“Se un uomo sogna da solo, il sogno resta un sogno, ma quando

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“Se un uomo sogna da solo, il sogno resta un sogno, ma quando
“Se un uomo sogna da solo, il sogno resta un sogno,
ma quando tanti uomini sognano la stessa cosa il sogno diventa realtà” ( Mons. Helder Camara) .
Anche se vi potrebbe sembrare strano trattandosi di una di quelle tradizioni consolidate, non vi
nascondo che l’idea di scrivere la lettera per la mia Partenza ha suscitato in me una gran paura: già
proprio paura, quella naturale e un po’ ingenua paura di non riuscire ad esprimere con le parole i
pensieri più profondi, le emozioni più intime, di non essere all’altezza di un momento così
importante, di non saper dare il meglio di me nel vivere questa tappa. Se la Partenza fosse un fatto
privato, da vivere solo con me stesso, che non vi appartenesse tanto quanto non appartenga a me,
questo timore non avrebbe ragione di esistere. Ma penso che la partenza sia del clan e di quanti mi
sono sempre stati vicini in un verso o nell’altro: in fondo oggi saluto la comunità perché è grazie ad
essa che ho fatto delle scelte, e perché senza tutti voi e senza ogni singola persona che ogni giorno
ha messo qualcosa nel mio zaino, oggi non sarei qui ma soprattutto non sarei così come mi vedete.
E’ quindi normale per me sentire quasi come un debito verso di voi, o almeno una grossa
responsabilità nei vostri confronti, la responsabilità di riuscire a TESTIMONIARVI quanto ho
ricevuto tramite voi, il clan, lo scoutismo e di riuscire ad avere il coraggio di iniziare a restituirlo al
mondo, a dare e a darmi senza risparmio.
Per prima cosa credo di aver imparato, e non è certo nella mia natura, ad ascoltare e rispettare chi la
pensa in modo diverso da me, considerando un’opinione differente non più come una nota stonata
ma come una ulteriore ricchezza per me.
Ho imparato a vivere la mia vita indipendentemente dagli standard che la società odierna sembra
imporre. Anche se il mondo ci vorrebbe tutti vincenti, credo di essere in grado di accettare anche
eventuali sconfitte, che, fortunatamente, per me non sono ancora state molte.
Soprattutto la vita di Clan mi ha aperto agli altri, mi ha fatto capire l’importanza di dedicarsi al
prossimo.
Lo scoutismo ha significato tanto nella mia vita. Quando facevo il reparto certo non potevo cogliere
a fondo l’essenza dello scoutismo. Benché meno quando ho iniziato a 7 anni a frequentare i lupetti.
Pian piano col trascorrere degli anni ho appreso che facendo lo scout stavo imparando cose che non
avrei mai imparato nella vita di tutti i giorni.
Quando ho iniziato a frequentare i lupetti Ancona 2 l’amore e la passione che i capi mi hanno
saputo trasmettere mi hanno fatto subito innamorare di questo ambiente tanto che ho incominciato a
coinvolgere i miei amici più cari. Nei lupetti vigeva un clima di festa e durante la settimana si
scalpitava in attesa del fatidico sabato pomeriggio. In quegli anni ho imparato a vivere in comunità,
a socializzare, ad essere leale , a saper ripartire dopo un fallimento, a rispettare la natura e molte
altre cose.
Il reparto è stato importantissimo per me. Appena dopo il passaggio l’ambiente che ci siamo trovati
di fronte era parecchio disastrato; molti che lasciavano, non c’erano capi squadriglia, nessuno
sapeva le tecniche…insomma un casino!! Ma proprio questa situazione ci ha spronato ad unirci e a
migliorarci. Devo ringraziare tantissimo il mio capo squadriglia Dario Capanna che oltre che un
amico è stato come un fratello. Così come gli altri membri dei LUPI, la mia squadriglia a cui sono
veramente molto legato. Abbiamo sempre cercato di migliorarci, di imparare sempre cose nuove e
di aiutarci l’un l’altro.
