Estratti dal libro Psicologia Impresariale di Antonio Meneghetti
Transcript
Estratti dal libro Psicologia Impresariale di Antonio Meneghetti
Estratti dal libro Psicologia Impresariale di Antonio Meneghetti 2001-2010 by FOIL Tutti i diritti riservati FOIL s.r.l. Sede legale: Piazza Enrico Fermi, 1 05100 TR – Italia Sede operativa: Via Moschinone, 4 26866 Marudo (LO) - Italia Tel. +39 0371 218070 Fax +39 0371 218032 [email protected] www.foil.it www.businessintuition.org ISBN 978-88-88-742-14-4 In Sé ontico: fonte dell’intuizione operativa1 Nota introduttiva In un’intervista pubblicata il 26 Febbraio del 2003 sul quotidiano USA Today, il giornale con la maggiore diffusione negli stati uniti, David Myers, professore della Hope College University del Michigan, sostiene che: “L’intuizione è diventata un argomento caldissimo. C’è un’esplosione di ricerche su come l’inconscio, il pensiero al di là delle forme di automatismo convenzionale guida le nostre vite, le nostre scelte”. Egli definisce l’intuizione “un senso della verità senza sforzo, immediato, senza ragione”, specificando che per “senza ragione” intende che questa intuizione non appartiene al pensiero, alla razionalità così come l’abbiamo categorizzata fino ad oggi. Provate ad andare su Internet, digitate “intuizione” su un qualsiasi motore di ricerca e vedrete come proliferano i siti sull’intuizione, i corsi, le società di consulenza, i workshop su come utilizzare la propria saggezza interna e come liberare l’enorme potere dell’inconscio nel processo di decisione nel business. Anche il principe Carlo di Inghilterra, in una sua intervista alla BBC del 2000, sostiene come l’intuizione sia “la guida più affidabile per farci capire se una nostra azione sia veramente nell’interesse nostro, del nostro pianeta e di tutti i suoi abitanti”. Lo studio dell’applicazione dell’intuizione nel campo del business inizia intorno agli anni 1950 da parte di alcuni psicologi di scuola junghiana come Frieda Fordham della London School of Economics e proseguono con una lunga serie di autori specialmente nordamericani che sviluppano il concetto secondo cui l’intuizione, insieme ai sentimenti, al pensiero e al sentire dei cinque sensi, è alla base del “funzionamento” dell’uomo. 1 Milano, 4 ottobre 2003 Ma è solo con il 1981 e specialmente con Marcia Emery (per citare solo una fra le più note psicologhe del settore) che lo studio dell’intuizione nel business prende le connotazione secondo cui viene presentata oggi. Facendo un’analisi retrospettiva dei business, questi studiosi notano come dietro ad ogni successo ci sia un uomo, un leader che lo determina. E tutti questi leader, parlando delle motivazioni del loro successo (perché avevano sviluppato quell’idea, perché avevano scelto quella persona, perché avevano organizzato l’azienda in quella maniera), sostenevano di essersi affidati all’intuizione. Al di là e oltre la logica corrente, anzi molte volte contro quello che sembrava razionalmente il cammino più logico. Ecco allora che si comincia a parlare di flash di intuizione, della sua lettura attraverso l’interpretazione delle immagini dei sogni. Si istituzionalizza il “Gut Feeling”2, cioè il prendere le decisioni ascoltando la pancia. Da un punto di vista cronologico è interessante notare la coincidenza dei periodi: Marcia sostiene di aver iniziato a pensare alla intuizione nel business dopo i primi anni 1970, che sono esattamente gli anni in cui il professor Antonio Meneghetti formalizza una novità di scienza e si cominciano a pubblicare i primi testi di Ontopsicologia. L’intuizione inizia ad essere insegnata e spiegata nella modalità secondo cui la studiamo oggi noi nei corsi della FOIL. Possiamo essere sicuri che i molti studiosi che si occupano di intuizione diano la soluzione del problema? Non sembra. Di certo siamo sulla strada giusta. Cioè si coglie l’essenza di un concetto (e questo è bene), ma ancora non se ne comprendono le cause. Si comincia a capire la potenza di un fenomeno, senza però comprendere come ci si arriva, qual è il percorso. L’intuizione descritta da questi signori sembra essere la prima cosa che mi passa per la testa indipendentemente da chi sono e come sto. Secondo quale codice interpreto il flash, il sogno, l’immagine? Cioè come sempre ci si ferma agli effetti, si certifica un metodo senza prima chiedersi chi lo propone. Ed è per questo che, insieme a tanti sostenitori, si muovono anche tanti detrattori. Stuart Vyse del Connecticut College sostiene: “È stato dimostrato più e più volte che è un errore prendere decisioni sulla base del gut feeling”. Non possiamo che essere d’accordo con lui: se ci manca il criterio per comprendere quale tipo di “gut feeling”, se non abbiamo un criterio per comprendere come leggere l’immagine, anche l’intuizione è semplice azzardo. Semplice, ma con pesanti conseguenze economiche per l’azienda. Senza la recente angolazione ontopsicologica, tutto resta approssimativo. Mentre, ogni qualvolta si è applicata la consulenza o il metodo Foil, tutto ha fatto coincidenza. 1. Riprendendo il concetto panta rei (= tutto scorre) di Eraclito in riferimento al mondo della vita, si può affermare che tutto si muove così velocemente che è difficile darne una lettura da cui elaborare una posizione strategica, un modo in cui posizionarsi in questa realtà, perché una volta involuti nella corsa resta sempre la tensione. Oggi, qualunque notizia di mercato o di politica, qualunque ultima rivelazione non è più attuale nel momento stesso in cui viene individuata, elaborata e comunicata. Tutti gli ideogrammi, presentati in prospettiva possibile o dogmatica, sono semplicemente assurdi, perché queste previsioni non hanno le radici di anticipo sulla corsa della dinamica di mercato, sulla psicologia dei popoli di interessi contrapposti, sulle esigenze ideologiche, tradizionali, impellenti di materialismo storico. In modo molto più radicale di quanto insegnava Marx, il materialismo storico è poter vivere l‟elementarità biologica di ciascuno, quindi il caldo, il freddo, il mangiare, il bere, la propria casa, il proprio letto, la sopravvivenza biologica dell‟economia, etc. Si parte da questo per arrivare alla supervisione di controllo, intesa come il riuscire ad anticipare gli eventi nella corsa e il sapere come si concluderanno, come si incontreranno, perché io sono oggi, ma sarò anche domani. Io amo ciò che è nel mio contesto. Se le università e le ricerche dei grandi esperti di economia fossero esatti 2 Gut in inglese significa intestino. nella lettura dello scorrere delle cose, sarebbe già tardi, poiché, comunque sia, partiremmo da posizioni che già non sono. Un esempio elementare: tutta la sensibilità oftalmica sembra essere precisa, la vista è uno dei sensi che aiuta, coordina ed appare rapida al punto, ma, in realtà, nel momento stesso in cui formalizziamo l‟immagine, la corsa è già passata, gli elettroni e le diverse onde fantasma che configurano l‟evento fermato dal nostro occhio già non ci sono più. Infatti, noi possiamo vedere perché il nostro occhio fotografa, programma, coglie esattamente come una camera fotografica, ossia si apre e si chiude fermando la corsa per un istante. Se così non fosse vedremmo un fluido dinamico senza un punto base per poter determinare una posizione, un indirizzo. Grazie a questa segmentazione noi abbiamo l‟impressione di percepire il senso statico delle cose; in realtà nella fisica elementare tutto cammina. Le scoperte d‟analisi e di concretezza dell‟Ontopsicologia consentono un‟evidenza che intercetta ed impatta la dinamica in partenza. Esattamente come, quando scriviamo una lettera, siamo in grado di prevedere, secondo il mezzo che usiamo per inviarla, il tempo che questa impiegherà ad arrivare, così, quando c‟è una formalizzazione di pensiero, è possibile calcolare il tempo necessario affinché giunga al ricevente, che, di conseguenza, reagirà. Se conoscete sia le circostanze del ricevente e del suo business che quelle storico-legali in cui si trova, voi potete immettere una informazione che lo forma e, attraverso una lettera o un comunicato, gestire in causalità l‟evento che lo riguarda. In Ontopsicologia si è scoperto quel nucleo, quel principio, quel semplice che dà comprensione razionale a ciò che è la magia dell‟intuizione. Nel mondo, tutti gli esperti di economia, di politica, di azione, anche se non sanno come avviene, sono consapevoli che l‟intuizione è il filo infallibile della riuscita, capace di toccare quel punto di presa che coglie l‟evento in favore. Alcuni uomini hanno questo dono, questa ispirazione, questa illuminazione, questa grazia che scatta, che si apre e si dona. Intuizione è conoscere l‟interior design di un‟azione. Intuizione è sapere la forma che articola, materializza, costituisce l‟effettualità. Meglio: è sapere il formale costituente d‟un progetto reale in quanto possibile per l‟operatore. L‟Ontopsicologia ha scoperto questo nucleo, lo ha definito, lo ha descritto, lo ha localizzato, lo ha isolato e lo ha chiamato In Sé ontico. Questo è l‟insight puro dell‟evento in dinamica aperta, è sapere la corsa prima che passi, perché nel momento stesso in cui io leggo e vedo è già passata: è sapere dove essa arriverà. La biologia ottica coglie per parti, poi la nostra mente può ricostruire le parti, perché sa in anticipo quali sono gli elementi del mosaico. Se vuole può fare la figura, può costruire o variare l‟azione, altrimenti passivamente recepisce le informazioni particolari