sopra (573 cv), ma in
cambio offre una duttilità senza precedenti: in una perfetta
sintesi mette insieme tecnologia avanzata, lusso estremo
e prestazioni che ne fanno la miglior GT presente sul
mercato. Differentemente dalla Berlinetta non spicca tanto
per la guida veloce e andrenalinica, ma è l’auto perfetta
per affrontare molti chilometri in totale relax e, di tanto
in tanto, lasciarsi andare portandola al limite per ottenere
prestazioni di alto livello.
Lamborghini Aventador
Ferrari F12 Berlinetta
Il rosso Ferrari non manca mai, quando si parla di auto di
massima eccellenza. Il non plus ultra della produzione del
Cavallino Rampante stupisce in particolare per il layout
“tranquillo” associato ad una dinamica esotica ispirata alla
Formula1, che ne fa un’auto a metà tra la Gran Turismo e
la supercar: nessuno, prima, aveva mai avuto il coraggio di
inserire 740 cavalli in un’auto da usare tutti i giorni. Il dato
principe di una vettura come queste, l’accelerazione da 0 a
100, è pertanto sorpassato: si valuta direttamente lo 0-200
km/h, raggiunto dalla Berlinetta in poco più di 8 secondi. La
guida potrebbe sembrare difficile in queste condizioni, ma un
apparato tecnologico fuori scala a supporto del conduttore gli
permette di tenere a bada senza troppi problemi quest’auto
così esclusiva.
Lamborghini Aventador
Un mostro dell’asfalto, di quelli con il rumore e la personalità
del passato, che richiama un’epoca in cui i migliori piloti
avevano braccia grosse e muscolose e il ruggito del motore
era più importante delle specifiche tecniche. La Aventador
non ha né la duttilità su strada della Aston Martin né la
tecnologia fuori livello della Ferrari, eppure piace perché è
genuina, diretta, irresistibile. Con i suoi 700 cv e quel muso in
su che la lancia sull’asfalto come un’arma di impressionante
velocità e virilità, è sicuramente l’auto più aggressiva delle
tre: non a caso, il nome è preso da una razza di toro da
combattimento ◆
motors
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Il Made in Italy
Oltre la passione
di Gianni Perotti
Maserati Ghibli
Non contenti delle 4 ruote sportive l’AlfaRomeo ha abbinato
altre due ruote: una bici che porta lo stesso nome della
coupé, 4C IFD. Una due ruote da corsa di soli 6,9 Kg, telaio
in carbonio, prezzo da 3.500 a 9.500 euro a seconda dei
componenti scelti.
La ‘maison Maserati’
Tradizionale portavoce del Made in Italy nel Mondo, la
Casa Maserati afferma la sua storica eccellenza sportiva
anche nelle 4 porte. La Nuova Ghibli presentata a Shanghai
ha un carattere più sportivo della più grande Quattroporte
e, per esaltare i suoi contenuti stilistici, si è rivolta ad una
altro Marchio di grande appeal. La Casa Zegna ha vestito
gli interni, curato i particolari dei tessuti e delle pelli con
una operazione di taglio e cucito che non va a toccare le
caratteristiche tipiche di una vettura Maserati. Abbassi l’aletta
del parasole e controlli la fodera della tua giacca in un gesto
che sintetizza il meglio. Altra stupefacente novità: motore
parsimonioso, un diesel 6 cilindri a V, 3 litri turbo, 330 cv,
260 Km/h, 0-100 Kh in 5,6 secondi. È un diesel, è vero, ma
vi si ritrovano lo stile e la sportività della Ghibli SS Coupé del
1967, stessa potenza e stessa velocità di 260 Km/h. Allora
aveva un motore benzina piuttosto affamato di quasi 5 litri di
cilindrata ma la linea aggressiva e filante fa ancora muovere
qualcosa dentro.
Virtus 63
Vespa 1946
Vespa 2014
AlfaRomeo Spyder 4C
Q
ui si parla di prodotti di cui val la pena
parlare, prodotti che nascono da un
serbatoio di idee capaci di creare
meraviglia e divertimento.
Ma la passione a volte non basta. Ci vuole cultura,
competenza, tradizione, know-how più una buona dose di
fantasia. L’eccellenza nasce da un cocktail perfetto di tutte
queste qualità ed è di questa creatività che si alimentano i
sogni. L’Italian Style non è una etichetta per tutti i giorni. I
must dello stile italiano hanno fatto il giro del mondo perchè
soddisfano in modo totale la nostra immaginazione.
Le immagini di questa passerella collegano le icone che sono
state alla base del Made in Italy con quei prodotti attuali che
non hanno tradito lo spirito e la qualità delle idee originali
ma hanno seguito una linea evolutiva che non ha mai smesso
di stupirci: sempre uguali e sempre all’avanguardia del gusto
e della tecnica. Sono l’espressione di gente molto speciale,
capace di farti emozionare quando riconosci uno stemma o
indovini un design che à già dentro di te. Italian Style: non un
giorno come un altro.
Il ‘fattore Alfa’
La nuova coupé 4C non poteva che nascere a Modena, patria
di vetture di prestigio, terreno fecondo di eccellenze, di
sport, di bellezza. Simbolo di rilancio mondiale del marchio,
la 4C si rifà alla mitica ‘osso di seppia’ 1° serie (1966) e alla
Giulia Spider Duetto del film ‘Il Laureato’ con Anne Bancroft
e Dustin Hoffman. Sarà lanciata sul mercato mondiale il 1°
gennaio 2014 ed è l’auto destinata a far rivivere la vera vettura
sportiva. ‘Non è uno status symbol - ci tiene a precisare Luis
Carl Vignon, a capo di AlfaRomeo - ma un’auto accessibile,
da godere tutti i giorni’. Dentro non è affatto spartana e fuori
è semplicemente esaltante. L’esatto allestimento dipende
dall’elasticità del portafoglio del cliente. E questa versatilità
è già una bella novità. Telaio in carbonio, motore centrale,
trazione posteriore, 240 cv, rapporto peso/potenza 4:1, 0-100
Kh/h in 4,5 secondi, 1750 cc, 896 Kg, 260 km/h.
1969 AlfaRomeo Spider Duetto
Un mare di bellezza
Alcune icone del Made in Italy rivelano la loro perfezione
gradualmente, altre colpiscono subito con la forza di un pugno
nello stomaco e altre fanno venire le pelle d’oca. È il caso dei
motoscafi più famosi del Mondo, i Riva di ieri e di oggi. Sexy e
per niente arroganti, si distinguono d’istinto, anche da lontano
come un’apparizione di bellezza. Lanciato nel 1962, nello
spirito de ‘La Dolce Vita in Mare’, l’Acquarama, capolavoro
senza tempo di Carlo Riva, rivive nelle linee del Virtus 63’,
il più grande open realizzato dai Cantieri Riva, frutto della
collaborazione tra Officina Italiana Design e Advanced Yacht
Technology, centro di ricerca e di progettazione navale del
Gruppo Ferretti. L’alternanza tra i toni chiari del rovere e
quelli più scuri del cuoio e tra le laccature opache e quelle
lucide, crea un gioco di stile che dona al nuovo modello un
ulteriore tocco di modernità, senza dimenticare la tradizionale
eleganza di tutte le imbarcazioni Riva. Gli ambienti spaziosi
permettono di vivere la barca in compagnia. Il sedile di guida
composto non dal solito scranno solitario, ma da un comodo
divano a tre posti consente all’armatore di condividere le
gioie e le emozioni del viaggio. Due motori MAN da 1360
mhp assicurano al Virtus elevate prestazioni con una velocità
massima di oltre 40 nodi grazie alla sua carena a tunnel direct
shaft line. Le nuove frontiere della tecnologia sono qui presenti:
silenziosità, leggerezza e delicatezza.
Vespa chi mangia le mele
Sempre uguale ma sempre nuova e intrigante la Vespa della
‘motorizzazione a due ruote’ dell’Italia del 1946 non finisce
di stupire. Il progetto di Corradino d’Ascanio è talmente
semplice e definitivo che a quasi 70 anni dal lancio risulta più
appetibile che mai. La versione da 9.000 euro,appena uscita
sul mercato mondiale, si chiama 946 ABS, è monocilindrica
4 tempi, 125 cc, avviamento elettrico, cambio automatico,
cerchi da 11 pollici. Con un peso di poco più di 100 Kg
percorre 55 km con un litro di carburante. Le parti portanti
sono in alluminio: Valentino Rossi la adora e fra 50 anni sarà
ancora l’icona dell’evasione e del divertimento ◆
motors
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M AGA ZINE
M AGA ZINE
Velasco 43,
lo yacht per famiglie
La casa costruttrice Janneau, leader a livello mondiale
nella produzione di barche a vela e a motore, ha presentato
la nuova imbarcazione di lusso del segmento “flybridge”,
già nominato a Barca dell’anno 2014
I
nnovativo, elegante, potente ma al
tempo stesso rassicurante, il Velasco 43
rappresenta un nuovo approccio alla
realizzazione di yacht destinati alla famiglia. Disegnato
per crociere regolari e sicure ma ad alte velocità, si tratta
di un “poweryacht” confortevole ed efficiente in qualsiasi
condizione di crociera, grazie soprattutto alle soluzioni
tecniche pensate per effettuare con poco sforzo qualsiasi
tipo di manovra.
La yacht si divide in tre zone: la prima, di governo
dell’imbarcazione, con sedili trasformabili in lettini per
prendere il sole per gli accompagnanti; la seconda, con
yacht
tavolo, mobile cucina e sofà a “u”; la terza, a poppa, con
solarium e doccia. L’imbarcazione offre due solari a prua
e accesso diretto alla cabina di comando dal corridoio di
tribordo. All’interno presenta una cucina completa con
numerosi spazi di stiva. Dispone inoltre di una gran deposito
a livello di capacità di immagazzinamento acqua e di
combustibile, cabine separate e sei letti.
Con il Velasco 43, Jeanneau prende un nuovo senso
innovatore nel mondo del disegno del yacht del motore del
flybridge. Lo stile contemporaneo e la distribuzione degli
spazi viventi interni ed esterni provocano una resa estetica
notevole e allo stesso tempo un livello inatteso e superiore di
comodità, con una disposizione che è particolarmente ben
adattata per le odierne famiglie multi generazionali ◆
FM
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M AGA ZINE
Enrico Fiorenzi
Che Moto!
Orgoglio italiano
I
l punto esclamativo indica meraviglia e
soddisfazione. È di buon auspicio, ma - a dire
il vero - è anche la reazione reale di chi entra
e si trova davanti tutti i brand del Gruppo Piaggio. Sarà che a
Roma più che altrove lo scooter fa differenza, di giorno e di
notte... E Piaggio è lo scooter per eccellenza.
Concessionari esclusivi dagli anni ’50, la terza generazione
della famiglia Fiorenzi prosegue l’attività dei nonni,
portandola da Orvieto a Roma nel 2009 e promuovendo
con convinzione quello che oggi è divenuto un Gruppo
importante a livello internazionale.
Enrico Fiorenzi, responsabile della sede romana recentemente trasferita in Circonvallazione Clodia - parla
di almeno tre buoni motivi che spiegano la passione e
l'orgoglio con cui si dedica al’impresa di famiglia: ‘Piaggio
porta il Made in Italy nel mondo, perchè vende veramente
ovunque; oggi è un grande Gruppo ed è dunque in grado
di offrire una gamma di prodotti molto ampia, inoltre ormai
ha sviluppato una tecnologia sofisticata e all’avanguardia’.
La concessionaria oltre a commercializzare tutti i brand del
Gruppo cura anche l'usato, esclusivamente ricondizionato,
cioè riportato a nuovo per la massima efficienza, e
naturalmente garantito secondo gli obblighi di legge. Scelta
necessaria, ‘perchè il settore è maturo - spiega - e il mercato
della sostituzione interessa grandi numeri: oggi il 40-50%
dei nostri clienti possiede già un usato, quindi non trattarlo
significherebbe escludere una fetta importante del business’.
Che Moto! È dunque una vetrina completa ed importante
per tutti i prodotti del Gruppo Piaggio, ma ovviamente
l’entusiasmo di Fiorenzi si accende per l’ultimo nato. La
novità di fine anno è la Vespa Primavera, remake del mito
anni ’70. ‘Completamente rinnovata e con dimensioni di
poco maggiori, richiama nelle linee estetiche l'iconica 946:
curatissima, con pneumatici più grandi, nuove sospensioni e
impianto luci, frecce a led e una gamma di ben sei colori’.
Di sicuro un bel regalo natalizio ◆
CI SIAMO TRASFERITI
NUOVA SEDE • NUOVA OFFICINA
Circonvallazione Clodia, 78/80 • Roma • Tel. 06 3243556 • [email protected]
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M AGA ZINE
hi tech
Il nuovo iPad
è finalmente una realtà
N
on si tratterà, come molti pensavano,
del modello numero 5 dell’omonima
linea, ma di uno strumento tecnologico
decisamente differente, enormemente performante dal
punto di vista della grafica, della durata e, soprattutto, della
leggerezza. Non a caso Tim Cook, salito sul palco il 22
ottobre a San Francisco per presentarlo, ha utilizzato un nome
differente a quello che tutti si aspettavano: iPad Air.
Dotato di un processore A7 a 64 bit, che lo avvicina a livello
di potenza a un computer, è già disponibile in Italia. È uno
strumento clamorosamente veloce, per la precisione otto
volte di più rispetto a quello uscito nel 2010. Il dispositivo è
più sottile del 20% rispetto alla versione precedente e pesa
450 grammi, a confronto con i 640 del suo predecessore.
In parallelo è stato presentato anche l’iPad Mini, con display
Retina e lo stesso processore A7 del fratello maggiore.
Rispetto all’iPad 4, il nuovo modello ha una performance
grafica ben 72 volte superiore, 10 ore di autonomia e una
fotocamera frontale da 5 Mp. Come ha avuto modo di
dichiarare Jony Ive, designer dei prodotti della Apple, si tratta
del “più sottile, il più leggero e il più potente iPad costruito
finora”. Ma non basta: il nuovo sistema operativo, Mavericks,
è disponibile gratuitamente sul dispositivo.
Il nuovo tablet Apple si configura così come una sorta di
grande finestra che si apre a 360 gradi su tutte le risorse
veicolate attraverso Internet. Un dispositivo tutto nuovo e
decisamente rivoluzionario, anche se, come apparenza e
modalità di utilizzo, non si discosta molto dai modelli che
l’hanno preceduto. Clamorosamente inferiori, invece, i
prezzi: iPad Air parte da un prezzo di listino di 479 euro ◆
FM
L
a stanza diversa è un luogo senza tempo in
cui ogni oggetto è un racconto, ogni cosa ha
la sua storia.
È uno spazio in continuo divenire nel quale si è avvolti da
un’atmosfera surreale, ma è anche il mondo delle possibilità,
possibilità di immaginare, di reinvetare, di recuperare le tracce
del nostro passato. L’insieme degli oggetti che compongono
questo luogo onirico sono accuratamente selezionati, al fine
di proporre diverse soluzioni per personalizzare gli ambienti
in cui viviamo.
L’architetto di interni Sandra Maria Galbo, mette a
disposizione il proprio spazio per i prodotti in conto vendita,
offre consulenza alla progettazione, all’arredamento ed offre
una vetrina sul mondo dell’arte, con l’obbiettivo di coniugare
la modernità e la tradizione.
La collaborazione con artigiani e fornitori di materiali
di finitura (tessuti, rivestimenti, pitture, ecc.) consente di
accompagnare coloro che sono alla ricerca della qualità,
dalla scelta dell’oggetto alla progettazione dello spazio che
dovrà accoglierlo ◆
Valeria Penna
La stanza diversa
Via Felice Giordano, 2a • 00197 Roma • +39 06 87652072 • +39 339 3882506 • [email protected][email protected]
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M AGA ZINE
L’etica
dell’ alta moda
ph Salvatore Scaduto
“C
angiari” vuol dire “cambiare” in
calabrese e siciliano, sia in senso
transitivo che riflessivo. Cambiare il
mondo e cambiare sé stessi, per capirsi. Un nome che deriva
dal preciso intento di promuovere una scelta etica, prima che
un brand artigianale di alta moda. Ma la chiave di volta è
proprio l’artigianalità: i tessuti sono prodotti al telaio a mano,
secondo l’antica tradizione calabrese, e il marchio nasce
proprio per tenere in vita questa tessitura.
Un’arte di origine grecanica e bizantina, che oggi si unisce a
ricerca e innovazione, creando prodotti unici con preziose
rifiniture sartoriali, realizzati con materiali e colorazioni
biologiche, per la massima sostenibilità ambientale
(certificato GOTS). Tutte le fasi di produzione sono made
in Italy, ma grazie alla direzione creativa di Paulo Melim
Andersson (ex stilista per Martin Margiela, creative director
di Chloé e design director di Marni) la collezione PrimaveraEstate 2014 di Cangiari, dopo aver sfilato ad Altaroma, ha
debuttato a livello internazionale a Parigi a settembre scorso
e si appresta ora ad essere distribuita in tutto il mondo.
A caratterizzare gli splendidi modelli il design contemporaneo
ed ecologico, coniugato con l’eccellenza della tessitura
ph Salvatore Scaduto
Cangiari,
il primo marchio eco-etico
di fascia alta in Italia
artigianale. Per questo autunno-inverno vengono proposte
geometrie essenziali e linee sobrie ed eleganti, con giochi
di contrasto materico e cromatico nei dettagli, come i
bottoni rivestiti in tessuto al telaio a mano, e negli accessori
personalizzati. Forme e volumi si sviluppano su un’idea di
donna naturalmente aggraziata e la medesima autenticità
si riscontra nei colori, strettamente legati alla natura: verde,
giallo, arancio e vinaccia.
Creato alla fine del 2009 con il patrocinio della Camera
Nazionale della Moda Italiana, il marchio è frutto
dell’esperienza di GOEL, Gruppo Cooperativo nato dalle
piccole-grandi eccellenze della Calabria. Oltre a Cangiari,
il Gruppo gestisce altre attività nell’ambito di turismo
responsabile, agricoltura biologica, sviluppo locale,
multimedia e comunicazione, servizi sociali e sanitari. Tutte
le azioni portate avanti sono tese a creare lavoro “pulito” in
una terra difficile, prendendosi cura delle fasce più deboli
e operando per il riscatto del territorio. Secondo un motto
splendido e fattivo: “l’etica non deve accontentasi di essere
solo giusta, ma deve diventare efficace” ◆
www.cangiari.it, www.goel.coop
DC
Neil Barrett
chic
da sottozero
di Luisa Espanet
Moschino
Genny
Bottega Veneta - ph Marcus Tondo/InDigitalteam I Gorunway
I
l cappotto non è mai scomparso, ma non
è neanche mai stato così presente sulle
passerelle come negli ultimi due inverni.
