ASPETTI PEDAGOGICI DEL GIOCO DEL RUGBY
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ASPETTI PEDAGOGICI DEL GIOCO DEL RUGBY
ASPETTI PEDAGOGICI DEL GIOCO DEL RUGBY LA NASCITA DEL RUGBY Nel XIX secolo in moltissimi colleges inglesi, il gioco del pallone era molto in voga benché si differenziasse da college a college, secondo l'uso che si faceva delle mani e dei piedi. Ma il 1° novembre 1823 accade un fatto, allora insignificante, che doveva però dare inizio alla disciplina sportiva del rugby moderno. Mentre giocava con i compagni nel prato della Pubblic School di Rugby, l'irlandese Williams Webb Ellis con grande dispregio delle regole allora in vigore, prese la palla tra le braccia e corse con essa determinando così l'origine di una delle caratteristiche essenziali e distintive del gioco del rugby. L'irregolarità di Ellis consisteva non tanto nel fatto di aver afferrato la palla con le mani, il che non era proibito, ma perché dopo averla afferrata corse portandola in avanti. Nel 1829 fu nominato direttore della scuola il filosofo scolastico Thomas Arnold il quale sensibilizzò fra i suoi studenti il gioco, tanto che essi non potevano dimenticarlo una volta giunti nelle università e diffonderlo fra gli altri studenti. Terzo elemento coadiuvante, fu la fortuna di annoverare tra gli studenti di Rugby, un artigiano molto abile nel rivestire di cuoio la vescica di porco che, riempita di paglia o di fieno si usava come pallone. Quell'artigiano si chiamava William Gilbert e sin dal 1800 era il fornitore dei palloni della scuola di rugby ed è molto probabile che proprio la forma ovoide della vescica di maiale abbia forme e dimensioni della palla da gioco, come pure non è da escludere che tale forma abbia in qualche misura influenzato il suo maneggio con le mani. Alla fine dell’800, le maggiori università inglesi, tra cui Oxford e Cambridge, e americane (Harvard) avevano lasciato perdere il calcio e preferito il rugby proprio perché il calcio cominciava a essere troppo in odore di massa. I principi fondamentali I principi fondamentali del gioco sono: avanzare, sostenere e continuare ad avanzare e a sostenere in ogni situazione di gioco. Sia quando ci si trova in possesso del pallone sia nel caso contrario, è sempre necessario avanzare, per mettere sotto pressione l'avversario, ed è sempre necessario sostenere il compagno che attacca o difende. Sono proprio questi principi che rendono il gioco del rugby fortemente educativo e formativo perché insegna ai ragazzi: • ad avanzare sempre, cosi come dovranno fare nella vita, sia nelle situazioni positive sia in quelle negative, perseverando nell'impegno senza mai scoraggiarsi; • a sostenere sempre il proprio compagno, stimolando cosi il senso di solidarietà e lo spirito di cooperazione, rendendo calzante a pennello per il rugby il motto "uno per tutti, tutti per uno". A tale proposito, ci piace riportare il parere di un operatore psicopedagogico: "la preparazione per la vita: disciplina, rigore, altruismo. Non credo ci sia uno spettacolo più gioioso, esaltante ed entusiasmante di una partita di minirugby giocata da bambini e bambine. La serietà dell'impegno e la concentrazione nello sforzo di superarsi sono seconde solo alla passione "ancestrale" del gareggiare con la palla. Ma il minirugby è uno sport di squadra e insegna non solo la destrezza finalizzata a superare l'avversario, ma anche la cooperazione di un gruppo, la disciplina e il rigore dell'azione. Non c'è scuola migliore per prepararsi alla vita". Il rugby è sport di contatto e di combattimento: da ciò deriva uno sviluppo delle capacità di autocontrollo dei praticanti. Sono infatti tante le situazioni nelle quali l'aggressività e la determinazione, che rappresentano qualità ricercate nel giocatore di alto livello, devono essere controllate e non possono, mai e per nessun motivo, sfociare nella violenza fine a se stessa. Ecco perché: • in molti paesi anglosassoni il rugby, gioco nato in una