esterne. Quindi, la nostra mente può organizzare i segmenti delle percezioni dei cinque sensi esterni, perché ha in sede di principio ciò che è la dinamica dell‟azione vita in senso globale ed integrale, che consente di descrivere e formalizzare l‟evento particolare. Nella lingua della nostra razionalità dobbiamo costituire un punto, cioè un‟ipotesi di Io, di individuazione da cui partire per fare dialogo. Noi siamo nella situazione dove il mondo si coglie con configurazioni formali elementari, che ci consentono l‟ingresso nella globalità degli eventi e di quell‟ecosistema, che si mantiene, si attua e convive nell‟individuazione e con l‟individuazione. Possiamo definire l‟In Sé ontico come un formale intelligente, perché capisce dal suo modo, dal suo principio, dalla sua identità. È una comprensione in atto, che legge dal movimento in sé. Conosce già l‟indirizzo dove arriverà, come arriverà e se arriverà, poiché non parte dagli effetti. È un formale intelligente con progetto storico, posizionato su un punto tempo-spazio, un punto individuo, un punto persona localizzata, definita ad esempio in quel Giovanni che abita quella casa, con quella famiglia, lavora in quell‟azienda, parla quella lingua, milita in quel partito, crede in quella religione, coltiva quelle relazioni, etc. Ognuno dalla sua posizione, dal luogo dove esiste può costituire il proprio mondo e l‟intero. Ha un progetto storico, per cui è mutevole, come tutta l‟esistenza in porsi, in darsi, come tutto ciò che è la fenomenologia dell‟esistenza di un individuo storico. L‟intuizione nel campo economico varia sempre su tre aspetti: l‟operante, l‟opera e le circostanze. È sempre in questo tripode dove il fuoco dell‟intuizione mantiene la realtà del successo. L‟operante agisce e le circostanze si modulano in variabili superiori, rispetto a ciò che noi possiamo cogliere, perché fanno parte di quell‟evento in dinamica aperta, che è già passato nel momento stesso in cui viene colto dai nostri sensi. È ancor più evidente se pensiamo a quando si elaborano i programmi, le statistiche o i confronti, poiché se ne traggono informazioni, che non servono neppure per spiegare le cause degli eventi, talmente è in avanti la logica della vita. Questo In Sé ontico è un formale intelligente con progetto storico insito come nucleo elementare dell‟individuazione, quindi dell‟uomo integrale3, partendo dalla comprensione animale fino ad arrivare a ciò che è la dimensione pura dell‟essere4. Quindi non è solo l‟uomo lavoro, l‟uomo poesia, l‟uomo povero, ma è l‟uomo globale con tutta la scala dei valori che lo identificano, è l‟individuazione nella sua completezza, nella sua autorealizzazione, nella maturità equilibrata con tutte le circostanze. Inoltre, quest‟uomo ha interessi globali, cioè non può essere felice senza l‟altro, senza l‟umanità. Ogni uomo è il tutto, non è un‟isola, e quando suona la campana per uno, suona anche per lui. Il nostro mercato varia, c‟è l‟incidenza di tutto ciò che è la novità economica dei paesi dell‟Oriente. Tutte le nostre economie sono in variabile continua. Per ogni palla che entra in questo tavolo da biliardo, si scompensano i rapporti, per poi ricompensarsi e riordinarsi in ciascuna variabile. Se quella palla presa di testa in un campo da foot-ball fosse invece colpita con il piede, avremmo ugualmente il goal? Siamo in una corsa infinita, in un certo senso indescrivibile. Storicamente ogni individuazione è impattata da alcune contingenze, da alcune tangenti, da alcune vettorialità, che sono ben precise sulla sua persona, sulla sua azienda, sul suo partito, sulla sua religione e su tutto ciò che è il suo business, l‟interesse, l‟affare, il guadagno, l‟ambizione, il progetto, la missione e la volontà di essere partecipazione di valore con tutto ciò che si muove, che lo identifica e lo responsabilizza dove esiste. L‟uomo, contattato da diversi punti forza, se vuole cogliere l‟atto della globalità e se ha la necessità di risolvere per dare un ordine, un‟armonia a tutto ciò che globalmente lo investe, deve saperlo fare anche secondo l‟integralità della sua individuazione. Quest‟uomo capace possiamo chiamarlo leader, perché baricentra in storia concreta (fa reale il possibile) quel progetto che lo appella possibile da cause esatte non ancora in corsa. A esempio, consideriamo uno spazio, a sua volta sezionato in infiniti spazi e, in ciascuno di questi (New York, Umbria, Marudo, Bernia, IBM di Milano etc.), si trova una individuazione, che, nella sua posizione, è frutto di un percorso fatto di esperienze, studi, incontri, evoluzioni, regressioni, etc. Ciascuna individuazione implica un concatenamento di situazioni che la intercettano e la costituiscono. Ma, allo stesso tempo, la differenziano e, in ultima analisi, la identificano, caratterizzandola distinta da tutti gli altri. Ogni individuo, uno in se stesso, è posizionato in una costante situazione aperta, poiché c‟è la corsa degli eventi e delle cose, dal sistema planetario fino all‟intimità del proprio condominio. In questo crocevia infinito, c‟è il soggetto e la sua ecceità. All‟interno dell‟individuazione, nel luogo dove esiste, c‟è un formale intelligente che è insito come nucleo elementare dell‟individuazione integrale e globale. L‟In Sé ontico mi fa uguale, contemporaneo, compresente, all‟eventualità storica, karmatica o carismatica, cioè all‟eventualità della vita, esistenziale, sociale, circostanziale, intesa come il modo individuale. C‟è, anche, l‟eventualità ormai costituita, perché tutto ciò che noi abbiamo vissuto ci forma, cioè siamo, anche, il risultato di un‟autoctisi storica: ogni scelta ci fa, in più o in meno. Quando ci troviamo di fronte ad una scelta e dobbiamo progredire, uscire o scappare, l‟intuizione ci dà l‟informazione su tutti e quattro i livelli dell‟evento: vitale, sociale, circostanziale, esistenziale. L‟intuizione, in un momento, è come una riduzione ultima al di là di ogni fenomenologia, dove si spoglia e si evidenzia l‟unica possibilità ottimale, l‟unica spinta per uscire, per difendersi, per agganciare, per entrare o non entrare in quella operazione finanziaria, in quella società, in quella scelta di amico, in quel determinato territorio di investimento. Questo nucleo pensante ed attivo mantiene l‟ordine, lo standard del nostro DNA, del mondo cellulare, strutturale, organico e di 3 Integrale inteso sul piano biologico, fisico, storico, economico, politico, religioso, morale, sentimentale. Tutto l‟arco della spiritualità mediocre, normale, ideologica, ma anche l‟orizzonte di quella spiritualità alta, che diventa atto senza movimento. 4 conseguenza del mondo di percezione organismica. L‟In Sé ontico è connesso costantemente, nell‟atto continuo di tutto l‟insieme, di tutto l‟organismico circostanziale, sociale, esistenziale, con l‟evento vita. Il problema dell‟intuizione è dovuto alle nostre conoscenze, alle nostre esperienze, alla struttura delle nostre impressioni e delle nostre memorie, alla fissità a ciò che siamo stati, all‟establishment dove abbiamo imparato da fuori ad incontrarci dentro, all‟incontro con quel fuori che ci ha formato i copioni, le deviazioni, gli stereotipi, i complessi in senso junghiano e, di conseguenza, il mondo di Io logico storico, di coscienza, che è un risultato minimo rispetto a quel quantico poderoso che purtroppo viene definito inconscio, ma che in realtà è energia primaria di questo In Sé ontico. L‟intuizione nasce da questo nucleo, che dà il punto di uscita, dà la presa di contatto in vantaggio ed in guadagno per l‟individuazione in loco di azione o di investimento ed in qualunque situazione, anche karmatica. È una dote naturale, è un business di grazia, di guadagno instaurato in essenza di ciò che ci costituisce esseri umani intelligenti ed operatori liberi. Ma esiste anche la realtà del contrasto, la realtà del macrosistema sociale, le catastrofi, i cicli ed esistono, in modo aggressivo, le conseguenze dei propri errori in modo violento. Tutto ciò è vero e niente di tutto questo viene annullato con il fatto che esiste questa scoperta dell‟In Sé ontico come iniziatore dell‟intuizione di successo se non si impara a capirlo, a saperne il progetto, a coglierne l‟identità; altrimenti si continua a sbagliare lo stesso. E il soggetto che sbaglia, a lungo andare, viene eliminato. Non valgono le nostre opinioni, le nostre leggi, le nostre giurisprudenze, le nostre convinzioni politiche a disarticolare o a cambiare questa dinamica dell‟intuizione, perché fa parte della elementarità dell‟iso di natura, dell‟iso delle leggi universali. Noi siamo una parte intrinseca di questa semovenza, ne siamo costituiti e costituenti. Questa identità del nucleo mette in rapporto contemporaneo con il nucleo del tutto. L‟Iso è in iso con la corsa degli eventi, che vengono impattati, letti, vissuti e gestiti dalla localizzazione del proprio esserci. Dalle circostanze taglienti della propria individuazione si comprende e conosce ciò che è conveniente, ciò che è partecipe, ciò che è conforme a se stessi. Quindi, più una cosa mi è uguale più io ne sono attratto, posso prenderla e diventare attraverso di essa sempre più simile all‟evento globale della vita. Più scelgo cose dissimili, diverse dalla vettorialità del progetto ontico insito in questo nucleo e più divento alieno a me stesso e perdo l‟oggettività dell‟intuizione, l‟oggettività dell‟informazione, il punto di come le cose stanno e mi toccano. L‟In Sé ontico mi “immedia”, mi fa contemporaneo prima che il luogo faccia la sua corsa, mi dà l’ictus dell’intus, mi dà il colpo del dentro, che poi fa partenza e scopo. Io sono apriorico e contemporaneo all‟evento che mi riguarda. L‟intuizione è normale. Con essa non è difficile indovinare, guadagnare, sapere come stanno le cose e scegliere quelle convenienti a se stessi in modo globale e integrale. È un egoismo centrato sull‟integralità e sulla globalità, quindi è un‟individuazione egoistica5. La vettorialità di ogni corsa sempre centra quel soggetto in precise circostanze. Il possesso di questa tranquilla infallibilità è determinato dall‟intuizione che nasce dall‟In Sé ontico. È spontanea ed automatica, non va cercata. Nella posizione in cui mi trovo, nell‟apertura che ho in quel momento avviene l‟informazione e posso scegliere di agire in un modo o in un altro. Dopodiché tutto potrebbe modificarsi. L‟intuizione coglie quella forma dove le cose cambieranno. È già previsto che, posizionandomi con quella nota, io avrò la melodia tematica completa. Il mondo muta continuamente, quindi la mia scelta, il mio iniziale investimento già implica nella variabilità altre variabili, che, per quanto concerne la mia individuazione, la mia ecceità storica, mi ritornano in modo più grande, in un modo di guadagno, mi ritornano in senso integrale e globale. 