Difficile individuare una tendenza precisa, meglio parlare
di alti e bassi. Meno presenti i trench, resistono però i paltò
con cintura. D’attualità colli e bordi di pelliccia. Parità fra
linee fascianti e modelli a mantella. Quanto ai colori c’è una
prevalenza di toni scuri con una predilezione per i tessuti
maschili e il tartan. Sempre con le dovute eccezioni. Come
il bianco che esplode a sorpresa con tutto lo chic del caso.
È senza collo, di linea a trapezio il cappotto bianco di Jenny.
Con grandi revers in lana bouclé quello di Neil Barrett.
Bottega Veneta lo propone con piccola cintura e profili neri.
Da Trussardi è ampio, doppiopetto. È doppiopetto anche da
Moschino, vagamente stile Chesterfield con collo, tasche e
bottoni neri. Angelo Marani lo vuole avvolgente con interno,
polsi e revers optical oppure aderente con grande collo e
cintura. Molto ampio anche quello in tessuto operato nero.
Pure Costume National sceglie il nero per la lunga redingote.
Cintura e zip per i cappotti neri di Miu Miu. Aigner movimenta
con inserti di seta. Come si diceva, la parte del leone la fanno
i tessuti quadrettati di gusto maschile e gli scozzesi. Gioca
sul “sweet and rough” il maxicappotto di Louis Vuitton in
Rochas
Louis Vuitton - ph Yannis Vlamos /Gorunway / indigital
fashion
Moschino
Calvin Klein
Angelo Marani
Trussardi
Costume National - ph Filippo Fior / Gorunway / Indigital
pesante finestrato, con una spruzzata di paillettes sul fianco,
per risplendere la sera. Doppiopetto con revers importanti per
il cappotto di Marni in diversi toni del grigio. Quadrettato al
limite con lo scozzese da Angelo Marani. Moschino, invece,
sceglie i tartan più tradizionali. Quello rosso per il cappottino
chiuso da cinturini in pelle, quello sul blu e verde per l’attillato
doppiopetto con revers e bottoni rossi. Si conferma evergreen il
cappotto cammello, anche se con le dovute interpretazioni. Da
Calvin Klein è in tessuto peloso con cintura e collo extralarge.
Da Rochas è oversize, doppiopetto o diritto allacciato fino
al collo con listelli ai polsi. Moltissimi i cappotti di Rochas.
Tra i più, a sorpresa, quello in seta con stampa floreale dal
taglio anni Cinquanta. Seta con stampa floreale anche per il
mantello lungo alla caviglia di Louis Vuitton, chiuso da una
sottile cintura. In contro tendenza Iceberg punta sul turchese
per il corto cappotto con cappuccio e maniche in maglia
nera. Giallo forte da Versace per tingere la pelliccia stampa
animalier. Pelliccia tinta in vari colori da Custo Barcelona e
Angelo Marani. Pelliccia di rifinitura da Louis Vuitton.
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accessories
M AGA ZINE
Furla
Furla
Santoni
Alberto Moretti
Romeo Santamaria
Romeo Santamaria
Pelliccia anche nell’accessorio. Stampa ghepardo su cavallino e
vernice per la Tuxedo shoe di Santoni. Visone per il polacchino
di Collection Privée. Volpe tinta in rosso per il sandalo Frou
Frou di Alberto Moretti. Da Furla è di pelliccia il bauletto e
con stampa maculato la borsa. Sempre attuale il rettile. Romeo
Santamaria osa il pitone camouflage per la tracolla e nasconde
il coccodrillo all’interno della shopping bag ◆
Tod’s
Corneliani
Joseph Abboud
Burberry Prorsum
fashion
Santoni Uomo
Daks
Roberto Cavalli
asta con gli eccessi’ è il diktat per
l’uomo, ormai da qualche stagione.
E naturalmente i capi per il grande
freddo rientrano in quest’ottica. Il cappotto è tornato sempre
più prepotentemente alla ribalta. Molti modelli guardano
al passato, ma sono in tessuti frutto di attente ricerche e
con dettagli assolutamente innovativi. Sono doppiopetto,
stile vagamente militare i cappotti di Giorgio Armani. Uno
nero con vita segnata e bottoni metallici, l’altro nel tipico
greige (grigio e beige) dello stilista, con interno in pelliccia.
Di linea più slim, ma sempre ‘vagamente militare’ quello
grigio di Diesel. È grigio, colore di stagione, anche il paltò
dal taglio anni ’40 di Corneliani. E quello corto, diritto con
piccoli revers di Joseph Abboud. Roberto Cavalli sceglie uno
speciale punto di grigio per l’elegante cappotto con collo di
pelliccia. Decisamente rétro, invece, il modello midnight blu
con ampio collo di astrakan. Grigio antracite per il cappotto
doppiopetto di Costume National. In alternativa, sempre
attuale il beige, in tutte le sue sfumature fino al cammello, che
si riconferma evergreen, anche per l’uomo. È doppiopetto,
piuttosto aderente, il cappotto cammello di Burberry
Prorsum. Immancabile in collezione il trench in un delicato
beige su cui spiccano bottoni neri. Beige pallidissimo per il tre
Orciani
‘B
Giorgio Armani
Giorgio
John Varvatos
Armani
L’UOMO VENUTO
DAL FREDDO
quarti, quasi un car coat, di Emporio Armani. Piuttosto lungo,
ampio con abbottonatura nascosta il cappotto di Cerruti tinta
tortora. Daks per il suo doppiopetto dal taglio oversize osa
un giallo senape, mentre per l’attillato paltò in pelle propende
per il marrone. DSquared non si smentisce e azzarda un
rosso acceso per il suo doppiopetto. Per gli accessori, ma
soprattutto per le scarpe, l’ispirazione è l’abbigliamento
tecnico da montagna. Si chiama Everest lo scarponcino di
Santoni (anche in versione camouflage). Ha i ganci per lacci
come i polacchini da alpinista la stringata di Tod’s. Hanno
la suola carrarmato le scarpe bicolore di Alberto Guardiani.
Perfettamente in linea lo zaino di Orciani in pelle vintage ◆
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Ermanno Scervino Junior
Ermanno Scervino Junior
Fendi Kids
M AGA ZINE
kids
Eureka
Missoni
Missoni
S
e in estate la scelta del capo per bambino
può essere condizionata dal colore, dalla
forma originale, dal dettaglio divertente, per
l’inverno bisogna puntare soprattutto sulla funzionalità. In
particolar modo per cappotti e dintorni ci si deve orientare
verso pezzi adatti ad affrontare temperature rigide. Il piumino
si riconferma in pole position. Quello di Ermanno Scervino
Junior per la bambina è lungo con coulisse in vita, in colori
sgargianti. Con piumino interno invece il cappotto in pelle
con collo di pelliccia. Ha il cappuccio il classico piumino
corto di Geox, collezione In to the wild. Fendi Kids, per la
bambina, propone il cappottino in panno grigio con bordo
e polsi in pelle, da accessoriare con un cappello alla Davy
Crockett. Mentre Missoni, per non smentirsi, crea caldi
cappottini e poncho multicolori. Fondamentale anche la
scelta delle scarpe. Vincente il polacchino. Modello basket
in pelle quello di Santoni Junior, con ecopelliccia quello
Ecogreen Soldini, in tessuto pied-de-poule, per le bambine
più frivole, quello di Eureka ◆
Santoni Junior
Bim bi
cald i cald i
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M AGA ZINE
M AGA ZINE
Carolina Kostner
Dal la l irica al le Ol im piad i
di Fabrizio Galassi
È
appena terminato ‘Opera On Ice’, lo spettacolo
che unisce la musica lirica al pattinaggio
artistico su ghiaccio. Carolina Kostner è ancora
lì a prendersi gli applausi dei 12.000 dell’Arena di Verona. È
lei la madrina della manifestazione e sino ad una manciata di
secondi fa stava volteggiando e saltando sulla pista con agli
altri amici e colleghi. Ad accompagnarli i talenti emergenti
della lirica, insieme al Coro e all’Orchestra della Fondazione
Arena di Verona.
Carolina non nasconde l’emozione di essersi ritrovata su quella
speciale pista di ghiaccio, non per “fare sfoggio di virtuosismo tiene a sottolineare - ma per trasmettere una sensazione molto
profonda che, attraverso un volteggio o un movimento fuso
insieme alle note della musica lirica, arriva dritta al cuore”.
“È la percezione di calore immenso che cammina rasente sul
ghiaccio freddo - continua la Kostner - una contraddizione
apparente che rende un pò l’idea di quello che si prova a
volteggiare sulle note di quelle arie speciali”.
Le sue trottole e i suoi salti sono il sogno di tante bambine
e ragazze che si identificano in lei e ne subiscono
fortemente il fascino. A rendere ancora più suggestiva la
sua performance e quella degli altri atleti contribuiscono
i quindici costumi di scena creati unicamente per il cast.
Quest’anno sono stati riprodotti gli abiti di scena delle arie
con un stile che ha mescolato passato e presente come in
un gioco di danze e colori.
In ‘Opera on Ice’, Carolina Kostner ha incantato il pubblico
interpretando ‘La danza delle ore’ da ‘La Gioconda’ di
Ponchielli, per proseguire con l’esibizione sulle note del
‘Va pensiero’ dal ‘Nabucco’ di Verdi e suggellare poi il gran
finale insieme agli altri con il ‘Trionfo’ da ‘Aida’.
Poi c’è stato il tributo al Maestro Luciano Pavarotti, un
omaggio che ha coinvolto tutti gli atleti che saranno
i protagonisti dei prossimi Giochi di Sochi 2014: oltre a
Carolina, Evgeni Plushenko, Anna Cappellini e Luca Lanotte,
Stefania Berton e Ondrej Hotarek, Meagan Duhamel e Eric
Radford hanno interpretato l’aria ‘Nessun Dorma’ della
‘Turandot’ di Puccini, emozionando il pubblico dell’Arena
che li ha ricambiati con grandi applausi e standing ovation.
Spente le luci sul palcoscenico dell’Arena, Carolina è già sul
piede di partenza. La attendono mesi di duro allenamento
per affrontare al meglio gli altri appuntamenti della
stagione, che culminerà con i Giochi Olimpici. “Andrò alle
Olimpiadi senza sentire pressioni o annunciare traguardi.
Non sarà la prima volta per me, so già come affrontarle”.
La Kostner sa come rimanere tranquilla: la prima cosa da
fare è tornare nel suo rifugio di Oberstdorf, in Germania,
per allenarsi e per godersi il silenzio e la tranquillità del
luogo che l’ha incantata fin da quando aveva 12 anni. La
scoprì in occasione della partecipazione ad una Coppa
delle Alpi. “Da allora - ricorda - mi innamorai follemente di
quel luogo che ancora oggi mantiene intatti la naturalezza
dei rapporti e la disponibilità del gruppo e delle persone
con le quali si lavora: il tutto dentro una cornice di respiro
internazionale che non consente distrazioni e che stimola
a dare il meglio di sé” ◆
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M AGA ZINE
un anno di grande vela
Il 2013 è stato scandito da grandi momenti: l’America’s Cup fantascientifica di San Francisco,
preceduta dagli eventi di Napoli (AC45) e Trapani (RC44), il circuito d’altura,
i trionfi azzurri giovanili, le incredibili avventure in oceano, i grandi appuntamenti olimpici.
Riassunto per emozioni, in previsione di un 2014 nel segno di questa disciplina...
È
stato un ricco 2013 per lo sport della vela.
Un anno da ricordare e da rivivere, anche
attraverso le emozioni di grandi barche e
grandi velisti. Per tutti, anche i non appassionati di vela, è
stato l’anno della XXXIV America’s Cup a San Francisco. Una
Coppa America “estrema”, cresciuta tra polemiche e tragedie,
ma terminata con uno spettacolo dal quale sarà difficile
staccarsi. I super catamarani AC72 di Oracle Team USA e
Emirates Team New Zealand, con le vele ad ala rigida e i foil
che fanno uscire gli scafi fuori dall’acqua, “decollano” a 40
nodi nella baia di San Francisco, virano e strambano davanti
ad Alcatraz, governati da velisti vestiti come piloti di Formula
1. Anche chi storceva il naso davanti alle esagerazioni di
una Coppa America fantascientifica, si è dovuto ricredere,
specie per l’andamento della finale, vinta dal defender USA
Prysmian ITA 747
per 9-8, al termine di una rimonta storica da 1-8 in favore dei
kiwi. Una storia di sport che fa ancora discutere e nella quale
resta molto da capire. Prima della Coppa c’era stata la Louis
Vuitton Cup, con Luna Rossa in finale. La mancanza di dirette
televisive (la RAI aveva in mano i diritti ma ha rinunciato
all’ultimo minuto) ha solo in parte attenuato l’interesse del
pubblico, perché le regate sono state tutte trasmesse in
streaming su Internet: altro segno dei tempi. Luna Rossa in
finale è la fotografia della vela italiana: in buona salute, tra
le prime al mondo, in cerca dell’ultimo spunto per trionfare.
Luna Rossa come simbolo delle potenzialità della nostra vela,
e l’Italia come esempio di capacità di ospitare grandi eventi.
Il 2013 ha visto il bagno di folla a Napoli: mezzo milione di
fans per i più piccoli catamarani AC45 delle America’s Cup
World Series, con Francesco Bruni, il velista italiano forse più
sport
di Fabio Colivicchi
44 Trofeo Princesa Sofia - Mapfre - ph MartinezStudio/Sofia Mapfre
popolare della stagione, grande protagonista. E si è ripetuto
a Trapani per una tappa del tour mondiale della classe RC44,
con Paul Cayard e tanti campioni, a riscaldare quella che
non a caso si definisce “città della vela”. Non può essere
altrimenti, con quel mare e quel vento, davanti alle isole
Egadi. Il territorio italiano ha tutto per proporsi quale location
ideale per la grande vela. Ma bisogna aiutarlo.
Altri esempi del grande 2013 sono i campionati Europei
delle classi olimpiche 470 (a Formia), e Nacra 17 (sul Lago
di Como). Organizzazioni di livello internazionale, centinaia
di concorrenti da tutti i continenti, interesse dei media,
persino un pubblico di veri tifosi. Il segnale che qualcosa sta
davvero cambiando nella crescita di popolarità della vela
come sport olimpico. Adesso la parola spetta agli azzurri:
dopo la delusione di Londra 2012 (a secco di medaglie), si
prepara Rio 2016. E il prossimo anno sarà decisivo per le
prime qualifiche.
Nel 2013 è ulteriormente cresciuto il circuito della vela
d’alto mare, con numeri record di partecipazione a regate
come la Rolex Giraglia e Middle Sea Race, lo spettacolo
di instant classic come la 151 Miglia di Punta Ala e la
Palermo-Montecarlo, la passione delle storiche Roma x
Due a Riva di Traiano e Cinquecento Miglia in Adriatico.
Tanto coinvolgimento dei velisti per le lunghe navigazioni,
del resto, ha trovato riscontro anche nella crescita della vela
oceanica anche da noi. Un numero di navigatori in aumento,
spesso in solitario, perlopiù giovani, dalle coste italiane
si è fatta strada fino ai templi dello yachting oceanico: il
Canale della Manica e il Nord della Francia, Normandia e
Bretagna. L’autunno ha portato due grandi eventi alla ribalta.
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M AGA ZINE
Bet1128
La Mini Transat, incredibile successo per una regata-impresa
che attraversa l’Atlantico in solitario con barchette di
soli 6 metri e mezzo (autentiche macchine da corsa degli
oceani), partita a fatica dopo molti rinvii per il maltempo
da Douarnenez in Bretagna, vede al via ben 7 italiani. Uno
di essi, il fiorentino Giancarlo Pedote, col suo Prysmian ITA
747 ha anche vinto la prima tappa, purtroppo annullata per
l’arrivo di una burrasca. La pattuglia italiana che in questi
giorni naviga verso l’arrivo a Point-a-Pitre in Guadalupa, è
composta da Michele Zambelli, Alberto Bona, Federico
Cuciuc, Andrea Iacopini, Federico Fornaro e Davide Lusso.
Le Havre, città patrimonio dell’Unesco, è stata teatro della
partenza di una grande classica come la Transat Jacques
Vabre: 43 yacht tra trimarani e monoscafi IMOCA 60 e Class
40, al via in equipaggio doppio per una traversata leggendaria:
5400 miglia (diecimila chilometri) attraverso l’oceano con
arrivo a Itajaì in Brasile. Al via 6 velisti italiani: Alessandro Di
Benedetto e Alberto Monaco su Team Plastique (IMOCA60),
Gaetano Mura su Bet1128, Pietro D’Alì e Stefano Raspadori su
Fantastica (Class40), Andrea Mura su un trimarano francese.
Anche in Francia, dove la vela oceanica è sport nazionale,
cominciano a conoscere i nomi dei navigatori italiani. Un
altro segno di crescita della nostra vela.
Ma il più bello dei segni di crescita è quello che arriva
dai velisti più giovani, dagli azzurrini. Il 2013 ha portato
trionfi e sorrisi, dalla conquista del titolo per nazione al
Mondiale Youth ISAF, l’evento juniores clou della federvela
mondiale, alla conquista del doppio titolo mondiale Youth
del windsurf olimpico RSX a Civitavecchia, con Mattia
Camboni e Marta Maggetti.
Dopo un anno così, la vela è pronta per vivere uno strepitoso
2014 ◆
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M AGA ZINE
Abbagnale: un nome d’oro
Vincenzo, figlio del grande Giuseppe,
si racconta a Insider Magazine
dopo la vittoria ai mondiali Assoluti in Corea
di Ester Maria Lorido
calo a causa di alcune controversie interne. Ora però - con
mio padre alla guida - in soli 8 mesi c’è stato un incremento
dei risultati sportivi, a cominciare dalla Corea, dove abbiamo
vinto il medagliere. Ovviamente questo è un punto di
partenza e non un arrivo, perché la strada per Rio è ancora
lunga. L’obiettivo per una federazione è sempre l’Olimpiade.
E immagino sia anche il tuo. Scommetto che è Rio l’impresa
che vorresti raccontare un giorno ai tuoi nipotini davanti
al camino...
Per scaramanzia facciamo passare del tempo! So che è presto
per competere con i più grandi vogatori di tutto il mondo,
devo allenarmi ancora tantissimo. Poi vedremo dove riuscirò
ad arrivare.
