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Come si usa in clinica: indicazioni e
limiti, vantaggi e svantaggi delle
strutture in zirconia su denti naturali e
su impianti.
Dr. Davide Cortellini
Le relazione è stata strutturata ponendo una serie di interrogativi utili a definire i punti
chiave dell’uso clinico della zirconia su denti naturali e su impianti:
1) Siamo più conservativi?
2) L’integrazione biologica è migliore?
3) Cambia l’approccio alla preparazione dentale?
4) Possiamo fidarci della chiusura marginale?
5) Esiste un protocollo universalmente riconosciuto di cementazione?
6) Quanto è ampio il campo di applicazione?
7) Quanto rischiamo utilizzando la zirconia in riabilitazioni complesse?
1. Siamo più conservativi?
Il primo punto è strettamente connesso al concetto di ODONTOIATRIAETICA, molto
caro al relatore, che si riassume nei dettami di un approccio conservativo, ovvero:
a) Salvare i denti
b) Preservare sostanza dentale sana
c) Mantenere la vitalità pulpare
d) Preservare il parodonto integro
Questo tipo di approccio assume oggi una particolare importanza alla luce delle
aspettative medie di vita della popolazione (media europea: 85 anni), e ci impone di
selezionare procedure e materiali che ci permettano di essere più conservativi.
Come si inserisce la zirconia in quest’ottica? Nel gruppo dei materiali metal free la zirconia
è la più indicata nel restauro delle edentulie tramite ponti sia in zona anteriore che
posteriore , restauro degli elementi discromici e degli abutment implantari, grazie alle sue
caratteristiche meccaniche (resistenza alla flessione 900-1200 MPA) e di elevata opacità.
L’opacità e la non mordenzabilità sono le due caratteristiche che determinano il livello di
invasività clinica della zirconia.
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La zirconia è il MATERIALE PIU’ OPACO nel gruppo delle ceramiche metal free (1), e
questo si traduce direttamente nella quantità di asportazione di tessuto dentale necessaria
per avere un risultato estetico di buon livello, quantità che è decisamente superiore a
quella richiesta dalle ceramiche mordenzabili; infatti con la zirconia riusciamo ad avere un
risultato esteticamente buono con spessori superiori ad 1 mm, mentre nelle ceramiche
mordenzabili , con pilastri non particolarmente discromici, si può limitare lo spessore
anche a 0,5 mm. Quindi traducendo in indicazioni cliniche la zirconia nei settori anteriori
andrebbe utilizzata in caso di monconi particolarmente discromici, devitalizzati e dunque
meno critici in fatto di profondità della preparazione.
Indicazioni in caso di elementi singoli anteriori, discromici.
Discromie elevate: ZIRCONIA 0,6+1mm ceramica
Discromie medie: DISILICATO 0,7+0,3 ceramica (disilicato per pittura)
Discromie assenti: LEUCITE, DISILICATO HT 0,3-0,8 mm No Zirconia (REENAMELING)
Il concetto portante è che il materiale va selezionato in base alle indicazioni cliniche,
scegliendo tra i materiali alternativi il più adatto, anche nei settori posteriori.
Indicazioni in caso di elementi singoli posteriori: restauri non ritentivi=no
zirconia
La riabilitazione delle abrasioni occlusali o di denti malposti senza carie tramite coperture
complete in ceramica integrale non ritentive realizzate in di silicato di litio o leucite
rinforzata sembra promettente (2).
Indicazioni in caso di elementi singoli posteriori: restauri parziali=no
zirconia
La zirconia non può avvalersi della cementazione adesiva e richiede spazi paragonabili a
quello della metallo ceramic, questo la rende inadatta ai restauri parziali (3).
Indicazioni in caso di elementi singoli posteriori: corone totali=?
La quantità di sostanza dentale residua è IL FATTORE PRIMARIO di resistenza agli stress
occluso-masticatori (4).
L’approccio a doppio strato, con metallo o con zirconia utilizzati come “core” e rivestiti da
ceramica richiede spessori minimi di 1,2 mm sulle pareti assiali e di 1,5 mm sulla superficie
occlusale.
