Il Portico del 23/06/2013

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Il Portico del 23/06/2013
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DOMENICA 23 GIUGNO 2013
A N N O X N . 25
SETTIMANALE DIOCESANO
DI
€ 1.00
CAGLIARI
in preparazione alla visita
di papa Francesco
L’Arcivescovo invita tutti a prepararsi
alla visita di Papa Francesco (Cagliari,
22 settembre) recitando ogni giorno la
seguente preghiera:
santa Maria, nostra signora di
Bonaria, Patrona Massima della
Sardegna,vergine del silenzio e
del fedele ascolto della Parola di Dio,
tu sei partita in fretta come pellegrina
della fede per portare la gioia del
Signore nella casa di Elisabetta:
insegnaci ad accogliere il Signore che
viene a visitare la nostra terra con il
pellegrinaggio di Papa Francesco al
tuo Santuario sul colle di Bonaria.
Come Vescovo di Roma e
Successore dell'Apostolo Pietro è il vicario del tuo Figlio Gesù su questa terra: rendici docili al suo insegnamento
per essere certi di seguire fedelmente
la via di Gesù, pronti a fare tutto quello
che ci chiederà. Accompagna, Madre
Santa di tutta la Chiesa, il ministero di
Papa Francesco come vescovo di
Roma e pastore universale, benedici
la nostra terra e la sua terra d'origine,
legate dal tuo Nome e dalla tua
materna protezione, perché ogni giorno della nostra vita siamo pellegrini
della fede e portatori della gioia che
viene dal Signore. amen
Senza scuola si muore
GABRIELE COLOMBINI
lex, l'alunno che un giorno mi aveva chiesto qual è il segreto della vita, si aggira tra patatine e pop corn
con le mani in tasca ed il solito sorrisetto furbo: o ha trovato la risposta o se ne è
giustamente infischiato (propendo per la seconda). Parla con Stefano che pare divertirsi
come un matto e che il giorno prima, durante un gioco – gli ultimi giorni di scuola i Prof
diventano biscazzieri – si è ricordato addirittura il nome della terza moglie di Enrico
VIII.
Son soddisfazioni! Barbara e Gabriella zompettano allegre intorno ai due ragazzini ripetenti: tutti e quattro stanno cercando, a
modo loro, di mettermi al corrente del segreto di Pulcinella, ovvero che si sono fidanzati! Almeno per le prossime due ore. Rachele e Caterina si scambiano segreti appoggiate con la spalla al muro, segreti che, ovviamente, tra poco sapranno tutti. Alessandra ha
appena fatto l'insulina, può avventarsi sui
dolcetti e Maria la segue come sempre. Mattia, Tore e Andrea parlano di calcio – argomento unico – e a sentirli per poco non mi
convinco anch'io delle prossime mosse del
mercato di serie A. Sono le ultime tre ore dell'anno scolastico e i ragazzi me le hanno chieste per fare una festa: non potevo dire di no,
in fondo se la sono meritata. Le famiglie hanno generosamente fornito cibo e libagioni, io
ho pensato a piatti, bicchieri, tovaglioli e forchettine, la cui spesa si va ad aggiungere a
A
quella che durante l'anno ho sostenuto per
alcuni libri, quaderni, cancelleria varia e fotocopie per gli alunni che appartengono a
famiglie disagiate. Non ho mai conosciuto
colleghi che non facessero altrettanto e ciò mi
fa pensare che senza la buona volontà e il sacrificio la Scuola si fermerebbe domattina e
non solo perché è finito l'anno. Ma intanto la
musica va – ormai conosco un pezzo su dieci, bisogna che mi aggiorni – e dalla porta
spuntano gli alunni della prima che avevamo
invitato ad unirsi a noi. Inutile dire che, spesso, i meno bravi a scuola sono i più esperti di
musica e ballano benissimo.
Non dobbiamo infatti mai dimenticare che
per molti di loro il nostro mondo è alieno, i loro interessi, i loro problemi sono altri: tra tutti quelli nominati sin qui c'è chi ha la madre
alcolista, chi un solo genitore e l'altro che vive all'estero con una nuova compagna e nuovi figli; chi ha il padre disoccupato da anni
che tira avanti la famiglia coi sussidi comunali
e chi direttamente in galera; alcuni sembrano venire da famiglie normali, ma magari
hanno grossi problemi d'igiene dovuti a
profonda ignoranza e cattive abitudini, mentre dei genitori addirittura non li si conosce
mai e al massimo ci si parla per telefono.
Questi ragazzini spesso vivono in ambiti dove le regole non esistono o se esistono sono
applicate con la violenza di un'autorità che
non sa spiegarsi in altro modo. Taluni di notte vengono lasciati soli perché la mamma assiste degli anziani e quando la mattina li vedi che si presentano a scuola lavati e con lo
zaino pieno di libri e quaderni, ti chiedi dove
avresti trovato tu, a dodici anni, la forza per fare altrettanto. Questi sono i casi che a giugno
ti ritrovi davanti agli scrutini in determinate
realtà.
A differenza delle periferie urbane, in cui i
ragazzi si muovono in un mondo che può facilmente entrare in contatto con le istituzioni (almeno fisicamente), in un piccolo paese,
specie se distante dal capoluogo, la Scuola è
veramente l'unica realtà viva per dei pre-adolescenti. Un piccolo paese senza una scuola
muore. Sembra incredibile nel 2013, ma in
questi centri, se vi sono famiglie con problemi socio-economici (e di questi tempi ce ne
sono sempre di più), hanno come punti di riferimento il Comune, il parroco e la Scuola,
ma la Scuola è l'istituzione più a rischio, minacciata da un lato da un oggettivo calo demografico, dall'altro dagli indiscriminati tagli economici. L'accorpamento in istituti
sempre più grandi di paesi vicini è una soluzione solo economica che ignora le realtà locali e la diretta connessione che esiste tra il sistema educativo e il territorio.
La musica si blocca, i ragazzi puliscono e riordinano l'aula. Quando suona la campanella
quasi tutti si catapultano fuori, tranne due
che mi salutano affettuosamente. Fuori impazza la guerra di gavettoni, dentro rimane il
silenzio. Per tre mesi, poi si ricomincia. Fortunatamente nella quinta elementare di quest'anno c'è un numero sufficiente di alunni
per formare una prima media. Per il prossimo
anno la scuola è salva. Si naviga a vista.
SOMMARIO
ECONOMIA
3
La ricerca di un sentiero
di sviluppo intelligente,
solidale e sostenibile
DIOCESI
7
Iniziazione cristiana,
la Chiesa di Cagliari
pronta all’impegno
FAMIGLIE
9
Con mons. Miglio
la festa regionale
delle famiglie numerose
PAESI TUOI
12
Silius in festa
per il nuovo canonico
mons. Francesco Porru
LA VISITA DEL PAPA
Come nacque il nome
della capitale argentina
di Buenos Aires
14
2
Il PortIco
IL PORTICO DEL TEMPO
domenIcA 23 gIugno 2013
Società. In un volume curato da Angela Ambrogetti tutte le conversazioni tenute da Benedetto XVI durante i voli papali
Un uomo coraggioso che ama comunicare
l’unica vera notizia che cambia la Storia
Conversazioni a braccio
con i giornalisti, in cui
sono esposti parti
importanti del magistero
di un pontificato di
straordinaria importanza
per la Chiesa e il mondo
ANTONELLA PILIA
ENEDETTO XVI È STATO e rimarrà il Papa della parola: le sue parole, pronunciate con uno stile
calmo e forte, non saranno dimenticate”, ma rappresentano una ricchezza per le prossime
generazioni. Lo ha affermato con
convinzione Albert Link, corrispondente del quotidiano tedesco
Bild e bavarese come Papa Ratzinger, la scorsa settimana intervenendo a Roma alla presentazione del libro “Sull’aereo di Papa Benedetto.
Conversazione con i giornalisti”, curato per la Libreria Editrice Vaticana
da Angela Ambrogetti, direttrice della testata online Korazym.org.
Un volume che presenta tutte le
conversazioni tenute da Benedetto
XVI con i giornalisti ammessi sul vo-
B
lo papale durante i suoi 25 viaggi
apostolici internazionali, dal primo
a Colonia per la XX Giornata mondiale della gioventù, nell’agosto del
2005, a quello in Libano nel settembre del 2012. “Questo libro - scrive la
curatrice - nasce proprio dalla voglia di rimettere in fila le idee e le riflessioni che Benedetto XVI ha offerto ai media di tutto il mondo in
occasione dei suoi viaggi”. Vengono
riproposti i testi integrali per consentire ai lettori “di comprendere a
pieno il pensiero del teologo Joseph
Ratzinger e del Papa Benedetto XVI,
ma anche di conoscere la sua
profonda umanità, e la sua voglia di
comunicare al mondo l’unica vera
notizia che cambia la storia”.
Si tratta di conversazioni a braccio
“in cui sono contenuti pezzi di magistero del suo pontificato di straordinaria importanza”, ha osservato
Salvatore Mazza, giornalista di Avvenire e presidente AIGAV, Associazione internazionale dei vaticanisti.
“Credo che l’insegnamento di Benedetto XVI sia qualcosa che ancora dobbiamo studiare - ha proseguito - e che in queste conversazioni ci siano le chiavi di lettura per arrivare a comprendere un magistero
così ricco”. Un pensiero, quest’ultimo, che riecheggia anche nelle parole di monsignor Georg Gänswein,
prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Pontefice
emerito, messe nero su bianco nella prefazione del libro: “La ricchezza
del pensiero di Papa Benedetto e la
ricchezza del suo insegnamento è
un mare molto profondo di cui si
vede talvolta solo una parte, la superficie”.
Di Benedetto XVI, padre Federico
Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha poi messo in
luce il “carisma di precisione, lucidità
e concisione” che lo contraddistingueva, rivelando nell’introduzione al
volume, da lui curata, che “Il Papa
non ha mai - dico assolutamente
mai - rifiutato o fatto alcuna obiezione circa alcuna domanda che gli
fosse stata presentata”. La ragione la
spiega monsignor Gänswein: Benedetto XVI “ama lasciarsi porre delle
domande perché è un uomo coraggioso, che non ha paura del confronto diretto. Parla liberamente e
senza paura”. E aggiunge: “Il rap-
porto con la stampa è stato sempre
diretto e franco, e non c’è mai stato
un atteggiamento di chiusura” ma
neanche una tendenza “populista”,
perché il Papa non ha cercato di dire “ciò che vogliono sentire dire o vedere”.
Il volume, che comprende anche
una sezione fotografica con alcune
istantanee di Benedetto XVI in aereo,
fa seguito a “Compagni di viaggio.
Interviste al volo con Giovanni Paolo II”, pubblicato nel 2011 dallo stesso editore. “Chi ora legge i due libri rileva ancora padre Lombardi - coglie immediatamente la diversità tra
i generi delle conversazioni dei Papi”,
con il passaggio “dal metodo della
conversazione improvvisata”, tipico di Papa Wojtyla, “a quello della
conversazione ‘preparata’ di Benedetto XVI”. “La capacità eccezionale
del Papa di presentare il suo pensiero in modo limpido e sistematico conclude - ha fatto sì che in un tempo di dieci o quindici minuti la conversazione con lui diventasse un’efficace e abbastanza completa esposizione dei motivi del viaggio, del
suo atteggiamento nell’affrontarlo,
delle sfide principali che lo attendevano”. E alcuni di questi discorsi rimangono di un’estrema attualità ancora oggi, per chi vuole ascoltare le
sue parole.
elevatissimo di riciclo di denaro
sporco, gestito dal crimine internazionale organizzato.
Crea un volume di affari difficilmente calcolabile sia per quanto
riguarda le aziende specializzate
nella gestione dei flussi turistici,
sia perché nei Paesi che accolgono
i ricchi e laidi turisti stupratori di
bambini il costo delle vittime, degli alberghi, dei ristoranti, dei papponi, non rientra nel calcolo del
Prodotto interno lordo di quella
nazione, che è perfettamente conscia di ciò che capita all’interno
dei suoi confini. Le frotte di sciacalli si abbattono con ritmo incessante e i dati dimostrano che il
turismo sessuale è in aumento costante negli anni, e in particolare
quello pedofilo ha una vera e propria espansione incontrollata.
Sono i Paesi del sud-est asiatico,
dell’Africa Nera, del Centro Ame-
rica e del Sud America quelli che
maggiormente accolgono i turisti
pedofili chiudendo entrambi gli
occhi davanti a questo crimine. E
la accondiscendenza dei Governanti è emblematica: una fonte
di guadagno che riempie le tasche
di politici corrotti e polizie conniventi, e arricchisce il mercato del
turismo sessuale. Ci sono i turisti
sessuali che affittano le case per
vari mesi, che fanno import-export delle loro vittime (qualche
settimana fa si è appreso il caso di
un pedofilo seriale che aveva fatto una falsa dichiarazione di paternità ed adozione per avere sempre in casa la sua carne fresca da
abusare). Ci sono le compagnie
aeree che non si fanno domande
per un aereo carico di uomini soli e donne sole (perché il pedofilo
non ha distinzione di sessi) tutti
diretti periodicamente nello stesso Paese.
Ci sono i tour operator che li organizzano quei viaggi, Ci sono le
aziende di internet che coprono
e permettono il proliferare di siti
pedo-pornografici senza alzare la
soglia di guardia. Parrebbe, si dice,
che il 60% dei turisti pedofili sia
italiano. Questa è quella società
malata di cui parlava monsignor
Monni nel 2001 nel suo volume
“L’Arcipelago della vergogna”. Oh,
già, è vero, è un libro del 2001, dopo 13 anni nulla è cambiato. È
sempre più uno schifo.
Piero Monni, L’Arcipelago
della vergogna, 2001
Roma, EUR Edizioni
Il turismo sessuale,
piaga del nostro tempo
I dati dell’ultimo rapporto internazionale taciuti dai media
MASSIMO LAVENA
NIZIAMO DALLA FINE: “lo sfruttamento sessuale dei bambini è
il sintomo di una società malata, che ha smarrito il senso della
moralità e del rispetto della dignità della persona. Purtroppo il
male che occorre guarire non ha,
evidentemente, solo
una dimensione fisica
o sociale, ma anche
spirituale e tende ad
investire la società sotto molteplici angolazioni”.
Scrive queste parole
sconfortate monsignor
Piero Monni, per tanti
anni rappresentante
per la Santa Sede presso l’Organizzazione Mondiale del
Turismo, una agenzia specializzata delle Nazioni Unite. Nel suo angosciante e tristissimo saggio
“L’Arcipelago della Vergogna – Turismo sessuale e pedofilia”, affronta con piglio investigativo e quasi
enciclopedico, una delle grandi
tragedie silenti della attuale comunità umana mondiale: la pe-
I
dofilia organizzata a scopo turistico. Perché, parliamoci chiaro e
per una volta senza sotterfugi –
cosa che Piero Monni fa con estrema durezza e dovizia di particolari atroci - chi pratica la cultura
del turismo sessuale per andare
in giro a sfruttare le prestazioni di
piacere offerte dal variegato mondo della prostituzione è un essere
spregevole, debole e lurido e sfruttatore. Ma colui o
colei che, da solo o in
squadra preda, violenta,
schiavizza, abusa bambini
è un delinquente, un essere abominevole, che, ricordiamoci il dettato
evangelico, merita solo di
essere scaraventato nel
più profondo abisso del
mare con una mola da
grano al collo.
E se questo è il senso oscuro del
pedofilo, l’abiezione umana raggiunge profondità infernali quando parliamo di turismo pedofilo
a scopo sessuale: a questa specifica pratica di divertimento e vacanza che vede impegnati almeno
tre milioni di pseudoesseri umani
durante il 2012 (dati di ECPAT -
End child prostitution, pornography and trafficking, onlus internazionale osservatore presso
le Nazioni Unite per la difesa dei
diritti dei bambini dal pericolo del
turismo sessuale e del mercato del
sesso, per trasformare la loro condizione) è dedicato il saggio che
ci offre la possibilità di aprire uno
squarcio su questo mondo ignobile. Il turismo sessuale pedofilo è
una pratica che è tenuta nascosta
dai mezzi di informazione (pochi
articoli e poche testate giornalistiche hanno rilanciato in questi
giorni la notizia dell’ultimo rapporto internazionale).
Il turismo pedofilo è un delitto agghiacciante che assomma lo sfruttamento della prostituzione, lo
stupro, la pedofilia, la schiavitù
spesso e volentieri, il sadismo e la
tortura, financo l’omicidio.
Il turismo sessuale crea un volume
domenIcA 23 gIugno 2013
IL PORTICO DEGLI EVENTI
Il PortIco
3
Società. L’Isola deve declinare gli obiettivi europei su base regionale e individuare le priorità per uscire dalla crisi.