Il due con di Vincenzo Abbagnale, Luca Parlato e Enrico D'Aniello (timoniere) in azione durante il mondiale di Chungju (Corea del Sud) - ph Mimmo Perna
‘C
‘Il canottaggio con mio padre alla guida? Tutto è cambiato in meglio:
la gestione, il modo di fare l’allenamento, i risultati’
orsi e ricorsi storici’, avrebbe sentenziato
il filosofo Giambattista Vico. ‘Elementare,
Watson’, avrebbe forse suggerito Sir Arthur
Conan Doyle al suo Sherlock Holmes. Fatto sta che quando
dalle acque spunta il nome di un Abbagnale, la medaglia
è quasi scontata. Ed è d’oro. Orgoglio del canottaggio
nostrano, oggi come 25 anni fa. Se allora la telecronaca di un
emozionatissimo Giampiero Galeazzi faceva rabbrividire tutti
gli italiani che assistevano con il fiato sospeso a un’impresa
epocale, quella di Giuseppe Abbagnale e dei suoi compagni
alle Olimpiadi di Seul, oggi il figlio Vincenzo dimostra di
poter regalare le stesse emozioni. Il giovane talento campano
ha solo 20 anni, ma ha schiaffeggiato come un veterano
le acque coreane di Chungju, aggiudicandosi la finale dei
Mondiali Assoluti nel Due con, insieme a Luca Parlato e al
timoniere Enrico D’Aniello. La sua migliore qualità? Riuscire
a fare dell’eredità paterna un tesoro e non un peso da cui è
facile essere schiacciati.
Si ripete la storia, con un Abbagnale che vince una medaglia
d’oro, a 25 anni di distanza. Fra 25 anni ti vedremo
succedere a tuo padre nella guida della FIC?
Per adesso guardiamo agli obiettivi a breve termine, per poi
cercare di raggiungerne altri a lungo termine, come può
essere Rio de Janeiro.
Già navighi (almeno con la mente) verso le Olimpiadi?
Il mio primo obiettivo era inserirmi nella categoria Assoluta,
visto che sono ancora under 23. Ce l’ho fatta. Il secondo era
iniziare con il piede giusto il quadriennio e ci sono riuscito:
ci è andata bene con i due campionati del mondo e adesso
puntiamo ai mondiali 2014. Anno per anno potremmo
parlare di Rio, sperando di poterci essere.
Com’è la situazione del canottaggio in Italia?
Da quest’anno è cambiato un po’ tutto: la gestione, il modo
di fare l’allenamento, i risultati. Il canottaggio italiano è
sempre stato ai vertici, ma dal 2004 a oggi ha subito un forte
Ti sei mai allenato con tuo padre?
Solo una volta, quando ero più piccolo, ci è capitato di fare
una gara nazionale padre-figlio. La vincemmo. Da allora non
siamo più usciti in barca insieme, ma cerco di rubare tutto
ciò che posso dalla sua esperienza. In Corea, invece, l’aiuto
del timoniere Peppino Di Capua è stato molto importante,
perché è uscito varie volte con noi dandoci molti consigli. È
come avere un allenatore in barca.
Qual è il consiglio più prezioso che hai ricevuto da una
leggenda del canottaggio come Giuseppe Abbagnale?
Tante piccole cose, che riguardano la tecnica del canottaggio
così come la vita quotidiana, che possono sembrare banali,
ma che invece hanno una grande importanza. Spesso si tratta
di consigli sull’alimentazione e sullo stile di vita.
Viceversa, ti è mai capitato di dargli tu ogni tanto qualche
consiglio?
Come membro dello spogliatoio, mi è capitato ogni tanto di
fargli notare qualcosa riguardo la squadra sportiva. Spesso
sono stato il contatto tra presidente e squadra.
Che rapporto hai con i tuoi compagni?
Con i miei compagni di barca, Luca ed Enrico, c’è un
bellissimo rapporto. Ci conosciamo da tantissimi anni e,
allenandoci 6-7 ore al giorno, è come se convivessimo. Per
fortuna, ci troviamo in forte sintonia. Anche con i compagni
di squadra, sia del circolo che della nazionale, c’è un buon
rapporto. Il clima nello spogliatoio, inoltre, da quest’anno è
più sereno grazie alla fiducia nei nuovi metodi.
interview
Il due con dopo aver vinto il mondiale - ph Mimmo Perna
Da sx Vincenzo Abbagnale, Enrico D'Aniello, Luca Parlato
il Presidente della FIC Giuseppe Abbagnale (a sx) con il figlio Vincenzo
dopo aver vinto il mondiale assoluto 2013 - ph Mimmo Perna
Hai 20 anni e un po’ di gossip sull’amore è quasi d’obbligo.
Il canottiere è sempre un sex symbol?
Se così lo possiamo definire, ma non posso certo essere io a
dirlo! Al momento non sono fidanzato comunque...
Sei scaramantico?
Il giusto. Come portafortuna ho una collana che raffigura un
remo attorcigliato su se stesso. È da 5 anni che non la tolgo
mai. Ad ogni modo, sono convinto che la fortuna conti, ma
che alla fine le cose vadano sempre come devono andare.
Se non avessi seguito le orme di tuo padre, cosa avresti
fatto?
Per il mio carattere credo che avrei comunque fatto sport. Ho
cominciato con il calcio e me la cavavo anche benino, infatti ogni
tanto lo rimpiango. Ma le soddisfazioni che dà il canottaggio non
sono paragonabili a quelle di nessun altro sport ◆
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Open d’Italia:
luci e ombre per gli italiani
Mentre i grandi campioni hanno disputato una gara al di sotto delle aspettative,
una nuova generazione di giovani italiani si sta pian piano facendo strada
nel panorama golfistico internazionale
di Francesco Mantica
Matteo Manassero - ph Scaccini
A
golf
vevano fondate speranze di ottenere
un buon risultato, ma purtroppo non
è andata così: il 70° Open d’Italia
Lindt, la massima manifestazione italiana di golf, inserita nel
calendario dell’European Tour, che si è disputata sul percorso
del Circolo Golf Torino, è stato vinto dal francese Julien
Quesne con 276 colpi, mentre Francesco Molinari e Matteo
Manassero, i due più forti giocatori di golf italiani presenti,
sono rimasti molto più indietro.
Molinari, dopo un buon inizio, è finito al 16° posto con
281 colpi mentre Manassero, al 42° con 285. Una nuova
generazione tuttavia sta cominciando a venire fuori,
rappresentata da Renato Paratore, del Parco di Roma, che ha
concluso un’ottima prova arrivando 38° con 284, e Edoardo
Raffaele Lipparelli, del circolo ospitante, 74° con 294.
Molinari si è espresso in 75 (+3) colpi con due birdie, tre
bogey e un doppio bogey: ‘Sono un po’ deluso. Ho sbagliato
troppi colpi. Ero rientrato in corsa alla fine delle prime nove
buche, ma gli errori nelle successive hanno vanificato il
tentativo di rimonta’. Deluso anche Manassero: ‘È andata
in maniera molto diversa da come mi attendevo. Non sono
riuscito a trovare il giusto ritmo di gara dall’inizio. Ho creato
poche occasioni da birdie e ho pagato a caro prezzo i piccoli
errori commessi. Un insieme di componenti negative ha
determinato il punteggio poco soddisfacente’.
Francesco Molinari
Renato Paratore
Contento invece il dilettante Renato Paratore, del Parco di
Roma: ‘È stata una bella esperienza. Penso che devo fare un
salto di qualità sotto il profilo mentale, acquisendo maggiore
costanza. Per crescere non posso trascurare alcun particolare
durante gli allenamenti. Ora vado in America a giocare e
cercherò di fare del mio meglio per raggiungere risultati degni
di nota. Questa partecipazione all’Open mi farà maturare
molto e mi potrà dare la spinta per vincere un torneo’.
Nel corso della premiazione finale, il presidente della
Federazione Italiana Golf Franco Chimenti ha annunciato
che nel 2014 l’Open cambierà data: avrà luogo dal 28 al 31
agosto 2014 e sarà l’ultima prova che assegnerà punti per la
speciale classifica atta a designare alcuni componenti della
squadra europea di Ryder Cup ◆
Julien Quesne e Franco Chimenti
...da 90 anni la tradizione della cucina romana
nel cuore dei Parioli...
Celestina ai Parioli, il più antico ristorante nel cuore
dei Parioli, propone ogni settimana grandi serate di
degustazione per i propri ospiti. Sono momenti particolari
a tema, per proporre ai clienti percorsi eno-gastronomici
che valorizzano le eccellenze regionali, accompagnati
da una selezione di vini delle migliori cantine e birre
artigianali.
Queste serate offrono anche momenti di incontro tra i
nuovi proprietari e gli ospiti, che hanno così l’opportunità
di conoscerli meglio.
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www.ristorantecelestina.it
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M AGA ZINE
M AGA ZINE
Autumn
Test Matches
2013
sport
di Andrea Cimbrico
Cariparma Autumn Test Match 2010 - Modena, Ita vs. Fiji - ph Sport.it
Cariparma Autumn Test Match 2012 - Firenze Ita vs. Aus - ph Sport.it
C
ome ogni novembre che si rispetti, anche per il
2013 la finestra internazionale d’autunno porta
in Europa le regine del rugby dell’Emisfero Sud,
in visita alle controparti boreali per i test-match che chiudono
l’anno solare. Per l’Italia, novembre vuol dire Cariparma
Test Match e, nelle settimane a venire, Parisse e compagni
saranno impegnati in tre sfide di alto livello: si comincia il 9
novembre all’Olimpico di Torino contro l’Australia due volte
campione del mondo per proseguire allo Zini di Cremona al debutto sul palcoscenico del rugby internazionale - per la
partita contro Fiji che può valere il decimo posto nel ranking.
Si chiude il 23 novembre allo Stadio Olimpico di Roma,
casa degli Azzurri nell’RBS 6 Nazioni, dove la banda Brunel
riceve per la prima volta i Pumas argentini nel più classico
dei derby dei due mondi ◆
Biglietti disponibili su: listicket.it, ticket.federugby.it,
call center 892.982 e ricevitorie Lottomatica
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Viareggio Beach Cup e Milano Autumn,
così gioca il polo italiano di fine stagione
Una spiaggia in Versilia e un’ex-piazza d’armi in Lombardia trasformate in perfetti campi
su sabbia e su erba. Giocatori di livello mondiale e sponsor di grido
hanno richiamato pubblico e personalità a seguire uno sport millenario e fascinoso
di Enrico Tonali
sport
Un palleggio al volo dell’azzurro Goffredo Cutinelli nel torneo di Viareggio
ph Grasso
T
rofei di Crystal Caviar, maglie de La Martina,
Aston Martin in parata, la 5° Viareggio Polo
Beach Cup ha avuto una sola parola chiave:
eccellenza. Quella che con il fascinoso sport di palla e stecca
si coniuga perfettamente. Un torneo sulla sabbia di spessore
europeo che è stato preceduto il mese avanti dal 1° Milano
Autumn Polo del circuito Audi Gold Cup, dedicato ad un
altro must dei nostri giorni, il recupero ambientale. In questo
caso quello di un’area militare e la restituzione alla metropoli
lombarda di una grande area verde a dieci minuti dal Duomo.
Il Milano Autumn - terza ed ultima tappa del ‘giro d’Italia’
che ha toccato le Alpi con il Cortina Winter e la Capitale per
Luca D’Orazio guida un attacco del team Versilia Congressi nel torneo di Viareggio
ph Grasso
il Roma Summer - si è disputato sul rettangolo verde in cui
il Milano Polo Club (in collaborazione con l’Associazione
Arma di Cavalleria) ha trasformato la piazza d’armi della
quasi centenaria Caserma Santa Barbara. Il torneo ha
raccolto le adesioni di sei squadre - con giocatori provenienti
da altrettante Nazioni d’Europa e d’America - le cui partite
sono state seguite da un pubblico superiore alle aspettative.
Il nuovo campo ha avuto per altro un ‘sacerdote’ celebre
che lo ha tenuto a battesimo, il brasiliano Olavo Novaes. Il
giocatore di San Paulo - dove si allena nel mastodontico Club
Elvezia (50 campi da polo) e possiede 180 cavalli - ha mostrato
intatta la classe di campione del mondo 1995 e 2001 (e vice
D’Orazio, Juan Cruz Greguoli, Silvestre Fanelli) per 5 a 4.
Al termine di mezza settimana di libeccio e ondate che più
volte hanno insidiato il bacino di gioco scavato nell’arenile
davanti il Grand Hotel Principe di Piemonte, il sole ha
deciso finalmente di assistere agli scontri decisivi della
Viareggio Beach Cup insieme al pubblico accalcato dietro
le transenne. Hanno inziato Esplanade e Gancia, un terzetto
dell’Argentario guidato da Alberto Galantino. Il giocatore
azzurro Goffredo Cutinelli (medaglia di bronzo agli ultimi
Mondiali) ha impostato le discese migliori, firmando 5 goal
dell’Esplande, coadiuvato dai golden-boys capitolini Irene
Gianni e Giordano Magini. In campo opposto un altro
teenager, Matias Bertola, ha cercato di correre ai ripari ma
il risultato finale (7 a 3) è stato per la squadra della Capitale.
Ancora più netto il verdetto conclusivo (10 a 3) a favore del
Versilia Congressi - con in plancia il più blasonato capitano
romano, Luca D’Orazio - che ha preso subito il largo nel
primo tempo contro il Sina Hotels dello svizzero Piero
Dillier per poi dilagare nel secondo con un irraggiungibile
8 a 1. Successo di misura (6 a 5) infine per Aston Martin
su Fipa Group. Esplanade, Versilia Congressi e Aston
Martin concludevano a successi pieni, ma il primo posto in
classifica veniva assegnato ex-aequo alle squadre romane
guidate da Cutinelli (goleador del torneo) e D’Orazio per
differenza marcature. Coppe e cadeaux messi in palio dai
numerosi sponsor (tra cui la OT Wines del fotografo Oliviero
Toscani) sono stati consegnati anche da Cataldo D’Andria,
presidente dell’antico Roma Polo Club, del quale sono soci
tutti e sei i giocatori dei team vincitori. Alla serata di gala
ha partecipato il tenore Andrea Bocelli presentando la sua
Fondazione per bambini meno fortunati: ‘Aiutarli è sintomo
di generosità ed intelligenza, due qualità che nei giocatori di
polo non mancano’ ◆
1998). Le sue violente bordate e i dribbling vorticosi hanno
creato scompigli fra gli avversari, costretti a marcarlo con
due uomini. Gli uniformi valori in campo hanno suscitato
scontri tesi ma equilibrati, con continui cambi di fronte e
punteggi finali omogenei. La partita - in cui era in palio la
Gold Cup - non poteva risentire della tensione accumulata
durante il torneo. Lo stesso pubblico ha sottolineato con
lunghi silenzi le azioni più decisive, soprattutto il tiro delle
numerose punizioni che alla fine hanno deciso il risultato,
con la vittoria di Audi (capitano il tedesco Hannes Huehnlein,
Fabio Acampora, Miguel Amieva, Juan Ruiz Guinazu) su
Monte Carlo (capitano il romano Rommy Gianni, Luca
Una particolare vista della premiazione dell’Audi nel Milano Autumn
ph Polo Gold Cup-D. Bandion
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A Capannelle
le Signore dell’Ippica
La doppia manifestazione autunnale del 13° Premio
e del 45° Premio di galoppo Lydia Tesio, vinto dall’italiana Charity Line
di Enrico Tonali
L’italiana Charity Line supera la tedesca Path Wind nel Premio Lydia Tesio 2013 a Capannelle - ph Garofalo
C
L’attrice Barbara De Rossi premiata come Signora dell’Ippica 2013
dal vicepresidente Longines Juan Carlos Capelli - ph HippoGroup-Puccini
ome cavalla, Barbara De Rossi, è stata una
stacanovista: 73 corse in tre anni e mezzo a
fine Novecento, anche 3 al mese. Da attrice è
altrettanto instancabile, ha iniziato a fare cinema a 17 anni
nel 1977. Ma soprattutto è uno dei pochi personaggi del
set, teatro e tv italiani (nel 2005 il maschio De Sica vinse il
Derby) il cui nome sia stato dato a un purosangue. Per questo
- e per la sua passione dell’equitazione - la De Rossi è stata
premiata come Signora dell’Ippica 2013, in una scintillante
serata all’Ara Pacis di Roma, organizzata da Longines e
HippoGroup Capannelle. Un riconoscimento che da 13 anni
è abbinato al Premio Lydia Tesio di galoppo, appuntamento
tutto al femminile che conclude la stagione rosa del turf
europeo. Quest’anno il successo è tornato in mani italiane
grazie alla classe della tre anni saura Charity Line, che è
riuscita sul traguardo a reggere il furibondo assalto di tre
sue quasi connazionali tedesche (il padre di Charity è il
germanico Manduro). Una vittoria che ha premiato l’attesa
- quasi una vendetta sognata per 12 mesi - della scuderia
EffeVi, del trainer Stefano Botti e del jockey Fabio Branca che
l’anno scorso erano giunti secondi con Cherry Collect dietro
la teutonica Sortilege ◆
PEELING CHIMICO
ALL'ACIDO MANDELICO
I
l peeling è un trattamento medico estetico
che permette di accelerare il fisiologico
rinnovamento dell’epidermide e del derma
favorendo l’esfoliazione dei suoi strati attraverso l’applicazione
di un agente chimico sulla superficie cutanea. A seconda
del tipo di agente peeling, della sua concentrazione e del
modo con il quale alcuni di essi vengono tra loro modulati è
possibile ottenere:
Peeling superficiali indicati per ridonare freschezza e
luminosità alla pelle;
Peeling Medi indicati nella stimolazione della pelle
invecchiata, nei casi di acne
od in presenza macchie cutanee;
Peeling Profondi indicati quando il grado d’invecchiamento
cutaneo è estremamente importante.
Dopo il trattamento peeling anche gli strati più profondi
del derma della pelle vengono stimolati a rigenerarsi con
aumento della produzione di collagene.
Si verifica così un
vero e proprio rinnovamento della pelle, l’epidermide vecchia
è sostituita con una nuova più luminosa, più omogenea e più
fresca.
Si attenuano le sottili rugosità.
La tendenza moderna
del peeling è comunque quella di modulare l’azione degli
acidi in modo da ottenere eccellenti risultati con il minor
rischio possibile di effetti indesiderati.
Attraverso sedute
successive di soft peeling, ottenute con l’applicazione di
acidi di leggera-media potenza, è possibile raggiungere
l’effetto del risultato in maniera progressiva riducendo gli
effetti indesiderati.
Dal momento che il fisiologico processo
d’invecchiamento cutaneo può essere accelerato dallo
stile di vita e da abitudini talvolta errate, allo scopo di
raggiungere e mantenere nel tempo gli effetti del peeling,
molto importanti risulteranno i consigli ed i trattamenti
domiciliari proposti dal medico.