Con un approccio “monostrato” utilizzando del disilicato pieno riusciamo a limitare gli
spessori assiali a 0,5 mm, e dal momento che il restauro viene cementato con materiale
adesivo la resistenza globale dell’insieme viene garantita dallo spessore occlusale (1,5 mm).
Inoltre non essendovi zona di “confine“ tra due materiali viene meno il rischio di chipping
o delaminazioni. Un’alternativa recente delal quale ancora non so dare indicazioni è quella
della zirconia infiltrata (Prettau) che limiterebbe lo spessore occlusale a 0,6 mm, ma del
quale non vi sono ancora sufficienti esperienze cliniche.
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Preservazione della vitalità: RDT (remaining dentin thickness=distanza polpapreparazione Principale fattore relativo alle reazioni pulpari durante procedure di
preparazione e restauro (5).
RDT>2 mm: sufficiente a prevenire danni pulpari,che dipendono da:
 lunghezza dei tubuli dentinali tagliati
 numero di odontoblasti sopravvissuti
 permeabilità dentinale
Fattori di rischio (6):
Calore da frizione
Ingiuria da vibrazione
Mordenzatura acida
Asciugatura
Cemento
Materiale da restauro
Preservazione dell’integrità del parodonto
Con la Zirconia è necessario creare ritenzione meccanica adeguata, e se i denti sono corti
bisogna fare allungamento coronale, con le ceramiche mordenzabili invece si può avere
ritenzione sfruttando l’adesione.
Quindi la risposta alla prima domanda è NO: l’asportazione di sostanza dentale per un
restauro in zirconia è sovrapponibile a quella necessaria con la metallo ceramica. A livello
di elementi singoli è opportuno scegliere il materiale restaurativo che ci permette di essere
più conservativi.
2) L’integrazione biologica è migliore?
Se abbiamo casi in cui c’è già compromissione parodontale, dove è necessario fare
chirurgia, una delle sensazioni cliniche è che con la zirconia si abbia una risposta tissutale
molto bella.
Rimondini et al (Rimondini et al JOMI 2002, Bacterial colonization of zirconia ceramic
surfaces, an in vivo and in vitro study) teso ad analizzare a confrontare le colonie
batteriche su dischi in Ti2 e Y-TZP, in vitro ed in vivo. Risultati: Ti2:cocchi e bastoncelli
ben organizzati, YTZP as fired: cluster di cocchi isolati.
 No attività antibatterica
 Accumulo batteri zirconia
 Prevalenza cocchi e assenza di bastoncelli, superfici titanio colonizzate dal film
organizzato, zirconia da isole batteriche
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 Alcune cellule epiteliali sulla zirconia; promozione di attacco epiteliale? Non
provato
In uno studio del 2007 la scuola di Bologna ha valutato la formazione di placca su diversi
campioni (7). Scopo dello studio: valutare l’effetto della LUCIDATURA rispetto alla
GLASATURA sulla superficie di zirconia sulla formazione della placca e l’affetto dello
spazzolamento sulla sua disgregazione.
RISULTATI: - no differenza significativa tra superficie lucidata e glasata in termini di
presenza batterica
 le superfici glasate tendono ad accumulare un biofilm maggiore e lo spazzolamento
non lo rimuove completamente
 la superficie lucidata sembra mostrare una minore formazione del biofilm
Dunque la risposta alla seconda domanda , l’integrazione biologica è migliore?, è SI’, la
scarsa adesione batterica e l’ottima biocompatibilità garantiscono un’integrazione biologia
superiore a titanio oro e acciaio.
3) Zirconia: Cambia l’approccio alla preparazione?
In un lavoro con il dottor Valenti ed il signor Canale (8) riuscimmo faticosamente a
mettere a punto questa tabella:
Tipo
Leucite
Disilicato*
Zirconia*
Orizzontale
XX
XX
XX
Verticale
-
X
X
XX=consigliata X=possible *Core materials: possibile un “bordino esposto”, in conclusione
non emerse alcuna differenza clinica tra margine orizzontale e verticale
Reich et al 2008 (9) eseguirono uno studio in vitro con lo scopo di analizzare la frattura
delle cappette in zirconia su preparazioni a chamfer e a finire. Materiali e metodi: 40
cappette in zirconio su modelli di incisivi centrali. 2 tipi di linee di finitura. Cementazione
convenzionale. RISULTATI: resistenza significativamente più elevata (38%) della
preparazioni a finire rispetto al chamfer. CONCLUSIONI: la preparazione a finire
rappresenta una valida alternativa al chamfer per preparazioni minimamente invasive.