L’economia sarda alla ricerca di un sentiero
di sviluppo intelligente, sostenibile e solidale
Il caso del Galles dimostra
come, partendo da una
base simile alla nostra,
è ancora possibile avviare
uno sviluppo equilibrato
convertendo quello attuale
in un sistema competitivo
STEFANO USAI*
L RECENTE RAPPORTO CRENoS
sull’economia della Sardegna,
giunto alla sua ventesima edizione, ha certificato, per l’ennesima volta, la drammaticità della
crisi economica sarda e italiana: da
un lato permangono pesanti deficit
strutturali in quasi tutti i cosiddetti
“fattori di crescita e sviluppo”, dall’altro si registra un incremento congiunturale del numero di disoccupati e, in particolare, della disoccupazione giovanile. Si potrebbe procedere all’elenco dei tanti indicatori critici, che risultano sempre
meno controbilanciati da
segnali positivi e incoraggianti.
Ma individuare questi ultimi è essenziale per provare ad indicare una via
di uscita dalla spirale di
crisi in cui il sistema economico sardo insieme a quello italiano si trovano oramai da almeno
quindici anni. L’Europa e il suo piano per lo sviluppo e la coesione pro-
I
Un’immagine della presentazione del Rapporto Crenos. In basso, Stefano Usai.
posto per i prossimi anni possono
aiutarci in questa difficile operazione. Il manifesto Horizon 2020 traccia il percorso che dovrebbe portare
tutta l’Europa fuori dalla crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008
e favorire un sentiero di crescita finalmente solido e duraturo.
Nelle parole del presidente
Barroso “la strategia Europa 2020 punta a rilanciare
l'economia dell'UE nel prossimo decennio. In un mondo
che cambia l'UE si propone
di diventare un'economia
intelligente, sostenibile e solidale. Queste tre priorità che
si rafforzano a vicenda intendono
aiutare l'UE e gli Stati membri a conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale.”
In pratica, l'Unione si è posta cinque ambiziosi obiettivi – in materia
di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia – da raggiungere entro il
2020. Ogni Stato membro ha i suoi
obiettivi e sta procedendo all’adozione per ciascuno di questi settori
di strategie atte al loro raggiungimento. Può essere un esercizio fine
a sé stesso se non fosse che in virtù di
queste strategie verranno erogati i
prossimi fondi europei.
La Sardegna deve quindi fare la sua
parte: declinare gli obiettivi europei
in scala regionale, individuare le
azioni prioritarie per uscire dall’emergenza e orientare l’Isola su un
sentiero di sviluppo nuovo. Il rapporto CRENoS fornisce diversi
spunti utili per leggere la realtà isolana attuale e per indirizzare le scel-
te future. In particolare, l’analisi sul
caso della regione del Galles, può
essere utile a capire perché la regione britannica, a dispetto di un passato minerario e industriale simile a
quello dell’isola, ha ora un presente
ben differente: un tasso di disoccupazione di quasi cinque punti al di
sotto di quello sardo (8,2% contro il
13,5%) e addirittura di poco più di un
punto al di sotto della media europea (pari al 9,6). Quali sono state
dunque in Galles le politiche che
possono aver favorito uno sviluppo
più equilibrato riconvertendo una
economia basata sul settore industriale in un sistema maggiormente
diversificato e competitivo?
Il cambiamento strutturale del Galles è stato guidato da una strategia
che, grazie all’Agenzia Gallese per
lo Sviluppo, ha garantito un flusso
costante di investimenti e di conoscenze provenienti dall’esterno. Una
strategia che però non ha dimenticato di creare al contempo le condizioni per favorire lo sviluppo di una
rete di fornitori locali, capaci di operare in sinergia con le imprese in arrivo. Questa politica di sviluppo ha
cercato quindi una linea di equilibrio tra la valorizzazione dei vantaggi comparati della tradizione e
l’importazione di capitali materiali e
immateriali dall’esterno.
Regole trasparenti, burocrazia snella, promesse e impegni mantenuti
da entrambe le parti ed un continuo
orientamento all’innovazione nel
modo di fare impresa e di gestire i
finanziamenti pubblici sono state
le buone pratiche che hanno portato l’economia locale gallese a crescere e raggiungere buoni livelli di
competitività. E’ sufficiente questo
per avere una crescita intelligente,
sostenibile e solidale come vuole
l’Europa? Se non è sufficiente crea le
condizioni minime di partenza perché anche in Sardegna si possa avere una crescita sostenuta. Le esperienze di NETvalue, nel settore dell’informatica e delle telecomunicazioni, e di Edilana, nel settore del
riuso di materiali e di competenze
tradizionali per il settore bioedilizia,
che hanno presentato le loro esperienze alla presentazione del rapporto lo scorso 31 maggio, rappresentano due esempi tra tanti presenti in Sardegna, di una economia
innovativa, vivace, dinamica e capace di cogliere le sfide più difficili in
questo campo.
Sono realtà piccole ma che possono
crescere e diventare più numerose e
che rappresentano i segnali positivi
di cui abbiamo bisogno per indicare la via della ripresa economica. Si
tratta di realtà che non chiedono altri aiuti, ma al pari delle imprese che
potremmo attrarre dall’esterno, più
trasparenza, più chiarezza, più certezze di tempi e di interpretazione
delle regole.
La prima sfida è quella di un sistema
politico e di una macchina pubblica
che diventino essi stessi intelligenti,
sostenibili e solidali.
Dipende da noi e dalle nostre prossime scelte.
* Direttore CRENoS
ranea, che reca un inestricabile paradosso costituito dalla tendenza
oramai generalizzata al riconoscimento dei diritti individuali e collettivi senza riuscire a garantirli attraverso i tradizionali sistemi di tutela
giudiziaria. La conflittualità irrisolta mette a rischio la stessa coesione
personale, economica e sociale delle
comunità nazionali e internazionali, le quali devono elaborare nuovi
strumenti di gestione consensuale
dei conflitti.
La direttiva 2008/52/CE h stabilito i
principi da osservare in tutta Europa
affinché la mediazione sia svolta con
qualità e nel rispetto dei diritti dei
contendenti: indipendenza, imparzialità, professionalità, efficacia e riservatezza. Per realizzare anche in
Italia gli importanti risultati conse-
guiti dalla mediazione negli altri
Paesi più avanzati, che la applicano
con successo da decenni, occorre sviluppare l’informazione, affinché non
solo gli esperti, ma tutti i cittadini conoscano i contenuti del servizio. Si
impone la divulgazione della cultura della mediazione, nei diversi settori e ai vari livelli. In questo campo,
l’Università di Cagliari, tramite il Dipartimento di Giurisprudenza, si è
raccordata con il sistema camerale,
con gli ordini e collegi professionali
per la formazione dei mediatori, per
lo studio e l’approfondimento delle
principali questioni sollevate dall’entrata in vigore della riforma della mediazione.Vari sono i progetti di
ricerca a livello europeo e internazionale con atenei stranieri, Siviglia,
Madrid eVigo, impegnati nell’elaborazione delle migliori soluzioni nel
campo della mediazione.
Con l’Associazione Mediatori Mediterranei Onlus sono stati organizzati numerosi incontri aperti al
pubblico in Sardegna, con la pubblicazione di una rivista tematica
Quaderni di conciliazione, consultabile gratuitamente attraverso internet (www.mediatorimediterranei.org).
* Professore associato
di Diritto privato
La mediazione,
per superare le liti
Lo strumento reso obbligatorio dal Governo dura 4 mesi
CARLO PILIA*
a mediazione costituisce un
importante strumento di risoluzione extragiudiziale dei
conflitti sui diritti disponibili voluto
dall’Unione Europea per favorire
l’accesso alla giustizia dei cittadini e
delle imprese. A tal fine è
possibile rivolgersi ad apposite strutture stabili e
indipendenti, gli organismi di mediazione, che si
avvalgono di professionisti abilitati, i mediatori, i quali senza avere il
potere di decidere la lite,
né di distribuire torti e ragioni tra i
contendenti, come invece accade davanti ai giudici e agli arbitri, adoperano differenti tecniche di composizione bonaria delle liti. Il superamento amichevole della controversia
si realizza attraverso un procedi-
L
mento della durata massima di
quattro mesi, con costi limitati, condotto su base volontaria che sviluppa
la comunicazione funzionalizzandola alla ricerca degli elementi condivisi dai contendenti, così da superare le contrapposizioni e preservare
le relazioni. Poiché concordate, le soluzioni raggiunte in mediazione, denominate accordi
di conciliazione, hanno
maggiori possibilità di essere rispettate e di ricevere attuazione spontanea. Nessuno dei contendenti si sente
sconfitto, con l’assistenza del
mediatore, tutti contribuiscono a costruire l’accordo amichevole che tuteli le esigenze profonde
di ciascuno. La mediazione in questo
senso è preferibile alle decisioni giudiziarie che spesso pongono fine alla
fase processuale, ma non risolvono il
conflitto sotteso alla controversia.
Il processo giudiziario, inoltre, interrompe definitivamente le relazioni
personali e giuridiche tra le parti che,
di solito, non riprendono neppure
dopo l’ottenimento della sentenza
definitiva che, in base ai dati statistici, richiede dieci anni. Un arco temporale inaccettabile che svuota di significato la decisione, lascia privi di
tutela i diritti che pure si vorrebbero
garantire e, in prospettiva, scoraggia
tutti dall’intraprendere un giudizio.
I ritardi della giustizia scoraggiano
gli investimenti, spingendoli verso
gli Stati che garantiscono più efficienti sistemi di tutela.
La crisi della giurisdizione non è circoscritta all’Italia, ma con gradi differenti è diffusa in tutti i Paesi dell’Europa, in quanto si ricollega alla
complessità della società contempo-
4
IL PORTICO DEL TEMPIO
Il PortIco
Il Papa. Domenica segnata dalla celebrazione della Giornata dell’Evangelium Vitae.
“Chiamati a sanare il dramma
della frattura tra Vangelo e cultura”
ROBERTO PIREDDA
A DOMENICA DEL SANTO Padre è stata segnata in particolare dalla celebrazione della Giornata dell’Evangelium Vitae che faceva parte
delle manifestazioni per l’Anno della Fede.
Nell’omelia della S. Messa Papa
Francesco ha mostrato come in Cristo l’uomo riceva la vita vera: «Gesù
è l’incarnazione del Dio Vivente, Colui che porta la vita, di fronte a tante
opere di morte, di fronte al peccato,
all’egoismo, alla chiusura in se stessi. Gesù accoglie, ama, solleva, incoraggia, perdona e dona nuovamente la forza di camminare, ridona vita». Non sempre però l’uomo
accoglie questa vita che è donata da
Cristo: «spesso - lo sappiamo per
esperienza - l’uomo non sceglie la vita, non accoglie il “Vangelo della vita”, ma si lascia guidare da ideologie
e logiche che mettono ostacoli alla
vita, che non la rispettano, perché
sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal
piacere e non sono dettate dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro».
All’Angelus il Papa ha poi ricordato
la figura di un «testimone del Vangelo della vita», Odoardo Focherini,
beatificato Sabato 15 Giugno a Carpi, impegnato per salvare degli ebrei
dalla persecuzione nazista e morto
in un campo di concentramento nel
L
Papa Francesco benedice i bikers presenti in Piazza San Pietro.
1944.
In settimana, ricevendo in udienza
i membri del Consiglio ordinario
della Segreteria Generale del Sinodo
dei Vescovi, Papa Francesco si è soffermato sul tema della nuova evangelizzazione: «l’espressione "nuova
evangelizzazione" mette in luce la
consapevolezza sempre più chiara
che anche nei Paesi di antica tradizione cristiana si rende necessario
un rinnovato annuncio del Vangelo,
per ricondurre ad un incontro con
Cristo che trasformi veramente la
vita e non sia superficiale, segnato
dalla routine».
Il Papa nei giorni scorsi ha ricevuto la
visita dell’Arcivescovo di Canterbury
Justin Welby, primate della Comunione Anglicana. Nel suo discorso
Visita del Papa, le istituzioni si incontrano
Hanno collaborato a questo numero:
Francesco ha richiamato l’importanza del cammino ecumenico:
«dalla preghiera si rinnoverà giorno
per giorno l’impegno a camminare
verso l’unità, che potrà trovare
espressione nella collaborazione in
diversi ambiti della vita quotidiana.
Tra essi, particolare significato riveste la testimonianza del riferimento
a Dio e della promozione dei valori
cristiani, di fronte ad una società che
sembra talora mettere in discussione alcune delle basi stesse della convivenza, quali il rispetto verso la sacralità della vita umana, o la solidità
dell’istituto della famiglia fondata
sul matrimonio».
Il Papa ha poi incontrato la Comunità degli scrittori della “Civiltà Cattolica”, l’importante rivista italiana
dei gesuiti, sottolineando la necessità dell’andare verso le “frontiere”
culturali del nostro tempo: «la frattura tra Vangelo e cultura è senza
dubbio un dramma (cfr Evangelii
nuntiandi, 20). Voi siete chiamati a
dare il vostro contributo per sanare
questa frattura che passa anche attraverso il cuore di ciascuno di voi e
dei vostri lettori».
Sempre in settimana il Papa ha ricevuto in udienza una delegazione
di parlamentari francesi del gruppo
di amicizia Francia-Santa Sede: «il
vostro compito è certamente tecnico e giuridico, e consiste nel proporre leggi, nell’emendarle o anche
nell’abrogarle. Ma è anche necessario infondere in esse un supplemento, uno spirito, direi un’anima,
che non rifletta solamente le modalità e le idee del momento, ma che
conferisca ad esse l’indispensabile
qualità che eleva e nobilita la persona umana».
All’Udienza Generale il Santo Padre
ha approfondito il tema della Chiesa come Popolo di Dio che è chiamato ad «annunciare e portare la
salvezza di Dio in questo nostro
mondo, che spesso è smarrito, bisognoso di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che
diano nuovo vigore nel cammino».
Al termine dell’Udienza il Papa ha
rivolto un appello contro il lavoro
minorile in occasione della giornata mondiale dedicata a questo tema.
Si è svolta nei giorni scorsi una riunione finalizzata ad una prima analisi del programma della visita a Cagliari di Papa Francesco, prevista a Cagliari il prossimo 22
settembre. All’incontro presieduto dal Prefetto Giuffrida ha partecipato
l’Arcivescovo, mons. Miglio.
All’incontro erano presenti il sindaco di Cagliari, e i rappresentanti di Regione e
Provincia accompagnati da dirigenti dei servizi che verranno coinvolti. Sono intervenuti anche il Questore, i Comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia
di Finanza, il Comandante Sezione Polizia Stradale di Cagliari, il Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, Il Comandante della Capitaneria di Porto, il
Comandante della Polizia di Frontiera Aerea, nonché il coordinatore del comitato organizzatore costituito presso la Diocesi, mons. Franco Puddu. “In attesa che vengano
meglio definiti i dettagli della visita quanto a durata e programma degli incontri - si
legge in un comunicato stampa della Prefettura - è stata effettuata una prima analisi dei possibili siti in cui potrebbero tenersi gli appuntamenti che, in ogni caso, saranno contraddistinti da un momento centrale costituito dalla Santa Messa che verrà
celebrata sul sagrato della Basilica di N.S. di Bonaria”.
Gabriele Colombini, insegnante di materie letterarie nelle scuole medie, Antonella Pilia,
giornalista pubblicista, laureata in Informazione, editoria e giornalismo, Massimo Lavena, giornalista professionista del Centro Televisivo
Vaticano, Stefano Usai, professore associato di Economia politica all’Università degli Studi di Cagliari e direttore del CRENoS, Carlo Pilia,
professore associato di Diritto privato all’Università degli Studi di Cagliari, don Roberto Piredda, Direttore dell’Ufficio diocesano per
l’Insegnamento della Religione Cattolica e insegnante di religione al Liceo Dettori, Franco Siddi, Segretario generale della Federazione
Nazionale della Stampa Italiana, Rosalba Crobu, funzionario del Ministero Istruzione, Università e Ricerca, Roberto Comparetti, giornalista pubblicista e vicedirettore Radio Kalaritana, don Andrea Busia, studente al Pontificio Istituto Biblico di Roma, Eugenio Lao, coordinatore regionale dell’Associazione Famiglie Numerose - Sardegna e avvocato, Antioco Piseddu, vescovo di Lanusei, Francesco Furcas,
giornalista pubblicista, laureato in Lettere moderne, Maria Grazia Catte, catechista della parrocchia Santissimo Redentore (Monserrato),
Bruna Desogus, coordinatrice del gruppo di Rinnovamento nello Spirito “Spirito Santo” di Cagliari e insegnante elementare in pensione,
Roberto Porrà, funzionario della Soprintendenza Archivistica per la Sardegna, autore del volume “Il culto della Madonna di Bonaria di
Cagliari” (Arkadia editore), Stefano Maria Moschetti, Professore emerito di Fondamenti di Antropologia teologica alla Facoltà teologica
della Sardegna, Michele Antonio Corona, specializzato in Teologia Morale e Sacra Scrittura, dottorando in Fonti scritte della civiltà mediterranea, mons. Tore Ruggiu, Vicario episcopale per la vita consacrata e parroco di N. S. delle Grazie in Sanluri. Il direttore della testata è
giornalista professionista, laureato in Giurisprudenza e ha un master in Economia e Finanza etica.