Nella filosofia del softpeeling, attraverso la quale si vuole ottenere in modo poco
aggressivo un progressivo miglioramento degli inestetismi, a
seconda del tipo d'inestetismo cutaneo da trattare ed anche
del tipo d'agente peeling utilizzato le sedute possono avere
una cadenza settimanale, quindicinale o mensile.
I peeling all'Acido Mandelico rappresentano oggi la
nuova generazione di peeling che meglio rispecchia la
filosofia del “soft peeling”, nella quale l'associazione
di acidi di leggera-media potenza consente di ottenere
risultati eccellenti con il minor rischio possibile di effetti
indesiderati.
L'acido mandelico è un agente peeling che di
per sé presenta molteplici vantaggi:
non è fotosensibilizzante
e quindi può essere utilizzato in tutti i periodi dell'anno,
compresi la primavera e l'estate; pur avendo un'importante
azione di stimolo sull'esfoliazione dell'epidermide e la
rigenerazione del derma, è privo di quegli effetti collaterali
fastidiosi, comuni ad altri agenti peeling, come il bruciore o
l'eritema intensi.
Una volta associato ad altri agenti peeling
notoriamente aggressivi come l'acido piruvico, l'acido
salicilico o l'acido tricloroacetico, esso è in grado di frenarne
l'azione aggressiva pur lasciandone intatte le specifiche
proprietà terapeutiche sulla pelle.
Dopo il trattamento peeling anche gli strati più profondi
del derma della pelle vengono stimolati a rigenerarsi con
aumento della produzione di collagene.
Si verifica così un
vero e proprio rinnovamento della pelle, l’epidermide vecchia
è sostituita con una nuova più luminosa, più omogenea e
più fresca. Si attenuano le sottili rugosità.
La presenza nella
soluzione peeling di sostanze ad azione depigmentante e
l'associazione di un idoneo trattamento domiciliare permette
l’attenuazione o la scomparsa delle macchie cutanee.
Dal
momento che il fisiologico processo d’invecchiamento
cutaneo può essere accelerato dallo stile di vita e da abitudini
talvolta errate, allo scopo di raggiungere e mantenere nel
tempo i risultati del peeling, molto importanti risulteranno i
consigli ed i trattamenti domiciliari proposti dal medico.
Infatti, fondamentale è ristabilire l'equilibrio idrico cutaneo
e quindi utilizzare una serie di prodotti indicati come
trattamenti domiciliari della superficie cutanea sottoposta a
trattamento con peeling chimico ◆
www.wdresearch.com
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HONG KONG VIGANÓ
Ambiziosa, onesta ed innamorata del proprio lavoro,
l’artista si racconta
ph Leonardo Angileri
di Irene Cappa
C
hi la conosce dice che da sempre ha le idee
chiare su tutto o quasi. Laureata in fashion design,
sincera, un amore sfrenato per scarpe e vestiti,
da piccola era molto introversa, e la timidezza la portava a
stare spesso da sola disegnando e colorando... Probabilmente
inizia proprio allora, dal tavolino da disegno, la vita da artista
di Silvia Viganò, oggi trentacinque anni, una cascata di capelli
rossi, e l’atelier a Carate Brianza. ‘Quando avevo circa sette
anni un amico dei miei genitori mi regalò un cavalletto con
tele e colori e mi disse: ‘da grande diventerai una grande
artista’... spero di non deluderlo, ma ci sto ancora lavorando!’
La tua prima mostra?
‘Glam in pink’, nel 2008, presso la galleria Stragapede
& Perini a Milano... ricordo l’emozione, l’ansia prima
dell’opening e poi tutte quelle persone così colpite dai miei
lavori, l’atmosfera piena di vibrazioni positive. Ancora oggi la
mostra più importante della mia vita.
art
Se ti avessero detto che un giorno avresti conquistato Hong
Kong...
È successo veramente ed è stata una stupenda esperienza...
a maggio durante la Link Art-Fair quando tutti i cinesi
‘impazzivano’ davanti ai miei quadri super colorati non mi
sembrava vero... God bless Hong Kong!
Che differenza c’è fra il mercato italiano e quello
internazionale?
All’estero l’approccio è più immediato, friendly, sincero. In
Italia invece pochi hanno il privilegio di rischiare con noi
giovani artisti.
Russia, Giappone, Stati Uniti: mettili in ordine rispondendo
alla domanda ’vorrei esporre a…’
Giappone al primo posto; quindi Stati Uniti, in particolare
Miami e Los Angeles, città che conosco benissimo, luminose,
positive e super easy; la Russia invece ancora non so…
Lady in Plastik
Self portrait
Fra una notte d’amore e una notte magica a dipingere, cosa
scegli?
Prendo tutte e due... senza amore non si ha nessuna
ispirazione.
E il nome?
Ho pensato al film del 1929 Coquette dove la protagonista
gioca con l’eros usando furbizia e grazia per ottenere ciò che
vuole.
Se dovessi andare via dall’Italia?
Ibiza, un’isola magica, ogni volta mi coinvolge in un turbine
di energie positive.
Ti piacciono di più le scarpe o i vestiti?
Troppo entrambi… sono una vera fashion victim, non ci
posso fare niente!
Qual è l’artista con cui vorresti lavorare?
Sono una fan di Marco Grassi e sarebbe un onore collaborare
con lui.
In quale spazio pubblico italiano ti piacerebbe esporre?
Non saprei, però Palazzo Grassi a Venezia non sarebbe male.
Cosa sono per te moda e design?
Parte della mia vita. Partendo dalla moda ho creato il mio
stile, le mie prime tele rappresentavano in grande i figurini
che realizzavo a scuola. Il design invece mi intriga.
Come ti è venuta in mente l’idea di creare una sedia?
Nel 2012 lavoravo all’opera Fashion victim, e una volta finita,
ecco l’idea: la silhouette della donna era perfetta per uno
schienale, così ho chiamato la mia amica designer Beatrice
Novara che ha disegnato il prototipo. Dopo un anno Coquette
era al Fuori Salone 2013 nella luxury boutique ‘Super’ di via San
Marco. Amo Coquette perché è un progetto tutto al femminile e
rappresenta le donne dei miei quadri, quindi sfiziose, maliziose,
aggraziate, leggere ed elegantemente glamour.
Sei ambiziosa?
Molto ambiziosa, ma arrivare in alto non mi spaventa. E non
importa se capiterà di prendere porte in faccia. Ho pazienza e
determinazione da vendere, quindi prima o poi lascerò il segno.
Hai paura un giorno di poterti pentire di aver scelto di
dedicare la tua vita all’arte?
Impossibile, amo troppo quello che faccio.
E se un giorno tuo figlio ti dicesse ‘Mamma da grande
voglio fare l’artista’ cosa risponderesti?
Ah ah ah… lo incoraggerei mettendolo in guardia su tutto.
Per fare questo mestiere bisogna crederci, non cercare
approvazione in giro, avere la mente recettiva perché non si
finisce mai di imparare, essere onesti e, come regola di vita,
comportarsi bene, perchè prima o poi paga ◆
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LILY YU
di Maria Laura Perilli
160 Decibel
Alcune opere della precedente produzione di Lily trattano
il tema del bacio e dell’abbraccio, argomento caro a Klimt,
Schiele e Munch, quasi a rappresentare un amplesso in cui
l’identità maschile poteva essere messa in crisi, risucchiata,
da una donna mantide. I suoi corpi sono legati da amore e
odio, ma, a differenza di Schiele, non sono fisici dilaniati,
bensì lisci, quasi impalpabili, rarefatti e persi nell’oblio.
Le foreste rappresentate sullo sfondo delle opere, poi,
ricordano nella ramificazione l’albero rosso del 1909
di Mondrian e nella tessitura di grigi e neri la pittura
di Rembrandt. Gli animali, rappresentati in queste
ambientazioni naturalistiche, ricordano un artista famoso per
la sua spontaneità naif, Henry Rousseu, che si distinse per il
suo piacere di ricercare la fonte di ispirazione negli zoo e nei
giardini botanici di Parigi. La sua pittura venne apprezzata
da molti, soprattutto perché rappresentava una possibile fuga
dal mondo moderno, come sorta di ancoraggio agli elementi
primari della vita.
Così, come nelle opere di Rousseau, anche in quelle di Lily
Yu ogni elemento è allegorico: dai rami spezzati alla nebbia,
alle acque torbide, o alla barca senza timoniere. Nelle opere
di questa giovanissima e promettente artista, troviamo,
stese sull’erba, immagini di statue femminili classiche, o, la
presenza di un pianoforte nero, che sembra mimetizzarsi
con i colori della foresta: è il mondo del sogno, un’immagine
metafisica. Sono opere che attestano, palesemente, la
capacità dell’artista di fuggire dalla civiltà moderna attraverso
l’immediatezza e l’interiorità, senza ricorrere ad immagini
prepotenti, ingombranti e preponderanti. Dunque, definirei
le sue opere vicine al realismo magico di Rosseau, ma con
una chiave di lettura contemporanea, non lontana dagli
elementi classici.
I protagonisti di Lily sembrano, quasi, anime che viaggiano,
fantasmi in cerca di una meta, ostinate nel loro cadenzato
andare. Anime trasparenti e diafane; ma come si risolve la
problematica di ciò che è trasparente, di ciò che è diafano?
Nel diafano è sempre presente la problematica di ciò che
è opaco, di ciò che è trasparente. Entrambi sono in realtà
due concetti molto vicini; si passa dal trasparente puro che è
vuoto, nullo, al diafano translucido che fa passare la luce, ma
non definisce i contorni. I corpi di Lily Yu sono come coperti
da un velo, uno schermo che, come diceva Émile Zola ‘ha
sempre uno spessore che rifrange e trasforma gli oggetti’;
Zola parlava di ‘una finissima polvere grigia’.
Il diafano è la trasparenza in luce e quindi la leggerezza,
quella leggerezza definita da Italo Calvino un parametro
base del codice di comportamento letterario del terzo
millennio. Calvino, da fine lettore dei classici la individua
nel ‘De Rerum Natura’ di Lucrezio: ‘È la prima grande
opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa
dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di
ciò che è infinitamente minuto mobile e leggero. Lucrezio
art
L
e opere dell’artista Lily Yu si presentano
all’osservatore come immagini silenziose e
ovattate. Discrete incombono, quasi senza
fare rumore, come passi nella notte, dove le uniche cose che
percepisci sono grigi, neri, bianchi della luce, che filtrano
da una finestra, nonché il respiro e il rumore leggero del
camminare. Eteree e trasparenti le immagini si stagliano
davanti all’osservatore; non dobbiamo, comunque, limitarci
a percepire il diafano come caratteristica da ricondurre
alle immagini incorporee e atmosferiche in opposizione ad
immagini plasticamente strutturate.
Siamo di fronte ad un percorso percettivo, dove le immagini,
gradualmente, si svelano, si scoprono e dove il visibile si
manifesta attraverso forme che non saranno mai precise
e definite; sarà sempre un viaggio fatto di percezioni
incomplete. È proprio in questa infinita e mancata percezione
che si staglia il magico, il mistero nelle opere di Lily Yu; è
qui che sembra annodarsi l’inquietante trama dei corpi tra
amore e morte, tematica tanto cara ad Egon Schiele e a
Klimt. Ritroviamo, infatti, riferimenti riconducibili all’oblio,
alla ricerca dell’inconscio. In Lily sono evidenti i richiami a
questi due artisti; non dimentichiamo che gli anni centrali
della produzione di Klimt, furono quelli in cui Schnitzler
descriveva nei suoi romanzi scenari visionari, quasi folli e
Freud scopriva la nozione di inconscio e l’importanza della
vita sessuale.
Lost
vuole scrivere il poema della materia, esso ci avverte subito
che la realtà di questa materia è fatta di corpuscoli invisibili.
È il poeta della concretezza fisica, vista nella sua sostanza
permanente e immutabile, ma per prima cosa ci dice che il
vuoto è altrettanto concreto che i corpi solidi: la più grande
preoccupazione di Lucrezio sembra quella di evitare che
il peso della materia ci schiacci’. La leggerezza ha invaso
tutto il nostro esistere dall’architettura alla pittura. In Lily
Yu è elemento protagonista del suo linguaggio pittorico; la
rende fortemente contemporanea proprio per quella sua
sottile capacità di leggere nel passato, nel classico, come
Calvino, traendone tutti i segni dell’attualità. Non a caso la
trasparenza era presente nella scultura greca, dall’arcaismo a
Fidia fino al Rinascimento con le danzatrici di Botticelli.
I soggetti rappresentati da Lily Yu come il leone, il cavallo,
la donna con il velo, sono ieratici; sovrastano la scena,
trasparenti, seducenti, sfidando l’osservatore e, come una
lama sottile, tagliando l’orizzonte che si palesa dinnanzi a
loro. Chiunque si appresti a guardare le sue opere rintraccia
la grande disponibilità dell’artista che concede a colui che
guarda di diventare protagonista dell’opera, di far si che possa
decidere di queste anime il loro destino, il loro percorso.
Le sue opere sono ermeneutiche; i personaggi simboleggiano
i suoi stati d’animo: la donna la sensualità celata dal velo,
il leone l’aggressività, il coraggio, la fermezza, la presa
di consapevolezza di sé, l’ancoramento alla terra e la
concretezza. Questi soggetti si muovono all’interno di
foreste, di alberi fitti, alti e schietti, attraverso i quali, come
un fendente, passa la luce; soggetti vincenti che avanzano
imponendosi con tutta la loro potenza e l’affermazione
dell’io. La loro ‘sembianza assente’ è la possibilità di
riconoscersi in essa in mille modi, secondo lo specifico
stato d’animo che ci pervade in ogni momento della vita.
Riconoscersi è attivarsi, prendere cognizione totale di sé
stessi, capire che non possiamo vivere per il nulla, che siamo
stati chiamati alla progettualità, ad operare incessantemente
per la positività del vivere ovvero del ragionare, riflettere,
proporre e ancor di più sapersi mettere in quella posizione di
ascolto e comprensione che ci aiuta ad amare ◆
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“A Natale... Botteghiamo!
scegli un Dono artigiano“
Insoliti percorsi della tradizione artigiana nel cuore di Roma,
in risalto l’eccellenza e maestria della categoria artigiana
con un calendario ricco di appuntamenti
per passare insieme un sereno Natale
di Valentina Ughi
L’
iniziativa rientra nel nuovo appuntamento
di Botteghiamo, il progetto ideato da
abc Project e promosso da Cna Roma
Città Storica e Associazione Botteghe Storiche di Roma.
Nel corso degli appuntamenti, che si svolgeranno dal 4
al 21 dicembre 2013, nei Rioni Ponte Parione e Regola e
non solo, romani e turisti potranno scoprire angoli insoliti
e conoscere gli artigiani e le botteghe storiche. A guidarli, il
“Kit di Botteghiamo”: per il turista che arriva, resta e ritorna,
e porta via con sé un ricordo della Città Eterna e per i romani
a caccia di segreti nel centro storico.
Una mappa interamente disegnata a mano dal cartografo
Mario Camerini ed una preziosa guida illustrata. Due utili
strumenti che suggeriranno ai nostri ospiti come muoversi
nei rioni del centro storico e oltre: tra una degustazione di
vino e un assaggio di prodotti tipici, i visitatori potranno
apprezzare la qualità dello shopping artigianale e interagire
con i negozianti di vicinato. Sullo sfondo un palcoscenico
d’eccellenza invidiato nel mondo e animato dai nostri maestri
artigiani.
Nel progetto si inseriscono le iniziative: “Botteghiamo a
Via dell’Orso... work in progress 36ima Mostra Mercato
Artigianale”, promossa dall’Associazione Artigiani di via
dell’Orso e vie adiacenti per il ripristino della rinomata
Mostra sospesa da diversi anni. Maestri artigiani, giovani
apprendisti ed appassionati potranno incontrarsi durante
gli eventi impreziositi da ricercate esposizioni artigianali,
degustazioni di qualità ed altri momenti di aggregazione.
Il Made in Italy, quindi, come tratto distintivo della nostra
cultura, dal quale è necessario ripartire in risposta ad un
evidente periodo di crisi economica. Questo l’obiettivo del
progetto Botteghiamo: tutelare, sostenere e valorizzare
le botteghe storiche ed il commercio di qualità grazie al
confronto diretto con il territorio ed i suoi protagonisti.
Primo appuntamento mercoledì 4 dicembre 2013 per
“Regalo d’Autore, Dono Artigiano”, evento realizzato in
collaborazione con l’Arte dei Vinattieri. Nell’elegante cornice
di Palazzo Brancaccio gli ospiti potranno degustare delizie,
cioccolato, vini e distillati ed ammirare l’allestimento animato
dagli artigiani di Botteghiamo che, attraverso la loro maestria
e creatività, arricchiranno una tavola natalizia. Fra i manufatti
in scena: piatti e bicchieri di ceramica, tovaglioli tessuti,
segnaposti in vetro, portabottiglie in giunco, tovaglia in rete,
cornice a foglia d’oro ed una composizione floreale.
A seguire, sabato 14 dicembre 2013, partenza e arrivo a
via dell’Orso per la seconda “Camminata non Competitiva
Botteghiamo”: originale percorso di 3km fra gli artigiani e le
botteghe storiche del centro, per apprezzare il patrimonio
artistico e culturale della città e la sapienza dei nostri Maestri,
al fine di stimolare l’attenzione dei cittadini ad acquisti
preferibilmente artigianali e rigorosamente Made in Italy.
Proseguiranno, inoltre, i “Tour Botteghiamo”: emozionanti
itinerari alla scoperta degli antichi mestieri artigianali.
Segreti, arnesi, colori di una sapienza che gli stessi artigiani
sveleranno ai partecipanti durante le tappe del Tour.
Botteghiamo allora... e passaparola! ◆
Info e prenotazioni
[email protected]
facebook.com/botteghiamo
twitter.com/botteghiamo
Tel. 0668301041
www.botteghiamo.it
what’s on what’s on what’s on wh
SPAZIO COSTRUITO
City Art, fino al 14 dicembre 2013
Presso City Art, spazio polifunzionale dedicato all’arte contemporanea che promuove
eventi, workshop, esposizioni artistiche e incontri tematici, situato a nord est di Milano, è
ospitata la mostra curata da Jacqueline Cerasoli su Nadia Galbiati. Artista rigorosamente
concettuale, parte non da un volume-struttura immaginata, ma dall’analisi, dalla sintesi e
dalla scomposizione e ricomposizione di soluzioni geometriche riscontrate in situ, in cui i
vuoti e non i pieni assumono un ruolo determinante.
www.cityart.it
Kitzbühel, il più trendy
Si svolge ogni anno in Austria dal 30 novembre al 6 gennaio
il mercato natalizio più affascinante e glamour d’Europa.
