9 ottobre 2016 – XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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9 ottobre 2016 – XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
GUARIGIONE E RICONOSCENZA
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – anno C – LUCA 17,11-19
11. Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
Il brano di questa domenica è collocato nella terza tappa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme.
L’evangelista Luca dice che Gesù stava attraversando la Samaria e la Galilea: invece di andare
verso sud, punta verso nord. Probabilmente Luca voleva trovare la collocazione per raccontare il
miracolo della guarigione dei lebbrosi, gruppo formato da nove giudei e da un samaritano. Il
racconto aiuta ad aprire gli orizzonti all’universalità della missione della Chiesa e della salvezza di
tutta l’umanità.
12. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza
Non si sa quale sia il villaggio in cui Gesù entra. Viene narrato che sono dieci i lebbrosi che gli
vengono incontro. Il numero dieci in Israele indica la totalità: dieci sono le dita della mano e dei
piedi, quindi il tutto.
La lebbra era una malattia contagiosa, per cui chi ne era affetto doveva tenersi a distanza, abitare in
luoghi appartati, in quanto si trovava in stato di impurità (cfr. Lv 13,45-46). La lebbra di cui si parla
forse poteva anche essere soltanto una malattia della pelle.
Sicuramente la malattia impedisce loro di accarezzare i figli, di abbracciare la moglie, di svolgere
un lavoro per sostenere la famiglia, di avere un loro posto nella società. Ecco come una malattia
grave, ieri come oggi, distrugge la possibilità per l’uomo di entrare in comunione con altri uomini.
I lebbrosi si fermano a distanza. Probabilmente la fama di guaritore che Gesù aveva era arrivata
anche a loro.
13. e dissero ad alta voce: "Gesù, maestro, abbi pietà di noi!".
Avrebbero dovuto gridare “Immondo!” per allontanare le persone, invece gridano "Gesù, maestro,
abbi pietà di noi!". La loro disperazione si trasforma in grido di aiuto, la loro angoscia si aggrappa
alla speranza che Gesù possa risanarli, la loro condizione di emarginazione li spinge a tentare il
tutto per tutto pur di guarire. Così nella liturgia della Chiesa ripetiamo l’invocazione “Kyrie
eleison” per implorare da Dio la misericordia con le stesse parole del pio israelita che nei salmi si
appella all’amore misericordioso e gratuito di Dio.
14. Appena li vide, Gesù disse loro: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano,
furono purificati.
“Appena li vide”. Gesù ha fretta di guarirli, di esaudirli. Li invia direttamente ai sacerdoti perché ne
constatino la guarigione. Il sacerdote aveva anche la funzione di ufficiale medico e solo a lui era
possibile riammetterlo nella comunità dopo averne verificato la guarigione. È per strada che i malati
vengono liberati dalla lebbra.
L’obbedienza dei dieci lebbrosi alla parola di Gesù li fa guarire subito. Essi, infatti, non attendono
di essere guariti, ma subito si mettono in cammino per andare al tempio. È una guarigione a
distanza come quella per Naaman il Siro (2 Re 5). È qui che si rivela la loro fede nel Signore Gesù.
15. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce,
Un lebbroso si scopre guarito e torna indietro a lodare e ringraziare Dio, che riconosce come fonte
della salvezza ottenuta. “Vede”, cioè si accorge di quanto avviene in lui, interpretandolo alla luce
della fede. La sua constatazione non è solo prendere consapevolezza della guarigione fisica, ma in
lui emerge l’apertura all’azione della grazia. La sua è una gioia incontenibile che scaturisce dalla
presa di coscienza delle meraviglie compiute da Cristo. Riconosce in Gesù il Messia di Dio.
16. e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ora Luca presenta chi è l’ex lebbroso, lo rivela solo alla fine del racconto: è un samaritano, uno
straniero, una persona disprezzata per le sue origini e le sue credenze. Proprio questo samaritano si
prostra, riconosce ciò in Gesù l’Inviato di Dio. Ad una lettura cristiana egli fa un atto di adorazione.
Come mai ci sono dei giudei e un samaritano insieme? Sembra chiara la solidarietà tra persone che
ormai hanno perso tutto: la malattia ha negato loro la dignità sociale, religiosa, umana. Nasce così
una mutua solidarietà che esula dalla rispettive provenienze.
Dobbiamo saper andare al di là dei pregiudizi che ci attanagliano per scoprire nell’altro, nel nemico,
nello straniero, una persona che ha sentimenti, cuore aperto ad accogliere e dare amore, quindi
uguale dignità come quella che abbiamo noi.
17. Ma Gesù osservò: "Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18. Non si è
trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?".
Questi versetti fanno capire che i nove ex lebbrosi guariti siano giudei. Gesù infatti, parla dell’unico
tornato indietro che è uno straniero.
Tutti i lebbrosi hanno ricevuto gratuitamente la guarigione. In filigrana si coglie la delusione di
Gesù che constata l’assenza di ben nove su dieci uomini guariti. Questi ultimi hanno dimostrato di
non essere interessati a Gesù, ma solo a se stessi. Forse non sono tornati perché volevano ubbidire e
andare dai sacerdoti? Non lo sappiamo. Di sicuro, però, per essere fedeli in modo autentico
dobbiamo andare al cuore dell’obbedienza che ci viene data.
Si capisce quello che ci viene richiesto: non possiamo soltanto essere beneficiari dei doni di Dio,
ma dobbiamo anche essere riconoscenti a Dio per quanto abbiamo ricevuto. Scrive il filosofo
Hegel: “denken ist danken”, pensare è ringraziare. Infatti siamo debitori di tutto: del pensiero, del
battito del cuore, di ogni movimento dell’anima e del corpo… Padre Davide Turoldo, poeta, scrive:
“Io vorrei dare una cosa al mio Signore, ma non so che cosa... ecco, la vita che mi hai ridato, te la
rendo nel canto”. Ognuno può trovare cosa donare al suo Dio in ringraziamento di tutto quello che
ha ricevuto.
19. E gli disse: "Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!".
Il samaritano guarito stabilisce con Gesù un rapporto di adorazione, di lode, di amore. Ottenuta
misericordia, la risposta del samaritano è la fedeltà e la riconoscenza. Viene ripristinata la relazione
con gli uomini, dai quali era emarginato, e con il Dio di Israele che riconosce come Salvatore.
Anche noi cristiani dobbiamo rivolgerci a Dio non per interesse, ma per puro amore e riconoscenza.
Portiamo a Dio il nostro male, il nostro peccato. Ricchi solo di questo, otterremo misericordia se
confidiamo in Lui sopra di tutto.
Non dobbiamo ridurre il nostro Dio a un distributore di doni immeritati, da chiedere al momento del
bisogno. Egli ci salva per instaurare con noi un dialogo di fiducia e di amore. Vuole il nostro cuore,
sciolto da ogni freddezza, da ogni paura, colmo solo di Lui. Solo se sapremo ricevere amore da Lui
saremo capaci di essere consolazione per chi ha bisogno, seme di speranza per quanti ci sono
vicino.
Suor Emanuela Biasiolo