Del numero che avete tra le mani sono state stampate, a richiesta e quindi prenotate, 70 copie in più rispetto al numero precedente.
La tiratura di questo numero è stata di 3770 copie. Il giornale non pubblica, e non ha mai pubblicato, articoli di agenzie di stampa.
domenIcA 23 gIugno 2013
pietre
ISRAELE
Profanato
il cimitero cristiano
Alcune tombe del cimitero cristiano
ortodosso di Jaffa sono state danneggiate con scritte intimidatorie
tracciate in ebraico. Anche cinque
automobili parcheggiate nei paraggi del cimitero hanno subito
danneggiamenti. I vandali hanno
tracciato sulle lapidi funerarie di diverse tombe le scritte “vendetta” e
“il prezzo da pagare”, formula con
cui dai primi mesi del 2012 vengono “firmate” le azioni vandaliche ai
danni di luoghi di culto cristiani e
musulmani perpetrate da gruppi di
coloni estremisti come ritorsione
davanti allo smantellamento di insediamenti ebraici illegali.
PAKISTAN
Violenze
contro i cristiani
Un cristiano vittima di violenti strozzini musulmani; un altro sequestrato e torturato per una intera notte: sono le due ultime “storie ordinarie di abusi” segnalate dai cristiani del Punjab. Entrambi gli episodi sono avvenuti nei
giorni scorsi
a Lahore, governata dai
musulmani.
Un giovane
cristiano di
professione
spazzino, è stato sequestrato in
pieno giorno, mentre stava svolgendo il suo lavoro, da alcuni musulmani armati, e da due funzionari di polizia. L'uomo è stato tenuto
in isolamento, percosso e torturato per un giorno e una notte, poi
identificato dalla polizia e rilasciato.
Il secondo episodio riguarda un cittadino cristiano impiegato nel campo della sanità. L'uomo, padre di famiglia con cinque figli, aveva fatto
acquisti in un negozio di proprietà
di un musulmano e pur avendo pagato l'intero importo è stato costretto con minacce e intimidazioni a pagare interessi.
INDONESIA
Attacco
alle scuole cristiane
Il potente Consiglio degli Ulema indonesiani nella provincia dello Java centrale, si è scagliato contro le
scuole cattoliche con una fatwa
che ha già scatenato reazioni e proteste. I leader religiosi hanno dichiarato gli istituti - apprezzati per la
qualità dell'insegnamento e frequentati anche da moltissimi non
cristiani - non buoni sul piano della morale per i giovani studenti di fede musulmana. In Indonesia, nazione musulmana più popolosa al
mondo dove i cattolici sono una
piccolissima ma significativa presenza. Una posizione durissima
che colpisce le scuole, già nei mesi scorsi nel mirino delle frange
estremiste islamiche e di amministrazioni locali con minacce di chiusure, poi rientrate.
domenIcA 23 gIugno 2013
IL PORTICO DEGLI EVENTI
Il PortIco
5
Esteri. In presa diretta l’angoscia di chi ha vissuto l’esperienza di non poter vedere più la televisione pubblica
Grecia, la protesta continua e apre una breccia
Servizio pubblico fatto sparire come un furto
Il segretario generale del
sindacato dei giornalisti:
“Un delitto pubblico
del tutto ingiustificabile”.
Un vero azzardo politico
che ha mandato a casa
in un colpo 2800 persone
FRANCO SIDDI*
NVERNO DIFFICILE con molte case
al freddo per l’impossibilità di
pagare il gasolio del riscaldamento. Sembrava questo il segno massimo della crisi greca che
colpisce le famiglie. Adesso nelle
stesse case manca qualcosa che fino
a ieri era un bene familiare non direttamente misurabile come bene
patrimoniale: l’accesso alla televisione nazionale, quella della propria
lingua, della propria cultura, bene
o male rappresentativa della vita e
dell’interesse di tutto il Paese. Un’esperienza sconvolgente per chi, dalla mattina di mercoledì 12 giugno,
accende il televisore di casa e al posto della familiare – per quanto spesso criticata e criticabile – tv nazionale pubblica (Ert) trova, solo per 10
secondi, un piccolo quadrante con il
numero del canale pubblico e subito dopo, sempre sullo schermo solo
nero, un ingannevole avviso: collegamento assente, controllare l’antenna.
Una sensazione di furto in casa, co-
I
Un’immagine della protesta in Grecia contro l’austerity.
me se fosse stato sottratto un bene di
famiglia. È lo stesso sentimento provato due giorni dopo lo spegnimento da chi scrive, elemento di una
condivisione ancora più forte con i
colleghi ai quali portava la solidarietà della Fnsi e della Ifj, i sindacati
italiano e internazionale dei giornalisti. È la stessa ragione per la quale
migliaia di persone affollano continuamente il grande spiazzo davanti alla sede della Ert occupata dai dipendenti, con un impressionante
ricambio di persone che mantiene
sempre inalterata la dimensione
della protesta, quasi ci fossero dei
“turni di lavoro”.
E’ stata attuata una serrata vera e
propria, con la sola promessa di riaprire fra tre-quattro mesi con chissà
quale altra formula organizzativa e
produttiva. Un delitto pubblico ingiustificabile, giudicato tale non so-
lo dai dipendenti ma dai cittadini,
che in massa partecipano alle dimostrazioni di piazza che si svolgono ininterrottamente davanti alla
sede Ert.
Una serrata condannata dai sindacati dei giornalisti di tutto il mondo,
in piena solidarietà con quelli greci
di Esiea e di Poesy, ma anche da vaste aree politiche di tutta Europa,
nonché dall’European Broadcasting
Association, Ebu, con una sottoscrizione anche dei direttori delle 52 radiotelevisioni europee associate. Per
il presidente dell’Ebu, Jean Paul Philippot, è una violazione dei valori
centrali del trattato dell’Unione Europea per la radiodiffusione (quello
dell’Ebu, appunto): “Anche nelle
peggiori pagine della storia europea
– ha detto - è difficile rintracciare
qualcosa di simile all’eliminazione
del segnale televisivo pubblico.
Un’assenza percepita come la privazione di un bene, della cui natura
ci si accorge soprattutto quando diventa indisponibile.
Tutto questo non appare ragionevole, né giustificabile neanche per
un ossequio alle politiche di austerità dettate dall’Europa per mettere
ordine nei conti pubblici del Paese.
La sensazione è che si sia di fronte
ad un azzardo politico per dare un
segnale forte alle “certezze” (quali?,
dopo che gli stipendi sono stati tagliati del 30%) dei dipendenti pubblici e per avviare, nello stesso tempo, un’operazione di riposizionamento politico-culturale della tv
pubblica. Una sorta di “scossone
educatore”.
Dovendo tagliare 15.000 posti di lavoro pubblici, non ha trovato di meglio che compiere un atto di forza, ritenuto da tutti impossibile, chiudendo la televisione pubblica e
mandando a casa, privi di lavoro dalla notte alla mattina, 2800 persone.
Un’azione per dare un segnale agli
altri dipendenti pubblici a rischio
ma anche un atto per indicare la volontà di un nuovo modello di controllo del potere sulla radio-tv pubblica, che il Governo presieduto da
Antonis Samaras promette di riaprire fra tre mesi.
Nel frattempo spazio libero per gli
oligopoli privati, deprezzamento del
valore materiale dell’azienda, distruzione di un patrimonio professionale straordinario, condizioni
ideali per acquisizioni a basso costo, da parte di qualche privato, di
La trama di Smile Pinki
Per non vivere da soli
la prova della malattia
L’assemblea sarda dell’Associazione Labiopalatoschisi
ROSALBA CROBU
è svolta
l’assemblea annuale dei soci e dei simpatizzanti dell’associazione Labiopalatoschisi
Sardegna che, nella stessa giornata,
ha organizzato una giornata di sensibilizzazione della patologia comunemente nota come “labbro leporino”. Si tratta della schisi del labbro (labioschisi) e la schisi del palato (palatoschisi); la schisi è una divisione tra due parti che durante la
vita intrauterina non si sono unite
tra loro e rientra tra le malformazioni cranio maxillo faciali.
Oltre ai danni fisici, questa malformazione implica anche delle difficoltà a livello psicologico, infatti,
spesso i bambini sono discriminati non solo per il loro difetto fisico
ma anche per la difficoltà che, in alcuni casi, hanno nel parlare. Con
questa malformazione nel mondo
nasce un bambino ogni mille, in Eu-
N
EI GIORNI SCORSI SI
ropa 1 ogni 700 e in Italia 1 ogni 830.
Come molte malformazioni nella
tradizione antropologica di molte
comunità è stata spesso ricondotta
a esseri mostruosi, e, in quanto tale,
ha generato, e genera ancora oggi,
reazioni di fastidio e disagio anche
all’interno delle famiglie dei portatori della patologia.
L’associazione Labiopalatoschisi
Sardegna ha come scopo il sostegno, la tutela e l’informazione ai pazienti e alle loro famiglie; i genitori
infatti vivono quest’esperienza con
molta tristezza, inadeguatezza e
sensi di colpa ed è molto importante che siano sostenuti da persone
che hanno già vissuto questa esperienza; l’associazione, inoltre, ha ultimamente avviato contatti con la
Fondazione Operation Smile Italia.
Il presidente dell’associazione, Nicola Melis, ed il vice presidente, Salvatore Murgia, hanno sottolineato
che ancora oggi in ambito regionale non esiste nessuna struttura cli-
pezzi dell’azienda pubblica.
Sicuramente la manovra è stata
troppo azzardata. Comincia ad apparire chiaro che nessuna politica
di austerità la giustifica. Peraltro, con
la serrata, anche le eventuali vendite a pezzi poco beneficio porterebbero ai conti pubblici, sui quali, invece, adesso pesa il danno di una
perdita calcolabile già oggi in 30 milioni di euro per gli effetti indotti dal
solo provvedimento di chiusura.
La protesta civile in corso ad Atene,
le reazioni internazionali dei giornalisti, del mondo della cultura, dell’arte e della stessa televisione qualche effetto cominciano a produrlo
nonostante le reazioni ipocrite della Commissione dell’Unione Europea, che in prima battuta aveva ridimensionato la vicenda ad un affare interno di un singolo Stato. Non
è così e non può essere così. Quando
si compie una lesione grave verso i
diritti dei cittadini al pluralismo, all’identità linguistica, culturale, politica e sociale espressa attraverso
strumenti come quelli del servizio
pubblico, che sono di tutti i cittadini, non di un Governo o di un padrone assoluto.
È un danno grave per i greci, uno
scempio per l’Europa. Adesso è più
chiaro a tutti cosa sia e cosa possa e
debba essere, in meglio, il servizio
pubblico radiotelevisivo e perché,
come per tutti i beni comuni, questo
valore, questo patrimonio, questo
servizio debba essere assicurato e
garantito a qualsiasi latitudine.
* segretario generale FNSI
nica accreditata per il trattamento
chirurgico della labiopalatoschisi,
come invece esiste in altre regioni
italiane come la Toscana, dove è attivo il Centro Regionale di Riferimento di Pisa.
I pazienti con questa patologia, sin
dalla primissima infanzia e sino all’età adulta, sono costretti a sostenere una trafila terapeutica infinita
in Sardegna e, soprattutto per la parte chirurgica, nella penisola.
Il presidente Melis ha evidenziato
come in un’epoca di tagli alla sanità
e di criminalizzazione del disabile, la
stampa parli soltantoo dei falsi disabili, non di quelli veri che - come
in questo caso - devono sostenere
costi indescrivibili.
L’associazione, ha precisato Melis, si
fa portavoce sul territorio regionale
e nazionale di questa realtà. A con-
clusione della giornata, è stato
proiettato il film “Smile Pinki” che
ha vinto l'Academy Award come miglior documentario dell'ottantunesima edizione dell’Oscar 2009 (sezione corti), preceduto dall’introduzione dell’antropologo Antonio
Maria Pusceddu dell’Università di
Cagliari e dal reading dell’attrice
Monica Serra (Compagnia Microfratture Teatro), in cui hanno affrontato alcune tematiche legate alla diversità e alla sua accettazione.
Pinki Sonkar è una bambina di
cinque anni con una grave forma
di “labbro leporino” (labiopalatoschisi - lps) che vive in una delle
zone più povere dell'India. A
causa della sua disabilità, non
frequenta la scuola del villaggio,
Rampur Dahaba. Emarginata a
causa della deformità, e i genitori
insieme a lei: le mamme sono allontanate dalle famiglie e in alcuni casi dai villaggi, Pinki vive
una vita triste e rassegnata: I genitori non si possono permettere
le spese per l'intervento. Un
giorno incontrano un operatore
sanitario che viaggia di villaggio
in villaggio alla ricerca di pazienti da condurre in un ospedale
mobile che opera gratuitamente
migliaia di bambini poveri affetti
da lps. Pinki, così, riesce a seguire l’iter
chirurgico e
a cambiare
la propria
v i t a .
L’abbiamo
ritrovata sul
red carpet
a ritirare il premio Oscar raggiante e sorridente e noi insieme
a Lei!
6
Il PortIco
IL PORTICO DEI GIOVANI
DOMENICA 23 gIugno 2013
Verso il 22 settembre. Pubblichiamo stralci del dialogo del Papa con gli studenti delle scuole gestite dai gesuiti.
“Dove il mondo può trovare la speranza?
Nella carne di Gesù e nella vera povertà”
UBBLICHIAMO STRALCI del
dialogo - a braccio - tra Papa Francesco e gli studenti delle scuole gestite dai
gesuiti in Italia e Albania, il 7 giugno
scorso nell’Aula Paolo VI. E’ uno degli strumenti che offriamo ai nostri
lettori nel cammino di preparazione
alla visita del Santo Padre a Cagliari
(il 22 settembre).
Un ragazzo: Sono un ragazzo che,
come ho scritto nella mia lettera a te,
Papa, che cerca di credere. Io cerco… cerco, sì, di essere fedele. Però,
ho delle difficoltà. A volte mi vengono dei dubbi. E credo che questo
sia assolutamente normale alla mia
età. Dato che tu sei il Papa che credo
avrò più a lungo nel cuore, nella mia
vita, perché ti incontro nella mia fase dell’adolescenza, della crescita,
ti volevo chiedere qualche parola
per sostenermi in questa crescita e
sostenere tutti i ragazzi come me..
Santo Padre: Camminare è un’arte, perché, se camminiamo sempre
in fretta, ci stanchiamo e non possiamo arrivare alla fine, alla fine del
cammino. Invece, se ci fermiamo e
non camminiamo, neppure arriviamo alla fine. Camminare è proprio
l’arte di guardare l’orizzonte, pensare dove io voglio andare, ma anche
sopportare la stanchezza del cammino. E tante volte, il cammino è
difficile, non è facile. "Io voglio restare fedele a questo cammino, ma
non è facile, senti: c’è il buio, ci sono
giornate di buio, anche giornate di
fallimento, anche qualche giornata
di caduta… uno cade, cade…". Ma
pensate sempre a questo: non avere paura dei fallimenti; non avere
paura delle cadute. Nell’arte di camminare, quello che importa non è
di non cadere, ma di non "rimanere
caduti". Alzarsi presto, subito, e continuare ad andare. E questo è bello:
questo è lavorare tutti i giorni, questo è camminare umanamente. Ma
anche: è brutto camminare da soli,
brutto e noioso. Camminare in comunità, con gli amici, con quelli che
ci vogliono bene: questo ci aiuta, ci
aiuta ad arrivare proprio alla meta a
cui noi dobbiamo arrivare. Io non
so se ho risposto alla tua domanda.
Ci sei? Non avrai paura del cammino? Grazie.
Una signora: Siccome noi, che siamo stati educati alle scuole dei Gesuiti, siamo sovente invitati a riflettere sulla spiritualità di sant’Ignazio, volevamo chiederLe: nel momento in cui ha scelto la vita consacrata, che cosa l’ha spinta ad essere
Gesuita piuttosto che sacerdote diocesano o di un altro ordine? Grazie.