Un altro lavoro in merito è quello di Beuer nel 2008 (10): Effect of preparation design on
the fracture resistance of zirconia crown copings.
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Cinque tipi di preparazione: a) finire, b) chamfer leggero, c) chamfer profondo, d) spalla, e)
spalla bisellata. La preparazione a finire non differisce in modo significativo dalla
preparazione a spalla. Risultati positivi per le preparazioni a finire spiegati dal pattern di
distribuzione dello stress da carico. Aumentando il carico il coping tende a scivolare lungo
le pareti assiali senza lo stop del margine. Lo stress si concentra prevalentemente sulla
superficie occlusale del coping. La preparazione a finire ha buoni risultati ma una elevata
deviazione standard.
Lo stesso autore in un altro lavoro (11) mette in relazione la convergenza della
preparazione con la precisione marginale Conclude che la preparazione a 12° dà la maggior
precisione,non c’è differenza statisticamente significativa tra le diverse preparazioni, i gap
marginali sono inferiori a 50 micron, l’accettabilità clinica è simile alle protesi in metalloceramica.
CONCLUSIONI: prendendo in considerazione la resistenza del materiale, il tipo di sistema
di costruzione (CAD_CAM o manuale) ed il supporto scientifico disponibile si può
concludere che la zirconia è compatibile con preparazioni sia verticali che orizzontali, e che
dunque il TIPO DI PREPARAZIONE E’ UNA SCELTA CLINICA, legata ai parametri
che abbiamo sempre tenuto in considerazione:
1. Volume robustezza pilastro
2. Vitalità del dente
3. Ritenzione meccanica
4. Necessità estettica
5. Posizione elemento
6. Discromie
7. Numero di elementi splintati
8. Tipo di parodonto
REQUISITI DI UNA PREPARAZIONE PER CORONA IN ZIRCONIA
1. Spazio adeguato: lo spazio occlusale è il punto cruciale dei restauri metal free, bisogna
dare almeno 1,5-2 mm occlusalmente, e 1,2-1,5 mm sulle pareti assiali.
2. Posizione del margine: è conveniente intrasulculare data l’opacità della zirconia il
risultato estetico con un margine iuxtagengivale sarebbe poco brillante.
3. Ordine, pulizia, levigatezza
4. Assenza di spigoli (modellazione per sottrazione)
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5. Assenza di sottosquadri
DUNQUE LA FINISH LINE QUESTION SEMBRA IRRESOLUBILE…
L’unica soluzione pare sia utilizzare il buon senso, alla luce dei concetti tradizionali delle
preparazioni, della conoscenza dei materiali e del caso clinico, a tal proposito il relatore
mostra un caso di trauma risolto con l’utilizzo combinato di faccette in disilicato, corone e
ponti in zirconio con preparazioni orizzontali dove era possibile ed era richiesto più spazio
(incisivi superiori) e verticali negli incisivi inferiori dove la vitalità del pilastro richiedeva
una preparazione minima.
Indicazioni alla scelta delle preparazioni:
1. Elementi discromici-Parodonto integro-Richiesta estetica-Assenza di preparazioni
precedenti preparazione orizzontale, margine intrasulculare
2. Distruzione avanzata-Perni intrasulculari-Necessità di cerchiaggio preparazione
verticale, per preservare il massimo della sostanza dentale. In merito alle restauro di denti
devitalizzati vi è una estesa bibliografia; Fichera nel 2005 (12) Cerchiaggio cervicale:
sostanza dentale sana residua coronale al margine di finitura. Valutazione effettuata al
termine della riduzione uguale o > 1 mm. Mc Lean nel 1998 (13), Schillinburg 1998 (14) :
In assenza di cerchiaggio cervicale il restauro protesico trasmette gli stress occlusomasticatori direttamente all’interfaccia coronoradicolare/restauropreprotesico con perno.