scuola e codificato nelle regole fondamentali nella scuola stessa, è inserito nei programmi scolastici e viene proposto agli studenti di ogni ordine e grado sia come materia di studio sia come primaria attività sportiva; • tutti gli anni, alla finale di campionato scolastico della provincia di Dublino (Irlanda), sono presenti oltre 15.000 persone tra studenti, insegnanti, genitori e famigliari, tutti rigorosamente vistiti con le maglie dei colleges finalisti; • in Inghilterra la sfida sportiva studentesca più seguita dal pubblico e dai media è l'annuale sfida tra le università di Cambridge e di Oxford, nella quale si scontrano ormai da decenni due scuole rugbistiche che, seppur diverse nel modo di intendere il gioco, forniscono oltre ai manager del futuro anche i migliori atleti britannici; • il Ministero della pubblica istruzione, riconoscendo queste caratteristiche peculiari del rugby, ha sottoscritto con la Federazione Italiana Rugby un protocollo d'intesa (Dm 114, 9/3/98) per favorire la conoscenza e la pratica del rugby in tutte le scuole italiane. Il rugby e i bambini: obiettivi metodologici IL BAMBINO CONOSCE TRAMITE IL FARE Il "fare" che noi utilizziamo è il gioco del rugby, con fasi di contatto controllato, che valorizza il gioco di squadra e che sviluppa le capacità condizionali e coordinative del bambino. 13/06/2009 pag.1 di 4 a cura del dott. prof. Stefano Paracchini per il Liceo Classico “N.Machiavelli”, Pioltello Naturalmente le fasi di contatto e la complessità del gioco sono commisurate all'ambiente della palestra e alla capacità degli alunni: il contatto infatti è estremamente limitato, poiché il gioco sarà sviluppato in spazzi stretti "variabili" ma sempre con l'obiettivo di imparare a evitare l'avversario, non con quello di affrontarlo in uno scontro diretto. Alla fine del ciclo di lezioni tutti gli alunni saranno in grado di giocare a rugby, uno sport semplice e di facile comprensione. Maschi e femmine partecipano insieme a tale attività, poiché a questa età lo sviluppo fisico e fisiologico non ha ancora evidenziato differenze apprezzabili, con il duplice vantaggio di permettere un'esperienza non vincolata a capacità motorie gia acquisite da uno solo dei due sessi e di sviluppare, quindi, una buona integrazione tra i maschi e le femmine. Inoltre, cimentarsi con uno sport "nuovo" permette anche una migliore integrazione tra etnie differenti, svincolato come è da esperienze pregresse. L'impostazione metodologica basata sul gioco permette di assicurare la necessaria spontaneità di espressione e di tenere alto il livello di attenzione. OBIETTIVI METODOLOGICI Il rispetto delle regole Qualsiasi gioco o esercitazione motoria prevede la conoscenza e il rispetto di regole di comportamento. Gli alunni devono imparare, attraverso il gioco di squadra, che l'infrazione non nuoce solo a chi la commette, ma a tutta la squadra. Devono interiorizzare, con un processo più razionale, che rispettando le regole si possono raggiungere gli obiettivi prefissi. Tutto questo gli alunni lo imparano giocando, poiché il gioco diventa il "trucco" con il quale l'educatore trasmette un concetto complesso come quello del rispetto delle regole. Il rispetto dei compagni Immediatamente conseguente al rispetto delle regole è l'importantissimo rispetto dei compagni. Attraverso questo concetto gli alunni imparano relazionarsi con gli altri e quindi a collaborare o competere in maniera costruttiva. Essendo il gioco del rugby uno sport di squadra (e di contatto), il gioco stesso insegnerà agli alunni che i compagni, che ti consentono di giocare, fanno parte dello stesso gruppo di persone che condivide le stesse fatiche, le stesse gioie e le stesse delusioni. Naturalmente il ruolo dell'educatore in questa fase è fondamentale: egli rinforzerà ogni atteggiamento di incoraggiamento tra compagni e condannerà ogni rimprovero tra di essi. La collaborazione Dovendo giocare in squadre, gli alunni devono imparare a