Santo Padre: Io ho alloggiato parecchie volte al Sociale di Torino. Lo
conosco bene. Quello che più mi è
piaciuto della Compagnia è la missionarietà, e volevo diventare missionario. E quando studiavo filosofia, ho scritto al Generale – no, la teologia – ho scritto al Generale, che era
il Padre Arrupe, perché mi mandasse, mi inviasse in Giappone o in
un’altra parte. Ma lui ha pensato bene, e mi ha detto, con tanta carità:
P
"Ma Lei ha avuto una malattia al polmone, quello non è tanto buono per
un lavoro tanto forte", e sono rimasto a Buenos Aires. Ma è stato tanto
buono, il Padre Arrupe, perché non
ha detto: "Ma, Lei non è tanto santo
per diventare missionario": era buono, aveva carità. E quello che mi ha
dato tanta forza per diventare Gesuita è la missionarietà: andare fuori, andare alle missioni ad annunziare Gesù Cristo. Credo che questo
sia proprio della nostra spiritualità:
andare fuori, uscire, uscire sempre
per annunziare Gesù Cristo, e non rimanere un po’ chiusi nelle nostre
strutture, tante volte strutture caduche. E’ quello che mi ha mosso. Grazie.
Una signora: Mi domandavo: perché Lei – cioè tu – hai rinunciato a
tutte le ricchezze di un Papa, come
un appartamento lussuoso, oppure
una macchina enorme, e invece sei
andato in un piccolo appartamento
nelle vicinanze, oppure hai preso
l’autobus dei Vescovi. Come mai ha
rinunciato alla ricchezza?
Santo Padre: Ma, credo che non
sia soltanto una cosa di ricchezza.
Per me è un problema di personalità: è questo. Io ho necessità di vivere fra la gente, e se io vivessi solo, forse un po’ isolato, non mi farebbe bene. Questa domanda me l’ha fatta
un professore: "Ma perché Lei non
va ad abitare là?". Io ho risposto:
"Ma, mi senta, professore: per motivi
psichiatrici". E’ la mia personalità.
Anche l’appartamento, quello [del
Palazzo Pontificio] non è tanto lussuoso, tranquilla… Ma non posso
vivere da solo, capisci? E poi, credo,
che sì: i tempi ci parlano di tanta povertà nel mondo, e questo è uno
scandalo. La povertà del mondo è
uno scandalo. In un mondo dove ci
sono tante, tante ricchezze, tante risorse per dare da mangiare a tutti,
non si può capire come ci siano tanti bambini affamati, ci siano tanti
bambini senza educazione, tanti poveri! La povertà, oggi, è un grido. Tutti noi dobbiamo pensare se possiamo diventare un po’ più poveri: anche questo, tutti lo dobbiamo fare.
Come io posso diventare un po’ più
povero per assomigliare meglio a
Gesù, che era il Maestro povero.
Questa è la cosa. Ma non è un problema di virtù mia personale, è soltanto che io non posso vivere da solo, e anche quello della macchina,
quello che tu dici: non avere tante
cose e diventare un po’ più povero. E’
questo.
Un ragazzo: Come ha fatto quando
ha deciso di diventare non Papa, ma
parroco, diventare Gesuita? Come
ha fatto? Non Le è stato difficile abbandonare o lasciare la famiglia, gli
amici, non Le è stato difficile?
Santo Padre: Senti, sempre è difficile: sempre. Per me è stato difficile. Non è facile. Ci sono momenti
belli, e Gesù ti aiuta, ti da un po’ di
gioia. Ma ci sono momenti difficili,
dove tu ti senti solo, ti senti arido,
senza gioia interiore. Ci sono momenti oscuri, di buio interiore. Ci
sono difficoltà. Ma è tanto bello seguire Gesù, andare sulla strada di
Gesù, che tu poi bilanci e vai avanti. E poi arrivano momenti più belli. Ma nessuno deve pensare che
nella vita non ci saranno le difficoltà.
Anch’io vorrei fare una domanda
adesso: come pensate voi di andare
avanti con le difficoltà? Non è facile.
Ma dobbiamo andare avanti con
forza e con fiducia nel Signore, con
il Signore, tutto si può.
Una giovane: Volevo chiedere una
parola per i giovani di oggi, per il
futuro dei giovani di oggi, dato che
l’Italia si trova in una posizione di
grande difficoltà. E vorrei chiedere
un aiuto per poter portarla a migliorare, un aiuto per noi, per poter
portare avanti questi ragazzi, noi
ragazzi.
Santo Padre: Tu dici che l’Italia è in
un momento difficile. Sì, c’è una crisi. Ma io ti dirò: non solo l’Italia. Tutto il mondo, in questo momento, è in
un momento in crisi. E la crisi, la crisi non è una cosa brutta. E’ vero che
la crisi ci fa soffrire, ma dobbiamo –
e voi giovani, principalmente – dobbiamo saper leggere la crisi. Questa
crisi, cosa significa? Che cosa devo
fare io per aiutare a uscire dalla crisi?
La crisi che noi in questo momento
stiamo vivendo è una crisi umana. Si
dice: ma, è una crisi economica, è
una crisi del lavoro. Sì, è vero. Ma
perché? Perché questo problema del
lavoro, questo problema nell’eco-
nomia, sono conseguenze del grande problema umano. Quello che è in
crisi è il valore della persona umana,
e noi dobbiamo difendere la persona umana. In questo momento…
ma, io ho raccontato questo già tre
volte, ma lo farò una quarta. Ho letto, una volta, un racconto di un rabbino medievale, dell’anno 1200.
Questo rabbino spiegava agli Ebrei
di quel tempo la storia della Torre di
Babele. Costruire la Torre di Babele
non era facile: dovevano farsi i mattoni; e il mattone come si fa? Cercare il fango, la paglia, mescolarli, portarli al forno: era un grande lavoro. E
dopo questo lavoro, un mattone diventava un vero tesoro! Poi portavano i mattoni in alto, per la costruzione della Torre di Babele. Se un
mattone cadeva, era una tragedia;
punivano l’operaio che l’aveva fatto
cadere, era una tragedia! Ma se cadeva un uomo, non succedeva niente! Questa è la crisi che oggi stiamo
vivendo, questa: è la crisi della persona. Oggi non conta la persona,
contano i soldi, conta il denaro. E
Gesù, Dio ha dato il mondo, tutto il
creato, l’ha dato alla persona, all’uomo e alla donna, perché lo portassero avanti, non al denaro. E’ una
crisi, la persona è in crisi perché la
persona oggi - ascoltate bene, questo è vero - è schiava! E noi dobbiamo liberarci di queste strutture economiche e sociali che ci schiavizzano. E questo è il vostro compito.
Un professore: Sono insegnante
di spagnolo perché sono spagnolo:
sono di San Sebastian. Insegnante
anche di religione, e posso dire che
gli insegnanti, i professori, Le vogliamo tanto bene: questo è sicuro.
Non parlo a nome di nessuno, ma
vedendo tanti ex-allievi, anche tante personalità, e anche noi adulti,
insegnanti, educati dai Gesuiti, mi
interrogo sul nostro impegno politico, sociale, nella società, come
adulti nelle scuole gesuitiche. Ci dica qualche parola: come il nostro
impegno, il nostro lavoro oggi, in Italia, nel mondo, può essere gesuitico,
può essere evangelico.
Il Santo Padre: Benissimo. Coinvolgersi nella politica è un obbligo
per un cristiano. Noi cristiani non
possiamo "giocare da Pilato", lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo coinvolgerci nella politica, perché la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene
comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. Lei mi dirà: "Ma
non è facile!". Ma neppure è facile diventare prete. Non ci sono cose facili
nella vita. Non è facile, la politica si è
troppo sporcata; ma io mi domando: si è sporcata, perché? Perché i
cristiani non si sono coinvolti in politica con lo spirito evangelico? Con
una domanda che ti lascio: è facile
dire "la colpa è di quello". Ma io, cosa faccio? E’ un dovere! Lavorare per
il bene comune, è un dovere di un
cristiano! E tante volte la strada per
lavorare è la politica. Ci sono altre
strade: professore, per esempio, è
un’altra strada. Ma l’attività politica
per il bene comune è una delle strade. Questo è chiaro.
Un giovane: Porto un gran numero di ragazzi, che sono i ragazzi della Lega Missionaria Studenti. E’ un
movimento un po’ trasversale, quindi un po’ da tutti i collegi abbiamo un
po’ di Lega Missionaria Studenti.
Dunque, Padre, innanzitutto il mio
ringraziamento e quindi di tutti i ragazzi che ho sentito anche in questi
giorni, perché finalmente con Lei
abbiamo trovato quel messaggio di
speranza che prima ci sentivamo
costretti a ritrovare in giro per il
mondo. Adesso, poterlo sentire a casa nostra è qualcosa che per noi è
potentissimo. Soprattutto, Padre, mi
permetta di dire, da un posto, da un
luogo, questa luce si è accesa in questo posto in cui noi giovani incominciavamo realmente a perdere la
speranza. Quindi, grazie, perché è
arrivato veramente in fondo. La mia
domanda è questa, Padre: noi, come
Lei ben sa dalla sua esperienza, abbiamo imparato a sperimentare, a
convivere con molte tipologie di povertà, che sono la povertà materiale
– penso alla povertà del nostro gemellaggio in Kenya -; che sono la povertà spirituale - penso alla Romania, penso alle piaghe delle vicissitudini politiche, penso all’alcolismo.
Quindi, Padre, io Le voglio chiedere:
come possiamo noi giovani convivere con questa povertà? Come dobbiamo comportarci?
Il Santo Padre: Prima di tutto, vorrei dire una cosa, a tutti voi giovani:
non lasciatevi rubare la speranza!
Per favore, non lasciatevela rubare! E
chi ti ruba la speranza? Lo spirito del
mondo, le ricchezze, lo spirito della
vanità, la superbia, l’orgoglio. Tutte
queste cose ti rubano la speranza.
Dove trovo la speranza? In Gesù povero, Gesù che si è fatto povero per
noi. E tu hai parlato di povertà. La
povertà ci chiama a seminare speranza, per avere anch’io più speranza. Questo sembra un po’ difficile da
capire, ma ricordo che Padre Arrupe,
una volta, ha scritto una lettera buona ai Centri di ricerche sociali, ai
Centri sociali della Compagnia. Lui
parlava di come si deve studiare il
problema sociale. Ma alla fine ci diceva, diceva a tutti noi: "Guardate,
non si può parlare di povertà senza
avere l’esperienza con i poveri". Tu
hai parlato del gemellaggio con il
Kenya: l’esperienza con i poveri.
Non si può parlare di povertà, di povertà astratta, quella non esiste! La
povertà è la carne di Gesù povero,
in quel bambino che ha fame, in
quello che è ammalato, in quelle
strutture sociali che sono ingiuste.
Andare, guardare laggiù la carne di
Gesù. Ma non lasciatevi rubare la
speranza dal benessere, dallo spirito del benessere che, alla fine, ti porta a diventare un niente nella vita! Il
giovane deve scommettere su alti
ideali: questo è il consiglio. Ma la
speranza, dove la trovo? Nella carne di Gesù sofferente e nella vera
povertà. C’è un collegamento tra i
due. Grazie.
DOMENICA 23 gIugno 2013
IL PORTICO DI CAGLIARI
Convegno diocesano. Due intense giornate di studio e di riflessione sul tema proposto.
Una nuova iniziazione cristiana:
è l’impegno per tutta la Diocesi
Nelle relazioni di padre
Salvini e don Montisci
una traccia molto netta
da seguire e praticare.
La sfida è rendere l’adulto
più consapevole della
propria chiamata
ROBERTO COMPARETTI
ER UNA fede matura. Promuovere un'autentica
iniziazione cristiana”. È il
tema del convegno diocesano del clero svoltosi in due mattinate nell'Aula Magna del Seminario Arcivescovile.
Tra i relatori padre Gian Paolo Salvini Sj, fino al 2011 direttore di Civiltà
Cattolica. Nella sua relazione incentrata sul tema “La fede degli adulti in Italia oggi: il contesto socio-culturale”, il gesuita ha tra l'altro evidenziato come “in Italia parlare di
religione significa parlare di cattolicesimo, con un 78-80% che si riconosce nella fede cattolica, ed un 59%
degli adulti che crede in un Dio personale e creatore. L'Italia è l'unico
Paese europeo con una preponderanza di adesione ad un'unica religione, insieme alla Polonia e all'Irlanda. Per queste ultime due nazioni però la religione è un segno identitario, forse frutto delle persecuzioni naziste e comuniste in Polonia e
anglicane in Irlanda”.
Significativo il dato secondo il quale meno della metà degli italiani non
crede che ci sia un'unica religione
“Questo dato - specificato padre Sal-
P
vini - viene attribuito al fatto che
spesso in Italia si nasce in un contesto dove il cattolicesimo è presente e
quindi non viene scelto ma si vive
in quell'ambiente. C'è poi un altro
dato importante: il dialogo tra le religioni è visto come un fatto positivo.
Giovanni Paolo II credeva ed alimentava il dialogo e la consapevolezza è cresciuta. Con Benedetto XVI
la visione è cambiata, perché Papa
Ratzinger credeva più nelle azioni
comuni tra le religioni che nel dialogo religioso”.
Un altro dato sottolineato dal gesuita è l'entusiasmo che sta contraddistinguendo l'inizio di pontificato di
Papa Francesco. “Il dubbio - ha detto padre Salvini - e se questo entusiasmo sia una moda oppure una
rinascita del sentimento religioso.
Di certo l'incremento esponenziale
delle confessioni che si sta registrando dallo scorso marzo non è
una moda”. Quanto ancora ai dati
raccolti dalle ultime inchieste, la
Chiesa italiana viene vista come una
realtà in grado di dare risposte ai bisogni spirituali della gente.
In sintesi per padre Salvini la perdita di valori forti ha portato anche in
Italia alle difficoltà sotto gli occhi di
tutti, con problemi nell'organizzare
meglio la società e nel mantenere
gli impegni ad un percorso di fede.
“L'adulto nelle fede: traguardo dell'iniziazione cristiana” è stato invece
il tema affrontato da don Ubaldo
Montisci, docente di Catechetica all'Università Pontificia Salesiana.
“Parlare di iniziazione cristiana - ha
detto tra l'altro don Ubaldo - comporta affrontare il tema della catechesi, quindi di quel processo di trasmissione del Vangelo, come lo definiscono i lineamenta del recente
Sinodo dei Vescovi. La catechesi
però è un atto relazionale e comu-
Il prezioso ruolo dei laici
nella Chiesa e nel mondo
L’intervento di Franco Siddi al Convegno diocesano
SERGIO NUVOLI
GGI LE ISTITUZIONI pensano
ancora che di chi perde il
posto di lavoro debbano
occuparsi le Ong o la Caritas”. Lo
ha detto con molta chiarezza Franco Siddi, segretario generale della
Federazione Nazionale della Stampa Italiana (il sindacato dei giornalisti), intervenendo nei giorni scorsi al Convegno diocesano.
“Disponiamo di dati sconfortanti
per la Sardegna - ha proseguito, fresco di conferma nel board dell’Ifj, il
sindacato mondiale della stampa
- 400mila persone vivono sotto la
soglia di povertà, senza contare l’esercito dei pensionati”.
Per Siddi “si tratta di situazioni ben
note a chi vive a contatto con le nostre comunità. Certo, le opere pos-
O
sono avvicinare alla Parola, perchè
in questi momenti anche chi pensava di non aver bisogno ha scoperto la necessità della parola di
speranza che la Chiesa ha il dovere
di dare”.
Quindi l’importanza del rapporto
con i media: “Sui giornali leggiamo
belle esperienze, altre meno - ha
dettagliato - Le comunità qualche
volta si dividono”. Un riferimento
poi a Il Portico, che “sta facendo un
lavoro egregio, non soltanto sui temi dell’Anno della Fede, opportunamente approfonditi”, ma “la
stampa generalista è lontana dalla
Chiesa e dai suoi fermenti”.
Siddi ha anche raccontato un ricordo personale, sottolineando il
dovere della testimonianza: “Quando morì Giovanni Paolo II, mi trovavo a Bilbao per un congresso
Franco Siddi.
mondiale. La sua morte provocò
grande emozione, ma eravamo una
minoranza di cattolici”. Nonostante questo, “chiesi un minuto di raccoglimento e un comunicato di
gratitudine al Pontefice polacco.
Non fu facile, ma alla fine riuscimmo ad ottenere un voto unanime: si
distinsero solo i protestanti”.
L’accento sulla comunicazione è
tornato anche sulla figura di Papa
Francesco: “Piazza San Pietro - ha
rimarcato - è sempre piena di persone che aspettano una parola, una
nicativo, tale da mettere in comunione il convertito con Gesù Cristo,
valorizzando l'apporto del fedele nel
rapporto con Cristo. Non più dunque solo una trasmissione del Vangelo ma la proposta dei valori in esso contenuti. Un cambio di prospettiva fondamentale per chi lavora nel campo della catechesi, senza
il quale il rischio è di rimanere al catechismo di Pio X, che per quanto
valido è stato ritenuto obsoleto dalla Chiesa Italiana che ha fatto un'altra scelta”.