2. Come si distingue questa conoscenza da tutte le altre esperienze? Come la si distingue dalle conoscenze, dai prodotti, dalle sublimazioni complessuali, da tutti gli assoluti bancari, dalle 5 L‟Autore si sta riferendo al sano egoismo. notificazioni di massa delle radio, delle televisioni e di tutti i programmi finanziari? L‟intuizione non ha niente a che fare con l‟esperienza, la formazione, la cultura, la lingua, la storia, le leggi, le opinioni. Le usa, le capovolge e le sconvolge, ma non è in nessuna di loro. È sempre trascendente. Suona la sua musica battendo quei tasti che la identificano. Nell‟uomo di azione, nel leader, nell‟uomo disposto a questa normativa della natura è un‟immagine fanciulla. Egli sa che cosa è e cosa non è. È un‟immagine semplice, che scatta da sola, all‟improvviso. Successivamente bisogna muoversi, organizzare la razionalità secondo l‟informazione avuta, secondo questa notizia tutta insieme, che si legge nell‟arco di un secondo, si rivede durante quello successivo, ed al terzo è completa. L‟intuizione è questo flash bianco, ingenuo, semplice, che dà la forma, il diagramma, indica quali sono le prime note da usare e se è il caso di agire, stare fermi o scomparire. È un‟informazione tutta insieme, completa in sé e per sé. Avuta l‟intuizione subentra la razionalità ed occorre iniziare ad usare diversi strumenti. Tutto ciò che riguarda la messa in atto dell‟intuizione avuta è sagacia, prudenza, formazione professionale, competenza sulle circostanze. L‟intuizione dà il progetto su come arrivare in senso globale. È una notizia tutta insieme che va articolata con tutte le razionalità con il rispetto di tutte le circostanze6. Quindi diviene necessario cercare di capire come si può usare una legge e come con questa evitarne un‟altra. In ogni situazione deve esserci correttezza e si devono osservare due regole: l‟integralità di se stessi e dei propri valori e la globalità delle incidenze sociali. Quest‟ultima norma nasce dal fatto che questo senso nucleico ontico, che produce intuizione, dà l‟evidenza ed è contemporaneo a quello che, forse, si considera nemico, diverso, ma che in realtà è un business che dà vantaggio. Questa è razionalità, intesa come la lettura delle circostanze associate secondo una competenza competitiva7. Un‟intuizione può averla anche un inesperto, ma sarà carente di quella razionalità storica che implica diversi fattori. C‟è tutta la gamma della burocrazia di situazione, che varia da luogo a luogo (a Milano è in un modo, a Roma in un altro, a Pechino in un altro ancora). I modi del gioco e gli stili sono tanti, però, in ultimo, l‟estetica è una. Ci si può vestire in diversi modi, però il risultato deve essere il bello. Quindi, l‟intuizione è il vero, è il giusto per ciascuno partendo dalla sua posizione, dal suo punto di esistenza. In ogni situazione c’è una sola scelta ottimale. Una volta che ci si è posizionati in rapporto ad un evento specifico, si lascia libero gioco al proprio organismico ed all‟improvviso avviene l‟intuizione. Quest‟ultima non si dà solo nel caso in cui viene a mancare l‟opportunità. L‟intuizione non appare nella ricerca e nello stress, non va ripensata, corretta, ma va saputa in segreto anche di fronte a se stessi. Alla nostra ecceità si pone come identica ecceità. Per arrivare al progetto è sufficiente il posizionamento circostanziato e ben equilibrato di tutti i mezzi. Questa è arte, è certosina esperienza. Ogni particolare ha la sua importanza per arrivare al fine, quindi la precisione dei mezzi dà l‟ottimalità del risultato. Non possiamo pretendere di leggere sempre l‟intuizione, questa è un momento, è una visione globale, è un tutto insieme senza tempo, senza spazio, senza parti: ecco, la vedi, la sai. Una volta avuta è necessario il tirocinio, l‟esercizio e la ricerca, durante la strada, dei mezzi conformi a quella prima immagine. Se i mezzi sono attinenti ad essa il soggetto sente un effetto di lievitazione interna, sente una tranquillità di ordine, un‟onestà di significato. Ci sono i contrasti esterni, il gioco delle parti, le contraddizioni, l‟emergenza di homo homini lupus8. Il senso del Leviathan o del Moloc sono per colui che ha perso la divina illuminazione9 dell‟intuizione. Quest‟ultima non potrebbe esistere se non fosse reale al centro, poiché non è un‟immagine dislocata, ma è sublimata dalla relazione tra il soggetto in precise circostanze e il mondo della vita, tra il mondo del reale e il mondo della società. Scatta da quell‟apriori della corsa e dice al soggetto dove si trova e come, di conseguenza, si deve muovere. Quindi, quell‟immagine non è una speranza, non è un futuro, non nasce fuori della dinamica in sé, ma ne è un riflesso dell‟atto in corsa. Il soggetto, fenomenicamente, sta per 6 Bisogna contattare quella persona, motivare quell‟altra, parlare chiaro con un‟altra e far scrivere quella lettera, tener conto della situazione politica, etc. 7 È rappresentata dall‟abilità professionale. 8 L‟uomo è lupo per l‟uomo. 9 Divina poiché infallibile e sempre centrata. raccoglierla se posiziona quei mezzi, quelle esperienze, che gli consentono la leadership nelle circostanze. La lettura, la fabbrica dei mezzi va sempre tenuta allineata all‟imprinting primario della prima intuizione e ne va sempre verificata la conformità o la difformità ad essa. Non si può correggere l‟intuizione: l‟essere è e il non essere non è. Il guadagno è sempre onesto, è sempre conforme, non è disonesto o contro gli altri, perché l‟intuizione è sempre con il mondo, con il cuore della vita. Si è parte della dimensione dello spirito, il quale non può mai essere in contraddizione con se stesso. Esso muove apparenti contraddizioni, ma nell‟essenza è identità. L‟economia della grazia, l‟economia di ciò che è il business vincente a realizzazione globale è una conoscenza felice, che implica un dovere, una responsabilità. Non è un gioco, una truffa o una manomissione contro gli altri. Dove tutte le cose corrono ci sono delle preferenzialità ed ogni cosa viva si accomoda in quelle che più la identificano. Quindi il leader, quando è operatore economico vincente, è inevitabilmente coincidente con questa provvidenza fantasma, con quest‟anima che mantiene la vita, il buono, la tensione al miglioramento. Se gli uomini di responsabilità superiore studiassero un po‟ questa teoria, arriverebbero facilmente all‟esperienza, alla prassi dell‟intuizione per ciò che concerne il loro business economico, politico, sociale ed esistenziale. È facile ed è impossibile l‟errore o la confusione, perché l‟intuizione è deterministicamente: eccomi, sono così qui e adesso. Bisogna mettere insieme tutti i pezzi del mosaico, per avere quell‟opera d‟arte. Nessuna opera intralcia l‟altra, quindi compiuto un business ce n‟è subito un altro da fare. L‟intuizione può apparire in mille modi, durante una risata con gli amici, un amplesso, una preghiera, una solitudine, una musica, un sogno. Ci sono delle libere associazioni dove ci si sente chiamati per nome: „è così che si deve fare‟. Per esempio, l‟intuizione costantiniana in hoc signo vinces: a Roma le truppe di Massenzio erano straordinarie e Costantino non aveva eserciti regolari, ma intuì che utilizzando il simbolo della croce avrebbe ottenuto la vittoria. Fu, però, necessario trovarla. Durante la ricerca si rese conto che c‟era un solo popolo che la adorava: i cristiani. Quindi, facendo la lettura della radicalità sociale e tenendo conto della discriminazione razziale e religiosa, decise di usarli. Dette loro una forza, un ordine, una legge e con essi costituì il suo impero. Anche noi siamo un effetto di quella vittoria. Forse, se Costantino non avesse vinto quella battaglia, noi parleremmo un‟altra lingua. Egli non ebbe una rivelazione, ma una semplice intuizione. L‟intuizione, quando arriva, sembra non avere alcuna connessione con il reale conosciuto, perché, quasi sempre, questo è falso e viene da un‟informazione morta. Il mondo della vita, la realtà delle cose va in un modo, invece i diagrammi, le statistiche, le proiezioni bancarie sono solo opinioni di un gruppo sociale senza corrispondenza con il reale. Il leader vede questo flash, che sente rapportato ad