Eppure preferisco risparmiarvi e non annoiarvi per ore, anche perché sono convinto che non sarebbe
il racconto più azzeccato: tutti i momenti che vale la pena ricordare, tutte le esperienze che
rimarranno impresse a fuoco nel mio cuore, tutti i casini e i problemi avuti e affrontati insieme, tutte
le litigate e le riappacificazioni, tutte le salite sotto il sole e le condivisioni di poche gocce d’acqua,
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poi le bevute alle fonti introvabili, le stelle ammirate in silenzio e le tende montate in fretta sotto
l’acqua di un San Giorgio, le bolle ai piedi e i canti attorno al fuoco, gli abbracci e i pianti a fine
campo, le pastine incollate e la pasta al fieno ed erba, le chiacchierate sincere prima di dormire, le
leggendarie e avventurose uscite al reparto ed i giochi tormentone ai lupetti, il metterci in gioco su
questioni più grandi di noi, i momenti di crisi buie e di entusiasmo straripante, ma anche tutte le
messe e le prediche ascoltate con gli occhi socchiusi e il sonno di una route sulle spalle, il servizio,
insomma il nostro essere comunità, e prima ancora scout, non ha bisogno di essere raccontato (e
non sarebbe possibile neanche avendo a disposizione un’ intera giornata) perché l’avete
sperimentato come me e soprattutto con me.
Nella testa adesso mi frullano centinaia e centinaia di ricordi e di immagini e sarebbe bello poterli
memorizzare e farveli vedere tutti.
Certo, non posso non parlare delle mie route di clan più importanti: la route in Romania e la Route a
Sarajevo. Penso che l’esperienza di una sola di queste due route ti cambia in modo profondo,
viverle tutte e due ti marchia a fuoco. In Romania penso di averci lasciato il cuore. Mentre scrivo,
l’immagine dei bambini orfani di Gherla con cui ho passato 10 giorni indimenticabili mi
scombussola emotivamente. Lì, ho veramente capito che regalare un sorriso a noi non costa niente,
ma per loro è il regalo più bello è più prezioso che una persona possa fare.
A Sarajevo invece ci ho lasciato l’anima. Una città così bella, così piena di vita e di culture diverse
rovinata da una guerra etnica. È l’apice del degrado umano, della disfatta della coscienza e del
dominio dell’ego.
Sentire quelle esperienze di ragazzi mandati in guerra ancora giovanissimi, di vite vissute sotto il
costante bombardamento e assedio (sia fisico che psicologico), di madri che hanno visto stuprate le
loro figlie…
Questa purtroppo è la guerra. Camminare tra i palazzi forati da milioni di proiettile è l’immagine
che più mi ha stupito all’inizio. Noi, che la guerra l’abbiamo vista nei film e nei videogiochi, noi,
che la guerra l’abbiamo sentita solo nei telegiornali, eravamo lì di fronte ad un’ ennesima
dimostrazione di crudeltà.
Il culmine della route è stata Srebrenica…anche qui è inutile descrivere ciò che ho provato o ciò che
ho visto...ma vedere una signora con un bambino piangere a squarciagola davanti ad una lapide
bianca, una delle migliaia, ti fa capire quanto a volte è ingiusta la vita. E non si fa niente per cercare
di fermare questa ingiustizia.
Ho voluto iniziare questa lettera con quella frase perché penso che sia questo lo spirito che sta
dietro lo scoutismo. Sì, perché come sappiamo bene tutti uno scout non è solamente colui che il
sabato (e qualche domenica) si mette in pantaloncini corti e appende al collo un fazzolettone.
Scout lo si è nella vita.
E di questo me ne sono accorto soprattutto quando ho deciso di lasciare. In quel periodo ho capito
che lo scoutismo è una cosa che ti appartiene e che fa parte di te, rivedi momenti scout durante una
qualsiasi giornata, senti il servizio non come un peso ma qualcosa che ti viene spontaneo fare, vedi
la strada come un piacere, non come una cosa pesante. Questo è secondo me essere uno scout.