Altro punto importante della relazione del sacerdote salesiano è stato sul giusto peso da dare alla catechesi. “Non ha il potere di trasmette
la fede - ha detto don Montisci - perché c'è anche l'apporto della liturgia,
della diaconia, della testimonianza
ecclesiale, elementi che contribuiscono alla trasmissione del Vangelo
insieme alla catechesi, che dunque
non ha tutte le responsabilità spesso attribuitele”.
Per i vescovi italiani l'iniziazione cristiana ha il compito di volano per la
pastorale e per il primo annuncio.
La catechesi di iniziazione cristiana
dei fanciulli e dei ragazzi è l'aspetto
che meglio evidenzia l'impegno
evangelizzatore delle comunità cristiane. Per quanto riguarda gli adulti “l'iniziazione cristiana - secondo
don Ubaldo - crea le condizioni perché l'adulto sia sufficientemente cosciente di ciò che è chiamato a vivere nella comunità cristiana di appartenenza”.
Indicazioni chiare dai due relatori
sul percorso che la Diocesi dovrà fare nei prossimi anni. La strada è stata indicata: ai laici e ai presbiteri seguirla.
luce. Papa Bergoglio non si stanca
di ripetere che la vera luce è Dio”.
Ma il segretario del sindacato dei
giornalisti è tornato sul ruolo dei
laici nella Chiesa: “Non bisogna
chiedere ai preti di essere esperti di
tutto - ha sottolineato - Ai laici spetta un compito importante per
diffondere, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, i valori etici. Occorre guardare al tema
dell’etica sociale, sulla quale i laici
sardi mostrano di sapersi impegnare molto”.
Il compito è allora “pensare ad una
Sardegna che esca dalla crisi, anche la visita del Papa sarà un formidabile aiuto in questo: servono
strutture pubbliche vivificate dalla
testimonianza di laici cristiani che
indichino l’uscita dalla crisi”.
“Viviamo in un mondo non più culturalmente omogeneo - ha avvertito Siddi - Emergono frange radicali orientate al denaro e all’effimero,
nonostante la grandi povertà della
nostra Isola. C’è bisogno per questo
di una Chiesa viva, vitale e coinvolgente: ai nostri sacerdoti chiediamo
che non manchi mai la benzina spirituale in questo tempo di grande
crisi”.
IL PORTICO
7
cronaca
MONSIGNOR MIGLIO
Le indicazioni
per il prossimo anno
“Il cammino per promuovere
un'autentica iniziazione cristiana
è l'impegno principale che caratterizza la nostra attività ed è
un tema che risveglia in noi un
grande senso di responsabilità”.
Così monsignor Arrigo Miglio si
espresso all'inizio dei lavori del
Convegno diocesano del clero.
“Siamo chiamati a dare una mano allo Spirito - ha detto l'Arcivescovo - per la far crescere le
persone nel cammino di fede”.
Dopo la due giorni monsignor
Miglio ha dato le indicazioni per
il prossimo anno pastorale. “È
necessario - ha detto l'Arcivescovo - passare da una catechesi dei singoli sacramenti per
arrivare ad un percorso di iniziazione cristiana.
Non si tratta di insistere per vengano al catechismo, anche se è
un obiettivo concreto, ma significa dare loro una proposta continua, con un progetto ed un programma da sviluppare. Per arrivare ad una vera di iniziazione
cristiana è necessario coinvolgere i ragazzi e di giovani, ma
anche gli adulti, tirando dentro
famiglie, genitori, catechisti e padrini, ma pure le comunità parrocchiali. Altri aspetti riguardano
insegnanti di religione, pastorale giovanile e quella vocazionale”.
“Prioritario - ha proseguito l'Arcivescovo - è lo studio: abbiamo bisogno di capire il senso
dell'iniziazione cristiana oggi: lo
studio a livello centrale e foraniale per capire i documenti prodotti in grado di aiutarci a comprendere quali passi fare.
In questo prossimo anno cercheremo di armonizzare momenti di riflessione e di studio
per tutti: vescovi, preti, diaconi,
catechisti per crescere anche
nell'uso dei catechismi”.
Altri punti evidenziato dall'Arcivescovo sono la definizione del
programma di studio per il prossimo anno e per il successivo,
l'accompagnamento per gli
adulti, alle famiglie dei ragazzi e
la formazione dei catechisti.
Per questi ultimi è necessario
una formazione permanente, per
fasce d'età e per zone, con una
formazione mirata, coinvolgendo
le famiglie ed anche per loro è
necessaria una formazione specifica.
Il percorso è stato tracciato: studio, formazione degli adulti, famiglie e catechisti, armonia formativa tra parte contenutistica esperienziale e quella liturgica e
di preghiera (rc).
8
IL PORTICO DE
Il PortIco
XII DOMENICA DEL T. O.(ANNO C)
dal Vangelo secondo Luca
U
n giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui
ed egli pose loro questa domanda: «Le
folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia;
altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite
che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di
Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato
dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo
giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole
venire dietro a me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la
perderà, ma chi perderà la propria vita
per causa mia, la salverà».
Lc 9, 18-24
DON ANDREA BUSIA
il portico della fede
S
pesso, nel suo vangelo, Luca ci presenta
Gesù che si ritira lontano dalla folla per
pregare, da solo o in compagnia dei discepoli, ma i momenti di preghiera con i
discepoli presenti possono anche essere
anche occasione di insegnamento a chi
gli è attorno. Oltre che nel nostro brano
questo capita, ad esempio, anche nel capitolo 11 dove ci viene presentato come i
discepoli, dopo aver visto Gesù, gli chiedono di insegnare anche a loro come pregare e lui insegna loro il Padre Nostro (Lc
11,1ss).
Nel brano odierno l’insegnamento riguarda l’identità stessa di Gesù, del maestro, e, di conseguenza, quella dei suoi
stessi discepoli. Con la prima domanda
Gesù chiede ai suoi discepoli di esprimere l’idea che gli “altri” hanno di Lui. Le risposte puntano tutte in direzione “profetica”, le folle, cioè, riconoscono come Gesù abbia ricevuto da Dio il compito di interpretare la sua volontà e indirizzare il
Il Cristo di Dio...
popolo verso il suo Dio. Le folle hanno
ragione, certamente, ma solo in parte:
Gesù è un profeta ma non solo quello.
Il discorso diventa più personale con la
seconda domanda che Gesù rivolge direttamente ai suoi discepoli: è facile riportare le opinioni altrui, più difficile è
esporsi in prima persona ma questo non
ferma Pietro che, come suo solito, risponde a nome di tutti i discepoli che Lui
è “il Cristo di Dio”, cioè il “Messia di Dio”,
“l’unto di Dio”, “il consacrato di Dio”. Nell’antico testamento l’unzione era parte
della cerimonia di investitura del re (Saul:
1Sam 10,1; Davide: 1Sam 16,13) e di quella dei sacerdoti (Aronne: Es 29,7). Il consacrato ha la responsabilità davanti a Dio
di tutto ciò che compie e deve sempre
impegnarsi perché il popolo possa seguire la volontà di Dio. Quando Pietro riconosce Gesù come il “Cristo” riconosce,
implicitamente, che Dio gli assegnato,
oltre al ruolo di profeta, anche quelli di re
e sacerdote.
La definizione dell’identità di Gesù è di-
ventata molto più corretta, ma anche più
insidiosa: i tre titoli (re, sacerdote e profeta) possono essere fraintesi nel senso
di una potenza umana, come via di prevaricazione sugli altri per fini egoistici, la
Bibbia parla non di rado di sacerdoti che
avevano fallito il loro compito, di re empi
e di falsi profeti. Per questa ragione Gesù
vieta categoricamente ai discepoli di riferire ad alcuno che lui è il Messia. La definizione di Pietro ha bisogno ancora di
una fondamentale puntualizzazione e
Gesù la presenta immediatamente per
non lasciare i discepoli in sospeso: il suo
essere Messia non può essere confuso
con un potere terrena perché lui non sta
andrà a Gerusalemme per comandare
ma per soffrire ed essere messo a morte
proprio per mano delle autorità religiose
e civili. Nel primo annuncio della passione e della risurrezione (quello del nostro
brano, Gesù mette bene in evidenza come il suo essere Messia sia inseparabile
dalla sua salita sulla croce e dal suo sacrificio estremo. Solo dopo questa pas-
sione si mostrerà in pienezza il suo essere Messia quando risorgerà il terzo giorno,
ma a quel punto non ci sarà più il pericolo di fraintendimenti su chi Gesù sia.
Il cristiano, subito dopo aver ricevuto il
Battesimo, viene unto con il sacro Crisma dopo che il ministro ha pregato con
queste parole: “Dio onnipotente, Padre
del nostro Signore Gesù Cristo, ti ha liberato dal peccato e ti ha fatto rinascere dall'acqua e dallo Spirito Santo, unendoti al
suo popolo; egli stesso ti consacra con il
crisma di salvezza, perché inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, sia sempre
membra del suo corpo per la vita eterna”.
Il cristiano è anch’egli consacrato, e, per
questo, innestato in Cristo e partecipe
del suo stesso essere sacerdote, re e profeta ma, come Gesù precisa alla fine del
nostro brano, la nostra conformazione a
Cristo non può fermarsi a questo ma deve necessariamente comprendere il portare la croce dietro di lui ogni giorno per
poterlo poi seguire anche nella vita eterna.
LA MISSIONE DEL POPOLO DI DIO
Papa Francesco ha dedicato la catechesi della scorsa
Udienza generale al tema della Chiesa come Popolo di
Dio. Il Santo Padre ha incentrato la sua riflessione su alcune domande chiave legate al tema.
Una prima domanda è: «Che cosa vuol dire essere “Popolo di Dio?”. Il Papa mostra quindi l’universalità della chiamata
cristiana: «Dio non appartiene in modo proprio ad alcun popolo; perché è Lui che ci chiama, ci convoca, ci invita a fare parte del suo popolo, e questo invito è rivolto a tutti, senza distinzione, perché la misericordia di Dio “vuole la salvezza per tutti” (1Tm 2,4). Gesù non dice agli Apostoli e a noi
di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di elite. Gesù dice: andate e fate discepoli tutti i popoli (cfr Mt 28,19)».
«Come si diventa membri di questo popolo?» è la seconda
questione. In questo caso il punto essenziale è la “nuova nascita” del Battesimo: «nel Vangelo, Gesù dice a Nicodemo
che bisogna nascere dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito
per entrare nel Regno di Dio (cfr Gv 3,3-5). È attraverso il Battesimo che noi siamo introdotti in questo popolo, attraverso la fede in Cristo, dono di Dio che deve essere alimentato e fatto crescere in tutta la nostra vita».
Il terzo aspetto riguarda l’etica: «Qual è la legge del Popolo di Dio?». Papa Francesco risponde alla domanda indicando le esigenze radicali dell’amore cristiano: «la legge dell’amore, amore a Dio e amore al prossimo secondo il comandamento nuovo che ci ha lasciato il Signore (cfr Gv
13,34). Un amore, però, che non è sterile sentimentalismo
o qualcosa di vago, ma che è il riconoscere Dio come unico Signore della vita e, allo stesso tempo, l’accogliere l’altro come vero fratello, superando divisioni, rivalità, incomprensioni, egoismi; le due cose vanno insieme. Quanto
cammino dobbiamo ancora fare per vivere in concreto
questa nuova legge, quella dello Spirito Santo che agisce
in noi, quella della carità, dell’amore!».
«Che missione ha questo popolo?» si chiede Papa Francesco nel quarto punto, facendo poi riferimento alla salvezza
e alla speranza: «quella di portare nel mondo la speranza e
la salvezza di Dio: essere segno dell’amore di Dio che chiama tutti all’amicizia con Lui; essere lievito che fa fermentare tutta la pasta, sale che dà il sapore e che preserva dalla
corruzione, essere una luce che illumina».
L’ultima domanda riguarda la meta del cammino del Popolo
di Dio: «Qual è il fine di questo popolo?». Il Santo Padre porta qui la sua riflessione sulla realtà della vita eterna: «il fine
allora è la comunione piena con il Signore, la familiarità con
il Signore, entrare nella sua stessa vita divina, dove vivremo
la gioia del suo amore senza misura, una gioia piena».
di don Roberto Piredda
ELLA FAMIGLIA
domenIcA 23 gIugno 2013
9
Festa regionale delle Famiglie numerose sarde.
A Serramanna la festa
con monsignor Miglio
EUGENIO LAO
omenica 9 giugno si è svolta finalmente a Serramanna, nei locali della parrocchia di Sant'Ignazio, grazie all'ospitalità del parroco, don Pietro
Mostallino, la Festa Regionale delle Famiglie Numerose della Sardegna. Finalmente, perché se ne parlava da tempo.
L'Associazione nazionale famiglie
numerose (A.N.F.N.) conta in Sardegna 280 famiglie associate, per
circa 1800 persone, di cui 1200 sono
figli, ed è oramai ben radicata su
tutto il territorio regionale con
coordinatori e famiglie delegate in
ciascuna delle quattro province storiche. La festa è stata preceduta, il
giorno precedente a Cagliari, dall'incontro dei coordinatori provinciali e delle famiglie delegate sarde
con i Presidenti nazionali Giuseppe
e Raffaella Butturini, col Segretario
nazionale Paolo Puglisi e con il responsabile dei coordinatori locali
Luca Gualdani.
Domenica le famiglie sarde hanno
potuto incontrare e festeggiare i
Presidenti: padovani, genitori di 10
figli, di cui uno in affido, Giuseppe
e Raffaella hanno offerto in concreto con la loro presenza la splendida testimonianza della loro famiglia e mostrato come l'Associazione possa essere veramente il
luogo per valorizzare e condividere
le specificità delle famiglie numerose e offrirsi sostegno reciproco.
Purtroppo le famiglie presenti non
sono state tantissime, causa concomitanza con cresime, prime comunioni e altre ricorrenze tipiche
del periodo tardo primaverile, ac-
D
RISCRITTURE
LE COMUNICAZIONI SOCIALI E IL RUOLO DEI LAICI
“La via attualmente privilegiata per la creazione e
per la trasmissione della cultura sono gli strumenti
della comunicazione sociale.
intellettuali e pastorali.
Anche il mondo dei mass-media, in seguito all'accelerato sviluppo innovativo e all'influsso insieme
planetario e capillare sulla formazione della mentalità e del costume, rappresenta una nuova frontiera
della missione della Chiesa.
Nell'impiego e nella recezione degli strumenti di comunicazione urgono sia un'opera educativa al senso critico, animato dalla passione per la verità, sia
un'opera di difesa della libertà, del rispetto alla dignità
personale, dell'elevazione dell'autentica cultura dei
popoli, mediante il rifiuto fermo e coraggioso di ogni
forma di monopolizzazione e di manipolazione”.
In particolare, la responsabilità professionale dei fedeli laici in questo campo, esercitata sia a titolo personale sia mediante iniziative ed istituzioni comunitarie, esige di essere riconosciuta in tutto il suo valore e sostenuta con più adeguate risorse materiali,
Esortazione apostolica post-sinodale
“Christifideles laici” di Sua Santità
Giovanni Paolo II su vocazione
e missione dei laici
nella Chiesa e nel mondo
cavallandosi peraltro con la presenza a Livorno di Kiko Arguello, il
fondatore del Cammino neocatecumenale, al quale fanno riferimento molte delle famiglie numerose sarde.
La festa ha avuto un taglio molto
concreto e operativo. Al mattino
l'incontro coi presidenti, mentre i
bambini giocavano con l'equipe di
animazione messa su da don Pietro. Quindi la messa, celebrata dallo stesso don Pietro e nel pomeriggio un nuovo incontro per fare il
punto sullo stato dell'associazione
in Sardegna e programmare le
prossime attività di breve-medio
periodo.
Nel pomeriggio c'è stata la visita,
graditissima e attesissima, dell'Arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo
Miglio il quale, seppure impegnato
anch'egli in cresime e appuntamenti vari, non ha voluto fare mancare la sua benedizione e il suo incoraggiamento alle famiglie presenti, intrattenendosi a lungo con i
bambini. Piuttosto che parlare ha
voluto ascoltare le famiglie, condividendo con loro le gioie, i sacrifici,
le preoccupazioni, le rivendicazioni dell'essere famiglie numerose,
senza mancare inoltre di fare riferimento alle tematiche che saranno
al centro della Settimana sociale
dei cattolici italiani che si svolgerà a
Torino dal 12 al 15 settembre: mons.
Miglio è presidente del Comitato
organizzatore e scientifico. L’arcivescovo ha auspicato e chiesto il
coinvolgimento attivo di ANFN nella fase preparatoria e nell'evento
vero e proprio.
Un arrivederci al prossimo anno a
tutte le famiglie numerose sarde.
10
IL PORTICO DEI LETTORI
Il PortIco
domenIcA 23 gIugno 2013
LETTERE A IL PORTICO
Caro direttore,
“Il mese di giugno è tradizionalmente dedicato al Cuore di Gesù”. Ha
cosi esordito papa Francesco all’Angelus del 9 giugno.Canta la liturgia: “Venite adoriamo il Cuore di Cristo, ferito d’amore per noi”.