una situazione molto forte, molto incisiva e di conseguenza istaura la relazione ed elabora la strategia da seguire. Mentre lo fa, si illumina. Poi, in silenzio anche con se stesso, comincia a costruire l‟opera, non ne parla e non chiede né una conferma né un giudizio, poiché l‟intuizione è autonoma ed a sé stante. Arriva e la si deve saper cogliere prima che sia passata, perché è come l‟impronta: se la si va a rivedere, in un secondo momento, non si coglie più chi era il viandante che l‟ha prodotta. L‟In Sé ontico si espone alla coscienza del soggetto attraverso rare e necessarie intuizioni nei momenti di costruzione fondamentale. Tutto il resto è consequenziale. L‟intuizione dà la direzione tranquilla al vantaggio integrale (economico ed esistenziale, cioè interiore con tutti i valori necessari) dell‟operatore, e conforme all‟ordine della vita o della dinamica degli eventi globali, ordine già intrinseco nel punto operativo del soggetto. Infatti, l‟intuizione è la proiezione immaginifica del quantico organizzato del reale inerente a quel soggetto in quel contesto. Dopo la notizia opportuna (casuale o per ricerca), la si identifica: 1) per campo semantico 2) informazione onirica 3) razionalità centrata come la più risultante dalla situazione integrale. […] Intuizione e Razionalità 1. Nel business, per rimanere competitivi sul mercato, per ottenere un successo durevole, per “stare al passo con i tempi” in una globalizzazione che ha ridotto ai minimi termini le coordinate spazio/tempo, per decidere la direzione da prendere in azienda, per vincere la concorrenza, per scegliere un socio o un collaboratore, per decidere un investimento o una diversificazione del prodotto, uno degli strumenti che si considera importante è l‟intuizione. Ingente la quantità di libri, corsi, seminari che promettono di insegnare “lo sviluppo intuitivo” e siti che trattano l‟argomento di come comprendere l‟intuizione, università che attivano corsi sulla business intuition o business and leadership program, e perfino laboratori (come l‟Intuitions Labs che cura molti progetti di ricerca sull‟intuizione per un approccio scientifico al problema); esistono anche molte società di consulenza in cui lavorano i cosiddetti “consulenti intuitivi”. Decantando questa realtà da estremismi tipo “compra il mio libro e diventerai intuitivo” o “segui il corso in videocassetta e saprai come essere intuitivo” o “ti insegniamo a credere alla tua intuizione”, è indubbio che “la giurisprudenza” su questo argomento stia diventando non solo sempre più corposa, ma anche sempre più consultata e seguita per prendere decisioni economicamente rilevanti. Dall‟altra parte ci sono i cosiddetti detrattori che sostengono non solo che sia improbabile che l‟intuizione sia d‟aiuto, ma spesso è fuorviante (Bonabeau), soprattutto in dinamiche relative alla complessità aziendale. Per questo si preferisce una sana pianificazione strategica con ridefinizione e riconfigurazione costante in tutti i reparti, settori e finalità aziendali. Le ricerche di mercato sono considerate sicuramente più affidabili di una scelta intuitiva di tipo di prodotto basata su sensazioni o sesti sensi. La posizione della FOIL è: “c‟è un‟intelligenza, l‟abbiamo tutti, alcuni di più: cerchiamo di capirla, perché questa intelligenza sarà una costante risorsa in tutte le problematiche di noi uomini, nel nostro Paese, nella nostra città, nella nostra vita privata, nella nostra azienda etc.” Per capire questa intelligenza è necessario conoscere il primo fondamentale muoversi dell‟uomo e cioè come l‟attività psichica si formalizza e soprattutto qual è la radicalità di questa attività psichica per comprendere in che direzione sta muovendosi e in che direzione, per natura, dovrebbe muoversi e che effetti sta formalizzando. È invisibile e lo studio implica una difficoltà che tutti coloro che vi si sono avventurati non hanno saputo risolvere. Ad esempio, si sa che il correre, il camminare, il saltare etc. si formalizza attraverso l‟attività motoria dell‟uomo e al giorno d‟oggi sappiamo come sono fatti i muscoli, come circola il sangue e in base a queste conoscenze possiamo allenarci in un modo piuttosto che in un altro, o dalla costituzione muscolare capire per quale attività motoria si è portati o addirittura variare la conformazione dei muscoli stessi per avvantaggiarsi ad esempio in alcuni specifici sport etc. Idem per l‟attività psichica, qual è il modo in cui procede per formalizzare quell‟effetto come il pensiero, l‟emozione, la memoria etc.? Ma soprattutto, gli studiosi o i “consulenti intuitivi” sanno come si muove o formalizza l‟attività psichica? Molti conoscono solo la parte conscia, ma l‟attività psichica cosa va a formalizzare nell‟inconscio e quello che lì formalizza come condiziona la parte cosciente? Quindi non si può parlare di intuizione se non si conosce come si muove l‟attività psichica e tutto ciò che vi è connesso. 2. Molti definiscono l‟intuizione come pensiero improvviso o emozione flash, altri un sentimento istintivo o un desiderio da comprendere o volontà improvvisa di fare qualcosa. Altri ancora ritengono sia una valutazione soggettiva istintiva, per alcuni la focalizzazione della mente nel proprio cuore, una sensazione accelerata di vita, un‟impressione e un‟immagine improvvisa, una comunicazione anomala, un‟informazione anticipata, una voce interiore, un sentimento istintivo, un‟impressione ispirativa, una fantasia sintetica, un‟idea e una sensazione improvvisa, un consiglio interiore, un segnale, un‟attrazione interna, intelligenza emozionale, la rivelazione del momento, un‟illuminazione. Queste definizioni sono ratificate anche dal premio nobel Kahneman che immette la componente emozionale nell‟intuizione. Tutte concordano comunque che avviene nella sfera inconscia del soggetto, il quale deve essere abile a rilevarla nella sua coscienza. Quanti sanno da cosa è formato l‟inconscio, serbatoio di tutte le informazioni non metabolizzate che ci vengono dall‟ambiente, delle nostre rimozioni e quanti sanno che contemporaneamente, anzi principalmente, è ordine perfetto della vita dell‟essere umano? Quanti possono affermare che quell‟emozione, sensazione o immagine deriva da un complesso o dall‟ordine perfetto? Quanti hanno gli strumenti per certificare questa differenziazione senza ombra di dubbio? Del linguaggio dell‟inconscio fatto di flash, immagini, sogni, sensazioni, percezioni etc., quanti hanno il codice di interpretazione reversibile con la realtà? Se non si risponde scientificamente a queste domande, come si può parlare di intuizione? Si rischia di confondere il complesso con quel flash che tanto si ritiene utile e significativo per la propria riuscita. Come, ugualmente, si rischia di perdere una preziosa intuizione perché ritenuta banalmente stereotipata. Ma soprattutto, tutte le “definizioni” appena citate non sono piuttosto degli effetti del processo intuitivo più che l‟intuizione stessa? Cioè, gli autori che parlano dell‟intuizione disquisiscono e analizzano gli effetti. La componente emozionale che rileviamo coscientemente, anche se non sanno da dove si origina, non può far parte dell‟intuizione. Questa è molto prima, è atarassia, imperturbabilità. “Infatti, al contrario di molti autori che premono su una percezione focale ed enfatica (emozione decisa e forte), l’intuizione si coglie al di là di ogni sospensione razionale ed emozionale. L’emozionalità, viscerale o cerebrale, è piuttosto legata ad un effetto 1) semantico, 2) complessuale, 3) o di consenso sociale. Invece, l’informazione che segna il progetto ottimale, è semplicità globale che azzera ogni peso del diverso”.10 3. Appare chiaro quindi che il volontarismo, le sensazioni, le emozioni, rilevate dalla nostra coscienza, sono già un effetto postumo dell‟intuizione che possono essere state già deviate o alterate da altre strutture inconsce che agiscono prima della presa di coscienza da parte dell‟Io logico storico. Ora l‟Io logico storico, attraverso il quale l‟intuizione si dovrebbe realizzare, riflette correttamente quello che l‟inconscio, intuizione compresa, comunica? Se per realizzare l‟intuizione è necessario l‟Io logico storico e questo è sbagliato, come posso pretendere di capirla per realizzarla? Cioè se lo specchio sul quale vogliamo rifletterci per capire se siamo spettinati o pettinati è appannato, come possiamo vedere se siamo in ordine o meno? Allora la FOIL si pone in un‟ottica completamente diversa da tutti coloro che parlano di intuizione. Rispetto a tutte le correnti di pensiero, l‟ottica della FOIL si sposta decisamente, in quanto l‟obiettivo non è comprendere come funziona l‟intuizione, ma è quello di andare a monte del problema affermando che non ha senso parlare di formare, cogliere o allenare l‟intuizione, ha senso formare (o meglio ripristinare) lo “strumento” attraverso il quale l‟intuizione si esplicita e realizza. Reso sano ed esatto lo strumento, ci si connette all‟intuizione, o molto più semplicemente, “automaticamente” l‟intuizione si dà. Quindi la formazione della FOIL mira a rendere l‟Io logico storico coscienza trasparente affinché semplicemente “legga” l‟intuizione e, fino a che non si dà una coscienza trasparente, l‟intuizione rimane solo un‟ipotesi perché dall‟inconscio, abbiamo già visto, emanano diversi e contradditori segnali che niente hanno a che vedere con l‟intuizione. La FOIL sostiene: prima autentichiamo l‟uomo, poi il suo agire secondo l‟intuizione è conseguenza diretta di questa autenticazione. Non ci sarebbe neanche più bisogno di parlare di intuizione, perché rientrerebbe nella sua norma di azione. Quindi se tutti parlano dell‟intuizione come qualcosa che occasionalmente si dà, per la FOIL, invece, normalmente e soprattutto 10 Cfr. A. Meneghetti, L’Apprendista Leader, op.cit. “costantemente” si dà. Immaginate le applicazioni in economia, praticamente il rischio economico è pressoché azzerato. 