Per non parlare poi di quando sentivo i racconti di Elia, Massi, Jacopo, Mirko sulle varie uscite e
sulle varie route: era come consolidare l’idea che io non potevo non fare quelle cose.
E così, dopo la partenza di Giulia e Luca, grazie a Mirko, che da grande amico mi ha saputo
spronare, sono tornato. Ricordo ancora la mail di risposta che mi spedì Mauro dopo la mia richiesta
di tornare, è stato un momento veramente molto bello.
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RINGRAZIO VERAMENTE DI CUORE A TUTTI VOI, che già alla prima uscita fatta insieme mi
avete fatto sentire accolto e bentornato. ..Grazie, grazie, grazie…non vi ringrazio uno ad uno perché
ho paura di dimenticare qualcuno ma sappiate che il mio grazie è veramente di tutti e per tutti.
Un particolare grazie però lo devo ai capi. Mauro in primis, ormai già dal reparto non era più un
capo per me, era un amico, una persona a cui fare riferimento e un “fratello maggiore” a cui
domandare le cose. Mi conosce da quando avevo 7 anni. Mi ha sempre seguito nel mio cammino
scout e ritrovarmelo ora qui davanti come capo clan penso sia la vetta di una salita. GRAZIE….
Stefania, anche tu ormai mi conosci da parecchi anni..mi hai sempre seguito (anche a scuola ti
ricordi stefi???!! :D) e mi hai sempre spronato a dare il meglio di me in tutto, GRAZIE DI
CUORE ANCHE A TE.
Antonio, mi hai svezzato con il tuo noviziato “tutto particolare” e ora ti ho ritrovato in clan come
capo e guida verso la partenza. I discorsi fatti con te sono stati sempre bellissimi e interessanti, hai
sempre le parole giuste per qualsiasi circostanza. UN GRAZIE ENORME ANCHE A TE.
Ciccio e Jacopo, dapprima come membri del mio stesso clan a capi clan ora. Ne avete fatta di strada
ragazzi. Siete due persone fantastiche e messe insieme siete esplosivo puro. GRAZIE DI AVERMI
ACCOMPAGNATO IN QUESTO MIO CAMMINO.
Don Fausto, che dire di te. Una persona con cui è sempre un piacere discutere su tematiche a volte
molto più grandi di noi. Sempre pronto a farsi capire e a cercare di capire chi hai di fronte e questo è
un tuo grande merito, uno dei tanti. Grazie di avermi accompagnato in questo mio sentiero
spirituale, parallelo allo scoutismo ma non meno importante.
E in ultimo ma non ultimo Carlo. Che dire di te Carlo, se non che sei strepitoso. Ti ho avuto come
rover in servizio ai tempi del grande Marco Mantini, avevi poco più di 18 anni e io già ti stimavo
tantissimo. Ancora ho ben scandite le immagini di quando al campo dei lupetti ci sedevamo vicino
durante i pasti e giocavamo e scherzavamo insieme. Mi hai sempre stimato moltissimo e stimolato
tantissimo (“ANIMO!!!”) e questo l’ho sempre apprezzato tanto. Spero di far parte di una staff con
te perché come è successo ai lupetti ci siamo divertiti veramente tanto e con te le ore passano anche
troppo in fretta!
Poi volevo anche ringraziare tantissimo i miei genitori. Sono loro che mi hanno fatto scoprire lo
scoutismo e so che mi sono sempre vicini in qualunque momento.
Ma ora basta, mi sto prolungando troppo e mi ero promesso di non farlo, è tempo di concludere.
Una volta qualcuno mi ha detto che l’amicizia non dipende tanto dal numero di anni da cui ci si
conosce, né dal tempo che si trascorre insieme, ma dalla CONDIVISIONE: ebbene, allora io mi
ritengo fortunato come pochi ad avere vicino in un giorno importante, delle persone con cui ho
condiviso così tanto, e da oggi starà a me continuare a fare lo stesso con la piccola differenza di
non essere più in comunità clan ma in comunità capi.
VI VOGLIO VERAMENTE BENE!
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SCOIATTOLO GIOCHERELLONE
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