La devozione al Sacro Cuore di Gesù è la quintessenza del Vangelo e
del piano di salvezza di Dio per l’umanità, per cui il culto al Sacro Cuore è adorazione a Cristo come
espressione dell’amore di Dio.
Parlare del Cuore di Gesù è parlare
della sua umanità, di Colui che ci ha
“amato con cuore d’uomo”.
Parlare del Cuore di Gesù è parlare
dell’amore di Dio per gli uomini: “Ti
ho amato con amore eterno!”( Ger
31, 3)
Ricordava papa Benedetto: “Dall’orizzonte infinito del suo amore, infatti, Dio ha voluto entrare nei limiti della storia e della condizione umana, ha
Scrivi al Papa
L’Arcivescovo invita tutti (grandi e piccini) a scrivere al Santo Padre attraverso Il Portico,
e - in particolare - a rivolgergli una domanda in occasione della Visita a Cagliari.
Tutto il materiale da noi raccolto sarà poi consegnato a Papa Francesco.
Potete scrivere agli indirizzi riportati in questa pagina.
preso un corpo e un cuore, così che
noi possiamo contemplare e incontrare l’infinito nel finito, il Mistero invisibile e ineffabile nel Cuore umano
di Gesù, il Nazareno.
Quest’amore del Cuore ci richiama
quella meravigliosa parola pronunciata da Papa Francesco che è “tenerezza” e tutta la teologia che racchiude:la tenerezza di Gesù come
dolcezza e umiltà di cuore, per essere testimoni della tenerezza di Dio
come fa il Papa.
Certamente la devozione al Cuore
di Gesù non è la celebrazione del
culto di una parte anatomica del suo
corpo; si tratta della devozione e del
culto dello stesso Cristo Gesù e alla
sua Persona, al suo essere il Figlio di
Dio, il Redentore dell’uomo che con
“cuore” infinitamente grande ha tanto amato i suoi da dare la vita per loro fino a morire in croce.
Sulla croce quel cuore fu trafitto dalla lancia di un soldato e subito ne
uscì sangue ed acqua, come ricordano i Vangeli.
Di fatto l’iconografia di questa devozione non ha mai mostrato soltanto “il
Cuore”, ma – come direbbe S. Agostino - il Cristo tutto, con il suo Cuore in mano . Ma l’oggetto della nostra
adorazione è il Figlio Unigenito del
Padre, Gesù Salvatore e Redentore, a Lui si dirige la nostra preghiera.
In virtù di questo incontro con il Cuore di Cristo, noi che ci definiamo cristiani dobbiamo cercare di rendere
il nostro cuore conforme al Cuore di
Gesù. Conforme cioè a quell’“Amore di Dio, che trabocca dal cuore del
Figlio di Dio al cuore della Madre di
Dio, il cuore umano del Verbo Incarnato, venuto tra noi per amore, soltanto per amore, perché fossimo salvi, cioè di nuovo capaci di amore
profondo verso Dio e verso gli altri,
avendo come misura l’amore stesso
Inviate le vostre lettere a Il Portico, via mons. Cogoni 9, 09121 Cagliari o utilizzate l’indirizzo [email protected], specificando nome e cognome ed una modalità per rintracciarvi. La pubblicazione è a giudizio del direttore, ma una maggiore brevità facilita il compito. Grazie.
o letto con grande interesse il libro di
Tonino Cabizzosu su “IVescovi sardi al Concilio Vaticano II”. Lo ho
fatto almeno per due motivi: primo:
perché si trattava di un avvenimento che io
stesso ho vissuto da giovane prete e mi ripromettevo di riviverne il clima, tornando in qualche modo giovane come allora; secondo: perché
ho conosciuto personalmente tutti i vescovi
sardi che hanno partecipato al Concilio e di
molti di loro sono stato amico. Leggendo il libro
avrei potuto conoscerli meglio e precisare quale servizio alla Chiesa essi avevano reso.
Non sono stato deluso nelle mie aspettative.
Tonino Cabizzosu, docente di storia della Chiesa alla Pontifica Facoltà Teologica della Sardegna, è persona degna di ogni stima. La sua insaziabile curiosità intellettuale lo ha reso uomo
di grande cultura e ricercatore appassionato
di storia. Sta dedicando le sue fatiche a periodi di storia della Chiesa, relativamente vicini a
noi, per evitare che le notizie e i documenti esistenti si disperdano e per consegnare ai posteri impressioni e valutazioni delle prime generazioni seguenti ai fatti. Riesce con equilibrio e saggezza, a evitare le insidie nel trattare
argomenti che non hanno ancora una lunga
visione prospettica storica, lasciando sempre
strade aperte a riflessioni e valutazioni future.
Così ha scelto di dividere la trattazione dell'argomento in due volumi: il primo di cui ci stiamo interessando, si ferma sulle "fonti". Il secondo cui sta lavorando, riporterà valutazioni
e giudizi. Lo ringraziamo per il primo e attendiamo il secondo.
Il libro ci mette in contatto, a distanza di cinquanta anni circa, coi protagonisti del Concilio che venivano dalla Sardegna. Molti erano
sardi di origine, altri legati ad essa dalla loro
missione pastorale. Ora sono tutti morti, tranne il cardinal Canestri; è vivissimo in tanti il loro ricordo e permane in molti l'ammirazione,
l'affetto e la gratitudine verso di essi.
L'autore li fa rivivere pubblicando le loro parole
integralmente o riferendosi ad esse. Ci fa incontrare ancora con loro, quasi continuando
un dialogo che essi hanno avuto con la chiesa
H
un interessante libro di tonino cabizzosu
I vescovi sardi
al Concilio Vaticano II
di + ANTIOCO PISEDDU, vescovo di Lanusei
del loro tempo e i cui effetti continuano. Il Concilio infatti è stato un avvenimento complesso,
che ha influito sulla storia della Chiesa e del
mondo. Non tutto in esso ha avuto la stessa importanza, ma solo una prospettiva storica di vasto respiro sarà in grado di individuare la qualità
e la valenza degli apporti. Una breve pagina di
premessa dello stesso autore, orienta il lettore
in questa direzione. Parla di
cinque parti del libro: 1 - Consilia et vota, quanto cioè i singoli vescovi e istituzione ecclesiastiche avevano mandato nel
1959, in risposta alla consultazione avviata dalla Segreteria; 2 - interventi dei presuli
nell'aula conciliare; 3 - scritti
inviati alla Commissione centrale; 4 - sottoscrizioni a interventi di altri vescovi; 5 - lettera
pastorale collettiva dell'episcopato sardo, promulgata nella Quaresima del 1962.
Ce ne è abbastanza per riuscire a rivivere il clima di rinnovamento che coinvolse la Chiesa e un po’ tutto il
mondo in quegli anni. Io era giovanissimo sacerdote, e ricordo che condividevo con altri amici, la sofferenza davanti alla impressione che la
Chiesa fosse stata superata dai tempi e che non
riuscisse a dare risposte totalmente adeguate ai
grandi problemi del momento.
Ma non era facile averne una chiara coscienza.
Poteva trattarsi della dialettica normale tra le ge-
nerazioni, che opponeva i giovani agli anziani.
Ma non era così. Si trattava invece delle inquietudini suscitate dallo Spirito per rinnovare la Chiesa. Lo comprendemmo con stupore,
gioia e… preoccupazione quando Giovanni
XXIII, annunciò, all'improvviso, la decisione
del Concilio. Egli stesso e i suoi collaboratori
più immediati, sembrava non si rendessero
conto pienamente della importanza del momento. Ma
non furono neanche solo
strumenti inconsci del soffio di Dio. Lo Spirito, che rinnova continuamente la faccia della terra, si servì di loro
per avviare un cammino. Lo
avrebbe condotto lui stesso, e
sarebbe proseguito con altre
persone e altre guide, forse
più consapevoli dei progetti
di Dio e ugualmente pronti
ad assecondarli. La più grave difficoltà da risolvere era
l'armonizzare l'esigenze di
fedeltà al passato e quindi il
riferimento costante alle origini divine della
Chiesa e il servizio all'uomo di oggi, con i suoi
problemi nuovi, i suoi dubbi, le sue ansie… Si
parlava di contrasto tra tradizionalisti e progressisti, ambedue pieni di un grande amore per
la Chiesa e pronti a servirla. Il compito di trovare armonia e comunione non era per nulla
facile e non ci meravigliamo se anche grandi intelligenze non riuscirono a intuire il cammino
del Cuore di Cristo: 'Come io ho
amato voi, così amatevi' (Gv 13,34)”.
In questo mese di giugno, pertanto,
la missione della Chiesa deve essere quella di annunciare di nuovo e insistentemente il messaggio di amore di Gesù, per far nascere il Regno di
Dio nel cuore di ogni persona, per
lodare Dio e rinnovare nel bene tutto
il mondo.
Facciamo dunque festa al Cuore di
Gesù in questo mese di giugno, consacrandoci a Lui per beneficiare dei
tesori del suo amore, “cuore a cuore”
con Gesù, soprattutto adorandolo
sotto le specie del pane e del vino,
rinnovandoci in quella carità (amore)
che supera le opere stesse della carità.
Voglio concludere, così come ho iniziato, con le parole di papa Francesco al termine dello stesso Angelus “
Ci aiuti Maria ad essere miti, umili e
misericordiosi nei confronti dei nostri
fratelli ad imitazione del Cuore compassionevole di Gesù!
Rossana Caocci
nuovo. La barca di Pietro doveva affrontare ancora la vastità dell'oceano. Sarebbe stato calmo o burrascoso?
Il Concilio fece incontrare uomini prudenti e saggi provenienti da tutto il mondo. Fece avvicinare in un confronto molto franco, idee nuove e vecchie, verità immutabili di fede e convinzioni frutto di riflessione umana legate al tempo e alla
storia e scambiate per "verità" immutabili. Dal tormento del confronto e a volte
anche dallo scontro, emerse la "verità"
senza aggettivi, quella che per quel tempo avvicinava di più a Dio, insegnata e
ispirata dallo Spirito. La Chiesa si aprì
al suo soffio vitale, la vela si tese. E riprese a navigare, nella grande vastità della
storia degli uomini, che si apriva agli immensi orizzonti di Dio.
Leggendo il libro di Cabizzosu, non è difficile notare nei vari interventi fatti al
Concilio queste diverse aperture. C'è la
posizione di che cerca sicurezze nel passato, di chi si ferma in quadri angusti
sul "piccolo", di chi intuisce spazi più
grandi, di chi ha il coraggio di affrontare
il "senza confini di Dio".
E' l'umano e il divino delle opere di Dio.
A cinquanta anni circa dal Concilio,
mentre costatiamo nuovamente la difficoltà della Chiesa a seguire i "segni dei
tempi" e ci rammarichiamo di non essere riusciti ad additare all'uomo le nuove
frontiere della sua storia, possiamo utilmente andare a imparare lezioni di nuova azione di servizio all'uomo proprio
dal Concilio.
E' vero che cinquanta anni non sono
molti nello scacchiere della storia, ma
sono sufficienti a vedere il nostro tempo
da un'angolatura diversa, notare dei
particolari, intuire nuove mete.Verso un
nuovo Concilio?
Per questo diciamo grazie all'autore per
questo libro. Lo troviamo molto stimolante.
domenIcA 23 gIugno 2013
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
Parrocchie. Nella comunità guidata da don Maccioni anche il postcresima dà i suoi frutti.
A San Vito l’oratorio è un centro
di aggregazione per tutto il paese
A maggio si sono svolti
anche quattro incontri
sul tema della genitorialità.
Alle tradizionali attività
oratoriali si affiancano
momenti di catechesi
e di formazione per adulti
ROBERTO COMPARETTI
U
NA REALTÀ DINAMICA e viva-
ce. L’oratorio di San Vito
continua la sua attività
durante tutto l’anno.
Chiuso il cosiddetto GrIn, versione
invernale del classico Grest, riparte il
Gruppo Estivo, la proposta cristiana
delle parrocchie per un'estate che
parli di Dio, di amicizia, di condivisione.
Quest’anno l’inizio sarà dopo la prima settimana di luglio con le iscrizioni per bambini e ragazzi appena
iniziate. “La vita dell’oratorio è una
piacevole realtà – sottolinea il parroco don Roberto Maccioni, alla guida della comunità del Sarrabus da
tre anni – nella quale decine di bambini trovano un riferimento. In inverno con il GrIn contiamo una ottantina di presenze che in estate diventano 140 circa, con un gruppo di
30 animatori, molti provenienti dal
post - cresima. Un esperimento,
quello del dopo cresima, che sta iniziando a dare frutti con i giovani impegnati nell’animazione degli incontri dei bambini. Accanto agli sto-
Un gruppo di giovani all’oratorio (le foto della pagina sono di Alice Villagrande).
rici animatori dell’Anspi oggi ci sono
altri giovani che si impegnano in
questa attività”.
Non mancano però le attività per
adulti e famiglie. In particolare nello scorso mese di maggio è stato programmato un ciclo di quattro incontri dedicati ai temi della genitorialità. “E’ stato un esperimento che
abbiamo voluto fare – continua don
Roberto – grazie alla disponibilità
della psicologa Monia Piroddi, che
ha tenuto gli incontri, ai quali ha partecipato una trentina di persone. Di
certo riprenderemo l’iniziativa dopo
la festa di Santa Maria ad ottobre,
con un ulteriore invito per genitori
con figli pre - adolescenti e adolescenti, spesso privi di validi strumenti per relazionarsi con i figli in
un’età “non facile”. Insomma un ulteriore supporto che l’oratorio di San
Vito ha messo in campo.
Alle tradizionali attività dell’oratorio e del catechismo, che coinvolge
non meno di 200 tra bambini e ragazzi, ci sono i momenti di formazione per gli adulti, con appositi incontri di catechesi. “Non un incontro dove una parla e gli altri ascoltano – afferma don Maccioni - ma momenti caratterizzati da una certa dinamicità, con domande e risposte,
dubbi e chiarimenti alla luce della
Dottrina e delle Verità di fede”.
Non mancano poi le attività del
gruppo dei ministranti che periodicamente sono impegnati in alcuni
appuntamenti, come il recente incontro diocesano a Cagliari o i gemellaggi con parrocchie limitrofe
pur della diocesi di Lanusei.
Significativo poi il nuovo rapporto
con i ragazzi di Ballao, con i quali so-
no frequenti gli scambi e gli incontri
in una pastorale giovanile attenta
alle esigenze dei giovani del territorio. “Non potrebbe essere così – conclude il parroco - perché i ragazzi
dei paesi circostanti, come Villaputzu, Muravera e altri frequentano le
stesse scuole superiori. Si conoscono, per questo non è difficile metterli assieme e realizzare momenti
comuni. Il documento sugli oratori
che la Chiesa Italiana ha pubblicato
ci spinge a lavorare, non solo per i
giovani, ma anche per adulti e famiglie, perché l’oratorio sia una vero
centro di aggregazione per tutto il
paese”.
A San Vito l’oratorio è dunque un
elemento che attrae ragazzi ed anche gli adulti. Diventa così centro di
aggregazione nel quale all’aspetto
ludico si unisce quello culturale formativo, seguendo la vocazione
della Chiesa, quella di essere riferimento per tutti, dai bambini agli anziani, che in diversi modi vengono
coinvolti nelle molteplici attività lungo l’intero corso dell’anno.
Il PortIco
11
curiosità
SETTIMANALE DIOCESANO
DI CAGLIARI
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n. 13 del 13 aprile 2004
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Siddi, Rosalba Crobu, Roberto
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Grazia Catte, Francesco Furcas, Bruna Desogus, Roberto Porrà, Stefano Maria Moschetti, Michele Antonio Corona, Tore Ruggiu.
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Don Roberto: “In mostra anche la cultura del Sarrabus”
R. C.
straordinaria
partecipazione di popolo.
San Vito ha confermato la
profonda devozione verso il Santo
patrono, con la due giorni di festeggiamenti svoltasi
nello
scorso
weekend.
Tanti fedeli per le strade
con la piazza della chiesa
parrocchiale piena all’inverosimile. “Devo dire
che la cosa mi ha sorpreso non poco – afferma il
parroco don Roberto Maccioni
(nella foto piccola) - Sarà stato il richiamo del nuovo piazzale benedetto da don Elvio Puddu, che lo
aveva voluto insieme alla precedente amministrazione, ma erano
tantissimi quelli che hanno seguito
la processione e si sono poi ritrova-
U
NA GRANDE E
ti nei pressi della chiesa parrocchiale. Ho notato con piacere anche
che tanti turisti provenienti dalla
costa hanno lasciato le spiagge per
vivere un momento di fede autentica. Ma non solo. La festa patronale ha dato la possibilità anche di poter ammirare la
vetrina della cultura del
Sarrabus: il giogo dei buoi,
i cavalieri, i gruppi folk, gli
allievi della scuola di launeddas di Tortolì, guidati
dal sanvitese Sandro Frau,
la recita del rosario in sardo. Un apprezzato connubio di fede e cultura sarda”.