4. La sintesi dei precedenti punti è che per fruire l‟intuizione e distinguerla da tutto ciò che è emozione, volontarismo, complesso etc. bisogna cogliere come si sta muovendo l‟attività psichica. Per fare ciò dobbiamo rendere trasparente l‟Io logico storico da tutti gli stereotipi, complessi etc. perché rifletta come essa si sta muovendo. Per questo è necessario sapere qual è la radicalità dell‟attività psichica e cioè quale è il criterio (ISO) con cui essa si muove e formalizza. Inoltre è necessario sapere (visto che constatiamo comunque una sofferenza nell‟uomo) cosa impedisce il suo muoversi secondo la logica di natura e quali risultati, questa deviazione, produce (complessi, stereotipi, rimossi, emozioni, memorie, abitudini etc.), tali da non consentire la riflessione corretta dell‟Io logico storico. È necessario sapere quali sono le spinte che a livello inconscio sono prioritarie in quel momento nell‟individuo, quali sono le cause e le interferenze. E infine è necessario avere un codice di lettura reversibile per interpretare le immagini che l‟inconscio dà e consentire l‟autenticazione. Se si hanno tutte queste risposte, possiamo parlare di autenticazione dell‟individuo e conseguente comprensione e realizzazione della sua intuizione. Attraverso la consulenza di autenticazione, l‟individuo può fare metanoia, cioè riorganizzare tutti i suoi modelli mentali in conformità al progetto di natura, per riformalizzare un Io logico storico in grado di riflettere correttamente come si sta muovendo la sua attività psichica. A questo punto, se non si ha la conoscenza delle tre scoperte (In Sé ontico, monitor di deflessione e campo semantico) della metodologia ontopsicologica e il codice di interpretazione dei sogni secondo questa metodologia (garantito dalla reversibilità dei simboli, cioè la coincidenza del segno con la realtà che rappresenta), è impossibile conoscere e capire come l‟attività psichica si sta muovendo, conseguentemente è impossibile fare metanoia al fine di ripristinare la connessione dell‟Io logico storico con le pulsioni dell‟In Sé ontico. In pratica, nel fare autenticazione si disappanna lo specchio, per cui le direttive dell‟In Sé ontico, invece che essere saltuariamente (quando va bene) intraviste dalla coscienza, si possono comprendere sempre. Il processo di autenticazione fa sì che “evitando stereotipi e diadi, monitor di deflessione, campi semantici e certezze razionali, sorvegliando il giorno della propria coscienza, si entra nella visione ontica, che è appunto l’informazione intuitiva nella situazione variabile. Dal cuore dell’inconscio, dove inizia la struttura e progettualità del genoma umano, emana l’informazione dell’In Sé ontico: essa è immediata, totale, formale. Essa dà l’informazione diretta per il proprio vantaggio in quanto è contemporanea ai risultati e si forma dall’intrinseca relazione tra individuo e situazione, per cui dà le coordinate proporzionali tra i punti forza del contesto e il soggetto: è automatismo ontico-esistenziale. Segna la direzione ottimale e possibile. Fa parte della visione intellettiva o conoscenza d’impatto”.11 Senza metanoia non è possibile cogliere l‟intuizione, se non sporadicamente, qualche volta, per poi il più delle volte tradirla subito o semplicemente scordarsene. La consulenza di autenticazione serve quindi non solo a rilevare l‟intuizione, ma consente all‟individuo anche di realizzarla concretamente, indicando di volta in volta i passaggi storici per attuarla. 5. Supponiamo, a questo punto, che si cominci a leggere qualche libro di Ontopsicologia e che quindi si comincino a scoprire alcuni aspetti relativi alla propria psicologia, al proprio modo di vivere e a tanti altri interessanti argomenti, come l‟importanza dell‟impatto viscerotonico, l‟importanza di saper ascoltare il proprio corpo etc. Può nascere un errore, e cioè l‟abbandono repentino e totale del processo razionale fino a quel momento vissuto e seguito. Di per sé non sarebbe un errore se non fosse che, per quelle poche interessanti nozioni appena acquisite, si pensa di poter gestire da subito quello che fino a quel momento non si era mai riusciti a 11 Cfr. A. Meneghetti, L’Apprendista Leader, op. cit. gestire. Il fatto di possedere la prassi clinica dell‟Ontopsicologia non significa essere dei completi conoscitori della teoria scientifica ontopsicologica. In pratica, per il fatto di saper dire “botte di vino”, il soggetto crede veramente di possedere una botte di vino. E a questo punto tralascia le sedute di autenticazione (tanto ormai ha capito come in fondo le cose vanno) e comincia a sostituire il processo razionale da continui: “Mi fa male lo stomaco quindi… Ho avuto un‟immagine appena mi ha parlato quindi… Ho la sensazione che… quindi ... Ho fatto un sogno quindi …” . L‟errore non sta nell‟immagine o nella sensazione che ha avuto, bensì nel fatto di non verificarle con strumenti e professionisti riconosciuti, ma semplicemente con un self-service di nozioni accozzate senza il benché minimo riferimento alla struttura scientifica ontopsicologica, e secondo una sua personalissima opinione. L‟errore sta nella “sostituzione” irresponsabile che fa della razionalità con ciò che lui definisce intuizione. In pratica cerca una scorciatoia in più per non responsabilizzarsi e per attuare più velocemente il suo complesso e conseguente autosabotaggio. L‟Ontopsicologia esiste ormai da oltre trenta anni e centinaia di persone nel mondo, che ne hanno avuto vantaggio intellettivo ed esistenziale, tendono a ridurla su connotazioni non scientifiche, basandosi sul fatto di aver fatto qualche seduta. Nella seduta si parla del cliente, non si parla del metodo ontopsicologico. L‟Ontopsicologia sarà sempre a funzione del cliente, ma il cliente non deve illudersi di sapere cos‟è l‟Ontopsicologia - anche se avesse fatto un training di autenticazione - finché non la studierà in prima persona con tutta la serietà che comporta una scienza razionale. La FOIL quindi è un servizio all‟intelligenza dell‟uomo ed è interessata soprattutto all‟applicazione in campo imprenditoriale. Per fare questo è importante la formazione intesa come processo di autenticazione attraverso il metodo ontopsicologico per consentire il rilevamento della business intuition da una parte, e l‟insegnamento della razionalità tecnica necessaria per l‟aerea di interesse economico del soggetto che consenta la realizzazione storica dell‟intuizione. 1) L‟intuizione è innata nell‟essere umano, si possiede e si sa nella norma di natura dell‟In Sé ontico. Ma la sua rilevazione è stata persa nel processo educativo non conforme al progetto di natura. 2) Non può esistere una scuola, un corso universitario o altro che possano “insegnare” l‟intuizione. Non c‟è scuola per apprenderla, e neppure esperienza. Quando si parla di intuizione ci si può riferire solo all‟autenticazione dell‟individuo. 3) Per cui, per fruire l‟intuizione, bisogna fare autenticità continua, psicoterapia totale da stereotipi e complessi; ne va ripristinata la comprensione attraverso autenticazione interiore dell‟individuo e non attraverso insegnamento di “tecniche intuitive” esterne. 4) Per l‟autenticazione si può utilizzare solo la metodologia ontopsicologica perché in grado di capire e spiegare i processi psichici e interpretare con un codice di lettura corretto le immagini che l‟inconscio comunica, indispensabili al processo di autenticazione. 5) Il riscontro di questo lo si è avuto in trenta anni di risultati mai smentiti. 6) Perché si possa parlare di intuizione non è sufficiente studiare o leggere qualche libro di Ontopsicologia, ma è necessario in contemporanea anche un processo di autenticazione continuo. 7) Perché si possa parlare di intuizione, oltre ad un processo di autenticazione continuo, è necessario in contemporanea lo studio razionale dell‟Ontopsicologia. 8) Senza questo binomio si fanno più danni che altro. 