Il regime fiscale delle prestazioni gratuite

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Il regime fiscale delle prestazioni gratuite
Dottor Paolo Bortolini ̶ Pubblicato su “Italian Dental Journal” nr. 6/2012
Il regime fiscale delle prestazioni gratuite
Parole chiave: fatturazione; inerenza; deducibilità; verifiche fiscali;
spese di rappresentanza
Odontoiatri e Medici, nell’attività libero-professionale, possono trovarsi a
prestare gratuitamente la loro opera per curare un parente, un collega, un
amico, un dipendente, un cliente al quale decidessero di rifare, a loro
spese, una o più prestazioni o al quale volessero semplicemente riservare una cortesia. Si
possono aggiungere le attività di volontariato e una affatto particolare fattispecie di prestazione
gratuita, quella offerta al vasto pubblico attraverso varie forme di pubblicità, da qualche tempo
visibili nelle città e su Internet, fatta per l’evidente scopo di acquisire nuovi clienti. Le occasioni per
lavorare gratis, dunque, non sono né poche né rare. Ci si chiede se esistano, dal punto di vista
della correttezza fiscale, dei particolari accorgimenti da mettere in atto. L’articolo inizia dando gli
elementi giuridici utili per l’analisi tributaria della fattispecie in esame, e sviluppa il suo argomento
trattando gli aspetti della fatturazione e della deducibilità delle spese correlate a queste
prestazioni.
Prestazioni gratuite e diritto
Le occasioni per lavorare gratis, dal punto di vista giuridico, si incardinano in due tipologie
negoziali ben distinte: la prima è la liberalità tout court, la prestazione gratuita è resa in totale
assenza di un interesse economico: la cura offerta a un parente; la seconda è quella della liberalità
interessata, dove lo scopo della gratuità è la ricerca, appunto, di un interesse economico, ad
esempio la speranza di acquisire clientela. Si tratta di ipotesi molto diverse fra loro, da tenere
presenti nell’esame della deducibilità delle spese.
Fatturazione
Le norme che regolano gli obblighi di fatturazione delle operazioni professionali, come di ogni altra
operazione economica, si trovano nella normativa IVA, comunitaria e nazionale: la fattura si deve
fare solo per le operazioni rese dietro pagamento di un corrispettivo, ancorché esenti (art. 221 c. 1
Dir 2006/112/CE e art. 21 c. 6 DPR 633/1972). Le prestazioni gratuite sono invece non soggette o
fuori del campo applicativo dell’imposta per mancanza del requisito oggettivo (appunto l’onerosità),
indicato al comma 1 articolo 3 del DPR 633/1972. Perciò, niente fattura.
Il successivo comma 3 dello stesso articolo parla, è vero, di una ritrovabile rilevanza ai fini IVA
delle prestazioni gratuite, dunque dell’obbligo di fatturazione, se effettuate per uso personale,
familiare o a favore del personale dipendente, e comunque non a favore della clientela, ma ciò
accadrebbe se per gli acquisti di beni e servizi necessari per l’esecuzione delle prestazioni gratuite
fosse stata detratta l’IVA, cosa che mai accade per i soggetti che esercitano l’Odontoiatria, siano
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essi professionisti o società perché, come è noto, la detrazione dell’IVA sugli acquisti non è
consentita quando le operazioni attive sono esentate dall’IVA, comma 2 art. 19 DPR 633/1972,
come lo sono le prestazioni mediche e odontoiatriche.
A qualcuno potrebbe venire in mente di fare una fattura, o magari un autofattura, con la
descrizione delle prestazioni offerte e indicando zero come loro corrispettivo, con o senza note tipo
“per prestazioni rese gratuitamente”: la cosa è assolutamente da non fare.