Il panegirico del santo è stato affidato a don Roberto Lai, giovane sacerdote della diocesi di Ales-Terralba. “Don Lai – ha evidenziato il
parroco – nel corso della sua omelia ha sottolineato come a distanza
di secoli San Vito continui a fare cul-
Versamento sul
CONTO CORRENTE BANCARIO n.
tura. Lui, 12enne che insegnava alla gente, oggi attraverso la festa del
15 giugno mette in evidenza quanto di buono il paese possiede, sotto
il profilo della fede e della cultura.
Tutto ciò che è umano è cristiano,
ha ribadito il predicatore”. Così è
stato per la festa patronale. Due elementi hanno però contraddistinto
l’edizione 2013. Il primo è stata la
restituzione al culto della chiesa.
“Siamo nuovamente in casa – dice
don Maccioni – dopo i nove mesi
trascorsi a Santa Barbara. La gente
attendeva la riapertura ed oggi siamo felici di avere a disposizione la
nostra chiesa”.
L’altro elemento è stato il “ritorno”
di don Elvio, oggi a Maracalagonis e
fino a tre anni fa guidava la comunità sanvitese. “Ho voluto che fosse
lui a benedire il piazzale ristrutturato – conclude il parroco - perché
credevo fosse una questione di giustizia. È stato lui ad avviare le pratiche per dare nuova vita a questo
spazio ed è stato giusto che fosse
lui a benedire il piazzale, davanti a
quella che per otto anni è stata la
sua comunità. La gente è stata felice di rivederlo e di poter stare alcune ore in sua compagnia. C’è però
una cosa che mi preme sottolineare ovvero come questi appuntamenti siano l’espressione di un popolo con una grande religiosità, ma
anche con una profonda cultura,
che ha solide radici nella fede”.
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FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI
12
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
Il PortIco
brevi
OPERAZIONE AFRICA
Un cuore per l’Africa
con padre Puggioni
Sabato 29 giugno alle 19, nella sala convegni del T-Hotel, si terrà un
incontro commemorativo dell’opera di padre Giovanni Puggioni,
sj, in occasione dell’inaugurazione
della mostra fotografica che ripercorre l’attività missionaria del sacerdote scomparso qualche anno fa in odore di santità.
L’esposizione rimarrà visitabile fino al 30 giugno - dalle 9 alle 21
con orario continuato - ed è composta da foto di scene di vita vissute dai volontari di Operazione
Africa durante i numerosi viaggi in
Congo, come la realizzazione di
alcune strutture presso l’ospedale di Mosango, tra le quali il padiglione “Sardegna”. Una forte testimonianza, da non perdere, sul
rapporto che padre Puggioni ha
sempre avuto con i lebbrosi e denutriti, e più in generale con tutti i
più poveri e deboli della nostra società. La sua è una figura indimenticabile.
IL 22 GIUGNO A MANDAS
Incontro per i politici
e gli amministratori
Sabato 22 giugno si celebrerà la
festa di San Tommaso Moro, patrono dei politici e degli amministratori.
Alle ore 17, negli spazi dell’ex
Convento francescano in via Canonico Dessì a Mandas, si terrà
un momento di riflessione sui temi della prossima Settimana sociale (in programma dal 12 al 15
settembre a Torino). Alle 19
mons. Miglio presiederà la messa solenne per invocare il Santo
patrono di coloro che si pongono
a servizio del bene comune.
DOMENICA 23 gIugno 2013
Parrocchie. La comunità guidata da don Nicolò Praxolu ha festeggiato il sacerdote.
Silius in festa per monsignor Porru,
anello di una catena che non finisce
Presenti alla celebrazione
tantissimi siliesi, parenti,
amici e amministratori.
La gratitudine di una
comunità per l’opera
di un sacerdote che ha
sempre servito la Chiesa
SERGIO NUVOLI
Q
UANDO VENNI ORDINATO
sacerdote, l’allora parroco mons. Piga (guidò
la parrocchia di Silius
per 54 anni, ndr), mi augurò di poter essere la continuazione di una catena di sacerdoti.
Mi auguro che, dopo di me, vengano altri e la proseguano”. Si
emoziona, mons. Francesco Porru, riparlando della sua Silius, e
ricordando la festa - alla vigilia del
Corpus Domini, il primo giugno
scorso - che i siliesi hanno voluto
organizzare nella chiesa di Santa
Felicita e Perpetua per festeggiare
la sua nomina a canonico della
Cattedrale.
Mons. Porru, classe 1947, è stato
ordinato sacerdote l’11 luglio del
1971: prima di lui le cronache diocesane ricordano tre preti siliesi,
nel secolo scorso. “Don Argiolas,
padre Ilario Orrù (dei frati minori)
e don Antonio Melis”, ricorda
mons. Porru. Dall’annuario della
diocesi risulta aver svolto la sua
attività pastorale a Dolianova, a
Gesico, a Ortacesus, poi di nuovo
Foto di gruppo per mons. Porru con mons. Spiga, don Praxolu e il coro polifonico del paese (a destra, Andrea Pilloni).
a Dolianova, poi a Elmas e infine a
Cagliari, nella parrocchia della Sacra Famiglia: ovunque amato e apprezzato, viene ricordato da tutti
con tanto affetto.
Naturale dunque che i suoi compaesani gli tributassero un affettuoso omaggio, una vera e propria
festa, per la nomina a canonico.
Invitato dal parroco, don Nicolò
Praxolu, mons. Porru si è trovato
così circondato da parenti, amici,
amministratori del paese, fedeli
tutti. Mons. Gianni Spiga, decano
del Capitolo metropolitano, ha tenuto l’omelia, in cui ha parlato del
Corpus Domini e del nuovo canonico della Cattedrale.
La messa è stata magistralmente
animata dal coro polifonico del
paese, diretto da Andrea Pilloni.
Alla fine della celebrazione, il sindaco ha voluto rivolgere un breve
discorso ai tantissimi presenti, ricordando il rapporto che lega
mons. Porru a Silius, chiedendogli
di pregare per le difficoltà che come tanti altri centri dell’Isola attraversa il paese. Quindi il parroco: don Nicolò, alla guida della
parrocchia dal febbraio dello scorso anno (e anche amministratore
di Goni), ha espresso tutta la felicità della comunità per la nomina
a canonico.
Dal canto suo, mons. Porru - con
la sua solita e riconosciuta bontà e
semplicità - ha sottolineato di “essere molto soddisfatto” della propria identità siliese, ringraziando
l’arcivescovo per la nomina e tutti i presenti per la partecipazione
al rito. Il neo-canonico ha anche
assicurato la propria preghiera per
i compaesani e per il paese, che
non ha mai smesso di conoscere e
amare, anche quando il ministero
sacerdotale lo ha portato a guidare altre comunità della Diocesi.
“Monsignore o non monsignore ha detto con un sorriso che ne disegna il carattere in modo esemplare - per i miei compaesani sono
sempre stato, e rimango, semplicemente Francesco. Ciò che conta non sono i titoli, ma la testimonianza di fede che si dà con la vita
e con l’esempio”. Un rinfresco festoso ha concluso la bella serata,
che dimostra ancora una volta il
grande affetto e la devozione filiale delle comunità diocesane per i
propri sacerdoti.
IL PORTICO DEI PAESI TUOI
domenIcA 23 gIugno 2013
Parrocchie. Al Santissimo redentore ben 55 bambini hanno ricevuto gesù per la prima volta
Lasciate che i bimbi vengano a me:
l’emozione dell’incontro con Cristo
Il parroco don Sergio
Manunza ha ricordato
il suo giorno più bello:
la sua prima Comunione.
Al termine della festa,
molti bambini hanno
seguito il Corpus Domini
MARIA GRAZIA CATTE
RANDE FESTA DI famiglia
nella solennità del “Corpus Domini” nella parrocchia del SS. Redentore:
alla presenza di genitori, padrini e
madrine, parenti, bambini del catechismo, catechisti e parrocchiani, 55 bambini, chiamati ad uno ad
uno per nome da don Sergio, per la
prima volta, hanno ricevuto Gesù
Eucaristia e hanno vissuto “il giorno
più bello”, proprio come hanno cantato alla fine della Messa.
Erano felici e commossi, i bambini
che si sono preparati con impegno a
questo gran momento aiutati dal
parroco, dai catechisti e dai loro genitori. Nell’omelia don Sergio ha ricordato il suo giorno più bello: era il
31 maggio 1964, non andava ancora a scuola, quando ha fatto la sua
prima Comunione. Terminata la
Messa nel salone parrocchiale le
suore avevano preparato un piccolo rinfresco per tutti i bambini.
Quindi è rientrato a casa e nel pomeriggio ha partecipato alla processione. Nei giorni successivi tutti
i bambini andavano in giro per il
paese per portare a parenti ed amici la immagine-ricordo della prima
comunione. Ha poi invitato gli adulti a ritornare indietro, a pensare al
giorno della loro prima Comunione
e fare tutto il possibile per aiutare
ogni bambino ad avvicinarsi a Gesù.
Ha invitato i bambini, i prediletti di
Gesù che ha detto: “Lasciate che i
G
to di
n pun rdegna
978 u
dal 1 ento in sa urali,
lt
im
u
c
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e
iro
g
rif
viag
resp
per i iosi e di le
relig spiritua
Foto di gruppo con don Sergio. Sotto, i preparativi della festa.
bambini vengano a me”, a riceverlo
spesso, lasciarsi trasformare da Lui,
essere presenti alla Messa, non interrompere mai la loro amicizia con
Lui, e, se c’è qualche peccato ad accostarsi alla Confessione. Li ha spronati a seguire l’esempio di san Domenico Savio che nel 1849, ad ap-
pena 7 anni, fece la sua prima Comunione e così scriveva nel suo diario:
1° Mi confesserò molto sovente e farò
la comunione tutte le volte che il confessore me ne darà licenza.
2° Voglio santificare i giorni festivi.
3° I miei amici saranno Gesù e Maria.
12 - 16 luglio
16 - 19 luglio
19 - 23 luglio
Voli diretti da Cagliari
• UNICO RAPPRESENTANTE DEI PAOLINI IN SARDEGNA •
13
brevi
RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO
Dieci piazze per
dieci comandamenti
Comincerà sabato 29 giugno alle
20.30 all’Arena Grandi Eventi di Cagliari l’evento “Dieci piazze per dieci comandamenti” promosso dal
Rinnovamento nello Spirito, il movimento attualmente presieduto (e
non fondato, come riportato nell’ultimo numero) da Salvatore Martinez, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione
della Nuova Evangelizzazione e
con la Conferenza Episcopale Italiana. Il programma prevede l’accoglienza con musiche e danze, la
lettura di brani celebri ispirati al tema del comandamento, il messaggio dell’arcivescovo mons. Arrigo Miglio e di vari testimonial.
Una fiaccolata concluderà la festa
con l’affidamento della città alla
Madonna di Bonaria.
AL POZZO DI SICHAR
Esercizi spirituali
con suor Luisa Curreli
L’Opera Esercizi Spirituali di Cagliari informa che dalle 18 di venerdì 21 giugno al pranzo di mercoledì 26, Sr. Luisa Curreli rc terrà
un corso di Esercizi spirituali, per
donne dai 20 ai 45 anni, sul tema:
“Riscoprire la bellezza della propria femminilità come via per vivere l'amicizia con il Signore”.
Luogo: Casa di Esercizi Spirituali
“Pozzo di Sichar” loc. Capitana –
via dei Ginepri, 32 Quartu S. Elena
(tel. 070 805236). Per informazioni
e adesioni: Emilia tel. 070 650880
SABATO 22 GIUGNO ORE 17.30
Laicità e creatività
con padre Steiner
L'ultimo appuntamento con le
catechesi di Padre Christian-M.
Steiner op sul rapporto tra
Famiglia e Concilio Vaticano II è
previsto sabato 22 Giugno - alle
17.30 nella Biblioteca del
Convento di San Domenico - sul
tema "Secondo l'energia propria
ad ogni singolo membro. Laicità e
creatività”.
pellegrinaggi paolini
lourdes
4° La morte, ma non peccati.
Al momento dello scambio di pace i
bambini si sono avvicinati ai loro
genitori per chiedere loro perdono
come fece san Domenico con la
mamma la vigilia del giorno fissato
per la comunione. Significativo anche il dono della candela che i bambini hanno offerto ai padrini e madrine presenti per ringraziarli del
dono del Battesimo. All’offertorio
tutti i bambini, grazie alla generosità dei loro genitori, hanno portato
i doni per i poveri perché Gesù ha
detto “tutto quello che avete fatto a
uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”. Prima della
conclusione della Santa Messa uno
dei bambini ha letto la preghiera di
ringraziamento a Gesù. Terminata la
celebrazione non sono mancati gli
auguri, le foto di rito sul sagrato, nel
cortile e in Chiesa, addobbata con
candidi fiori e spighe amorevolmente confezionate dalle abili mani delle donne del gruppo Santa
Marta. Nel pomeriggio molti bambini che hanno ricevuto la prima comunione hanno partecipato alla
processione del Corpus Domini.
Il PortIco
san giovanni rotondo
24 - 27 luglio
Voli di linea su Roma
assisi - loreto - cascia
8 - 12 luglio
Medjugorie
31agosto - 4 settembre
Volo diretto da Cagliari
Per informazioni e prenotazioni:
CAGLIARI - V.LE S. AVENDRACE 181
TEL. 070.288978 - 070.280279
FAX 070.281784
E-mail: [email protected]
Sito internet : www.sardivetviaggi.it
14
IL PORTICO DELLA DIOCESI
Il PortIco
brevi
PER LA VISITA DEL PAPA
Costituito il comitato
organizzatore
E’ stato costituito nei giorni scorsi il comitato organizzatore della
visita del Papa presso il Santuario
di Nostra Signora di Bonaria prevista per il prossimo 22 settembre.
Il comitato è così composto:
mons. Franco Puddu,Vicario per
la pastorale (Presidente), dott. Maria Lucia Baire, Direttrice del Museo diocesano, don Marcello Lanero, Economo diocesano, don
Giulio Madeddu, Direttore degli
Uffici diocesani per le comunicazioni sociali e per la pastorale sociale, don Emanuele Mameli, Direttore del’Ufficio catechistico diocesano, sig. Piero Pia, Diacono
permanente, don Alberto Pistolesi, Direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile e gli oratori,
mons. Gianfranco Saba, Rettore
del Pontificio Seminario Regionale Sardo, don Paolo Sanna, Rettore del Seminario arcivescovile
di Cagliari, mons. Fabio Trudu, Direttore dell’Ufficio liturgico diocesano. Le informazioni riguardanti
la visita del Papa in Sardegna saranno disponibili sul sito www.ilpapainsardegna.it.
MADONNA DELLA STRADA
Cosa possiamo fare
per la pace in M. Oriente
“E noi cosa possiamo fare?” E’ il titolo dell’incontro organizzato dalla
parrocchia Madonna della Strada
(Mulinu Becciu) con padre
Pinuccio Solinas, ofm, commissario di Terra Santa in Sardegna.
L’appuntamento - per un dialogo
sul dramma del Medio Oriente - è
nel salone della parrocchia il 24
giugno alle 19.30.
domenIcA 23 gIugno 2013
Verso il 22 settembre. Prima scheda storica sulla fondazione della città di Buenos Aires.
Così nacque il nome di Puerto
di Santa Maria del Buen Aire
Iniziamo un percorso
per scoprire la speciale
“fratellanza per una
storia antica” tra
la capitale argentina
e la città di Cagliari
di cui ha parlato il Papa
ROBERTO PORRÀ
OLTI RICORDERANNO con
emozione le parole
con cui il Santo Padre
ha annunciato il 15
maggio scorso la sua
prossima visita a Cagliari: “Fra la
città di Buenos Aires e Cagliari c’è
una fratellanza per una storia antica”. Poi il Papa ha rievocato il lungo
nome originario della metropoli argentina “Città della SS. Trinità e Porto di Nostra Signora di Buenos Aires”,
aggiungendo subito dopo che il secondo nome, quello però rimasto
fino ad oggi, era stato dato in ricordo della Madonna venerata nella
nostra città. In realtà nel discorso
del Pontefice è stato fatto riferimento alla seconda fondazione, avvenuta nel 1580, della capitale della
nazione sudamericana, “alla fine del
Mondo”, citando ancora le parole
del Papa.
La storia della scoperta e della conquista del bacino del Rio de la Plata
è ben diversa delle vittoriose cavalcate in Messico di Hernán Cortés e
in Perù di Francisco Pizarro, i quali
con pochi uomini abbatterono due
grandi imperi come quelli Azteco e
Inca. Anzi è tutto il contrario.