9) Quindi, per tutti coloro che non conoscono l‟Ontopsicologia, o che non la conoscono a fondo e correttamente, è meglio seguire il normale processo razionale perché altrimenti si rischia di confondere l‟intuizione con altri processi emozionali inconsci che nulla hanno a che vedere con essa. In questo caso, seguendo la razionalità si fa sicuramente meno danno di quando si segue una falsa intuizione di origine complessuale. […] Monitor di deflessione: impresa e sistema programmatico12 1. Come la precedente conferenza13, questa esposizione si riferisce ad un testo abbondante14 che, insieme al libro L’In Sé dell’uomo, comincia il suo cammino nel mondo interessato alle variabili dell‟economia. Nella lezione precedente, ho introdotto il campo dell‟intuizione, cioè lo stare dentro dove le cause muovono conseguenze, in modo non approssimativo, ma così preciso da non lasciare neppure un margine entropico. Questa intuizione si enuclea da ciò che è definito come l‟In Sé dell‟uomo. È dote intrinseca alla struttura originale dell‟essere umano, per come la natura ha costruito e proposto questo ente storico, economico, affettivo, intellettuale e anche di azione globale, metafisica che è l‟uomo. Un primo aspetto che confonde questo originale principio che dà l‟esattezza di presa di contatto, di efficienza e di risultato è la constatazione, l‟esperienza di continua confusione che possiamo osservare già da secoli, ma soprattutto nel nostro tempo. In tutta la mia esperienza culturale non ricordo un‟analisi, una premessa, o una prognosi più o meno riuscita in economia fatta dagli esperti omologati: si fanno previsioni, e i fatti poi vanno da un‟altra parte, sempre. Ogni indicatore economico si appoggia sulle indicazioni di altri, che a loro volta si appoggiano ad altri ancora. Banche, grandi politiche, statutari di business internazionali non sono all‟altezza di cogliere l‟infallibilità o il processo semplice di come l‟intuizione nella sua locale cellularità coglie ed evolve, soprattutto quando si avvia la grande strategia multinazionale, multipersonale. Anche quando ci si appoggia sul doveroso aiuto sociale (che implica però sempre una responsabilità, quindi una coscienza tecnica capace di gestire un bene a funzione di molti), è sempre necessaria un‟intelligenza architettonica che non deve essere smentita da costanti errori o approssimazioni statistiche. Anche oggi, ad esempio, il mondo economico indica il suo prossimo futuro, che ovviamente è sbagliato. Dal momento che però esiste questo primo principio originale che consentirebbe il riferimento dove le cose camminano e di poterle quindi scegliere in vantaggio, da cosa dipende questo magmatico errore di coscienza, di analisi? Non tanto dalle nostre tecniche, dalle nostre razionalità applicate o da tutti i meccanismi di conoscenza che abbiamo, quanto dalla strategia di impostazione di piccoli e grandi operatori che non vedono, non sanno il punto. Per quale ragione? L‟analisi e la ricerca ontopsicologica – considerata attraverso molti parametri incrociati, quindi non soltanto i classici parametri utilizzati per analizzare un evento, un processo, ma tanti altri – ha scoperto che, accanto a questa struttura formale di In Sé ontico, si sovrappone e si adegua un elemento, un modo, uno stato di coscienza, una cultura diffusa presente per lo meno in tutti i popoli che abitano su questo pianeta. Si tratta di una struttura univoca che corre in parallelo con tutti i processi della vitalità dell‟In Sé ontico. Esiste, in sostanza, una programmazione razionale che si insinua e si assimila a tutto ciò che è il processo, l‟accadimento dell‟intuizione. Il nostro modo di conoscere viene polarizzato da un insieme di esperienze sensorie, materiali e chimiche; in realtà, però, quando nell‟individuo arriva a formalizzarsi una conoscenza, essa è un‟immagine, una specie impressa (come dicevano gli scolastici)… espressa, cioè il nostro intelletto, la parte prima, invisibile ma evidente nei suoi effetti: intelletto passivo, intelletto agente. Cogliamo il reale attraverso mediazione di immagini. La nostra ultima coscienza emozionale, razionale, mnemonica, agisce sempre attraverso sintesi, estremi, cioè attraverso dati raccolti da un reale molteplice. Quando vogliamo inseguire un processo di realtà sui monitor dei nostri computer, ad esempio, ci dobbiamo affidare a simboli chiari per quell‟operatore, ma là dove digitiamo 12 Milano, 25 ottobre 2003 Che infatti si riferiva al testo L’In Sé dell’uomo, di A. Meneghetti, op. cit. 14 Cfr. A. Meneghetti, Il monitor di deflessione nella psiche umana, Psicologica Ed., Roma 20034. 13 processi razionali o immagini non vediamo la succosità della mela, la fragorosità dell‟oceano o l‟intensità dei profumi. 2. Certamente si può arrivare con degli elettrodi a dare impressioni che non sono originali, e le nostre conoscenze sono operate sempre attraverso una costante simbolica. In sostanza, nel nostro ultimo specchio – la coscienza, monitor di mediazione del mondo fisico percepito nell‟unità soggettiva – ci sono diversi passaggi, alla fine dei quali abbiamo una sintesi, un simbolo attraverso il quale cataloghiamo, conviviamo le cose attorno a noi e decidiamo la nostra esistenza di vita, di morte, di bene, di male. Anche i nostri amori e i nostri istinti sono alla fine convissuti da questo modo di percezione della nostra coscienza. Dalle radici quadrate che abbiamo desunto o che altri ci hanno indicato come i bottoni della realtà, operiamo sostanzialmente tutte le nostre razionalità. Volendo sintetizzare, abbiamo una conoscenza esterocettiva nella quale il nostro organico percepisce l‟insieme territoriale dove esistiamo, comunque esso sia. Questa conoscenza si definisce esterocettiva in quanto accumula, assimila, percepisce, impatta, interagisce con tutto ciò che è l‟immediato reale, prossimo, contiguo, vicino, interattivo della circostanza della situazione in modo matematico, geometrico. Il termine “esterocettivo”, quindi, indica la percezione del reale in quanto esterno, ma ormai afferente in modo tale da alterare il nostro modo di essere e di esistere. In questo il nostro organismo è strumento preciso dotato dalla natura, che nel porre le proprie unità di azione le lascia convivere nell‟ecosistema planetario. Dolore, amore, emozioni… qui sembra tutto esatto nella misura in cui un individuo è in buona salute in senso medico, elementare. Dopo questa percezione ne selezioniamo una propriocettiva: nell‟insieme dei reali sintetizziamo ciò che è preferenziale. Si immagini ad esempio di recarsi alla stazione o all‟aeroporto, dove ci sono migliaia di persone. Dopo aver avvertito la folla caotica puntualizziamo, focalizziamo alcune conoscenze, alcuni impatti, e ci indirizziamo alla selezione di ciò che ci propriospecifica, ci propriocettiva, quel reale cioè che è intimo, che ci coesiste dentro. Selezioniamo quindi ciò che, per un motivo o per un altro, ci è più esistenziale nel nostro qui e adesso. Tra i molti in azione, selezioniamo la persona attesa. Chiamiamo questa conoscenza percezione propriocettiva: dall‟esterocettiva globale facciamo una selezione di ciò che ci riguarda, che riguarda il nostro interesse, tutto ciò che siamo, sembriamo, esistiamo. Le altre percezioni vengono escluse, annullate. Vengono interiorizzate le conoscenze che ci identificano di più. Così come l‟esterocettiva, la conoscenza propriocettiva è dimostrata esatta: l‟organismo, il nostro modo di percezione si rivela corrispondente, reversibile. Sia nella percezione esterocettiva che in quella propriocettiva, infatti, andando a verificare se ciò che viene percepito esiste, c‟è reversibilità, corrispondenza. Sia che si conosca nella simbolica, nell‟immagine, nel movimento neuroelettrico, nella variabile di elettroni nel proprio sistema cerebrale e ciò che agisce è fotografato all‟esterno, sia che si legga ciò che è stato essenzializzato dalla propria conoscenza propriocettiva o esterocettiva, la propria percezione e il reale esterno coincidono: tutto corrisponde, qui o là è la stessa cosa. Ciò rivela l‟esattezza di percezione, di conoscenza e di interazione. C‟è poi un terzo livello di conoscenza, quello egocettivo. All‟interno di questo processo conoscitivo c‟è un filtro, un revisionamento, una superanalisi critica che si chiama Io, coscienza, tradizione, cultura, morale: qui personalizzo il reale in me, e il come poi intendo reagire o interferire nel reale esterno. Esiste un modulo di frequenza costante che è proprio la caratterialità del soggetto. Essa lo costituisce come persona, cioè come perseità, come modo estremamente soggettivo ma che ognuno di noi ritiene il sommo, il più importante, il più elevato, il più reale. La conoscenza egocettiva è la selezione ultima, analitica, ideologica, intellettuale. In questa nostra coscienza, che dovrebbe in realtà riflettere come le cose sono e in un secondo momento indicarle come adatte o meno adatte, per me o contro me, avviene la selezione di interventismo deterministico della volontà. In questa terza fase di conoscenza egocettiva avviene cioè una costante interferenza che in Ontopsicologia è chiamata monitor di deflessione (m.d.d.). Esso può essere paragonato ad una televisione che all‟inizio funzionava fotografando il reale oggettivo esterno ed interno; per guadagno di tempo, di esistenza, per raggiungere i primati che gli altri hanno costruito lungo i secoli di cultura, l‟individuo cerca di seguirla per avvantaggiarsi in successo, in crescita. Questo è l‟enorme favore della civiltà di tutti i secoli alla specie umana: la scuola, l‟istruzione ci danno il vantaggio di millenni. In poco tempo un individuo si può arricchire di ciò che è stato lo sforzo o anche l‟ecatombe – bisogna verificare – di milioni di altri che hanno lavorato nel proseguire evoluzione o altro della nostra esistenza. L‟individuo però resta poi fisso al quadro informatico di questa televisione ormai stabilizzata: legge solo questa e non perde più tempo a verificare la reversibilità, la corrispondenza tra sapere ed essere, conoscenza e realtà, razionalità e consistenza materica del mondo. Si fissa, si stabilisce in totale fiducia in questa lettura esclusiva, univoca. Questa lettura, questo quadro, questo monitor è convissuto da tutti i propri simili, da tutte quelle persone che hanno un accreditamento di valore e che quindi si stimano (gli insegnanti, ad esempio), tutti coloro che in gergo di azione o di valore si possono definire superiori; per cogliere il reale, allora, si preferisce la lettura, l‟insegnamento, le filtrazioni che hanno fatto persone ritenute superiori per arrivare a cogliere la realtà. 