collaborare per raggiungere un obiettivo comune. Generalmente, nel rispetto dello sviluppo del ragazzo, è bene partire da una risoluzione individuale del problema: ogni persona è naturalmente predisposta a concentrarsi prima sulla propria persona e sulle proprie potenzialità, poi sulla cooperazione con il gruppo. È positivo che tutti i ragazzi provino una risoluzione personale della situazione: molti individui passano la palla al compagno apparentemente per cooperare, in realtà solo per scaricare la difficoltà ad altri. Così facendo, però, non riusciranno mai a conoscere le effettive potenzialità del proprio corpo. Fino a 9-10 anni la collaborazione viene vissuta come un insieme di compiti individuali affiancati ma divisi, ovvero il lavoro del compagno inizia dove finisce il proprio, mentre dopo i 10 anni si elabora un concetto più complesso, cioè che con tanti sforzi congiunti, insieme si arriva a un obiettivo comune sacrificando le ambizioni personali per mettersi al servizio del bene della squadra. Questo insegna agli alunni che nessuno è inutile all'obiettivo comune, ma che ognuno può partecipare al raggiungimento dello stesso mettendo a disposizione della squadra le sue capacità. Viene cosi stimolata la valorizzazione delle capacità personali, la solidarietà e l'attitudine al lavoro di gruppo. Naturalmente l'educatore in questa fase incoraggerà tutte le iniziative di collaborazione tra compagni e cercherà di correggere l'individualismo sfrenato che spesso rappresenta un grosso problema negli alunni che non hanno superato la fase dell'egocentrismo. Il rispetto dell'avversario È questo l'elemento che rende intelligente il gioco: senza l'avversario non si creerebbero quelle varietà e quantità di problematiche belle da dover risolvere (come posso superare il mio rivale: aggirandolo + spingendolo indietro + con l'aiuto di un compagno + scavalcandolo con un calcio a seguire + ecc.) ed è pertanto fondamentale che l'alunno impari subito a capire che senza l'avversario il rugby non può essere giocato. Inoltre il fatto che è uno sport di contatto "o di combattimento" fa sì che l'alunno sviluppi subito il rispetto dell'avversario più che negli sport senza contatto. Nel gioco del rugby alla fine di ogni partita, com'è tradizione, verrà chiesto ai giocatori di formare un "corridoio", attraverso il quale far passare gli avversari per salutarli stringendo loro la mano, per sottolineare il fatto che essere avversari non significa essere nemici. La fiducia in se stessi Raggiungere degli obiettivi, segnare una meta, riuscire a eseguire le esercitazioni motorie proposte permette ai bambini di aumentare la fiducia in se stessi. Attraverso il corpo e il movimento gli allievi accrescono la consapevolezza nei propri mezzi e, provando, si accorgono di essere in grado di affrontare anche situazioni complesse. Per raggiungere questo obiettivo gli educatori propongono esercitazioni commisurate alle capacità degli allievi e con difficoltà progressive, prima globali e poi specifiche, permettendo ai bambini di non affrontare ostacoli che non siano in grado di superare. La paura del contatto 13/06/2009 pag.2 di 4 a cura del dott. prof. Stefano Paracchini per il Liceo Classico “N.Machiavelli”, Pioltello Il contatto con la palla, con il terreno, con l'avversario e con il compagno è una particolarità necessaria nel gioco del rugby. Il superamento della paura del contatto è funzionale all'accrescimento della fiducia in se stessi. Essendo gli alunni non abituati ad attività motorie di contatto si genera in essi un senso di insicurezza che si estende anche all'attività di relazione. Attraverso esercizi vari di giravolte, camminate "a quattro zampe", con l'ausilio di materassi e altri supporti didattici specifici, gli si daranno gli strumenti necessari per un approccio graduale al contatto. LO SVILUPPO DELLE CAPACITÀ COORDINATIVE E CONDIZIONALI ATTRAVERSO IL GIOCO DEL RUGBY Capacità coordinative Il gioco del rugby è un ottimo