Le preparazioni orizzontali (a spessore) trasmettono le forze come delle sollecitazioni
orizzontali non assiali che si traducono in forze di tensione che possono esitare in un
fallimento meccanico da fatica. Il bordino in zirconio intrasulculare offre un rinforzo
aggiuntivo
Quindi la risposta alla terza domanda, cambia l’approccio alle preparazioni?, è NO, LA
SCELTA DELLA PREPARAZIONE SI BASA SU UNA VALUTAZIONE CLINICA, COME
NELL’APPROCCIO TRADIZIONALE
4) Possiamo fidarci della chiusura marginale?
La letteratura dice che in teoria la chiusura ideale dovrebbe essere tra i 25 e i 40 m ma ci
sono moltissimi lavori che giudicano accettabili gap fino a 100 micron. La chiusura in
zirconia come si colloca? Nella media, con valori di gap medio valutati intorno ai 50
micron.
Requisiti “teorici” della chiusura marginale: 25-40 micron (15)
Gap marginali di circa 100 micron sono stati giudicati clinicamente accettabili in relazione
alla longevità del restauro (Franson 1985, Karlsson 1992, Mc Lean 1971-2, Boening 1982)
Restauri ZIRCONIA: chiusura marginale media intorno ai 60 micron (SD 10-100)
Uno dei vantaggi di un materiale lavorato per sottrazione è quella di poter avere una
struttura in materiale povero (poliammide, resina) per fare una prova clinica, non di denti
singoli ovviamente, ma di strutture più complesse, nell’ambito di quella che viene
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denominata: VALUTAZIONE TRIDIMENSIONALE, ovvero l’accertamento di:
 Adattamento marginale accettabile
 No basculamento sul modello e in bocca
 Visualizzazione dei rapporti con i tessuti
 Visualizzazione dei volumi dei connettori.
Se le prove sono in ordne si passa alla prova della struttura definitiva e alla valutazione del
fit marginale. Strumenti usati negli studi sulla valutazione del fit marginale della zirconia:
Replica in resina e microscopio laser (Att 2000), SEM (Bindi 2009), Stereomicroscopio
( Comlekoglu 2009), Replica in silicone e microscopio ottico (Reich 2005-2009).
Concetti che emergono da questi studi:
 Gli studi in vitro non mostrano differenze significative nel fit durante le diverse fasi
di lavorazione: prova struttura, ceramizzazione, glasatura, cementazione e
invecchiamento simulato
 La cementazione non causa un incremento significativo delle discrepanze marginali
 Spaziatura predeterminata a 50 micron (spessore cemento 50 micron) esita in
migliore scorrevolezza/fluidità e ottimizzazione del legame, migliore distribuzione
degli stress.
 La linea di finitura influenza le aperture marginali: nelle preparazioni verticali i gap
sono inferiori rispetto alle orizzontali.
 L’abilità e l’esperienza del tecnico, le procedure di laboratorio influenzano
notevolmente il gap marginale.
 La precisione è influenzata dalle procedure, dalla sensibilità e dalla precisione del
sistema.
 La precisione delle strutture in zirconia è “soddisfacente per la pratica clinica”,
paragonabile a quella ottenuta con le protesi in metallo ceramica convenzionali.
Quindi alla domanda: possiamo fidarci della precisione marginale? SI’, le attuali
sistematiche CAD CAM ci consentono di ottenere una precisione elevata. Una chiusura
marginale di 20-30 micron ed una spaziatura assiale di 50 micron rappresentano uno
standard clinico compatibile sia con la precisione che con l’efficacia della cementazione
resinosa. Una buona preparazione e una buona impronta rappresentano fattori chiave per
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la precisione.
5) Cambia l’approccio alla cementazione?
Dal momento che non possiamo affidarci al cemento adesivo dobbiamo tener ben presente
i principi della ritenzione: Ritenzione meccanica primaria: si oppone al disinserimento
della ricostruzione lungo l’asse di inserimento o quello della preparazione. E’ GARANTITA
DALLE SUPERFICI ASSIALI ESTERNE DELLA PREPARAZIONE. Fattori determinanti
sono; conicità, , rapporto volume/superficie, asse di inserimento, , altezza del pilastro.