3. Il m.d.d. propone una realtà certa, assoluta, inderogabile. Quando però ho fatto la verifica dei miei sistemi critici di analisi incrociata, non c‟era reversibilità, non c‟era ritorno, non c‟era l‟incontro tra coscienza e reale. Era facile ritenere che ciò fosse dovuto all‟educazione, o in un primo momento alla mia ignoranza, ma erano tanti che sbagliavano, c‟erano tante malattie… Questo congegno fu rilevato sul piano di cura a tante malattie ritenute croniche o mortali. Applicando l‟ipotesi, mettendo cioè questa costante, questa cifra nel conteggio razionale degli eventi, avevo sempre risultati certi, come, ad esempio, la sparizione del sintomo. Non mi sono preoccupato di capire cosa fosse questo m.d.d., ma avevo riconosciuto e imparato che immetteva informazioni aliene, improprie, standard non omologabili con il processo di realtà e soprattutto non omologabili con la mia identità ed il contesto del mondo, del luogo o della situazione dove io ero attivo. Nel contatto con altri uomini, in esperienze di popoli nel nostro pianeta, inoltre, avevo notato che certamente esistevano emozioni, culture, tanti modi – tutti belli – ma che l‟ipotesi di questa cifra costante deviante dal contesto estero e propriocettivo del reale era uguale in tutti: nel cinese, nell‟africano, nell‟italiano, nel tedesco, nell‟eschimese. Variavano le persone, il contesto storico, il modo di conoscere, dei gusti, di civiltà, ma questa scacchiera, questo monitor deflessivo era costante. Ripeto che verificarlo nella sua essenzialità per me non è stato interessante; piuttosto mi interessava evitarlo per raggiungere l‟informazione base, elementare della vita, di ciò che funziona in me come nell‟universo, nell‟individuo come nel contesto della vita, quel momento che dà l‟iso, il conforme al reale generale totale. Il monitor di deflessione è un meccanismo che agisce esclusivamente su fotogrammi, onde speculari, quindi non necessariamente su organi. È un sistema operativo di informazione che si assembla, si appoggia su reali funzionali, un‟immagine come quella del sogno, dell‟intuizione, come tutte le immagini sintetiche che poi gestiscono la nostra azione. Esso è fotonico, si appoggia, si costituisce e si alimenta sui passaggi. Fortunatamente è nata anche la conoscenza e l‟esperienza di ciò che è la memetica, di cui giustamente si parla in tante ricerche avanzate15. Esso è un‟informazione che si presenta come costitutiva dell‟originale, ma che in realtà si appoggia su un vivente: il meme è un parassita che può vivere finché esiste la dinamica della vita, 15 A. Meneghetti e AA.VV., Ontopsicologia e memetica, Psicologica Ed., Roma 2003. comunque essa sia. Esso è un curriculum, una filmica appoggiata in tutti i processi neuropsichici, sensoriali e alla fine anche intellettivi. Quando arriviamo ad essere operatori attraverso la nostra coscienza (che certamente non totalizza il cosiddetto mondo dell‟inconscio, cioè il cosiddetto mondo del reale della vita) essa è appoggiata prioritariamente sull‟ipse dixit, sullo statutario, su ciò che è la super-informazione sistemica. Coscientemente non è determinata da nessuno; piuttosto è un fatto che esiste. L‟umanità, del resto, ha una storia molto più larga e lunga, e non abbiamo la documentazione reale di ciò che è stato realmente vissuto. Per cui siamo privi di documentazione storica sull‟iniziale interferenza del m.d.d., ma è oggettivo il riscontro di una manipolazione non intrinseca alla specie biopsichica dell‟umano. Il m.d.d. si omologa, si unisce, esattamente come la cellula cancerogena all‟inizio si unisce alla cellula sana, per cui – portando un esempio di biologia – è dalla realtà delle cellule staminali (che sono propellenti rivitalizzanti, generative, sono cioè la stessa fonte della vita, almeno nel sistema biofisico) che si enuclea anche la formalizzazione, l‟architettura di tutto ciò che è il cancerogeno. Nei sistemi razionali e di percezione, se vogliamo, anche trascendentale, il m.d.d. può omologarsi in ogni costituito intelligente vivente, e può derivare da altre civiltà. Il meme, il m.d.d. vive nell‟onda, nella filmica delle informazioni trasmesse l‟una all‟altra, e non deve passare necessariamente per via biologica. L‟appoggio è facile, perché ogni essere vivente ha una sua struttura e conseguentemente una sua tecnica che deve essere funzionale all‟organico: dal momento che abbiamo una struttura che è tecnica – quindi concetti razionali di azione – su questo identico principio può appoggiarsi l‟architettura di una informazione sistemica, cioè unitaria in se stessa, standard, fissa, con punti programmatici, che può omologarsi in qualsiasi cultura a condizione che ci sia l‟unità di vita del soggetto, l‟unità di costante H, come si definisce in Ontopsicologia16. Essa è il tipo causale che formalizza la specie umana nell‟universo dei viventi. Il tipo biologico, vivente, intelligente ha cioè un sistema psicolinguistico, di grammatica, sintassi, agente, azione, relazione, e si stabilisce così il primo triangolo (io-sistema-tu) per consentire il dialogo, in processi infiniti delle comunicazioni o delle informatizzazioni. Il meccanismo vi si adegua automaticamente, entra in quanto ha tutto il predisposto per potersi inserire e sopravvivere finché ci sono disponibilità bioenergetiche – in questo caso – dell‟umano. L‟aver colto questa novità extra non prevista dalla logica essenziale della vita, almeno nella nostra specie, consente di poter vivere l‟attualità semplice di come la vita intende, agisce, varia se stessa. Per dare un‟immagine di quanto sto scrivendo, consideriamo questo disegno: 4 3 1 2 2 1 1 – zona esterocettiva 2 – zona propriocettiva 3 – griglia o schermo di elaborazione dei dati indotti 4 – zona di riflessione egocettiva 16 Cfr. „La costante H come intenzionalità antropologica‟ in A. Meneghetti, Il criterio etico dell’umano, Psicologica Ed., Roma 20022. Nel suo totale può indicare un‟unità di azione di un essere umano, con la sua centralità di In Sé ontico. Il numero (1) indica la conoscenza esterocettiva, il numero (2) l‟esperienza, la conoscenza propriocettiva, in quanto l‟interazione dell‟impatto viene assimilata all‟interno, dove esiste un selezionatore di identità (cioè se quella conoscenza, se quell‟impatto è favorevole o negativo, nel qual caso si determina poi la reazione di ricezione o di estromissione, di metabolizzazione o di espulsione). Da queste due conoscenze si dovrebbe procedere ai livelli volontari della coscienza, la zona (3). In questa terza fase, dove dovrebbe esistere l‟ultima coscienza egocettiva, troviamo in realtà una griglia, una selezione standard che filtra queste conoscenze e si attiva su di esse. È cioè una conoscenza memetica che imita senza originale, imita senza reversibilità. Al nostro Io logico storico, punto (4), cioè alla nostra ultima determinazione decisionale, arriva un‟informazione che noi riteniamo esatta, totale, e da questo punto (4) poi selezioniamo noi stessi e il mondo a noi prossimo. Stando così le cose, essendoci questo intrinseco deformatore psichedelico appoggiato sulla corsa delle trasmissioni fotoniche di cui è dotato il nostro apparato cerebrale, il soggetto di superiore livello di azione gestisce il reale in modo distorto, non conveniente, non realizzante in conformità. Quando va a confrontarsi con altre conoscenze, quando si confronta con altri simili, le percezioni propriocettiva, esterocettiva ed egocettiva possono variare, ma l‟intromissione del meccanismo del m.d.d. determina l‟imbarazzo, la confusione, determina quel mondo che tutti sappiamo per esperienza continua. Crediamo ciò che si deve credere in quanto proposto-imposto da altri e crediamo che quella è la verità; mai quella che soggettivamente e individualmente percepiamo. Il reale quindi non si dà, non perché io non sono reale, ma perché io reale quando voglio incontrare il reale uso un mediatore deflessivo, alienante. Lo schermo o griglia è una sorta di relè tra l‟organico e l‟Io che viene automaticamente azionato ad ogni passaggio o variazione dell‟organismo informante. Per fare un esempio. Nei processi della giurisprudenza i fatti dovrebbero alla fine risultare come sono accaduti, ma in realtà essi saranno omologati e certificati solo in base alle testimonianze, cioè in base a conoscenze fuori contesto oggettivo. Il peso giuridico, la condanna, l‟assoluzione, lo spostamento di interessi avviene in base ad un percorso, ad un discorso di sintassi di carte, di documenti costruiti, “aggiornati”. Per quanto la nostra giurisprudenza possa essere esatta, qui o in qualsiasi altro paese, questo errore è intrinseco, e se vogliamo eliminare questo errore dobbiamo eliminare tutti gli intervalli tra reo e giudice. Questa griglia è cioè diventata l‟elaboratore generale dei metabolismi psicoemotivi, il costitutivo della nostra esistenza. La nostra conoscenza avviene attraverso passaggi che ci danno la possibilità di riflettere, specchiare il reale, catalogarlo in simboli operativi per avere la reversibilità. Questo succede se lo specchio è esatto. Esso, però, è deformante e ciascuno di noi si accomoda la cravatta secondo quanto lo specchio comunica. Dovremmo avere una coscienza che coesiste, che sta insieme con l‟essere, il reale (il termine coscienza significa infatti sapere insieme all’azione). In realtà abbiamo una coscienza deflettente che specchia uno standard di informazioni che alterano poi la nostra realizzazione. La griglia, quindi, si attiva su principio di un relè e funziona