strumento per lo sviluppo delle capacità coordinative, grazie principalmente all'uso della palla ovale e alla dinamica propria del gioco, che ha come principio l'avanzamento attraverso la ricerca dello spazio che si modifica durante il gioco stesso. In questa dinamica il giocatore sviluppa la percezione e controllo del proprio corpo e le capacità coordinative dinamico-generali, spazio-temporali, oculo-manuali e intersegmentarie. Capacità condizionali Il gioco del rugby è un buon mezzo per sviluppare tutte le capacità condizionali, partendo dalla forza che si sviluppa nelle situazioni di lotta. La resistenza si sviluppa in modo globale durante il gioco attraverso il volume del lavoro, aspetto fondamentale anche nell'allenamento dei neofiti. La rapidità del giocatore di rugby è una capacità dai molti aspetti, in quanto accorpa non soltanto la capacità di agire-reagire con prontezza, di scattare e di correre velocemente, di passare la palla rapidamente, di scattare e arrestarsi, ma anche quella di intuire rapidamente e di sfruttare la situazione esistente. La rapidità psicocognitiva del rugbista si manifesta nella veloce intuizione (capacità di percezione e di anticipazione) di una situazione del gioco, nella capacità di cambiare o di decidere velocemente un'azione efficace di gioco e nella rapidità di decisione. Composizione della squadra: La squadra è composta da 15 giocatori, che scendono in campo con una divisa costituita da una maglietta e da calzoncini privi di imbottiture. Da qualche anno sono permesse le sostituzioni non solo in caso di infortunio. Perché una squadra sia ben disposta in campo, tra i quindici giocatori ci devono essere le seguenti specializzazioni (ruoli):RUOLO GIOCATORI 1 2 3 PILONE TALLONATORE PILONE 4 5 SECONDE LINEE 6 7 8 TERZA LINEA ALI TERZA LINEA CENTRO TERZA LINEA ALI 9 MEDIANO DI MISCHIA 10 MEDIANO DI APERTURA 11 12 13 14 ALI 1° e 2° centro TRE QUARTI CENTRO ALI 15 ESTREMO I ruoli, un livellamento di attitudini Prima di distinguere i ruoli e le loro principali caratteristiche, è opportuno precisare che nel rugby moderno si assiste a un certo livellamento di attitudini tra i vari giocatori. Come nel calcio di adesso, dove tutti all'occorrenza sono attaccanti e tutti possono diventare difensori, così l'evoluzione del gioco della palla ovale ha determinato nel tempo una sorta di intercambiabilità di ruoli fra i vari giocatori, attraverso la quale è sicuramente potuto crescere il loro livello tecnico, con conseguente miglioramento dello spettacolo. Ognuno, così, deve essere in grado di placcare, di effettuare a regola qualsiasi tipo di passaggio, nessuno può permettersi di essere lento. I piloni: Questi giocatori dal fisico possente, dotati di un'incredibile forza ma nello stesso tempo atleti molto resistenti, rappresentano la «struttura portante» del pacchetto di mischia. Ogni squadra dispone di un pilone di destra e di uno di sinistra. La mischia non é, comunque, il solo frangente del gioco in cui i piloni si rendono utili alla propria squadra; in questo ruolo, infatti, viene ricercata la capacità di contrastare gli avversari durante le loro azioni di attacco, il cosiddetto gioco «degli avanti». 13/06/2009 pag.3 di 4 a cura del dott. prof. Stefano Paracchini per il Liceo Classico “N.Machiavelli”, Pioltello Il terza linea: II terza linea centro è il numero 8 della squadra. Unisce il gioco di forza con quello offensivo; si occupa di garantire un'ampia copertura difensiva, ma allo stesso tempo occupa una posizione strategica essenziale che gli consente di lanciare in attacco i trequarti garantendo la continuità di gioco degli avanti. È l'uomo più completo sia fisicamente che tecnicamente: di solito «fa la differenza». Il mediano di mischia: introduce il pallone nel corridoio di mischia; a questo punto ciascuna squadra cerca di far indietreggiare l'altra in modo che il pallone esca dalla propria parte. Si tratta di uno dei momenti più intensi del gioco, dove forza