CEMENTI RESINOSI, sicuramente consigliabili.
Base resinosa (BIS-GMA, 4 META)+ riempitivi (ceramici-vetrosi)
Polimerizzazione chimica foto attivata, duale
Diverse tinte e livelli di opacità
Resistenza elevata agli stress masticatori (180-250 MPa)
Insolubili nell’ambiente orale
Adesione elevata a vari substrati
TRATTAMENTO DELLA SUPERFICIE, ancora incerto: SABBIATURA/TRATTAMENTO
TRIBOCHIMICO + CEMENTO RESINOSO (APM)
Nella discussione sull’adesione ed i trattamenti superficiali uno degli argomenti discussi è
quello sull’ Adhesive Phosphate Monomer (APM).
Sembra infatti che un minimo di adesione si possa ottenere attraverso o gruppi idrossilici,
ma non è un’adesione alla quale ci si possa affidare senza riserve.
Alcuni studi in merito:
Reactions form between hydroxyl group in the adhesive phosphate monomer and hydroxyl
groups on the zirconia ceramic surface. There may be no requirement for extensive
pretreatment procedures as represented by the Rocatec system (16).
Retention of zirconium oxide ceramic crowns with three types of cement. Palacios RP et al
(17). Trattamento della superficie molto aggressivo (50 micron a 5 bar), ma in realtà la
superficie della zirconia presenta naturalmente (as-fired) delle microruvidità, quindi non
vale la pena mettere a rischio l’integrità del materiale senza ottenere un miglioramento
sostanziale.
Trattamento tribochimico (silicatizzazione), trattamento in tre fasi:
 Sabbiatura con ossido ALO: pulizia + pattern uniforme di ruvidità= ideale per
legame resinoso.
 Creazione di una superficie finale parzialmente ricoperta da SIO2 per una
profondità di 15 m
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 Silanizzazione: molecola duale, reazione dei gruppi metacrilati con il monomero
della resina
Con la zirconia la silicatizzazione sembrava non portare grandi vantaggi, ma recentemente
è stata riproposta; dal momento che vere certezze non ne esistono vi mostro il protocollo
che noi utilizziamo, basato sulla letteratura e sulla conoscenza dei materiali:
CEMENTAZIONE RESINOSA DELLA ZIRCONIA
 Prova struttura
 Trattamento di superficie – Sabbiatura 110 micr Al2O3 a 0,5/1 bar per pulizia
(pochi secondi)
 H3PO4, lavaggio, alcohol per eliminare i contaminanti salivari
 Metal/Zirconia Primer (Phosphonic acrylate) (il Panavia già lo contiene, il Multilink
automix lo fornisce separato)
 Isolamento del campo
 Cementazione, prepolimerizzazione, rimozione eccessi, polimerizzazione completa
con gel per inibizione ossigeno.
Quindi alla quinta domanda, se esiste un protocollo universale di cementazione, la risposta
è : NO, non è ancora stato definito un protocollo di trattamento per la superficie della
zirconia universalmente riconosciuto. E’ indicato l’uso dei cementi resinosi, è opportuno
rispettare i requisiti di ritenzione meccanica primaria convenzionali.
6) Quanto è ampio il campo di applicazione?
Vengono mostrati alcuni casi “estremi”, che dimostrano la versatilità clinica della zirconia,
anche se non supportata al momento da dimostrazioni scientifiche:
1. Estensione verticale della struttura in zirconia: un caso di chirurgia oncologica con una
mutilazione imponente ha richiesto la realizzazione di una struttura in zirconia estesa
occluso gengivalmente più di 22 mm.
2. Full arch in zirconia su denti e impianti, un’altra indicazione “limite” che sembra però in
questo caso aver funzionato molto bene.
3. Dente singolo su impianto, connessione sia avvitata che cementata, e pilastro in zirconia
rettificato per compensare l’inclinazione implantare.
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Quindi, quanto è ampio il campo di applicazione? La zirconia può essere potenzialmente
applicata in un’ampia gamma di situazioni cliniche, dall’elemento singolo ai piccoli ponti,
ai full arch.