come un calcolatore: assorbimento dati, elaborazione dei dati secondo esigenze programmate in anticipo e trasmissioni informatiche all’Io. Voglio far notare che questo testo17 è stato scritto negli anni 1960, prima che comparissero i computer nel mondo delle civiltà: queste cose le scrivevo con la mia piccola macchina da scrivere Olivetti. Il grande mondo digitale è venuto dopo, e così pure i primi libri di memetica. Quando dovevo capire, curare, aiutare una persona, usavo l‟intuizione che avevo sull‟In Sé ontico del soggetto, non sulla sua coscienza e neppure sulla mia. La griglia, quindi, si attiva su principio di un relè: entra l‟energia, scatta automaticamente e agisce come un calcolatore. Cosa fa il nostro calcolatore? Raccoglie e seleziona dati, ma solo quelli che sono stati previsti: raccoglie i dati pensati dal programma, non coglie tutto. Non solo. Dopo l‟assorbimento dati il calcolatore li elabora, e questa elaborazione non viene data in modo oggettivo, 17 Il monitor di deflessione nella psiche umana, op. cit. ma in modo funzionale al programmatore, in modo funzionale a chi ha stabilito il programma. I dati vengono cioè elaborati secondo esigenze programmate in anticipo, e vengono operate delle trasmissioni informatiche all‟Io. Recepiamo quindi le conoscenze, il reale, dopo questa elaborazione dati non costruita da noi stessi o da altri veri come noi. L‟intuizione infallibile è quindi possibile solo a quell‟operatore economico che è in grado di coscientizzare i dati della realtà, del mercato, del personale, dei sindacati e di omologarli alla presa della sua coscienza connessa con il suo individuale In Sé ontico. Deve cioè fare l‟esame di quei reali, di quelle informazioni esterocettive e propriocettive e di come poter operare in tutto questo il proprio interesse, la propriocettività del sistema economico. Tutto questo dà l‟infallibilità se il soggetto raccoglie e fa l‟analisi escludendo l‟interferenza del m.d.d. Ciò è possibile, e a livello scientifico (l‟Ontopsicologia ormai è tecnica di conoscenza) si afferma che l‟Io può essere reintegrato come autentica riflessione organismica, come autentica fotografia del reale solo attraverso la mediazione di un tecnico preparato nella realtà dell‟inconscio che verbalizzi o rifletta il concreto propriocettivo. Il tecnico ridà al soggetto il punto di realtà di se stesso: non insegna, ma rimette il soggetto a pieno regime della propria intuizione, e indica come evitare le informazioni del m.d.d. Quest‟ultimo infatti si insinua nei sentimenti, nelle scelte di qualsiasi forma (etiche, ideologiche, politiche, di noi stessi), nel sogno e in tutto ciò che è preoccupazione esistenziale del mio qui e adesso: sta dovunque si faccia azione o si esiste, indifferentemente che si pianga o che si rida. Quando si vuole incontrare se stessi, in realtà si sta passando attraverso la raccolta dati catalogata e filtrata da questo standard psichedelico. 4. Come si può quindi distinguere l‟intuizione, la conoscenza ontica da questa informazione memetica appresa e ovviamente enfatizzata da tutti i nostri sistemi di informazione, dal ridicolo, al tragico o al sacrale? Tutto, infatti, è in questo contesto di mediazione tecnica del m.d.d., e siamo fuori dalla medianicità, dall‟autenticità del semplice reale delle cose. L‟informazione del m.d.d., innanzitutto, è ripetitiva, costante, si stabilisce molte volte in modo ossessivo. Ci si sveglia durante la notte, mentre si guida la macchina, si sta in un consiglio dove determinare cose forti, e si sente questa idea: è un‟informazione che ci occupa, e la si sente prioritaria, azzavorrante in tutta la scatola cranica. Anche quando facciamo dei confronti con altre conoscenze (cosa dice quel commercialista, quell‟avvocato, quell‟impresario, il Financial Times, come vanno le banche a Wall Street…) si conferma, perché ha un modo di selezionare la raccolta dati – garanzie scritte, contratti etc. – ed una sicurezza cerebrotonica che rimane persistente. Ha un appoggio di ciclicità, di riferimento alle conoscenze esterne e alle nostre memorie. Il m.d.d. si è cioè immedesimato sulle nostre prime esperienze conoscitive, e sin dall‟età di quatto/sette anni è già stabilizzato, in quanto a quest‟età entra in gioco il linguaggio psicolinguistico: il soggetto formalizza ormai la relazione attraverso il linguaggio, ed è a quest‟ultimo più che al pensiero che il m.d.d. si consocia diventando poi un linguaggio di coscienza (lo stile, il modo, la struttura accademica, cioè la precisione dati…). Si aggiorna su alcune memorie e su alcune esperienze che vengono selezionate a caso ma che poi restano programmatiche: l‟incontro con quel professore, padre, sacerdote, psicoterapeuta, commercialista etc. Queste memorie diventano le matrici di appoggio di costanza del comportamento psicomentale razionale del soggetto in tutte le cose che fa. L‟informazione del m.d.d. è quindi persistente, ed è avallata dalla selezione dell‟informazione culturale e dagli appoggi delle nostre memorie, che sono sempre standard: un amore, un pianto, un gioco, una caduta non necessariamente traumatica, come sosteneva Freud nella scena primaria. Può essere una cosa qualsiasi, ma ritorna ripetitiva come un film che si è incantato su quell‟immagine: psicoplasma e orienta il determinismo della nostra volontà razionale. Di conseguenza va poi nei sogni, nelle emozioni, in tutte le apprensioni, negli stati di preoccupazione… può andare in angoscia, in sbagli evidenti che poi fanno karma, etc. L‟intuizione, invece18, è una cosa semplice. Ti dice: “Ecco!” Dove sta la chiave? “Sul tavolo!” Non è che si comincia a pensare: “Dunque, la chiave la doveva avere lui, in quanto il custode…”, non si fa il circuito, la chiave sta là, è un‟evidenza semplice. Andandoci ad appoggiare un circuito ipercritico, sembra assurda. Però la problematica esterna chiama la soluzione, e qualcosa intimamente risponde: “Ecco”. Senza allarme, senza passione, senza paura, “Ecco”. È un ecco indifferenziato, un attimo, un momento, e sembra emanarsi dal secondo cervello viscerale 19, sembra evidenziarsi da tutto ciò che noi siamo, esistiamo. È là, se non la si prende subito scompare. E il soggetto, quasi sempre, non la prende subito perché si ritiene questa intuizione improvvisata, fuori posto, fuori senso. È un‟evidenza, una conoscenza ottimale data in apparente caso, ma che ha una correlazione dei dati della realtà. È soltanto quello il passaggio ottimale, di scontro o di soluzione. Quindi bisogna prendere questa conoscenza e provare a orientare, a programmare tutto il mondo dei propri mezzi, delle proprie conoscenze. L‟intuizione è una presa in atto, non è un elaborato di coscienza. Si dà appunto perché, dal momento che si è in quella situazione, c‟è questa concentrazione di tutte le segnaletiche o informatiche della realtà propriocettiva per se stessi (quindi specifica per sé) che dà lo specifico del successo, della realizzazione. Alle prime difficoltà esterne bisogna guardare il progetto (non quello di programmazione): “Ho stabilito questo”. I programmi non contano, l’intuizione vuole costante la variabile, l’adattamento del progetto secondo circostanze più o meno adatte che si inverano, si certificano, accadono durante il cammino. In sostanza si entra in una visione di architettura artistica. Almeno per come la conosco io, l‟economia è architettura artistica: è bella, è un gioco di intelligenza come tanti altri fattori nobili all‟interno dell‟uomo, e dà tante soddisfazioni concrete. Innanzitutto, però, l‟economia centrata è un cibo, un nutrimento per lo spirito. Non c‟è dunque il passaggio della griglia, della razionalità memetica: l‟esterocettività entra nell‟impatto propriocettivo specifico del soggetto (i suoi interessi, la sua vita, la sua intima autenticità) e la riflette con una coscienza trasparente, quindi uno specchio riflettente che dà il reale. A questo punto l‟Io ha un banco dati reversibile, opera cioè con questi simboli razionali sulla realtà esterna e c‟è la corrispondenza, la reversibilità: il programma agisce nel reale esterno e dà il ritorno previsto. Si può anzi affermare, in base all‟esperienza, che lo dà maggiorato: si fa un programma per 100 e si raccoglie più di 1000. La metanoia, quindi, è un cambiamento di razionalità, l‟eliminazione della specularità deformante. Occorre cioè ritrovare il passaggio tra l‟Io cosciente e il dato dell‟In Sé ontico, cioè il dato di natura. La metanoia non è una questione religiosa, paranormale, piuttosto è come togliersi il fumo dagli occhi, togliersi gli occhiali sbagliati e toccare. Questa tecnica sembra complessa perché vogliamo capire la semplicità acquatica, amebica con il m.d.d., con la nostra razionalità standard, e allora non sarà mai evidente, non sarà mai reale. Voglio cioè capire l‟acqua potabile con un tubo di ferro tra la mia bocca e le mie viscere. Togliamo il tubo di ferro, e l‟acqua potabile viene subito sincerata, certificata dalla reazione nel nostro organico. Bisogna cioè ripartire da una riscoperta progressiva di se stessi, ed iniziare questa tecnica, dopo la quale l‟individuo si incontra con la realtà, e a quel punto può diventare operatore razionale su un banco dati reversibile, non più segnato da un programmatore che ha perso l‟originale. 18 19 Cfr. In Sé ontico: fonte dell’intuizione operativa in questo stesso testo. Cfr. B. Dander, „Il primo cervello e l‟Ontopsicologia‟, in Nuova Ontopsicologia, n°1/2001, pagg. 38-43, Psicologica Ed., Roma.