e spirito di gruppo si fondono in un'unica poderosa spinta. II mediano di apertura: di solito possiede il miglior gioco di piede di tutta la squadra. Deve saper calciare sia di destro che di sinistro in tutte le zone e in ogni circostanza. Può essere anche l'ispiratore del gioco. La sua disposizione in campo dipende dalla tattica che la squadra vuole adottare: per meglio dirigere il gioco può rimanere arretrato e lontano dalla mischia oppure può tenersi a ridosso della stessa per velocizzare la ripresa e l'apertura dell'azione. L'estremo: L'estremo è un giocatore che si assume un costante impegno offensivo introducendosi nell'attacco o rilanciando in un recupero, ma trova il suo daffare anche nel gioco difensivo, dove spesso viene ad essere l'ultimo baluardo della difesa: non a caso in inglese è chiamato safety, sicurezza. Da un canto la forza L’haka, il canto di guerra Maori, il segno distintivo degli All Blacks, la mitica squadra di rugby neozelandese. Immagina quale effetto vedere 15 autentiche montagne umane inscenare, schierate sul campo, questa danza- canto di guerra rivolta agli avversari! Questo canto e molto antico ed e il segno distintivo della nazionale neozelandese. Fu eseguito per la prima volta in una tournee oltremare del 1905, occasione in cui venne coniato il termine All Blacks per designare la squadra neozelandese, che ovviamente aveva, ed ha, la divisa nera! Fondamentali individuali La presa è l'esercizio più naturale e istintivo per mettersi in contatto con la palla, e deve essere effettuato in modi e forme diverse. Successivamente, quando diventa un vero e proprio fondamentale di gioco, si effettua tenendo le mani aperte e vicine, rivolte in basso, verso la direzione da cui proviene la palla. Al contatto con la palla, le mani la stringono forte e la portano verso il petto, per difenderla e continuare l'azione. II passaggio è un lancio di precisione effettuato, con una o due mani, a un compagno di squadra che si trova lateralmente o all'indietro, e che in genere è in posizione di ricevimento e presa della palla. Passare e ricevere costituiscono quindi per un giocatore la parte principale dei fondamentali individuali. Le modalità per effettuare un passaggio corretto consistono nel ruotare la testa e il tronco verso il giocatore che deve ricevere il pallone. Il passaggio può essere effettuato sia da fermo sia in corsa. La ricezione. Il giocatore che si appresta a ricevere un passaggio deve porsi nella migliore posizione possibile e deve essere in grado di ricevere la palla in qualsiasi modo e da qualsiasi dilezione provenga. Per meglio effettuare questo fondamentale è necessario: guardare sempre la palla e non l'avversario, piazzarsi bene con i piedi, ruotare il busto verso il compagno dal quale si attende il passaggio, seguire attentamente la traiettoria della palla dal momento in cui viene trasmessa. In generale la palla dovrebbe essere presa con due mani. II calcio può essere effettuato su azione di gioco o da fermo, con palla a terra. Su azione si può effettuare il calcio di rimbalzo (o drop) verso la porta, o il calcio a seguire, lasciando cadere la palla dalle mani per colpirla al volo, prima che tocchi terra. Il calcio piazzato (da fermo) si effettua mettendo la palla ovale a terra in senso verticale. II cinturaggio è un'azione che viene compiuta dai difensori, quando tentano di fermare l'avversario prendendolo con entrambe le mani ai fianchi. II placcaggio si verifica quando uno o più giocatori trattengono un giocatore in possesso di palla, in modo da farlo cadere. Lo scopo quello di impedirgli di giocare la palla, in quanto il regolamento prevede che un giocatore a terra non può giocare la palla, ma deve lasciarla immediatamente, altrimenti commette il fallo di tenuto. Il placcaggio può essere effettuato di fianco, da dietro, di fronte e alle caviglie. 13/06/2009 pag.4 di 4 a cura del dott. prof. Stefano Paracchini per il Liceo Classico “N.Machiavelli”, Pioltello