Su impianti è utilizzabile per protesi avvitata e cementata.
7) Quanto rischiamo?
Per le valutazioni del rischio il dottor Cortellini ricorda il periodo passato a Berna con il
Prof. Lang e il Prof. Tonetti, le persone che nel 1994 hanno applicato i “target diagram”
provenienti dalla finanza al rischio parodontale. I TARGET DIAGRAM sono modelli di
stima quantitativa che ci consentono di avere una valutazione visiva di situazioni
complesse multidimensionali, con questi vantaggi:
- colpo d’occhio immediato
- obbligo a considerare i fattori di rischio
- si evidenziano i fattori più influenti
- valutazione di un’eventuale riduzione nelle fasi causale-corretti va
Il grafico modificato dal dott. Cortellini nel 2007 per applicarlo al RISCHIO
BIOMECCANICO tiene in considerazione, con la stessa impostazione e classificazione in
classi di rischio (da 0=rischio assente a 3=rischio elevato), i seguenti fattori:
. Corporatura del paziente
. Parafunzioni/masticazione incompleta
. Rapporot corone/pilastri
. Qualità pilastri/pontics
. Distruzione coronale
. Compromissione endodontica
Lo stesso grafico si può applicare al RISCHIO ESTETICO, con i fattori:
. Aspettative del paziente
. Tipo di parodonto
. Esposizione gengivale
. Discromie
. Deficit tessuti duri/molli
. Età
E’ indubbio che le valutazioni sono soggettive, ad anche i parametri sono personalizzati in
base alle esigenze personali. I grafici vengono utilizzati per impostare il trattamento e per
effettuare la rivalutazione, che nei casi complessi avviene sia per l’aspetto parodontale che
estetico e biomeccanico e in più, al termine della fase di provvisorizzazione, per il
RISCHIO TECNICO, è in questo momento infatti che bisogna selezionare il materiale
restaurativo, ed i fattori da valutare sono:

Connettori: area altezza

Spessori della struttura

Pontics/cantilever
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
Segmentazione della struttura

Materiale da rivestimento
Confrontando il rischio biomeccanico con quello tecnico si può stabilire in quale fascia di
rischio ci si trova, e se è una fascia “tranquilla” si può decidere di utilizzare la zirconia
anche in casi complessi, beneficiando dei vantaggi che da essa derivano; estetica muco
gengivale, nessuna esposizione di metallo, biocompatibilità, precisione.
Più che chiederci “cosa rischiamo” con l’utilizzo clinico della zirconia vanno espresse
alcune considerazioni conclusive parte delle quali comuni ad ogni innovazione tecnica o
tecnologica.
 A fronte di un'ampia possibilità di applicazione clinica delle strutture in zirconia è
importante considerare che non esiste a tutt’oggi una documentazione di efficacia a
lungo termine. Questo è in parte determinato dalla continua evoluzione dei
materiali e dei sistemi di lavorazione e dalla conseguente difficoltà di realizzare
degli studi prospettici.
 Considerando anche alcune incognite sul comportamento del materiale risulta
opportuno sia per il clinico che per il tecnico valutare attentamente il rischio in
rapporto alla situazione clinica specifica.
 La metallo-ceramica rappresenta tuttora il gold-standard nei casi in cui il rischio
biomeccanico e/o tecnico siano elevati. Può essere opportuno utilizzare sistemi di
valutazione del rischio nelle riabilitazioni complesse."
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Dott. Michele D’Amelio
CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA ZIRCONIA
1. Corone singole
2. Ponti
3. Abutment su impianti
4. Perni endodontici
5. Impianti in zirconia
Le ultime due applicazioni non rientrano attualmente nella pratica clinica di routine.
Le fasi che verranno descritte nella relazione sono:
1. Preparazione del moncone protesico
2. Rilevazione delle impronte
3. Predisposizione del modello master
4. Elementi intermedi e connettori
5. Rifinitura della zirconia
6. Sviluppo dell’occlusione
7. Cementazione
8. Zirconia su elementi naturali
9. Zirconia su impianti
10. Abutment in zirconia su impianto
11. Descrizione di uno studio clinico in via di completamento per la pubblicazione
1. Preparazione moncone protesico. Nella mia attività clinica preferisco spalla arrotondata
o chamfer, con riduzione occlusale 1,5 mm, pareti assiali con spoglia da 6° a 20°, evitando
angoli vivi e raccordando le pareti, come pubblicato sul testo di Piconi del 2008 (1).