Tra vin brulé e pan di zenzero, lucine e candele, l’avvento
qui incarna tutta la magia del periodo, trasformando per
oltre un mese via Hinterstadt nel set di un film suggestivo,
destinato ad entusiasmare ogni fascia di età. E da quest’anno
il mercatino sarà allargato per ricreare il Natale montanaro e
il Villaggio di Bambin Gesù. Delizie culinarie, articoli tipici
e idee regalo, ma il Natale è soprattutto la festa dei bambini
e tante sono le proposte dedicate a loro: baby-zoo, racconti,
bricolage e persino minicorsi di cucina con Michaela, che
ogni sabato colora e inforna i biscotti con i più piccoli. La
colonna sonora è affidata ai gruppi musicali, cori e cantanti
della regione, che si esibiranno tra fiocchi di neve e le mille
luci decorative. Kitzbühel è tra le destinazioni più glamour e
alla moda dell’arco alpino tirolese, meta leggendaria dello sci
alpino, che nel 1895 nacque proprio, è una cittadina trendy
e raffinata, dove un pubblico internazionale arriva per gli
impianti all’avanguardia e i 170 km di piste, ma anche per il
clima vitaiolo, gli hotel di lusso, i ristoranti gourmet e le tante
osterie tipiche che ne fanno il polo culinario del Tirolo.
www.kitzbuehel.com
PIERO FORNASETTI - 100 anni di follia pratica
Triennale, fino al 9 febbraio 2014
In occasione del centenario dalla nascita di Piero Fornasetti la Triennale Design Museum presenta
la prima grande e inedita mostra in Italia a lui dedicata. Curata dal figlio Barnaba, rende omaggio
a questa figura per evidenziarne l’importanza e ricollocarla nell’ambito del dibattito critico e
teorico sull’ornamento come elemento strutturale del progetto. Pittore, stampatore, progettista,
collezionista, stilista, raffinato artigiano, decoratore, gallerista e ideatore di mostre, Fornasetti
è stato una personalità ricca e complessa. Ha disegnato e realizzato circa 13.000 tra oggetti
e decorazioni: un universo fatto di rigore progettuale, artistico e artigianale come di fantasia
sfrenata, invenzione surrealista e poesia.
www.triennale.org
Dolomiti - dedicato ai bambini
Val Gardena - i doni di San Nicolò
A Santa Cristina il Natale magico dedicato ai bambini inizia il
5 dicembre, con l’arrivo di San Nicolò e del suo aiutante nel
Mercatino di Natale, distribuendo sorprese a tutti i bambini.
E si rinnova nel Presepe scolpito a mano più grande del
mondo, visitabile con mamma e papà mentre gli scultori
realizzano le loro opere.
www.dolomiti.it/it/idee-vacanza/val-gardena-per-tutti
Natale
sulle
nevi
milano
BERENICE ABBOTT
Galleria Carla Sozzani, fino al 6 gennaio 2014
Ospitata nella celebre galleria di 10 Corso Como, la mostra di Berenice Abbott (1899-1991),
omaggia questa artista di fama mondiale che ha dedicato la sua lunga vita e carriera alla fotografia,
esplorando nozioni di fotografia documentaria e di realismo fotografico. La mostra presenta, tra
l’altro, i suoi primi lavori dedicati a New York, che nel 1929 la Abbott ha iniziato a documentare
con la stessa attenzione ai dettagli fornendo così una cronaca storica di molti edifici e isolati di
Manhattan, purtroppo oggi demoliti.
www.galleriacarlasozzani.org
IL VOLTO DEL ‘900 - Da Matisse a Bacon
Dolomiti di Brenta
la casa di Babbo Natale
Ad Andalo Babbo Natale aspetta i bimbi in un rifugio nel
bosco dal 21 al 26 dicembre. Li accoglie con thè e biscotti
appena sfornati, raccontando loro le fiabe natalizie mentre
raccoglie la letterina dei desideri ricambiando con un piccolo
dono. Poi tutti sulla sua slitta trainata dai cavalli per una gita
tra le vie del paese, dove vengono organizzate tante altre
attività come la gara di slittini, la caccia al tesoro, la gara di
pupazzi di neve. E il 25 dicembre il “Big Christmas Party”,
con musica, falò e cioccolata calda per tutti.
www.dolomiti.it/it/idee-vacanza/dolomiti-di-brenta
Val di Fiemme - in monorotaia
A Gardonè (1650 mt) Natale da brividi e forti emozioni sulla
slittovia dell’Alpine Coaster. Un percorso di un chilometro
sugli slittini a due posti insieme a mamma o papà: 40 km/h
con una pendenza massima del 28%, due jump e un giro a
360 gradi fra abeti, larici e cirmoli del bosco del Latemar. Dai
5 anni in su.
www.dolomiti.it/it/idee-vacanza/val-di-fiemme
I grandi capolavori del Centre Pompidou
Palazzo Reale, fino al 9 febbraio 2014
La storia della rappresentazione della figura umana, dall’antico impero egiziano ad
oggi, è al tempo stesso lunga e complessa e la selezione di opere provenienti dal
Centre Pompidou di Parigi, esposte nel piano nobile di Palazzo Reale, racconta,
attraverso una serie strepitosa di icone della pittura e scultura del XX secolo, un
periodo fondamentale per l’evoluzione del concetto stesso di ritratto e autoritratto,
messo in discussione e trasformato dai più celebri maestri dell’epoca, in seguito ai
grandi cambiamenti della società e alle tragedie della storia umana.
www.ilvoltodel900.it
40X40 Paolo Favaretto. Gli anni del design
Centro Culturale Altinate S. Gaetano, fino al 13 gennaio 2014
Architetto e designer, Paolo Favaretto interpreta la cultura italiana del bello, attraverso forme, materiali
e colori, con uno spirito versatile, sempre attento a recepire i cambiamenti e di conseguenza a creare
progetti e realizzare oggetti che durino nel tempo. Curiosità, rigore e passione per la ricerca sono
da sempre nel dna di Paolo Favaretto, che quest’anno festeggia i 40 anni di attività professionale
nell’industrial design e nella progettazione architettonica.
www.favarettoandpartners.com
padova
what’s on what’s on what’s on wh
CEZANNE E GLI ARTISTI ITALIANI DEL ‘900
Impressionisti a Palazzo Pitti
12 Capolavori dal Museo d’ Orsay
Galleria d’arte moderna, fino al 5 gennaio 2014
Frutto di uno scambio fra il Museo d’Orsay e Palazzo Pitti, la mostra porta a Firenze 12 capolavori
impressionisti: due Degas, due Monet, due Cezanne, due Renoir, due Pissarro, un Fantin
Latour e un’opera di Paul Guigou. Alla ricerca di possibili contaminazioni tra l’impressionismo
francese e il movimento toscano dei “macchiaioli”, punto di riferimento essenziale anche per le
esperienze del nostro novecento. La mostra è organizzata in due sezioni: l’En plein air, dedicata
ai paesaggi ed al rapporto con la luce, e una seconda sezione dedicata agli interni.
www.civita.it
firenze
ANTONELLO DA MESSINA/L’ALTRO RITRATTO
Mart, fino al 12 gennaio 2014
Due mostre legate da un fil rouge: una ricostruisce con puntualità e completezza l’attività
del maestro che fu ponte tra la cultura fiamminga e la cultura italiana nel Quattrocento,
raffinatissimo ritrattista e figura di riferimento per quanti lo conobbero; l’altra, pensata dal
filosofo francese Jean-Luc Nancy, autore di numerosi testi sulle arti in generale e su singole
opere di pittura, di fotografia e di cinema, si concentra sulle trasformazioni del ritratto
contemporaneo, dagli ultimi decenni del XX secolo fino ai nostri giorni indagando tutte le
tecniche artistiche (pittura, fotografia, video). Il filo conduttore del percorso espositivo è
quello del mistero del ritratto, in cui apparentemente tutto si rivela ma dove, in realtà, tutto
si nasconde, come già Antonello aveva mostrato.
www.mart.trento.it
rovereto
DA DONATELLO A LIPPI. OFFICINA PRATESE
Museo di Palazzo Pretorio, fino al 13 gennaio 2014
Lo splendore del Rinascimento italiano viene celebrato con una grande mostra che documenta
il fervore artistico presente intorno alla fabbrica della futura cattedrale di Santo Stefano, quando,
a metà Quattrocento, vennero chiamati Donatello, Michelozzo, Maso di Bartolomeo, Paolo
Uccello, Filippo Lippi, e il figlio di questi, Filippino, che da Prato prese le mosse e a Prato tornò
a lavorare da anziano. Attraverso la scelta e il confronto di alcune importanti opere, spesso
provenienti dall’estero, con affreschi e rilievi ancora in situ, l’esposizione si propone di far luce
sull’attività di questi importanti artisti è su quanto questa sia stata importante per la città.
www.palazzopretorio.prato.it
prato
Complesso del Vittoriano, fino al 2 febbraio 2014
Cezanne e non solo alla grande mostra che apre la nuova stagione negli spazi espositivi
al Vittoriano. Intorno a una ventina di capolavori del maestro francese vengono esposte
alcune delle opere dei maggiori pittori italiani del primo ‘900 che dalla sua lezione
furono influenzati. Da Boccioni a Soffici, da Morandi a Carrà, e poi Carena, Rosai,
Sironi, Severini, Casorati, Pirandello, Donghi, Melli, Trombadori, grandi artisti che si
sono confrontati con la rivoluzionaria lezione cezanniana e che da questa hanno tratto
linfa vitale per la loro arte. L’esposizione costituisce un’occasione unica per valutare
l’importanza della ricerca di verità del burbero e solitario maestro di Aix-en-Provence.
www.museiincomuneroma.it
DUCHAMP. RE-MADE IN ITALY
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, fino al 9 febbraio 2014
A cento anni da Ruota di bicicletta, primo ready-made, e a cinquanta dal primo viaggio in Italia
di Roma celebra il Marcel Duchamp alla Galleria Nazionale d’arte Moderna. La mostra, che
verte intorno al lascito di Arturo Schwarz, mette in luce, attraverso opere, documenti, film,
fotografie, i rapporti che il maestro dadaista ebbe con galleristi, critici e artisti, tra i quali Enrico
Baj, Sergio Dangelo e Gianfranco Baruchello e quanto forte fu la sua influenza. (L.M.)
www.gnam.beniculturali.it
roma
VERSO IL 2015. LA CULTURA DEL VINO IN ITALIA
Complesso del Vittoriano/Ala Brasini, fino al 30 novembre
Il vino raccontato attraverso letteratura, arti figurative, teatro, cinema, poesia,
territori. A partire dai greci, che portarono la vite nella nostra terra (chiamandola
poi Enotria, ossia paese del vino), e dai romani, che la diffusero in mezza Europa,
facendo dell’Italia uno dei luoghi cardine di questa cultura. In mostra oltre novanta
opere provenienti dal Muvit (Museo del Vino di Forgiano), organizzati in sei
sezioni, inclusi reperti archeologici, incisioni a tema mitologico, ceramiche dal XIII
al XX secolo e opere di artisti moderni come Picasso, Jean Cocteau, Gio Ponti.
Curata da Massimo Montanari.
www.museiincomuneroma.it
TACCHI MISTI
Teatro Belli, fino al 1° dicembre 2013
Tratto dal libro ‘Accessories’ dell’americana Gloria Calderòn Kellett, lo spettacolo
diretto da Ferdinando Cerini racconta sedici paia di scarpe, ovvero altrettanti
personaggi femminili. Quattro attrici (Carla Ferraro, Corinna Lo Castro, Valentina
Martino Ghiglia e Silvia Siravo) portano sul palco una variegata ed irriverente
serie di ritratti femminili, ciascuno con la propria ironica, graffiante, audace storia
personale. La fidanzata, la casalinga, la cinica, la dea, la ladra, la prima donna
vengono tirate in ballo… a partire dalle scarpe!
www.teatrobelli.it
“Confusioni”
Teatro Trastevere, fino al 1° dicembre
Dal genio comico di Alan Ayckbourn, un’effervescente commedia in cinque atti
unici. Una metafora della precaria civiltà occidentale tratteggiata dall’inconfondibile
humor anglosassone: situazioni surreali per raccontare vizi, virtù, nevrosi,
ossessioni e incomunicabilità del mondo moderno. Dove azioni e parole sono
inevitabilmente equivocate, incomprese e sotterrate sotto una coltre di perbenismo
e imbarazzo. Diretto daAlessandro Londei, interpretato da Brunella Caronti, Mario
Focardi, Alberto Mosca, Gabriella Petti, Doriano Rautnik.
www.teatrotrastevere.it
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M AGA ZINE
M AGA ZINE
Quattro Riflessioni
sul Taste of Roma
ph Andrea Di Lorenzo
Fabrizio Pagliardi - La Barrique e Remigio
ph Andrea Di Lorenzo
I
ph Andrea Di Lorenzo
l Taste of Roma è terminato, con la sua
coda di commenti e la memoria dei piatti
assaggiati. Come è andata questa seconda
edizione? Lo abbiamo chiesto a tre persone che hanno, a
diverso titolo, partecipato alla rassegna: Cristina Bowerman,
tra gli chef della manifestazione, Fabrizio Pagliardi uno dei
migliori uomini del vino di Roma (suoi La Barrique e Remigio)
che ha tenuto alcuni appuntamenti del Wine&spirit Academy
Trimani, e una visitatrice. A loro abbiamo fatto qualche
domanda, per raccogliere alcune impressioni a caldo. Ve le
raccontiamo ora.
ph Raffaella Midiri
Cristina Bowerman - ph Andrea Di Lorenzo
Belle novità di quest’anno
Heinz Beck a un evento del genere penso sia la prova di
un’apertura mentale che dovrebbe ispirare.
Il prolungamento d’apertura nelle ore serali è stata una mossa
vincente.
Lo chef’s table, l’intelligente mini-ristorante privato.
Cristina Bowerman - Glass Hostaria
Cose che ti sono piaciute e che non ti sono piaciute
L’organizzazione è davvero perfetta per la mole di lavoro
che si presenta in così pochi giorni. Io personalmente ho
presentato un piatto per celiaci allo stand preposto ma mi
sono trovata in un ambiente caldissimo con spazio minimo e
con attrezzatura quasi inesistente.
Un suggerimento? Potenziare i cooking show, potrebbe
aiutare a diffondere la cultura del cibo in quanto attrarrebbe
più pubblico. Mi è piaciuta molto la pubblicizzazione
dell’evento pre-evento. Ben fatta.
3 Piatti preferiti
◆◆ Foglia di grano, tonno rosso e misticanza di erbe di Roy
Caceres (Metamorfosi)
◆◆ In un panino... - il pranzo nei campi - di Danilo Ciavattini
(Enoteca la Torre a Villa Laetitia)
◆◆ Ricordo di uovo allo zabaione, granita di orzata e crumble
al caffè (piatto per celiaci) di Francesco Apreda e Dairo
Nuti (Imàgo all’Hassler)
Una bella scoperta
La scoperta, o meglio, la riscoperta è stato Danilo Ciavattini.
Molto suadente e preciso nella scelta dei piatti e ancora
migliorato nel gusto rispetto a come me lo ricordavo. Il
panino con le erbe di campo era da mangiare a quintali!
Spero di andarlo a trovare presto nella sua nuova sede.
Poi, però, lo devo dire, mi sono mancati i miei compagni
dell’anno scorso e spero che il prossimo anno partecipino, in
particolare mi è mancato Anthony Genovese!
Menu preferito
Quello di Cristina Bowerman di Glass Hostaria:
◆◆ Wrap con piccione, caviale di frutti rossi e gastrique
piccante
◆◆ Ravioli di amatriciana con guanciale croccante
◆◆ Insalata d’astice, semi e lassi indiano
L’ho apprezzato soprattutto dal punto di vista operativo: era
perfetto da gestire in una situazione del genere.
I piatti preferiti
◆◆ Fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso di
Roy Caceres (Metamorfosi) anche se concettualmente è
già visto, mi riferisco al mandarino Blumenthal
◆◆ Insalata d’astice, semi e lassi indiano di Cristina Bowerman
(Glass Hostaria): un piatto apparentemente semplice,
equilibrato e di impatto
◆◆ Spaghetti cacio&pepe con gamberi bianchi marinati al
lime di Heinz Beck (La Pergola dell’hotel Rome Cavalieri),
anche se condizionato dall’esecuzione: al primo assaggio
buonissimi ed esplosivi, provati una seconda volta un po’
sotto tono.
Una bella novità
Per me una scoperta è stato Danilo Ciavattini (Enoteca La
Torre di Villa Laetitia), mi è piaciuto molto In un panino... (il
pranzo nei campi).
Dal punto di vista organizzativo?
Organizzativamente molto meglio dello scorso anno, più
efficienza, meno file per le ricariche e anche ai banchi, ma
questo secondo me era dovuto anche ai ristoranti che, avendo
alle spalle l’esperienza precedente, hanno presentato delle
ricette più gestibili in una situazione come quella del Taste.
E il vino?
Come sempre in queste manifestazioni incentrate sul cibo
il vino ne esce sacrificato e infatti le degustazioni, che
pure erano ben organizzate, molto interessanti e con ottimi
prodotti, hanno avuto poca affluenza. E anche la proposta
dei punti vino di Trimani, notevole, non aveva la visibilità
e non ha attirato l’interesse che avrebbe dovuto. Farei un
cenno a Mauro Secondi, due chiacchiere con lui e qualche
assaggio dei suoi ravioli, e capisci cosa è la pasta ripiena
artigianale fatta da un professionista. L’unico limite? È troppo
buona e potrebbe mettere in difficoltà la creatività del cuoco
che la deve usare.
In un panino... (il pranzo nei campi) di Danilo Ciavattini
(Enoteca la Torre a Villa Laetitia) - ph Andrea Di Lorenzo
Margherita Gentile
Menu preferito
Quello di Roy Caceres di Metamorfosi:
◆◆ Risotto in “pacchetto”, zafferano, caprino e chinotto (piatto
vegetariano)
◆◆ Foglia di grano, tonno rosso e misticanza di erbe
◆◆ Fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso
I piatti preferiti
◆◆ In un panino... (il pranzo nei campi) di Danilo Ciavattini
(Enoteca la Torre a Villa Laetitia)
◆◆ Ricordo di uovo allo zabaione, granita di orzata e crumble
al caffè (piatto per celiaci) di Francesco Apreda e Dario
Nuti (Imàgo all’Hassler)
◆◆ Fico di foie gras, mosto cotto e brioche al grano arso di Roy
Caceres (Metamorfosi)
Una bella novità
◆◆ La presenza dei cuochi della JRE
◆◆ La scelta di introdurre piatti per vegetariani e celiaci.