Deducibilità delle spese
Per decidere in merito alla deducibilità delle spese sostenute per eseguire prestazioni gratuite,
quali laboratorio, dispositivi medici, materiali di consumo o parcelle pagate dal dentista o da una
società che esercita l’odontoiatria a professionisti che avessero eseguito per loro conto la
prestazione offerta al parente, all’amico, al dipendente o al cliente, occorre rifarsi al concetto di
inerenza della spesa, desunto dalla prima parte del primo periodo del comma 5 dell’articolo 109
del DPR 917/1986, rubricato come “Norme generali sui componenti del reddito di impresa”, la cui
applicabilità anche al reddito di lavoro autonomo è pacifica per la prassi, la giurisprudenza e la
dottrina. Leggiamola: “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne
gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono
ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito…”. Per
poter dedurre una spesa dal reddito, occorre quindi riuscire a metterla in relazione con dei ricavi o
DEDUCIBILITA’ SPESE (3)
TIPO GRATUITA’
FATTURAZIONE
Non interessata (1)
NO, mai
NO, mai
NO, mai
Limitata, come «Spese di rappresentanza» (4)
proventi
tassabili,
cosa
che
sembrerebbe impossibile con delle
prestazioni gratuite. Ma, come detto,
Interessata (2)(5)
(1) – es. prestazioni rese a parenti;
(2) – es. visite gratis (a scopo reperimento clientela), visite o prestazioni «rifatte» a
clienti (a scopo di miglioramento delle relazioni);
(3) – laboratorio, dispositivi medici, materiali di consumo, parcelle pagate ad altri
professionisti per eseguire la prestazione offerta;
(4) – max 1% dei compensi annuali per i professionisti, 1,3% per le società
(5) – casi border line: amici e dipendenti, valutare singoli casi
queste prestazioni non sono tutte
uguali.
Se
l’indeducibilità
assoluta
delle
spese, si riveda il breve elenco
all’inizio del paragrafo, è pacifica per
le
prestazioni
gratuite
non
interessate di cui si è detto all’inizio
dell’articolo, si pensi a quelle rese
dal professionista a parenti, diversa è la conclusione nel caso delle prestazioni gratuite si, ma
interessate. Infatti, trovato un nesso con dei ricavi, anche solo potenziali, il divieto di deduzione
delle spese viene meno. Si pensi a prestazioni gratuite finalizzate al reperimento di nuovi clienti, le
visite gratis, o al miglioramento delle relazioni con quelli già acquisiti, le prestazioni rifatte. Non si
recupererebbe però una deducibilità “piena”, ma limitata dal fatto che le spese per questo tipo di
prestazioni gratuite vanno qualificate come spese di rappresentanza in base al punto e) del primo
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comma del Decreto del MEF del 19 Novembre 2008, come chiarito dalla circolare 34 del 13 Luglio
2009 anche per la validità delle norme in questione sia per il libero professionista, anche associato,
sia per la società, di persone o di capitali, che esercita l’odontoiatria. La deducibilità dunque c’è,
ma complessivamente limitata all’1% dei compensi annuali per il professionista e all’1,3% dei ricavi
annuali fino ai dieci milioni, oltre tale soglia la percentuale diminuisce, per la società.
In caso di verifica fiscale, se risultasse che spese connesse con prestazioni gratuite sono state
dedotte, la mancanza di inerenza farebbe riprendere a tassazione, anche ai fini IRAP, con
sanzione, l’intero importo di quelle connesse con le prestazioni non interessate, mentre per quelle
interessate sarebbe l’errata qualificazione della spesa che farebbe riprendere a tassazione
l’eventuale differenza fra l’importo massimo ammesso dai calcoli percentuali indicati e quello
effettivamente portato in deduzione, se superiore.
Situazioni al limite
Resta da dire delle prestazioni gratuite erogate agli altri beneficiari citati all’inizio dell’articolo, gli
amici e colleghi, i dipendenti. In prima battuta esse parrebbero rientrare nella categoria della
gratuità non interessata, ma in caso di verifica potrebbero emergere dubbi. Per gli amici, se si
tratta di uno o due all’anno, e si dimostra di non aver dedotto le relative spese, non dovrebbero
esserci problemi. Se sono un lungo elenco, invece, è bene prepararsi a dare spiegazioni a fronte di
una possibile accusa di presunti incassi al nero. Infine, per le prestazioni gratuite in favore dei
dipendenti, i verificatori potrebbero inferire che si è trattato in realtà di un compenso in natura, da
recuperare a tassazione in capo al collaboratore.
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