Vantaggi della preparazione a chamfer o spalla arrotondata: migliore distribuzione del
cemento, migliore resistenza meccanica, più agevole modalità di fresaggio e di lettura degli
scanner. E’ comunque possibile (2) fare anche un feather edge per la zirconia, purchè la
ceramica sia sostenuta sui bordi.
2. Rilevazione delle impronte: di assoluta precisione ovviamente perché con la zirconia non
ci sono possiblità di correzione delle strutture, se una travata non funziona bisogna
ricominciare.
3. Predisposizione modello master: preciso, con base sfilabile, con un dichting ben
evidente, una superficie uniformemente riflettente, senza lacche spaziatrici tranne che sui
pilastri implantari.
4. Elementi intermedi e connettori. I programmi Cad-Cam avvisano se ci sono problemi a
livello dei connettori, se sono sottodimensionati rispetto alle dimensioni considerate
corrette (5,7 mm2 per ponti a tre elementi, 12.6 mm2 per 4 elementi, 18.8 mm2 per 5
elementi). Alcuni studi in vitro comunque dimostrano che ponti in Y-TZP con connettori di
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3x3 mm rivelano una buona resistenza alla frattura, li consideriamo quindi sufficienti.
5. Sostegno della ceramica, per evitare che si verifichino chipping o d laminazioni si
debbono adottare delle precauzioni a livello clinico (selezione del paziente come già
esposto dal dottor Cortellini, preparazione adeguata, ritocchi durante la prova da
effettuarsi sul moncone e non sulla cappetta) a livello del laboratorio (disegno del coping
che dia sostegno, adeguata tecnica di stratificazione, tipo di occlusione impostata, tempi di
cottura e raffreddamento) e nella scelta del materiale (porcellane dedicate per la zirconia,
che abbiano un adeguata resistenza e un coefficiente di espansione termica compatibile
alla zirconia). E’ importante differenziare i fallimenti dovuti al materiale da quelli dovuti
all’operatore ed alle scelte clinico tecniche, per la ceramica è fondamentale essere
sostenuta, quindi nel disegno della cappetta vanno rispettati i dettami che erano propri
delle strutture in metallo inserendo i cercini di rinforzo. Ancora importante è poi la
rifinitura della zirconia, infatti vi sono lavori che dimostrano come sia sensibile a danni da
lavorazione, durante la rifinitura (3,4) E’ vero che è preferibile lavorare la zirconia in
presinterizzazione perché la sinterizzazione poi ci dà la possibilità di “chiudere “ dei difetti.
Un controllo consigliato è la trans illuminazione per evidenziare eventuali difetti.
Richieste al laboratorio per le procedure (frese specifiche, turbine a raffreddamento ad
acqua e a baso numero di giri (10-15.000), sabbiatura con grani inferiori a 100 micron a
bassa pressione, vaporizzazione cauta e a non meno di 5 cm, rivestimento di tutta la
superficie della zirconia per minimizzare il contatto con l’acqua, sostegno alla ceramica)
7. Occlusione: evitare l’occlusione sulle creste marginali sulle corone singole per evitare i
chipping interprossimali
8. Cementazione: la zirconia non è mordenzabile, l’acido fluoridrico non ha effetto
irruvidente,. È preferibile non irruvidirre le superfici interne con frese (stress che è meglio
evitare), le frese cam creano una micro morfologia interna che ci dà una certa ritenzione
-acido silano e sabbiatura non offrono vantaggi ai cementi resinosi- Alcuni autori non
rilevano differenze tra cementi adesivi vetroniomomeri, ibridi- altri rilevano differenze
significative sabbiando le superfici interne.