Bella scoperta
Ristorante Il Tino - Daniele Usai - JRE
Note positive e note negative?
Mi è piaciuta molto la location. Si potrebbe migliorare la
tipologia di biglietto: l’ingresso standard, 16 euro (non poco!)
potrebbe comprendere, oltre il bicchiere vuoto, anche un
calice di vino offerto o un dolcetto per chi è astemio ma
goloso. Manca una libreria di settore e occorrerebbero più
tavolini di appoggio e più attenzione alle barriere per disabili
Mancano piatti kosher, il Taste of Roma potrebbe includere
tradizioni ebraico-romanesche... è un suggerimento per il
prossimo anno! ◆
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Roma città del gusto?
di Antonella De Santis
Il Secchio e L’Olivaro
È
Massimo Riccioli
un panorama in fermento quello capitolino,
che negli ultimi anni ha fatto registrare una
sequenza di nuove aperture da vera metropoli.
Locali che aprono e nuovi format che nascono, a comporre
una scena golosa che non è fatta solo di grandi ristoranti,
ma si articola in tante proposte diverse che tratteggiano un
quadro vivace e in continuo movimento.
Partiamo da un cambio di guardia nelle cucine di uno dei
grandi alberghi della strada della Dolce Vita: al Majestic
Massimo Riccioli ha dato il cambio a Filippo La Mantia
nel ristorante che ora porta il suo nome. Riccioli, già alla
guida de La Rosetta di Roma, è sinonimo di grande pesce.
La Rosetta ha praticamente portato la cucina di mare
a Roma, quasi 50 anni fa. Oggi Massimo, grande verve,
intuito e professionalità, approda negli eleganti spazi del
Majestic per portare la sua cucina. E non solo. Tanto pesce,
come ci ha abituato negli anni, ma anche una proposta
più ampia adatta a un pubblico internazionale con richiami
alle tradizioni romane e, più in generale, italiane. Menu
differenziati con proposte anche per il brunch della
domenica, in un’ambiente di grande fascino, con la bella
terrazza a fare da complemento a una location davvero
suggestiva.
Stazione di Posta
Hostaria Luce
Passiamo a un’altra new entry in cucina. Il locale non è una
vera novità, perché sta per compiere il suo primo anno di
vita, ma Stazione di Posta, alla città dell’Alta Economia, solo
da maggio ha trovato il suo assetto attuale, e ci ha pensato
lo chef Marco Martini. Fresco di premiazione come Miglior
Emergente d’Italia del 2013, Martini - classe 1985 e tante
esperienza importanti alle spalle - conduce con mano certa
questo spazio nel cuore del quartiere Testaccio: area all’aperto,
cocktail bar di livello che permette anche di accompagnare
l’intero pasto con miscelati in abbinamento. Stazione di Posta
è un luogo che cambia volto e menu, secondo i momenti: la
domenica a pranzo la proposta è per le famiglie, complice un
cortile a misura di bambino e un’atmosfera particolarmente
rilassata, il lunch durante la settimana è pensato per la pausa
dal lavoro, snello e veloce, mentre la sera la proposta si
veste e diventa gourmet. Creatività e intuizioni in bilico tra
ieri e oggi, tra tradizioni nostrane e internazionali, come nei
ravioli al vapore con pollo e brodo di patate arrosto o nelle
capesante all’arrabbiata. Un locale luminoso, accogliente,
moderno, molto intelligente dentro e fuori la cucina.
Spostandosi di poco, verso il Circo Massimo, si incontra un
piccolo chiosco che ricorda nei colori i vecchi tram: il Tram
Depot è il classico baretto immerso nel verde, ma in versione
2013, nato dal team del Lanificio Cucina di Pietralata:
proposte facili ma ottime, lieviti “seri” e panini gourmet
firmati dal laboratorio Lac di Stefano Preli.
Ci spostiamo verso via del Porto Fluviale, nuovo epicento del
food & drink capitolino: di fronte al Porto Fluviale ha aperto
la pizzeria Il Secchio e L’Olivaro, vecchia conoscenza di chi
gravita in via Portuense, mentre negli spazi ex industriali che
erano dei Mulini Biondi ha appena aperto Bibere Bistrot,
una birreria che promette di diventare uno dei luoghi culto
del panorama brassicolo romano.
Tornando verso il Circo Massimo, nei locali che erano di
un concessionario di moto da questa estate ha inaugurato
Rosso, un locale big size (circa 400 mq) multifunzionale
aperto dalle 7 di mattina all’una di notte. Dalle grandi vetrate
che si affacciano su viale Aventino di scopre un ambiente
punteggiato di rosso, dove si inseguono la pietra e il ferro,
il legno del parquet, le stoffe delle poltroncine, rinfrescato
da un piccolo orto verticale. Il bel bancone è destinato alla
gastronomia: toast, panini, salumi in fila pronti per placare la
fame a ogni orario, corollario di una cucina che alterna griglia
e fornelli, con hambuger, insalate e fritti, primi piatti romani
e secondi golosi, proposte dal forno e dal wok a opera di
Matteo Chiappini.
Bibere Bistrot
gourmet
Tram Depot
Rosso
Attraversiamo il Tevere e arriviamo a via della Luce, per
segnalare un trattoria che ha da poco cambiato gestione.
L’Hostaria Luce rientra a pieno titolo nel novero delle
neotrattorie: fresca, piacevole, arredata con gusto lieve, con
una cucina di stampo mediterraneo ravvivata da tocchi,
ingredienti e tecniche contemporanee, una proposta che si
muove con disinvoltura tra carne e pesce, fresca e ricca di
profumi, firmata dalla chef Ines Bertini.
Seguendo il corso del fiume in direzione Prati, un cancello
introduce a Villa Laetitia, boutique hotel di proprietà di
Anna Venturini Fendi che ha letteralmente trascinato a Roma
l’intero staff dell’Enoteca La Torre di Viterbo, Luigi Picca
in sala, Danilo Ciavattini in cucina, recentemente affiancati
dal sommelier Rudy Travagli. Un indirizzo di grande fascino
all’interno di una residenza storica, con una cucina che non
fa rimpiangere la vecchia sede, tutta tecnica, materia prima
creatività e radici territoriali. Ancora a Prati, di nuovo birra
nella costola street food di quel centro multifunzione che è
Settembrini: Birra e Porchetta ha una proposta semplificata
all’osso, ben raccontata dal nome.
Puntiamo verso il quartiere Flaminio, passando per Ponte
Milvio, dove Stefano Callegari (Sforno, Tonda e 00100) sta
portando i suoi trapizzini in un locale tutto dedicato alle
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Enoteca La Torre
Il Sorpasso
Bibere Bistrot
Via Antonio Pacinotti, 83 - tel. 065562738
www.biberebistrot.it
Birra e Porchetta
Via Ciro Menotti, 32 - tel. 06 236160
www.viasettembrini.it
BistroT 64
Via Guglielmo Calderini, 64 - tel. 063235531
www.bistrot64.it
Enoteca La Torre a Villa Laetitia
Lungotevere delle Armi, 22 - tel. 0645668304
www.enotecalatorreroma.com
Hostaria Luce
Via della Luce, 44 - tel. 065814839
www.hostarialuce.it
Bistrot 64
sue creazioni più fortunate, quei triangoli di pizza farciti al
momento con classici piatti romani: Trapizzino è il nome
di questa golosità e quello del mini-locale che potrebbe
essere il primo di una mini catena golosa tutta trapizzini,
fritti, champagne e birre alla spina. Insieme a lui, in questo
progetto, anche Paul Pansera, ristoratore di Baltimora,
patron del noto locale Il Sorpasso in Prati, altra novità del
panorama capitolino, da un po’ punto di riferimento anche
per il bere miscelato. Ultima tappa di questo tour cittadino,
un indirizzo alle spalle del MAXXI, Bistrot 64. Elegante senza
essere pretenzioso, ha una cucina moderna, tutta equilibri
e materie prime, una ricerca - quella del giovane Emanuele
Cozzo - che ci auguriamo continui nel tempo senza perdere
la strada della leggerezza e della tecnica, del sapore e dei
contrappunti. Un bistrot, recita il nome, e forse lo è per i
costi decisamente contenuti per una carta di questo livello,
non certo per la proposta che mira molto in alto senza mai
perdere di vista una piena godibilità ◆
Il Secchio e l’Olivaro
Via del Porto Fluviale, 3 - tel. 065745897
www.ilsecchioelolivaro.it
Il Sorpasso
Via Properzio, 31-33 - tel. 068902455
www.sorpasso.info
Massimo Riccioli Ristorante Bistrot
Via Vittorio Veneto, 50 - tel. 0642144715
www.hotelmajestic.com
ROSSO
Viale Aventino, 32 - tel. 0664420656
www.rossoristora.it
Stazione di Posta
Largo Dino Frisullo (Testaccio) - tel. 065743548
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Tram Depot
Via Marmorata snc - tel. 0641780081
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L’attore Gianmarco Tognazzi e lo chef Fabio Campoli:
un’amicizia importante, le annotazioni di un indimenticabile gourmet
ed un progetto gastronomico di eccellenza
E ADESSO, PREPARIAMO IL S’UGO
di Carlotta Miceli Picardi
L
a ricerca, in un’epoca diversa, del gusto
antico delle cose buone. Quella memoria
degli odori e dei sapori che costituiscono
l’inestimabile patrimonio della nostra arte culinaria: è
l’obiettivo comune che ha reso subito entusiasmante
la collaborazione tra ‘Il Circolo dei Buongustai’ e
‘La Tognazza Selezioni’. Il pretesto che ha riunito
intorno ad un tavolo da pranzo e di piacevoli trattative
Fabio Campoli, presidente dell’associazione e Gianmarco
Tognazzi, figlio del grande Ugo, straordinario protagonista
del cinema e della cucina italiana, per tracciare la mappa
di un percorso. Un viaggio organizzato, ma non senza
sorprese, dall’orto alla cantina, passando per frantoi
e caseifici, che diventi documentario e certificazione
della correttezza dei produttori e della genuinità dei
prodotti scelti. E infine, il racconto di accostamenti nuovi
e singolari tra vino e cibo. Interessante e gradevole il
In quale occasione vi siete conosciuti?
Cosa rappresenta per te ‘La Tognazza’, Gianmarco?
Terra, famiglia, la nostra storia. La parte significativa di una
biografia che dieci anni fa ho deciso di riprendere in mano e di
rileggere con la testa e con il cuore, insieme a mia moglie Valeria.
Riappropriandomi anche dei ricordi di un’infanzia vissuta più
tra le vendemmie e i tini che sui set. Il profumo del mosto, del
dragoncello, dell’erba cipollina... Il rito dell’assaggio, con papà
che mi porgeva il cucchiaio di legno pieno della zuppa o della
pietanza fumante da sperimentare e commentare... Sperava che
un giorno io diventassi un agronomo, pensa!
Fabio: Ci hanno presentati nel corso di una serata informale.
E si è stabilita un’intesa immediata, una forte empatia. Gli ho
confessato di essermi ispirato spesso alle ricette di suo padre,
un vero studioso, pieno di fantasia e di incredibili intuizioni,
che mezzo secolo fa già discuteva di biologico. Lui mi ha
parlato con soddisfazione dell’azienda agricola di Velletri,
nata negli anni ’60, divenuta ormai attività primaria.
Fabio: Il palato di Gianmarco è geneticamente istruito
ed esercitato a riconoscere la qualità di ciò che mangia e
che beve. E sono sicuro che, in fondo a qualche cassetto,
possa nascondersi ancora un elemento, un valore inespresso
delle elaborazioni di Ugo, mai casuali. Frutto, anzi, di
continui approfondimenti. Riusciva ad essere conservatore e
rivoluzionario insieme.
contrasto tra le due ‘voci narranti’: profonda, educata al
rigore della dizione e dei tempi recitativi l’una; incisiva,
allenata alla spiegazione rapida delle modalità e dei tempi
di cottura, l’altra. Un attore, uno chef: professioni che
sembrano così distanti ed hanno, invece, molti punti di
contatto: istrionismo, attenzione maniacale al dettaglio,
estro e ansia, nell’attesa febbrile della messa in scena.
Inevitabili, quindi, le affinità elettive...
Gianmarco: Mio padre era curioso e inarrestabile nella
sua passione. Capace persino di tornare con un trancio
di balena dalla Norvegia o con un filetto di ippopotamo
dall’Africa e di prepararli in maniera egregia per i suoi
ospiti più assidui: Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Pupi
Avati, Paolo Villaggio... Aveva il culto dell’accoglienza.
Ritagliava e disegnava le etichette per i vini che produceva
sui fogli dei miei quaderni di matematica. Poi, scriveva
col pennarello, in bella calligrafia, menù ed elenco degli
ingredienti: erano dei quadri! A breve riediteremo il suo
libro ‘La mia cucina’ proponendo, a fianco ad ogni ricetta
originale, una rivisitazione di Fabio.
gourmet
Attualmente a cosa state lavorando?
Fabio: Al perfezionamento di almeno quattro salse deliziose
e saporite, il cui nome sarà ‘S’UGO’.
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Foto di M. Battistelli di prankster.biz - Art: Angelo De Mattia
M AGA ZINE
Carino! Stavolta, Gianmarco, ti è stato assegnato un
ruolo… tra i fornelli.
Sì, sono l’assistente! Prima mi limitavo a dare un parere. Oggi
partecipo attivamente alla costruzione del piatto, seguendo
le direttive dell’esigentissimo regista Campoli. Figurati che ho
accantonato film e spettacoli per gettarmi in full-immersion
nell’impresa, dall’inverno scorso! Mi rendo utile e olio e vino
li porto da casa! Extra vergine Prematurato per condire e, nel
bicchiere, un Tapioco bianco, un rosso Antani o, ancora, un
pregiato ‘Riserva del conte Mascetti’.
La Supercazzola! Sul serio?!
Gianmarco: Sul serio! Impossibile non ricordare, vedi?! È
un’idea vincente! -rideLa filosofia del Circolo dei Buongustai, Fabio?
Si può riassumere nell’intento di mettere sul mercato il
meglio dell’enogastronomia, attraverso un marchio collettivo
di cultura, formazione e promozione, organizzando eventi,
show cooking, appuntamenti a tema.
Mentre ‘La Tognazza Selezioni’ come si propone?
Gianmarco: Ti faccio un esempio semplicissimo: tu hai una
marmellata, io il brand. Se la trovo squisita, ti concedo di
adoperarlo.
Due personalità, due mestieri, uno stesso itinerario:
impressioni, strada facendo?
Gianmarco: Fabio è voglia di apprendere e capacità di
insegnare. Rappresenta il compagno di avventura ideale e
coinvolgente per onestà intellettuale, sensibilità, disponibilità
al rapporto emotivo.
Fabio: Gianmarco mi ha dato modo di respirare quello che
chiamo ‘il clima Tognazzi’: un’atmosfera davvero particolare,
che ti lascia la sensazione di aggirarti per stanze spaziose e
vissute, nelle quali puoi sempre trovare uno scrigno da aprire.
Un bilancio positivo anche sul piano umano oltre che
imprenditoriale, dunque...
Gianmarco: Spesso definisco Fabio il mio ‘alter Ugo’ ◆
pasta ALL’INFURIATA
Sono una specie di variante della “pasta all’arrabbiata”
Ingredienti:
½ kg di pasta
½ kg di pomodori freschi pelati
un bicchiere di vodka. Se poi trovate un certo tipo
di Vodka che è in commercio, una Vodka polacca
al peperoncino (formidabile, tremenda, fortissima,
piccantissima, micidiale) potete eliminare il peperoncino
naturale.
Mettete a cuocere la pasta. Contemporaneamente
versate l’olio in una padella con due spicchi d’aglio
che toglierete quando saranno color marrone. Dopo
aver tolto l’aglio, togliete anche la padella dal fuoco e
buttate giù i pomodori freschi pelati insieme a due foglie
d’alloro.
Subito dopo versate anche il bicchiere di vodka. Questo,
in caso di vodka al peperoncino.
Se invece la usate nature, dovete metterlo giù prima.
Quindi, ripetiamo velocemente: olio e aglio nella
padella, ritirate l’aglio, mettete il peperoncino; tirate via
il peperoncino; tirate via la padella; buttate i pomodori e
l’alloro; buttate la Vodka, rimettere al fuoco. Fate cuocere
ancora un po’, scolate la pasta, conditela, mangiatela.
Questo piatto è sconsigliato agli ulcero-colitici. Per loro,
versione in bianco “pasta della tranquillità”. Al burro.
Dal libro “L’abbuffone”
Millefoglie di Daniele Tamburini da gustare in sala o in terrazza
Via dell’Ente, 27 • 00060 Formello (Roma)
Tel. 06.9089420 • www.linvito.it • [email protected]
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Kotaro Noda
Il ponte per l’Oriente
La cucina dello chef, da 15 anni in Italia,
cerca costantemente il punto di contatto
fra oriente e occidente per materie prime,
gusti e tecniche di cottura
di Antonella De Santis
C
i sono cucine che a volte paiono a distanze
siderali, ma a ben guardare hanno più punti
di contatto di quanto ci si potrebbe aspettare.
Parola di Kotaro Noda, chef nipponico da 15 anni in Italia,
un carnet di grande prestigio e una bella esperienza che
muove dalla sua cucina d’origine per approdare a quella
italiana, due realtà che, a sentir lui, nascondono molte
possibilità di intreccio. In effetti quella nipponica è, tra le
cucine orientali, quella più vicina a noi. Una differenza, però,
nasce dalle nostre storie: ‘in Italia la cucina è soprattutto una
questione domestica, in Giappone, invece, si è sviluppata
una gastronomia legata alla corte, una cucina nobile, quella
imperiale, come in Francia c’era quella del re’. Che significa,
per noi, una tradizione familiare, quella delle mamme e degli
affetti. Più semplice, più intima. Ma anche ricchissima, fatta
di infinite sfumature, di varianti regionali quando non locali,
di tanti prodotti diversi. Una cucina che il più delle volte
ha una matrice povera, popolare, basata su un’intelligenza
profonda, sul consumo consapevole che permette di sfruttare
al massimo ogni ingrediente.
Proprio gli ingredienti sono uno dei punti di contatto, dice
Noda ‘la materia prima non è poi così diversa, in Giappone
si lavora soprattutto il pesce, naturalmente, visto che è un
arcipelago’. Ma anche qui in molte zone esiste una forte
cultura della cucina di mare. ‘Le differenze sono soprattutto
nei condimenti e nelle tecniche’ continua. Per esempio il
taglio. In Giappone il taglio è un’arte, per imparare quello
del pesce la scuola dura circa 5 anni. La tradizione orientale
delle lame e dei coltelli ne è un segnale evidente. Senza
dimenticare che i coltelli in Oriente si usano in cucina ma
non in tavola. I piatti, preparati in piccoli bocconi, non
possono essere ridotti in pezzetti con le posate, ma devono
arrivare già pronti per essere portati alla bocca.