La spedizione era stata decisa da
Carlo V in persona a seguito delle
notizie della presenza di ricchi giacimenti d’argento, come dimostra il
nome (plata cioè argento) dato al
grande fiume, che attraversa la regione. Fu scelto come comandante
M
Un’immagine della seconda fondazione di Buenos Aires.
supremo e governatore della futura
colonia oltremare, un nobile castigliano, Pedro de Mendoza, che aveva combattuto nelle guerre d’Italia.
Egli allestì una flotta di 13 navi, che
partirono il 24 agosto 1535 dal porto
di Sanlúcar de Barrameda, presso
Siviglia. Si trattava di una spedizione
molto composita: ne facevano parte esponenti di illustri famiglie iberiche, tra i quali Rodrigo de Cepeda,
fratello di santa Teresa d’Avila, numerosi marinari liguri e soldati tedeschi. Con il compito di provvedere alla conversione dei nativi viaggiavano 14 sacerdoti, compresi 2 padri del convento di Siviglia dell’Ordine Mercedario, attivo nella evangelizzazione degli indios sin dal secondo viaggio (1493-1496) di Colombo.
La traversata oceanica fu difficile e
pericolosa: ad un lungo periodo di
assenza di vento successe una spaventosa tempesta che provocò il
naufragio di una nave della spedizione. In tali circostanze fu naturale
per l’equipaggio delle navi rivolgere
accorate preghiere alla Madonna di
Bonaria, uno dei culti più diffusi in
ambito marinaresco nel Cinquecento.
Pertanto, quando finalmente fu toccata terra presso il Rio de la Plata, al
primo insediamento, un semplice
agglomerato di capanne protette da
un’alta staccionata, fu dato il nome
di “Puerto di Santa Maria del Buen
Aire” (3 febbraio 1536), quasi certamente per un voto fatto durante la
traversata. Alla scelta di questo toponimo da parte di Mendoza, concorse, oltre la presenza dei due frati
mercedari, primi propagatori del
culto mariano con quel titolo, l’influenza del suo scudiero, Leonardo
Gribeo, definito dalle fonti cagliaritano ma probabilmente di origini liguri, molto devoto a Nostra Signora
di Bonaria, della quale portava sempre con sè un’immagine. Gli avvenimenti successivi però non furono
favorevoli: assediati fino alla fame
da indios ostili, privi del coman-
dante supremo, costretto al ritorno
perché roso da una grave malattia
che lo portò alla morte, i conquistadores abbandonarono l’insediamento e si rifugiarono nell’interno,
dando vita a S. Maria de l’Asunción,
attuale capitale del Paraguay.
Solo molti anni dopo fu dato incarico di rifondare l’abitato a Juan de
Garay, che lo intitolò alla Santissima
Trinità perché ne ricorreva la festività, ma i discendenti dei primi popolatori, tra cui i figli di Gribeo, vollero che fosse mantenuto il voto alla Vergine che aveva salvato i loro
padri dalla furia delle onde.
inizia con questo numero
un cammino di avvicinamento
all’appuntamento
del 22 settembre con il papa.
Proponiamo ai nostri lettori un
percorso alla scoperta della speciale fratellanza tra Cagliari e
Buenos Aires,ma anche numerosi altri aspetti. Buona lettura (sn).
IL PORTICO DELL’ANIMA
domenIcA 23 gIugno 2013
Scheda. Prepariamoci alla Settimana sociale: “Famiglia, Speranza e Futuro della Società”
L’identità e la collaborazione
dell’uomo e della donna nella famiglia
P. STEFANO M. MOSCHETTI, sj
NTENDO OFFRIRE UN PICCOLO contributo alla prossima settimana sociale, che si terrà a Torino
il 13-15 Settembre, sul Tema:
La Famiglia, speranza e futuro per la
società italiana. Un contributo di natura filosofica-sociologica, offerto
quindi alla comprensione di tutti, credenti e meno credenti.
Per raggiungere questa meta (i contenuti specifici in un prossimo articolo) è necessario, per un credente, visitare alquanto il contesto storico-salvifico in cui i contenuti filosofici-sociologici sono maturati, resi più accessibili alla comune intelligenza
umana. Lo stupore di Adamo quando
la provvidenza del Creatore gli presenta l’aiuto simile a sé, è lo stupore,
desiderio profondo, dell’umanità, da
sempre: «Questa volta è osso dalle
mie ossa, carne dalla mia carne» (Gen
2,23). Si, perché la donna possiede il
suo stesso livello spirituale, corporalmente espresso, capacità condivisa,
nella complementare realizzazione
femminile, come immagine di Dio,
di apertura costitutiva al CreatoreRedentore, quindi attitudine al dialogo qualificato con Adamo nei comuni valori spirituali-morali, nella
comune gestione di tutti gli aspetti
della vita. Cosa ha di caratteristico,
di proprio la donna, la sua identità? La
sua capacità di accogliere la Vìta in
una prolungata gestazione, in una
crescita lenta, con propri ritmi. La capacità di maternità (sia realizzata, sia
desiderata, sia trasfigurata ad un livello solamente spirituale) segna in
profondità la donna, una capacità di
accoglienza, cura della Persona del
figlio, suo sviluppo, crescita. Certo anche l’uomo-padre è chiamato a questa accoglienza, attenzione, cura del-
I
la Persona del figlio, ma sempre in relazione alla donna, la sua accoglienza unica di maternità.
Nel progetto di Dio, l’armonia, la gioia
reciproca espressa nel carme nuziale
di Adamo, come tutti i doni di Dio,
concessi alla sua Immagine, richiedono impegno spirituale morale, in
obbedienza e dialogo col Creatore,
nel suo piano offerto di Vita.
Il rifiuto del primo peccato ha reso
tutto più difficile, anche la stessa comprensione dello specifico complementare femminile-maschile.
Se esaminiamo la storia della coppia
umana nella molteplicità e vicissitudini delle culture, notiamo quanto sia
lontana da quell’ideale, impresso dal
Creatore come esigente compito, nella creaturalità dell’Immagine di Dio,
nella sua duplice edizione maschile e
femminile. Anzitutto notiamo che la
stessa concezione della copia, qualificata, stabile è quasi assente nelle
culture peribibliche. Diffusa una concezione quasi sacrale, divina della relazione coniugale, una confusione
del livello umano-divino di essa, che
ha portato alla prostituzione sacra.
In realtà un misero sfruttamento della donna che non è una dea, ma una
creatura abusata, umiliata.
Anche la lettura del Testo sacro presente molte cadute di livello, anche in
personaggi come Salomone, Davide,
la stessa concessione del libello di ri-
pudio (Mt 19,7); tanto da accogliere
con favore la fondata prospettiva esegetica, che il livello alto che esprime la
relazione uomo-donna nella Famiglia come indicato nei primi capitoli
di Genesi, rappresenta il frutto di purificazione, per una millenaria, secolare vita di Alleanza, espressa in categoria sponsali. Jhwh si presenta come sposo appassionato del suo popolo, una sponsalità capace di perdonare, di recupero, di offrire riconciliazione, dignità alla sposa, il popolo dell’Alleanza, sovente infedele,
adultero con altri dei.
L’Alleanza espressa in categorie sponsali tra Jhwh ed il suo popolo, il livello alto di questa relazione di assoluta
dedizione, misericordia, fedeltà, capacità di recupero, presenta una benefica, e necessaria ricaduta sulle relazioni sponsali tra uomo e donna.
Per essere sacramento, espressione
umana delle relazioni di Alleanza tra
Dio ed il suo popolo, superare tutta
l’ambiguità del peccato, ciò che comporta di disprezzo, abuso, infedeltà, si
è richiesta una profonda purificazione. Solo così si potrà esprimere il progetto delle origini: di qui le prime pagine di Genesi. Il ricupero completo si
realizzerà con l’Incarnazione delVerbo, espresso in categorie sponsali:
Giovanni il Battista esulta alla voce
dello Sposo (Gv 3,29), come alla Nozze di Cana (Gv 2,1-10) lo sposo non ha
volto, tutta l’attenzione è concentrata sul Signore Gesù. Paolo esprimerà
chiaramente le relazioni Cristo Chiesa sposa in riferimento alla dedizione
sponsale nella Famiglia cristiana.(Ef
5,25-33). Dobbiamo quindi rivolgerci al Mistero di Cristo sposo della
Chiesa, ultimamente alle relazioni
Trinitarie, per fondare e comprendere la qualità alta della vita sponsale
nella duplice edizione, femminile e
maschile, dell’Immagine di Dio.
Si dà certamente nell’uomo partecipazione alla dimensione sessuale degli altri Primati, ma stando con tutto
con se stesso davanti a Dio come sua
Immagine, la complementarietà dell’uomo e della donna, vengono inserite a partecipare ed esprimere livelli
superiori: le relazioni Cristo-Chiesa
sposa, le relazioni intratrinitarie tra
le Persone divine. Una visione corretta della sessualità umana richiede
queste fondazioni, che dipendono
dalla volontà divina che così ha disposto. Si è data negli ultimi anni buona occasione per ribadire la pari dignità dell’uomo e della donna, pur
nella diversità complementare dei
compiti. Si tratta della questione sull’Ordinazione della Donna al Presbiterato-Episcopato, suscitata dalla
prassi recente della Comunione anglicana. Il Magistero della Chiesa da
Paolo VI ad ora, ha ribadito che la
Chiesa non ha questo potere: un decisione definitiva, dichiarata appartenere allo stesso Deposito della Fede
(Ench. Vat.14, n 3271), quindi irreformabile. Si possono e si devono anche
trovare i motivi di convenienza: notare per esempio, che la Donna in Maria SS ha molto di più, anzi essere il
principio petrino a servizio di quello
mariano. Per il tema che ci sta a cuore questa presa di posizione del Magistero è di estrema importanza: la
Chiesa ha ricevuto da Cristo, Verbo
eterno incarnato, non solo una sua
Costituzione, apostolica, ma inoltre
una Antropologia teologica connessa,
sull’identità dell’uomo e della donna nella Chiesa e nella società. (Ordinatio sacerdotalis, Ench.Vat. 14, n
1342). Il riflettere con più attenzione
su queste decisioni irreformabili della Chiesa, sarà di grande aiuto per una
partecipazione più illuminata alla
prossima Settimana sociale.
prosegue sul prossimo numero
na volontà e lo slancio per individuare alimenti commestibili, ma
esperienza o, almeno, una buona
dose di fortuna. Il volenteroso profeta nel suo girovagare trovò delle
zucche selvatiche di ottimo aspetto,
che gli suggerirono una buona minestra di ortaggi freschi. Appena le
vide non poté che tagliarle e riempire il proprio mantello, così da sfamare tutti coloro che stavano seduti intorno alla grossa pentola. Al suo
ritorno ci fu uno strepitio di entusiasmo e di euforia per un pasto tanto ricco e fresco. Si tagliarono a pezzi i frutti agresti e si gettarono nella
marmitta. Bollirono con grande attesa dei commensali. Così, a cottu-
ra ultimata vennero impiattati ed
offerte agli affamati profeti, i quali non tardarono a constatarne il
sapore acre e quasi velenoso.
Un alto grido si sollevò tra i presenti, attribuendo al cibo un valore malefico: ‘Nella pentola c’è
la morte’ (2Re 4,40). Un’affermazione dura e molto drastica a cui
Eliseo non poté che porre rimedio. Fu il profeta stesso a riparare
a quella sciagurata ricetta, ideata
da un cuoco/agricoltore troppo
principiante. Il carattere forte e
deciso di Eliseo, si scontra spesso
nelle narrazioni con personaggi
di basso lignaggio umano e spirituale, a cui il profeta deve porre
soluzione. Nessuno riusciva a
mangiare quella ‘sbobba’ velenosa ed aspra. Così Eliseo ordina che
si porti della farina e che si modifichi il cibo cotto con qualche palliativo. Appare molto strano che in
un tempo di carestia si utilizzi della farina per correggere una pietanza deviata. Tuttavia il profeta
evidenzia le sue doti taumaturgiche anche in questioni di cucina.
PERSONAGGI DELLA BIBBIA
Il poco esperto
di MICHELE ANTONIO CORONA
L
e campagne di prevenzione e informazione autunnale sulle razze dei funghi
ogni anno aiutano molti
cittadini a non percorrere i bei sottoboschi con eccessiva spensieratezza.
Spesso l’inesperto che coglie funghi
sconosciuti, erbe particolari o frutti
poco noti rischia grosso, fino all’intossicazione alimentare e alla morte. Anche la Bibbia, grande libro di
vita e di spiritualità, non manca di
presentare vicende che potrebbero
essere annoverate tra i fatti di cronaca, di cui oggi i giornali sono stracolmi.
All’interno del ciclo di narrazioni miracolistiche incentrate sul profeta
Eliseo, troviamo un episodio, a dir
poco, interessante e curioso. Il pro-
feta giunge a Galgala, cittadina vicina a Gerico sopra il Mar Morto, e vi
trova la carestia. Un gruppo di profeti – individuati dalla perifrasi corporativa ebraica ‘figli di profeti’ – siede davanti ad Eliseo e forse aspetta
da lui qualcosa da mangiare. Una
situazione particolare, che ricorda
quando si viveva senza alcuna sicurezza economica e senza una ricompensa sicura per il servizio offerto alla comunità.
Eliseo ordina al suo servo di preparare una grossa pentola e cuocervi
una minestra da offrire ai profeti,
desiderosi di nutrirsi. Uno di essi si
precipita con entusiasmo e slancio
in campagna per trovare qualcosa
da gettare nella pentola e rendere la
minestra appetibile. Ma, come si ricordava all’inizio, non basta la buo-
Il PortIco
15
detto tra noi
Ritorna il dibattito
sull'aborto
di D. TORE RUGGIU
In uno o più quotidiani, si ripropone
il dibattito sull'aborto. A tutt'oggi,
nel mondo oltre un miliardo di bambini e bambine sono stati privati del
diritto di nascere e di vivere la vita terrena. Il concepito è già un essere
composto di anima e di un corpo
che va sviluppandosi fino al parto. Le
leggi inique sull'interruzione volontaria delle gravidanza, presenti nella maggior parte degli Stati del mondo, certo non possono essere definite “conquiste civili”. Sul valore della vita, dal concepimento alla morte
naturale, non si discute e non si fanno sconti o concessioni. E questo
non solo dal punto di vista dell'etica
cristiana, ma come valore umano in
se stesso. Quando si è adulti, s'impara a guardarsi alle spalle (e anche
davanti e ai lati) e, in qualche maniera, si riesce a sopravvivere alla
cattiveria umana, tranne nei casi in
cui la violenza si è impadronita del
cuore dell'uomo che lo porta, senza
scrupoli, a commettere anche i delitti più efferati. Ma questi poveri esseri umani di pochi mesi, come possono difendersi? Dovremmo essere
noi adulti a tutelarli in ogni modo,
non permettendo che si compiano
barbarie nei loro confronti e che, di
fatto, si ripeta la strage degli innocenti di evangelica memoria. Altro
che stracciarsi le vesti di fronte alla
decisione del pazzo Erode, re della
Giudea, di far uccidere i bambini dai
due anni in giù, nella speranza che
fra questi ci fosse Gesù, figura per lui
ingombrante. Quanti Erode, non solo in giro ma anche dentro le mura
domestiche! Eh, si, perché almeno i
bambini del tempo di Erode avevano i genitori che cercavano in qualche modo di difenderli, pur senza
riuscirci. Nel caso dell'aborto, questa è la vera tristezza, la prima decisone parte da coloro he hanno concepito il bambino o la bambina. Fanno bene quei medici che, con l'obiezione di coscienza, si rifiutano di
fare i macellai. Il medico è chiamato
a curare le malattie, a contribuire alla buona salute, non a favorire la
morte. Circa 130 mila morti per aborto all'anno solo in Italia, francamente sono troppi! Ma quand'anche fosse solo uno, sarebbe ugualmente
troppo. E non c'è alcuna scusante,
fosse anche probabile che il nascituro nasca con qualche malattia.
L'esperienza ci insegna che, soprattutto le donne, mantengono il
rimorso per tutta la vita, talora financo tentando il suicidio. Questo e altri misfatti, stanno creando una società insensibile, una società di gente scontenta, una società che concepisce la vita come divertimento
(lecito o no, non importa). Insomma, una società più opulenta (ma
anche questo oggi è messo in crisi),
ma che non conosce il vero amore,
il donarsi senza aspettarsi ricompense, il sacrificio, la fedeltà coniugale e la consapevolezza di appartenere all'umanità creata ad immagine di Dio. Paradossalmente, perfino gli animali si comportano meglio
dell'uomo. Noi, che abbiamo l'intelligenza e la volontà, come usiamo
questi doni? La libertà non può mai
trasformarsi in libertinaggio, pena
vivere peggio delle bestie.