Conclusioni sulla cementazione: i cementi adesivi hanno sicuramente una adesione alla
dentina maggiore dei self adhesive (5), però bisogna tener conto che la tecnica multistep è
complessa ed operatore sensibile, e questo può compromettere l’efficacia del legame (6). Il
relatore utilizza un cemento auto adesivo con tecniche di cementazione tradizionali, sia su
denti che su impianti, per avere una standardizzazione del risultato.
9. Zirconia su denti naturali. La zirconia maschera tutte le discromie anche a spessori
minimi (0,4-0,5), me la ceramica perde trasparenza e traslucenza, soprattutto sui ponti
all’altezza dei connettori. Il relatore mostra una carrellata di casi clinici, da semplici a
complessi, mostrando le evoluzioni sia tecniche che estetiche avute negli anni.
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10. Zirconia su impianti. Il relatore da tempo utilizza impianti con la parte transmucosa in
zirconia che offre una guarigione dei tessuti ottima. Raramente invece usa corone in
zirconia, i restauri su più impianti vengono realizzati unendo gli impianti vicini. Nei casi
complessi è possibile usare diversi materiali e diverse ceramiche, per esempio zirconia in
alcuni settori e disilicato di litio in altri, con le ultime ceramiche per zirconia infatti si
riuesce ad ottenere un’estetica sovrapponibile. Abutment in zirconia: hanno una migliore
estetica a livello gengivale, possono essere usati con ceramiche metal free, danno una bassa
adesività ai batteri e migliorano lo stato dei tessuti perimplantari, sono radiopachi (7)
In realtà l’indicazione all’uso di abtument in zirconio è limitata, perché con gli impianti
abbiamo grandi spazi per il materiale da restauro, e quindi nessun problema di
schermatura dei pilastri in titanio. In caso invece di tessuti molto sottili può esserci
indicazione al pilastro in zirconia per evitare la trasparenza del grigio.
11. Studio clinico su 388 corone singole e 58 ponti in zirconia.
1,03% chipping non fatali
1,03 Chipping ffatali
0,25 Frattura cappetta
0,51 fratture radicolari
Dati a 6 anni: incisivi e canini sopravvivenza del 98,71%, molari e premolari 96,45% media
generale 96,92%
Non si evidenziano differenze significative tra corone su impianti e su elementi naturali.
Ponti: 33 mesi
Conclusioni
A. Pochissimi fallimenti per rottura della sottostruttura
B. Il maggior numero di fallimenti sono dovuti a distacchi della ceramica di rivestimento
C. Giudizio clinico sulla zirconia globalmente positivo con alcune raccomandazioni:
 selezionare accuratamente il paziente
 sostenere la ceramica di rivestimento
 controllare accuratamente la sottostruttura possibilmente in transilluminazione
 non stressare la zirconia sia in fase di lavorazione che di prova
 controllare con grande precisione l’occlusione
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
1. La zirconia in odontoiatria . C. Piconi, L. Rimondini, L. Cerroni, 2008, Ed. Elsevier
Masson
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2. AD/CAM technology and zirconium oxide with feather-edge marginal preparation.
Patroni S, Chiodera G, Caliceti C, Ferrari P. Eur J Esthet Dent. 2010 Spring;5(1):78-100.
3. Vagkopoulou T, Koutayas SO, Koidis P, et al. Zirconia in dentistry: Part 1. Discovering
the nature of an upcoming bioceramic. [Journal Article, Review]
Eur J Esthet Dent 2009; 4(2):130-51.
4. CAD/CAM-machining effects on Y-TZP zirconia. Luthardt RG, Holzhüter MS, Rudolph
H, Herold V, Walter MH.Dent Mater. 2004 Sep;20(7):655-62.
5. Microtensile bond strength of new self-adhesive luting agents and conventional
multistep systems. Viotti RG, Kasaz A, Pena CE, Alexandre RS, Arrais CA, Reis AF.J
Prosthet Dent. 2009 Nov;102(5):306-12.
6. Technique sensitivity of dentin bonding: effect of application mistakes on bond strength
and marginal adaptation.Frankenberger R, Krämer N, Petschelt A.Oper Dent. 2000 JulAug;25(4):324-30.
7. Clinical outcome study of customized zirconia abutments for single-implant
restorations.Canullo L. Int J Prosthodont. 2007 Sep-Oct;20(5):489-93.
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