Il taglio incide in maniera determinante sul risultato
finale: ‘tagliare una carne o un pesce senza tener conto
dell’orientamento delle fibre significa preparare un piatto
praticamente immangiabile’. E se un filetto ha una carne
tenera, comunque sia tagliata, uno scamone, per esempio, se
lavorato male diventa un piatto difficile da mandare giù. Poi
naturalmente dipende dalla preparazione: c’è una differenza
profonda tra una tartare e un carpaccio. Così il sashimi,
che a un occhio distratto sembrerebbe una preparazione
elementare, si basa su una grandissima conoscenza della
materia prima e del modo di trattarla.
Il taglio è quindi alla base di una buona riuscita di un piatto.
Ma non solo. Fondamentale in cucina è anche la cottura.
Nella tradizione nipponica le cotture sono rapide, così
da mantenere integro il valore nutrizionale del prodotto.
Pensiamo alle verdure: una cottura millimetrica le fa rimanere
croccanti e con un bel colore vivo, ricche e attraenti per gli
occhi e per il palato. Un uso che solo negli ultimi anni è
entrato nei ristoranti e ancor più nelle case italiane dove per
molto tempo le verdure sono state maltrattate da cotture
prolungate, un’attenzione che va di pari passo con il rispetto
profondo per la materia prima.
Non pensiate che la cucina giapponese sia solo pesce crudo. Il
sushi, che rappresenta una parte, neanche la più importante,
della cucina giapponese, non è solo realizzato con il pesce
crudo, ma viene preparato anche con uova, verdure, funghi.
E poi le alghe, ingredienti fondamentali. Nori, kombu,
wakame, hijiki sono preziosissime per il loro contenuto di
vitamine, iodio, fibre e antiossidanti e finalmente stanno
prendendo piede anche in Italia, soprattutto nell’alta cucina.
In Giappone sono indispensabili nell’alimentazione anche
perché l’alto contenuto di proteine ne fa un buon sostituto
del latte che in Giappone è quasi del tutto assente, anche
nei suoi derivati. Se non avete mai assaggiato un formaggio
made in Japan non è un caso, semplicemente nel Sol Levante
non esiste alcuna tradizione in merito.
Proprio Noda invece usa, e con ottimi risultati, uno dei
nostri migliori prodotti caseari, il parmigiano, per realizzare
un brodo umami. L’umami è il quinto dei sapori percepiti
dalla nostra lingua - insieme a dolce, acido, amaro e salato
- non molto conosciuto in Italia è però utilizzato da decenni
nell’industria alimentare, per esempio per i dadi da brodo.
Sono sapori umami i funghi, il prosciutto stagionato, i semi
di pomodoro, la colatura di alici, ma anche la salsa di soia
e il parmigiano. Il brodo umami di Kotaro Noda è composto
di porri, pomodoro, buccia di parmigiano, messi sottovuoto
con acqua e sale e cotti a 70°. Il pubblico italiano riconosce
il sapore del parmigiano, ma il gusto base è l’umami.
Per Noda è un modo di unire tradizione italiana e
conoscenza nipponica. In fondo, dice, si tratta di trovare
un punto di contatto tra oriente e occidente: ‘si guarda da
due posizioni diverse, ma si guarda la stessa cosa’. I risultati
spesso non divergono molto ‘quando penso a un piatto
italiano’ - continua - ‘lo faccio partendo dalla mia cultura
gastronomica, che di base è giapponese, pur essendosi
sviluppata in ristoranti italiani. Quindi il mio percorso si nutre
di diverse suggestioni, si potrebbe definire una cucina italiana
con un’interpretazione giapponese. Un piatto giapponese
con ingredienti italiani? Non ha senso’.
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Ma non di solo crudo si vive in Giappone. Al contrario, dice
Noda: nell’immaginario collettivo la cucina nipponica è
identificata con sushi e sashimi, ma il consumo di crudo non
è quotidiano, anche se il gusto contemporaneo ha esteso il
consumo di cibi crudi anche ad alimenti che tradizionalmente
si mangiano cotti, per esempio pollo, manzo, fegatini.
A legare ulteriormente le due cucine c’è un filo rosso, quello
della pasta, per la precisione gli spaghetti. Piatto iconico per
eccellenza del Bel Paese, in oriente ha una grande diffusione. I
più comuni sono ramen e udon, entrambi di farina di frumento,
e soba, di grano saraceno. Si servono asciutti o in brodo,
conditi in vario modo, con verdure, tofu, gamberi o alghe.
Negli ultimi anni ha goduto di un’enorme popolarità in
occidente il manzo di Kobe di razza Kuroge Wagyu,
proveniente dalla zona di Hyogo. Particolarmente prelibato
per la sua carne, saporita e molto tenera a causa delle
infiltrazioni di grasso: una marezzatura che dipende
dall’allevamento che leggenda vuole sia portato avanti con
cura, integrando l’alimentazione con birra (per stimolare
l’appetito ed evitare la diminuzione di peso nei periodi estivi)
e massaggiando i capi per favorire la marmorizzazione delle
carni. Un altro racconto vuole che nelle stalle sia diffusa
musica classica per il benessere degli animali. Era, si dice,
la carne destinata alla tavola dell’imperatore. Una carne
straordinaria per sapore e consistenza.
La differenza si gioca principalmente sui condimenti. In
Giappone tradizionalmente gli equilibri dei piatti si basano
sul bilanciamento del dolce e del salato: salsa di soia e
zucchero sono i due ingredienti base che accompagnano lo
sviluppo del piatto, ma le contaminazioni hanno introdotto
anche altri sapori. Gli ingredienti base per la preparazione
dei piatti sono il katsuobushi (fiocchi filetti di tonno essiccato,
fermentato e affumicato alla base del dashi, della zuppa di
miso, della soba), wasabi, il sesamo, il miso (derivante dalla
fermentazione dei semi della soia gialli), ma anche il sake,
bevanda, sì, ma utilizzata in cucina sia come disinfettante
che durante le cotture. L’Italia vira su una gamma di sapori
più ampia: acido - il limone, l’aceto - salato, dolce, cui si
aggiunge il piccante. ‘Il sale’ - dice Noda - ‘è l’esaltatore
di sapore che preferisco: la salsa di soia è più invadente, e
anche l’olio (che pure ha eletto come ingrediente feticcio)
ha una personalità da protagonista’. Il sale è quindi un bene
tutto occidentale, che in Giappone è praticamente assente.
Testimonianza ne sia l’uso della fermentazione come tecnica
di conservazione. In quasi tutti i paesi del bacino del
Mediterraneo si procede per salatura, mentre in Giappone
si usa far fermentare gli alimenti. Cosa che accade anche in
Europa dell’est e in Germania che non hanno sbocchi sul
mare, un fattore che nei secoli scorsi rendeva difficile e molto
costoso l’approvvigionamento del sale.
Facciamo il punto con il nostro ‘ponte per l’Oriente’ e
chiediamo a Kotaro Noda come vede la cucina italiana
contemporanea e come evolve la sua, di cucina. ‘Negli
ultimi anni, come detto in precedenza, in Italia si sono
assorbite alcune istanze che in oriente sono tradizionali: le
cotture veloci, o comunque tese a preservare l’integrità del
gourmet
prodotto, che sta tornando protagonista in cucina rispetto a
qualche anno fa. In Italia la ricchezza della materia prima
a disposizione è enorme, tornare a metterla al centro delle
preparazioni può essere visto come un tornare indietro, ma
con la consapevolezza acquisita oggi. Per quanto riguarda
me, sette anni fa, dopo diverse esperienze, sono arrivato a
Viterbo. Una realtà diversa da quella delle grandi metropoli,
in cui poteva esserci diffidenza verso un cuoco giapponese.
Mi sono un po’ nascosto mandando avanti la cucina. I piatti
che preparavo erano territoriali, in un territorio ricco di
sapori e di tradizioni. Bisognava rispettare le tradizioni e far
capire che quello che proponevo. Un piatto che per esempio
univa la mia cultura a quella locale è stato il mont blanc
di ceci. In Oriente la pasticceria usa spesso i
legumi soprattutto i fagioli rossi, gli azuki,
e in provincia di Viterbo c’è un dolce
tradizionale realizzato proprio
con i ceci. Ho unito queste
due cose e proposto un dolce
moderno che non spaventava
le
persone
perché
le
riavvicinava alla loro cultura,
mettendo un po’ anche della
mia. Ora sono in un’altra fase,
mi capita di pensare o provare
un piatto italiano, e ritrovare in
me un’eco di un’altra tradizione.
Un esempio? Gli spaghetti burro
e alici, che preparo con colatura di alici katsuobushi e
alghe. Un piatto povero ma anche molto ricco, in cui vedo
un legame con la mia storia e i miei ricordi gastronomici,
in cui armonizzo tutti i sensi, aggiungendo croccantezza
e aromi, per comporre un piatto che parli di me, del mio
cammino. Forse è arrivato il momento in cui non sento più
l’esigenza di nascondermi’.
A proposito di dolci vale la pena segnalare come sia difficile
creare un dessert senza usare latte né derivati. Tra i dolci più
diffusi in Occidente della tradizione nipponica ci sono gelati,
gelatine e altre preparazioni che hanno come base gli azuki o
il tè verde, ma ci piace ricordare i mochi, una sorta di grandi
gnocchi preparati con farina di riso glutinosa, purea di azuki
o salsa al tè verde.
Non possiamo chiudere questo racconto
senza fare un accenno all’importanza
dell’aspetto estetico dei piatti che
nell’uso giapponese vengono
portati a tavola tutti insieme,
sulle bellissime ceramiche
orientali, creando un colpo
d’occhio che gioca sulle
forme, i colori, l’armonia che
prima che dal palato deve
essere recepita dall’occhio.
Nei piatti si deve ricreare
l’armonia del mondo, il
movimento della natura ◆
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Salmone
il re dell’oceano
Crudo, cotto o affumicato, viene celebrato nelle tavole
di tutto il mondo e in ogni preparazione riesce sempre
ad aggiungere quel gusto in più
di Violante Di Palma
S
i fa presto a dire salmone, ma molto meno a
sceglierlo… o almeno si dovrebbe!
Sotto il termine salmone si raggruppa
un’infinità di pesci e in realtà molti di questi, oltre ad alcune
caratteristiche generali che riguardano principalmente la
forma, hanno poco in comune per ciò che concerne la qualità
e la consistenza della carne. Dunque, è bene fare un po’ di
chiarezza partendo proprio dall’ambiente in cui i salmoni
nascono e crescono, parliamo delle acque dell’Oceano
Atlantico e dell’Oceano Pacifico.
Nell’Oceano Atlantico si trovano unicamente i salmoni
appartenenti alla specie Salmo Salar, che però una volta
lavorati e affumicati presenteranno delle caratteristiche
organolettiche che li renderanno differenti gli uni dagli altri.
Ciò accade perché diversi sono i paesi bagnati dalle acque
dell’Atlantico in cui avverrà poi il processo di lavorazione
e affumicatura. Parliamo della Scozia, dell’Irlanda, della
Norvegia e della Scandinavia, paesi in cui evidentemente
sono diverse le correnti atlantiche, le stesse che costringono i
salmoni a risalire le acque con particolare vigore sviluppando
disposizione, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Soprattutto
quando si parla di utilizzo in cucina, visto che è uno dei
pesci più usati dagli chef di tutto il mondo ed è veramente
difficile non trovarlo nei menù dei ristoranti di ogni genere.
Il consumo del salmone (fatta eccezione per i paesi nordici,
in cui rimane da sempre uno dei alimenti più consumati per
evidenti ragioni di reperibilità) sulle nostre tavole ha visto un
picco di presenza negli ultimi trent’anni almeno.
Chi di voi non ricorda le celeberrime pennette al salmone,
meglio ancora se “impreziosite” con un goccio di panna?
E gli antipasti in puro stile anni ’90, dove su un piatto da
portata facevano bella mostra delle fette di salmone
affumicato adagiate su un immancabile letto di rucola? Per
fortuna l’uso del salmone in cucina è stato protagonista di
diverse e più interessanti preparazioni e non solo nella sua
versione affumicata! È sufficiente volgere lo sguardo verso
quindi una muscolatura e robustezza che conferiranno poi
alle carni una consistenza estremamente compatta e soda.
Per ciò che invece concerne la lavorazione, Scozia e Irlanda
seguono scrupolosamente la tecnica manuale sia nella
salatura che nell’affumicatura stressando al minimo le carni
e ottenendo quindi un prodotto di altissima qualità. Viene
utilizzato solo il filetto, che si presenta di colore rosa con
le tipiche striature bianche, assolutamente ideale per ogni
realizzazione sia essa cruda, come nel caso del sushi o del
sashimi, ma anche cotta.
Tutt’altro discorso invece per i salmoni nati e pescati
nelle acque dell’Oceano Pacifico, qui infatti se ne trovano
ben cinque categorie: Red King, Coho, Sockeye, Pink e
Chum. Cinque varietà tutte diverse tra loro per sapore,
colore e consistenza. Abbiamo dunque la morbidezza del
King, la dolcezza del Coho, il rosso intenso delle carni
del Sockeye e la poca compattezza del Chum, che risulta
essere il meno pregiato ma anche il più consumato perché
è presente sul mercato ad un prezzo inferiore rispetto agli
altri. Evidentemente, quanto a tipologie di salmone a nostra
il Sol Levante, in Giappone, dove nella girandola colorata
delle diverse proposte di sushi e sashimi non manca mai
quello a base di salmone, nel primo caso, semplicemente
accompagnato con del riso bianco o addirittura in purezza se
si parla di sashimi. Del resto come spesso accade in cucina,
quando il protagonista del piatto è il pesce, quello fresco e
quello buono per davvero, ogni ulteriore ingrediente è un
inutile orpello che nulla aggiunge alla eccelsa qualità della
materia prima.
Inoltre il salmone è alimento ideale da introdurre in un regime
dietetico corretto e controllato, per almeno due ottime ragioni:
ha infatti un alto contenuto di proteine che lo rende un ottimo
sostituto della carne rossa e poi contiene i famigerati Omega
3, grazie ai quali contribuisce ad aumentare il colesterolo
buono e a ridurre invece quello cattivo, esercitando un’azione
protettiva sul sistema cardiovascolare ◆
gourmet
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M AGA ZINE
E CHE NON SI DICA PIU’
“IL SOLITO SANGIOVESE”
I Vini Marta ValpIani ci hanno incuriosito al Vinitaly
e siamo andate a trovarle: Marta ed Elisa, due donne straordinarie
che hanno fatto dell’enocoltura una nuova ragione di vita
di Monia Innocenti - ph Marta Valpiani
L’
avventura di Marta e della figlia
Elisa è cominciata per caso: nel
1999 Marta e il marito Delio
acquistano due ettari nelle colline di Castrocaro Terme
per avere un ’piccolo paradiso
a portata di mano e staccare
dalla città’. Delio purtroppo le
lascerà improvvisamente dopo
due anni a causa di una malattia
e Marta, da sola con il fratellino
di Elisa, decide di trasferirsi
definitivamente
in
questo
luogo tanto amato dal marito.
Comincia a frequentare dei corsi
ed impara tutto il faticoso lavoro
della vigna. Nel 2009 Elisa, astemia, decide di aiutarla
vista la burocrazia sempre più pressante e complessa.
All’inizio si occupa di contabilità ma poi anche lei si lascia
trascinare da questa terra e dalla magia dell’uva: comincia
a ’pastrocchiare’ con il vino e
vedere la materia che cambia
davanti ai suoi occhi è come
una folgorazione. Dopo un
solo anno Elisa non solo non
è più astemia, ma gestisce
da sola la cantina mentre la
mamma continua il suo lavoro
in vigna. È precisa e meticolosa
Elisa e questo si riflette al 100%
nei vini Marta Valpiani.
Nel 2006 cominciano le prime prove di vinificazione
fino ad arrivare all’attuale produzione. Per Elisa ’è come
avere dei bambini. Non ho un vino preferito. Magari in un
momento preferisco il Delyus, bianco, minerale e sapido
grazie alla particolarità di questo territorio e dedicato a mio
padre Delio, oppure il Sangiovese cru Castrum Castrocari:
le uve vengono macerate a basse temperature per alcuni
giorni e a seguire c’è una lunga e lenta macerazione
delle bucce a temperatura controllata. Al gusto è molto
avvolgente ma rotondo, ottimo con la carne e i formaggi’.
In questa azienda abbiamo constatato una grande attenzione
al territorio e ai trattamenti in vigna che sono ridotti al
minimo. Credono fermamente che la materia prima debba
essere eccellente e che il suolo non possa essere impoverito
(è costituito prevalentemente da argilla e in minima parte
da limo e sabbia): ’l’humus significa vitalità’ ci confida Elisa.
Lavorano completamente in purezza ed ogni appezzamento
è vinificato separatamente. Attualmente gli ettari totali quasi
6 e nella produzione si sono aggiunti l’olio e la grappa
barricata, realizzata esternamente, con le vinacce della
vendemmia tardiva del passito.
Elisa è anche la realizzatrice delle suggestive fotografie che
potrete trovare su www.vinimartavalpiani.it e nella pagina
Facebook. È possibile visitare l’azienda ed assaggiare non solo
i vini ma anche le ottime merende romagnole che prepara
personalmente Marta. Noi ve lo consigliamo al tramonto ◆
wine
Per informazioni 0543.769598
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ICE-Q
ristorazione ad alta quota
A dicembre si inaugura in Tirolo il ristorante gourmand
più alto d’Italia: design, cucina d’autore e cantina a oltre 3.000 metri
di Donatella Codonesu
S
i chiama ICE-Q e porta la filosofia del
food&wine più esclusivo direttamente sulle
piste da sci di Gaislachkogl, a oltre 3.000
metri di altitudine (3.048, per la precisione). L’avvenieristico
progetto realizzato a Sölden, in Tirolo, è notevole per
l’architettura all’avanguardia oltre che per la proposta enogastronomica. Sei mesi di lavori, iniziati a giugno scorso, e il
ristorante più alto d’Italia sta per aprire i battenti (a dicembre),
presentando una cucina alpina di alto livello e una cantina
unica nel suo genere. Un fabbricato di 4 piani, che oltre al
ristorante e alla cantina ospita una Top-Lounge dotata di
apparecchiature multimediali per presentazioni, meeting e
altri eventi esclusivi. Dalla terrazza dell’ultimo piano, dove
si gode di una vista mozzafiato sulle montagne circostanti,
si raggiunge la cima del Gaislachkogl attraverso un ponte
sospeso. Tutto l’edificio è accessibile anche per passeggini e
diversamente abili. A realizzare questa incredibile opera, così
come la cabinovia (da cui si accede direttamente al rifugio),
lo studio tirolese Obermoser. Un lavoro di progettazione che
ha richiesto attenzione particolare, a partire dalla scelta dei
materiali: facciate in vetro e acciaio ispirate ai Séracs (blocchi
di ghiaccio), per permettere una vista a 360° e ridurre
l’impatto visivo. ‘Per gli interni si sono invece usati materiali
della tradizione locale - spiegano gli architetti dello studio come la pietra estratta dal vicino ghiacciaio per i pavimenti,
il legno massiccio della regione coniugato secondo uno
stile alpine chic, tessuti in loden e lana proveniente dagli
allevamenti di zona’.
