la storia del cane noè - La Settimana tutti i giorni
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la storia del cane noè - La Settimana tutti i giorni
LASTORIADINOE’ La storia che sto per raccontare non è una leggenda ma una storia vera. Un giorno mi ritrovai in un canile, con tantissimi cani. Alla mia vista, si misero tutti ad abbaiare al punto che dovetti tapparmi le orecchie. Provai una gran paura che m’immobilizzò, non sapevo più se andare avanti o tornare indietro. In quell’istante i miei occhi caddero su un cane chiusoinunrecintoaparte,adifferenzadeglialtrinonabbaiavamase ne stava tutto solo e abbattuto. Decisi di avvicinarmi al suo recinto. Appena vicino, il cane, molto simile ad un lupo, iniziò a digrignare i denti: un canino gli mancava, il naso era ferito ma quello che più mi colpifuilsuosguardo.Isuoiocchidighiacciomigelaronoilcuore.Era un bellissimo husky abbandonato. Mi chiedevo con quanta crudeltà avevano potuto fare questo. In quel momento compresi chi erano i “veri” cani. Quel husky continuò ad osservarmi, non digrignava più i denti ma il mio cuore era sempre più gelido per il suo sguardo abbattuto.Nonavevomaiavutol’empatiaconuncanemaquelgiorno per la prima volta mi sentito in piena sintonia con quell’husky. Guardandomi attorno mi accorsi che i cani avevano smesso di abbaiarecomesesifosseroabituatiallamiapresenza.Feciunultimo sguardoalhuskycomeperdirgli“addio”,maluicontinuavaafissarmi esembravadirmi“nonmilasciaresolo”.Allontanandominotaicheil suosguardosifacevasemprepiùtriste.Cosìmidovettifarecoraggio per riprendere la strada del ritorno. Ma i suoi occhi oramai mi avevano stregato. La mattina seguente mi sembrava che tutto fosse stato un sogno, ma era realtà. E che brutta realtà aver lasciato solo quel triste husky, mi sentivo “bastardo” come chi lo aveva abbandonatoprimadime!Decisidiandarloaprendere. Arrivato al canile trovai alcuni volontari. Una di loro mi venne incontro e mi chiese cosa cercassi, le disse che desideravo adottare quell’husky, indicando il suo recinto. La sua risposta fu immediata: “husky!? Non è meglio se prendi un volpino o un cagnolino più piccolo? La mia risposta fu ancora più immediata: “no voglio quell’husky!” Non capivo perché tante storie su quell’husky. Alla fine peròmifuconsegnato.Unavolontarialoaccompagnònelgiardinodi casamia.Erofelicissimomanonsapevocomecomportarmi.Glidiedi subito un nome: Noè. Noè mi osservava in ogni mia mossa, passo e gesto: se mi avvicinavo troppo digrignava, se gli davo da mangiare prendeva il cibo e scappava via per nasconderlo. Non sapevo come prenderlo.Erocertoperòchequell’huskyavevasoffertomolto,isegni dellasofferenza,dell’abbandonoedelcanile,eranocomecongelatinei suoiocchidighiaccio.Fuinquelmomentochedecisi,comestudente dipsicologia,dirieducarequell’huskyallafiduciae,secisareiriuscito ungiornoavreiscrittounlibrodipsicologia.Mimisisubitoallavoro. Dopo qualche settimana i risultati erano piuttosto scarsi, ma non mi persid’animo!Duemesedopo,finalmentenotavoiprimirisultati.Ma ungiornotuttocambiò! Eroappenauscitonelgiardino,conunamicoperripassarelalezione di psicometria, quando vidi che l’husky aveva scavato una buca nel terreno rovinando il prato, cercai di spostarlo per richiudere la buca quandoall’improvvisomidiedeunmorso.Miritrovaisubitoalpronto soccorso per l’antirabbia. Ero davvero arrabbiato, ma soprattutto deluso di quell’husky che non ero riuscito ad educare. Pensai di riconsegnarlo al canile e che la volontaria aveva ragione a propormi uncagnolinopiùdocile.Imieieranosolosogninonpotevapretendere di rieducare un animale abbandonato, forse era questo il motivo per cuiloavevanoabbandonato. Tornatoacasa,nonriusciiatrovarlo,sieranascostosottounalbero, scavandosiunabuca.Eraspaventato,triste,abbandonatoasestesso. Ci guardammo come la prima volta, ma questa volta i nostri sguardi era senza speranza. Entrambi eravamo sfiduciati. Lo lasciai solo nel giardinoerientraiacasa. La mattina era ancora là. Gli riempii la ciotola di cibo e mi recai all’università. La seraalrientronotaichenonavevatoccato ciboechenonsieramossodaquellabuca. Cosìilsecondogiorno,ilterzo,ilquartoeil quinto… senza mangiare e senza bere. Chiesi consiglio al veterinario, il quale mi riferì, con enorme sorpresa, che quell’husky aveva deciso di morire per il morso che mi aveva dato. Non poteva farlo! Corsi a casa… lo trovai disteso nella buca, sempre più deperito, lo sollevai e lo abbracciai forte, era la prima volta che lo facevo. Il suo sguardo moribondo improvvisamente riprese vita, gli accostai la ciotola del cibo e incominciò a mangiare. Era salvo! In quel istante compresi che i metodi della psicologia erano importanti, ma l’amore era più grande… Quel gesto d’amore gli aveva ridato la vita! La mia ideasullaterapiadell’amoreebbelasuaconferma.Quellasera,anche se l’husky non si reggeva ancora in piedi, giocammo tutto il tempo a ricorrerci.Erafeliceegiocherellone,nonl’avevomaivistocosì!Lui,in realtà, era proprio così. Erano state le punizioni e i maltrattamenti a renderloaggressivoeviolento,privandolodellafiduciadellepersone. Da quel giorno ogni occasione è buona per giocare, si è perfino inventato il gioco del morso: fa finta di mordermi e poi scappa sotto l’albero fingendo di morire aspettando di essere nuovamente abbracciato. E’ un bravo attore ma soprattutto un ottimo “dottore in psicologia”.Daalcunimesilavorainunaclinicaperbambiniautistici. E mentre i dottori, psicologi e psichiatri non riescono a comunicare con questi bambini, Noè ci riesce alla grande! Con il “dottor” Noè, esperto nella pet‐therapy, i bambini autistici comunicano, non sappiamo di cosa ma forse nonc’è dato di saperlo: i segreti sonodei bambinieibambinisonodeisegreti!… PadreMaurizio