Tra le molte difficoltà incontrate nella progettazione ad
alta quota il ghiaccio perenne, l’incognita del tempo,
l’accesso, la logistica e naturalmente il poco tempo a
disposizione per i lavori (la stagione favorevole parte
solo a maggio). Su un terreno aspro, caratterizzato
da temperature estreme, è stato necessario costruire
fondamenta mobili, che rendono il fabbricato adattabile
ai cambi di temperatura (la stessa tecnica utilizzata per
la costruzione della stazione a monte della cabinovia).
Costruendo in una zona alpina ‘vergine’, vincolanti sono
stati anche i limiti legati all’impatto ambientale: ‘Per
minimizzarlo abbiamo sfruttato al massimo l’esposizione
solare, abbiamo previsto il riciclo dell’aria calda, che
viene usata per il riscaldamento a pavimento, e quello
del caldo derivante dai vari macchinari della gastronomia.
Inoltre si utilizza l’acqua piovana per le acque nere’.
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La proprietaria Angelika Falkner con i collaboratori
A disposizione dei visitatori 132 posti a sedere al coperto
e 80 posti sulle terrazze panoramiche, dove sarà possibile
gustare le proposte gastronomiche dello chef Harald Rindler
(2 cappelli Gault Millau). Una cucina che dovrà tener conto di
specifiche esigenze dovute all’altitudine, ‘come il fatto che in
quota l’acqua bolle prima, determinando differenti tecniche
di cottura e rendendo ad esempio estremamente difficile
la preparazione del risotto’. Il menu promette il meglio
dell’Alpine Cuisine, accompagnata dai migliori vini austriaci
e internazionali. Ma anche in cantina ci sono differenze: ‘il
vino in quota matura più lentamente per via della diversa
pressione e del minor quantitativo di ossigeno presente
nell’aria. Tanto che spesso i produttori non riconoscono più
il loro vino a tali altitudini’. Eppure la prima sfida è proprio
quella del vino nel nuovo rifugio, dove è stata realizzata una
speciale cantina con botti in legno per affinare Pino 3000,
speciale cuvée di pinot nero creata appositamente dall’unione
di tre vitigni provenienti da Italia, Austria e Germania.
Quassù dal 24 al 27 aprile 2014 si svolgerà una tappa
dell’evento ‘Vino in quota’, manifestazione aperta agli
estimatori dei vini, della buona tavola e dello sci, che vedrà la
partecipazione di noti produttori di vino e chef internazionali.
A fare gli onori di casa, Gottfried Prantl, 2 cappelli Gault
Millau (16 punti) chef di cucina del Das Central di Sölden.
A Sölden, la località più nota dell’Ötztal, si scia da
settembre a inizio maggio da quota 1.350 m fino a 3.250 m
sulle nevi perenni dei ghiacciai di Rettenbach e Tiefenbach
(ben tre vette oltre i 3.000 metri). Sui 150 chilometri di
piste, collegate tra di loro da 35 modernissimi impianti di
risalita, viene ospitata ogni anno la prima tappa europea
di Coppa del Mondo di sci. E il panoramico percorso BIG
3, un itinerario di 50 km con un dislivello di 10.000 m,
permette di esplorare le vette sulle futuristiche piattaforme
d’acciaio e vetro appositamente create ◆
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AL CERSAIE I LUOGHI DEL BENESSERE
Un appuntamento che propone la qualità estetica della ceramica tra design e progetto
di Vittoria di Venosa
Axor Lamp Shower by Nendo
S
voltasi a Bologna dal 23 al 27 settembre,
l’edizione
2013
del
grande
salone
internazionale della ceramica per l’architettura
e l’arredo bagno ha posto l’accento sul wellness proponendo
spa, saune, hammam dedicati al benessere del corpo.
Soluzioni di grande impatto dove lo spazio bagno è stato
l’assoluto protagonista. Ma anche i rivestimenti in ceramica,
tra cui gli spettacolari pannelli di mosaico di Sicis e la
collezione di accessori e complementi d’arredo dedicati alla
sala da bagno di Gardenia Orchidea Ceramiche dalla forte
identità e originalità stilistica firmati dall’inconfondibile décor
di Versace Home, hanno contribuito a interpretare e vivere
l’acqua in tutte le sue declinazioni.
Victor+Albert, vasca Cabrits per bambini
Più classici invece i mosaici impreziositi di Friul Mosaic,
perfetti per rivestimenti che risaltano lo spazio abitativo e le
sale da bagno.
Destinata al wellness, nella sua accezione più ampia, la
nuova sauna Rope e HSH (acronimo di Home Sweet Home)
che Glass Idromassaggio ha costruito con il format Aggregati,
un’installazione sonoro/visiva/olfattiva che ha creato un
bosco virtuale dove i visitatori hanno sperimentato tre
‘verande bioclimatiche’. Da installare e provare!
Non solo Versace ma anche altre grande firme del design sono
state interpreti del ‘vivere’ il bagno e il suo rapporto tra uomo e
acqua. Ad esempio il nuovo ‘sogno’ pensato dal giapponese Oki
Sato, fondatore di Nendo, che ha stupito i visitatori di Cersaie.
design
Fantini Acqua Zone
Glass Idromassaggio - Collezione Rope
Si tratta della lampada-shower Water Dream prodotta da
Axor, il marchio di Hansgrohe, dove acqua e luce si fondono
conferendo alla doccia una dimensione estetica e sensuale. In
pratica una magia capace di rigenerarci a più livelli. E sempre
di Hansgrohe ecco l’innovativa doccia Raindance-Rainmaker
che ci inonda ancora di dinamici giochi d’acqua.
Docce emozionali anche da Fantini, con il soffione a soffitto
di ultima generazione Acqua Zone (design Franco Sergiani),
dove acqua e luce avvolgono la persona e la nebulizzazione
dell’acqua diventa impalpabile aumentandone la sensorialità.
Da Vismaravetro ancora una collezione di cabine doccia dal
gusto classico: la prestigiosa eleganza di Gold che sottolinea
l’atmosfera sofisticata del made in Italy mentre Junior, di
facile installazione e di più piccole dimensioni, è ideale per
le case in montagna o al mare.
Di sofisticata eleganza le collezioni Ergo e Meg11 disegnate
da Antonio Pascale per Galassia. Ispirata alla purezza della
ceramica, la prima esprime il ritorno alle necessità primordiali
dell’uomo mentre con la seconda la vasca diventa un vera
spa personalizzata che rinvigorisce lo spirito e il corpo.
Victor+Albert, riconosciuta a livello europeo per la
produzione di vasche freestanding, ha pensato anche ai
piccini che desiderano fare il bagno con la mamma o il
papà: Cabrits è la vasca compatta realizzata in Quarrycast ®,
materiale brevettato costituito da roccia calcarea vulcanica
finemente tritata e miscelata, perfetta fusione tra ergonomia
e modernità dalle curve eleganti e sinuose, che consente
posizioni comode per adulti e bambini.
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Simas - Collezione Lante
Le Stanze del Desiderio' - Milo Manara
L’incontro invece di due aziende votate all’estetica e
all’innovazione narra la resa estetica della serie 130 e Titian
delle Rubinetterie Stella, entrambe firmate dall’architetto
Michele De Lucchi proposte con il lavabo, dalle linee smussate e
tondeggianti, realizzato da Puraprietra (design Davide dell’Asia)
brand nato nel 2012 dall’esperienza di Moscato Marmi.
La ceramica, materia nobile e pura al Cersaie è stata proposta
da diverse aziende di sanitari. Ad esempio da Simas, si è
notata la seducente collezione Lante Collection, disegnata da
Terry Pecora, che evoca le regolari geometrie di uno tra i più
leggendari giardini italiani, quello di villa Lante a Bagnaia di
Viterbo, situata a pochi chilometri da Civita Castellana dove
ha sede l’azienda che ha sempre impiegato per i suoi sanitari,
la ceramica bianca e luminosa.
Ideale per la stanza da bagno il rivestimento Colourline di
Marazzi che esalta ancor più la purezza dei sanitari. Effetto
sorpresa davanti ai pannelli componibili dell’estroverso
maestro di fumetti Milo Manara, che per la divisione Fire delle
Ceramiche Del Conca ha realizzato una serie di decori delle
sue integranti e fantastiche fanciulle, come quello audace di
13 pannelli esposti nella mostra ‘Le Stanze del Desiderio’, che
ha ovviamente incuriosito i molti dei visitatori dello stand.
design
Rubinetterie Stella Serie Titian
Rubinetterie Stella Serie 130
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design
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Il bagno immaginato
Pinnacle by Daniel Libeskind ph Valeria Portinari
In città, parallelamente al Cersaie si è svolto nei bellissimi
spazi e chiostri dell’ex Ospedale dei Bastardini il Bologna
Water Design, un evento dedicato all’acqua, curato da
Valerio Castelli.
Tra i diversi incontri da sottolineare il convegno ‘Il Bagno
Immaginato’ con Philippe Daverio, critico d’arte, Michele De
Lucchi a Daniel Libeskind, architetti. Quest’ultimo è stato
anche l’indiscusso protagonista di Bologna Water Design
grazie all’imponente installazione realizzata da Casalgrande
Padana e di Muse, la vasca di idromassaggio shatzu prodotta
da Jacuzzi.
Il benessere ha quindi preso forma: una vasca, un massaggio,
una sauna per tutte le età e per tutti i desideri. Buon bagno! ◆
“Italy” come Made in Italy poiché le sue forniture,
maestranze e creatività
provengono tutte dal contesto nazionale
“Luxury” in quanto di pregio
sono tutti i materiali e le finiture che utilizza
“Design” per la grande cura riservata
alla progettazione e pianificazione di ogni fase del lavoro
Ragno Piastrelle monocottura Handmade
Italy Luxury Design a division of HouseGest Srl - Offices via Sant’Agnese, 2 - Rieti (Italy) - Tel. 0746-201176
[email protected] - www.italyluxurydesign.com
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DESIGN FESTIVITY
Una seducente gift list per le feste
Wedgwood Xmas 2013
Herend collezione Forest
Murano Luxury Glass evento con con RobertoCavalli Home Collection
E
cco ci siamo il Natale è in arrivo con il suo
carico di sorprese per il living, la cultura della
tavola e con nuovissime allegre decorazioni.
Intanto arrediamo l’alberto con i piccoli decori in jasper di
Wedgwood, la storica casa inglese di porcellane più quotata
del mondo, che insieme ai prodotti di Waterford firma le
sue porcellane e i suoi cristalli ispirate all’antichità classica
ma rivisitate al gusto contemporaneo. Come le Christmas
decorations caratterizzate dall’inconfondibile design e il
porta candele in cristallo finemente lavorato da Waterford
Crystal, che diffonde una morbida luce creando un’atmosfera
rilassante capace di trasformare lo spazio.
Ispirati invece al decoro della collezione Rothschild è il
servizio Foret prodotto dalla casa magiara Herend, i cui motivi
fortemente evocativi sottolineano l’ambiente lussureggiante
quasi a percepire la brezza del bosco. Distribuite in Italia da
B.Morone di Milano, queste diverse linee sono idee-regalo
perfette da regalare o da collezionare.
design festivity
di Vittoria di Venosa
Waterford Illuminology Candela Holiday Lifestyle
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Guzzini - collezione Belle Epoque
Di origine austriaca invece, ma sempre in cristallo di
Baviera, la collezione di Nachtmann di accessori pensati
per arredare la tavola nei colori delle feste: rosso e oro.
Fortemente connotata dal talento di Jean-Marie Massaud,
uno dei protagonisti del design francese contemporaneo,
invece la collezione Silver Time formata da 19 pezzi che
illustra lo spirito decisamente moderno di Christofle. Il noto
marchio dell’art de la table offre un servizio completo per
il brunch rispondendo ad una moda al passo con i tempi.
Nachtmann Crystal Christmas
Christofle brunch set by Jean Marie Massaud
Lampadario con cristalli Swarovski Hellbob by Windfall
Sempre dedicati alla tavola più moderna e allegra, ecco
gli oggetti funzionali ed esteticamente piacevoli dei Fratelli
Guzzini, storica azienda marchigiana che ha compiuto i
suoi primi cento anni. Si tratta della collezione Belle Epoque
che veste la tavola di contemporanea classicità firmata dal
duo Angeletti-Ruzza arricchendo il già prestigioso parterre
dell’azienda, conosciuta per le sue ‘plastiche emozionali’.
Dopo aver ‘vestito la tavola’ arrediamo il living con il divano
fluttuante Glider che Ron Arad ha firmato per Moroso,
un’isola comoda che favorisce una comunicazione ‘in
movimento’ molto concettuale.
design festivity
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SmoonBirdieLight by Beau & Bien Lighting Sculptor
Christopher Guy
Murano Luxury Glass - chandelier
Passando poi per la camera da letto ecco il décor barocco
di Christopher Guy, creatore di arredi dal design originale.
Una filosofia e un concept che derivano dal suo background
internazionale: nato in Inghilterra, cresciuto in Francia e
Spagna, ora residente a Singapore dopo un periodo trascorso
negli Usa. I mobili di Guy sono presenti in molti hotel di
lusso e impiegati in note produzioni hollywodiane, tra tutte,
gli interni del famoso film ‘Il Diavolo veste Prada’.
Moroso - divano Glider by Ron Arad
Anche nel campo dell’illuminazione si trovano elementi
d’arredo per veri sognatori. Dalle lampade a sospensione
come la SmoonBirdieLight lampada a led che vibra leggera
come un uccellino che gioca con un gatto sornione pronto
a spiccare il volo, proposta dall’azienda francese Beau &
Bien Lighting Sculptor che può essere installata in qualsiasi
ambiente fino al raffinato chandelier in vetro di Murano
presentato da Murano Luxury Glass proprio nell’isola delle
fornaci di vetro. Un evento proposto insieme ai ricchi e dorati
accessori e complementi d’arredo di Roberto Cavalli Home
Collection e ai vasi firmati Armani.
Oro, incenso e... auguri per un seducente Natale sempre più
ricco di sorprese ◆
design festivity
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MY STORY, LA MIA STORIA
Libro complesso ed esaustivo sul lavoro di una delle più significative artiste italiane,
protagonista della Scuola di piazza del Popolo a Roma. Il progetto editoriale, curato
personalmente dalla protagonista, è un collage intimo, un diario attraverso il quale l’artista
si racconta e ci racconta le storie più semplici della vita, fatte di luoghi animati, affetti e
presenze. Un volume completo che tra fotografie, disegni, dipinti e sculture svela il lato
personale della Fioroni a partire dagli anni ’60 fino a oggi. Il volume è stato presentato in
occasione della personale dell’artista alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (fino
al 26 gennaio 2014).
Autore: Giosetta Fioroni
Editore: Corraini Editore
www.corraini.it
IL GIARDINIERE INGLESE
Lancelot ‘Capability’ Brown (1716-1783) disegnò il paesaggio inglese creando oltre 170
parchi sia per committenti privati sia per la Corte, che lo incaricò di sistemare i giardini reali
di Windsor e di Hampton Court. Qui diede vita a una felice armonia di specchi d’acqua,
colline, distese erbose e suggestioni architettoniche dell’antichità classica che rievocavano le
atmosfere di Nicolas Poussin e di Claude Lorrain e preannunciavano la sensibilità romantica.
Masolino d’Amico, giornalista, scrittore, sceneggiatore e traduttore, con la sua profonda
conoscenza della letteratura e del gusto inglesi del ’700, costruisce con eleganza una trama
raffinata e divertente, che ci conduce alla ricerca di questa singolare figura.
Autore: Masolino d’Amico
Editore: Skira Storia
www.skira.net
ooks
BACCARAT
La cristalleria più prestigiosa al mondo ha recentemente presentato presso la libreria
Rizzoli di New York il libro che celebra i suoi 250 anni. Universalmente acclamata e
riconosciuta, Baccarat si distingue per l’assoluta purezza e lo scintillio del suo cristallo,
l’eccellenza dei suoi artigiani e la raffinata eleganza delle sue creazioni. Costituita nel
1764 con decreto di Re Luigi XV, la Maison è stata sinonimo di ‘savoir faire’ unico
per due secoli e mezzo conquistando monarchi, capi di Stato, celebrità e artisti di
tutto il mondo. Il prestigio di questa firma non è secondo a nessuno, fin dal primo set
di bicchieri commissionati da Luigi XVIII fino ai maestosi candelabri realizzati per lo
Zar Nicola II. Manufatti di grande prestigio che ancora arricchiscono le tavole delle
celebrities più importanti del mondo.
Autori: Murray Moss e Laurence Benaim
Editore: Rizzoli New York
www.rizzoliusa.com
IL BASTONE DI EUCLIDE
Nel 642 d.C. da Medina il califfo Omar da l’ordine di eliminare tutti i testi che possono
potenzialmente opporsi all’Islam. L’anziano filosofo cristiano Giovanni Filopono, il medico
ebreo Al-Razi e soprattutto la bella e sapiente Ipazia, matematica e musicista, tenteranno
di dissuadere Amrou dal distruggere il tempio del sapere universale. Per convincerlo gli
racconteranno la vita degli scienziati, poeti e filosofi che hanno vissuto e lavorato tra le mura
della Biblioteca di Alessandria. Sono stati veramente gli Arabi a bruciare la Biblioteca di
Alessandria? Oppure semplicemente l’incendio è stato innescato da qualche altra anonima
follia del tempo o dell’uomo? Indagine a ritroso nel tempo, prendendo spunto dalle vicende
dell’anno 642 d.C. per riflettere con senso filosofico e sostanza scientifica sulla sapienza e le
paure dell’uomo. Il volume è corredato da un’appendice scientifica curata dello stesso autore.
Autore: Jean-Pierre Luminet
Editore: La Lepre Edizioni
www.lalepredizioni.com
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